Giorgio Perlasca

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Giorgio Perlasca
NascitaComo, 31 gennaio 1910
MortePadova, 15 agosto 1992
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armata Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale
CorpoCorpo Truppe Volontarie
SpecialitàArtiglieria
Unità2ª Divisione CC.NN. "28 ottobre"
Anni di servizio19351939
GuerreGuerra d'Etiopia
Guerra di Spagna
Altre caricheCommerciante
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Giorgio Perlasca (Como, 31 gennaio 1910Padova, 15 agosto 1992) è stato un commerciante italiano che nell'inverno del 1944, nel corso della seconda guerra mondiale, fingendosi console generale spagnolo, salvò la vita di oltre cinquemila ebrei ungheresi, strappandoli alla deportazione nazista e alla Shoah.[1][2]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

giorgio perlasca
La stele e l'albero dedicati a Perlasca al Memoriale Yad Vashem di Gerusalemme

Giorgio era figlio di Teresa Sartorelli e di Carlo Perlasca.

Quando era ancora bambino, il padre, per motivi di lavoro, trasferì la famiglia a Maserà, in provincia di Padova.

Anni 1930, le esperienze militari[modifica | modifica wikitesto]

In gioventù aderì al Partito Nazionale Fascista e nel 1930 si arruolò nelle Camicie nere. Nel 1936 prese parte come volontario alla guerra d'Etiopia con la divisione "28 ottobre" della Milizia e nel 1937 alla guerra civile di Spagna, nel Corpo Truppe Volontarie, a fianco dei nazionalisti del generale Francisco Franco, dove rimase come artigliere fino al termine del conflitto, nel maggio 1939, quand'era ventinovenne. In questi anni, avendo il ruolo di comunicare ordini tra settori differenti dell'esercito, apprese lingua e cultura spagnole.[3]

Rientrato in Italia, iniziò ad allontanarsi dal fascismo, in particolare non condividendo la promulgazione delle leggi razziali e l'alleanza con la Germania siglata quell'anno.

Nel 1939 fu richiamato al 20º reggimento di artiglieria di Padova nelle vesti di sergente maggiore per l'istruzione teorica e storica. Nel novembre successivo chiese e ottenne finalmente una licenza militare indeterminata.[3] Decise quindi di lasciare l'Italia, occupandosi di attività commerciali.[4]

Anni 1940, il lavoro nei Balcani e l'opera a Budapest[modifica | modifica wikitesto]

Busto dedicato a Giorgio Perlasca situato all'entrata dell'istituto di cultura italiano a Budapest

Nel 1940 si sposò con Romilda Del Pin in Italia e già l'anno successivo si trovò a lavorare prima in Croazia, Serbia e Romania e, dal 1942, in Ungheria a Budapest, in qualità di agente venditore per una ditta di Trieste, la SAIB (Società Anonima Importazione Bovini). L'azienda si occupava del commercio di carni vive e lavorate, ed era perciò una attività di interesse nazionale, il che permise a Perlasca di non essere coinvolto in prima persona negli eventi bellici e di svolgere attività commerciale internazionale con permesso diplomatico italiano.

Memoriale dei Giusti tra le nazioni nel parco Raoul Wallenberg di Budapest; nella lista dei nomi, quello di Giorgio Perlasca

Il giorno dell'armistizio tra l'Italia e gli Alleati (8 settembre 1943), Perlasca si trovava ancora nella capitale ungherese e, prestando fedeltà al giuramento fatto al Regno d'Italia, rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale Italiana di Mussolini. Per questo motivo si trovò a essere ricercato dai tedeschi. Dopo un'iniziale fuga, si consegnò, fu arrestato e internato. Successivamente, però, fuggì sfruttando un finto permesso medico e cercò rifugio presso l'ambasciata spagnola, con l'intenzione iniziale di tornare in Italia per mezzo dell'intercessione spagnola.

Grazie a un documento che portava con sé, che attestava la partecipazione alla guerra civile spagnola e che gli garantiva assistenza diplomatica, ottenne dall'ambasciata una cittadinanza fittizia e un passaporto spagnoli, intitolati all'inesistente «Jorge Perlasca». Anche grazie alla conoscenza di varie lingue, fra le quali lo spagnolo, il tedesco, il francese e un po' di ungherese, fu impegnato con l'ambasciatore Ángel Sanz Briz nel tentativo di salvare gli ebrei di Budapest, ospitati in apposite «case protette» soggette all'extraterritorialità per la copertura diplomatica, dietro il rilascio di salvacondotti gratuiti.

Tale operazione era stata organizzata con la collaborazione di alcune ambasciate di altre nazioni nonché con una generale e iniziale tolleranza del governo ungherese. Quando, nel novembre 1944, Sanz Briz decise di lasciare Budapest e l'Ungheria per non riconoscere il governo filonazista ungherese, Perlasca decise di restare e spacciarsi per il legale sostituto del console partente, all'insaputa dello stesso e della Spagna, redigendo di suo pugno la nomina a diplomatico, con timbri e carta intestata.

Da quel momento Perlasca si trovò a gestire il "traffico" e la sopravvivenza di migliaia di ebrei, nascosti nell'ambasciata e nelle case protette sparse per la città, come similmente cercavano di fare il diplomatico svedese Raoul Wallenberg e il nunzio apostolico Angelo Rotta. Tra il 1º dicembre 1944 e il 16 gennaio 1945, Perlasca rilasciò migliaia di finti salvacondotti che conferivano la cittadinanza spagnola agli ebrei, arrivando a strappare letteralmente dalle mani dei Croci Frecciate i deportati sui binari delle stazioni ferroviarie. Fra le persone salvate, vi fu anche la scrittrice Eva Lang.

Sventò inoltre l'incendio e lo sterminio nel ghetto di Budapest con 60 000 ebrei ungheresi, intimando direttamente al ministro degli interni ungherese Gábor Vajna una fittizia ritorsione legale ed economica spagnola sui "circa 3000 cittadini ungheresi" - in realtà poche decine - dichiarati da Perlasca come residenti in Spagna, assicurando di fare pressione per avere lo stesso trattamento da parte di altri due governi latinoamericani.[5][6][7][8] Tale salvataggio è stato generalmente attribuito a Raoul Wallenberg, in seguito alle dichiarazioni di Pál Szalai che, processato per crimini di guerra, affermò di averne concordato personalmente con lo svedese i termini: Wallenberg era già morto quando Szalai fece le proprie dichiarazioni, poi smentite da Perlasca e spiegate nella volontà di Szalai di costruire la propria innocenza dai crimini.[8]

Curò infine personalmente l'organizzazione e l'approvvigionamento dei viveri, recandosi ogni giorno presso le abitazioni e utilizzando gli scarsi fondi dell'ambasciata, poi i propri e quindi studiando e applicando un sistema equo di autotassazione dei rifugiati, basato sugli averi di ciascuno.[9] Grazie all'opera di Perlasca, oltre 5 000 ebrei furono direttamente salvati dalla deportazione.[9] Dopo l'entrata a Budapest dell'Armata Rossa, Perlasca dovette abbandonare il suo ruolo di diplomatico spagnolo, in quanto il governo iberico era filofascista e le truppe di liberazione comuniste, perciò, dopo aver dato mandato alla legazione svedese di occuparsi degli interessi spagnoli, si consegnò ai sovietici.

Dopoguerra[modifica | modifica wikitesto]

Riuscito a tornare nell'agosto 1945 in Italia via Istanbul, redasse e consegnò ancora nel giugno del 1945 ad Istanbul un primo promemoria al consolato generale spagnolo in Turchia, per evitare eventuali imputazioni dal governo spagnolo[10] e poi, tornato in Italia, un dettagliato memoriale in tre copie sulle attività svolte, che consegnò all'ambasciata spagnola e al governo italiano, tenendo una copia per sé.[11] Scrisse anche a Sanz Briz, l'ambasciatore che aveva sostituito a Budapest, il quale lo avvertì mestamente di non aspettarsi alcun riconoscimento per l'opera svolta.[10] Scrisse anche ad Alcide De Gasperi, che non rispose.[10]

Non raccontò la propria vicenda in modo pubblico e nemmeno alla propria famiglia, ma si rivolse piuttosto a chi reputava essere il corretto destinatario diplomatico e statale del suo memoriale. I pochi organismi istituzionali a cui comunicò la vicenda, però, lo ignorarono per ragioni diplomatiche, politiche o per scarsa attenzione.[9][10] Anche lo storico ebreo Jenő Lévai, che pur già nel 1946 gli chiese una copia del memoriale e contribuì poi a comunicare il suo nome,[10] omise di raccontarne la vicenda nel suo Libro nero, presumibilmente per ragioni politiche.[8] Soltanto nel 1961, in occasione del clamore mediatico intorno al processo ad Adolf Eichmann, sul Resto del Carlino del 12 giugno apparve un primo articolo di Giuseppe Cerato che raccontava la sua vicenda, senza però avere risonanza; stessa sorte ebbe un articolo alla fine degli anni 1960 su La Stampa, firmato da Furio Colombo.[3][10][12]

La famiglia seppe del memoriale da lui redatto solo a seguito dell'ictus di cui fu vittima nel 1980,[3] quando decise di comunicarne l'esistenza ai parenti più stretti, per poi però continuare a custodirlo senza comunicarne in dettaglio i contenuti una volta ripresosi.[11] Ne conobbero i contenuti solo nel 1987, quando la vicenda divenne pubblica.[11]

Riconoscimento internazionale[modifica | modifica wikitesto]

Perlasca con il presidente della Repubblica Francesco Cossiga il 30 giugno 1990

Nel 1987 alcune donne ebree ungheresi residenti in Israele rintracciarono finalmente Perlasca (reputato da molti un cittadino spagnolo di nome Jorge, vista l'identità che aveva assunto) e divulgarono la sua storia di coraggio e solidarietà.

Ancora in vita, Perlasca ricevette per la sua opera numerose medaglie e riconoscimenti. Il 23 settembre 1989 fu insignito da Israele del riconoscimento di Giusto tra le Nazioni. Al museo Yad Vashem di Gerusalemme, nel vialetto dietro al memoriale dei bambini è stato piantato un albero a lui intitolato. Anche a Budapest, nel cortile della sinagoga, il nome di Perlasca appare in una lapide che riporta l'elenco dei Giusti. Solo il 23 settembre 1991, ricevette ufficiale riconoscimento dalla Spagna, che gli concesse il titolo di Comendador de la Real Orden de Isabel la Católica, consegnatogli dall'ambasciata spagnola a Roma su decreto del re Juan Carlos.

Nel 1990 la vicenda acquisì finalmente notorietà anche in Italia, grazie ai giornalisti Enrico Deaglio (che scrisse su di lui il libro La banalità del bene) e Giovanni Minoli, che accettò la proposta di Deaglio di realizzare un'inchiesta su Perlasca, dedicandogli ampio spazio nella trasmissione televisiva Mixer.[13] Il 2 giugno 1990, il presidente della Repubblica Francesco Cossiga lo ricevette al Quirinale e gli comunicò la decisione del governo di concedergli la pensione vitalizia della legge Bacchelli, che Perlasca decise di declinare.[14][3] Nell'ottobre 1991 fu insignito dell'onorificenza di Grande Ufficiale al merito della Repubblica italiana.[3] L'ultima onorificenza conferitagli fu la Medaglia d'oro al Valor Civile, il 25 giugno 1992, ritirata poi dalla moglie Nerina solo il 6 settembre successivo.[14]

Perlasca morì nell'agosto 1992 a Padova, all'età di 82 anni, per un attacco di cuore. È sepolto a Maserà di Padova.[15]

In Israele gli è stata dedicata una foresta, in cui sono stati piantati 10 000 alberi, a simboleggiare le vite degli ebrei da lui salvati in Ungheria.[16][17] In Italia, su iniziativa del figlio Franco, è stata istituita la Fondazione Giorgio Perlasca.[18] Molte scuole e vie gli sono state dedicate.

Nel 1997 è stato pubblicato da Il Mulino il suo memoriale, con il titolo L'impostore.

Giovanni Minoli ne ha riassunto la vicenda così:

«Oggi è un eroe nazionale e un fiore all'occhiello per tutti. Ma è anche un po' martire, per via del silenzio in cui ha vissuto. [...] È stato anche faticoso farglielo raccontare, non si era mai sentito preso sul serio, aveva interiorizzato la tragedia, era troppo grossa da raccontare l'impresa, un po' come dire "ho visto i marziani", e lui li aveva visti davvero. [...] La sensazione è che l'enormità dell'azione ha vissuto con la sua progressiva ritrosia a raccontarla perché erano troppo forti i silenzi culturali e politici, e questo insieme di cose lo ha fatto andare sotto traccia. Con Perlasca il conto non tornava: un ex fascista era stato un eroe vero nella salvezza degli ebrei.»

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al merito civile - nastrino per uniforme ordinaria
«Nel corso del 2º conflitto mondiale, con coraggio non comune e grave rischio personale assumeva la falsa identità di Console spagnolo per salvare migliaia di persone ingiustamente perseguitate, impedendone la deportazione nei campi di sterminio e riuscendo, poi, a trovar loro una provvisoria sistemazione, malgrado le notevolissime difficoltà. Nobile esempio di elette virtù civiche e di operante umana solidarietà.
Budapest 1944 – 1945.»
— 25 giugno 1992.[20]
Grand'Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria
Gran Croce dell'Ordine di Isabella la Cattolica (Spagna) - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa della campagna di Spagna (1936-1939) - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia di benemerenza per i volontari della campagna di Spagna - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa delle operazioni militari in Africa Orientale 1935-1936 (ruoli combattenti) - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia di benemerenza per i volontari della campagna dell'Africa Orientale - nastrino per uniforme ordinaria

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

La RAI il 28 e 29 gennaio 2002, in occasione del giorno della memoria, ha mandato in onda il film TV Perlasca - Un eroe italiano, nel quale il ruolo di Perlasca è stato interpretato da Luca Zingaretti. Nel film viene raccontata la vita di Perlasca dal suo lavoro a Budapest fino al suo ritorno in Italia dopo la fine della guerra.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giorno memoria: Trentino, ad Aldeno il ricordo di Perlasca, su ansa.it, ANSA, 21 gennaio 2017. URL consultato il 24 gennaio 2019 (archiviato il 22 gennaio 2017).
  2. ^ Nazareno Giusti, Anniversari. Moriva 25 anni fa Giorgio Perlasca, dichiarato Giusto fra le Nazioni, su avvenire.it, Avvenire, 12 agosto 2017. URL consultato il 24 gennaio 2019 (archiviato il 19 luglio 2018).
  3. ^ a b c d e f Mara Dissegna, Giorgio Perlasca, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 82, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2015. URL consultato il 6 marzo 2021.
  4. ^ Fondazione Giorgio Perlasca, Giovanni Minoli racconta Giorgio Perlasca, su youtube.com, RADIO24.
  5. ^ United States Holocaust Memorial Museum, Oral history interview with Giorgio Perlasca, su collections.ushmm.org, 5 settembre 1990.
  6. ^ Intervista di Enrico Deaglio a Giorgio Perlasca, da: Fondazione Giorgio Perlasca, Giorgio Perlasca - il mixer israeliano in ebraico, 1990
  7. ^ Intervista di Enrico Deaglio a Giorgio Perlasca, da: Mixer, Giorgio Perlasca, di Giovanni Minoli, 1990
  8. ^ a b c Michele Mancino, Gli uomini giusti muoiono di sabato, su varesenews.it, 22 maggio 2010. URL consultato il 6 marzo 2021.
  9. ^ a b c Mixer, puntata dell'aprile 1990
  10. ^ a b c d e f g Stefano Ciavatta, 1944, l'impossibile si poteva fare. Ad esempio, Perlasca, Il Riformista, 2010.
  11. ^ a b c Lucia Bianchini, Il liceo “Carducci” ricorda Giorgio Perlasca, su estense.com. URL consultato il 6 marzo 2021.
  12. ^ VareseNews, L’ideologia non conta nulla di fronte alla sofferenza umana, 31 gennaio 2010.
  13. ^ Copia archiviata, su furiocolombo.it. URL consultato il 7 novembre 2019 (archiviato dall'url originale il 15 settembre 2016).
  14. ^ a b Siria Zerbini, La documentazione spagnola su Giorgio Perlasca e la sua opera umanitaria in favore degli ebrei, Spagna Contemporanea, n. 30, 2006
  15. ^ Ultimo addio a Perlasca, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 19 agosto 1992.
  16. ^ Israele: una foresta dedicata a Perlasca, su corriere.it, Corriere della Sera.
  17. ^ Gariwo: la foresta dei Giusti - Una Foresta per Giorgio Perlasca, su gariwo.net. URL consultato il 20 maggio 2011 (archiviato dall'url originale l'11 settembre 2011).
  18. ^ Giorgio Perlasca - la fondazione, su giorgioperlasca.it, 3 maggio 2012 (archiviato dall'url originale il 3 maggio 2012).
  19. ^ Giorgio Perlasca, 82, Helped Jews Flee Nazis, su nytimes.com. URL consultato il 10 febbraio 2018.
  20. ^ Medaglia d'oro al merito civile Sig. Giorgio Perlasca
  21. ^ Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana Sig. Giorgio Perlasca

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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