Margherita Sarfatti
Margherita Sarfatti, nata Grassini (Venezia, 8 aprile 1880 – Cavallasca, 30 ottobre 1961), è stata una critica d'arte italiana, nota per la sua importanza nel panorama culturale internazionale del tempo. Si formò sugli scritti di John Ruskin. Fu la prima donna, non solo in Italia, ad occuparsi con competenza e dedizione di critica d'arte e a promuovere, con pagine giornalistiche molto lette, una maggiore emancipazione femminile.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Ultima di quattro figli, nacque da una ricca e nota famiglia ebraica.[1][2] Il padre, Amedeo Grassini, era una personalità di grandissimo spicco: avvocato e amico del patriarca di Venezia Giuseppe Sarto (il futuro papa Pio X), condusse, con Giuseppe Musatti, una fiorente carriera imprenditoriale: fondatore della prima società di vaporetti di Venezia (città di cui era consigliere comunale), costituì anche un gruppo finanziario per avviare la trasformazione del Lido in località turistica. Il prestigio dei Grassini crebbe ulteriormente quando lasciarono il Ghetto per trasferirsi nello storico palazzo Bembo, sul canal Grande (1894). La madre si chiamava Emma Levi, cugina di Giuseppe Levi, padre della scrittrice Natalia Ginzburg[3].
Margherita, già di sua natura assai dotata intellettualmente, ebbe un'ottima istruzione, imparando correntemente quattro lingue, tra cui inglese, francese e tedesco. Fu educata in casa e poté usufruire di insegnanti quali Antonio Fradeletto, Pietro Orsi e Pompeo Gherardo Molmenti. Grazie alla posizione del padre, ebbe inoltre modo di conoscere personalmente numerosi letterati quali Israel Zangwill, Gabriele D'Annunzio e i Fogazzaro (Giuseppe e Antonio).
Fu Antonio Fogazzaro ad avvicinarla al cristianesimo. Comunque, anche dopo la conversione, Sarfatti mantenne sempre il proprio ebraismo, come retaggio puramente culturale, «come bagaglio dottrinale e intellettuale da sfruttare»[4]. Ebbe un approccio personale col cristianesimo adogmatico e liberale di Fogazzaro, del quale ammirò soprattutto la critica del positivismo e dello scientismo, il suo misticismo e l’irrazionalismo volontarista, capace di coniugare tradizione e modernità, posizioni che si confacevano con la sua indole e che l'avevano spinta ad allontanarsi dall'ortodossia ebraica.
Impegno culturale
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1898, nonostante il divieto dei genitori, sposa l'avvocato Cesare Sarfatti, militante socialista, e ne assume il cognome, con cui firmerà tutte le sue opere. Nel 1902 si trasferisce a Milano, dove inizia a scrivere sull'Avanti! della domenica. Nel 1909 è assunta come responsabile[5] della rubrica di critica d'arte dell'Avanti!, organo di stampa del Partito socialista italiano. Tra il 1902 e il 1905 collabora con il periodico Unione femminile, organo di stampa dell'omonima associazione, impegnata per l'emancipazione femminile. Studia il pensiero di Vilfredo Pareto, Georges Sorel, Henri Bergson e Charles Péguy. Sarfatti era convinta che occorresse «educare attraverso l'arte, la letteratura, le iniziative umantario-filantropiche»[6].
Nel 1912 Anna Kuliscioff fonda e dirige la rivista La difesa delle lavoratrici alla quale sono chiamate a collaborare le donne socialiste italiane; anche Sarfatti si rende disponibile a fornire un contributo sia con articoli, sia con sovvenzioni personali in denaro. Nello stesso anno incontra Benito Mussolini, non ancora trentenne, dirigente del PSI in procinto di divenire direttore dell'Avanti!, organo ufficiale del partito. Tra i due nasce una relazione che si trasformerà in un sentimento più profondo, durato vent'anni[5][7]. Nel 1913 la Sarfatti condivide con Mussolini l'impianto della rivista Utopia[8]. Nel 1918 è assunta come redattrice a Il Popolo d'Italia, il quotidiano fondato e diretto dal futuro dittatore.
Il 28 gennaio 1918 suo figlio Roberto, volontario nella prima guerra mondiale, caporale nel VI Reggimento Alpini, viene ucciso, non ancora diciottenne, nel corso di un assalto sul Col d'Echele, sull'altopiano di Asiago, durante la prima battaglia dei Tre Monti. A ricordo dell'episodio, per il quale al giovane verrà conferita una medaglia d'oro al valor militare, Margherita fa erigere sul luogo dove Roberto era morto un monumento funebre, opera dell'architetto Terragni[9].
Il suo salotto milanese intorno agli anni venti è frequentato da molti intellettuali ed artisti. Il salotto era uno dei più esclusivi della città, al numero 93 di corso Venezia[5], che Sarfatti mirava a riportare a un ruolo di centralità culturale a livello nazionale[10]. Muovendosi in questa direzione, nel salotto accoglie il gruppo futurista, letterati come Massimo Bontempelli con Ada Negri, la coppia di scultori Medardo Rosso e Arturo Martini. Talvolta interviene lo stesso Mussolini[5].
Nello stesso periodo diviene direttrice editoriale di Gerarchia, la rivista di teoria politica fondata da Benito Mussolini. Nel 1922 fonda con il gallerista Lino Pesaro e gli artisti Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Pietro Marussig, Ubaldo Oppi e Mario Sironi il cosiddetto Gruppo del Novecento, le cui opere vengono esposte per la prima volta nel 1923 alla galleria Pesaro di Milano. A causa della sua adesione al fascismo - sancita nel 1925 dalla sottoscrizione al Manifesto degli intellettuali fascisti - alcuni artisti si allontanano, non condividendo il progetto di Sarfatti di contribuire alla nascita di una cosiddetta arte fascista.
Tuttavia, nonostante le polemiche, nell’ambito della XCIII Esposizione degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma organizza la successiva mostra dal titolo Dieci artisti del Novecento italiano (Roma, 1927), nella quale fa esporre i principali pittori romani, fra i quali Bartoli, Ceracchini, Guidi, Socrate, Trombadori, Luigi Trifoglio[10][11]. Alla mostra non mancano di partecipare tutti i maggiori artisti italiani.
Divenuta vedova nel 1924, Sarfatti si dedica alla stesura di una biografia di Mussolini. Il testo - rivisto accuratamente dallo stesso Mussolini[12] - è dapprima pubblicato nel 1925 in Inghilterra col titolo The Life of Benito Mussolini e l'anno successivo in Italia col titolo Dux. Per la notorietà del personaggio e per la familiarità dell'autrice con il dittatore, il libro ha un enorme successo di vendite (un milione e mezzo di copie vendute solo in Italia[13] e 17 edizioni) e verrà tradotto in 18 lingue, compreso il turco e il giapponese. Per quanto discreta (e non esclusiva), la relazione tra Sarfatti e Mussolini continua nel decennio successivo, fatta di incontri segreti a Palazzo Venezia, non mancando di suscitare in più di un'occasione le gelosie di Rachele Mussolini.[14] Nel 1928 Margherita, di fede ebraica, si converte al cattolicesimo. L'anno dopo si trasferisce a Roma con i figli. Nel 1932 però, Mussolini fa un improvviso voltafaccia e la scrittrice viene allontanata dal Popolo d'Italia; cerca un nuovo giornale e approda alla Stampa di Torino[15][16].
Espatrio negli Stati Uniti e in Argentina
[modifica | modifica wikitesto]Nel gennaio 1934 Sarfatti ottiene il passaporto[17] e il permesso di espatriare. Lascia la direzione editoriale di Gerarchia e si reca negli Stati Uniti d'America per un lungo viaggio. È accolta ufficialmente alla Casa Bianca da Eleanor Roosevelt con gli onori riservati alla moglie di un capo di Stato. Alla NBC spiega il fascismo, ma i rapporti con Mussolini si deteriorano rapidamente in quegli anni, con la svolta intransigente della politica fascista. In una relazione in cui politica e passione furono sempre strettamente connessi, anche la separazione fu al tempo stesso politica e privata. Sarfatti si oppone all'avventura coloniale e all'alleanza con Hitler, e Claretta Petacci ne prende il posto di prima amante. Nel 1936 Mussolini le fa intendere che non sarebbe stata più ricevuta a Palazzo Venezia.[18]
Con la promulgazione delle leggi razziali nel 1938, Sarfatti si allontana dall'Italia. Si trasferisce dapprima a Parigi, ove tiene conferenze sulla letteratura. Ha rapporti con Jean Cocteau, reincontra Alma Mahler, che di lei disse: «Quando la incontrai in Italia era una regina senza corona, ora è una mendicante reale in esilio». Quindi cerca (inutilmente) di andare negli Stati Uniti; alla fine si rifugia, per sei anni, in Uruguay e Argentina. Trascorre l'estate a Montevideo, dove l'attende il figlio Amedeo, e l'inverno nella vicina Buenos Aires. Scrive per alcuni giornali delle due capitali, divise dall'immenso Río de la Plata. Qui stringe amicizia con il pittore Emilio Pettoruti, le scrittrici (sorelle) Victoria e Silvina Ocampo e il giornalista Natalio Botana.[19][20][21] In Sudamerica comincia a scrivere anche le sue memorie (tuttora inedite), una rivisitazione del suo Dux e dei suoi vent'anni trascorsi a fianco di Mussolini. Inizialmente il titolo avrebbe dovuto essere Mea culpa, poi sceglie per l'inglese My fault.[22]
La sorella Nella Grassini Errera, rimasta in Italia, è deportata con il marito e muore ad Auschwitz.[23]
Ritorno in Italia
[modifica | modifica wikitesto]Margherita Sarfatti rientra in Italia solo nel 1947, a guerra finita e con il ripristino delle libertà democratiche.
Al ritorno pubblica il libro di memorie Acqua passata, nel 1955[10]. Vive appartata nella sua villa di Cavallasca, presso Como, sino alla morte, avvenuta all'età di ottantun anni, nel 1961.
L'archivio di Margherita Sarfatti è conservato all'Archivio del '900 del Mart di Rovereto.
Riconoscimenti
[modifica | modifica wikitesto]A Margherita Sarfatti Ada Negri dedicò la sua prima raccolta di prose, Le solitarie[24].
Opere
[modifica | modifica wikitesto]- La milizia femminile in Francia, Milano, Rava & C., 1915.
- La fiaccola accesa. Polemiche d'arte, Milano, Istituto editoriale italiano, 1919.
- L'esposizione post-impressionista e futurista del pittore Emilio Notte, in "Cronache d'attualità", Roma, 5 giugno 1919.
- Cronache del mese, "Ardita", Milano, I, 15 giugno 1919, p. 254
- Tunisiaca, Milano-Roma, Mondadori, 1923.
- (EN) Margherita G Sarfatti; Benito Mussolini, The life of Benito Mussolini, London, Thornton Butterworth, 1925, OCLC 955403029.
- I vivi e l'ombra. Liriche, Milano, Facchi, 1921; Milano, A. Mondadori, 1934.
- Achille Funi, Milano, Hoepli, 1925.
- The Life of Benito Mussolini, London, Thornton Butterworth, 1925.
- Segni, colori e Luci. Note d'arte, Bologna, N. Zanichelli, 1925.
- Dux, Milano, Mondadori, 1926.
- Mostra personale del pittore Lorenzo Viani. Dal 18 al 31 gennaio 1929 (esame critico), Milano, Galleria, 1929.
- Il palazzone. Romanzo, Milano, Mondadori, 1929.
- Storia della pittura moderna, Roma, Cremonese, 1930.
- Segni del meridiano, Napoli, Mazzoni, 1931.
- Diciottesima Esposizione Biennale Internazionale d'Arte. 1932 Catalogo [con saggi di M. Sarfatti et al.], Venezia, Carlo Ferrari, 1932.
- Daniele Ranzoni, Roma, Reale Accademia d'Italia, 1935.
- L'America, ricerca della felicità, Milano-Verona, A. Mondadori, 1937.
- Casanova contro Don Giovanni, Milano, A. Mondadori, 1950.
- Acqua passata, Bologna, Cappelli, 1955.
- L'Amore svalutato, Roma, E.R.S., 1958.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ (ES) Adolfo Kuznitzky, Margherita Sarfatti y el fascismo. La importancia de su origen judío y los costos de una identidad no deseada, in Cuadernos Judaicos., n. 33, Università del Cile, 2016, pp. 148-172, DOI:10.5354/0718-8749.2016.44691, ISSN 0718-8749 , OCLC 8156439884. URL consultato il 13 aprile 2020 (archiviato il 13 aprile 2020).
- ^ Sileno Salvagnini, L'amante del duce mater dolorosa, su ricerca.gelocal.it, 17 luglio 2004.
- ^ Natalia Ginzburg, Lessico famigliare, 1963.
- ^ S. Urso, Margherita Sarfatti dal mito del Dux al mito americano, Marsilio, Venezia, 2003, pag. 19.
- ^ a b c d Biografia di Margherita Sarfatti Grassini, su scuolaromana.net. URL consultato l'11 maggio 2018 (archiviato dall'url originale il 30 marzo 2017).«Bibliografia: E. Braun, Dal Risorgimento alla Resistenza: cent’anni di artisti ebrei in Italia, in Ital Yà, catalogo della mostra, Ferrara 1990 (in precedenza a New York, con il titolo Gardens and Ghettos); P. Cannistraro, Margherita Sarfatti, Milano 1993.»
- ^ S. Urso, op.cit., pag. 41.
- ^ Margherita Sarfatti dal sito Sasso di Asiago
- ^ Margherita Sarfatti. Una donna di potere nell’Italia fascista, su doppiozero.com. URL consultato il 23 aprile 2023.
- ^ Fonte: Gastone Paccanaro (Collegamenti esterni)
- ^ a b c l'Enciclopedia, collana La Biblioteca di Repubblica, UTET-DeAgostini, marzo 2003, ISSN 1128-4455 .
- ^ Luigi Trifoglio, su scuolaromana.net. URL consultato l'11 maggio 2018 (archiviato dall'url originale il 30 marzo 2017).
- ^ Bruno Vespa, Donne d'Italia (Milano, Mondadori, 2014), p.81.
- ^ Rachele Ferrario, Margherita Sarfatti (2015), pag. 202.
- ^ Vespa, Donne d'Italia, pp. 79-80.
- ^ Rachele Ferrario, Margherita Sarfatti (2015), pp. 253-54.
- ^ Il primo articolo della Sarfatti sulla Stampa appare il 23 marzo 1932 in Terza pagina.
- ^ Rachele Ferrario, Margherita Sarfatti (2015), p. 276.
- ^ Vespa, Donne d'Italia, p.81.
- ^ Marcos Aguinis in Incendio de Ideas
- ^ (ES) La amante judía de Mussolini que vivió en Montevideo
- ^ Roberto Festorazzi, Margherita Sarfatti. La donna che inventò Mussolini, Vicenza, Angelo Colla Editore, 2010, p. 376.
- ^ Alberto Mazzuca, Luciano Foglietta, Mussolini e Nenni amici nemici, Bologna, Minerva Editore, 2015, p. 404.
- ^ CDEC Digital Library.
- ^ Ada Negri, Le solitarie, Treves Milano 1917
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Sergio Marzorati, Margherita Sarfatti. Saggio biografico, Collana In prima persona n.7, Como, Nodolibri, 1990, ISBN 978-88-7185-009-2.
- Mussolini le intimò: Smetta di confondere Novecento con fascismo, di Sileno Salvagnini, in Arte, No. 10-12, anno 1991.
- Philip V. Cannistraro e Brian R. Sullivan, Margherita Sarfatti. L'altra donna del duce, traduzione di Claudio Lazzari, Collezione Le Scie, Milano, Arnoldo Mondadori, 1993, ISBN 978-88-04-33546-7. - Ghibli, 2022, ISBN 978-88-680-1295-3.
- Margherita Sarfatti: appunti per una storia della letteratura femminile nel periodo fascista, di Giovanna Bosi Maramotti, estratto da: AAVV., 'Il pensiero reazionario la politica e la cultura dei fascismi',
- La formazione di Margherita Sarfatti e l'adesione al fascismo, di Simona Urso, 'Studi storici', No. 1-6, anno 1994
- Da Boccioni a Sironi. Il mondo di Margherita Sarfatti, a cura di Elena Pontiggia, Collana Carte d'artisti n.33, Milano, Abscondita, 2002, ISBN 978-88-8416-048-5.
- Simona Urso, Margherita Sarfatti. Dal mito del Dux al mito americano, Collana Saggi, Venezia, Marsilio, 2003, ISBN 978-88-317-8342-2.
- Karin Wieland, Margherita Sarfatti. L'amante del Duce, trad. Elena Mortarini, Torino, UTET, 2006, ISBN 978-88-02-07475-7.
- (ES) Daniel Gutman, El amor judío de Mussolini. Margherita Sarfatti: del fascismo al exilio, Buenos Aires, Ediciones Lumiere S.A., 2006, ISBN 987-603-017-5.
- Giovanni Cecini, I soldati ebrei di Mussolini, Milano, Mursia, 2008.
- (FR) Françoise Liffran, Margherita Sarfatti, L'égérie du duce, Collection «Biographie», Paris, Seuil, 2009, ISBN 978-2-02-098353-2.
- Roberto Festorazzi, Margherita Sarfatti. La donna che inventò Mussolini, Vicenza, Colla Editore, 2010, ISBN 978-88-89527-56-6.
- Mimmo Franzinelli, Il Duce e le donne. Avventure e passioni extraconiugali di Mussolini, Milano, Mondadori, 2013, ISBN 978-88-046-3095-1.
- Rachele Ferrario, Margherita Sarfatti. La regina dell'arte nell'Italia fascista, Collezione Le Scie.Nuova serie, Milano, Mondadori, 2015, ISBN 978-88-04-65861-0.
- Alberto Mazzuca-Luciano Foglietta, Mussolini e Nenni amici nemici, Bologna, Minerva Editore, 2015, ISBN 978-88-7381-589-1.
- Ilaria Cimonetti, Alle radici di Novecento Italiano. Un ritratto giovanile di Margherita Sarfatti, Verona, Scripta, 2016, ISBN 978-88-98877-56-0.
- Gianni Scipione Rossi, L'America di Margherita Sarfatti: l'ultima illusione, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2021, ISBN 978-8849868593.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikisource contiene una pagina dedicata a Margherita Sarfatti
- Wikiquote contiene citazioni di o su Margherita Sarfatti
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Margherita Sarfatti
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Sarfatti, Margherita, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- SARFATTI GRASSINI, Margherita, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1936.
- SARFATTI GRASSINI, Margherita, in Enciclopedia Italiana, III Appendice, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1961.
- Sarfatti, Margherita, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- Sarfatti, Margherita, su sapere.it, De Agostini.
- (EN) Margherita Sarfatti, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- Simona Urso, GRASSINI, Margherita, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 58, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2002.
- Margherita Sarfatti, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.
- Margherita Sarfatti, su enciclopediadelledonne.it, Enciclopedia delle donne.
- (EN) Opere di Margherita Sarfatti, su Open Library, Internet Archive.
- Margherita Sarfatti, in Archivio storico Ricordi, Ricordi & C.
- (EN) Margherita Sarfatti, su IMDb, IMDb.com.
- Inventario del fondo Margherita Sarfatti conservato all'Archivio del '900 del Mart
- Carlo Socrate, Ritratto di Margherita Sarfatti con la figlia Fiammetta, su scuolaromana.it, 1929 ca. URL consultato il 4 gennaio 2019 (archiviato dall'url originale il 6 maggio 2017).
- Uta Ruscher, Margherita Sarfatti, su Uta Ruscher scrittrice. URL consultato il 4 gennaio 2019 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
- Margherita Sarfatti Grassini. Venezia 1880 - Cavallasca (Como) 1961, su Sasso di Asiago. URL consultato il 4 gennaio 2019. Scheda biografica.
- Gastone Paccanaro, Roberto Sarfatti: la madre, l'architetto, il monumento funebre, su Comune di Gallio. URL consultato il 4 gennaio 2019 (archiviato dall'url originale il 22 luglio 2011).
- Silvia Salvatici, Margherita Sarfatti, su raistoria.rai.it, Rai. URL consultato il 14 febbraio 2019.
- Mimmo Franzinelli, Margherita Sarfatti, su wikiradio.rai.it, Rai. URL consultato il 20 aprile 2019.
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