Mina navale




La mina navale è un ordigno esplosivo di peso compreso fra i 150 e i 1000 kg, contenuto in un involucro a tenuta stagna generalmente metallico, usato per creare sbarramenti alle navi nemiche, lungo le rotte commerciali, gli ingressi dei porti o in particolari zone di mare d'importanza strategica.
La mina navale, al pari della sua omologa terrestre, è un'arma che, se opportunamente impiegata, ha un rapporto costo/efficacia senza uguali nel campo degli armamenti. Infatti, essa può mantenere la sua capacità distruttiva per anni o decenni, senza manutenzione, ed esplode quando una nave ne sollecita i sensori di detonazione.
A causa del loro basso costo e disponibilità le mine sono armi alla portata di qualunque governo e teoricamente anche di un gruppo terrorista.
La mina navale è un ordigno esplosivo tuttora largamente impiegato nella guerra marittima[senza fonte]. Schematicamente, essa consiste in un involucro ermetico (metallico o in materiale plastico) che contiene una certa quantità di esplosivo (da 50 a 150 kg) il tutto corredato dai sensori di attivazione/detonazione e collaudato per resistere a lunghi periodi di permanenza in mare.
Di norma, le mine non vengono mai impiegate singolarmente, bensì in gruppi numerosi atti a costituire dei campi minati in zone critiche per la navigazione.
Concetti operativi[modifica | modifica wikitesto]
Il campo minato è una delle espressioni più temute della potenza marittima (Sea Power): impedire all'avversario l'utilizzo sicuro di determinate rotte, siano esse mercantili o militari, oppure dei porti, istmi, insenature, ecc.
Gli scopi sono: indebolire l'avversario nell'approvvigionamento marittimo, in particolare del petrolio e altre materie prime indispensabili all'apparato economico-industriale; ostacolare l'attività della sua marina da guerra, obbligandola ad accurate azioni di contromisure ed esponendo le unità navali maggiori ad una minaccia di danneggiamento grave.
Aspetti tattici[modifica | modifica wikitesto]
Per conseguire questi obiettivi gli ordigni sono di regola abbastanza piccoli, furtivi e relativamente poco costosi. Contrariamente a quanto si immagina, la mina (a differenza del siluro sottomarino) solitamente non affonda la nave colpita: è sufficiente infliggere danni tali da mettere fuori combattimento l'unità, e nel caso di navi mercantili una catastrofe ecologica per una petroliera squarciata è ampiamente esplicativa della minaccia potenziale.
Tecnica[modifica | modifica wikitesto]
Le mine usate nelle due guerre mondiali furono essenzialmente ad attivazione magnetica e/o acustica, o semplicemente esplodevano per contatto diretto. Oggi quest'ultima possibilità è scomparsa, ma l'intelligenza elettronica e sofisticati sensori permettono all'ordigno di "leggere" cosa succede sulla superficie del mare per selezionare il giusto bersaglio. La mina "sente" le variazioni di campo magnetico, di pressione idrostatica, i rumori di eliche, la rotta e velocità delle navi. Tali rilievi si confrontano con i dati prememorizzati e l'arma "decide" se e cosa attaccare.
Il software include un calendario, programmabile affinché l'ordigno sia eventualmente operativo in un determinato lasso temporale, ovvero si disattivi automaticamente dopo un certo numero di mesi/anni di attesa. Certe mine sono addirittura autopropulse, cioè una volta individuato il bersaglio riescono ad avvicinarglisi autonomamente per aumentare gli effetti d'urto dell'esplosione.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- Le mine navali di sbarramento, su icsm.it.
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