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Teatro scandinavo della seconda guerra mondiale

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Teatro scandinavo della seconda guerra mondiale
parte della seconda guerra mondiale
Mappa degli Stati scandinavi
Data30 novembre 1939 - 8 maggio 1945
LuogoScandinavia, Danimarca, Islanda e Mar Glaciale Artico
Esitovittoria finale Alleata
Modifiche territorialicessioni territoriali della Finlandia all'Unione Sovietica
Schieramenti
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Il teatro scandinavo della seconda guerra mondiale ricomprende gli eventi bellici e politici che ebbero luogo tra la fine del 1939 e il maggio 1945 in Scandinavia (inclusi i territori a essa culturalmente associati come Finlandia, Groenlandia, Islanda e isole Fær Øer), nell'ambito dei più vasti eventi del teatro europeo della seconda guerra mondiale.

La Scandinavia venne coinvolta presto negli eventi del secondo conflitto mondiale: sul finire del novembre del 1939 la Finlandia fu invasa da truppe dell'Unione Sovietica, intenzionata ad annettersi alcune strategiche aree di confine, e sottoscrisse un accordo di pace per cui dovette cedere circa il 10% del proprio territorio dopo un conflitto durato poco più di tre mesi; in conseguenza di ciò la Finlandia si avvicinò alla Germania nazista, e nel giugno del 1941 partecipò all'invasione dell'URSS aprendo un nuovo fronte esteso dalla Lapponia al golfo di Finlandia.

La cooperazione tra tedeschi e finlandesi proseguì fino al settembre del 1944, quando il governo di Helsinki capitolò di fronte alle rinnovate controffensive sovietiche; truppe finlandesi e sovietiche cooperarono poi per cacciare gli ultimi reparti tedeschi dalla Lapponia. Danimarca e Norvegia furono invase dalla Germania nell'aprile del 1940, durante gli eventi della cosiddetta "operazione Weserübung": i danesi capitolarono in breve tempo, mentre i norvegesi resistettero più a lungo anche grazie all'appoggio di un corpo di spedizione anglo-francese, finendo però con l'arrendersi ai primi di giugno del 1940.

La Danimarca fu inizialmente trattata in maniera benevola, assoggettata alla Germania ma dotata ancora di una certa autonomia interna; la crescente opposizione delle istituzioni e del popolo danese alle politiche più oppressive imposte dalla Germania portò poi, nell'agosto del 1943, allo scioglimento del governo e all'imposizione di una piena occupazione militare tedesca. In Norvegia i tedeschi imposero la costituzione di un governo fantoccio sotto Vidkun Quisling ma, davanti allo scarso sostegno raccolto da questi, il Paese fu poi pienamente assoggettato alla Germania venendo costituito in Reichskommissariat; sia in Norvegia sia in Danimarca si formarono quindi svariati gruppi di resistenza armata, in opposizione sia agli occupanti tedeschi sia ai collaborazionisti locali.

La Svezia svolse un ruolo ambivalente: il Paese, formalmente neutrale ed estraneo al conflitto per tutta la sua durata, da un lato appoggiò la lotta della Finlandia contro l'URSS e continuò a commerciare estesamente con la Germania nazista, dall'altro, in particolare dopo il 1943, fornì rifugio e assistenza ai gruppi resistenziali danesi e norvegesi e alle forze armate regolari costituite dai rispettivi governi in esilio, oltre a sostenere con interventi umanitari le popolazioni dei Paesi occupati.

I presupposti[modifica | modifica wikitesto]

Il minerale di ferro veniva estratto in Kiruna e Malmberget, e portato via ferrovia ai porti di Luleå e Narvik (confini secondo il periodo 1920-1940)

La Scandinavia, composta geograficamente da Svezia, Norvegia e Finlandia, era unita da fortissimi legami storici con la Danimarca, facente tuttavia parte, con l'eccezione della Groenlandia, dell'Europa continentale. La Danimarca possedeva, insieme alla Svezia, il controllo del canale di Øresund, la porta di accesso al mar Baltico, ed era quindi un importante nodo per l'economia del Nord Europa, anche se la Germania nel 1895 costruì e nel 1914 successivamente ampliò, il canale di Kiel, che permetteva un passaggio rapido tra il mare del Nord e il Baltico.

La Svezia era un importantissimo produttore di minerale di ferro (assolutamente indispensabile alla Germania per perseguire una politica industriale, civile e militare di potenza), che veniva esportato attraverso il porto norvegese di Narvik e due porti svedesi; questi tuttavia non erano utilizzabili per tutto l'anno a causa dei ghiacci, mentre Narvik, grazie alla corrente del Golfo, lo era sempre.

A seguito dello scoppio della seconda guerra mondiale, i britannici, su idea di Winston Churchill, progettarono di inviare tre obsolete navi da battaglia della classe Revenge, alleggerite e con i ponti pesantemente corazzati, a distruggere il traffico tra i porti svedesi e quelli tedeschi in quella che doveva essere l'operazione Catherine[1], ma l'idea fu abbandonata sia per altre priorità d'impiego nei materiali necessari per convertire le navi sia per la scarsità di manodopera specializzata.

Il conflitto tra Unione Sovietica e Finlandia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra d'inverno e Guerra di continuazione.
Volontari norvegesi sul fronte finlandese durante la guerra d'inverno

Verso la fine del 1939 l'Unione Sovietica aveva richiesto alla Finlandia una serie di rettifiche territoriali che l'aiutassero a difendere la città di Leningrado. Propose la cessione per trent'anni della penisola di Hanko che insieme alle postazioni sulla costa estone, a Paldiski, avrebbe precluso l'accesso alla baia di Leningrado a navi ostili; inoltre vennero richiesti l'allontanamento della frontiera nella Carelia, per porre Leningrado al di fuori della portata dall'artiglieria pesante, e il controllo di Petsamo, che era l'unico porto finlandese sul Mar Bianco e una possibile minaccia per il porto sovietico di Murmansk.

In cambio il governo sovietico offrì alcune aree di confine quale compensazione, ma poiché la Finlandia rifiutò l'URSS decise per una soluzione violenta della contesa: tale casus belli venne ritenuto pretestuoso da parte dell'opinione pubblica mondiale, la quale si schierò a favore del Paese scandinavo. Al tempo dell'inizio delle operazioni, avvenuto il 30 novembre 1939, la seconda guerra mondiale era già cominciata da tre mesi con l'invasione tedesca della Polonia e la conseguente dichiarazione di guerra di Francia e Regno Unito alla Germania. In quel momento, sul finire dell'anno, le forze dei due schieramenti si fronteggiavano lungo le linee fortificate Maginot e Sigfrido in quella che fu definita "strana guerra" per la sua staticità e mancanza di combattimenti, e l'Unione Sovietica aveva già annesso con un trattato imposto con la forza le Repubbliche baltiche di Estonia, Lettonia e Lituania.

L'attenzione dell'opinione pubblica si concentrò dunque sulla cosiddetta guerra d'inverno: gli aiuti e i volontari disposti a combattere a favore della Finlandia giunsero da tutto il mondo senza distinzioni tra Paesi democratici e quelli nei quali vigevano regimi totalitari come l'Italia fascista e il Regno di Ungheria, con una significativa presenza di scandinavi. Il numero totale dei volontari fu di 11 500 uomini, di cui 8 275 svedesi, 725 norvegesi, 800 danesi, 400 ungheresi e 300 statunitensi di origine finnica.[2] Lo Stato che più di tutti inviò aiuti materiali in Finlandia fu la Francia: 145 aeroplani, 500 pezzi d'artiglieria, 5 000 mitragliatrici, 200 000 granate, 400 000 fucili e venti milioni di munizioni[3].

La guerra lampo tedesca[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Operazione Weserübung e Occupazione della Danimarca.
Una solitaria sentinella tedesca in un posto di guardia costiero in Lapponia nel 1943
Vidkun Quisling, Heinrich Himmler, il Reichskommissar Josef Terboven, il Generaloberst Nikolaus von Falkenhorst comandante delle forze di occupazione (seduti) e ufficiali di Waffen-SS, Deutsche Heer e Luftwaffe in una foto del 1941

Con l'invasione della Norvegia i tedeschi intendevano prevenire quello che durante la prima guerra mondiale era stato il problema principale per la loro marina, cioè l'imposizione di una linea di blocco navale dalla Scozia a Bergen da parte della Royal Navy, resa possibile dalla politica estera filobritannica del Paese scandinavo. L'eventualità di un attacco tedesco alla Norvegia era stato teorizzato già in un libro del 1929, La strategia navale della prima guerra mondiale dell'ammiraglio tedesco Wegener[4]. Hitler però nel 1939 aveva dichiarato all'ammiraglio Erich Raeder, comandante della Kriegsmarine, che la guerra non sarebbe iniziata prima del 1944 e il programma di costruzioni navali tedesche era stato impostato di conseguenza. Le navi da battaglia della classe Bismarck non erano ancora entrate in servizio e la flotta tedesca non era in grado di affrontare in mare aperto quella britannica.

In ogni caso le basi norvegesi sarebbero state più utili di quelle tedesche per gli U-Boot e Raeder in ottobre e in dicembre del 1939 chiese a questo scopo a Hitler di pianificare l'occupazione della Norvegia, scontrandosi con un iniziale rifiuto[4]. Il teorico nazista Alfred Rosenberg presentò il suo protetto norvegese Vidkun Quisling a Raeder, che portò nuovi argomenti a Hitler in favore dell'invasione, ma nonostante l'OKW avesse già preparato i piani necessari, fu solo l'incidente dell'Altmark che portò alla fine alla decisione d'intraprendere l'operazione Weserübung.

Anche gli Alleati, nella persona di Churchill, si aspettavano un attacco tedesco a nord, tanto che in una nota del 16 dicembre 1939 questi propugnava «una grande offensiva bellica», che in tutta probabilità avrebbe spinto i tedeschi a invadere la Scandinavia; più avanti affermava «abbiamo più da guadagnare che da perdere da un attacco tedesco contro Norvegia e Svezia»[5]. A esso si aggiungeva il francese Édouard Daladier che si aspettava di utilizzare l'incidente dell'Altmark come pretesto per occupare immediatamente i porti norvegesi «[...] con un attacco improvviso; tanto più facile sarà giustificare questa mossa agli occhi dell'opinione pubblica quanto più rapidamente essa verrà condotta a termine e quanto più la nostra propaganda riuscirà a sfruttare il ricordo della recente complicità della Norvegia nell'incidente»[6].

D'altro canto nell'area era già in corso la guerra d'inverno tra Unione Sovietica e Finlandia, che vedeva come comprimari sia i tedeschi sia gli Alleati. I tedeschi erano in quel momento legati dal patto Molotov-Ribbentrop ai sovietici, e si adoperarono per un rigoroso rispetto della neutralità e sul controllo delle forniture di armi ai finlandesi, nonostante ne avessero in passato aiutato la crescita delle forze armate. Gli Alleati invece stavano cercando di portare armi e aiuti ai finlandesi sotto forma di un corpo di spedizione che pro forma sarebbe stato costituito da "volontari".[7] La campagna di Norvegia del 1940 pose Danimarca e Norvegia nelle mani tedesche, e questi Paesi rimasero occupati fino alla resa tedesca del 1945.

Le forze armate danesi erano assolutamente inadeguate a difendere il Paese da un attacco, anche per la natura pianeggiante del territorio e la mancanza di ostacoli naturali; i pochi velivoli dell'esercito e della marina erano antiquati e adatti solo a compiti di ricognizione; la marina militare, con 4 300 uomini in servizio, dotata solo di una nave da difesa costiera con pezzi da 150 mm, sei motosiluranti e sette sommergibili[8], non era minimamente in grado di fermare la squadra tedesca che arrivò a Copenaghen per l'invasione il 9 aprile 1940. L'aviazione navale danese, con i suoi undici idrovolanti a Copenaghen, due altri con la squadra navale ad Aarhus, altri due a Slipshavn e nove aerei terrestri nella base navale di Avnø[8], avrebbe dovuto opporsi alle centinaia di velivoli schierati dalla Luftwaffe.

Le due divisioni tedesche di fanteria destinate all'operazione incontrarono solo una resistenza debole e simbolica, anche perché il governo danese non aveva proclamato la mobilitazione generale. Le navi della Maersk Line, allora A.P. Møller-Mærsk Gruppen, vennero affidate in gestione all'ufficio di New York della compagnia e per effetto dell'Ordine Permanente Speciale Uno nessun ordine proveniente dalla Danimarca poteva essere accettato se non controfirmato dalla sede newyorkese diretta da Arnold Mærsk Mc-Kinney Mølle. Le navi lontane dalle acque danesi vennero poste sotto il controllo degli Alleati mentre alcune vennero affondate dai sottomarini tedeschi durante il prosieguo del conflitto, come ad esempio la Leise Maersk, colata a picco il 23 novembre 1940[9].

La Danimarca rimase formalmente sotto la propria sovranità, col proprio parlamento elettivo e il re Cristiano X di Danimarca sul trono; l'Islanda venne però occupata dai britannici con l'operazione Fork che precedette di poco l'analogo progetto tedesco noto come operazione Ikarus. La forza di occupazione britannica venne rimpiazzata da una statunitense nel 1941[10]. L'Islanda poi si distaccò dall'unione personale che la legava alla Danimarca con un voto dell'Althing mentre il 9 aprile 1941 l'ambasciatore danese Henrik Kauffmann firmò, senza l'autorizzazione del proprio governo, un accordo con gli Stati Uniti con il quale si autorizzava la presenza di truppe americane in Groenlandia, rendendola de facto statunitense[11].

In Norvegia i tedeschi misero al potere un governo collaborazionista retto da Quisling, ma comunque designarono un Reichskommissar nella persona di Josef Terboven, mentre le forze di occupazione, inizialmente della consistenza di poche decine di migliaia di soldati, in seguito agli attacchi britannici e alle incursioni di commando (per esempio le operazioni Claymore, Anklet e Gauntlet, così come le successive Fritham e Musketoon) lievitarono fino a raggiungere le 350 000 unità del 1945. Nei piani tedeschi la Norvegia era destinata a fungere da base di operazioni aeronavali per evitare che la Kriegsmarine venisse imbottigliata nel Baltico e nel Mare del Nord, costituendo anche un'ottima base per i ricognitori a lungo raggio come il Focke-Wulf Fw 200.

Norvegia[modifica | modifica wikitesto]

Le forze armate norvegesi in esilio[modifica | modifica wikitesto]

Marinai ai tubi lanciasiluri della KNM Sleipner, una silurante norvegese operante dalla Gran Bretagna durante il conflitto

Mentre gli Alleati concentravano le loro operazioni nell'estremo nord e i tedeschi rafforzavano le loro posizioni, nei Paesi occupati si manifestarono diversi gradi di resistenza all'occupante. I norvegesi collaborarono attivamente con il SOE (Special Operations Executive, il servizio per le operazioni speciali britannico) fornendo contatti in loco, informazioni e uomini pronti a infiltrarsi, sotto l'egida del governo norvegese in esilio; in territorio britannico vennero inoltre costituite forze armate terrestri, aeree e navali.

Il Regno Unito affidò alcune navi alla nuova marina norvegese (che mantenne il nome di Kongelige Norske Sjøforsvaret) visto che, al momento della resa, solo naviglio minore, in tutto tredici imbarcazioni obsolete con 500 uomini, erano riuscite a sottrarsi alla cattura. Alla fine della guerra saranno 58 le navi da guerra operanti con gli Alleati sotto bandiera norvegese, prevalentemente finanziate coi fondi della Nortraship, e 118 in tutto l'arco del conflitto[12]. Queste navi operarono prevalentemente come scorta ai convogli durante la battaglia dell'Atlantico e durante varie operazioni belliche come lo sbarco in Normandia; solo due navi mercantili vennero usate e perse in acque norvegesi, durante un raid sulle Svalbard (operazione Fritham).

Un'unità speciale costituita sotto l'egida del SOE fu la Norwegian Naval Independent Unit (NNIU), nell'ottobre 1943 rinominata Royal Norwegian Naval Special Unit (RNNSU) ma nota comunemente come Shetland bus[13]: vista la necessità di mantenere collegamenti con la Norvegia il SOE decise di creare un gruppo che facesse la spola tra la Scozia e la costa norvegese occupata trasportando armi e uomini; inizialmente vennero utilizzati normali pescherecci in faticosi e pericolosi viaggi notturni tra le pattuglie aeree e navali tedesche[13], ma dopo alcuni insuccessi accompagnati da perdite furono consegnati all'unità tre veloci cacciasommergibili di costruzione statunitense. Battezzati Vigra, Hessa e Hitra permisero di proseguire le operazioni senza ulteriori perdite[13]. Figura importante dell'unità fu Leif Andreas Larsen, ufficiale della marina norvegese noto come "Shetlands Larsen", che effettuò 52 operazioni di collegamento e venne decorato varie volte sia dai britannici sia dai norvegesi[13]; altra personalità di rilievo fu Kåre Iversen che effettuò 57 viaggi come motorista[13].

La brigata norvegese costituita in Scozia non vide praticamente alcuna azione e fu confinata a compiti di presidio, oltre ad addestrare altre truppe Alleate alla guerra invernale[14]; invece le unità speciali, tra le quali si distinsero la Norwegian Independent Company 1 e la No. 5 Troop (quinta compagnia) del No. 10 (Inter-Allied) Commando con personale misto anglo-norvegese[15], vennero impiegate nei vari raid lungo la costa norvegese, spesso riportando indietro in Gran Bretagna altri volontari che si arruolarono tra le file Alleate. Un reparto venne inviato all'isola di Jan Mayen dove gestì una stazione meteorologica, che era stata evacuata dai norvegesi nel 1940, dal marzo 1941 fino al giugno 1946, mentre in Islanda venne costituita con personale norvegese una scuola di guerra invernale che addestrò 1 000 militari britannici e 3 000 statunitensi[14]. Dopo la liberazione, il personale della No. 5 Troop venne inviato in Svezia in abiti civili, passò in treno in Norvegia e venne utilizzato come guardia del Palazzo Reale, con molti dei suoi membri incorporati successivamente nella nuova Guardia Reale norvegese[15].

I piloti del 331 Squadron della RAF, costituita su personale norvegese, nel 1942; notare la mescolanza di uniformi inglesi (gradi sulle controspalline) e norvegesi (gradi sul colletto); il danese Kaj Birksted è il secondo da destra della fila in basso

Tra le squadriglie norvegesi costituite nell'ambito della Royal Air Force, il 330 (Norwegian) Squadron venne dislocato in Islanda e utilizzato in compiti di pattugliamento e antisommergibile, senza effettuare attività in territorio norvegese; due squadrons di Spitfire, il No. 331 (Norwegian) Squadron e il No. 332 (Norwegian) Squadron, parteciparono alla difesa aerea dell'Inghilterra. Nel 331 Squadron militò anche il danese Kaj Birksted, il più famoso pilota di quel Paese che terminò la guerra col grado di Wing Commander e fu una figura chiave nella ricostituzione della Flyvevåbnet, la forza aerea danese, nel dopoguerra[16].

Birksted ricopriva il grado di Flyverløjtnant-I (primo tenente pilota) nell'aviazione navale danese presso la base di Slipshavn al 9 aprile 1940, data dell'invasione tedesca: la notte del 16 aprile, insieme al tenente pilota Charles Sundby, passò in barca il Belt verso la Svezia e da lì giunse in Norvegia dove si arruolò nella locale aviazione. Raggiunse poi l'Inghilterra dove divenne pilota di Hawker Hurricane partecipando alla difesa aerea del Paese[16]; nel luglio 1942 abbatté il suo primo avversario, ad agosto venne promosso capitano e dal 24 agosto 1942 divenne comandante del 331° col grado di maggiore. A fine anno venne decorato con la Det norske Krigskors med Sværd, la Croce di guerra norvegese con spade, da re Haakon[16] e dall'agosto 1943 col grado di Oberstløytnant (tenente colonnello), e il corrispondente grado RAF di Wing commander, comandò il 132 (Norwegian) Wing. Nel 1945, infine, passò al comando del Bentwaters Wing della RAF, sulla omonima base[16].

Altri piloti ed equipaggi videro l'azione tra le file della RAF nel Bomber Command e nel Ferry Command (trasporti degli aerei dalle fabbriche al fronte). Dopo un iniziale comportamento di diffidenza, durante il quale anche membri della resistenza norvegese operanti in territorio svedese vennero arrestati e condannati al carcere, gli svedesi nell'estate 1943 iniziarono a modificare la propria politica[17]: alcuni norvegesi tra i rifugiati (che in tutta la guerra furono 50 000, ma molti di essi riuscirono a raggiungere Paesi Alleati) vennero addestrati in campi svedesi e formarono quella che nominalmente era una piccola forza di polizia detta Rikspolitiet; in un secondo momento ne vennero mobilitati 13 000 per formare la Reservepolitiet[17].

La resistenza norvegese[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Resistenza norvegese.
Un volantino illegale stampato dalla resistenza norvegese, Alt for Norge, nel suo numero 9 del 1944

Oltre all'organizzazione Milorg, di stampo militare ma che arrivò a contrasti con il SOE britannico che ne pretendeva un ruolo più attivo nei sabotaggi contro l'occupante, e agli incursori norvegesi appartenenti alle forze speciali paracadutati sul territorio per operazioni specifiche, vi furono altre organizzazioni attive in modi diversi. La XU, sigla che significa X per "unknown" (ignoto) e U per "undercover agent" (agente sotto copertura), era una rete di raccolta di informazioni composta da studenti, accademici, professionisti, vigili e altro personale tecnico distribuita sul territorio[18]: in un primo momento parte della Milorg, il suo compito era la raccolta di notizie e foto sugli occupanti, e fu messa in piedi da Lauritz Sand, che aveva lavorato in India per i servizi segreti britannici, inizialmente coadiuvato dal maggiore John Hagle e dal capitano Eivind Hjelle.

La sua esistenza venne tenuta segreta fino al 1980, quando alcuni suoi membri vennero decorati. Tra i suoi capi vi erano anche varie donne tra cui Anne-Sofie Østvedt, una studentessa di chimica allora ventiduenne dell'Università di Oslo[19]. Nel 1942 i tedeschi scoprirono l'organizzazione e procedettero a una serie di arresti[20] ma senza riuscire a smantellarla, e l'attività proseguì fino al termine del conflitto.

Max Manus in uniforme da tenente, probabilmente durante il suo addestramento da sabotatore in Inghilterra

Un'altra organizzazione resistenziale fu il Gruppo Osvald, dallo pseudonimo del suo fondatore Asbjørn Sunde; era nata da un gruppo a sua volta chiamato Lega Wollweber dal suo leader Ernst Wollweber, che era controllato dalla polizia segreta sovietica NKVD. Dopo l'arresto di Wollweber nel 1941 il gruppo perse i contatti e i finanziamenti da Mosca, ma Sunde riuscì a mantenere operativa la cellula; dopo l'inizio dell'operazione Barbarossa il gruppo iniziò una campagna di sabotaggi che colpì vari treni e installazioni militari, attivando anche un proprio campo d'addestramento a Rukkedalen, una zona isolata in montagna vicino a Nesbyen. Dal 1942 il gruppo offrì anche vigilanza militare per il quartier generale del Partito Comunista Norvegese (NKP) e Sunde ne divenne un dirigente, ottenendo finanziamenti per le operazioni. Il gruppo effettuò oltre 200 sabotaggi dal 1941 al 1944, anno della sua dissoluzione per ordine sovietico[21][22].

La politica di resistenza attiva del gruppo era in contrasto con quella di resistenza passiva degli altri movimenti, incentrata maggiormente sulla raccolta di informazioni, e con le direttive dello stesso NKP. A differenza dei membri della XU, quelli del Gruppo Osvald non ottennero decorazioni nel dopoguerra per il mutato clima politico e l'organizzazione non venne neppure riconosciuta[21], anche perché Sunde proseguì lo spionaggio a favore dell'URSS e organizzò una rete di tipo stay-behind, operante nel corso della guerra fredda, con obiettivi le installazioni statunitensi in Norvegia: nel 1954 venne scoperto e condannato a otto anni di prigione per le sue attività.[23] Un monumento venne comunque dedicato ai caduti del gruppo il 30 maggio 1995 a Oslo[24].

Un gruppo che ebbe influenza sulla resistenza norvegese fu il Mot Dag, d'ispirazione comunista, che s'infiltrò nella vita politica del Paese attraverso i suoi uomini (detti motdagists) pur non avendo una veste ufficiale dopo il 1936. L'organizzazione ebbe una reazione molto tiepida dopo l'invasione tedesca della Norvegia nel 1940, ma iniziò una resistenza attiva contro l'invasore dopo l'attacco tedesco all'Unione Sovietica[23]. Nell'ottobre 1941 il ministro della difesa del governo norvegese in esilio, all'epoca Ljungberg, venne sostituito da Oscar Torp, membro del Mot Dag, e nel febbraio 1942 il Forsvarets Overkommando (FO), quartier generale della difesa, venne organizzato e incentrato su due membri del Mot Dag: Vilhelm Hansteen come comandante e Bjørn Christopheren come capo di stato maggiore[25].

Altri membri del gruppo parteciparono a iniziative attive di resistenza, e per esempio Viggo Hansteen e Rolf Wickstrøm furono i primi cittadini norvegesi uccisi dai tedeschi, il 10 settembre 1941: il primo era stato in precedenza un avvocato della Corte Suprema ed era fuggito a Londra con l'occupazione tedesca, ma rientrato in Norvegia aveva combattuto il tentativo del Nasjonal Samling di assumere il controllo della confederazione sindacale[26]; venne fucilato per aver partecipato al Melkestreiken ("sciopero del latte") legato alla scarsità di cibo, che mobilitò 25 000 lavoratori a Oslo, tra le aziende Spigerverket, Nyland, Skabo, Kværne[27][28] e provocò la proclamazione della legge marziale da parte del Reichskommisar Terboven. Rolf Wickstrøm era invece rappresentante dell'unione dei lavoratori alla Skabo Jernbanevognfabrikk di Oslo e un attivista per i diritti dei lavoratori.

Comparse in uniforme tedesca marciano nelle strade di Oslo durante le riprese del film Max Manus

Tra i membri di Mot Dag vi furono poi molti politici norvegesi influenti come i primi ministri Einar Gerhardsen, che si dimise nel 1963 per una catastrofe ambientale nelle Svalbard[29], Oscar Torp e John Lyng, il padre di Gro Harlem Brundtland e il segretario alla difesa Gudmund Harlem; anche Haakon Lie, a lungo segretario dello Arbeidernes Partei, il sindaco di Oslo Brynjulf Bulle, il tedesco Willy Brandt, futuro cancelliere germanico tra il 1969 e il 1974, erano accreditati come membri del Mot Dag[23]. Brandt, il cui vero nome era Herbert Frahm, era all'epoca rifugiato in Norvegia per la sua attività antinazista in Germania[30], aveva aderito al movimento e ottenuto la cittadinanza norvegese col nuovo nome; venne catturato all'epoca dell'invasione con la divisa norvegese addosso, ma fu rilasciato senza essere identificato e si rifugiò in Svezia[30].

Gli uomini della Milorg marciano dalla fortezza di Akersund dopo la resa tedesca l'11 maggio 1945

Esistono stime secondo le quali la consistenza numerica della resistenza fu di circa 40 000 uomini, 15 000 dei quali appartenevano alla Milorg[23]; i diversi gruppi cooperarono in varia misura tra loro, come per esempio la Kompani Linge e il Gruppo Osvald, che ebbero come punto di contatto Gunnar "Kjakan" Sønsteby, detto anche N.24[31] e pluridecorato dopo la guerra. Sønsteby era membro anche del cosiddetto "gruppo di Oslo" (Oslogjenge, letteralmente "gang di Oslo") o "Distaccamento di Oslo della Kompani Linge", guidato da lui e Max Manus, che fu attivo dal marzo 1944 al maggio 1945 con una serie di clamorosi sabotaggi ai danni delle truppe occupanti[32]; le operazioni del gruppo vennero dirette anche verso le strutture amministrative che avrebbero dovuto gestire nel maggio 1944 la chiamata delle classi 1921, 1922 e 1923 al "dovere lavorativo nazionale"[33], e in precedenza a fronte di un tentativo di chiamata alle armi di 75 000 norvegesi da inviare sul fronte russo[34]. Il gruppo decise di opporsi, distruggendo i macchinari per la catalogazione e l'ordinamento delle schede il 18 maggio 1944 e il 17 giugno 1944, e devastando l'ufficio anagrafe al Akersgaten 55 di Oslo. Nel 2008 venne girato un film, Max Manus, dedicato alle imprese della Oslogjenge[35].

Un'altra figura fondamentale per la Milorg fu Jens Christian Hauge, in seguito uomo politico laburista e amministratore di varie imprese compresa la Noratom A/S che proseguì il lavoro della Norsk Hydro nel settore dell'energia nucleare: durante la guerra fu membro del nucleo di controllo dei prezzi della polizia di Oslo[23]. Uomini rana comandati da Manus affondarono a Oslo con cariche esplosive la nave tedesca Donau carica di 450 veicoli, artiglieria, cavalli e truppe, e la nave Monte Rosa, usata per deportare gli ebrei norvegesi in Germania e al ritorno truppe e rifornimenti; un'altra operazione clamorosa fu effettuata nel febbraio 1945 quando undici rimorchiatori e una nave soccorso vennero portati via dal fiordo di Oslo e fatti riparare in Svezia, col risultato d'impedire il traffico tedesco nel lato est del fiordo per molte settimane[36].

Le operazioni britanniche[modifica | modifica wikitesto]

I britannici effettuarono molte operazioni di commando e numerose incursioni aeree o navali principalmente nel settentrione della Norvegia. Tra le operazioni di forze speciali la più importante fu la serie mirata a distruggere gli impianti norvegesi per la produzione di acqua pesante e interromperne l'attività, che ebbe il suo culmine nel raid del Telemark. Altri importanti attacchi furono l'operazione Claymore, durante la quale il 4 marzo 1941 una squadra di cacciatorpediniere britannici scortò due trasporti truppe alle Isole Lofoten, che vennero temporaneamente occupate[37]; tutti gli impianti per la produzione di olio di pesce vennero distrutti e 18 000 tonnellate di naviglio tedesco furono affondate. L'azione venne condotta incontrando una scarsa resistenza e alcune centinaia di volontari norvegesi furono trasportati in Gran Bretagna, dove molti si arruolarono nelle forze norvegesi in esilio.

A questa seguì l'operazione Gauntlet, effettuata tra il 25 agosto e il 3 settembre 1941, quando un reparto di incursori canadesi occupò l'isola Spitsbergen dell'arcipelago delle Svalbard, distruggendo miniere, scorte di carbone e olio; posero poi in salvo 2 000 lavoratori russi che vennero trasportati ad Arkhangelsk insieme a tutte le attrezzature rimovibili, mentre le otto navi catturate vennero trasferite in Gran Bretagna. Durante il viaggio di ritorno venne avvistata la nave scuola cannonieri tedesca Bremse, che venne affondata dall'incrociatore leggero Nigeria a sua volta danneggiato probabilmente da una mina[38].

Le navi prigione tedesche Rigel e Korsnes in fiamme dopo un attacco aereo della RAF il 27 novembre 1944

Parecchie operazioni aeree di disturbo al traffico costiero vennero effettuate dalla Scozia con squadriglie di aerosiluranti Bristol Beaufighter e de Havilland DH.98 Mosquito. Gli Squadrons 144, 404 (Beaufighter) e 235, 248 e 333 (Mosquito) del Coastal Command operarono dalle basi di Banff e di Dallachy[39]; il 333 Squadron venne formato a Leuchars il 10 maggio 1943 dal No.1477 Flight (composto da personale norvegese) e dopo essersi spostato a Woodhaven fece parecchie missioni di ricognizione e lancio di materiale alla resistenza norvegese. Un secondo Flight, inizialmente formato da Consolidated PBY Catalina per condurre pattugliamenti, arrivò a Banff e passò sui Mosquito prendendo parte alle azioni di attacco[40]. Anche lo Squadron 235 arrivò a Banff dopo il passaggio sui Mosquito nel 1944 e proseguì le incursioni sulla Scandinavia fino alla fine delle ostilità; lo stesso destino operativo si verificò per il 248 Squadron.

Il gruppo d'attacco così composto condusse parecchi attacchi da solo o con i Beaufighter, in massicce formazioni fino a una quarantina di velivoli, che affondarono diverse navi sotto costa: tra queste la Sulldorf —VP 1608, una nave antiaerea da 264 tonnellate il 14 settembre 1944, la Lynx da 1367 tonnellate e la Tybifjord di 3 080 tonnellate il 19 settembre, la Vangsnes e la Hygia a Lister il 21 settembre. Gli attacchi proseguirono costantemente fino alla fine della guerra, quando il 2 maggio vennero affondati il dragamine M.293 da 637 tonnellate e lo U-2359, un U-Boot Tipo XXIII da 234 tonnellate nel Kattegat. Il 4 maggio ebbe luogo l'ultima operazione della guerra, condotta da una forza di 41 Mosquito e 19 Mustang di scorta, che fu rivolta contro un convoglio di tre mercantili, un dragamine, una cannoniera danese requisita e due altre unità ausiliarie: il mercantile Wolfgang L. M. Russ da 3 750 tonnellate fu affondato mentre gli altri due (Gunther Russ e Angamos, quest'ultimo danese) rimasero danneggiati. L'attacco venne condotto a una quota così bassa che un Mosquito ritornò alla base con una bandiera tedesca e un pezzo di albero impigliati nel muso. Durante l'operazione quattro aerei vennero abbattuti e successivi rapporti affermarono che tutte le navi erano state colpite o incendiate.[41].

Gli aerei della Fleet Air Arm effettuarono parecchi attacchi dalle portaerei al largo della costa. Il 27 novembre 1944, aerei provenienti dalla Implacable attaccarono le navi Rigel e Korsnes cariche di prigionieri di guerra (in prevalenza russi e jugoslavi) nei pressi di Tjøtta, Helgeland: su 2 721 a bordo della Rigel, solo 415 sopravvissero, anche se i numeri variano in base alle fonti, e il suo capitano riuscì a farla arenare in fiamme presso Rosøya; sulla Korsnes, colpita meno gravemente, vi furono altri sei morti[42].

La Royal Navy venne impegnata prevalentemente nella scorta ai convogli artici e nella caccia alle unità di superficie tedesche ma i suoi sommergibili vennero utilizzati per impedire il traffico costiero tedesco, comprese le navi che trasportavano il ferro svedese dal porto di Narvik alla Germania. La risorsa era di vitale importanza per l'economia bellica del Terzo Reich, poiché senza la produzione svedese di minerale di ferro, che concorreva al 40% del fabbisogno tedesco, non sarebbe stato possibile mantenere determinati livelli produttivi:[43] pertanto le navi trasporto divennero un bersaglio preferenziale delle forze Alleate.

Danimarca[modifica | modifica wikitesto]

L'occupazione[modifica | modifica wikitesto]

Giuramento del Dänischen SS-Freiwilligen des Frikorps Danmark, 1941

I danesi inizialmente rimasero su posizioni più attendiste ma molti, all'estero o fuggiti dalla Danimarca, si arruolarono nelle forze Alleate[44]; alcuni, solo sette, d'altro canto si arruolarono inizialmente nella Luftwaffe, mentre molti di più si arruolarono nelle Waffen-SS del Frikorps Denmark[45] che poi sarebbe confluito nella Standarten Nordland; un espresso ordine di Hitler proibì ai volontari danesi l'ingresso nelle forze armate tedesche a favore delle Waffen-SS ma i piloti accettati in un primo tempo scrissero a Goering delle lettere di lamentela, venendo più tardi reintegrati[45].

Mentre le forze aeree danesi vennero messe a terra (considerando che sarebbe stato estremamente facile per un aereo attraversare in volo l'Øresund e porsi in salvo in Svezia), esercito e marina vennero mantenuti parzialmente operativi; la marina venne incaricata del compito del dragaggio mine nello stretto in direzione est-ovest per permettere il traffico interno mentre i tedeschi spazzavano la direzione sud-nord, e questo permise ai danesi di sostenere verso gli Alleati che la flotta non collaborava con i tedeschi[46].

I dragamine danesi operarono incessantemente nella manutenzione dei campi minati che la stessa Danimarca aveva posato prima della guerra, e una sola unità venne persa, il dragamine K1[46]. Nonostante ciò nel febbraio 1941 i tedeschi requisirono le sei nuove torpediniere da 290 tonnellate Dragen, Hvalen, Laxen, Glenten, Hoegen e Ørnen, con la promessa che avrebbero pagato in materiali sufficienti per costruirne di nuove; le navi vennero disarmate prima della consegna[47].

La resistenza[modifica | modifica wikitesto]

Bent Faurschou-Hviid (1921-1944) noto come "Flammen" (fiamma)

Sorsero anche diversi gruppi di resistenza[48], tra cui più importanti furono il gruppo Aagaard, AMPA, BOPA, Churchill Club, Holger Danske (dal nome di un eroe nazionale danese) e il gruppo Hvidsten. Il primo gruppo resistenziale, chiamato Ram, si riunì per la prima volta il 9 aprile 1940, ma poiché difettava di mezzi per condurre azioni militari scelse di combattere il partito nazista danese sul piano della propaganda, disturbando le sue riunioni e pubblicando i nomi dei suoi membri[49].

Le imprese dei due capi dello Holger Danske vennero narrate nel film del 2008 Flammen og Citronen (La fiamma e il limone, tradotto in Italia come L'ombra del nemico)[50], dal nome di battaglia dei due capi, Bent Faurschou-Hviid e Jørgen Haagen Schmith, che moriranno entrambi verso la fine della guerra. La formazione Holger Danske venne colpita due volte dalle infiltrazioni della Gestapo, che portarono complessivamente all'arresto e alla fucilazione di 64 membri del gruppo, ma i collegamenti al suo interno erano relativamente labili rispetto ad altri gruppi e quindi gli arrestati non poterono rivelare che un numero limitato di identità dei compagni[48].

Il gruppo Hvidsten, dal nome di una taverna dello Jutland, venne impegnato come centro smistamento delle armi ricevute in segreto per altri gruppi; venne severamente colpito quando, dopo le rivelazioni sotto tortura da parte di un agente britannico catturato, l'11 marzo 1944 e il 26 giugno 1944 vennero catturati otto dei suoi membri, fucilati poi il 29 giugno dello stesso anno[51].

Lo Aagaard gruppen si costituì nel marzo 1945 nella omonima località nei pressi di Kolding, con una forza di 18 persone e guidato da Jens Kristian Jensen[52]; il gruppo ricevette armi dai britannici (una cifra complessiva stimata di centinaia di carabine, un centinaio di bombe a mano, 100 chilogrammi di esplosivo e alcuni bazooka) e poterono eseguire sabotaggi delle strade dello Jutland utilizzate dai tedeschi per portare le truppe in Norvegia. Il gruppo pubblicò inoltre giornali clandestini e mantenne collegamenti radio con il SOE britannico, rimanendo attivo fino alla liberazione[52]. Durante uno dei lanci di rifornimento tre membri furono individuati e arrestati dalla Gestapo, ma vennero liberati con la fine delle ostilità[52].

I BOPA (Borgelige Partisaner, Partigiani Borghesi) furono un gruppo che prese spunto da una preesistente formazione di matrice comunista, il KOPA (Kommunistiske Partisaner, Partigiani Comunisti), formato da reduci della guerra civile spagnola e organizzato in cellule che si attivarono solo dopo l'invasione dell'Unione Sovietica; a causa della scarsità di armi a disposizione, i suoi membri inizialmente si limitarono ad attacchi con bottiglie molotov. Il nome della formazione deriva da un episodio che vide alcuni studenti, in precedenza non accettati nel gruppo resistenziale perché ritenuti "elitari", dare fuoco a una fabbrica di attrezzature elettroniche di Hellerup, la Dansk Industri Syndikat[48]: il successo dell'attacco ne permise l'ammissione al gruppo e gli studenti per gioco iniziarono a definirsi BOPA, in contrasto con la sigla originale; col passare del tempo questo divenne il nome più noto del gruppo, che effettuò anche altri attentati ad aziende che rifornivano i tedeschi come la Burmeister & Wain (cantieristica navale e motori) e la Dansk Riffel Syndikat (azienda di costruzioni meccaniche compartecipata dalla A.P. Møller-Mærsk Gruppen e produttrice di armi automatiche con il nome Madsen) nel 1943, ancora alla Riffelsyndikatet e poi alla Global nel 1944 e alla Always nel 1945[48]. La produzione alla Riffelsyndikatet cessò fino alla fine della guerra per i danni riportati, nonostante in concomitanza del precedente attentato del 1943 il presidente A.P. Møller fosse volato a Stoccolma per dichiarare a un giornalista del quotidiano danese Politiken che questi sabotaggi fossero contrari agli interessi danesi; uno degli ultimi e di grande rilievo fu l'attacco all'incrociatore tedesco Nürnberg praticamente alla fine della guerra.

'Denmark Fights for Freedom', film sulla resistenza danese nel 1944

Una consistente parte della popolazione supportò il movimento di resistenza, nonostante la posizione ufficiale di resistenza passiva del governo[49]; molti medici offrirono cure ai partigiani anche se non come membri attivi, quale il dottor Jorgen Kieler del gruppo Holger Danske, offrendo anche aiuto logistico nei confronti degli ebrei danesi, nel momento in cui ebbe inizio il tentativo di deportazione da parte tedesca[49]. Fiorirono le pubblicazioni illegali, come De Frie Danske (il danese libero) e Land og Folk (Terra e popolo), quest'ultimo di matrice comunista. Il 22 giugno 1941, con l'invasione tedesca dell'URSS, il partito comunista danese venne messo fuori legge, e gli studenti immediatamente manifestarono la loro contrarietà scontrandosi con la polizia[49].

Stabiliti i contatti con la Gran Bretagna venne comunque formata una sezione danese del SOE britannico e il dottor Carl Johan Brun addestrò alcuni danesi all'uso del paracadute, rimanendo lui stesso ucciso in un lancio su Copenaghen; il suo posto venne preso dal vice Mogens Hammer, che si era lanciato insieme a lui. Con un cambio al vertice del SOE nella primavera del 1942 la resistenza danese venne rifornita di armi ed esplosivi per intraprendere operazioni di sabotaggio, mentre gli equipaggi degli aerei alleati vennero istruiti a recarsi dal più vicino dottore danese in caso di abbattimento, a dimostrazione del larghissimo sostegno e affidabilità della categoria al movimento resistenziale[49].

Anche da parte tedesca esistevano dei simpatizzanti per la resistenza, come un ufficiale della marina tedesca, Duckwitz, che fornì varie informazioni a un politico danese in merito alle retate antiebraiche; anche la decisione dell'ammiraglio Wedel di autoaffondare la flotta in contrasto con le disposizioni del governo negò ai tedeschi le navi pattuglia indispensabili al controllo della vasta costa del Paese, rendendo di conseguenza più difficoltoso sia l'impedire la fuga degli ebrei sia il contrasto delle comunicazioni clandestine con la Svezia[49]. Se al momento dell'occupazione del Paese il governo danese era considerato "pieno di gente debole con buone intenzioni", con il proseguire del conflitto le cose cambiarono: il 2 settembre 1942 il primo ministro Buhl invitò i cittadini a diventare informatori della polizia.

Il 26 settembre il capo del SOE danese, Christian Rothbol, venne ucciso dalla polizia; nello stesso giorno Hitler spedì un lungo telegramma di auguri di compleanno al re Cristiano X, il quale rispose semplicemente "Spreche mein besten Danke aus" ("Molte grazie") provocando la furia del dittatore. Ma fu solo con il crescendo di attentati, il cui numero arrivò a 200 nell'agosto 1943, e con la distruzione di una sala di rappresentanza che avrebbe dovuto ospitare truppe tedesche per opera del capo di Holger Danske, Tom Syndergaard, che la Germania decise di porre il governo danese di fronte a una scelta, con l'esplicita richiesta di fucilare i sabotatori. Di fronte al diniego e allo sciopero generale il Paese divenne da "collaborante" a occupato a tutti gli effetti[49].

Le forze armate[modifica | modifica wikitesto]

La nave da difesa costiera Niels Juel sotto attacco dei bombardieri tedeschi

Le crescenti tensioni all'interno della Danimarca verso gli occupanti e le vicende belliche portarono quindi i tedeschi il 29 agosto 1943 a procedere al disarmo della flotta e dell'esercito: in previsione di ciò, non potendo opporsi con la forza, la marina danese aveva dato precedentemente ordine alle proprie navi di tentare di raggiungere la Svezia o di autoaffondarsi, e al momento della fuga venne dato fuoco all'hangar nella base militare di Holmen a Copenaghen, che ospitava gli idrovolanti.

Alla fine però solo alcune unità minori raggiunsero la Svezia mentre la più grossa unità danese, la Niels Iuel, subì gravi danni da due bombe d'aereo esplose molto vicino che danneggiarono irreparabilmente l'impianto elettrico e altri sistemi; poiché la nave era virtualmente indifesa dagli attacchi aerei a causa della sua concezione antiquata, il comandante Westermann, che era anche membro del Parlamento, decise di arenare la nave e l'equipaggio provvide a sabotare tutti i sistemi buttando a mare anche le munizioni[53]. La gran parte delle navi preferì autoaffondarsi, come la corazzata costiera Peder Skram a Holmen, obsoleta e da tempo relegata a compiti di addestramento o riserva; i tedeschi riuscirono solo ad appropriarsi di alcuni dragamine e unità minori che vennero subito integrate nella Kriegsmarine.

In seguito a questi fatti la Svezia iniziò come per la Norvegia a rivedere la sua posizione, permettendo la costituzione di una brigata danese, nota come Danforce ma col nome ufficiale di Den Danske Brigade: costituita ufficialmente da Polititropper (letteralmente "truppe di polizia"), in realtà l'unità era una forza militare a tutti gli effetti con quattro battaglioni di fanteria leggera e uno pesante, mortai, genio e servizi, con una flottiglia navale di appoggio basata a Karlskrona composta dalle navi danesi che erano riuscite a fuggire e da una piccola unità aerea a Såtenäs; in totale l'unità disponeva di circa 4 800 effettivi, tra cui erano compresi anche delle donne[54]. La brigata danese tornò in Danimarca solo al termine del conflitto, per cooperare alle operazioni di disarmo delle truppe tedesche presenti nel Paese.

Alla fine della guerra, chi aveva combattuto da una parte e dall'altra non venne accolto benissimo; Kai Birksted fu tra i primi ad atterrare all'aeroporto di Kastrup (Copenaghen) dopo la resa tedesca, ma per la Flyvevåbnet era comunque un tenente, transitato nella riserva, e solo in questa veste collaborò nel dopoguerra alla ricostituzione della nuova forza aerea danese indipendente[16]. Dei sette ufficiali che si erano arruolati nella Luftwaffe, tre erano morti in combattimento; uno degli altri, Terp, divenne rifugiato politico negli Stati Uniti dove si arruolò nell'USAF e gli altri due, Anker e Sommer, vennero dimessi con disonore dal servizio in base a una legge del 1º luglio 1945, con Sommer condannato anche a 12 anni di prigione. La vicenda si svolse nonostante lo stesso ministero della difesa danese avesse dato parere favorevole al loro arruolamento[45]. Del settimo, tenente Peter Horn, che già aveva combattuto nella Ilmavoimat finlandese durante la guerra d'inverno, si sa solo che accettato dalla Luftwaffe prestò servizio sul fronte orientale dove conseguì 10 o 11 vittorie con lo 1./JG51 (prima squadriglia del 51º gruppo caccia) e fu decorato sia con la Eisernes Kreuz 2. Klasse, sia con la Eisernes Kreuz 1. Klasse[55].

La liberazione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Operazione Rädda Danmark.

Con l'approssimarsi del crollo del Terzo Reich anche le ultime operazioni militari tedesche vennero severamente limitate dalla scarsità di risorse. A gennaio 1945 l'incrociatore leggero Nürnberg venne incaricato di una serie di missioni di posa mine nello Skagerrak, insieme a posamine e cacciatorpediniere; solo una missione denominata Operazione Titus, dall'omonimo campo minato Minensperre Nr.39 - Titus I[56], venne effettuata a causa della scarsità di carburante, e durante la posa le navi furono attaccate da bombardieri Halifax del 58º Squadron della RAF il 13 e 14 gennaio. Visto che era rimasto con sole 270 tonnellate di carburante sintetico, il Nürnberg rimase a Copenaghen fino al termine del conflitto: qui, il 27 gennaio 1945, l'incrociatore si difese con le sue armi contraeree da un attacco di partigiani danesi[56].

Resistenti insorti per le strade di Copenaghen il 5 maggio 1945

In quella che venne denominata operazione Eclipse le forze Alleate si lanciarono verso Danimarca e Germania settentrionale[57]. La Danimarca venne alla fine occupata con l'appoggio di una flottiglia incentrata sui due incrociatori Dido e Birmingham, che il 4 maggio 1945 entrarono nel porto di Copenaghen coprendo le operazioni di una flottiglia di dragamine, visto che lo Øresund era pesantemente minato; a essi si aggiunsero reparti di paracadutisti e una squadriglia di cacciabombardieri Hawker Typhoon della RAF. Il 9 maggio atterrò a Copenaghen il generale Lathbury per coordinare le operazioni di resa delle truppe tedesche[57]. Nell'ambito dell'operazione alcuni reparti britannici vennero lanciati verso le strutture di ricerca tedesche in territorio germanico, poiché alcune fonti dei servizi segreti svedesi avevano avvisato che l'Armata Rossa sarebbe andata oltre la linea di demarcazione territoriale sancita dagli accordi di Jalta: pertanto durante la sua avanzata la 3ª brigata paracadutisti, appoggiata da carri armati delle Scots Guards, a un certo punto occupò la città di Wismar nella zona assegnata ai sovietici e fronteggiò anche il 3º corpo corazzato della Guardia sovietico, ritirandosi dopo pochi giorni entro i limiti stabiliti[57].

Secondo alcune notizie non facilmente comprovabili, alla fine della guerra la Svezia aveva intenzione di liberare la Danimarca prima di una eventuale occupazione da parte dell'Armata Rossa, in quella che doveva essere l'operazione Rädda Danmark ("Salvare la Danimarca")[58]: contro una forza di 28 000 tedeschi appoggiati da una consistente squadra navale (l'incrociatore pesante Prinz Eugen, quello leggero Nürnberg, vari posamine e altre unità leggere), lo stato maggiore svedese studiò un piano che prevedeva lo sbarco di 60 000 uomini principalmente sulle coste dell'isola di Sjælland e un'operazione anfibia minore sull'isola di Bornholm. Al corpo di spedizione sarebbero stati assegnati 6 000 mezzi a motore e una flotta da supporto di oltre 1 100 tra navi e piccole imbarcazioni[58]; tra le truppe sarebbero stati compresi i circa 5 000 uomini della Danske Brigade e l'aviazione svedese venne trasferita al sud per appoggiare l'operazione. Durante la pianificazione lo stato maggiore svedese si rese conto di non poter intervenire contemporaneamente anche in Norvegia e la pianificazione venne quindi limitata alla sola Danimarca[58]. L'operazione venne progettata anche per annullare l'effetto prodotto sull'opinione pubblica internazionale dalla neutralità svedese e nonostante il tiepido sostegno dell'opinione pubblica del Paese. L'opzione d'intervento venne annunciata all'ammiraglio Karl Dönitz dal primo ministro svedese in forma molto blanda, e discussa in un vertice tedesco con i Reichskommissar di Norvegia e Danimarca: lo sbarco era previsto per il 18 maggio 1945 ma divenne superfluo a causa dalle resa tedesca[58].

Nonostante la resa delle forze tedesche in Danimarca, il comandante militare dell'isola di Bornholm, che era un importante punto di transito per i profughi provenienti dalla costa baltica in fuga dai sovietici, ritardò la resa formale cercando di arrendersi ai britannici piuttosto che a questi ultimi[59]. Aerei sovietici bombardarono l'isola il 7 e l'8 maggio, con danni molto estesi alle città di Rønne e Nexø, fino alla capitolazione; forze sovietiche occuparono poi l'isola per gli undici mesi successivi alla fine della guerra[60]. Vicino a Bornholm si trova anche l'isola di Rügen, che usata come poligono per esperimenti nucleari dai tedeschi venne occupata dagli Alleati alla caccia dei risultati dei collaudi, una prassi seguita anche per altri siti di prova[61].

Due B-24 Liberator del Coastal Command, No. 547 Squadron RAF, scortano il Nürnberg dopo la resa verso Wilhelmshaven

Dopo la resa sommozzatori danesi condussero un'operazione di sminamento per mettere in sicurezza l'incrociatore Nürnberg, sotto il quale era stata depositata da resistenti danesi una carica esplosiva il cui sistema d'innesco non aveva funzionato; inizialmente il comandante tedesco pensò a un attacco e minacciò di troncare il tubo dell'aria del sommozzatore, ma una volta informato offrì uno dei suoi uomini per un lavoro congiunto e la carica venne rimossa senza problemi[62].

Nonostante il fallimento, l'attentato destò un forte scalpore in Danimarca e il movimento di resistenza BOPA tenne una conferenza stampa dieci giorni dopo la resa, il 15 maggio, presso l'Otto Mønsted Building in Copenaghen, nella quale il fatto ebbe un posto di rilievo; l'attentato fu oggetto di un articolo dello Jyllands-Posten. In realtà, un precedente attentato era stato effettuato minando un tunnel sotto il precedente punto di ormeggio dell'incrociatore e l'ordigno era esploso con danni non rilevanti alla nave, che invece avrebbe dovuto essere pesantemente danneggiata dal crollo di alcune gru vicine al punto di esplosione: le gru però non erano cadute[62]. Il Nürnberg fu preso in consegna il 22 maggio dagli incrociatori britannici HMS Dido e Devonshire e quindi scortato a Wilhelmshaven il 24, insieme al Prinz Eugen e alle altre unità presenti. Alla fine delle ostilità le navi della Maersk, che diversamente da quelle norvegesi erano passate sotto diretto controllo Alleato, vennero gradatamente restituite ma 148 marinai sui circa 6 000 imbarcati avevano perso la vita e 25 navi erano state affondate.

Groenlandia e Isole Fær Øer[modifica | modifica wikitesto]

Francobollo faroese del 2005 che commemora le relazioni amichevoli tra la popolazione locale e le forze britanniche durante la guerra

La Groenlandia, territorio danese, inizialmente venne dichiarata indipendente dalla Danimarca nel 1940 dal suo governatore Eske Brun, che il 9 aprile 1941 siglò un accordo con gli Stati Uniti che di fatto la rendeva un protettorato. Vi furono anche dei tentativi tedeschi d'installare delle stazioni meteorologiche nell'isola, ma il personale venne catturato da una forza di pattugliamento locale, conosciuta come Sledge Patrol, nel 1943[63]. L'isola rimase per tutto il conflitto sotto controllo statunitense.

Anche le isole Fær Øer erano una contea (amt) della Danimarca, e il 12 aprile 1940, in seguito all'occupazione tedesca della madrepatria, furono a loro volta occupate dalle truppe britanniche; i britannici lasciarono in carica il parlamento locale, il Løgting, affidandogli anche i poteri legislativi locali che in precedenza erano invece esercitati direttamente dal parlamento danese; anche il prefetto danese Carl Aage Hilbert venne lasciato in carica. L'obiettivo era negare ai tedeschi la possibilità di farne una base per i sommergibili impegnati nella battaglia dell'Atlantico; tra 1942 e 1943 i Royal Engineers (genieri) dell'esercito britannico costruirono l'unico aeroporto dell'arcipelago, sull'isola di Vágar[64], quale base per gli aerei antisommergibile; vennero anche erette delle opere difensive e batterie costiere. La flottiglia peschereccia delle isole garantì inoltre per tutta la durata del conflitto una fornitura di pesce alla Gran Bretagna, allora sottoposta al razionamento alimentare. La guarnigione iniziale di 250 Royal Marines venne poi rimpiazzata dai Lovat Scouts, un reparto esplorante scozzese, e infine dai Cameronian (Scottish Rifles), un reparto di fucilieri scozzesi; dal 1944, con l'attenuarsi della minaccia, la guarnigione venne considerevolmente ridotta. Le isole subirono vari attacchi da parte della Luftwaffe, ma per tutto il periodo delle ostilità non ci furono tentativi d'invasione.

Finlandia[modifica | modifica wikitesto]

La Finlandia operò estesamente negli stessi scenari che erano stati interessati dalla guerra d'inverno, ma questa volta con il massiccio supporto tedesco e un piccolo contributo italiano, che si concretizzò nell'invio della XII Squadriglia MAS sul lago Ladoga[65] per partecipare al blocco dei rifornimenti sovietici diretti a Leningrado. Molto più consistenti furono gli apporti tedeschi in armi e all'estremo nord operarono direttamente due corpi d'armata tedeschi, il XXXVI Corpo d'armata e il Gebirgs ArmeeKorps Norwegen; quest'ultimo era un corpo d'armata alpino basato su due divisioni austriache e comandato dal generale Eduard Dietl, che morì in un incidente aereo il 23 giugno 1944: il suo obiettivo era la conquista di Murmansk (operazione Volpe d'argento), ma nonostante i progressi iniziali i tedeschi vennero fermati a 50 chilometri dalla città.

Il porto di Murmansk rivestì per il resto del conflitto un ruolo centrale nell'ambito dei convogli di rifornimenti Alleati inviati all'URSS ("convogli artici"). I finlandesi riuscirono a tenere il campo contro i sovietici fino al giugno 1944, quando una massiccia offensiva dell'Armata Rossa sfondò il fronte finnico costringendo a un ripiegamento generale e alla richiesta di armistizio, suggerita dal maresciallo Mannerheim al proprio governo. Dopo la sua accettazione vi furono scontri tra le truppe finlandesi e i tedeschi in ritirata verso la Norvegia fino alla completa evacuazione.

Durante la guerra i finlandesi evitarono la persecuzione degli ebrei, eccettuati alcuni specifici casi, e diedero asilo a circa 500 ebrei stranieri contrastando le pretese tedesche. Ebrei finnici combatterono sia durante la guerra d'inverno sia durante quella di continuazione, che peraltro venne ritenuta dalla comunità ebraica come una lotta per l'indipendenza nazionale[66]; vi fu anche una sinagoga da campo operante con l'indifferenza dei tedeschi, e comunque i soldati finlandesi di origine ebraica vennero protetti dai loro superiori da ogni ingerenza o pretesa tedesca in quanto "non erano diversi dagli altri finlandesi"[66]. Inoltre soldati tedeschi vennero curati da medici finlandesi ebrei e militari ebrei ottennero per il valore in combattimento onorificenze tedesche, che però rifiutarono[66]. In ogni caso, col deteriorarsi della situazione militare e l'imminenza del cambio di fronte, nel 1944 i rifugiati vennero trasferiti in Svezia[66].

Il mar Baltico[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro del mar Baltico della seconda guerra mondiale.
Il 26 gennaio 1956, con la restituzione di Porkkala, le truppe finlandesi e gli evacuati rientrano nell'area

Il golfo di Botnia era sotto la sorveglianza delle marine svedese e finlandese, e quest'ultima aveva disposto un vasto campo minato in corrispondenza delle isole Åland, che ne chiudevano parzialmente l'imboccatura; visto che lungo il golfo correva la rotta delle navi che trasportavano il ferro in Germania dal porto di Luleå situato a 65°39' N, i cargo vennero spesso scortati dai cacciatorpediniere svedesi anche per difenderle dagli attacchi che ebbero a verificarsi nonostante queste navi battessero bandiera svedese: ad esempio un simile evento accadde alla Ada Gorton nel 1942[67].

Il golfo venne percorso anche da trasporti truppe tedeschi, tra cui la Isar, che traghettarono truppe dell'esercito verso il fronte nord e la penisola di Kola attraverso il porto di Tornio a 65°55' N; in particolare furono così dispiegati reparti alpini del Gebirgsjäger-Regiment-137 da fine agosto a inizio settembre 1941, in missioni mai ammesse ufficialmente e con ordini dati sempre e solo per telefono[67]. Altre missioni riguardarono la caccia ai sommergibili sovietici che cercavano di infiltrarsi nel golfo, sebbene i numerosi cacciatorpediniere svedesi fossero privi di impianti sonar. Durante i mesi invernali il Baltico era praticabile solo con l'aiuto di navi rompighiaccio e per esempio nel marzo 1942 un rompighiaccio svedese lavorò ad aprire una rotta praticabile tra Sassnitz (Germania) e Trelleborg (Svezia). Varie navi come la finlandese Argo e la danese Orion vennero silurate a sud delle Aland e sulle navi vennero trovate tracce di siluri sovietici, con la responsabilità della prima azione attribuita al sommergibile SC-317[67].

Il golfo di Finlandia venne pesantemente minato durante le operazioni tanto da richiedere una estensiva bonifica nel dopoguerra[68]. I confronti in mare interessarono solo all'inizio le unità maggiori e poi in un secondo tempo si limitarono a scontri che coinvolsero unità leggere e sommergibili, o ad azioni dirette contro il traffico mercantile. Alla fine delle ostilità la bonifica delle circa 60 000 mine posate (due terzi dai tedeschi e il resto per metà da sovietici e finlandesi) venne assegnata dagli Alleati alla Finlandia[68].

Questo comportò per la Merivoimat, che aveva in servizio alla fine della guerra cinque flottiglie di dragamine delle quali solo una in grado di dragare le mine a influenza, la mobilitazione di 200 unità complessive trasformando anche battelli non specializzati per assolvere al compito; a peggiorare le cose i sovietici requisirono la maggior parte dei rimorchiatori più grandi, e per compensare almeno in parte vennero ordinati altri 12 battelli dragamine della classe Kuha tra il 1945 e il 1946. Già nel 1944, comunque, la marina finnica aveva provveduto a sminare le rotte necessarie alla marina sovietica per attaccare la Germania dal mare, eliminando 700 mine in 40 giorni[68]. Durante gli anni successivi fino al 1948 35 000 km2 di mare vennero ripuliti, rilevando e distruggendo oltre 9 000 mine al prezzo di 28 morti e 37 feriti, oltre a 10 battelli affondati e vari altri danneggiati[68].

La Finlandia dovette smobilitare l'esercito dopo aver terminato l'espulsione delle forze tedesche dal suo territorio e nel dopoguerra, oltre alle cessioni territoriali, dovette dare in affitto la penisola di Porkkala per 50 anni: oltre a controllare l'accesso al porto di Leningrado, la penisola poneva la capitale Helsinki nel raggio d'azione dei cannoni sovietici; in seguito alla perdita di efficacia delle artiglierie in favore dei missili il governo sovietico diminuì drasticamente la durata dell'occupazione e la penisola fu infine restituita il 26 gennaio 1956. Nel periodo di cessione i treni finlandesi potevano attraversare l'area soltanto sotto controllo sovietico, con i finestrini oscurati e il divieto di fare fotografie.[69]. I finlandesi si riappropriarono a uso civile dell'area dell'insediamento militare di Porkkala, che poi divenne in parte una delle basi della marina finlandese.

Le ripercussioni economiche[modifica | modifica wikitesto]

Una foto del Gruppo Lebeck, dei giovanissimi resistenti danesi[70]

Per tutta la durata del conflitto la Danimarca rappresentò una fonte di approvvigionamenti alimentari per la Germania, la quale vi stanziò una forza di occupazione molto piccola e che poco interferiva con la vita quotidiana; la scarsa presenza militare era anche dettata dal fatto che il territorio piatto non si presta ad attività di resistenza armata. Vi furono comunque tensioni sociali dovute alla formazione di un partito nazista locale, il DNSAP, che però non ebbe mai oltre i tre rappresentanti nel parlamento locale, il Folketing; la sua affermazione elettorale fu dell'1,8% nel 1939 (31 000 votanti) e del 2,1% nel 1943 (21 000 votanti); il partito fiancheggiò la Germania ma non venne posto al potere per la cooperazione adottata dai danesi[71].

In Norvegia si formò un partito nazista, presieduto da Vidkun Quisling che invece venne posto al potere. La Norvegia fu una fonte di approvvigionamenti minerari, ma la grande flotta mercantile del Paese rimase in gran parte all'estero e fornì un importante contributo alla causa Alleata. Per gestire una tale quantità di vascelli nell'aprile 1940 venne creata a Londra la Norwegian Shipping and Trade Mission (Nortraship) che gestì circa 1 000 navi e divenne la più grande compagnia di spedizioni navali al mondo[72]. La Svezia fu generalmente filo-alleata ma anche lì si sviluppò un partito nazista, il Nationalsocialistiska Blocket, vicino alle classi alte; fu affiancato da altri due più grandi, SNSP e NSAP, che conobbero una certa diffusione. Il Paese dovette sempre confrontarsi con la minaccia di un attacco tedesco e non aveva alcuna via di uscita essendo circondato da Paesi aderenti all'Asse o occupati.

Fornitori anteguerra di ferro all'economia della Germania al 1939[73]
Fonte Tonnellate
(milioni)
Germania (comprese le parti annesse) 8,9
Svezia 6,2
Altri 4
Totale 15

Comunque per un periodo prolungato gli svedesi mantennero una neutralità interessata[74], commerciando in ferro e armamenti con la Germania. Il ferro svedese passava per i porti svedesi e norvegesi e veniva trasportato anche a bordo di navi svedesi scortate dalla Svenska marinen attraverso il Baltico. Se la Royal Navy attaccò estesamente il traffico marittimo dalla Norvegia alla Germania, lo stesso fece la marina sovietica che in alcuni casi si rivolse anche contro navi svedesi; in varie circostanze si verificarono eventi tragici come l'affondamento della nave passeggeri svedese Hansa affondata dal sommergibile sovietico L21 il 23 novembre 1944 con 84 morti e solo due sopravvissuti[75], un preludio ai successivi affondamenti della Wilhelm Gustloff, Cap Arcona e General von Steuben che conteranno migliaia di morti civili tra i profughi e tra i prigionieri di guerra che trasportavano.

La Svezia continuò le vendite di minerale di ferro fino alla fine della guerra in quantità progressivamente decrescenti e vendette anche materiali bellici o componenti, come ad esempio i cuscinetti a sfera[74]; inoltre alcune armi svedesi come il cannone Bofors 40/60 (40 mm di calibro e canna lunga 60 volte il calibro) vennero esportate o prodotte su licenza. Proprio il cannone Bofors venne adottato come principale pezzo antiaereo sulle navi di Germania (produttrice della versione 40 mm FlaK 28 L/56) e Giappone da un lato, Regno Unito, Canada e Australia (come membri del Commonwealth), Polonia, Stati Uniti dall'altro[76].

Le ripercussioni sociali[modifica | modifica wikitesto]

Volontari svedesi durante la guerra d'inverno con fucili anticarro Boys

La partecipazione della Svezia alla guerra venne evitata anche perché la popolazione era inizialmente e rimase in seguito molto indifferente all'idea, tanto che in un sondaggio Gallup del 1945 che chiedeva se in caso di inizio di massacri tedeschi in Norvegia la Svezia dovesse intervenire, la risposta fu "no" per il 47%, "sì" per il 33% e "non so" per il resto[58]. Nonostante la neutralità molti svedesi si adoperarono in prima persona durante il conflitto per tutelare i più deboli, o ebbero ruoli di mediazione. Tra questi, il diplomatico Folke Bernadotte, Per Anger, Birger Dahlerus, Harald Edelstam, il principe Gustavo Adolfo, duca di Västerbotten, Per Albin Hansson, Israel Holmgren, Ture Nerman e il diplomatico Raoul Wallenberg che venne poi ucciso dai sovietici come sospetto di spionaggio.

I rapporti tra Svezia e Norvegia furono complessi e non lineari. I due Paesi erano stati uniti fino al 1905; la Svezia non riconobbe mai la legalità del regime di Quisling, e non chiuse mai le sedi diplomatiche dei Paesi occupati con governi all'estero, quindi Norvegia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo; la corrispondenza ufficiale venne sempre indirizzata dal ministro svedese degli esteri al "The Royal Norwegian Government - London", ma alla morte dell'ambasciatore norvegese in Svezia Wollebæk nell'ottobre 1940 venne rifiutato l'accredito di un nuovo ambasciatore[17]

Fino al 1941 un 30% dei norvegesi che tentavano di rifugiarsi in Svezia venne respinto, ma nonostante un ordine di Terboven che sanciva la condanna a morte per i transfughi, i tedeschi non uccisero nessuno se non per ragioni diverse dalla fuga; dopo il 1941 gli svedesi divennero più permissivi verso coloro che tentavano di rifugiarsi in Svezia. Diverso fu il comportamento per i marinai delle navi norvegesi sorprese in Svezia dall'invasione tedesca: dopo una vertenza legale queste vennero consegnate ai tedeschi con i loro equipaggi e 277 uomini o donne vennero inviati ai campi di prigionia, dove 43 morirono[17].

Stendardo della Den Norske Legion

In Norvegia esisteva un partito nazista e quindi cittadini norvegesi si arruolarono nelle SS come parte della Den Norske Legion. Come negli altri Paesi occupati venne attuato il progetto Lebensborn, e questo dopo la cessazione delle ostilità ebbe delle conseguenze verso le donne norvegesi che si erano unite a militari tedeschi: furono chiamate dai norvegesi tyskertøser (letteralmente "puttane dei tedeschi") e 14 000 di loro vennero detenute in campi di internamento come quello di Hovedøya[77], mentre alcune vennero deportate in Germania; i loro figli vennero chiamati tyskerunger ("figli di tedeschi") o peggio ancora naziyngel ("uova naziste"). La criminologa norvegese Kjersti Ericsson parlò delle rappresaglie compiute dai norvegesi sulle donne che avevano avuto figli con tedeschi come "il percorso culturale che rendeva la sessualità delle donne una proprietà nazionale"[78] e i figli che vennero riportati in Norvegia dopo la fine della guerra vennero spesso internati in orfanotrofi; la cosa ebbe un seguito alla Corte europea dei diritti dell'uomo, che terminò solo nel 2007 con risarcimenti verso i discriminati[79].

Dopo la guerra, durante quella che venne definita purga dei traditori della patria in Norvegia (Det norske landssvikoppgjøret), vari processi vennero intentati verso i norvegesi o gli stranieri ritenuti colpevoli di crimini di guerra[80] e 28 750 persone vennero arrestate dalle forze di polizia (come la Milorg o la brigata addestrata in Svezia) anche per evitarne il linciaggio. Di queste, molte vennero rilasciate relativamente presto, ma nell'agosto 1946 ancora tra le 5 000 e le 6 000 persone erano detenute; secondo un autore non si ha notizia di alcuna punizione extra giudiziale, eccetto verso le donne che avevano convissuto con i tedeschi, più per aver offeso la pubblica sensibilità che non per aver commesso effettivi crimini: queste vennero spesso rasate e umiliate in pubblico.[81]

Infine, circa 200 furono i condannati (in particolare per l'appartenenza al Nasjonal Samling), dei quali 30 alla pena capitale, reintrodotta attraverso il decreto noto come Landssvikanordning; 25 di loro furono poi fucilati[82]. Come per gli internamenti delle conviventi dei tedeschi e dei loro figli, l'effettiva utilità, la legalità e la crudeltà di tali manovre sono state per molti anni e rimangono tutt'oggi fonti di accesi dibattiti all'interno dell'opinione pubblica norvegese[83]. La popolazione norvegese comunque mise in atto varie tecniche di resistenza passiva, come il lasciare vuoti i posti vicino ai tedeschi negli autobus.

Il manifesto col quale le autorità di polizia norvegesi al servizio dei tedeschi sanzionavano chi lasciava liberi i posti a fianco ai tedeschi negli autobus

La reazione tedesca inizialmente fu di minimizzazione, ma in seguito vennero emanate ordinanze con le quali si sanzionava questo comportamento. In Danimarca vennero adottate varie iniziative per riaffermare l'identità nazionale, come il portare all'occhiello della giacca un distintivo con la bandiera danese, o scrivere sui muri frasi inneggianti al re Cristiano. In Danimarca la comunità ebraica venne generalmente protetta e il governo disapplicò o non accettò le pretese tedesche al riguardo[84], lasciando i loro diritti civili inalterati e uguali a quelli del resto della popolazione; questo comportamento esasperò le autorità tedesche che però dovettero confrontarsi con i rischi che avrebbero corso le relazioni con un Paese ritenuto un protettorato modello, definiti "politicamente inaccettabili"[85].

Gli autobus bianchi della Croce Rossa svedese in territorio tedesco, presumibilmente nei pressi di Friedrichsruh

Lo stesso Werner Best, membro della Gestapo e plenipotenziario in Danimarca dal novembre 1942, riteneva che qualunque tentativo di cattura degli ebrei avrebbe portato alla rottura delle relazioni tra i due governi e raccomandò che nessuna azione contro di loro in Danimarca venisse intrapresa. Verso la fine della guerra il governo svedese decise d'intraprendere azioni volte a recuperare quanti più prigionieri scandinavi possibile dai campi di concentramento tedeschi, compresi ebrei, poliziotti danesi, membri della resistenza norvegese e vittime del programma tedesco "Notte e nebbia" di sparizioni pianificate. Presto il progetto, noto poi come autobus bianchi per il colore e tipo dei mezzi usati, venne allargato a tutti i prigionieri indipendentemente dalla nazionalità e Folke Bernadotte ne fu un importante animatore, mentre alla stampa vennero fornite informazioni marginali e istruzioni sull'evitare articoli in merito per non irritare i tedeschi.

A Stoccolma il diplomatico norvegese Niels Christian Ditleff si attivò per i suoi concittadini, ma anche in Danimarca si prepararono piani per il recupero dei danesi detenuti, principalmente a cura dell'ammiraglio Carl Hammerich: i due si incontrarono poi per preparare azioni comuni[86], ma un tentativo di far partecipare ai primi viaggi svedesi anche personale danese venne stroncato da Hitler il 23 gennaio 1945, che minacciò rappresaglie in Danimarca e Norvegia se il personale non fosse stato interamente svedese.

Anche gli Alleati furono informati delle spedizioni che avrebbero coinvolto navi e mezzi terrestri in zone tedesche controllate e colpite regolarmente dall'aviazione, ma i britannici risposero che non potevano garantire la sicurezza del gruppo in territorio tedesco: la spedizione di inizio marzo 1945 fu attaccata da aerei della RAF che provocarono la morte di 25 prigionieri e di un autista. Alla fine del programma, 15 345 prigionieri vennero recuperati tra gravi rischi per gli operatori, tutti volontari e in buona parte provenienti dai reparti logistici dell'esercito svedese: tra i recuperati 7 795 erano scandinavi e 7 550 non-scandinavi (polacchi, francesi e di altre nazionalità)[87], e tra loro 423 ebrei danesi evacuati dal campo di concentramento di Theresienstadt, mentre i norvegesi erano detenuti nel campo di concentramento di Sachsenhausen.

A guerra finita Folke Bernadotte, che come presidente della Croce Rossa aveva cercato di salvare quante più persone possibile dai tedeschi, si adoperò per aiutare la popolazione civile tedesca, e soprattutto i bambini. Invece Raoul Wallenberg, inviato a Budapest nel luglio 1944 in missione diplomatica, aveva nella sua azione a Budapest anche un incarico istruito e finanziato da parte del War Refugee Board statunitense, nel corso del quale salvò decine di migliaia di ebrei; dopo la sua scomparsa la Svezia non si adoperò per chiarire la sorte del suo diplomatico e rifiutò anche l'aiuto offerto in questo senso dagli Stati Uniti[88]. Solo dopo molti anni una commissione svedese indagò sui fatti e suppose che parte della passività svedese fosse stata originata dall'incarico statunitense, che metteva a rischio la neutralità nazionale, ma senza approfondire veramente il perché la Svezia avesse abbandonato Wallenberg[88].

Note[modifica | modifica wikitesto]

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    (SV)

    «Under 1944 träffade Ditleff också flera gånger den danske amiralen Carl Hammerich och blev på så sätt underrättad om dennes hemliga planer på en Jyllandskorps för att rädda danskar och norrmän ut ur de tyska lägren.»

    (IT)

    «Durante il 1944 Ditleff incontrò anche diverse volte l'ammiraglio danese Carl Hammerich e fu così informato sui suoi piani segreti per uno Jutlandcorps preposto a salvare danesi e norvegesi dai campi tedeschi.»

    (Vi åker till Sverige, p. 73)
  87. ^ (SE) Specifikation över antal räddade/transporterade med de Vita bussarna (PDF), su redcross.se, Swedish Red Cross. URL consultato il 22 novembre 2013 (archiviato dall'url originale il 2 marzo 2013).
  88. ^ a b Susanne Berger, Stuck In Neutral: The Reasons Behind Sweden's Passivity In The Raoul Wallenberg Case (PDF), raoul-wallenberg.eu, 22 agosto 2005, pp. 3-7. URL consultato il 22 novembre 2013.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

In italiano[modifica | modifica wikitesto]

  • Erminio Bagnasco, I MAS e le motosiluranti italiane, collana Le navi d'Italia, Vol. 6º, 2ª Edizione, Roma, Marina Militare, Stato Maggiore - Ufficio Storico, 1969.
  • William Colby, La mia vita nella CIA, 1996ª ed., Milano, Mursia, 1981, ISBN 88-425-1990-1.
  • Douglas C. Dildy, Blitz tra i ghiacci, Osprey Publishing/RBA Italia, 2009, ISSN 1974-9414 (WC · ACNP).
  • Gabriele Faggioni, Alberto Rosselli, L'epopea dei convogli e la guerra nel Mare del Nord, Mattioli 1885, 2010, ISBN 978-88-6261-152-7.
  • Basil H. Liddell Hart, Storia militare della seconda guerra mondiale, Milano, Oscar Storia, Mondadori, 2009, ISBN 978-88-04-42151-1.
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In inglese[modifica | modifica wikitesto]

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  • (EN) Chris Mann, British Policy and Strategy Towards Norway, 1941-45, Palgrave Macmillan, 2012, ISBN 978-0-230-21022-6.
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  • (EN) Sune Persson, Escape from the Third Reich - Folke Bernadotte and the White Buses. ("Andiamo in Svezia. Gli autobus bianchi nel 1945"), Barnsley : Frontline, 2009, ISBN 978-1-84832-556-2.

In lingue nordiche[modifica | modifica wikitesto]

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  • (NO) Ole F. Berg, I skjærgården og på havet – Marinens krig 8. april 1940 – 8. mai 1945, Oslo, Marinens krigsveteranforening, 1997, ISBN 82-993545-2-8.
  • (NO) L. Borgersrud, Wollweber-organisasjonen i Norge - tesi di dottorato, Oslo, 1997, pp. 581.
  • (NO) Kjersti Ericsson, "German brats" or "War Children", in Lars Westerlund (ed.), The children of foreign soldiers in Finland, Denmark, Austria, Poland and Occupied Soviet Karelia, Nordprint, 2011, ISBN 978-951-53-3350-6.
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  • (NO) Atle Thowsen, Handelsflåten i krig 1939-1945, Book 1, Norrtraship, Profitt og patriotisme, 1992.
  • (SV) Nils Ørvik, Norsk militær i Sverige 1943 - 1945 Ernst G. Mortensens Forlag, 1951.
  • (SV) Sune Persson, «Vi åker till Sverige», De vita bussarna 1945. Bokförlaget Fischer & co, 2002. ISBN 91-85183-18-0. ("Andiamo in Svezia. Gli autobus bianchi nel 1945"), 2002, ISBN 978-1-84832-556-2.
  • (SV) Voksø, Per, Registrering av tre årskull møter motstand; Sabotasje mot registreringen, in Krigens Dagbok, Oslo, Det Beste, 1984, ISBN 82-7010-166-4.

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