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(LA)
«Sed omnia praeclara tam difficilia, quam rara sunt»
(IT)
«Tutte le cose eccellenti sono tanto difficili, quanto rare»
(Baruch Spinoza, Ethica, pars V De potentia intellectus seu de libertate humana, propositio XLII, scholium)
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Lo stadio Giuseppe Meazza, noto anche come stadio San Siro, è un impianto sportivo multifunzioneitaliano di Milano.
Sorge nel quartiere di San Siro, cui deve il nome con il quale fu noto fino al 1980, allorquando fu intitolato alla memoria di Giuseppe Meazza (1910-1979), calciatore milanese che fu campione mondiale nel 1934 e nel 1938.
Inaugurato nel 1926 come terreno di proprietà del Milan, nel 1935 fu acquisito dal comune di Milano e da quest'ultimo ampliato tra il 1937 e il 1939.
Dopo la guerra, negli anni cinquanta, vi fu edificata una gradinata sopraelevata continua (il cosiddetto «secondo anello») grazie alla quale raggiunse una capienza di quasi centomila spettatori, cui fece seguito l'impianto d'illuminazione.
Tra il 1987 e il 1990 fu sottoposto alla sua più recente ristrutturazione, a seguito della quale fu dotato di un'ulteriore gradinata, nota come «terzo anello».
Successivi lavori intrapresi nel nuovo millennio hanno riguardato l'adeguamento dell'interno dell'impianto, il terreno di gioco, il fossato e l'eliminazione dell'area tecnica a bordo campo; la capienza alla stagione 2022-23 è di poco superiore ai 75000 posti, tutti a sedere.
Storicamente impianto interno delle due più note compagini calcistiche professioniste cittadine, il Meazza ospita il Milan fin dalla sua inaugurazione e l'Inter dal 1947.
Soprannominato «la Scala del calcio» per traslato dal concittadino Teatro alla Scala, è l'impianto sportivo più capiente d'Italia.
È, inoltre, il quarto stadio italiano in attività per anzianità di servizio, dopo il "Ferraris" di Genova (entrato in esercizio nel 1911), il "Penzo" di Venezia (1913) e il "Tardini" di Parma (1924).
Il suo primo appuntamento calcistico internazionale fu il mondiale 1934, del quale ospitò una delle semifinali; nel dopoguerra vi si svolsero gare dell'europeo 1980 e del mondiale 1990 e, più recentemente, la finale di Nations League 2021.
In ambito di club è stato designato quattro volte dall'UEFA quale stadio della finale di Coppa dei Campioni – e, a seguire, Champions League – tra il 1965 e il 2016; in quanto impianto interno di una delle contendenti, ha inoltre ospitato quattro finali di Coppa UEFA, tre dell'Inter nel 1991, 1994 e 1997, e una della Juventus nel 1995; nella stagione 2019-20 fu anche lo stadio delle gare europee dell'Atalanta.
Benché destinato quasi esclusivamente al calcio, registra il record nazionale d'affluenza per un incontro di rugby, tra Italia e Nuova Zelanda del 2009, cui assistettero più di 81000 spettatori; in precedenza, nel 1960, aveva ospitato un incontro per la corona mondiale di pugilato tra Duilio Loi e Carlos Ortiz.
È, inoltre, lo stadio designato a ospitare la cerimonia d'apertura dei XXV Giochi olimpici invernali in programma a Milano e Cortina d'Ampezzo nel 2026.
Fuori dall'ambito sportivo, è utilizzato fin dal 1980 come sede di concerti, in particolare nella stagione estiva, e ha visto esibirsi, tra gli altri, artisti internazionali di rilievo quali Bob Marley, i Rolling Stones, Michael Jackson, Bob Dylan e Bruce Springsteen.
L'impianto è concesso in gestione a M-I Stadio S.r.l., società compartecipata da Inter e Milan.
I britannici, che nell'estate 1940 avevano esigue forze nell'area, consideravano la colonia italiana una spina nel fianco che avrebbe potuto creare problemi per le rotte di rifornimento nel Mar Rosso e da cui sarebbe potuto partire un attacco che attraverso il Sudan avrebbe minacciato l'Egitto e il canale di Suez, su cui gravava contemporaneamente la minaccia delle forze italo-tedesche in Libia. Così, dopo un'iniziale fase difensiva, Londra rinforzò le proprie forze nel Corno d'Africa con l'afflusso di truppe indiane e delle altre colonie africane, tutte modernamente armate e completamente motorizzate. Potenziate, le forze britanniche passarono all'offensiva nel febbraio del 1941, sferrando un doppio attacco alle colonie italiane di Eritrea e Somalia, dove con relativa facilità conquistarono entrambi i territori per poi convergere verso le zone centrali dell'Etiopia. Dopo aver preso la Somalia, le forze britanniche del fronte sud entrarono ad Addis Abeba il 6 aprile 1941 e successivamente si concentrarono assieme a quelle del fronte nord nell'eliminare gli ultimi centri di resistenza in cui le forze italiane superstiti si erano rifugiate. Nelle settimane successive vennero quindi espugnati gli ultimi presidi italiani sull'Amba Alagi, nel Galla e Sidama e a Gondar; il 5 maggio 1941, cinque anni dopo l'entrata di Pietro Badoglio nella capitale etiope, il negusHailé Selassié tornò ad Addis Abeba, ristabilendo simbolicamente il suo trono di imperatore d'Etiopia e decretando la fine dell'Africa Orientale Italiana.
Le truppe del generale Clark sbarcarono tra difficoltà tutto sommato gestibili e imbevute di un ottimismo dettato dall'avvenuta resa italiana. Nell'arco di due giornate, però, subirono i violenti contrattacchi delle divisioni in affluenza della 10. Armee del tenente generale Heinrich von Vietinghoff, che il feldmaresciallo Albert Kesselring (comandante supremo tedesco per il Mediterraneo) aveva opportunamente concentrato sulle alture dominanti il golfo; i tedeschi, in particolare, sfruttarono un largo varco tra i due corpi d'armata che componevano la 5th Army, coincidente con il fiume Sele, e riuscirono a penetrare a fondo nella testa di ponte. Clark temette un disastro, al punto di abbozzare piani di evacuazione, ma in ultimo la tenace resistenza anglo-statunitense (caratterizzata dal massiccio supporto d'artiglieria, terrestre e navale) scongiurò la minaccia e frenò i tedeschi.
Dopo dieci giorni di aspri combattimenti gli Alleati, che pure avevano subito perdite molto più elevate dei tedeschi, riuscirono a uscire dalla testa di ponte il 19 e a riorganizzarsi in vista dell'avanzata verso Napoli, che nel frattempo era già insorta, dove giunsero il 1º ottobre 1943. La 10. Armee, al contempo, aveva ripiegato ordinatamente in direzione della Linea del Volturno, arroccata nell'impervio territorio appenninico a nord del capoluogo campano, dove si preparò ad affrontare nuovamente gli Alleati.
Con il termine honfoglalás (in unghereseconquista della patria), o tramite l'espressione conquista magiara del bacino dei Carpazi (nota semplicemente nella storiografia ungherese come conquista magiara o conquista del territorio ungherese), si fa riferimento a una serie di eventi storici che portò gli Ungari, o Magiari, a insediarsi in Europa centrale a cavallo tra il IX e il X secolo. Prima dell'arrivo dei Magiari, tre potenze altomedievali si contesero storicamente il controllo del bacino carpatico, ovvero il Primo Impero bulgaro, il Regno dei Franchi Orientali e la Grande Moravia, che assunsero occasionalmente cavalieri ungari in veste di mercenari. Tale circostanza rende lecito ipotizzare che alcuni Magiari conoscessero già la geografia della loro futura patria sin da quando erano ancora stanziati nelle steppe pontiche a est dei Carpazi.
A giudizio di alcuni studiosi, la conquista ungara iniziò nel contesto di una tarda o seconda serie di invasioni barbariche, sia pur avvenute con conseguenze minori rispetto a quelle del V secolo. Secondo le fonti dell'epoca, tra l'894 e l'895 i Peceneghi e i Bulgari scatenarono una devastante offensiva che costrinse gli Ungari a fuggire e ad attraversare i Carpazi. Spinte dalla necessità di ricercare nuove terre dove stabilirsi, le tribù magiare si insediarono con la forza nella grande pianura a est del fiume Danubio, attaccando e occupando la Pannonia (la regione a ovest del corso d'acqua) nel 900. Sfruttando inoltre i conflitti interni dell'allora indebolita Grande Moravia, tra il 902 e il 906 resero la regione uno Stato fantoccio.
Gli Ungari rafforzarono quindi il loro controllo sul bacino dei Carpazi, sconfiggendo un esercito facente capo al Ducato di Baviera in una battaglia combattuta a Brezalauspurc il 4 luglio 907. In un arco temporale compreso tra l'899 e il 955, compirono inoltre una serie di razzie in varie località europee, concentrandosi in particolar modo nell'Impero bizantino dal 943 al 971. Il processo di insediamento nella porzione di Europa centrale assoggettata proseguì gradualmente fino alla fondazione di una monarchia cristiana intorno all'anno Mille, il Regno d'Ungheria.
Nel corso di una carriera ultratrentennale – caratterizzata da continui esperimenti sonori, grafiche innovative, testi di matrice filosofica e sofisticate esibizioni dal vivo – i Pink Floyd riscrissero le tendenze artistiche della propria epoca, diventando una delle band più influenti nella storia della popular music. Sebbene agli inizi si siano dedicati alla musica psichedelica e allo space rock, stili di cui sono considerati pionieri, in un secondo momento si accostarono al rock progressivo, affermandosi come uno dei gruppi più conosciuti e rappresentativi di tale ambito.
Alla guida della formazione si avvicendarono tre diversi membri, dapprima Barrett, poi Waters e infine Gilmour, ognuno dei quali ne influenzò in modo sostanziale il percorso artistico dando una personale impronta alla cifra stilistica. Il primo periodo fu condraddistinto dal genere psichedelico e dalla direzione di Barrett, principale autore dei brani del lavoro d'esordio, intitolato The Piper at the Gates of Dawn; la seconda fase vide la preminenza di Waters, con la pubblicazione di The Dark Side of the Moon, Animals, The Wall e The Final Cut; l'ultimo frangente corrisponde agli album A Momentary Lapse of Reason, The Division Bell e The Endless River, firmati prevalentemente da Gilmour.
Dopo l'allontanamento di Barrett, la formazione conobbe un nuovo cambiamento nel 1979, durante la lavorazione di The Wall, allorché Wright fu estromesso dal gruppo per poi prendere parte alla successiva tournée solo in veste di turnista. Nel 1985 anche Waters abbandonò la band; a seguito di un contenzioso legale sull'uso del nome del gruppo, Gilmour e Mason furono autorizzati a proseguire l'attività dei Pink Floyd, riunendosi successivamente a Wright. I componenti della band cessarono la collaborazione nel 1995.
Si stima che fino al 2008 i Pink Floyd abbiano venduto circa 250 milioni di dischi in tutto il mondo, di cui 74,5 milioni negli Stati Uniti d'America.
Il sistema difensivo di Verona è un imponente complesso militare, logistico e infrastrutturale costituito da cinte murarie, bastioni, forti, campi trincerati, magazzini e caserme, realizzato tra il 1814 e il 1866 durante la dominazione asburgica, che fece della città veneta, perno del cosiddetto "Quadrilatero", uno dei punti di forza del sistema strategico dell'Impero. La Verona austriaca divenne così piazzaforte d'armata, ovvero un centro che poteva rifornire l'intera guarnigione imperiale presente nel Regno Lombardo-Veneto, composta all'incirca da 100000 soldati.
Nello spazio urbano sono visibili ancora oggi opere monumentali che formano un repertorio di quasi 2000 anni di storia dell'arte fortificatoria, motivo per cui la città è stata decretata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO; tuttora restano imponenti gli avanzi della città fortificata romana, il perimetro della città murata scaligera con i suoi castelli, la struttura della fortezza veneta, oltre che la finale disposizione della piazzaforte asburgica. La cinta magistrale, nel suo assetto definitivo, ha uno sviluppo di oltre 9 km e occupa quasi 100 ha di superficie con le sue opere: cortine, torri, rondelle, bastioni, fossati, terrapieni e spalti. Infine nel territorio circostante, situati nella campagna pianeggiante o sulle colline delle Torricelle, 31 forti (19 dei quali ancora esistenti) formavano l'ultimo e più moderno sistema cittadino, l'imponente difesa avanzata della piazzaforte asburgica.
Il rafforzamento delle difese fu graduale, attuato per fasi. Dal 1832 al 1842 fu ristrutturata la cinta magistrale, in risposta alla destabilizzazione del quadro politico europeo, che ebbe il suo apice nel 1830 con i moti liberali e la rivoluzione di luglio a Parigi. Dal 1837 al 1843 furono costruite le fortificazioni collinari e i forti avanzati di pianura, i primi per impedire manovre di aggiramento a settentrione, i secondi per risolvere alcune carenze tattiche e difensive della cortina muraria. Nel 1848, evidenziata con la battaglia di Santa Lucia l'importanza tattica di dominare il lungo terrazzamento naturale che si dipana a ovest di Verona, iniziò la costruzione di una prima linea di forti militari distaccati, che furono poi completati con opere permanenti in muratura entro il 1856. Tra il 1859 e 1861 furono costruiti i forti del secondo campo trincerato, a maggiore distanza dalla città in modo da togliere efficacia alle nuove artiglierie, dotate di più ampia gittata; e infine, nel 1866, questo secondo campo trincerato fu completato con due ulteriori forti in stile semipermanente, a causa dell'imminenza della terza guerra d'indipendenza italiana.
Le costruzioni militari austriache rappresentano «l'episodio saliente dell'arte a Verona del XIX secolo. Nessun'altra opera di pittura, scultura o architettura regge al confronto dell'importanza della mole e della vastità dei riferimenti con il paesaggio e con la storia». L'Imperiale Regio Ufficio delle Fortificazioni di Verona, infatti, si dimostrò rispettoso delle preesistenti mura comunali, scaligere e veneziane, integrandole nel nuovo sistema fortificatorio e aggiornandole in base alle nuove scoperte e necessità di ambito militare. Quando dovette realizzare nuove fabbriche, invece, si confrontò con l'architettura romanica veronese, adeguando in questo modo i materiali da costruzione, il loro uso e le scelte di carattere formale e decorativo al contesto cittadino.