Leggi razziali fasciste


Le leggi razziali fasciste furono un insieme di provvedimenti legislativi e amministrativi (leggi, ordinanze, circolari) applicati in Italia fra il 1938 e il primo quinquennio degli anni quaranta, inizialmente dal regime fascista e poi dalla Repubblica Sociale Italiana.
Esse furono rivolte prevalentemente contro le persone ebree. Il loro contenuto fu annunciato per la prima volta il 18 settembre 1938 a Trieste da Benito Mussolini, da un palco posto davanti al Municipio in Piazza Unità d'Italia, in occasione di una sua visita alla città. Furono abrogate con i regi decreti-legge n. 25 e 26 del 20 gennaio 1944[1], emanati durante il Regno del Sud.
Contesto[modifica | modifica wikitesto]

Per la legislazione fascista era ebreo chi era nato da: genitori entrambi ebrei, da un ebreo e da una straniera, da una madre ebrea in condizioni di paternità ignota oppure chi, pur avendo un genitore ariano, professasse la religione ebraica. Sugli ebrei venne emanata una serie di leggi discriminatorie.
Il fascismo – attraverso l'emanazione della Legge nº 1024 del 13 luglio 1939-XVII (Gazzetta ufficiale del 27 luglio 1939), Norme integrative del Regio decreto–legge 17 novembre 1938-XVI, n.1728, sulla difesa della razza italiana – ammise tuttavia la figura del cosiddetto ebreo arianizzato.[2] Con la L. 1024/1939-XVII regolò infatti la «facoltà del Ministro per l'interno di dichiarare, su conforme parere della Commissione, la non appartenenza alla razza ebraica anche in difformità delle risultanze degli atti dello stato civile».[3] Si trattò in sostanza del conferimento di un potere molto vasto alla Commissione per le discriminazioni: questa infatti poteva formulare un parere motivato, senza poterne rilasciare «copia a chicchessia e per nessuna ragione»,[3] sulla base del quale il Ministero dell'interno avrebbe a sua volta emanato un Decreto di dichiarazione della razza. Nell'autunno 1938, nel quadro di una grande azione razzista iniziata già tempo prima, il governo Mussolini varò la "normativa antiebraica sui beni e sul lavoro", ovvero la spoliazione dei beni mobili e immobili degli ebrei residenti in Italia.[4]
Agli ebrei arianizzati – cioè a quegli ebrei che in virtù della Legge nº 1024 del 13 luglio 1939-XVII ricevettero per Decreto la dichiarazione di appartenenza alla razza ariana – le leggi razziali furono applicate con alcune deroghe e limitazioni.[5]
La legislazione antisemita comprendeva: il divieto di matrimonio tra italiani ed ebrei, il divieto per gli ebrei di avere alle proprie dipendenze domestici di razza ariana, il divieto per tutte le pubbliche amministrazioni e per le società private di carattere pubblicistico – come banche e assicurazioni – di avere alle proprie dipendenze ebrei, il divieto di trasferirsi in Italia a ebrei stranieri, la revoca della cittadinanza italiana concessa a ebrei stranieri in data posteriore al 1919, il divieto di svolgere la professione di notaio e di giornalista e forti limitazioni per tutte le cosiddette professioni intellettuali, il divieto di iscrizione dei ragazzi ebrei – che non fossero convertiti al cattolicesimo e che non vivessero in zone in cui i ragazzi ebrei erano troppo pochi per istituire scuole ebraiche – nelle scuole pubbliche, il divieto per le scuole di assumere come libri di testo opere alla cui redazione avesse partecipato in qualche modo un ebreo. Fu inoltre disposta la creazione di scuole – a cura delle comunità ebraiche – specifiche per ragazzi ebrei. Gli insegnanti ebrei avrebbero potuto lavorare solo in quelle scuole.[6]
Infine vi fu una serie di limitazioni da cui erano esclusi i cosiddetti arianizzati: il divieto di svolgere il servizio militare, esercitare il ruolo di tutore di minori, essere titolari di aziende dichiarate di interesse per la difesa nazionale, essere proprietari di terreni o di fabbricati urbani al di sopra di un certo valore. Per tutti fu disposta l'annotazione dello stato di razza ebraica nei registri dello stato civile.
Presunte premesse teoriche[modifica | modifica wikitesto]
Nel primo numero della rivista La difesa della razza si sosteneva quanto segue:
«È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo arianonordico.» |
(La difesa della razza, anno I, numero 1, 5 agosto 1938, p. 2) |
Il supposto fondamento e la presunta premessa teorica alle leggi razziali furono alcune considerazioni che avrebbero mirato a stabilire l'esistenza della razza italiana e la sua appartenenza a un immaginario gruppo delle cosiddette razze ariane. A tali considerazioni si cercò di dare un fondamento scientifico, benché quest'ultimo sia poi risultato inconsistente.
Dopo l'entrata in vigore nel 1937 del Regio decreto-legge n. 880 – che vietava il madamismo (l'acquisto di una concubina) e il concubinaggio degli italiani coi «sudditi delle colonie africane» – altre leggi di spiccata indole razzista vennero promulgate dal parlamento italiano.
Il "Manifesto della Razza"[modifica | modifica wikitesto]
Un documento importante in vista della promulgazione delle cosiddette leggi razziali fu il Manifesto degli scienziati razzisti (noto anche come Manifesto della Razza), pubblicato originariamente in forma anonima su Il Giornale d'Italia il 14 luglio 1938 col titolo Il Fascismo e i problemi della razza, quindi ripubblicato sul numero uno della rivista La difesa della razza il 5 agosto 1938 firmato da 10 scienziati.
Il 25 luglio 1938 – dopo un incontro tra i dieci redattori della tesi, il ministro della cultura popolare Dino Alfieri e il segretario del PNF Achille Starace – la segreteria politica del PNF comunica il testo completo del lavoro, corredato dall'elenco dei firmatari e degli aderenti.
Tra le successive adesioni al manifesto spiccano quelle di personaggi illustri – o destinati a diventare tali.
Nonostante alcuni abbiano sostenuto che Mussolini non fosse antisemita[7] (tra l'altro una delle sue amanti, Margherita Sarfatti, era ebrea), Galeazzo Ciano riporta nel suo diario per la giornata del 14 luglio 1938: «Il Duce mi annuncia la pubblicazione da parte del Giornale d'Italia di uno statement sulle questioni della razza. Figura scritto da un gruppo di studiosi, sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare. Mi dice che in realtà l'ha quasi completamente redatto lui».[8]
Al Regio decreto-legge del 5 settembre 1938 – che fissava «Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista» – e a quello del 7 settembre – che fissava «Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri» – fa seguito (6 ottobre) una «dichiarazione sulla razza» emessa dal Gran Consiglio del Fascismo. Tale dichiarazione viene successivamente adottata dallo Stato sempre con un Regio decreto-legge che porta la data del 17 novembre dello stesso anno.
Sono dunque molti i decreti che, tra l'estate e l'autunno del 1938, sono firmati da Benito Mussolini in qualità di capo del Governo e poi promulgati da Vittorio Emanuele III. Tutti tendenti a legittimare una visione razzista della cosiddetta "questione ebraica". L'insieme di questi decreti e dei documenti sopra citati costituisce appunto l'intero corpus delle leggi razziali.
Alcuni degli scienziati e intellettuali ebrei colpiti dal provvedimento del 5 settembre (riguardante in special modo il mondo della scuola e dell'insegnamento) emigrano negli Stati Uniti. Tra loro ricordiamo: Emilio Segrè, Achille Viterbi (padre di Andrea Viterbi), Bruno Pontecorvo, Bruno Rossi, Ugo Lombroso, Giorgio Levi Della Vida, Mario Castelnuovo-Tedesco, Vittorio Rieti, Camillo Artom, Ugo Fano, Roberto Fano, Salvatore Luria, Renzo Nissim, Piero Foà, Luigi Jacchia, Guido Fubini, Massimo Calabresi, Franco Modigliani. Altri troveranno rifugio in Gran Bretagna (Arnaldo Momigliano, Elio Nissim, Uberto Limentani, Guido Pontecorvo); in Palestina (Umberto Cassuto, Giulio Racah); o in Sudamerica (Carlo Foà, Amedeo Herlitzka, Beppo Levi, Renzo Massarani). Con loro lasceranno l'Italia anche Enrico Fermi e Luigi Bogliolo, le cui mogli erano ebree.
Chi decide di rimanere in Italia è costretto ad abbandonare la cattedra. Tra questi: Leone Ginzburg, Tullio Ascarelli, Walter Bigiavi, Mario Camis, Federico Cammeo, Alessandro Della Seta, Donato Donati, Mario Donati, Marco Fanno, Gino Fano, Federigo Enriques, Giuseppe Levi, Benvenuto Terracini, Rodolfo Mondolfo, Adolfo Ravà, Attilio Momigliano, Gino Luzzatto, Donato Ottolenghi, Tullio Terni, Mario Fubini ed Ernesto Buonaiuti. Alcuni saranno in grado di continuare nell'insegnamento perché chiamati da papa Pio XI nelle sedi di università ecclesiastiche, anche in segno di sfida e disaccordo con il regime fascista sulla questione razziale come aveva manifestato in più occasioni:
«Ma io mi vergogno... mi vergogno di essere italiano. E lei padre [il gesuita Tacchi Venturi], lo dica pure a Mussolini! Io non come papa, ma come italiano mi vergogno! Il popolo italiano è diventato un branco di pecore stupide. Io parlerò, non avrò paura. Mi preme il Concordato, ma più mi preme la coscienza.[9]» |
Potranno quindi proseguire a professare la propria docenza presso gli istituti vaticani esimi accademici come Tullio Levi-Civita e Vito Volterra, nominati membri della Pontificia accademia delle scienze guidata da padre Agostino Gemelli[10]. Politica, questa, continuata anche dal successore papa Pio XII, e testimoniata perfino dal giornale della comunità ebraica del Missouri, il Kansas City Jewish Chronicle, che nell'edizione del 29 marzo 1940, commentando l'assunzione di diversi professori ebrei nell'amministrazione della Santa Sede (tra questi il geografo Roberto Almagià, impiegato presso la Biblioteca vaticana) scriveva che "quanto il Papa stava facendo dimostrava la sua disapprovazione dei decreti antisemiti".[11] L'insegnamento nelle scuole riservate agli ebrei tuttavia non viene proibito.
Tra le dimissioni illustri da istituzioni scientifiche italiane ci sono quelle di Albert Einstein, allora membro dell'Accademia dei Lincei.
Testo del manifesto[modifica | modifica wikitesto]


Il 5 agosto 1938 sulla rivista La difesa della razza viene pubblicato il seguente manifesto:
«Il ministro segretario del partito ha ricevuto, il 26 luglio XVI, un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, che hanno, sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che fissano le basi del razzismo fascista.
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I 10 scienziati italiani redattori del manifesto della razza[modifica | modifica wikitesto]
- Lino Businco, assistente alla cattedra di patologia generale all'Università di Roma
- Lidio Cipriani, professore incaricato di antropologia all'Università di Firenze
- Arturo Donaggio, direttore della Clinica Neuropsichiatrica dell'Università di Bologna, presidente della Società Italiana di Psichiatria
- Leone Franzi, assistente nella Clinica Pediatrica dell'Università di Milano
- Guido Landra, assistente alla cattedra di antropologia all'Università di Roma, ritenuto l'estensore materiale del manifesto della razza[12]
- Nicola Pende (attestazione incerta[13]), direttore dell'Istituto di Patologia Speciale Medica dell'Università di Roma
- Marcello Ricci, assistente alla cattedra di zoologia all'Università di Roma
- Franco Savorgnan, professore ordinario di demografia all'Università di Roma, presidente dell'Istituto Centrale di Statistica
- Sabato Visco, direttore dell'Istituto di Fisiologia Generale dell'Università di Roma, direttore dell'Istituto Nazionale di Biologia presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche
- Edoardo Zavattari, direttore dell'Istituto di Zoologia dell'Università di Roma
Legislazione italiana in chiave razziale[modifica | modifica wikitesto]
Tutta la legislazione e la normativa razziale del regime fascista nascono da due pubblicazioni:
- Il Fascismo e i problemi della razza, pubblicato da Il Giornale d'Italia il 14 luglio 1938.
- Manifesto degli scienziati razzisti, pubblicato da La difesa della razza il 5 agosto 1938.
Ed ecco la legislazione e la normativa razziale:
- Comunicato della Segreteria Politica del PNF, 25 luglio 1938, Il Fascismo e il problema della razza.
- RD-L 5 settembre 1938, n. 1390, Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista (GU n. 209, 13 settembre 1938). Per la 'conversione' vedi qui sotto la L 99/1939.
- RD 5 settembre 1938, n. 1531, Trasformazione dell'Ufficio centrale demografico in Direzione generale per la demografia e la razza (GU n. 230, 7 ottobre 1938).
- RD-L 5 settembre 1938, n. 1539, Istituzione, presso il Ministero delI'Interno, del Consiglio superiore per la demografia e la razza (GU n. 231, 8 ottobre 1938). Per la 'conversione' vedi qui sotto la L 26/1939.
- RD-L 7 settembre 1938, n. 1381, Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri (GU n.208, 12 settembre 1938). Il RD-L non venne mai 'convertito in legge', ma le sue disposizioni vennero riprese nel RD-L 1728/1938.
- RD-L 23 settembre 1938, n. 1630, Istituzione di scuole elementari per fanciulli di razza ebraica (GU n. 245, 25 ottobre 1938). Per la 'conversione' vedi qui sotto la L 94/1939.
- Dichiarazione sulla razza, votata dal Gran Consiglio del Fascismo il 6 ottobre 1938.
- RD-L 15 novembre 1938, n. 1779, Integrazione e coordinamento in unico testo delle norme già emanate per la difesa della razza nella Scuola italiana (GU n. 272, 29 novembre 1938). Per la 'conversione' vedi qui sotto la L 98/1939.
- RD-L 17 novembre 1938, n. 1728, Provvedimenti per la difesa della razza italiana (GU n. 264, 19 novembre 1938). Per la 'conversione' vedi qui sotto la L 274/1939[14].
- RD 21 novembre 1938, n. 2154, Modificazioni allo statuto del Partito Nazionale Fascista (GU n. 36, 13 febbraio 1939). In questa sede viene riprodotta solo la parte del Regio Decreto concernente gli ebrei.
- RD-L 22 dicembre 1938, n. 2111, Disposizioni relative al collocamento in congedo assoluto ed al trattamento di quiescenza del personale militare delle Forze armate dello Stato di razza ebraica (GU n. 30, 6 febbraio 1939). Per la 'conversione' vedi qui sotto la L 739/1939.
- L 5 gennaio 1939, n. 26, Conversione in legge del Regio decreto-legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1539, concernente l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, del Consiglio superiore per la demografia e la razza (GU n. 24, 30 gennaio 1939). Il RD-L viene convertito senza modifiche, pertanto la Legge non viene qui riprodotta.
- L 5 gennaio 1939, n. 94, Conversione in legge del Regio decreto-legge 23 settembre 1938-XVI, n. 1630, concernente l'istituzione di scuole elementari per fanciulli di razza ebraica (GU n. 31, 7 febbraio 1939). Il RD-L viene convertito senza modifiche, pertanto la Legge non viene qui riprodotta.
- L 5 gennaio 1939, n. 98, Conversione in legge del Regio decreto-legge 15 novembre 1938-XVll, n. 1779, relativo all'integrazione e al coordinamento in unico testo delle norme emanate per la difesa della razza nella scuola italiana (GU n. 31, 7 febbraio 1939). Il RD-L viene convertito senza modifiche, pertanto la Legge non viene qui riprodotta.
- L 5 gennaio 1939, n. 99, Conversione in legge del Regio decreto-legge 5 settembre 1938-XVl, n. 1390, contenente provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista (GU n. 31, 7 febbraio 1939). Il RD-L viene convertito senza modifiche, pertanto la Legge non viene qui riprodotta.
- L 5 gennaio 1939, n. 274, Conversione in legge del Regio decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, recante provvedimenti per la difesa della razza italiana (GU n. 48, 27 febbraio 1939). Il RD-L viene convertito senza modifiche, pertanto la Legge non viene qui riprodotta.
- RD-L 9 febbraio 1939, n. 126, Norme di attuazione ed integrazione delle disposizioni di cui all'art. 10 del R. decreto-legge 17 novembre 1938 XVII, n. 1728, relative ai limiti di proprietà immobiliare e di attività industriale e commerciale per i cittadini italiani di razza ebraica (GU n. 35, 11 febbraio 1939). Per la 'conversione' e le modifiche in essa contenute vedi qui sotto la L 739/1939.
- RD 27 marzo 1939, n. 665, Approvazione dello statuto dell'Ente di gestione e liquidazione immobiliare (GU n. 110, 10 maggio 1939).
- L 2 giugno 1939, n. 739, Conversione in legge, con approvazione complessiva, dei Regi decreti-legge emanati fino al 10 marzo 1939-XVII e convalida dei Regi decreti, emanati f no alla data anzidetta, per prelevazioni di somme dal fondo di riserva per le spese impreviste (GU n. 131, 5 giugno 1939). La Legge converte con modifiche alcuni Regi decreti-legge tra cui il RD-L 9 febbraio 1939, n. 126; inoltre converte senza modifiche alcuni Regi decreti-legge tra cui il RD-L 22 dicembre 1938, n. 2111. In questa sede viene riprodotta solo la parte della legge relativa alla conversione con modifiche del 126/1939.
- L 29 giugno 1939, n. 1054, Disciplina dell'esercizio delle professioni da parte dei cittadini di razza ebraica (GU n. 179, 2 agosto 1939).
- L 13 luglio 1939, n. 1024, Norme integrative del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, sulla difesa della razza italiana (GU n. 174, 27 luglio 1939).
- L 13 luglio 1939, n. 1055, Disposizioni in materia testamentaria nonché sulla disciplina dei cognomi, nei confronti degli appartenenti alla razza ebraica(GU n. 179, 2 agosto 1939).
- L 13 luglio 1939, n. 1056, Variazioni al ruolo organico del personale di gruppo A dell'Amministrazione Civile del Ministero dell'interno (GU n.179, 2 agosto 1939).
- L 23 maggio 1940, n. 587, Concessione di una indennità in aggiunta alla pensione ai dipendenti statali per i quali è prevista la inamovibilità, dispensati dal servizio in esecuzione del R. decreto-legge 17 novembre 1938 XVII, n. 1728, sino al raggiungimento del limite massimo di età per il collocamento a riposo (GU n. 143,19 giugno 1940).
- DM 30 luglio 1940, Determinazione dei contributi a carico dei professionisti di razza ebraica (GU n. 12,16 gennaio 1941).
- L 23 settembre 1940, n. 1459, Integrazioni alla legge 13 luglio 1939-XVII, n. 1055, contenente disposizioni in materia testamentaria, nonché sulla disciplina dei cognomi, nei confronti degli appartenenti alla razza ebraica (GU n. 256, 31 ottobre 1940).
- L 28 settembre 1940, n. 1403, Abrogazione del contributo statale a favore degli asili infantili israelitici contemplati dalla legge 30 luglio 1896, n. 343 (GU n. 245, 18 ottobre 1940).
- L 24 febbraio 1941, n. 158, Autorizzazione all'Ente di gestione e liquidazione immobiliare a delegare agli Istituti di credito fondiario la gestione e la vendita degli immobili ad esso attribuiti (GU n. 79, 2 aprile 1941).
- L 19 aprile 1942, n. 517, Esclusione degli elementi ebrei dal campo dello spettacolo (GU n. 126, 28 maggio 1942).
- L 9 ottobre 1942, n. 1420, Limitazioni di capacità degli appartenenti alla razza ebraica residenti in Libia (GU n. 298, 17 dicembre 1942).
- DLD 4 gennaio 1944, n. 2, Nuove disposizioni concernenti i beni posseduti dai cittadini di razza ebraica (GU-RSI n. 6,10 gennaio 1944).
- DLD 31 marzo 1944, n. 109, Nuovo statuto e regolamento dell'Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare (GU-RSI n. 81, 6 aprile 1944).
- DM 16 aprile 1944, n. 136, Trasformazione della direzione generale per la demografia e la razza in direzione generale per la demografia (GU-RSI n. 93, 20 aprile 1944).
- DLD 18 aprile 1944, n. 171, Istituzione dell'Ispettorato Generale per la razza (GU-RSI n. 111, 11 maggio 1944).
- DM 15 settembre 1944, n. 685, Adeguamento del trattamento tributario a favore di tutti i beni gestiti dall'Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare (E.G.E.L.I.) (GU-RSI n. 251, 26 ottobre 1944).
- DM 30 dicembre 1944, n. 1036, Modifica dello Statuto dell'E.G.E.L.I. ed istituzione del posto di Direttore Generale (GU-RSI n. 58, 10 marzo 1945).
- DLD 28 febbraio 1945, n. 47, Regolamento amministrativo dell'Ispettorato Generale per la Razza (GU-RSI n. 52, 3 marzo 1945).
Si veda anche:
Vittorio Emanuele III e le leggi razziali[modifica | modifica wikitesto]
Vittorio Emanuele III, particolarmente legato al suo ruolo di sovrano costituzionale, firmò le leggi razziali nel 1938 approvate dal Parlamento e vagliate dai competenti organi dello stato. Personalmente il Re non era affatto razzista - tanto che il medico di corte, dott. Stukjold, era ebreo - e vanto della sua Casata era stato, quasi un secolo addietro, concedere con lo Statuto Albertino i diritti civili e politici ai cittadini del Regno, compresi quelli di religione ebraica. Per tali ragioni il sovrano non perse occasione per far presente al capo del governo Mussolini il proprio dissenso, pur tenuto dallo Statuto alla promulgazione di quei provvedimenti scellerati e constatando con frustrazione di avere poche possibilità di opporsi efficacemente giacché in quel momento storico il dittatore era all'apice della popolarità, adorato dalle masse e tenuto in gran conto all'estero, e indicato quale "uomo della Provvidenza" dal Papa. Della contrarietà di Vittorio Emanuele scrive Galeazzo Ciano nel suo Diario 1937-1943, giorno 28 novembre 1938: "Trovo il Duce indignato col Re. Per tre volte, durante il colloquio di stamane, il Re ha detto al Duce che prova un'infinita pietà per gli ebrei [...] Il Duce ha detto che in Italia vi sono 20000 persone con la schiena debole che si commuovono sulla sorte degli ebrei. il Re ha detto che è tra quelli. Poi il Re ha parlato anche contro la Germania per la creazione della 4 divisione alpina. Il Duce era molto violento nelle espressioni contro la Monarchia. Medita sempre più il cambiamento di sistema. Forse non è ancora il momento. Vi sarebbero reazioni".
Purtroppo la ricerca storica smentisce quanto scrisse Galeazzo Ciano nel suo diario: De felice nel suo "Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo annota :"Due grossi ostacoli sulla via della piena realizzazione dell'antisemitismo di Stato ..erano rappresentati dal re e dalla Santa Sede. Nei confronti di Vittorio Emanuele la cosa fu rapida e facile. Mussolini inviò a San Rossore, ove il re era in quei giorni, Buffarini-Guidi. L'incontro tra i due fu rapido e si concluse come Mussolini aveva previsto. Vittorio Emanuele fece qualche timida resistenza, ma poi informato su come il 'duce' intendeva impostare la politica antisemita, cedette subito limitandosi di fatto ad un platonico invito a riconoscere i meriti di chi si era distinto per patriottismo e esprimendosi in termini pienamente favorevoli ai provvedimenti adottati contro gli ebrei di nazionalità italiana. Il re afferma testualmente 'sono veramente lieto che il Presidente intenda riconoscerei meriti a quegli ebrei che si sono distinti per attaccamento alla Patria'. Molto più difficile fu superare lo scoglio della Santa Sede, o meglio di Pio XI. Promulgate le leggi, le discriminazioni colpirono gli ebrei italiani nei loro diritti, libertà e dignità, senza ancora giungere alla reclusione e alla eliminazione fisica dei soggetti "non ariani" almeno finché il Regno d'Italia rimase integro e autonomo dal Reich: l'estremo passo fu compiuto solo con la proclamazione della repubblica di Salò. Con l'Italia spezzata in due, nel Regno del Sud il Re che non le aveva volute poté finalmente provvedere alla cancellazione delle abominevoli leggi razziali nel 1944.
In occasione della giornata della memoria del 2021 Emanuele Filiberto di Savoia, con una lettera alla comunità ebraica di Roma, si è dissociato totalmente dalle leggi razziali a nome della famiglia Savoia: "Condanno le leggi razziali del 1938, di cui ancora oggi sento tutto il peso sulle mie spalle e con me tutta la Real Casa di Savoia e dichiaro solennemente che non ci riconosciamo in ciò che fece Vittorio Emanuele III: una firma sofferta, dalla quale ci dissociamo fermamente, un documento inaccettabile, un'ombra indelebile per la mia Famiglia, una ferita ancora aperta per l'Italia intera"[15]
Vaticano, leggi razziali e protesta del Papa[modifica | modifica wikitesto]
Ancor prima dell'emanazione dei decreti attuativi delle leggi razziali (settembre-novembre 1938) Pio XI tenne due discorsi pubblici il 15 e il 28 luglio pronunciandosi contro il “Manifesto degli scienziati razzisti” (15 luglio) lamentandosi che l'Italia, sul razzismo, imitasse “disgraziatamente” la Germania nazista (28 luglio)[16]. Il ministro degli esteri Galeazzo Ciano commentandoli riportò nei suoi diari la reazione di Mussolini che tentava di evitare contestazioni plateali: «Sembra che il Papa abbia fatto ieri un nuovo discorso sgradevole sul nazionalismo esagerato e sul razzismo. Il Duce, che ha convocato per questa sera Padre Tacchi Venturi. Contrariamente a quanto si crede, ha detto, io sono un uomo paziente. Bisogna però che questa pazienza non mi venga fatta perdere, altrimenti agisco facendo il deserto. Se il Papa continua a parlare, io gratto la crosta agli italiani e in men che non si dica li faccio tornare anticlericali.»[17] Malgrado l'opposizione di papa Pio XI al regime nazista, espressa nel 1937 con l'enciclica Mit brennender Sorge e la condanna del fascismo come dottrina totalitaria (statolatria) pagana nell'enciclica Non Abbiamo Bisogno[18] promulgata il 29 giugno 1931, secondo alcuni storici, nel caso delle leggi razziali fasciste il Vaticano nel complesso non denunciò con altrettanta fermezza la linea discriminatoria verso gli ebrei[19], preoccupandosi soltanto di «ottenere dal governo la modifica degli articoli che potevano ledere le prerogative della Chiesa sul piano giuridico concordatario specialmente per quanto riguardava gli ebrei convertiti».[20] D'altro canto, lo storico Michele Sarfatti, direttore del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano[21], riconosce la «caratterizzazione nettamente antirazzista della battaglia in difesa della libertà di matrimonio».[22].
La Civiltà Cattolica, commentando il Manifesto degli scienziati razzisti, credette allora di rilevarvi una notevole differenza rispetto al razzismo nazista[23]:
«Chi ha presente le tesi del razzismo tedesco, rileverà la notevole differenza di quelle proposte da questo gruppo di studiosi fascisti italiani. Questo confermerebbe che il fascismo italiano non vuol confondersi col nazismo o razzismo tedesco intrinsecamente ed esplicitamente materialistico e anticristiano» |
Secondo lo storico Renzo De Felice, se la Santa Sede non approvò un razzismo di stampo puramente materialistico e biologico, «al tempo stesso non era contraria a una moderata azione antisemita, estrinsecantesi sul piano delle minorazioni civili».[24]
De Felice rileva come la loro preoccupazione maggiore fosse data dal fatto che la politica fascista non attaccava l'ebraismo come religione, ma come razza. Comunque, tracciando un bilancio dell'atteggiamento dei cattolici italiani di fronte alle leggi antiebraiche, sempre lo storico scrive: «Nei documenti testé citati abbiamo visto come i cattolici avessero ovunque una posizione nettamente contraria ai provvedimenti antisemiti. Il fatto è incontrovertibile e, anzi, costituirà una costante sino al 1945».[25] Tuttavia, continua De Felice, «le gerarchie cattoliche e i giornali preferirono però non correre rischi e, pur non accettandolo, cessarono quasi completamente ogni polemica pubblica contro l'antisemitismo».[26]
Di fronte al silenzio degli avversari dell'antisemitismo non tacquero gli antisemiti, che certamente non mancavano tra i cattolici e tra le stesse gerarchie ecclesiastiche. Ad esempio il quotidiano Il regime fascista, diretto da Roberto Farinacci, scrisse il 30 agosto 1938 che vi era «molto da imparare dai Padri della Compagnia di Gesù» e che «il fascismo è molto inferiore, sia nei suoi propositi, sia nell'esecuzione, al rigore de La Civiltà cattolica». Affermazione non molto lontana dal vero se prendiamo in considerazione alcune pubblicazioni della rivista cattolica.[27] Ad esempio nel 1938, in un articolo polemico, la rivista criticò aspramente lo scienziato Rudolf Lämmel a causa di una sua opera[28] nella quale condannava l'antisemitismo nazista. Scrisse La Civiltà cattolica che Lämmel era tuttavia esagerato, «troppo immemore delle continue persecuzioni degli ebrei contro i cristiani, particolarmente contro la Chiesa Cattolica, e dell'alleanza loro con i massoni, coi socialisti e con altri partiti anticristiani; esagera troppo quando conclude che «sarebbe non solo illogico e antistorico, ma un vero tradimento morale se oggidì il cristianesimo non si prendesse cura degli ebrei». Né si può dimenticare che gli ebrei medesimi hanno richiamato in ogni tempo e richiamano tuttora su di sé le giuste avversioni dei popoli coi lor soprusi troppo frequenti e con l'odio verso Cristo medesimo, la sua religione e la sua Chiesa Cattolica».[29]
Inoltre, La Civiltà cattolica definì l'«antisemitismo dei cattolici ungheresi» come «un movimento di difesa delle tradizioni nazionali e della vera libertà e indipendenza del popolo magiaro».[30]
Anche la rivista Vita e pensiero, fondata da Agostino Gemelli nel 1914, giustificò sostanzialmente la politica antisemita del fascismo.[27] Che la posizione della rivista ricalcasse le medesime posizioni del fascismo sarebbe ampiamente dimostrato dalle pubbliche esternazioni del suo stesso fondatore: padre Agostino Gemelli che in una conferenza da lui tenuta il 9 gennaio 1939 all'Università di Bologna, affermò: «Tragica senza dubbio, e dolorosa la situazione di coloro che non possono far parte, e per il loro sangue e per la loro religione, di questa magnifica patria; tragica situazione in cui vediamo una volta di più, come molte altre nei secoli, attuarsi quella terribile sentenza che il popolo deicida ha chiesto su di sé e per la quale va ramingo per il mondo, incapace di trovare la pace di una patria, mentre le conseguenze dell'orribile delitto lo perseguitano ovunque e in ogni tempo».[31]
Roberto Farinacci, su Il regime fascista del 10 gennaio, si precipitò a proclamare: «non siamo soli» facendo un panegirico del discorso bolognese del Gemelli. Due mesi dopo chiese a Mussolini di nominare Gemelli (definito «uomo veramente nostro») all'Accademia d'Italia.[31]
E il giovane scrittore cattolico Gabriele De Rosa nel 1939 pubblicò il volumetto razzista e antigiudaico La rivincita di Ario, pronunciandosi contro "il focolaio ebraico" nella Palestina.[32]
Papa Pio XI, che otto anni prima aveva definito Mussolini «l'uomo della Provvidenza» («E forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare»[33]) nel 1937 aveva già scritto un'enciclica contro l'antisemitismo dei nazisti, la Mit brennender Sorge, che però si riferiva alla situazione in Germania e non citava l'Italia poiché non c'era ancora stato nulla di antisemita nella politica del regime fascista. Nel 1938-1939 egli affidò il progetto di un'ulteriore enciclica di condanna dell'antisemitismo al gesuita statunitense John LaFarge, ma tale progetto fu avocato a sé dal Superiore Generale della Compagnia di Gesù, che consegnò il testo dell'enciclica solo un anno dopo, poco prima che Pio XI morisse. Il successore papa Pio XII, già nunzio apostolico a Berlino, non la fece pubblicare,[34] benché fosse stato egli stesso uno dei redattori della precedente enciclica di condanna del nazismo.[35]
Pio XI tenne il discorso rimasto più celebre[36] durante un'udienza generale il 6 settembre, il giorno dopo l'emanazione del Provvedimento per la difesa della razza nella scuola italiana da parte del governo. Il papa disse fra le lacrime[37]:
«Non è lecito per i cristiani prendere parte all'antisemitismo. L'antisemitismo è inammissibile. Noi siamo spiritualmente semiti.[38]» |
Mussolini, nel discorso di Trieste del settembre del 1938, accusò il Papa di difendere gli ebrei (indirettamente citato nella frase «da troppe Cattedre li si difende») e minacciò provvedimenti più severi a loro danno se i cattolici avessero insistito.[39] Ciò nonostante, in quei giorni molti vescovi italiani tennero omelie contrarie al razzismo.[40] Anche la maggior parte dei cattolici fascisti furono contro le leggi razziali, come Egilberto Martire, direttore della Rassegna Romana (su cui scriveva anche il cardinale Pacelli). La Rassegna Romana uscì nell'estate del 1938 con un fascicolo contro il razzismo. Martire, che pure era un clericofascista, andò al confino per questo.[41]
Pio XI protestò, poi, ufficialmente e per iscritto con il re e con il capo del governo per la violazione del Concordato prodotta dai decreti razziali. La rivista La difesa della razza e i suoi contenuti inneggianti a un razzismo biologico furono ufficialmente condannati dal Sant'Uffizio.[42].Il 3 maggio 1938, il giorno della visita di Hitler a Roma, venne pubblicato il Syllabus antirazzista, un documento di condanna delle leggi razziste, elaborato dalle Università Cattoliche su invito di papa Pio XI. Con quest'azione il papa intendeva «opporsi frontalmente a quello che riteneva il cuore stesso della dottrina del nazionalsocialismo».[43]
L'unico prelato che, dopo la promulgazione delle leggi razziali, discusse delle stesse faccia a faccia con Benito Mussolini, fu monsignor Antonio Santin, vescovo di Trieste e Capodistria. Dopo l'approvazione delle leggi, chiese udienza a Mussolini: «Perorai la loro causa; in seguito aiutai moltissimi che venivano da me in cerca di protezione».[44] Quando vide che sulla scrivania di Mussolini era scritto: "Per favore, siate brevi", si alzò per andar via. Mussolini subito levò l'avviso e lo fece di nuovo accomodare. Mons. Santin disse che quelle leggi erano ingiuste e non si limitò a parlare dei matrimoni misti, ma difese gli Ebrei, asserendo che a Trieste c'era tra di loro tanta povera gente.[44]
Dopo il 1943, quando l'unità dello stato fascista era terminata la questione delle leggi razziali fu affrontata direttamente dal Vaticano a opera del cardinale Luigi Maglione e dal gesuita Pietro Tacchi Venturi. Tacchi Venturi riteneva che le leggi razziali avrebbero dovute esser abolite solo per gli ebrei convertiti al cristianesimo e si sarebbero dovute mantenere invece le restrizioni per coloro che appartenevano alla religione ebraica.[45]. Nel ricevere delle lettere da parte della comunità ebraica italiana che lo invitavano a intercedere perché le leggi antiebraiche italiane fossero abolite del tutto, nega il suo sostegno affermando: «guardandomi bene dal pure accennare alla totale abrogazione di una legge (le leggi razziali) la quale secondo i principii e le tradizioni della Chiesa cattolica, ha bensì disposizioni che vanno abrogate, ma ne contiene pure altre meritevoli di conferma».[46][47] Il segretario di Stato, Maglione, fu di diverso avviso e non si oppose alla abrogazione delle leggi razziali da parte del governo Badoglio.
Pio XII fece giungere alle autorità italiane nel marzo 1939 il Promemoria che era stato redatto nei mesi precedenti per volontà di Pio XI, e che “era giunto ad una condanna complessiva dell'antisemitismo”. Fu consegnato all'ambasciatore presso la Santa Sede.[48]
Applicazione delle leggi razziali[modifica | modifica wikitesto]
Già dall'autunno del 1938 l'allontanamento degli studenti di fede ebraica dalle scuole pubbliche italiane, avviene in anticipo di qualche giorno rispetto a quelle del Terzo Reich.[49] Viene istituito il "tribunale della razza" una Commissione, istituita con la Legge 13 luglio 1939-XVII, n. 1024 "Norme integrative del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, sulla difesa della razza italiana", che era nominata dal "Ministro per l'interno", per poter dichiarare "la non appartenenza alla razza ebraica anche in difformità delle risultanze degli atti dello stato civile", sottraendo dall'applicazione delle leggi razziali fasciste. Era composta da un magistrato di grado 3°, con funzioni di presidente, da due magistrati di grado non inferiore al 5°, designati dal Ministro di grazia e giustizia, e da due funzionari del Ministero dell'interno. Era ubicata presso il dipartimento di Demografia e razza (detta Demorazza) del ministero dell'Interno, ed emetteva pareri cui il ministro doveva conformarsi. Operò dal novembre 1939 al giugno 1943. Il presidente fu il giudice Gaetano Azzariti insieme a Antonio Manca e Giovanni Petraccone.
L'applicazione coinvolge, nell’autunno 1938, anche i "nove senatori di origine ebraica: Salvatore Barzilai, Enrico Catellani, Adriano Diena, Isaia Levi, Achille Loria, Teodoro Mayer, Elio Morpurgo, Salvatore Segrè Sartorio e Vito Volterra (...) Nel fascicolo dell’Archivio storico del Senato dedicato alle proposte di discriminazione, sono conservati i relativi carteggi, che mettono in luce i diversi atteggiamenti dei senatori coinvolti nella persecuzione"[50].
Nel 1939, il ministro della Giustizia Arrigo Solmi chiese a tutti magistrati una dichiarazione di non appartenenza alla razza ebraica al fine di verificare ‘la purezza razziale dell’intero apparato’. Era già accaduto pochi mesi prima con gli insegnanti e gli studenti nelle scuole. In grandi sedi giudiziarie così come in alcuni piccoli tribunali, da un giorno all’altro non si presentarono più diversi magistrati di diverso rango, da giovani uditori giudiziari ai consiglieri di appello e di Cassazione. Come ricorda lo studioso Guido Neppi Modona non risulta che alcuno dei circa 4200 magistrati in servizio abbia in qualche modo preso le distanze, magari rifiutando di rispondere alla richiesta di dichiarare la propria appartenenza razziale, ovvero in qualche modo manifestando solidarietà nei confronti dei colleghi rimossi dal servizio”[51].
A seguito del Decreto Legge del 17 novembre 1938, il cui articolo 13 vietava alle persone di confessione ebraica di lavorare alle dipendenze di enti pubblici, aziende statali e parastatali, in Stipel il 1º maggio 1939 furono licenziati 14 dipendenti.[52] Al termine del secondo conflitto mondiale, uno di questi lavoratori ricorse alle vie legali per essere riassunto. Il processo si concluse il 24 gennaio 1948, con una sentenza della Cassazione, la quale obbligò la società alla riassunzione del lavoratore, senza però garantire il diritto all'indennità d'anzianità per il periodo di estromissione, e senza il reintegro nella posizione precedentemente occupata.[53]
Le leggi razziali sono state abrogate con i regi decreti-legge nn. 25 e 26 del 20 gennaio 1944.
Professori universitari cacciati per effetto delle leggi razziali[modifica | modifica wikitesto]
Furono 96 i professori universitari italiani di ruolo identificati come ebrei e sospesi dal servizio a decorrere dal 16 ottobre 1938, secondo il R.D.L. 5.IX.1938, n. 1390, e poi dispensati a decorrere da 14 dicembre 1938, secondo il R.D.L. 15. XI. 1938, n. 1779.[54] L'elenco originariamente redatto dalle autorità fasciste ne conteneva 99, ma per tre di essi fu accolto il ricorso che ne comprovava l'esenzione sulla base delle eccezioni vigenti.[55]. Per molti l'espatrio - affrontato in circostanze difficili e spesso avventurose - rappresentò l'unica possibilità di proseguire la carriera accademica, negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Sudamerica o in Israele. Per coloro che restarono in Italia ci furono da affrontare gli anni drammatici della guerra e dell'Olocausto. Tullio Levi Civita e Roberto Almagià trovarono lavoro e rifugio in Vaticano[56]. Per altri la salvezza fu rappresentata dall'espatrio clandestino in Svizzera o dall'ospitalità di amici e istituti religiosi. Renzo Fubini, Leone Maurizio Padoa e Ciro Ravenna, deportati, periranno ad Auschwitz nel 1944. Edoardo Volterra e Mario Attilio Levi si unirono alla Resistenza, entrambi insigniti di Medaglia d'argento al valor militare. Negli Stati Uniti, Emilio Segrè e Bruno Rossi collaborarono con Enrico Fermi al Progetto Manhattan. Alla fine, solo 28 dei 96 professori epurati ripresero servizio nel 1946.[57]
In realtà il numero di coloro che furono epurati nel 1938 secondo i due sopracitati decreti fu molto più alto, in quanto ai professori di ruolo vanno aggiunti gli oltre 200 ricercatori e studiosi ebrei che esercitavano la libera docenza, tra cui specialisti di rilievo internazionale come Alberto Mario Bedarida (analisi algebrica), Enrica Calabresi (zoologia), Arturo Castiglioni (storia della medicina), Bonaparte Colombo (analisi infinitesimale), Ugo Della Seta (storia della filosofia), Giulio Faldini (ortopedia), Antonello Gerbi (storia delle dottrine politiche), Alda Levi (archeologia), Roberto Sabatino Lopez (storia medievale), Giuseppe Jona (patologia medica), Mafalda Pavia (pediatria), Mario Segre (epigrafia), Israel Zolli (lingua e letteratura ebraica), e molti altri.[58]
Furono quindi un totale di oltre 300 i docenti epurati dall'università italiana in seguito all'introduzione delle leggi razziali, senza contare i professori di liceo, gli accademici, gli autori di libri di testo messi all'indice e i tanti giovani laureati e ricercatori, la cui carriera fu stroncata sul nascere.[59] Le perdite furono particolarmente significative nei campi della medicina, delle discipline giuridico-economiche, delle scienze e delle materie umanistiche.[60] Le leggi razziali ebbero un effetto devastante anche sulla presenza delle poche donne allora operanti nell'università italiana, delle quali una larga percentuale era di origine ebraica, da Anna Foà (unica donna ordinaria tra agli espulsi), alle molte donne ebree esercitanti la libera docenza: Vita Nerina (chimica) e Pierina Scaramella (botanica) a Bologna; Clara Di Capua Bergamini (chimica) a Firenze; Ada Bolaffi (chimica biologica) e Mafalda Pavia (pediatria) a Milano; Angelina Levi (farmacologia) a Modena; Rachele Karina (pediatria) a Napoli; Enrica Calabresi (zoologia) a Pisa; Gemma Barzilai (ginecologia) e Fausta Bertolini (biologia) a Padova; Renata Calabresi (psicologia), Nella Mortara (fisica) e Maria Piazza (mineralogia) a Roma.[61]
- Bruno Foà, ordinario di Economia corporativa (emigrato in Inghilterra e quindi negli Stati Uniti)
- Gustavo Del Vecchio, ordinario di Economia politica corporativa (rifugiato in Svizzera, 1943-45)
- Tullio Ascarelli, ordinario di Diritto commerciale (rifugiato in Brasile, 1941-46)
- Edoardo Volterra, ordinario di istituzioni di Diritto romano (resta in Italia, partecipa alla Resistenza)
- Giulio Supino, ordinario di costruzioni idrauliche (resta in Italia)
- Rodolfo Mondolfo, ordinario di Storia della filosofia (emigra in Argentina)
- Mario Camis, ordinario di fisiologia umana (rifugiato nelle Filippine)
- Maurizio Pincherle, ordinario di clinica pediatrica
- Beppo Levi, ordinario di Analisi Matematica (emigrato in Argentina)
- Guido Horn D'Arturo, ordinario di astronomia
- Beniamino Segre, ordinario di geometria analitica (rifugiato in Inghilterra, 1939-46)
- Emanuele Foà, ordinario di fisica tecnica (resta in Italia)
- Camillo Viterbo, straordinario di Diritto commerciale
- Teodoro Levi, straordinario di Archeologia e Storia dell'arte antica (rifugiato negli Stati Uniti, 1938-46)
- Alberto Pincherle, straordinario di Storia delle religioni
- Angelo Piero Sereni, straordinario di Diritto internazionale (rifugiato negli Stati Uniti, 1939-54)
- Federico Cammeo, preside della facoltà di giurisprudenza e ordinario di Diritto amministrativo
- Enrico Finzi, ordinario di istituzioni di Diritto privato
- Ludovico Limentani, ordinario di Filosofia morale (resta in Italia, muore nel 1940)
- Attilio Momigliano, ordinario di letteratura italiana (resta in Italia)
- Renzo Ravà, straordinario di Legislazione del lavoro all'Istituto “Cesare Alfieri”.
- Ruggero Luzzatto, ordinario di Diritto civile
- Nino Levi, ordinario di Diritto e procedura penale
- Ugo Lombroso, ordinario di fisiologia umana (resta in Italia)
- Amedeo Dalla Volta, ordinario di medicina legale
- Angelo Rabbeno, ordinario di Farmacologia
- Roberto Bachi, ordinario di Statistica metodologica ed economica (emigra in Israele dal 1939)
- Giorgio Mortara, ordinario di statistica (rifugiato in Brasile, 1939-56)
- Mario Falco, ordinario di Diritto ecclesiastico (resta in Italia, muore nel 1943)
- Mario Donati, ordinario di clinica chirurgica generale (rifugiato in Svizzera, 1943-45)
- Carlo Foà, ordinario di Fisiologia umana (rifugiato in Brasile, 1939-45)
- Paolo D'Ancona, ordinario di Storia dell'arte medioevale e moderna (resta in Italia)
- Benvenuto Terracini, ordinario di Glottologia (rifugiato in Argentina, 1939-46)
- Mario Attilio Levi, straordinario di Storia romana (resta in Italia, partecipa alla Resistenza)
- Guido Ascoli, ordinario di Analisi Matematica (resta in Italia)
- Alberto Ascoli, ordinario di Patologia generale ed anatomia patologica (resta in Italia)
- Marcello Finzi, ordinario di Diritto e procedura penale
- Benvenuto Donati, ordinario di Filosofia del Diritto
- Ettore Ravenna, ordinario di Anatomia e istologia patologica
- Leone Maurizio Padoa, ordinario di Chimica generale e inorganica (resta in Italia, deportato, muore ad Auschwitz)
- Ugo Forti, ordinario di Diritto amministrativo
- Ezio Levi D'Ancona, ordinario di Filologia romanza
- Anna Foà, ordinaria di Bachicoltura e apicoltura
- Donato Ottolenghi, ordinario di Igiene
- 13 giovani assistenti di ruolo[62]
- Marco Fanno, ordinario di Economia politica corporativa (resta in Italia)
- Donato Donati, preside della facoltà di Scienze politiche e ordinario di Diritto costituzionale (rifugiato in Svizzera, 1943-45)
- Tullio Terni, ordinario di anatomia umana normale (resta in Italia)
- Bruno Rossi, ordinario di Fisica sperimentale (emigra negli Stati Uniti, dove con Enrico Fermi e Emilio Segrè partecipa al progetto Manhattan)
- Enrico Catellani, ordinario di diritto internazionale, diplomazia e storia dei trattati all'Università di Padova, per 45 anni fino al 1931
- Adolfo Ravà, ordinario di filosofia del Diritto
- Maurizio Ascoli, ordinario di Clinica medica generale e terapia medica (resta in Italia)
- Camillo Artom, ordinario di Fisiologia umana (emigra negli Stati Uniti)
- Emilio Segrè, straordinario di Fisica sperimentale (emigra negli Stati Uniti, dove con Enrico Fermi e Bruno Rossi partecipa al progetto Manhattan)
- Alberto Dina, ordinario di Elettrotecnica
- Mario Fubini, straordinario di Letteratura italiana (rifugiato in Svizzera, 1943-45)
- Alessandro Levi, ordinario di filosofia e di Diritto
- Guido Melli, straordinario di patologia speciale medica
- Enrico Tullio Liebman, ordinario di Diritto processuale civile
- Vittorio Zamorani, ordinario di clinica pediatrica
- Leone Lattes, ordinario di Medicina legale e delle assicurazioni
- Arturo Maroni, ordinario di Geometria analitica
- Giorgio Renato Leo, ordinario di Chimica generale e inorganica
- Adolfo Levi, ordinario di Storia della filosofia
- Cesare Finzi, ordinario di Chimica farmaceutica
- Giorgio Todesco, straordinario di Fisica sperimentale
- Gino De Rossi, ordinario di Microbiologia agraria
- Emilio Enrico Franco, ordinario di Anatomia e Istologia patologica
- Giulio Racah, straordinario di Fisica teorica (emigra in Israele dal 1939)
- Ciro Ravenna, ordinario di chimica agraria (resta in Italia, deportato, muore ad Auschwitz)
- Cesare Sacerdotti, ordinario di patologia generale.
- Gino Arias, ordinario di Economia politica (rifugiato in Argentina, muore nel 1940)
- Giorgio Del Vecchio, ordinario di filosofia di Diritto (resta in Italia)
- Roberto Almagià, ordinario di Geografia politica ed economica (resta in Italia, lavora in Vaticano)
- Riccardo Bachi, ordinario di Economia politica corporativa (rifugiato in Israele, 1939-46)
- Alessandro Della Seta, ordinario di Etruscologia (resta in Italia, muore nel 1944)
- Umberto Cassuto, ordinario di Ebraico, lingue semitiche comparate (emigrato in Israele)
- Federigo Enriques, ordinario di geometria superiore (resta in Italia)
- Tullio Levi Civita, ordinario di meccanica razionale (resta in Italia, lavora in Vaticano, muore nel 1941)
- Michelangelo Ottolenghi, straordinario di Anatomia degli animali domestici.
- Guido Tedeschi, straordinario di Diritto civile (emigrato in Israele dal 1939)
- Cino Vitta, ordinario di Diritto amministrativo
- Giuseppe Samuele Ottolenghi, ordinario di Diritto internazionale
- Zaccaria Santorre De Benedetti, ordinario di Filologia romanza
- Giorgio Falco, ordinario di Storia medioevale (resta in Italia)
- Arnaldo Momigliano, straordinario di Storia romana (emigra nel 1939 in Inghilterra)
- Alessandro Terracini, ordinario di geometria analitica
- Amedeo Herlitzka, ordinario di fisiologia umana
- Giuseppe Levi, ordinario di anatomia umana normale (rifugiato in Belgio nel 1939, rientra in Italia nel 1941)
- Gino Fano, ordinario di geometria analitica (emigra in Svizzera e quindi negli Stati Uniti)
- Alberto Gentili, docente di Storia della musica (sfugge alle deportazioni, vivendo nascosto in Valle d'Aosta)
- Angelo Segrè, ordinario di Storia economica
- Renzo Fubini, ordinario di Economia politica corporativa (resta in Italia, deportato, muore ad Auschwitz)
- Ettore Del Vecchio, straordinario di Matematica generale e finanziaria (resta in Italia)
- Mario Pugliese, straordinario di Scienza delle finanze e Diritto finanziario.
- Mario Giacomo Levi, ordinario di chimica industriale.
- Michelangelo Böhm, incaricato di conferenze su particolari problemi relativi all'industria del gas.
- Gino Musatti, incaricato di metallurgia e metallografia
- Bice Neppi, incaricata di tecnologie chimiche speciali II
- Renzo Volterra, incaricato di acciai speciali
- Tullio Guido Levi, libero docente di chimica organica
- Oscar Höffmann, aiuto incaricato presso il laboratorio prove materiali
- Guido Tedeschi, assistente ordinario di chimica fisica
- Giorgio Cavaglieri, assistente incaricato di tecnica urbanistica
- Vito Latis, assistente volontario di disegno dal vero, disegno architettonico e rilievo dei monumenti I e II[63]
- Guido Fubini, ordinario di Analisi Matematica (rifugiato negli Stati Uniti, muore nel 1943)
Istituto superiore di Economia e Commercio di Venezia:
- Gino Luzzatto, ordinario di Storia economica (resta in Italia)
Osservatorio astrofisico di Catania:
- Azeglio Bemporad, direttore (resta in Italia)
Osservatorio astronomico di Pino Torinese:
- Giulio Bemporad, Astronomo di prima classe (resta in Italia)
Istituto Superiore Navale di Napoli:
- Alessandro Graziani, ordinario di Diritto marittimo.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ R.D.L. nn. 25 e 26, 20 gennaio 1944
- ^ Mario Avagliano (a cura di), Ebrei e fascismo, storia della persecuzione, in: Patria Indipendente, 6-7, giugno-luglio 2002.
- ^ a b Ex. art. 3, L. 1024/1939-XVII.
- ^ Mario Guarino, p. 217: I Soldi Dei Vinti.".
- ^ Romolo Astraldi, La legislazione fascista nella XXIX legislatura, 1934-1939 (XII-XVII), Roma, Tipografia della Camera dei fasci e delle corporazioni, 1939.
- ^ Maria Fausta Maternini, La contraddittoria legislazione fascista in tema di ebraismo, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, n. 1, aprile 2009, pp. 159-164, DOI:10.1440/29191, ISSN 1122-0392 .
- ^ George Lachmann Mosse, Il razzismo in Europa dalle origini all'Olocausto, Bari, Laterza, 1980, pp. 214–215.
- ^ Galeazzo Ciano, Diario 1937–1943, Milano, Rizzoli, 1998, p. 158.
- ^ E. Fattorini, Pio XI, Hitler e Mussolini, Einaudi, Torino, 2007, p. 171
- ^ Y. Chiron, Pie XI (1857-1939), Perrin, Paris 2004, tr. it., p. 441
- ^ http://www.zenit.org/it/articles/il-ringraziamento-degli-ebrei-alla-chiesa-cattolica-per-la-sua-opposizione-ad-hitler[collegamento interrotto] e Antonio GASPARI "Pio XII e gli ebrei" in Avvenire del 14.12.2000.
- ^ Roberto Maiocchi, Il fascismo e la scienza, Il Contributo italiano alla storia del Pensiero – Scienze (2013), Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani
- ^ Nicola Pende, lo strano caso della firma fantasma, Corriere della Sera, 15 febbraio 2007
- ^ Giorno memoria: Emanuele Filiberto, leggi razziali una vergogna - ANSA
- ^ Valerio De Cesaris, "Malgrado gli accordi, sul razzismo Pio XI non tacque mai", Corriere della Sera, 6 agosto 2012
- ^ Antonio Spinosa, Mussolini, Milano 1992, p. 343 e Galeazzo Ciano, "Diario 1937-1943": Edizione integrale di Stefano Poma, edizioni L'Universale, ISBN 978-605-03-7998-3
- ^ Non Abbiamo Bisogno
- ^ Guglielmo Salotti, Breve storia del fascismo, Milano, Bompiani, 1998, pp. 254–255.
- ^ Franca Tagliacozzo, Bice Migliau, Gli ebrei nella storia e nella società contemporanea, Roma, La Nuova Italia, 1993, pp. 254–255
- ^ Intervista a Michele Sarfatti sulla falsa affermazione di Bruno Vespa nel suo libro "Vincitori e vinti" sul voto dei deputati ebrei nella votazione del '38 sulle leggi razziali, Radio Radicale, 21 agosto 2006.
- ^ Michele Sarfatti, Legislazioni antiebraiche nell'Europa degli anni trenta e Chiesa cattolica. La "nuova" classificazione di ebreo e il divieto di matrimoni "razzialmente misti". Primi elementi di sistematizzazione e comparazione, in Catherine Brice, Giovanni Miccoli, Les racines chrétiennes de l'antisémitisme politique (fin XIXe–XXe siécle), Roma, Publications de l'Ecole française de Rome, 2003, p. 273.
- ^ La Civiltà Cattolica, 1938, fasc. 2115, pp. 277–278.
- ^ Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, 3 ed., Torino, Einaudi, 1988, p. 298.
- ^ Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, nuova edizione, Torino, Einaudi, 1993, p. 319.
- ^ Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, op. cit., p. 323.
- ^ a b Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, op. cit., p. 324.
- ^ Rudolf Lämmel, Die menschlichen Rassen. Eine populärwissenschaftliche Einführung in die Grundprobleme der Rassentheorie, Zürich, 1936.
- ^ La Civiltà Cattolica, 1938, fasc. 2113, pp. 62-71.
- ^ La questione dei Giudei di Ungheria Archiviato il 14 maggio 2006 in Internet Archive., La Civiltà Cattolica, 1938, fasc. 2114, p. 151.
- ^ a b Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, op. cit., p. 325.
- ^ Roberto Pertici, È morto Gabriele De Rosa La storia dei cattolici italiani come processo lento e grandioso, L'Osservatore Romano, 9-10 dicembre 2009, online]
- ^ Allocuzione Vogliamo anzitutto
- ^ Tommaso Detti, Giovanni Gozzini, Storia Contemporanea - Il Novecento, Milano, Mondadori, 2002.
- ^ Giovanni Miccoli, I dilemmi e i silenzi di Pio XII. Vaticano, Seconda guerra mondiale e Shoah, Milano, Rizzoli, 2000.
- ^ Henri de Lubac, Resistenza cristiana all'antisemitismo: ricordi 1940-1944, p.26, Editore Jaca Book, 1990 EAN 9788816301818 :"Il grido di Pio XI "Spiritualmente siamo dei semiti" è subito diventato a ragione celebre"
- ^ Emma Fattorini, Pio XI, Hitler e Mussolini - La solitudine di un papa, Einaudi Storia, 2007, ISBN 978-88-06-18759-0,, p. 181, e Yves Chiron, Pie XI (1857–1939), Paris, Perrin, 2004.
- ^ «Noi siamo spiritualmente semiti (PDF), su dehoniane.it:9080. URL consultato il 28 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale il 28 dicembre 2017).
- ^ Trieste, il razzismo di Mussolini, su it.youtube.com, 1938. URL consultato il 10 giugno 2009.
- ^ Cfr., ad esempio, l'omelia contro la "persecuzione antisemita" di mons. Vincenzo Russo, delegato vescovile della diocesi di Vasto, in Costantino Felice (a cura di), La guerra sul Sangro. Eserciti e popolazione in Abruzzo 1943-1944, Milano, Franco Angeli, 1994, p. 440.
- ^ Domenico Sorrentino, Egilberto Martire. Religione e politica: il tormento della «Conciliazione», Roma, Studium, 1993. ISBN 978-88-382-3683-9
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- ^ Yves Chiron,op.cit., pp. 446-447
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- ^ David I. Kertzer, I papi contro gli ebrei. Il ruolo del Vaticano nell'ascesa dell'anti–semitismo moderno, Milano, Rizzoli, 2001, pp. 302-306.
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- ^ Valerio Di Porto, "L'applicazione ai senatori delle leggi razziali", MemoriaWeb - Trimestrale dell'Archivio storico del Senato della Repubblica - n. 24 (Nuova Serie), dicembre 2018.
- ^ Piergiorgio Morosini, intervento tenuto durante il Plenum Csm del 13 settembre 2018.
- ^ http://archiviostorico.telecomitalia.com/sites/default/files/discriminazioni%20stipel%201938.pdf (verbale CdA 25 novembre 1928)
- ^ Discriminazioni razziali e di genere | archiviostorico.telecomitalia.com
- ^ L'elenco completo è riportato in 1938: Leggi razziali. Una tragedia italiana (Gangemi Ed., Roma, 1998), pp. 137-139; cf. Domenico Mirri e Stefano Arieti (a cura di), La cattedra negata: dal giuramento di fedeltà al fascismo alle leggi razziali nell'Università di Bologna (Clueb, Bologna, 2002); Ugo Caffaz (a cura di), Discriminazione e persecuzione degli ebrei nell'Italia fascista (Consiglio regionale della Toscana, Firenze, 1988).
- ^ Si tratta dei prof. Giorgio De Semo Pacifico, ordinario di Diritto commerciale all'Università di Firenze, Attilio Gentili, ordinario di clinica ostetrica e ginecologica dell'Università di Pisa, e Walter Bigiavi, ordinario di Diritto commerciale dell'Università di Parma. Vedi A Cinquant'anni dalle Leggi Razziali
- ^ Valerio De Cesaris "Vaticano, fascismo e questione razziale" Guerini e associati 2010 - 9788862501651
- ^ Giuseppe Acerbi, Le leggi antiebraiche e razziali italiane ed il ceto dei giuristi (Giuffrè Editore, 2011), p.196. Gli studi più completi sull'argomento sono quelli di Roberto Finzi, "Da perseguitati a 'usurpatori': per una storia della reintegrazione dei docenti ebrei nelle università italiane", in Michele Sarfatti, Il ritorno alla vita: vicende e diritti degli ebrei in Italia dopo la seconda guerra mondiale (Firenze, Giuntina, 1998); e Francesca Pelini, "Appunti per una storia della reintegrazione dei professori universitari perseguitati per motivi razziali", in Ilaria Pavan e Guri Schwarz (a cura di), Gli ebrei in Italia tra persecuzione fascista e reintegrazione postbellica (Giuntina, Firenze, 2001); vedi anche M. Toscano, L'abrogazione delle leggi razziali in Italia (1943-1987). Reintegrazione dei diritti dei cittadini e ritorno ai valori del Risorgimento (Edizioni del Senato della Repubblica, Roma 1988).
- ^ Roberto Finzi, L'università italiana e le leggi antiebraiche (1997; II ed. rivista, Editori Riuniti, Roma, 2003); per un elenco completo dei liberi docenti espulsi dall'università si veda: "Liberi docenti di razza ebraica decaduti e poi dispensati dal servizio"
- ^ Conseguenze culturali delle leggi razziali in Italia (Accademia Nazionale dei Lincei, Roma, 1990); M. Sarfatti, “La scuola, gli ebrei e l'arianizzazione attuata da Giuseppe Bottai”, in D. Bonetti (a cura di) I licei G. Berchet e G. Carducci durante il fascismo e la Resistenza (Grafiche Pavoniane Artigianelli, Milano, 1996), pp. 42-46; Annalisa Capristo, L'espulsione degli ebrei dalle accademie italiane (Zamorani, Torino, 2002); Giorgio Febre, L'elenco: censura fascista, editoria e autori ebrei (Zamorani, Torino, 1998).
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- ^ Noemi Di Segni, "Napoli, una lezione di libertà", moked/מוקד il portale dell'ebraismo italiano, Roma, 14 settembre 2018
- ^ R. Politecnico, Verbali delle riunioni, in Rendiconti del Seminario Matematico e Fisico di Milano, vol. 13, n. 1, 1939-12, pp. VII–IX, DOI:10.1007/bf02938494. URL consultato il 30 agosto 2018.
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
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- Valentina Pisanty, La difesa della razza, Milano, Bompiani, 2006 ISBN 88-452-1419-2
- Michele Sarfatti, Gli ebrei nell'Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione, Torino, Einaudi, 2007 ISBN 978-88-06-17041-7
- Gianni Scipione Rossi, Il razzista totalitario, 2007, Rubbettino
- Marie Anne Matard-Bonucci, L'Italia fascista e la persecuzione degli ebrei, Bologna, Il Mulino, 2008 ISBN 978-88-15-12539-2
- Giovanni Cecini, I soldati ebrei di Mussolini, Milano, Mursia, 2008 ISBN 978-88-425-3603-1
- Tommaso Dell'Era, Il manifesto della razza, Torino, UTET, 2008 ISBN 978-88-02-07978-3
- Ernesto De Cristofaro, Codice della persecuzione. Il razzismo e i giuristi nei regimi nazista e fascista, Torino, Giappichelli, 2008
- Olindo De Napoli, La prova della razza. Cultura giuridica e razzismo in Italia negli anni Trenta, Firenze, Le Monnier, 2009.
- Mario Avagliano e Marco Palmieri, Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945, Torino, Einaudi, 2011 ISBN 978-88-06-20665-9
- Stefanella Spagnolo, La patria sbagliata di Giuseppe Bottai. Dal razzismo coloniale alle leggi razziali (1935-1939), Roma, Aracne, 2012 ISBN 978-88-548-4614-2
- Filippo Focardi, Il cattivo tedesco e il bravo italiano. La rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale, Bari, Laterza, 2013 ISBN 978-88-581-0430-9
- Carlo De Maria, Amministrare il razzismo: la persecuzione antiebraica in Italia, Storica: rivista quadrimestrale, XIV, 40, 2008, Roma: Viella, 2008.
- Simon Levis Sullam, I carnefici italiani. Scene dal genocidio degli ebrei, 1943-1945, Milano, LaFeltrinelli, 2015, ISBN 978-88-07-88748-2.
Filmografia[modifica | modifica wikitesto]
- Il giardino dei Finzi Contini, di Vittorio De Sica (1970), tratto dall'omonimo romanzo di Giorgio Bassani.
- Diario di un Italiano, di Sergio Capogna (1973). Dalla novella Vanda di Vasco Pratolini, la storia d'amore tra un tipografo e una ragazza ebrea nella Firenze antisemita del 1938.
- Prima della lunga notte, di Franco Molè (1980). Dal romanzo Un ebreo nel fascismo di Luigi Preti: la storia di un ebreo italiano fiero sostenitore della dittatura fascista che, nel momento della promulgazione delle leggi razziali, apre gli occhi sulla vera natura del regime.
- Storia d'amore e d'amicizia, di Franco Rossi (1982). Sceneggiato televisivo. A Roma, tra il 1935 e il 1943, si incrociano le storie di tre amici: un ebreo, un socialista e una ragazza ebrea della quale entrambi sono innamorati.
- Gli occhiali d'oro, di Giuliano Montaldo (1987).
- Concorrenza sleale, di Ettore Scola (2001). Sullo sfondo delle leggi razziali del 1938, la concorrenza fra due commercianti di Roma diventa una grande amicizia quando le terribili persecuzioni fasciste contro gli ebrei colpiranno uno di loro due.
- Dalle leggi razziali alla Shoah, di Daniela Padoan, documentario, Rai Tre - La grande storia (2008)
- La Nostra Bandiera - I Soldati ebrei di Mussolini, Rai Storia 2011, su youtube.com.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
- Antisemitismo
- Bambini dell'Olocausto
- Censimento degli ebrei
- Ebraismo in Italia
- Fascismo e questione ebraica
- Ghetti ebraici in Italia
- Legge razziale sammarinese
- Leggi razziali naziste
- Madamato
- Manifesto di Verona
- Nazionalsocialismo
- Olocausto in Italia
- Politica razziale nella Germania nazista
- Razza ariana
- Razzismo scientifico
- Storia degli ebrei in Italia
- Tribunale della razza
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
Wikisource contiene una categoria dedicata a leggi razziali fasciste
Wikiquote contiene citazioni sulle leggi razziali fasciste
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- Razza e inGiustizia - Gli avvocati e i magistrati - al tempo delle leggi antiebraiche - Documento completo, su csm.it. URL consultato il 27 ottobre 2018.
- Il percorso - documenti sulla demorazza dell'Istituto Storico della Resistenza "Ettore Gallo" (ISTREVI), su dalrifugioallinganno.it. URL consultato il 28 ottobre 2018.
- Sito web divulgativo sulle leggi razziali, su leggirazziali.org. URL consultato il 15–05–2008.
- Documentazione delle leggi razziali in Italia 1938-1945, su olokaustos.org.
- Dichiarazione sulla razza del Gran Consiglio del Fascismo del 6 ottobre 1938, su olokaustos.org.
- Maurilio Lovatti, Articolo critico sulla presunta adesione di Padre Gemelli e di altri esponenti cattolici al Manifesto, su lovatti.eu. URL consultato il 15–05–2008.
- Mario Avagliano, Ebrei e fascismo, storia della persecuzione 1 (PDF), su anpi.it, 2002. URL consultato il 06–07–2012.
- Mario Avagliano, Ebrei e fascismo, storia della persecuzione 2 (PDF), su anpi.it. URL consultato il 06–07–2012.
- Pierluigi Battista, I silenzi di un paese intero, su corriere.it, 17 dicembre 2008. URL consultato il 19–12–2008.
- ANPI (a cura di), Perché pubblichiamo il primo numero della rivista "La difesa della razza". Eccolo l'antisemitismo fascista (PDF), su Patria Indipendente, 21 gennaio 2007, 11-12. URL consultato il 6 luglio 2012.