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Società Sportiva Calcio Napoli: differenze tra le versioni

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La '''Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A.''', abbreviata in '''SSC Napoli''' e nota come '''Napoli''', è una [[Squadra di calcio|società]] [[Calcio (sport)|calcistica]] [[italia]]na con sede nella città di [[Napoli]]. Milita in [[Serie A]], la massima serie del [[Campionato italiano di calcio|campionato italiano]].


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Fondata il 1º agosto [[1926]] su iniziativa dell'industriale napoletano [[Giorgio Ascarelli]]<ref name="PacGar14" /> con il nome di ''Associazione Calcio Napoli'', assunse poi la denominazione di '''SSC Napoli''' nel [[1964]]. In seguito al fallimento della società nel [[2004]], il presidente [[Aurelio De Laurentiis]] fonda la [[Napoli Soccer]] che ne rileva il titolo sportivo e viene iscritta alla [[Serie C1]], per poi ritornare alla denominazione precedente con la promozione in [[Serie B]] nel [[2006]].
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=== Staff tecnico ===
=== Staff tecnico ===

Versione delle 13:24, 6 ago 2014

Società Sportiva Calcio Napoli
Calcio
Detentore della Coppa Italia Detentore della Coppa Italia
Azzurri, Partenopei
Segni distintivi
Uniformi di gara
Manica sinistra
Manica sinistra
Maglietta
Maglietta
Manica destra
Manica destra
Pantaloncini
Calzettoni
Calzettoni
Casa
Manica sinistra
Maglietta
Manica destra
Pantaloncini
Calzettoni
Trasferta
Colori sociali Azzurro
Simboli Ciuccio
Inno 'O surdato 'nnammurato[1]
Francesco Sondelli
Dati societari
Città Napoli
Nazione Bandiera dell'Italia Italia
Confederazione UEFA
Federazione FIGC
Campionato Serie A
Fondazione 1926
Rifondazione2004
Proprietario Bandiera dell'Italia Filmauro S.r.l.
Presidente Bandiera dell'Italia Aurelio De Laurentiis
Allenatore Bandiera della Spagna Rafael Benítez
Stadio San Paolo
(60 240 posti)
Sito web www.sscnapoli.it
Palmarès
ScudettoScudetto Coppa ItaliaCoppa ItaliaCoppa ItaliaCoppa ItaliaCoppa Italia Supercoppa italiana Coppa UEFA
Scudetti 2
Titoli nazionali 1 Campionato di Serie B
Trofei nazionali 5 Coppe Italia
1 Supercoppe italiane
Trofei internazionali 1 Coppe UEFA/Europa League
1 Coppa delle Alpi
1 Coppa di Lega Italo-Inglese
Stagione in corso
Si invita a seguire il modello di voce

«[...] Il Napoli è lo stato d'animo della città.»

La Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A., abbreviata in SSC Napoli e nota come Napoli, è una società calcistica italiana con sede nella città di Napoli. Milita in Serie A, la massima serie del campionato italiano.

Fondata il 1º agosto 1926 su iniziativa dell'industriale napoletano Giorgio Ascarelli[5] con il nome di Associazione Calcio Napoli, assunse poi la denominazione di SSC Napoli nel 1964. In seguito al fallimento della società nel 2004, il presidente Aurelio De Laurentiis fonda la Napoli Soccer che ne rileva il titolo sportivo e viene iscritta alla Serie C1, per poi ritornare alla denominazione precedente con la promozione in Serie B nel 2006.

Il colore sociale è l'azzurro, mentre la mascotte è il Ciuccio[6]. Gioca le partite interne allo stadio San Paolo, inaugurato nel 1959.

Con un palmarès che comprende due scudetti (1986-1987 e 1989-1990), cinque Coppe Italia (1961-1962, 1975-1976, 1986-1987, 2011-2012 e 2013-2014), una Supercoppa Italiana (1990) e una Coppa UEFA (1988-1989), oltre ad una Coppa delle Alpi (1966) e una Coppa di Lega Italo-Inglese (1976),[7] il Napoli è la squadra del Meridione più titolata a livello nazionale ed internazionale, nonché, con 73 partecipazioni,[8] quella più presente nei campionati di massima serie.

Secondo quanto emerso da un sondaggio della società Demos & Pi condotto nel settembre 2012, è la quarta squadra italiana per numero di tifosi dietro Juventus, Inter e Milan e in assoluto la più seguita nel Sud Italia.[9] Nel 2013 il rapporto annuale della Deloitte sul mondo del calcio colloca il club al 4º posto in Italia per fatturato ed al 15º posto a livello europeo.[10] Nel 2014 il club è stato premiato dall'UEFA con il premio "Financial Fair Play" per l'"oculata, corretta, virtuosa e innovativa gestione economica".[11]

Il Napoli è anche uno dei membri associati dell'ECA (Associazione dei Club Europei), organizzazione nata in sostituzione del soppresso G-14 e costituita dai principali club calcistici del continente, riuniti in consorzio al fine di ottenere una tutela comune dei diritti sportivi, legali e televisivi di fronte alla FIFA.[12]

Storia

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Società Sportiva Calcio Napoli.

Dalle origini al secondo dopoguerra

Una formazione del Napoli 1926-1927

Giorgio Ascarelli, giovane imprenditore partenopeo di origine ebraica e presidente del Foot-Ball Club Internazionale-Naples, fondò il 1º agosto 1926 l'Associazione Calcio Napoli, della quale assunse la presidenza.[5] L'Internaples era sorto a sua volta come frutto della fusione di altre due compagini, il Naples Foot-Ball Club e l'Unione Sportiva Internazionale Napoli[13][14] grazie all'intermediazione di Emilio Reale[14]. Il 3 agosto venne istituito il Direttorio Divisioni Superiori, l'antesignano dell'odierna Lega Calcio, al quale il Napoli ottenne l'affiliazione, unico club del Centro-Sud insieme ai sodalizi capitolini Alba Audace e Fortitudo Pro Roma, in virtù del piazzamento conseguito dall'Internaples nella Prima Divisione 1925-1926.[5]

La neonata società esordì in massima serie nella Divisione Nazionale 1926-1927. Le prime due stagioni si chiusero con la retrocessione in Seconda Divisione, ma la FIGC in entrambe le occasioni accordò il ripescaggio per premiare gli sforzi del club partenopeo di recuperare il pesante gap con le società settentrionali.[15] Il Napoli prese parte al primo torneo di massima serie a girone unico, la Serie A 1929-1930.[16] La società scelse come allenatore il mister[17] William Garbutt, vincitore di due scudetti alla guida del Genoa,[18] e grazie al contributo di giocatori come Antonio Vojak e Attila Sallustro raggiunse notevoli risultati, come il doppio terzo posto consecutivo nelle stagioni 1932-1933 e 1933-1934 e la qualificazione alla massima competizione europea dell'epoca, la Coppa Mitropa.[19][20][21] Nel 1936 entrò in società il comandante Achille Lauro,[22][23] armatore di grande successo, che non riuscì tuttavia ad apportare particolari benefici al club partenopeo: nella seconda metà degli anni trenta la qualità della squadra andò declinando, fino a culminare nella retrocessione nella categoria inferiore nel 1941-1942.[24]

Terminata la seconda guerra mondiale, il Napoli prese parte alla Divisione Nazionale 1945-1946, vincendo il Girone Misto Centro-Sud e riconquistando la massima serie.[25] Tornò in Serie B due anni dopo, retrocesso dalla CAF per illecito sportivo.[26] La panchina venne affidata ad Eraldo Monzeglio, che riportò la squadra in Serie A e avviò un lungo periodo alla guida del club partenopeo.[27] Nonostante i rinforzi apportati alla squadra dal proprietario Achille Lauro, tra i quali spiccavano Bruno Pesaola, Hasse Jeppson e Luís Vinício, il Napoli non andò oltre il quarto posto raggiunto nel 1952-1953 e nel 1957-1958.[28] Nel 1959 venne inaugurato il nuovo stadio San Paolo.[29]

L'era Ferlaino

Tornato in Serie B nel 1961,[30] il Napoli venne affidato a Bruno Pesaola, il quale guidò gli azzurri al ritorno in massima serie e alla conquista del primo trofeo della loro storia, la Coppa Italia 1961-1962, divenendo insieme al Vado l'unica società ad aver vinto la Coppa Italia non militando in massima serie. Questo successo, inoltre, offrì al Napoli la possibilità di esordire in una competizione UEFA, la Coppa delle Coppe, nella quale raggiunse i quarti di finale. Il 25 giugno 1964 il club assunse la denominazione di Società Sportiva Calcio Napoli, diventando contestualmente una società per azioni.[31] Achille Lauro ottenne una quota rilevante delle azioni in virtù dei crediti vantati e garantì al figlio Gioacchino l'ingresso tra i soci, mentre Roberto Fiore venne eletto presidente.[32][33] Alcuni dei giocatori più rappresentativi dell'epoca furono Dino Zoff, Antonio Juliano, Omar Sívori e José Altafini;[34] il miglior risultato fu il secondo posto del 1967-1968.[35]

Nel frattempo il potere della famiglia Lauro sul club andava scemando: il 18 gennaio 1969 la società, sull'orlo del dissesto finanziario, passò nelle mani del giovane ingegnere Corrado Ferlaino, che avviò la più longeva e vincente presidenza della storia partenopea.[36] Grazie all'acquisto di calciatori come Sergio Clerici, Giuseppe Bruscolotti e Tarcisio Burgnich, il Napoli raggiunse due volte il terzo posto (1970-1971 e 1973-1974) e un secondo posto nel 1974-1975, questi ultimi due piazzamenti ottenuti grazie al calcio totale di Luís Vinício.[37][38][39] Nel 1976 il club azzurro vinse la seconda Coppa Italia, superando in finale il Verona.[40] Alterne fortune caratterizzarono la seconda metà degli anni settanta: nonostante l'acquisto del bomber Giuseppe Savoldi, il rendimento in campionato andò peggiorando, culminando con il decimo posto del 1979-1980.[41]

File:Napoli 1986-87.jpg
Il Napoli campione d'Italia 1986-1987

Dopo uno scudetto sfiorato nel 1981, con il libero olandese Ruud Krol tra i protagonisti,[42] la svolta si ebbe nell'estate del 1984: il presidente Ferlaino, deciso a portare la società verso grandi traguardi, il 30 giugno 1984 definì l'acquisto del campione argentino Diego Armando Maradona dal Barcellona per la cifra record di 15 miliardi di lire.[43]

Sotto la conduzione tecnica di Ottavio Bianchi e grazie all'innesto di altri calciatori di notevole livello, tra cui Bruno Giordano, Salvatore Bagni, Claudio Garella e Alessandro Renica,[44] nel 1987 il Napoli conquistò il suo primo scudetto,[45][46] primo club del Meridione a riuscire nell'impresa, vincendo nel contempo anche la terza Coppa Italia.[47]

Diego Armando Maradona con la Coppa UEFA 1988-1989

Il sodalizio partenopeo si consolidò ai vertici del calcio italiano: forte di nuovi innesti come i brasiliani Careca e Alemão, il Napoli arrivò per due volte consecutive al secondo posto (1987-1988, con il titolo nazionale perso sul filo di lana e con roventi strascichi polemici, e 1988-1989, alle spalle dell'Inter di Giovanni Trapattoni). Nel 1989 ottenne anche il primo alloro internazionale, la Coppa UEFA, superando nella doppia finale i tedeschi dello Stoccarda.[48][49] Nel 1990, con Alberto Bigon allenatore, il club partenopeo conquistò il secondo scudetto, cui fece seguito la vittoria della Supercoppa Italiana, ottenuta superando la Juventus di Maifredi per 5-1.[50] Si chiuse così il primo importante ciclo della storia azzurra, in coincidenza con le vicissitudini personali che nel 1991 costrinsero Maradona a lasciare Napoli e l'Italia.[51]

Declino e rinascita

Negli anni immediatamente seguenti il Napoli ottenne discreti risultati, come il quarto posto del 1991-1992 con Claudio Ranieri in panchina[52] e il sesto posto del 1993-1994, allenatore Marcello Lippi.[53] La crisi finanziaria, tuttavia, costrinse il club a privarsi dei suoi uomini migliori: man mano vennero ceduti, tra gli altri, Gianfranco Zola, Daniel Fonseca, Ciro Ferrara e Fabio Cannavaro.[53] Nei due anni successivi, con Vujadin Boškov in panchina, il Napoli ottenne un settimo e un decimo posto.[54] Raggiunse la finale di Coppa Italia 1996-1997, venendo sconfitto per mano del Vicenza.[55] Fu il canto del cigno: la crisi raggiunse l'apice nel 1997-1998, con l'ultimo posto in classifica e la retrocessione in Serie B dopo 33 anni consecutivi di massima serie.[56] Il club azzurro ritornò in Serie A nel 2000,[57] per poi retrocedere nuovamente dopo appena un anno.[58] I cambiamenti societari, con l'entrata in società di Giorgio Corbelli prima[59] e di Salvatore Naldi poi,[60] non portarono benefici al club, con la squadra che ristagnò a metà classifica nella seconda serie italiana.

Alla crisi di risultati si aggiunse l'ormai compromessa situazione finanziaria, che portò nell'estate del 2004 al fallimento del club ed alla conseguente perdita del titolo sportivo.[61] Nelle settimane successive l'imprenditore cinematografico Aurelio De Laurentiis rilevò il titolo sportivo dalla curatela fallimentare del tribunale di Napoli e iscrisse la squadra, con la denominazione Napoli Soccer, al campionato di terza serie.[62][63] Soltanto sfiorata nel primo anno, la promozione arrivò nel torneo successivo sotto la guida di Edoardo Reja.[64] Dopo aver riacquisito la denominazione originaria di Società Sportiva Calcio Napoli, volutamente non utilizzata nei due campionati di terza serie,[65] nel 2007 il club partenopeo conseguì l'immediata promozione in Serie A, tornando in massima serie dopo 6 anni di assenza.[66] In seguito alla guida della squadra si avvicendarono l'ex CT della Nazionale Roberto Donadoni[67] e, quindi, Walter Mazzarri:[68] il tecnico toscano nel 2011 riportò il club nella massima competizione europea, la UEFA Champions League, 21 anni dopo l'ultima partecipazione,[69] quindi il 20 maggio 2012 vinse la quarta Coppa Italia della storia azzurra, 25 anni dopo l'ultima affermazione e in assoluto quasi 22 anni dopo l'ultimo trofeo, battendo in finale la Juventus per 2 a 0 allo Stadio Olimpico di Roma.[70]

Il 27 maggio 2013 venne ingaggiato come allenatore lo spagnolo Rafael Benítez,[71] con cui il 3 maggio 2014 il club azzurro conseguì la quinta affermazione in Coppa Italia, grazie alla vittoria (3-1) in finale contro la Fiorentina.[72]

Cronistoria

Cronistoria della Società Sportiva Calcio Napoli[73]
Fase a gironi di Coppa CONI.
Fase a gironi di Coppa CONI.

Ottavi di finale di Mitropa Cup.
Quarti di finale di Coppa Italia.
Quarti di finale di Coppa Italia.
Quarti di finale di Coppa Italia.
Sedicesimi di finale di Coppa Italia.
Ottavi di finale di Coppa Italia.

Sedicesimi di finale di Coppa Italia.
Sedicesimi di finale di Coppa Italia.
Sedicesimi di finale di Coppa Italia.

Fase a gironi di Coppa Italia.
Quarto turno di Coppa Italia.
Ottavi di finale di Coppa Italia.
Contribuisce alla vittoria della Coppa delle Alpi con la rappresentativa italiana.

Secondo turno di Coppa Italia.
Prima fase del Torneo Italia.
Vince la Coppa Italia (1º titolo).
Primo turno di Coppa Italia.
Quarti di finale di Coppa delle Coppe.
Secondo turno di Coppa Italia.
  • 25 giugno 1964 - Il club cambia denominazione in Società Sportiva Calcio Napoli e diviene una società per azioni.
  • 1964-1965 - 2º in Serie B. Promosso in Serie A.
Quarti di finale di Coppa Italia.
Secondo turno di Coppa Italia.
Vince la Coppa delle Alpi (1º titolo).
Primo turno di Mitropa Cup.
Quarti di finale di Coppa Italia.
Ottavi di finale di Coppa delle Fiere.
Secondo turno di Coppa Italia.
Secondo turno di Coppa delle Fiere.
Quarti di finale di Coppa Italia.
Sedicesimi di finale di Coppa delle Fiere.
Fase a gironi della Coppa delle Alpi.
Fase a gironi di Coppa Italia.
Ottavi di finale di Coppa delle Fiere.
Finalista della Coppa Anglo-Italiana.

Semifinalista di Coppa Italia.
Finalista di Coppa Italia.
Trentaduesimi di finale di Coppa UEFA.
Semifinalista di Coppa Italia.
Fase a gironi di Coppa Italia.
Semifinalista di Coppa Italia.
Ottavi di finale di Coppa UEFA.
Vince la Coppa Italia (2º titolo).
Trentaduesimi di finale di Coppa UEFA.
Semifinalista di Coppa Italia.
Semifinalista della Coppa delle Coppe.
Vince la Coppa di Lega Italo-Inglese (1º titolo).
Finalista di Coppa Italia.
Semifinalista di Coppa Italia.
Trentaduesimi di finale di Coppa UEFA.
Quarti di finale di Coppa Italia.
Sedicesimi di finale di Coppa UEFA.

Fase a gironi di Coppa Italia.
Quarti di finale di Coppa Italia.
Trentaduesimi di finale di Coppa UEFA.
Quarti di finale di Coppa Italia.
Trentaduesimi di finale di Coppa UEFA.
Fase a gironi di Coppa Italia.
Ottavi di finale di Coppa Italia.
Fase a gironi di Coppa Italia.
Vince la Coppa Italia (3º titolo).
Trentaduesimi di finale di Coppa UEFA.
Quarti di finale di Coppa Italia.
Sedicesimi di finale di Coppa dei Campioni.
Finalista di Coppa Italia.
Vince la Coppa UEFA (1º titolo).
Semifinalista di Coppa Italia.
Ottavi di finale di Coppa UEFA.

Vince la Supercoppa Italiana (1º titolo).
Semifinalista di Coppa Italia.
Ottavi di finale di Coppa dei Campioni.
Ottavi di finale di Coppa Italia.
Quarti di finale di Coppa Italia.
Sedicesimi di finale di Coppa UEFA.
Secondo turno di Coppa Italia.
Quarti di finale di Coppa Italia.
Ottavi di finale di Coppa UEFA.
Secondo turno di Coppa Italia.
Finalista di Coppa Italia.
Ottavi di finale di Coppa Italia.
Primo turno di Coppa Italia.
Ottavi di finale di Coppa Italia.

Secondo turno di Coppa Italia.
Fase a gironi di Coppa Italia.
Fase a gironi di Coppa Italia.
Primo turno di Coppa Italia.
  • 30 luglio 2004 - La VII sezione del Tribunale di Napoli dichiara il fallimento della Società Sportiva Calcio Napoli.
  • 6 settembre 2004 - Nasce il Napoli Soccer che ne rileva il titolo sportivo e viene iscritto alla Serie C1.
  • 2004-2005 - 3º nel girone B della Serie C1. Finalista play-off.
  • 2005-2006 - 1º nel girone B della Serie C1. Promosso in Serie B.
Ottavi di finale di Coppa Italia.
Ottavi di finale di Coppa Italia Serie C.
Finalista di Supercoppa di Serie C1.
Ottavi di finale di Coppa Italia.
Ottavi di finale di Coppa Italia.
Quarti di finale di Coppa Italia.
Terzo turno della Coppa Intertoto.
Primo turno di Coppa UEFA.
Ottavi di finale di Coppa Italia.

Quarti di finale di Coppa Italia.
Sedicesimi di finale di Europa League.
Vince la Coppa Italia (4º titolo).
Ottavi di finale di UEFA Champions League.
Ottavi di finale di Coppa Italia.
Sedicesimi di finale di Europa League.
Finalista in Supercoppa Italiana.
Vince la Coppa Italia (5º titolo).
Fase a gironi di UEFA Champions League.
Ottavi di finale di Europa League.
Partecipa alla Coppa Italia.
Partecipa alla UEFA Champions League.
Partecipa alla Supercoppa Italiana.

Colori e simboli

Lo stesso argomento in dettaglio: Colori e simboli della Società Sportiva Calcio Napoli.

Colori

Al momento della fondazione fu adottata una maglia di colore azzurro, con colletto celeste e pantaloncini bianchi.

Da allora l'azzurro è rimasto nella maglia, mentre è aumentata la presenza del bianco.

Nel 1964-1965 il presidente azzurro Roberto Fiore, per scaramanzia, decise di cambiare i colori della maglia: in quella stagione il Napoli giocò con una divisa bianca con sbarra azzurra;[74] la stagione successiva la maglia ritornò quella tradizionale.[75] Dal 1981 comparve sulle maglie il nome dello sponsor principale.[74]

La stagione 2002-2003, disputata in Serie B, fu la seconda ed ultima stagione nella quale i partenopei non utilizzarono la divisa azzurra. In quell'occasione lo sponsor tecnico Diadora vestì gli azzurri con una maglia a strisce verticali bianco-azzurre, in stile Argentina.[76]

Manica sinistra
Manica sinistra
Maglietta
Maglietta
Manica destra
Manica destra
Pantaloncini
Calzettoni
Gli inizi:
Naples FBC
(1904)
Manica sinistra
Manica sinistra
Maglietta
Maglietta
Manica destra
Manica destra
Pantaloncini
Calzettoni
Calzettoni
Gli inizi:
Internapoli
(1911)
Manica sinistra
Maglietta
Maglietta
Manica destra
Pantaloncini
Calzettoni
Gli inizi:
Internaples
(1925-1926)
Manica sinistra
Maglietta
Maglietta
Manica destra
Pantaloncini
Calzettoni
Stagione d'esordio
(1926-1927)
Manica sinistra
Maglietta
Maglietta
Manica destra
Pantaloncini
Calzettoni
Bianca con sbarra azzurra (1964-1965)
Manica sinistra
Maglietta
Maglietta
Manica destra
Pantaloncini
Calzettoni
Primo
scudetto
(1986-1987) e secondo scudetto (1989-1990)
Manica sinistra
Manica sinistra
Maglietta
Maglietta
Manica destra
Manica destra
Pantaloncini
Calzettoni
Stile
Argentina (2002-2003)
Manica sinistra
Manica sinistra
Maglietta
Maglietta
Manica destra
Manica destra
Pantaloncini
Calzettoni
Stile
Argentina (2005-2006)
Manica sinistra
Manica sinistra
Maglietta
Maglietta
Manica destra
Manica destra
Pantaloncini
Calzettoni
Calzettoni
Divisa
recente
(2014-2015)

Simboli ufficiali

Stemma

Evoluzione dello stemma
File:Associazione Calcio Napoli 1926.jpg
Dal 1º agosto 1926 al 1927
Dal 1927 fino al 25 giugno 1964
File:Napolistemma1980.png
Dal 1980 al 2002
Dal 2002 al 2004
File:Napolisoccer.png
Dal 6 settembre 2004 al 23 maggio 2006
Lo stemma in vigore dal 23 maggio 2006


Il primo stemma storico del Napoli, nel 1926, era costituito da un ovale con al centro un cavallo rampante poggiato su un pallone da calcio e contornato dalle iniziali della denominazione di allora della società partenopea: "A.C.N." (Associazione Calcio Napoli), il tutto con lo sfondo del colore sociale.[74] Fu lo stemma della società partenopea per un solo anno: infatti, complice probabilmente la pochezza espressa dalla squadra nella stagione d'esordio, il club adottò uno stemma di forma circolare con una N color oro su sfondo azzurro e corona esterna color oro.[74]

Lo stemma variò di nuovo nel 1964, in concomitanza con il cambio di denominazione in Società Sportiva Calcio Napoli: la N venne rimpicciolita per far posto alla sigla SSC Napoli ai suoi piedi. Nel 1980 la corona divenne bianca e lungo essa venne disposta, in senso circolare, la denominazione della società scritta per esteso. Sensibili i cambiamenti (perlopiù cromatici) apportati nel 2002: la corona divenne blu scuro, con la scritta societaria e la N centrale colorate di bianco.

In seguito al fallimento, la scritta societaria venne eliminata dalla corona – ora di colore blu notte – e rimpiazzata con una didascalia riportante la nuova denominazione societaria (Napoli Soccer). Riacquisita la vecchia denominazione nel 2006, la didascalia venne rimossa e la corona riacquistò il colore blu, mentre lo stemma nel suo insieme venne impreziosito da sfumature ed effetti di luce.

Strutture

Stadio

Lo stadio Partenopeo fu la "casa" azzurra dal 1930 al 1942.

Le società calcistiche cittadine che precedettero la fondazione del Napoli utilizzarono diversi campi da gioco. Il Naples giocò dal 1904 al 1912 in via Campegna, a Fuorigrotta, quindi si trasferì ad Agnano,[77] mentre l'Internapoli giocava a Bagnoli.[78] La sede di Agnano fu confermata nel 1922, quando le due società si fusero per dare vita all'Internaples.[79]

Il primo campo da gioco utilizzato dal Napoli fu lo Stadio Militare dell'Arenaccia: voluto da Alberico Albricci, fu inaugurato nel 1923 e assegnato nel 1926 al neonato club partenopeo.[15] Nel 1929 il presidente Giorgio Ascarelli commissionò la costruzione di un nuovo stadio situato nel "Rione Luzzatti", nei pressi della Stazione Centrale. Progettato da Amedeo D'Albora, l'impianto, inizialmente denominato Stadio Vesuvio, poteva contenere 20 000 spettatori e venne inaugurato il 23 febbraio 1930 con la partita tra azzurri e Juventus, terminata 2-2.[21] Poco tempo dopo Ascarelli venne a mancare e lo stadio gli fu intitolato a furor di popolo, ma in seguito le leggi razziali[80] imposero un ulteriore cambio di nome in Stadio Partenopeo.[81] Rinnovato e ampliato in occasione dei Mondiali 1934, l'impianto fu completamente raso al suolo dai bombardamenti alleati nel corso della seconda guerra mondiale.

Lo stadio San Paolo ospita le partite interne del Napoli dal 1959.

Il club si trasferì quindi allo stadio Arturo Collana del Vomero, già provvisoriamente utilizzato ai tempi dei lavori di ristrutturazione del precedente impianto.[82] Rinominato per breve tempo Stadio della Liberazione nel dopoguerra, era tuttavia inadeguato alle esigenze del club: emblematica la situazione nella quale venne giocata Napoli-Juventus (4-3 il risultato finale) del 20 aprile 1958, con il pubblico schierato sul limitare delle linee di gioco.[83]

Venne così progettato un nuovo impianto nel quartiere di Fuorigrotta. Inizialmente battezzato Stadio del Sole, venne denominato stadio San Paolo per celebrare la tradizione secondo la quale San Paolo, in viaggio verso Roma, avrebbe attraccato in quest'area di Napoli.[84] Venne inaugurato il 6 dicembre 1959, curiosamente in una partita contro la Juventus (2-1 per i partenopei) come in occasione dell'inaugurazione del Vesuvio 29 anni prima.[82] Il progetto iniziale prevedeva un solo anello ma in seguito ne venne aggiunto un secondo, situato sotto il livello stradale. Parzialmente riammodernato in vista degli Europei 1980, in occasione dei Mondiali 1990 venne dotato della copertura e del terzo anello che portò il numero di posti a 76 824. In seguito, problemi logistici hanno imposto la chiusura del terzo anello con la riduzione della capienza a 60 240 posti, che ne fanno il terzo stadio d'Italia per capienza dopo lo Stadio Giuseppe Meazza di Milano e lo Stadio Olimpico di Roma.[85] Con una pista di atletica leggera a 8 corsie e palestre di pugilato, fitness, lotta libera e arti marziali orientali, il San Paolo rappresenta anche il principale impianto polisportivo della città.[86]

Società

Il Napoli è una società per azioni dal 25 giugno 1964, allorquando il proprietario dell'allora Associazione Calcio Napoli, Achille Lauro, coadiuvato da altri soci come Antonio Corcione, Luigi Scuotto e Roberto Fiore, costituì la Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A. con capitale sociale di 120 milioni di lire.[87]

Il 99,8% delle azioni della società partenopea è controllato dalla società di produzione cinematografica Filmauro S.r.l., mentre il restante 0,2% appartiene ad Aurelio De Laurentiis, presidente del CdA.[88] Il capitale della controllante Filmauro, a sua volta, è intestato per il 90% alla fiduciaria Romafides del gruppo UniCredit (il cui compito istituzionale è quello di coprire il reale possessore, Aurelio De Laurentiis, e di offrire una serie di servizi di gestione per suo conto)[89] e per il restante 10% alla cittadina svizzera Jacqueline Baudit, consorte dello stesso De Laurentiis.[88]

Il Napoli è il quarto club più ricco d'Italia, mentre a livello europeo si colloca al quindicesimo posto.[10] Il bilancio d'esercizio al 30 giugno 2012 si è chiuso con un utile netto di 14,7 milioni di euro,[90] in aumento rispetto all'utile registrato l'anno precedente (4,2 milioni).[91] Il valore della produzione si è attestato a 155,9 milioni di euro con la quota maggiore di ricavi (85,8 milioni) proveniente dalla cessione dei diritti televisivi, oltre a 26,7 milioni di ricavi da sponsor e 25,1 milioni di ricavi da stadio.[90]

Sedi

Si riporta di seguito l'elenco delle sedi ufficiali utilizzate dalla Società Sportiva Calcio Napoli nel corso della sua storia.[92]

Organigramma societario

Dal sito web ufficiale del club.[93][94]

Staff dell'area amministrativa
  • Aurelio De Laurentiis - Presidente
  • Jacqueline Marie Baudit - Vicepresidente
  • Edoardo De Laurentiis - Vicepresidente
  • Andrea Chiavelli - Consigliere delegato
  • Alessandro Formisano - Head of operations, sales & marketing
  • Laura Belli - Direttore amministrativo
  • Riccardo Bigon - Direttore sportivo
  • Nicola Lombardo - Direttore area comunicazione
  • Antonio Saracino - Direttore processi amministrativi e compliance
  • Alberto Vallefuoco - Segretario sportivo
  • Guido Baldari - Addetto stampa
  • Giovanni Paolo De Matteis - Team manager
  • Maurizio Micheli - Responsabile settore scouting
  • Marco Zunino - Coordinatore settore scouting
  • Leonardo Mantovani - Osservatore

Elenco degli sponsor tecnici e ufficiali della Società Sportiva Calcio Napoli[95]

Cronologia degli sponsor ufficiali
Cronologia degli sponsor tecnici

Impegno nel sociale

Il Napoli è una società attiva nel campo sociale, distintasi per il sostegno fornito a monteplici iniziative benefiche.

Attraverso la partecipazione diretta dei propri tesserati, il club azzurro ha patrocinato iniziative a sostegno delle strutture ospedaliere cittadine,[99][100] oltre a iniziative di sensibilizzazione contro la violenza nello sport[101] e la povertà infantile.[102] Con l'appoggio all'associazione cittadina Scugnizzi, che opera nel penitenziario minorile di Nisida, il Napoli sostiene svariati progetti volti al reinserimento sociale dei giovani detenuti una volta scontata la loro pena.[103]

Tramite raccolte di fondi sostenute direttamente e indirettamente dai propri tesserati, il Napoli ha fornito il proprio appoggio a istituzioni come la Robert F. Kennedy Foundation,[104][105][106][107] Telethon,[108] la Fondazione San Raffaele,[109] la Fondazione Stefano Borgonovo[110] e la Fondazione Massimo Leone Onlus.[111]

Il club partenopeo si è inoltre impegnato con diverse iniziative a sostegno delle vittime del terremoto dell'Aquila del 2009, dalla devoluzione degli incassi delle partite[112] alla raccolta fondi per la costruzione di un centro polisportivo antisismico nel capoluogo abruzzese.[113]

Settore giovanile

Il Settore giovanile si occupa di gestire tutte le squadre iscritte dalla SSC Napoli ai campionati giovanili della FIGC e ai vari tornei nazionali e internazionali. L'obiettivo di questo settore è quello di formare e valorizzare i giovani tesserati della SSC Napoli affinché possano essere lanciati nel mondo del calcio professionistico, costituendo anche un serbatoio di talenti dal quale la prima squadra possa attingere.[114]

Le origini del settore giovanile del Napoli risalgono all'inizio degli anni venti, quando il Naples e l'Internazionale Napoli non si erano ancora fuse.[79] Fu il presidente dell'Internazionale, Emilio Reale, ad avere l'idea di organizzare un settore giovanile, nel quale giocò le sue prime partite in azzurro il futuro campione del Napoli Attila Sallustro, allora undicenne.[79]

Attila Sallustro crebbe nelle giovanili dell'Internaples.

Il campo delle giovanili si trovava nella villa comunale a via Caracciolo.[79] Nella stagione 1962-1963 la federazione decise di creare un campionato nazionale giovanile (il "Campionato Primavera")[115] a cui il Napoli partecipò fin dalla prima edizione con alterne fortune. Nei primi anni sessanta militava nelle giovanili il mediano Antonio Juliano, il quale avrebbe ben presto esordito in prima squadra diventando in seguito il secondo giocatore con più presenze in maglia azzurra tra campionato e coppe (505).[116]

Negli anni settanta/ottanta, il settore giovanile riuscì ad affermare singoli giocatori creando formazioni in grado di raggiungere ottimi piazzamenti nelle competizioni di categoria. Vinse il Torneo di Viareggio nel 1975[117] e il Campionato Primavera nel 1978-1979.[115] La rosa campione d'Italia Primavera, allenata da Mario Corso, comprendeva giocatori che avrebbero poi debuttato in prima squadra come Raffaele Di Fusco, Luigi Caffarelli, Gaetano Musella, Costanzo Celestini e Giuseppe Volpecina; alcuni di questi avrebbero vinto poi il primo scudetto del Napoli nella stagione 1986-1987.[118]

Fabio Cannavaro, campione del mondo e Pallone d'oro 2006, prodotto del vivaio partenopeo.

Nell'epoca post-Maradona il Napoli visse un momento di profonda crisi ed anche il settore giovanile venne trascurato; nonostante ciò, nei primissimi anni novanta, le giovanili del Napoli portarono al debutto in Serie A giocatori di talento, tra i quali spiccava Fabio Cannavaro, futuro campione del mondo e Pallone d'oro 2006; il periodo di crisi aveva portato alla sua cessione per motivi economici, dieci anni prima del duplice riconoscimento.

Nonostante il trend negativo del sodalizio azzurro, il settore giovanile si impose nella Coppa Italia Primavera del 1997[119] e conquistò lo Scudetto Allievi. In questi anni fu anche costruito, nel quartiere di Marianella, un centro sportivo che, nei piani dei dirigenti, avrebbe dovuto essere all'avanguardia a livello di formazione giovanile.[120] La struttura – però – sarà consegnata al totale degrado fino alla sua chiusura.[120]

Col fallimento della SSC Napoli nel 2004, il settore giovanile fu totalmente smembrato. Quando la società venne rilevata da De Laurentiis, si decise di investire sui giovani per poter contare sull'apporto dei talenti locali; i risultati furono subito ottimi, con un titolo Berretti di Serie C vinto al primo anno.[121] Il lavoro del direttore Santoro e del suo staff diede ulteriori frutti portando al ritorno di alcuni azzurrini nel giro delle nazionali giovanili.[122] Nel 2010 gli azzurrini parteciparono al Torneo di Viareggio dopo 7 anni di assenza.[123]

Il settore giovanile in origine condivise il Centro Paradiso di Soccavo con la prima squadra, in attesa del pianificato trasferimento all'interno di una struttura specifica situata a Marianella. Complice anche la crisi economica della società, questo centro sportivo non fu mai completato e cadde presto in disuso.[120] Dopo il fallimento, per gli incontri delle formazioni giovanili sono stati utilizzati vari impianti situati nella provincia di Napoli, in particolar modo a Marano di Napoli e a Cercola.

L'organico delle giovanili azzurre comprende sette formazioni: Primavera, Allievi Nazionali, Giovanissimi Nazionali, Berretti, le selezioni regionali di Allievi e Giovanissimi e il team Esordienti.[124] La squadra Primavera, per i propri allenamenti, condivide il Centro Tecnico di Castel Volturno con la prima squadra,[124] in attesa della realizzazione di una "cittadella dello sport" in grado di accogliere l'intero settore giovanile.[124]

Il Napoli nella cultura di massa

Essendo uno dei club più seguiti del paese, il Napoli si è spesso distinto non solo in ambito calcistico ma anche nella cultura partenopea e italiana. La partita di spareggio Napoli-Lazio del 23 giugno 1929, valida per l'ammissione al primo campionato di Serie A a girone unico, fu il primo incontro di campionato a essere trasmesso in una rudimentale "radiocronaca" (non si può parlare di radiocronaca vera e propria, in quanto quest'ultima venne introdotta in Italia solo qualche anno dopo);[125] infatti il Mezzogiorno sportivo, quotidiano di Napoli, aveva inviato allo stadio di Milano (dove si disputò lo spareggio) un giornalista, che durante la partita telefonava alla redazione descrivendo le varie azioni di gioco; il contenuto della telefonata veniva poi trascritto dal giornalista Michele Buonanno che inviava i dispacci a un altro giornalista, Felice Scandone, che ne leggeva il contenuto da un balcone, informando così la folla in trepidante attesa dell'andamento dello spareggio.[125] La partita, per la cronaca, terminò 2-2 ed entrambe le squadre vennero ammesse al primo torneo di massima serie a girone unico.[126]

Il Napoli è entrato a far parte anche della musica popolare. Sono state dedicate alla squadra partenopea numerose canzoni come I ragazzi della curva B di Nino D'Angelo, La favola più bella, Forza Napoli (Gigi D'Alessio e Benito Carbone). Riferimenti al Napoli si trovano in vari film, come ad esempio in Quel ragazzo della curva B (film commedia del 1987),[127] in cui Nino D'Angelo recita la parte di Nino, un tifoso azzurro che si è messo nei guai con la camorra in questo film appaiono, nel ruolo di se stessi, anche alcuni giocatori del Napoli come Andrea Carnevale, Giuseppe Bruscolotti, Bruno Giordano[127]. Un altro film che ha preso spunto dai sostenitori del Ciuccio è Tifosi, dove Nino D'Angelo recita la parte del tifoso partenopeo e ladruncolo Gennaro (con la presenza nel ruolo di se stesso di Diego Armando Maradona), mentre altri riferimenti cinematografici si trovano nel comico-demenziale Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento, con protagonista Alvaro Vitali nel ruolo del giocatore azzurro Paulo Roberto Cotechiño e del suo sosia. Il Napoli appare anche nel film biografico su Diego Armando Maradona, Maradona, la mano di Dio e in Colpi di fortuna prodotto dallo stesso proprietario della squadra partenopea Aurelio De Laurentiis e in cui sono presenti Marek Hamsik, Rafael Benítez, Lorenzo Insigne, Christian Maggio, Juan Camilo Zúñiga, Gökhan Inler e Pepe Reina a interpretare loro stessi.

Allenatori e presidenti

Si riporta di seguito l'elenco dei presidenti, degli allenatori e dei direttori tecnici del Napoli dalla fondazione del club.[128][129][130]

Allenatori e DT
Presidenti

Giocatori

Lo stesso argomento in dettaglio: Calciatori della Società Sportiva Calcio Napoli e (usare il Template:Vedi categoria).
Antonio Vojak, massimo cannoniere partenopeo in Serie A.

La prima stella del Napoli fu Attila Sallustro,[137] attaccante nato ad Asunción ma italiano d'adozione.[138] Cresciuto nelle giovanili dell'Internaples, fece parte della rosa azzurra a partire dalla stagione d'esordio in Divisione Nazionale, rimanendovi fino al 1937.[137] Disputò 268 partite arricchite da 111 gol[139] (di cui 108 in campionato, record per la società partenopea[140]) e insieme a Marcello Mihalich fu il primo calciatore del Napoli a giocare in Nazionale, esordendo con gol nell'amichevole contro il Portogallo del 1º dicembre 1929.[140] Il notevole rendimento agonistico gli valse anche un premio da parte della società, una Fiat 508 Balilla da 9 000 lire, poiché il calciatore, per volontà paterna, non percepiva alcun compenso per le prestazioni sportive.[138][141] Distratto dalla dolce vita al di fuori del campo di gioco,[138][141] il suo rendimento andò via via peggiorando, finché il club azzurro decise di venderlo alla Salernitana.[138] I propositi di intitolargli lo stadio San Paolo, come Milano fece con Giuseppe Meazza, non hanno avuto seguito.[137][138]

In coppia con Sallustro, altro protagonista azzurro negli anni trenta fu Antonio Vojak,[137] prelevato dalla Juventus nel 1929 in vista del primo torneo di Serie A a girone unico. Nato a Pola, fu costretto a mutare il cognome in Vogliani in virtù dell'italianizzazione forzata e delle leggi antislave imposte dal regime fascista.[142] I 102 gol realizzati nei sei campionati disputati in maglia azzurra (oltre ad una marcatura nella Coppa dell'Europa Centrale) ne fanno tuttora il massimo cannoniere partenopeo in Serie A.[140] Terzo pilastro del Napoli di William Garbutt fu il laterale Enrico Colombari,[137] acquistato nel 1930 dal Torino per l'allora ragguardevole cifra di 250 000 lire e per questo motivo ribattezzato quarto di milione o 'o Banco 'e Napule.[137] Illuminò il gioco azzurro per sette stagioni e 216 partite.[143]

Amedeo Amadei, recordman di reti in Nazionale da calciatore del Napoli.

Primo fuoriclasse partenopeo nel dopoguerra,[137] Amedeo Amadei venne acquistato dal Napoli di Egidio Musolino appena ritornato in A, nel 1950. Già centravanti della Roma, dell'Inter e della Nazionale, il fornaretto militò per sei stagioni in azzurro, realizzando 47 reti in 171 partite,[137] quindi assunse la guida tecnica del club partenopeo.[144] Con 4 reti realizzate in Nazionale all'epoca della militanza in riva al Golfo, è tuttora il calciatore del Napoli più prolifico con la maglia della selezione azzurra.[145]

Hasse Jeppson: il suo trasferimento al Napoli destò enorme scalpore.

A quest'epoca risale anche il secondo colpo di mercato azzurro, vent'anni dopo l'acquisto di Colombari: Hasse Jeppson, poderoso attaccante svedese dell'Atalanta, viene acquistato da Achille Lauro nel 1952 per l'enorme cifra di 105 milioni di lire[137] vincendo la concorrenza dell'Inter,[146] cosicché il calciatore nordico ereditò proprio da Colombari il soprannome di 'o Banco 'e Napule.[137] Amante della musica,[137] intelligente e freddo,[137] disputò quattro stagioni in maglia azzurra, firmando 52 reti in 112 partite.[137] Gli alterchi con l'allenatore Eraldo Monzeglio e gli infortuni a catena ne limitarono il rendimento,[137] finché la società non gli concesse la lista gratuita e si trasferì al Torino.[137] Lo sostituì il possente centravanti brasiliano Luís Vinício, proveniente dal Botafogo.[137] Soprannominato il leone per le sue qualità fisiche e la sua determinazione,[137] fu portato a Napoli nel 1955 con l'intento di schierarlo in coppia con Jeppson, ma il tandem durò una sola stagione.[137] Vinício disputò cinque stagioni in maglia azzurra, realizzando 70 reti in 155 partite,[147] dopodiché, ritenuto ormai al tramonto,[137] sulla soglia dei trent'anni venne ceduto al Bologna:[148] qualche anno dopo, con la maglia del Vicenza, vinse la classifica cannonieri con 25 reti.[137][148]

Altro calciatore particolarmente rappresentativo in quest'epoca fu Bruno Pesaola,[137] argentino di Buenos Aires, portato in Italia dalla Roma,[149] transitato al Novara e trasferitosi nel 1952 al Napoli per 30 milioni di lire[137] dopo essere giunto nel capoluogo campano in viaggio di nozze con la moglie Ornella, Miss Novara.[137][149] Piccolo di statura e rapido in progressione,[137] il petisso[149] si destreggiava soprattutto nel ruolo di ala sinistra.[137] In maglia azzurra disputò 253 partite impreziosite da 27 gol[150][151] e durante la militanza napoletana debuttò nella Nazionale italiana come oriundo.[137][151] Lasciò il club partenopeo nel 1960, per poi ritornarvi come allenatore. Nel 2009 la città di Napoli gli conferì la cittadinanza onoraria.[152]

File:JosèAltafini.jpg
José Altafini

Esempio raro di calciatore nato, cresciuto e impostosi nel Napoli,[137] Antonio Juliano esordì in maglia azzurra nel 1962 dopo aver completato la trafila delle giovanili.[153] Nel ruolo di regista-cursore fu uno dei pilastri della squadra partenopea,[137] che in quegli anni arrivò al secondo posto (miglior risultato di sempre fino a quel momento) e per tre volte al terzo posto, vincendo anche una Coppa Italia.[153] Positiva anche la sua carriera in Nazionale, con cui collezionò 18 presenze vincendo il Campionato Europeo 1968 e ottenendo un secondo posto al Mondiale 1970.[137] Lasciò il Napoli nel 1978, dopo sedici stagioni (di cui dodici trascorse da capitano[153]) e 505 partite tra campionato e coppe (secondo azzurro di sempre[140]),[137] per trasferirsi al Bologna, salvo poi tornare nel club partenopeo in veste di dirigente.[153]

Omar Sívori, El Cabezón

Il talento emergente di Juliano fu accompagnato dall'acquisizione, nel 1965, di due tra i calciatori più importanti e rappresentativi dell'epoca:[137] gli oriundi José Altafini e Omar Sívori.[137][154][155] Sívori, costretto a lasciare la Juventus (dove aveva realizzato 170 reti in 257 partite[154]) a causa degli screzi con Heriberto Herrera,[137][154] stava per trasferirsi al Varese, quando l'intercessione diretta di Achille Lauro presso gli Agnelli aprì al calciatore le porte del club azzurro.[137] Indisciplinato e dal carattere turbolento,[137] disputò quattro stagioni in chiaroscuro caratterizzate da 16 reti in 76 partite.[137][156] L'espulsione ricevuta nel dicembre 1968 in una partita proprio contro la Juventus, cui seguì una squalifica di sei turni, lo convinse a mettere fine alla sua carriera.[137][154]

Altafini, dal canto suo, fu prelevato dal Milan, con la cui maglia aveva vinto due scudetti e una Coppa dei Campioni,[155] per 300 milioni di lire[137] e insieme a Sívori e Juliano costituì la colonna del Napoli più competitivo mai visto fino a quei tempi.[137][155] Rimase in maglia azzurra sette stagioni, caratterizzate da 97 gol (quarto cannoniere azzurro di sempre[140]) in 234 partite,[157] quindi si trasferì alla Juventus, dove vinse altri due scudetti.[155] Il club torinese fu anche la destinazione di Dino Zoff, che rinnovò la tradizione degli importanti portieri azzurri come Giuseppe Cavanna e Ottavio Bugatti. Acquistato nel 1967 dal Mantova sotto la presidenza di Gioacchino Lauro,[137] militò in azzurro per cinque stagioni, collezionando 190 presenze[158] e diventando punto di riferimento di una difesa tra le meno battute d'Italia.[137] Approdò alla Juventus quando si era ormai affermato anche in Nazionale.[137]

Giuseppe Savoldi, classico centravanti di peso,[137] fu il primo acquisto rilevante della presidenza di Corrado Ferlaino,[137] che lo prelevò nel 1975 dal Bologna per la cifra record di 2 miliardi di lire, che suscitò notevole scalpore quando non indignazione nell'opinione pubblica.[137] Pur male assistito da una squadra di non elevato valore,[137] l'attaccante bergamasco realizzò 77 reti (settimo cannoniere azzurro di sempre e primo cannoniere italiano del dopoguerra[140]) in 165 partite,[159] quindi fece ritorno al Bologna, nel 1979. L'anno seguente giunse a Napoli uno dei calciatori più apprezzati della storia azzurra: il libero olandese Ruud Krol. Già protagonista nell'Ajax del calcio totale, con la cui maglia vinse sei titoli nazionali e tre Coppe dei Campioni, venne prelevato dai partenopei all'età di 31 anni da una squadra canadese, dove era approdato da pochi mesi. Militò in maglia azzurra per quattro stagioni, particolarmente apprezzato per lo stile di gioco elegante e per il lancio preciso.[160]

Diego Maradona, decisivo nei principali successi partenopei.
File:CarecaNapoli.jpg
Careca, protagonista nell'epoca d'oro del Napoli.

Il 1984 vide la partenza di Krol e contestualmente l'arrivo del calciatore più importante della storia partenopea, Diego Armando Maradona. Eletto miglior calciatore argentino di sempre[161] e universalmente riconosciuto come uno dei più talentuosi calciatori di tutti i tempi,[162][163][164] venne prelevato nell'estate di quell'anno dagli spagnoli del Barcellona per la cifra record di 15 miliardi di lire.[43]

Recitò un ruolo decisivo nelle vittorie del club azzurro,[137] il cui palmarès è quasi per intero riconducibile (ad eccezione di quattro Coppe Italia e di altri trofei minori) al suo periodo di militanza in maglia partenopea: divenne capitano della squadra e nel giro di sette stagioni condusse il club alla vittoria di due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa UEFA e una Supercoppa Italiana. Nel Napoli giocò complessivamente 259 partite impreziosite da 115 reti (81 in A, 29 in Coppa Italia e 5 nelle competizioni europee[140]) che fanno di lui il massimo cannoniere della storia partenopea[140] e una sorta di icona popolare per la città di Napoli, da lui lasciata nel 1991 a seguito di gravi vicissitudini personali.[51] È insieme a Edinson Cavani l'unico calciatore del Napoli ad aver vinto la classifica cannonieri in Serie A (1987-1988, 15 reti).[140] Nel 2000 il club partenopeo ritirò in suo onore la maglia numero 10.[165]

Maradona venne coadiuvato, nel corso dell'esperienza partenopea, da una serie di calciatori di notevole livello. Tra questi Ciro Ferrara, cresciuto nel settore giovanile partenopeo e importante elemento del reparto arretrato partenopeo.[137] Militò per 10 stagioni in maglia azzurra, collezionando 322 presenze (quarto azzurro di sempre[140]) prima di essere ceduto alla Juventus, nel 1994.[137] Nel reparto avanzato si alternarono al fianco di Maradona, tra gli altri, Bruno Giordano e il brasiliano Careca, che insieme al trequartista argentino costituirono il celebre trio d'attacco Ma.Gi.Ca.. Giordano venne prelevato dalla Lazio nel 1985 e rimase in maglia azzurra per tre stagioni prima di essere ceduto all'Ascoli. Careca, centravanti agile e di grande potenza,[137] salito alla ribalta durante il Mondiale 1986 in Messico, venne acquistato nel 1987 dal São Paulo per 2 milioni di dollari[137] e divenne rapidamente un elemento fondamentale della formazione azzurra.[137] Militò in riva al Golfo per sei stagioni, caratterizzate da 96 gol (sesto cannoniere azzurro della storia[140]), quindi nel 1993 si trasferì in Giappone.[137]

Nel 2010 arriva dal Palermo per 17 mln di euro[166] Edinson Cavani, uno dei migliori marcatori della storia della società. In tre stagioni realizza 104 gol in 138 partite[167] (terzo cannoniere azzurro della storia). Nella stagione 2012-13 chiude il campionato con 29 reti in 34 partite diventando il secondo giocatore del Napoli, dopo Diego Armando Maradona, a vincere la classifica cannonieri del campionato di Serie A. A fine stagione passerà al Paris Saint-Germain, per 64 milioni di euro[168] risultando la cessione più remunerativa della storia del club partenopeo. [169]

Numeri ritirati

Il Napoli nell'estate del 2000 ritirò la maglia numero 10 appartenuta a Diego Armando Maradona dal 1984 al 1991, come tributo alla sua classe e al notevole contributo offerto in sette stagioni con la casacca partenopea.[165] Nell'ordine, gli ultimi ad indossare la 10 azzurra con l'avvento della numerazione fissa furono Fausto Pizzi (nel 1995-1996), Beto (nel 1996-1997), Igor Protti (nel 1997-1998, ultimo calciatore a giocare e siglare un gol con la 10 in Serie A) e Claudio Bellucci (1998-1999 e 1999-2000, in Serie B).

Tuttavia, per motivi regolamentari, il numero venne ristampato sulle maglie azzurre dal 2004 al 2006 in Serie C1, torneo dove vige la vecchia numerazione dall'1 all'11. L'ultimo calciatore ad indossare e siglare un gol con questa maglia in una gara ufficiale fu Mariano Bogliacino nella gara casalinga del 18 maggio 2006 contro lo Spezia, valevole per la finale di ritorno della Supercoppa di C1; primato che gli appartiene anche per l'ultima apparizione in campionato, il 12 maggio 2006 nella gara in casa del Lanciano. Per quel che concerne esclusivamente il campionato, invece, va al calciatore argentino Sosa il primato di essere stato l'ultimo ad indossare la 10 al San Paolo e contemporaneamente a segnare, nella gara contro il Frosinone del 30 aprile 2006.[170]

Capitani

La figura del capitano venne introdotta nel calcio italiano agli inizi degli anni venti. Il Napoli la adottò subito, designando come primo capitano l'oriundo italo-brasiliano Paulo Innocenti.

Al 2014, 25 calciatori hanno ricoperto ufficialmente tale ruolo. Oltre al già citato Innocenti, la fascia è stata indossata da altri due oriundi, Attila Sallustro e Bruno Pesaola. A parte i due argentini Diego Armando Maradona e Roberto Ayala e lo slovacco Marek Hamšík, i restanti capitani sono tutti di nazionalità italiana.

Il periodo più lungo con la fascia di capitano della squadra azzurra è stato quello di Antonio Juliano: dodici stagioni tra 1966 e 1978.

Questa è la lista dei capitani del Napoli.[171]

Nota. Aggiornata al 27 maggio 2014.

Calciatore Ruolo Stagioni al club Stagioni da capitano Presenze Reti
Bandiera del Brasile Bandiera dell'Italia Paulo Innocenti[172] D 1926-1937 1926-1933 213 6
Bandiera del Paraguay Bandiera dell'Italia Attila Sallustro[173] A 1926-1937 1933-1937 266 108
Bandiera dell'Italia Carlo Buscaglia C 1928-1938 1937-1938 270 41
Bandiera dell'Italia Arnaldo Sentimenti P 1934-1943 e 1945-1948 1938-1943 e 1945-1948 235 -297
Bandiera dell'Italia Egidio Di Costanzo C 1941-1943 e 1945-1951 1948-1951 153 7
Bandiera dell'Italia Amedeo Amadei A 1950-1956 1951-1953 171 47
Bandiera dell'Argentina Bandiera dell'Italia Bruno Pesaola[174] C 1952-1960 1953-1960 253 27
Bandiera dell'Italia Ottavio Bugatti [175] P 1953-1961 1960-1961 261 -334
Bandiera dell'Italia Pierluigi Ronzon[176] D 1961-1967 1961-1966 227 15
Bandiera dell'Italia Antonio Juliano [177][178] C 1962-1978 1966-1978 505 38
Bandiera dell'Italia Giuseppe Bruscolotti [179] D 1972-1988 1978-1980/1983-1986 511 11
Bandiera dell'Italia Claudio Vinazzani[180][181][182] C 1976-1983 1980-1983 253 5
Bandiera dell'Argentina Diego Armando Maradona[183] A 1984-1991 1986-1991 259 115
Bandiera dell'Italia Ciro Ferrara[184] D 1984-1994 1991-1994 322 15
Bandiera dell'Italia Roberto Bordin[185] D 1993-1997 1994-1997 122 0
Bandiera dell'Argentina Roberto Ayala[186] D 1995-1998 1997-1998 96 1
Bandiera dell'Italia Giuseppe Taglialatela[187] P 1990-1991 e 1993-1999 1998-1999 203 -257
Bandiera dell'Italia Francesco Baldini[188] D 1995-2001 e 2002-2003 1999-2001 195 2
Bandiera dell'Italia Oscar Magoni[189] C 1999-2002 2001-2002 127 6
Bandiera dell'Italia Roberto Stellone[190] A 1999-2003 2002-2003 102 33
Bandiera dell'Italia Dario Marcolin[191] C 2003-2004 2003-2004 47 0
Bandiera dell'Italia Gennaro Scarlato[192][193] D 1996-1999, 1999-2000 e 2004-2005 2004-2005 78 4
Bandiera dell'Italia Francesco Montervino [194] C 2003-2004 e 2004-2009 2005-2006 166 6
Bandiera dell'Italia Gennaro Iezzo[195] P 2005-2011 2006-2007 119 -96
Bandiera dell'Italia Paolo Cannavaro [196] D 1998-1999 e 2006-2014 2007-2014 278 9
Bandiera della Slovacchia Marek Hamšík[197] C 2007-presente 2014-presente 303 77

Il Napoli e le Nazionali di calcio

Il Napoli e la Nazionale italiana

Marcello Mihalich fu, insieme ad Attila Sallustro, il primo calciatore del Napoli a giocare in Nazionale.

All'11 settembre 2012 sono 44 i calciatori del Napoli ad aver ricevuto la convocazione nella Nazionale maggiore italiana, 31 dei quali hanno effettivamente collezionato almeno una presenza.[145] Il recordman di presenze è Fernando De Napoli (49), mentre il primato delle reti va ad Amedeo Amadei (4).[145][198]

I primi calciatori azzurri a militare in Nazionale furono Marcello Mihalich ed il Veltro Attila Sallustro, che debuttarono il 1º dicembre 1929 contro il Portogallo.[140] La partita terminò 6-1 e tre gol furono realizzati dai due azzurri (due da Mihalic, che divenne anche il primo a segnare in Nazionale, ed uno da Sallustro).[140] Nessuno dei due, tuttavia, fu convocato per il Mondiale 1934, al contrario di Giuseppe Cavanna, portiere azzurro che si laureò campione del mondo come secondo di Gianpiero Combi.[199]

File:FernandoDeNapoli.jpg
Fernando De Napoli, recordman di presenze in Nazionale da calciatore del Napoli.

Il rapporto tra Napoli e Nazionale si rinnovò nella seconda metà degli anni sessanta con l'approdo in azzurro di due importanti calciatori partenopei: Antonio Juliano e Dino Zoff, che portarono l'Italia alla vittoria del suo primo titolo europeo nel 1968 e al secondo posto nel Mondiale 1970.[200] Lo stesso Juliano partecipò anche al Mondiale 1966 e al Mondiale 1974,[201][202] mentre Mauro Bellugi prese parte all'Europeo del 1980[203].

Il declino del club interruppe il rapporto tra partenopei e Nazionale; per 15 anni nessun calciatore del Napoli fu convocato in azzurro.[204]. Spezzò il digiuno delle convocazioni Paolo Cannavaro il 13 ottobre 2007, convocato per l'amichevole contro il Sudafrica, senza tuttavia fare ingresso in campo.[198] Fu l'esterno destro Christian Maggio, convocato per l'amichevole contro la Grecia del 19 novembre 2008, a far terminare il lungo periodo di 16 anni in cui nessun calciatore del Napoli era sceso in campo la maglia della Nazionale, subentrando nel corso del match a Mauro Germán Camoranesi:[205] l'ultimo calciatore del Napoli a disputare una gara con la maglia della selezione nazionale italiana era stato Fernando De Napoli il 25 marzo 1992 nell'amichevole contro la Germania.[206] Per quanto concerne le presenze in gare valevoli per competizioni ufficiali, il digiuno terminò il 5 settembre 2009 con la presenza in campo di Fabio Quagliarella nella partita contro la Georgia, valida per le qualificazioni al Mondiale 2010.[207]

Lo stesso Quagliarella, insieme a Christian Maggio e Morgan De Sanctis, venne poi convocato per il Mondiale 2010, 20 anni dopo l'ultima volta che il club partenopeo aveva avuto suoi rappresentanti tra le file azzurre nella fase finale della massima competizione internazionale;[208] nel corso della manifestazione sudafricana, inoltre, l'attaccante stabiese divenne il primo calciatore nella storia del Napoli ad andare a segno con la maglia della Nazionale in Coppa del Mondo, realizzando ai danni della Slovacchia il gol che fissò il risultato sul definitivo 3-2 per la nazionale mitteleuropea.[209]

I giocatori del Napoli nelle varie spedizioni azzurre

Competizione Calciatori
Coppa Internazionale 1931-1932 Colombari, Sallustro, Vojak[210]
Mondiale 1934 Cavanna[199]
Coppa Internazionale 1948-1953 Bugatti, Amadei[211]
Mondiale 1950 Casari[212]
Coppa Internazionale 1955-1960 Bugatti[213]
Mondiale 1966 Juliano[201]
Europeo 1968 Juliano, Zoff[214]
Mondiale 1970 Juliano, Zoff[215]
Mondiale 1974 Juliano[202]
Europeo 1980 Bellugi[216]
Mondiale 1986 Bagni[217]
Europeo 1988 Ferrara, Francini, De Napoli, Romano[218]
Olimpiade 1988 Giuliani, Ferrara, Crippa, Carnevale
Mondiale 1990 Ferrara, De Napoli, Carnevale[219]
Olimpiade 1992 Ferrante
Olimpiade 1996 Pecchia
Olimpiade 2008 Russotto
Mondiale 2010 De Sanctis, Maggio, Quagliarella[220]
Europeo 2012 De Sanctis, Maggio
Confederations Cup 2013 Maggio
Mondiale 2014 Insigne[221]

I campioni del mondo e continentali del Napoli

Si riporta di seguito l'elenco dei calciatori vincitori di competizioni ufficiali con le proprie Nazionali durante il periodo di militanza al Napoli.

File:W.Cup2.svg Mondiali 1934 - Bandiera dell'Italia Italia

Mondiali 1986 - Bandiera dell'Argentina Argentina

 

Europei 1968 - Bandiera dell'Italia Italia

 

File:Coppa America calcio.svg Copa América 1989 - Bandiera del Brasile Brasile

File:Coppa America calcio.svg Copa América 2011 - Bandiera dell'Uruguay Uruguay

Palmarès

Competizioni nazionali

1986-1987, 1989-1990
1961-1962, 1975-1976, 1986-1987, 2011-2012, 2013-2014
1990

Competizioni internazionali

1988-1989
1966
1976

Altri piazzamenti

1949-1950
2005-2006

Competizioni giovanili

Primavera
1978-1979
1996-1997
1975
Berretti
2010-2011
2004-2005
Allievi
1983-1984, 1987-1988, 1989-1990, 1996-1997
1992, 1997
2001, 2006
Giovanissimi
2004-2005
  • Viareggio Junior Cup: 1
2011

Onorificenze

Statistiche e record

Partecipazioni ai campionati

Livello Categoria Partecipazioni Debutto Ultima stagione Totale
Divisione Nazionale 4 1926-1927 1945-1946 73
Serie A 69 1929-1930 2014-2015
Serie B 12 1942-1943 2006-2007 12
Serie C1 2 2004-2005 2005-2006 2

In 86 stagioni sportive a partire dalla fondazione della società nel 1926, compresi 4 tornei di Divisione Nazionale (A).

Serie A

Il Napoli ha partecipato a 72 campionati di massima serie, 68 dei quali di Serie A a girone unico. In tali stagioni è salito 16 volte sul podio:[73]

Serie B

Il Napoli ha partecipato a 12 campionati di Serie B ottenendo 5 promozioni:[73]

Serie C

Il Napoli ha partecipato a 2 campionati di Serie C1 ottenendo 1 promozione:

Coppa Italia

Il Napoli ha partecipato a 62 edizioni della Coppa Italia. È arrivato in finale in 9 occasioni:

Supercoppa Italiana

Il Napoli ha partecipato a 2 edizioni della Supercoppa Italiana:

  • 1 finale vinta (1990)
  • 1 finale persa (2012)

Nota: aggiornamento alla stagione 2013-2014.

Statistiche di squadra

Il Napoli esordì in massima serie (allora denominata Divisione Nazionale) il 3 ottobre 1926.[5] Quella appena trascorsa (2012-2013) è stata dunque la sua 85ª stagione sportiva; ha partecipato a 72 campionati di massima serie (4 di Divisione Nazionale e 68 di Serie A propriamente detta), 12 di Serie B e 2 di Serie C1. Nel corso delle 72 stagioni in massima serie il Napoli ha vinto 2 volte il campionato, giungendo al secondo posto in 5 occasioni e per 9 volte al terzo. In 85 stagioni sportive, la società si è dunque piazzata sul podio nel 18,6% dei casi.

La vittoria in campionato con il maggior scarto fu un 8-1 contro la Pro Patria, nella Serie A 1955-1956.[73] La sconfitta con il maggior scarto fu invece uno 0-11 subìto dal Torino nel campionato federale 1927-1928.[73]

Il Napoli e il Vado sono le uniche squadre che hanno vinto la Coppa Italia non militando in massima serie (1961-1962). Sempre per quanto riguarda la Coppa Italia, il Napoli detiene il record di vittorie consecutive (20), e insieme alla Fiorentina, è l'unica squadra ad aver vinto la Coppa Italia vincendo tutte le partite (13 su 13; accadde nella stagione 1986-1987). Il Napoli inoltre condivide con Torino (1942-1943), Juventus (1959-1960 e 1994-1995), Lazio (1999-2000) e Inter (2009-2010) il primato di aver vinto sul campo nella stessa stagione Scudetto e Coppa Italia (1986-1987).[224]

Il Napoli vanta inoltre, in coabitazione con Bologna (1931-1932) e Juventus (1932-1933), il record dei punti (33 su 34) ottenuti nelle gare interne in un campionato a 18 squadre con 2 punti per vittoria (16 vittorie ed 1 pareggio in 17 partite), realizzato nel torneo 1989-1990.[225] L'unica squadra che riuscì a ottenere punti al S. Paolo in quella stagione fu la Sampdoria, che pareggiò 1-1.[226]

Statistiche individuali

Il giocatore che detiene il record di presenze in campionato è Antonio Juliano, con 394 presenze (355 in Serie A).[227] Il primato per quanto concerne la sola Serie A va invece a Giuseppe Bruscolotti, con 387 presenze; quest'ultimo detiene anche il record di presenze complessive tra campionato e coppe (511).[140]

Il massimo cannoniere della storia del Napoli è Diego Armando Maradona, con 115 reti realizzate tra il 1984 e il 1991, di cui 81 in Serie A.[140]

Il record di gol in campionato (comprendendo anche i tornei di Divisione Nazionale) appartiene ad Attila Sallustro, con 106 reti,[140] mentre il massimo cannoniere in Serie A è Antonio Vojak, con 102 reti.[140] Il record di gol in un singolo torneo di massima serie appartiene ad Edinson Cavani, con 29 reti realizzate nella stagione 2012-2013.[228]

Il record di gol in una singola partita di campionato appartartiene a Attila Sallustro che siglò cinque reti il 12 maggio 1929 nella gara in casa contro la Reggiana, valevole per il campionato di Divisione Nazionale 1928-1929.[229] Invece il record di gol in una singola partita ufficiale per le gare europee appartiene a Daniel Fonseca, che siglò cinque reti il 16 settembre 1992 nella gara in trasferta contro gli spagnoli del Valencia, valevole per l'andata dei trentaduesimi di finale di Coppa UEFA, unico caso di cinquina esterna realizzata nelle coppe europee da un calciatore di una squadra italiana.[230]

Per quanto concerne le competizioni europee (comprendendo anche i tornei non organizzati dall'UEFA), il record di presenze appartiene ad Antonio Juliano con 39 apparizioni,[231] mentre il primato di reti compete ad Edinson Cavani con 19 gol.[232]

Nelle coppe nazionali, infine, il giocatore più presente è Giuseppe Bruscolotti con 96 partite giocate, mentre Diego Armando Maradona siglò il maggior numero di reti, 29.

Tifoseria

«La mattina andammo a fare riscaldamento al San Paolo, Carlos mi parlava di questo stadio, ma io che ho giocato nel Barça mi dicevo "che sarà mai". Eppure quando misi piede su quel campo sentii un qualcosa di magico, di diverso. La sera, quando risuonò l'inno della Champions, sentendo ottantamila persone fischiarci mi resi conto in quale guaio ci eravamo messi. Qualche partita importante nella mia carriera l'ho giocata, ma quando sentii quell'urlo fu la prima volta che mi tremarono le gambe [...] fu lì che mi resi conto che questa non è solo una squadra per loro, è un amore viscerale, come quello che c'è tra una madre ed un figlio. Fu l'unica volta che dopo aver perso rimasi in campo per godermi lo spettacolo.»

Tifosi azzurri allo Stadio San Paolo.

Il Napoli è al 2009 la quarta squadra italiana per numero di tifosi.[9] Notevole è il seguito che da sempre la squadra ha in paesi esteri e principalmente in quelli dove è più forte il tasso di immigrati dall'Italia: i Napoli Club fuori dai confini nazionali si contano a centinaia anche nelle località più remote. A livello internazionale si stima un seguito complessivo di circa sei milioni di tifosi.[234][235]

Il tifoso medio del Napoli non appartiene a una classe specifica: secondo il giornalista sportivo Mimmo Carratelli, il tifo azzurro «confonde e compatta genti diversissime, i napoletani dei quartieri-bene e quelli dei rioni popolari. Il Napoli è «la squadra di tutti» [...].».[236]

Quello che accomuna tutti è comunque la passione per la squadra, le cui partite sono seguite con grande partecipazione. Il tifo raggiunge picchi tali, che in alcune occasioni l'urlo dei tifosi al goal è stato registrato come terremoto dai sismografi dell'Università degli Studi di Napoli Federico II.[237]

Storia

Le origini del tifo organizzato a Napoli risalgono agli anni sessanta.[238] Nel 1972 nacque il gruppo degli Ultras della Curva B (poi CUCB, Commando Ultras Curva B), fondato da Gennaro Montuori;[239] questi ultimi furono i primi a realizzare imponenti scenografie all'interno dello stadio San Paolo.[239] Successivamente diedero alle stampe un proprio giornale e produssero una trasmissione televisiva dedicata al Napoli che viene tuttora trasmessa sulle emittenti locali partenopee;[239] nel corso degli anni, inoltre, diedero vita a diverse iniziative contro la violenza negli stadi, tra le quali l'esposizione dello striscione «La violenza ci divide, il tifo ci affratella».[239] Nel 1986 gli ultras della Curva B fondarono un gruppo di tifose, le Ultrà Girls.[239] Negli anni ottanta nacque anche un altro gruppo di tifose, denominato Ladies Napoli, formato per lo più da docenti.[238] A partire dagli anni '90, il tifo in curva B è profondamente cambiato: Gennaro Montuori (detto Palummella), forse a causa della morte del fratello,[240] lasciò il mondo del tifo causando lo scioglimento del suo gruppo (il CUCB) e dei gruppi minori ad esso collegati.[240] I maggiori gruppi della curva B sono i Fedayn E.A.M. 1979 e gli Ultras Napoli.[240] I Fedayn, fondati nel 1979, condividono la mentalità dei tifosi della curva A: proprio per questa comunanza di ideali ci sono stati dei tentativi da parte dei gruppi della curva A di convincere i Fedayn a traslocare nella loro curva.[240] Il loro slogan è E.A.M. (Estranei Alla Massa).[240] Gli Ultras Napoli sono invece formati per lo più da tifosi che non facevano parte del CUCB in quanto non ne condividevano l'ideologia filosocietaria.[240] Oltre a questi, sono presenti i Tifosi del nostro ideale (ex Masseria Cardone) e gli Area Nord (prima entrambi nella A).

La Curva A è invece occupata da numerosi gruppi: Mastiffs, Vecchi Lions, Teste Matte (formata per lo più da tifosi provenienti dai Quartieri Spagnoli[240]), Sud, Bronx, Brigata Carolina, Rione Sanità, Fossato Flegreo.[241] La curva A è quella maggiormente violenta e contestatrice; per questo non è in buoni rapporti con la curva B, più pacifica e folkloristica.[240] Tentativi di riconciliazione tra le due curve sono falliti.[240]

Gemellaggi

File:GemellaggioNapGenoa.jpg
La festa per la contemporanea promozione in Serie A di Napoli e Genoa, nel 2007.

Il gemellaggio tra i supporters del Napoli e quelli del Genoa è uno dei più antichi che il calcio italiano possa vantare: ebbe inizio il 16 maggio 1982[242] in seguito al pareggio per 2-2 a Napoli tra le due squadre nell'ultima giornata della Serie A 1981-1982, risultato che consentì al Genoa di salvarsi e condannò contestualmente il Milan alla retrocessione in Serie B della sua storia.[242] Il rapporto venne poi ulteriormente consolidato all'ultima giornata di campionato della Serie B 2006-2007 quando, con il pareggio per 0-0 a Genova, entrambe le squadre ottennero la promozione in Serie A.[66] Lo storico gemellaggio tra le due tifoserie è stato anche omaggiato e sostenuto da iniziative commerciali.[243]

Esiste, inoltre, una forte amicizia con i supporter dell'Ancona e vi sono buoni rapporti con le tifoserie di Palermo, Catania e Borussia Dortmund .[240][244] Una simpatia è nata anche con alcuni gruppi della tifoseria rumena dell'Universitatea Craiova, rinsaldata in seguito all'eliminazione dei rivali dello Steaua Bucarest dall'Europa League proprio per mano del Napoli.[245]

Rivalità

I tifosi azzurri hanno cattivi rapporti soprattutto con le squadre del Nord.[246] Storica è la rivalità col Verona e con la Juventus.

L'ostilità degli ultras con i tifosi della Roma nasce dal gesto dell'ombrello di Salvatore Bagni del 25 ottobre 1987.[247] Esiste inoltre una rivalità con l'Atalanta,[248].

I derby

Lo stesso argomento in dettaglio: Derby del Sole e Derby calcistici in Campania.

A differenza di quanto si verifica in altre metropoli italiane come Genova, Milano, Roma e Torino, il Napoli è l'unica espressione calcistica di alto livello del capoluogo campano e pertanto non vi è un derby nel senso stretto del termine. Ciononostante, i partenopei sono co-protagonisti di due particolari derby in Italia:

Organico

Lo stesso argomento in dettaglio: Società Sportiva Calcio Napoli 2014-2015.

Rosa

Rosa e numerazione aggiornate al 2 agosto 2014.[253]

N. Ruolo Calciatore
Bandiera del Brasile P Rafael
Bandiera del Brasile D Henrique
Bandiera dell'Uruguay D Miguel Ángel Britos
Bandiera della Spagna A José María Callejón
Bandiera del Brasile C Jorginho
Bandiera dell'Argentina A Gonzalo Higuaín
Bandiera dell'Italia C Christian Maggio (vice capitano)
Bandiera dell'Italia A Nicolao Dumitru
Bandiera del Belgio A Dries Mertens
Bandiera dell'Italia P Roberto Colombo
Bandiera dell'Italia C Giandomenico Mesto
Bandiera della Slovacchia C Marek Hamšík (capitano)
Bandiera della Colombia C Juan Camilo Zúñiga
Bandiera della Macedonia del Nord A Goran Pandev
Bandiera della Svizzera C Blerim Džemaili
Bandiera dell'Argentina D Federico Fernández
Bandiera della Croazia C Josip Radošević
Bandiera dell'Italia A Lorenzo Insigne
Bandiera della Spagna A Michu
N. Ruolo Calciatore
Bandiera della Francia D Kalidou Koulibaly
Bandiera dell'Algeria D Faouzi Ghoulam
Bandiera della Spagna D Raúl Albiol
Bandiera dell'Argentina P Mariano Andújar
Bandiera dell'Uruguay C Walter Gargano
Bandiera dell'Italia P Antonio Rosati
Bandiera della Svizzera C Gökhan Inler
Bandiera della Colombia A Duván Zapata
Bandiera dell'Italia D Sebastiano Luperto [254]
Bandiera del Cile A Eduardo Vargas
Bandiera dell'Argentina D Ignacio Fideleff
Bandiera dell'Italia C Marco Donadel
Bandiera dell'Italia C Raffaele Maiello
Bandiera dell'Italia C Giuseppe Palma
Bandiera dell'Italia C Luigi Vitale
Bandiera dell'Italia A Camillo Ciano
Bandiera dell'Italia A Roberto Insigne
Bandiera dell'Ungheria A Soma Novothny

Staff tecnico

Staff dell'area sportiva[255]
  • Rafael Benítez - Allenatore
  • Fabio Pecchia - Allenatore in seconda
  • Francisco de Miguel Moreno - Preparatore atletico
  • Corrado Saccone - Preparatore atletico
  • Xavi Valero - Preparatore dei portieri
  • Antonio Gómez Pérez - Analista
  • Pedro Jiménez Campos - Analista
  • Dr. Alfonso De Nicola - Responsabile sanitario
  • Dr. Enrico D'Andrea - Fisiatra
  • Dr. Raffaele Canonico - Medico dello sport
  • Rosario D'Onofrio - Riabilitatore
  • Giovanni D'Avino - Fisioterapista
  • Agostino Santaniello - Fisioterapista
  • Marco Di Lullo - Massaggiatore
  • Tommaso Starace - Magazziniere

Note

  1. ^ ADL promuove il nuovo inno: il maestro Sondelli ha fatto cantare tutto il San Paolo, su tuttonapoli.net, 11 agosto 2013. URL consultato il 10 settembre 2013.
  2. ^ Silvio Baldini offende Napoli in diretta Tv, su calcioblog.it, 9 febbraio 2011. URL consultato il 2 agosto 2011.
  3. ^ Biazzo: "Il Napoli è lo stato d’animo della città", su areanapoli.it, 3 maggio 2011. URL consultato il 2 agosto 2011.
  4. ^ E' stato scritto: "Il Napoli è lo stato d'animo della città". Ma pochi se ne ricordano., su creep.ilcannocchiale.it, ilcannocchiale.it, 11 agosto 2009. URL consultato il 2 agosto 2011.
  5. ^ a b c d Pacileo e Gargano, p. 14
  6. ^ Nicolini, p.28
  7. ^ Il palmarès del Napoli, su sscnapoli.it. URL consultato il 12 luglio 2010.
  8. ^ Dato aggiornato al 2014-2015 e comprendente anche i tornei non a girone unico.
  9. ^ a b Il tifo calcistico in Italia, su demos.it, 18 settembre 2012. URL consultato il 18 settembre 2012. La Juventus è prima con il 28,5% dei tifosi. A seguire il Milan, con il 15,8% delle preferenze, e l'Inter (14,5%). Il Napoli è quarto con il 13,2%, davanti alla Roma (7,3%).
  10. ^ a b Deloitte Football Money League 2013, su deloitte.com. Il Milan è al primo posto tra i club italiani con un fatturato annuo di 256,9 milioni di euro. A seguire Juventus (195,4), Inter (185,9) e Napoli (148,4).
  11. ^ Napoli premiato dalla UEFA: vince il premio "Financial Fair Play"
  12. ^ Napoli, ingresso tra i membri dell'Eca (associazione club europei), su tuttonapoli.net, 21 luglio 2011.
  13. ^ Dal Naples Football Club all'Internaples, su sscnapoli.it. URL consultato il 14 maggio 2011.
  14. ^ a b Nicolini, p.24
  15. ^ a b Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, pag. 15
  16. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, pag. 16
  17. ^ Garbutt fu il primo allenatore di calcio a venire chiamato mister, vedi Le recensioni – “Mister William Thomas Garbutt”, su panoramatirreno.it, Panorama Tirreno. URL consultato il 19 febbraio 2010.
  18. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 18
  19. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, pag. 21
  20. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 25
  21. ^ a b Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, pag. 26
  22. ^ Dall'Associazione Calcio Napoli alla prima Coppa Italia, su sscnapoli.it. URL consultato il 14 maggio 2011.
  23. ^ Nicolini, p.67
  24. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, pag. 29
  25. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 32
  26. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 35
  27. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 50.
  28. ^ Francesco Caremani, Napoli 2000, pag. 19
  29. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 64
  30. ^ Francesco Caremani, Napoli 2000, pag. 24
  31. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 75
  32. ^ Dalla Coppa delle Alpi a Corrado Ferlaino, su sscnapoli.it. URL consultato il 14 maggio 2011.
  33. ^ Nicolini, p.182
  34. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 76
  35. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 81
  36. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 84
  37. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 89
  38. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 92
  39. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 93
  40. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 94
  41. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 99
  42. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 103
  43. ^ a b Ferlaino: "15 miliardi spesi bene", su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 3 luglio 1984. URL consultato il 3 febbraio 2010.
  44. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 113
  45. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 117
  46. ^ Napoli ha vinto, e scusate il ritardo, su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 12 maggio 1987. URL consultato il 3 febbraio 2010.
  47. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 118
  48. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 124
  49. ^ Bianchi, fuga con lacrime, su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 18 maggio 1989. URL consultato il 3 febbraio 2010.
  50. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 126
  51. ^ a b Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 129
  52. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 131
  53. ^ a b Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 133
  54. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 134
  55. ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 135
  56. ^ Arriverci Napoli, restano solo i ricordi, su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 12 aprile 1998. URL consultato il 5 febbraio 2010.
  57. ^ La città è impazzita come per lo scudetto, su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 5 giugno 2000. URL consultato il 5 febbraio 2010.
  58. ^ Napoli, rabbia e serie B, su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 18 giugno 2001. URL consultato il 5 febbraio 2010.
  59. ^ Napoli, Corbelli presidente, su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 7 luglio 2000. URL consultato il 5 febbraio 2010.
  60. ^ Naldi, presidente tifoso 'Farò un grande Napoli', su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 22 giugno 2002. URL consultato il 5 febbraio 2010.
  61. ^ Una città tra dolore e speranze "In qualche modo ripartiremo", su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 3 agosto 2004. URL consultato il 3 febbraio 2010.
  62. ^ Il Napoli è di De Laurentiis "E ora una grande squadra", su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 5 settembre 2004. URL consultato il 3 febbraio 2010.
  63. ^ Ore 19: vince De Laurentiis, nasce il nuovo Napoli Soccer, su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 7 settembre 2004. URL consultato il 3 febbraio 2010.
  64. ^ Reja: 'Se non avessi vinto stavolta avrei dato il mio addio al calcio', su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 18 aprile 2006. URL consultato il 3 febbraio 2010.
  65. ^ De Laurentiis: 'Pronto a entrare in Lega', su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 24 maggio 2006. URL consultato il 3 febbraio 2010.
  66. ^ a b Il ritorno di Genova e Napoli una grande festa per la A, su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 11 giugno 2007. URL consultato il 3 febbraio 2010.
  67. ^ Roberto Donadoni nuovo tecnico azzurro, su sscnapoli.it, 10 marzo 2009.
  68. ^ Walter Mazzarri nuovo allenatore, su sscnapoli.it, 6 ottobre 2009.
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  • Gianni Nicolini, La storia del Napoli, Editrice Italiana Roma, 1967.

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