Utente:Hedorfer/Sandbox/Friuli

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Disambiguazione – Se stai cercando la regione, vedi Friuli-Venezia Giulia.
Friuli
Friuli (in italiano) — Friûl (in friulano)
Furlanija (in sloveno) — Friaul (in tedesco)
StatiBandiera dell'Italia Italia
RegioniBandiera del Friuli-Venezia Giulia Friuli-Venezia Giulia (esclusa la Venezia Giulia)
Bandiera del Veneto Veneto (alcuni comuni)
TerritorioProvince di Udine, Pordenone, Gorizia (tutta o parte); tutto o parte del Mandamento di Portogruaro (VE); Comune di Sappada (BL).
CapoluogoUdine
Superficie8,250 circa km²
Abitanti1,060,000 circa (2005)
Densitàcirca 128 ab./km²
Lingueitaliano, friulano, sloveno, tedesco, veneto
Collocazione del Friuli in Italia
Sito principale

«...il Friuli è un piccolo compendio dell'universo,
alpestre piano e lagunoso
in sessanta miglia da tramontana a mezzodì»

Il Friùli (Friûl in friulano, Forum Iulii in latino, Furlanija in sloveno, Friaul in tedesco) è una regione storico-geografica spesso indicata come l'insieme delle due province di Udine e Pordenone, ma che, più precisamente, può essere fatta corrispondere, oltre alle due province citate, anche a tutta o parte dell'odierna provincia di Gorizia, parte della provincia di Venezia (Mandamento di Portogruaro) e al comune di Sappada, oggi in provincia di Belluno. Capitale storica del Friuli è Udine, città che fu già sede del Patriarcato di Aquileia. Centri principali, oltre a Udine, sono Pordenone (capoluogo di provincia), Gorizia (capoluogo di provincia), Portogruaro, Sacile, Codroipo, Cervignano, Cividale, Gemona, Tolmezzo.

Geografia[modifica | modifica wikitesto]

Mappa del Friuli stampata a Venezia nel 1553

Nel testo esplicativo a sinistra si legge che "La patria antedetta confina da Levante con l'Istria e Iapidia al presente detta Carso, da ponente con il territorio Tervisano, Belunese da Settentrione con l'alpe de Alemagna e, da Meggio giorno con la parte del mare Adriatico quale è tra il porto del fiume Timavo, e Livenza"

Secondo la concezione di Friuli largamente condivisa[senza fonte], il suo territorio è delimitato ad ovest dal fiume Livenza, a nord dalle Alpi carniche, ad est dalle Alpi Giulie e dal fiume Timavo, a sud dal Mar Adriatico[1]. Numerosi sono i fiumi che scorrono da nord verso sud. Tra i più importanti, oltre a quelli già citati, il Torre, il Natisone, lo Stella, l'Isonzo, l'Ausa, il Tagliamento. Tutta la parte settentrionale del Friuli è costituita da territorio montano: i suoi più importanti rilievi, da occidente ad oriente, sono: tra le Dolomiti friulane la Cima dei Preti (2703 m), il Duranno (2652 m), la Cridola (2580 m). Tra le Alpi carniche il monte Peralba (2691 m), il monte Bìvera (2474 m) e il monte Coglians (2780 m). Tra le Alpi Giulie, lo Jôf Fuârt (2666 m), lo Jôf di Montasio (2754 m), il Mangart (2677 m) e il monte Canin (2587 m), che domina la pianura. Le montagne friulane hanno come spina dorsale il corso del fiume Tagliamento, che all'altezza di Gemona sbuca prima nelle colline che occupano la fascia centrale del Friuli, poi nella vasta pianura alluvionale da esso creata. Un paesaggio tipico della pianura friulana sono i Magredi, zone brulle e piene di sassi (grebanos in lingua friulana) trasportati dal letto del Tagliamento nel corso dei millenni. La pianura è comunemente suddivisa in alta pianura friulana e bassa pianura friulana convenzionalmente delimitate dalla strada Napoleonica che collega le città di Codroipo e Palmanova. Al termine delle pianure, verso sud, si aprono le lagune di Marano e di Grado, oasi naturali protette, con flora e fauna uniche nel loro genere.

In base a questa delimitazione, la superficie del Friuli è di circa 8.250 km2, con una popolazione di 1.060.000 abitanti (967.000 circa residenti nella Regione Friuli-Venezia Giulia e 93.000 in Veneto.

La concezione di Friuli[modifica | modifica wikitesto]

A differenza di altri territori storici dell'Europa continentale, soggetti spesso a vistosi e repentini cambiamenti territoriali, l'estensione del Friuli è stata tendenzialmente stabile a partire dal XV secolo. Non è accertato se tale stabilità possa essere ricondotta al fatto che il Friuli, oltre ad essere un territorio storico, è anche caratterizzato da una propria identità culturale, etnica e linguistica, oppure se è piuttosto da ricercare nella particolare conformazione geografica che vede la regione friulana in buona parte delimitata da imponenti barriere naturali (montagne e mare). Infatti, le principale incertezze nella sua delimitazione possono essere individuate nelle aree di pianura e collinari, sia verso l'area isontino-carsica che verso la pianura veneta. In aggiunta, soprattutto dall'Unità d'Italia in poi, in queste due direzioni si assiste ad una crescente italianizzazione e/o venetizzazione linguistica della popolazione, la cui tendenza è stata invertita soltanto molto di recente con l'approvazione della nuova politica linguistica della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.

Clima[modifica | modifica wikitesto]

Nella pianura friulana il clima è di tipo sub-mediterraneo umido che nelle zone collinari si trasforma in continentale e, sui rilievi, in alpino. Sulla costa le temperature medie annue sono di poco superiori ai 14 °C (Monfalcone: 14,2 °C) mentre nelle pianure interne si registra un lieve abbassamento, fino a 13 °C-13,5 °C (Udine 13,1°, Pordenone 13,3 °C , Gorizia 13,4 °C). Ancora più a nord, Tolmezzo, a 326 m.s.m., presenta una temperatura media di circa 10,6 °C. I valori più bassi si registrano nella catena alpina: poco più di 4 °C al Passo di Monte Croce Carnico (ad oltre 1300 m.s.m.) e fra i 5,5 °C e i 7 °C nella Val Canale che però è situata al di sotto degli 850 m.s.m.. Le temperature del mese più freddo (gennaio) variano fra i 4,5 °C circa di Monfalcone, ai quasi -5 °C di Monte Croce Carnico, passando per i 3 °C di Udine e i -2° o -3° della Valcanale. Gorizia, a breve distanza da Udine, gode, con i suoi 4 °C circa, di un microclima particolarmente favorevole nei mesi freddi che la rese celebre, in epoca asburgica, come stazione di soggiorno invernale. Nel mese più caldo, luglio, le temperature vanno dai 22,5 °C-24,0° del litorale e le pianure, fino ai 14 °C-16 °C della Val Canale.

Le precipitazioni in tutto il Friuli sono relativamente abbondanti e ben distribuite nel corso dell'anno. Presentano un minimo pluviometrico nella parte meridionale pianeggiante, generalmente compreso fra i 1.200 e i 1.500 mm. (Gorizia oltre 1.350 mm. ed Udine oltre 1.400 mm.), ed un massimo nell'arco prealpino ed alpino di circa 3.000 mm. Nelle Prealpi Giulie si trova la località più piovosa d'Italia: Musi, con oltre 3.300 mm. di precipitazioni annue e con quasi 400 mm. concentrati in un solo mese. L'eccessiva piovosità ha spesso provocato, in alcune zone del Friuli, fenomeni di erosione di una certa gravità e straripamenti di molti corsi d'acqua. Per quanto riguarda le precipitazioni nevose queste sono piuttosto scarse nelle pianure meridionali (3 o 4 giorni nevosi a Udine e Pordenone) ma si fanno più consistenti a nord (25 giorni ed oltre in Val Canale, 23 a Sauris, 28 al Passo di Monte Croce Carnico).

Natura[modifica | modifica wikitesto]

Flora[modifica | modifica wikitesto]

Tipica vegetazione lagunare. In lontananza si scorge la città di Grado

L'attuale manto vegetale del Friuli risulta ampiamente modificato, rispetto alla sua conformazione originaria, dall'intervento umano. Determinante, a questo proposito fu il disboscamento radicale cui la Regione fu soggetta in età moderna (XV-XVIII secolo) e che alterò profondamente, sotto il profilo naturalistico, quasi tutta la fascia pianeggiante meridionale e, in parte, anche quella collinare centrale e pedemontana. Le zone litoranee (soprattutto lagunari) ed alpine sono, attualmente, quelle maggiormente incontaminate, nonostante alcune di esse siano meta di consistenti flussi turistici (Grado e Lignano Sabbiadoro sulla costa, Tarvisio e il Tarvisiano, Forni di Sopra, Ravascletto e Arta Terme nelle Alpi).

Il territorio friulano presenta una gran varietà di specie vegetali (oltre 3.000) molte delle quali proprie della zona, e si suddivide, sotto il profilo naturalistico, in quattro grandi sub-regioni:

  • La zona lagunare adriatica, particolarmente suggestiva e caratterizzata da bacini salmastri, paludi e aggregati insulari. La vegetazione predominante è di tipo arbustivo o erbaceo (cespugli, cespi, giunchi ecc.), anche se non sono rare le pinete, talvolta anche di dimensioni considerevoli. In questa microregione è presente anche una rarissima specie vegetale: l'apocino veneto;
  • La zona pianeggiante litoranea (o Bassa friulana) e sub-litoranea coltivata intensivamente (a mais in particolare) e poco alberata (pioppi, carpini e frassini le specie più diffuse) perché soggetta in età moderna a un disboscamento di ampie proporzioni. Anche alcune specie di tipo mediterraneo sono presenti, in numero limitato, sul territorio, fra cui il leccio;
  • La zona collinare e prealpina centrale, dalla gran varietà di fiori e di specie vegetali tipiche sia dell'area padana che europea centro-orientale. La superficie boschiva, non molto estesa, è ricca di querceti e di betullacee (carpini in particolare), ma anche di tigli, di olmi e di aceri;
  • La zona alpina, contraddistinta, alle quote più basse, da boschi di larici e da abetaie. A partire da una certa altezza (1.700 - 1.800 metri circa) si impongono invece gli ontani e le boscaglie di montagna. Fra le specie vegetali tipiche di tali boscaglie vanno segnalati i rododendri, originari delle Alpi Orientali, e i mirtilli. Nel Tarvisiano è presente anche la rarissima Wulfenia.

Fauna[modifica | modifica wikitesto]

Ursus arctos

Dal punto di vista faunistico il Friuli può essere diviso in tre zone:

Demografia[modifica | modifica wikitesto]

Template:Td sxZona Template:Td dxPopolazione
Template:Td dxComuni
Template:Td sxProvincia di Gorizia Template:Td dx 141.000 Template:Td dx 25
Template:Td sxProvincia di Udine Template:Td dx 528.000 Template:Td dx 137
Template:Td sxProvincia di Pordenone Template:Td dx 298.000 Template:Td dx 51
Template:Td sxMandamento di Portogruaro VE Template:Td dx 92.000 Template:Td dx 12
Template:Td sxComune di Sappada BL Template:Td dx 1.000 Template:Td dx 1
Template:Td sxTotale Template:Td dx1.060.000 Template:Td dx 226

Popolazione approssimativa e numero dei comuni storicamente
friulani secondo le ultime stime (Province di Gorizia, Pordenone,
Udine, Mandamento di Portogruaro e Comune di Sappada)

La popolazione del Friuli, con circa 1.060.000 abitanti, è suddivisa tra due Regioni (Friuli-Venezia Giulia e Veneto) e cinque province: Gorizia, Udine, Pordenone, Venezia e Belluno. La superficie totale è approssimativamente di 8.250 km².

Uno dei fenomeni demografici più imponenti che coinvolsero il Friuli fu l'emigrazione. Essa iniziò negli ultimi decenni dell'Ottocento e si esaurì negli anni settanta del Novecento. Si calcola che più di un milione di friulani siano emigrati definitivamente nei circa cento anni in questione. Secondo l'ultimo censimento AIRE (2005) i friulani residenti all'estero sono 134.936. Di questi il 56,0% risiede in Europa, il 24,0% in Sud America, il 10,3% in Nord America ed il 4,7% in Oceania. Si deve tuttavia tenere presente che i dati dell'AIRE riguardano solo i friulani ed i loro discendenti che abbiano cittadinanza italiana. Risultano pertanto esclusi tutti i discendenti di friulani che non siano cittadini italiani.

I friulani nel mondo hanno dato vita a associazioni culturali denominate Fogolârs furlans, che sono 46 in Italia e 156 nel resto del mondo.

L'Ente Friuli nel Mondo[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1953 per assistere i friulani all'estero e per coordinare le attività dei Fogolârs Furlans fu fondato l'Ente Friuli nel Mondo. Esso pubblica un mensile, Friuli nel mondo, che supera le 25.000 copie distribuite in 78 stati. Le attività dell'Ente sono informative, di collegamento e di mantenimento dell'identità friulana soprattutto tra le nuove generazioni.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

«Nessuna terra italiana andò forse soggetta, attraverso i millenni della civiltà, a vicende tanto svariate e a prove tanto atroci»

Le origini e l'epoca romana[modifica | modifica wikitesto]

Il foro di Aquileia, sullo sfondo il campanile della basilica

Interessata in età protostorica dalla cultura dei Castellieri, la regione fu popolata, nel corso del IV secolo a.C., da genti di origine celtica ed in particolare dai Carni, che introdussero, nei territori da loro occupati ed in quelli limitrofi, nuove ed avanzate tecniche di lavorazione del ferro e dell'argento.

L'attuale Friuli fu successivamente colonizzato dai Romani (a partire dal II secolo a.C.) e venne profondamente influenzato dalla civiltà latina, grazie anche alla presenza dell'importante centro di Aquileia, quarta città d'Italia e fra le principali dell'impero, capitale della X Regione augustea Venetia et Histria. Gli scavi archeologici effettuati, con particolare riferimento all'estensione delle mura e dell'agglomerato interno alle stesse, ci danno una chiara immagine del suo eccezionale sviluppo urbano e demografico. Ancor oggi Aquileia è, insieme a Ravenna, il massimo sito archeologico dell'Italia settentrionale. La città era inoltre importantissimo porto fluviale sull'allora fiume Natissa, snodo dei traffici adriatici verso l'Europa settentrionale (la così chiamata via Iulia Augusta) e verso l'Illiria. Aquileia doveva la sua importanza principalmente ad una posizione strategicamente favorevole, sia sotto il profilo commerciale che militare: sorgeva infatti sul mare Adriatico ed in prossimità delle Alpi orientali permettendo in tal modo a Roma di contrastare più efficacemente le invasioni barbariche provenienti da oriente. Nelle sue campagne militari, Giulio Cesare era solito portare le sue legioni a svernare proprio ad Aquileia durante l'inverno. Il greco Strabone, geografo di età augustea, in una sequenza della sua opera annota che il porto di Aquileia, colonia romana «...fortificata a baluardo dei barbari dell'entroterra... si raggiunge... risalendo il fiume Natisone per sessanta stadi... e serve come emporio per i popoli illirici stanziati lungo l'Istro (Danubio[3]. Va al riguardo segnalato che mentre al giorno d'oggi il Natisone è tributario dell'Isonzo, all'epoca sfociava direttamente in mare. Lo sviluppo di altri centri oltre ad Aquileia, quali Forum Iulii (Cividale del Friuli) e Iulium Carnicum (Zuglio) contribuì ad assicurare alla regione un notevole rigoglio economico e culturale che riuscì a mantenere, nonostante le prime incursioni barbariche, fino agli inizi del V secolo. Negli ultimi decenni del III secolo Aquileia divenne la sede di uno dei vescovati più prestigiosi dell'Impero, contendendo in Italia il secondo posto per importanza, dopo Roma, alle capitali imperiali di Milano e, successivamente, Ravenna. Nel 381 vi si tenne un importante concilio, presieduto dal vescovo Valeriano ma fortemente voluto da sant'Ambrogio, che aveva preferito Aquileia alla sua sede episcopale di Milano per far condannare pubblicamente l'eresia ariana e i suoi seguaci.

L'invasione unna segnò l'inizio della decadenza: Aquileia fu espugnata e rasa al suolo da Attila nel 452. La città, protetta da truppe esigue, subì in quell'occasione un lungo assedio che la costrinse alla resa per fame. La collera dei barbari sugli assediati fu terribile, si registrò ogni sorta di scempio e di violenza e tutto fu dato al fuoco (in alcune fondamenta sono state ritrovate le tracce lasciate dagli incendi). Terminata l'ondata unna, i superstiti, che avevano trovato rifugio nella laguna di Grado ritornarono ad Aquileia, ma trovarono solo cumuli di macerie fumanti. La ricostruzione della città, riportando quella che era stata la superba capitale della X Regio all'antico splendore, fu un'impresa vagheggiata ma mai effettivamente realizzata. Aquileia rimase comunque un punto di riferimento ideale di enorme importanza anche dopo il crollo dell'Impero, grazie alla costituzione del Patriarcato, naturale successore del vescovato omonimo a partire dalla metà del VI secolo e sede di una fra le massime autorità cristiane del tempo.

L'insicurezza della pianura friulana, punto di passaggio di tutte le grandi invasioni barbariche, spinse in quell'epoca molte persone a trovar rifugio nelle isole o nei borghi fortificati sulle colline, determinando in tal modo lo spopolamento della parte più fertile della regione ed un suo generale impoverimento.

Cronologia relativa al periodo delle origini e dell'epoca romana
  • 1000 a.C.-400 a.C. - L'attuale territorio del Friuli è abitato in gran parte da popolazioni paleovenete ed illiriche (queste ultime solo in alcune zone sudorientali). Sviluppo della cultura dei Castellieri procedente dall'Istria;
  • 400 a.C.-300 a.C. - La popolazione celta dei Carni occupa gran parte dell'attuale Friuli, inserendosi attivamente nella cultura dei Castellieri;
  • 221 a.C. - Alcune legioni romane dirette in Istria attraversano il Tagliamento e l'Isonzo. È questo il primo contatto, storicamente accertato, fra i Romani e le popolazioni autoctone della regione;
  • 181 a.C. - Viene fondata in prossimità dell'Adriatico e sul fiume Natisone la Colonia di diritto latino di Aquileia. I Carni vengono ricacciati nelle prealpi friulane;
  • 148 a.C. - Viene fatta costruire dal console Spurio Postumio Albino la Via Postumia, che unisce Genova ed Aquileia;
  • 131 a.C. - Costruzione, per volere del pretore Annio Rufo, della Via Annia che congiunge Aquileia ad Adria passando per Padova;
  • 115 a.C. - Definitivo assoggettamento dei Carni a Roma, dopo strenua resistenza. Le armi romane erano guidate dal console M. Emilio Scauro;
  • 50 a.C.-49 a.C. - I centri di Forum Julii (l'attuale Cividale del Friuli) e Julium Carnicum (l'attuale Zuglio) divengono entrambi Municipia romani;
  • 7 - Viene costituita la X Regio, Venetia et Histria, comprendente l'intera Italia nord-orientale fino al Golfo del Quarnero con capitale Aquileia. La città è all'epoca il quarto centro più popoloso d'Italia;
  • 167 - La tribù germanica dei Quadi, oltrepassate le Alpi, cinge d'assedio Aquileia senza riuscire però ad espugnarla;
  • 238 - L'imperatore Massimino il Trace perde la vita alle porte di Aquileia, assassinato dai suoi stessi soldati. Aquileia aveva chiuso le porte all'esercito imperiale per paura di saccheggi e spoliazioni da parte delle truppe;
  • 300 circa - Potenziamento della zecca di Aquileia da parte di Diocleziano;
  • 308-319 - Vescovo di Aquileia è Teodoro, vero artefice della futura grandezza della Diocesi, poi Patriarcato, di Aquileia. Va comunque sottolineato che la Diocesi di Aquileia si era già strutturata come tale nel corso della seconda metà del III secolo ed aveva dato alla chiesa cattolica una serie di martiri, vittime delle persecuzioni contro i cristiani, fra cui il suo primo vescovo Ermacora;
  • 361 - L'imperatore Giuliano assedia Aquileia, restata fedele a suo cugino Costanzo II, e fa deviare le acque del fiume Natisone a nord della città, mettendo così fine definitivamente al porto fluviale;
  • 381 - Nella città di Aquileia viene celebrato un concilio, promosso da sant'Ambrogio e presieduto dal vescovo della città, Valeriano, dove viene espressa una netta e definitiva condanna della dottrina ariana;
  • 388 - Teodosio I cattura e mette a morte ad Aquileia l'usurpatore Magno Massimo che, dopo la Battaglia della Sava, si era rifugiato in città;
  • 394 - Teodosio sconfigge, non lontano da Aquileia, l'usurpatore Flavio Eugenio. Il grande scontro, conosciuto come Battaglia del Frigido, ebbe luogo nella vallata del Vipacco, nell'attuale Slovenia. Con questa vittoria Teodosio riunisce nelle sue mani, e per l'ultima volta, l'Occidente e l'Oriente romano;
  • 401-402 - Alarico I, re dei Visigoti, tenta di espugnare Aquileia, senza riuscirvi;
  • 408 - Nella sua seconda discesa in Italia, Alarico tenta nuovamente, e inutilmente, di espugnare Aquileia;
  • 452 - Aquileia cade per mano di Attila, re degli Unni.

Il medioevo[modifica | modifica wikitesto]

Dopo il crollo dell'Impero romano d'Occidente il Friuli entrò a far parte del Regno di Odoacre e successivamente di quello ostrogoto di Teodorico. La riconquista bizantina voluta dal grande Giustiniano (535-553) fu, per la Regione, di breve durata: nel 568 i Longobardi la occuparono.

La capitale venne spostata a Forum Iulii, fortificata nel corso del medioevo per poter resistere ad altri barbari. In epoca longobarda Forum Iulii si impose come il più importante e popoloso centro della Regione e, nei secoli successivi, mutò il suo nome in quello di Cividale del Friuli. La città, prima ancora di perdere definitivamente la sua denominazione latina, diede a sua volta il proprio nome all'intero territorio. Con successivi passaggi linguistici infatti, il nome Forum Iulii, sulla bocca delle popolazioni friulane di allora, si trasformò in Friûl e si estese fino ad indicare la totalità del ducato longobardo friulano.

I Longobardi lasciarono un profondo segno nella storia del Friuli, creando un forte ducato, che fin dalle sue origini rivestì una funzione militare e politica di primo piano nell'ambito del regno longobardo. Durante tutta la sua esistenza, il ducato del Friuli si configurò come una vera e propria barriera contro le minacce degli Avari e degli Slavi. Tale funzione strategica fu intuita fin dagli albori del dominio longobardo: il ducato del Friuli fu infatti il primo ad essere costituito in Italia e lo stesso Alboino volle affidarlo al nobile Gisulfo, suo parente e braccio destro. Non a caso, molti duchi del Friuli divennero anche re dei Longobardi. Fra questi, Rachis (prima metà dell'VIII secolo), sovrano di ampia cultura e profondamente religioso, fu un convinto sostenitore del processo di fusione fra l'elemento germanico e quello romano o romanizzato che oramai sia in Friuli che nel resto dell'Italia longobarda poteva considerarsi pienamente realizzato. L'adozione della religione cattolica (VII secolo) e della lingua latina avevano infatti permesso ai Longobardi di integrasi con le popolazioni autoctone e di partecipare attivamente allo sviluppo, anche civile e culturale, del territorio. Longobardi del Friuli furono anche Astolfo, successore di Rachis prima come duca del Friuli, poi come re d'Italia, e infine lo storico Paolo Diacono, autore della Historia Langobardorum e professore di grammatica latina presso la corte di Carlo Magno.

Alla dominazione Longobarda seguì quella franca, che iniziò a partire dagli ultimi decenni dell'VIII secolo. I Franchi riorganizzarono il Ducato del Friuli su base comitale e lo inserirono nel Regnum Italiae. Fu poi trasformato in Marca del Friuli nell'846. A cavallo tra i secoli IX e X il Friuli fu coinvolto nella lotta per il controllo d'Italia, quando il marchese Berengario si fece incoronare prima re d'Italia nell'888 e quindi imperatore del Sacro Romano Impero nel 915. Il Friuli estese allora il suo territorio sino al lago di Garda, mentre la capitale veniva spostata a Verona, costituendo la Marca di Verona e Aquileia. Con lo smembramento dello Stato carolingio (IX secolo) assunse sempre maggior importanza per i destini del Friuli la componente germanica dell'Impero.

Il 3 aprile del 1077 è una data che resterà per sempre impressa nella storia del Friuli: in questa giornata memorabile infatti l'imperatore Enrico IV concesse al Patriarca Sigeardo, per la sua fedeltà al potere imperiale, la contea del Friuli con prerogative ducali. Tale linea filo-imperiale, seguita anche dai successori di Sigeardo, permise loro di consolidare lo Stato, la Patrie dal Friûl, che oltre a tale regione incluse in periodi storici diversi anche Trieste, l'Istria, la Carinzia, la Stiria, il Cadore. Lo Stato patriarcale del Friuli si impose ben presto come una delle più ampie e potenti formazioni politiche dell'Italia del tempo, dotandosi, fin dal XII secolo, anche di un Parlamento, espressione massima della civiltà friulana sotto il profilo istituzionale. Taluni studiosi ritengono, basandosi su documenti storici, che il Parlamento Friulano si sia riunito, e quindi esistesse, 20 anni prima che venisse emanata la Magna Charta inglese (12 giugno 1215). Tale organismo prevedeva inoltre una rappresentanza assembleare anche dei comuni e non solo dei nobili e del clero. La vita di questa grande Istituzione si protrasse per oltre sei secoli, mantenuta persino sotto la dominazione veneziana, anche se in parte svuotata di potere: si riunirà infatti per l'ultima volta nel 1805. Sarà abolita da Napoleone Bonaparte. Il Patriarca Marquardo di Randeck (1365-1381) raccolse tutte le leggi emanate in precedenza nella Constitutiones Patriae Foriiulii, ossia Costituzione della Patria del Friuli. L'attuale Cividale del Friuli sarà sede del Patriarcato del Friuli fino al 1238, anno in cui il Patriarca si trasferirà a Udine dove farà costruire un superbo palazzo, per se e per i propri successori. Udine assumerà in tal modo sempre maggiore importanza divenendo col tempo la capitale istituzionale del Friuli.

Cronologia dell'età medievale[4]


  • 476 - Il generale erulo Odoacre depone l'imperatore Romolo Augustolo (ultimo sovrano legittimo dell'Impero Romano d'Occidente) e si proclama re d'Italia;
  • 489 - Gli Ostrogoti provenienti dalla Pannonia sotto la guida di Teodorico invadono il Friuli e sconfiggono facilmente Odoacre. Le cronache del tempo parlano del nuovo regno gotico come di un periodo di gravi carestie, inasprimenti fiscali, dissidi tra latini e barbari;
  • 535-553 - Le guerre gotiche pongono fine al regno dei Goti ed instaurano nella penisola l'amministrazione bizantina;
  • 553 - Inizia lo Scisma tricapitolino che vede protagonista la chiesa di Aquileia;
  • 568 - I Longobardi, provenienti dalla Pannonia e guidati dal re Alboino invadono il Friuli. La loro invasione avviene lentamente e senza incontrare alcuna resistenza armata; un'invasione molto differente dalle precedenti, le quali avevano invece lasciato dietro a sè morte e rovine. In breve tempo i Longobardi si impadroniscono di gran parte d'Italia; Forum Iulii (Cividale del Friuli) diviene capitale del Ducato del Friuli, prima entità statuale longobarda in Italia;
  • 568-776 - Per duecentootto anni la storia del Friuli si confonde con quella dei Longobardi. Il primo secolo coinciderà con un periodo di lotte, congiure, instabilità politica e dalle incursioni degli Avari e Slavi; il secondo sarà invece un periodo di forte sviluppo economico, politico, culturale ed artistico, grazie anche all'adozione da parte dei longobardi del cattolicesimo (prima metà del VI secolo) e della lingua latina. Le vicende di questo periodo sono brillantemente narrate dal cividalese Paolo Diacono (morto nel 799) nel suo libro Historia Langobardorum;
  • 698 Con la fine dello Scisma tricapitolino la chiesa di Aquileia e quella di Roma rientrano in comunione;
  • 776 - Carlo Magno, re dei Franchi, invocato da Papa Adriano I che si sente minacciato dal re longobardo Desiderio, entra in Italia con un esercito e sconfigge i Longobardi. Il Ducato del Friuli, primo ad essere costituito, sarà l'ultimo a cadere. Nonostante la sconfitta l'eredità etnica e culturale lasciata dai Longobardi non sarà mai cancellata;
  • 776-899 - Il dominio franco non riesce a creare condizioni di stabilità nonostante le particolari cure che lo stesso Carlo Magno dedica al Friuli. In questo periodo tornerà a rifiorire la città di Cividale, adesso chiamata Civitas Austriae e non più Forum Iulii, termine che invece andrà ad identificare il nome dell'intera regione;
  • 899-952 - Il Friuli subisce la più lunga e devastante invasione per mano degli Ungari. Provenienti da una zona compresa tra il Volga e gli Urali arrivano a spingersi prima in Germania quindi in Italia. Le loro invasioni non hanno carattere stabile, si tratta bensì di rapide incursioni che lasciano dietro a se incendi, morti e rovine. Le conseguenze delle invasioni ungare saranno fatali per il Friuli: spopolamento della regione, interruzione delle vie di comunicazione, abbandono delle attività produttive;
  • 952-1019 - Dopo la vittoria sugli Ungari da parte di Enrico duca della Baviera e della Carinzia, fratello di Ottone I (futuro imperatore), il Friuli, ridotto a semplice comitato, viene incorporato alla marca veronese (955 circa). Nel 989 è annesso al ducato di Carinzia;
  • 1019-1077 - Viene avviata, per mano del patriarca di Aquileia, la rinascita materiale e spirituale del Friuli. Questo processo, che porterà al riconoscimento giuridico dello stato patriarcale da parte dell'imperatore, rappresenta uno degli esempi più noti di compartecipazione tra chiesa e società, tipici del periodo medievale;
  • 1077 - A Pavia il 3 aprile del 1077 l'imperatore Enrico IV concede al patriarca Sigeardo l'investitura feudale con prerogative ducali su tutta la contea del Friuli. È l'atto di nascita dello stato patriarcale friulano; con questo atto il Friuli riacquista la sua integrità territoriale e la sua autonomia politica. Nonostante non si possa configurare come un vero stato sovrano, l'esempio friulano rappresenta una delle forme più mature di organizzazione politica unitaria ed accentrata sorte in Europa nel Medioevo;
  • 1077-1204 - I successori di Sigeardo si mantengono fedeli alla politica di Enrico IV e poi del figlio Enrico V facendo dello stato friulano la pedina avanzata della politica imperiale in Italia. All'unità territoriale dello stato friulano (alla fine del XII secolo lo stato più ampio e compatto dell'Italia settentrionale) viene ad affiancarsi anche un'unità etnico-culturale tale da poter essere ormai definita semplicemente friulana;
  • 1204-1251 - È il periodo di massimo splendore del patriarcato; il Friuli mai come in questo periodo ha raggiunto tanta autonomia e prestigio internazionale. Sotto il patriarcato di Volchero (1204-1218) grande impulso viene dato ai traffici commerciali ed alle attività produttive, viene migliorata la rete viaria e si sviluppa una brillante attività culturale. A Volchero succede il patriarca Bertoldo di Andechs-Merania (1218-1251) il quale ha fin dall'inizio un occhio di riguardo per Udine che in breve tempo passa da piccolo villaggio a città. Le mire di conquista dei ghibellini Ezzelino III da Romano e Mainardo III, conte di Gorizia, costringono il patriarca a cercare aiuto nel partito avversario (quello guelfo) alleandosi con Venezia e con il duca di Carinzia;
  • 1251-1334 - Il Friuli divenuto elemento di forza della lega Guelfa si avvia ad un lento ma inesorabile declino. Il patriarca non riesce più a conservare la coesione tra i comuni friulani e frequenti divengono i tradimenti, le congiure e le lotte tra vassalli; il conte di Gorizia diviene il principale avversario dell'autorità patriarcale;
  • 1282 Pordenone diventa patrimonio personale degli Asburgo.
  • 1334-1381 - Grazie agli sforzi dei patriarchi viene nuovamente dato lustro e prestigio allo stato friulano, ma i loro propositi sono coronati da un successo parziale ed effimero. Molto si deve al patriarca Bertrando di San Genesio (1334-1350) che, amato dal popolo, consegue numerosi successi sul piano militare e diplomatico senza mai trascurare i suoi doveri di vescovo. Il 6 giugno del 1350, ormai novantenne, rimane vittima di una congiura guidata dal conte di Gorizia e dal comune di Cividale. Il patriarca Marquardo di Randeck (1365-1381) passerà invece alla storia per aver promulgato (11 giugno 1366) la Costituzione della Patria del Friuli (Constitutiones Patriae Foriiulii), base del diritto friulano fino alla caduta della Repubblica di Venezia;
  • 1353 - Il 1º agosto, con un diploma di attuazione, l'Imperatore germanico Carlo IV di Lussemburgo autorizza il Patriarca ad istituire in Friuli un'università. Avrà sede a Cividale del Friuli. È previsto il dottorato in materie scientifiche, matematiche, giuridiche, ecclesiastiche. Funzionerà, anche se in maniera irregolare, fino al 29 aprile 1429 quando, con decreto, Venezia la chiuderà;
  • 1381-1420 - È il periodo della decadenza dello stato patriarcale, principalmente causata da uno spirito di fazione, odio e vendetta tra i comuni friulani, in particolare tra quelli di Udine e Cividale, lite in cui vengono coinvolti altri stati italiani ed esteri. Con Cividale si schierano gran parte dei comuni friulani, i carraresi, Padova ed il Re d'Ungheria; Udine appoggia invece Venezia. Nel 1411 il Friuli divenne campo di battaglia fra l'esercito imperiale (schierato con Cividale) e quello veneziano (schierato con Udine). Nel dicembre di questo stesso anno l'esercito dell'imperatore si impadronisce di Udine; il 12 luglio 1412 nel Duomo di Cividale viene investito dei suoi poteri temporali il patriarca Ludovico di Teck (questa fu l'ultima cerimonia del Sacro Romano Impero in Friuli). Il 13 luglio 1419 i Veneziani occupano però Cividale e si prepararono alla conquista di Udine;
  • 1420 - Il 7 giugno 1420, dopo una strenua difesa, l'esercito veneziano entra nella città di Udine; subito dopo cadono Gemona, San Daniele, Venzone, Tolmezzo; è la fine dello stato patriarcale friulano;
  • 1445 - Dopo lunghe trattative il patriarca Ludovico Trevisan accetta il concordato imposto da Venezia mediante il quale viene abolita di fatto l'indipendenza del Friuli. Da qui in avanti il Friuli seguirà le vicende della Serenissima Repubblica Veneta.

Dalla dominazione veneziana al Risorgimento[modifica | modifica wikitesto]

L'esperienza del Patriarcato, per certi versi molto moderna, si concluse nel 1420, quando il Friuli fu annesso alla Repubblica di Venezia, una delle grandi potenze dell'epoca, con un territorio in piena espansione. Il dibattito storico sul rapporto fra Venezia e i suoi territori coloniali è tuttora aperto ed in gran parte esula da motivazioni propriamente storiche per collegarsi al mito della città lagunare. Secondo la storiografia più tradizionale infatti «la quiete civile e lo stato pacifico della sua classe dominante sarebbero stati i principi su cui si sarebbe fondato il mito di Venezia»[5]. Per la nuova storiografia internazionale invece: «per lungo tempo non è stato possibile dissociare la realtà (di Venezia) dall'immagine, straordinariamente lusinghiera e deformata (di Venezia)...il mito politico veneziano ha per secoli distorto l'approccio e le analisi. Almeno fino al XIX secolo, esso (il mito di Venezia) ha pesato sulla scrittura della storia, poiché la storia aveva come fine principale di confortare il mito»[6]. Solo da pochi anni si è iniziato a investigare sulle supposte deficenze del sistema politico oligarchico veneziano e sui rapporti profondamente conflittuali esistenti tra Venezia e gli altri territori facenti parti del suo Stato. Gli studiosi oggigiorno sono quasi unanimemente concordi nel considerare questo periodo come uno dei più tormentati e difficili di tutta la lunga storia del Friuli.

Il Friuli, utilizzato spesso come Stato cuscinetto in funzione antiturca, fu ripetutamente devastato da una lunga serie di guerre per il suo possesso fra Venezia e gli Asburgo. Tali guerre comportavano per le classi rurali disagi e miseria, con l'impossibilità di coltivare la campagna percorsa dagli eserciti in lotta e con la requisizione forzosa di tutti gli animali da allevamento per il vettovagliamento dei soldati. La necessità di procurarsi legname per le proprie imbarcazioni causò inoltre il disboscamento della totalità della bassa friulana e del medio Friuli. Venezia si impossessò delle terre collettive di proprietà delle comunità rurali friulane impoverendole gravemente. Queste terre saranno poi vendute dallo Stato nel corso del '600 per superare la sua grave situazione finanziaria e fare cassa.

D'altra parte a partire dal terzo decennio del XVII secolo la Repubblica di Venezia entrò in un processo di decadenza irreversibile dovuto alla perdita di molti suoi mercati tradizionali, alla canalizzazione del risparmio e di importanti risorse finanziarie in investimenti improduttivi (soprattutto di carattere fondiario), e alla perdita di competitività delle sue industrie e dei suoi servizi[7]. Un rapido processo di impoverimento colpì anche il Friuli, soggetto ad una pressione fiscale sempre più opprimente ed alla crisi pressoché totale delle sue industrie e dei commerci.

A questo proposito va detto che la politica populista praticata da Venezia (non riferita particolarmente al Friuli) cercò in ogni modo, secondo alcuni storici, di «limitare gli effetti più oppressivi ed anacronistici della società feudale»[8]. Di differente avviso altri studiosi che affermano che il governo aristocratico veneto tollerava in Friuli, la sopravvivenza dei più pesanti diritti feudali[9]. Questa politica per assicurarsi l'appoggio delle plebi urbane e rurali come contrappeso alle tendenze autonomiste e centrifughe delle oligarchie locali, anche aristocratiche, non poté più essere messa in atto a partire dalla Guerra dei Trent'anni.

Un'importante rivolta popolare, fatto storico molto noto e conosciuta come Joibe grasse 1511 (giovedì grasso 1511), fu iniziata a Udine il 27 febbraio da cittadini udinesi affamati in seguito supportati dai contadini e si estese successivamente all'intero territorio della Patrie dal Friûl. Tale movimento insurrezionale fu uno dei più vasti dell'Italia rinascimentale e si protrasse per tutto il 27 febbraio ed il 28 febbraio, fino a quando, il 1º marzo, fu affogata nel sangue da Venezia che inviò alcune centinaia di cavalieri per sedare i moti. La mancanza di risorse finanziarie adeguate costrinse le classi dirigenti veneziane a non dare più ascolto alle aspirazioni ed esigenze popolari incrementando il già elevato livello impositivo e riallacciando i rapporti con le classi aristocratiche friulane, naturali custodi dell'ordine costituito. Tale politica determinò una perdita generalizzata dei consensi già scarsi di cui godeva Venezia presso le classi popolari. Si tentò infine, a varie riprese, di sostituire o integrare il patriziato friulano con nobili veneti, o di venetizzarli in vario modo, anche attraverso lo strumento linguistico. Alla metà del XVI secolo gli abitanti della Patria del Friuli erano 198.615, nel 1599, secondo la stima del Luogotenente del tempo, Stefano Viario, erano 97.000 e nel 1629, c'erano 79,3 nati morti su 100 vivi.[10].

Con i patti di Noyon del 1516 i confini tra la Repubblica Veneta e la Contea di Gorizia e Gradisca, ormai in mano agli Asburgo, vennero ridefiniti. Venezia perdeva l'alto bacino dell'Isonzo (cioè la gastaldia di Tolmino con Plezzo ed Idria), ma manteneva Monfalcone. All'arciduca d'Austria rimanevano Marano (fino al 1543) ed una serie di isole feudali sparse nel Friuli Occidentale [11]. Tra il 1615 ed il 1617 Venezia e l'Austria si affrontarono di nuovo militarmente per il possesso della fortezza di Gradisca d'Isonzo. La cosiddetta guerra di Gradisca si concluse con il ritorno allo status quo precedente.

A partire dal 1516 l'Impero Asburgico controllò il Friuli orientale, mentre il Friuli occidentale e centrale rimase veneziano fino al 1797, anno del trattato di Campoformio, quando in seguito alle campagne napoleoniche anche questa parte del Friuli venne ceduta all'Austria, che la perse per un breve periodo in cui fece parte del Regno italico, dal 1805 fino alla Restaurazione. La contiguità tra il Friuli veneto e il Friuli austriaco permetteva confronti e, secondo alcuni studiosi, questi non erano affatto lusinghieri per la Serenissima[12]. Dopo la costituzione del Regno Lombardo-Veneto il Mandamento di Portogruaro, da sempre Friuli per storia, cultura, geografia e a lungo anche per lingua, fu dall'Austria tolto dalla Provincia del Friuli (allora parte del Regno del Lombardo-Veneto austriaco) e assegnato alla Provincia di Venezia (1838) Oggi sta chiedendo di ritornare a fare parte del Friuli amministrativo[13]. Il Friuli centrale (attuale provincia di Udine) e il Friuli occidentale (attuale provincia di Pordenone) furono annessi all'Italia nel 1866 assieme al Veneto, mentre il Friuli orientale (la cosiddetta Contea di Gorizia e Gradisca) rimase austriaca fino al termine della Prima guerra mondiale.

Cronologia del periodo dalla dominazione veneziana al Risorgimento

Storia contemporanea[modifica | modifica wikitesto]

La Prima guerra mondiale e la proposta di autonomia[modifica | modifica wikitesto]

Sacrario militare di Redipuglia, dove sono inumati i caduti della Prima guerra mondiale sul fronte dell'Isonzo

Durante la Prima guerra mondiale il Friuli, che all'epoca si trovava diviso tra Regno d'Italia e Austria-Ungheria (Provincia di Udine per il Regno d'Italia; una parte della Contea di Gorizia e Gradisca per l'Impero d'Austria-Ungheria), fu teatro delle operazioni belliche, che ebbero conseguenze gravose per la popolazione civile, soprattutto dopo la disastrosa rotta di Caporetto.

Lo stesso argomento in dettaglio: Fronte italiano (Prima guerra mondiale).

Dopo Caporetto, riprese in Austria la vita politica che vide i rappresentanti dei vari popoli dell'Impero battersi per la trasformazione della Monarchia in senso democratico e confederale. In questo clima, i due deputati friulani presso il Parlamento di Vienna Giuseppe Bugatto e Luigi Faidutti, iniziarono una campagna politica per l'autonomia del Friuli orientale (con capoluogo Gorizia). A tale scopo si costituì un Consiglio nazionale friulano, per iniziativa del Partito cattolico popolare del Friuli che rispose positivamente a una serie di proposte formulate da Carlo I mediante un proclama lanciato nell'ottobre del 1918 che prevedeva anche la piena libertà di autoderminazione del popolo friulano in caso di mutamenti di confine. In un celebre discorso pronunciato alla Camera di Vienna il 25 ottobre 1918, Luigi Faidutti ribadì la richiesta di autonomia e il diritto all'autodeterminazione per il popolo friulano. Il discorso si concludeva con le prime e ultime parole pronunciate in friulano nel Parlamento austriaco:

«Se duc' nus bandonin, nus judarîn besoi. Dio che fedi il rest. No uarin che nissun disponi di nô, senza di nô.»

«Se tutti ci abbandonano, ci aiuteremo da soli. Che Dio faccia il resto. Non vogliamo che nessuno disponga di noi senza di noi.»

L'opinione pubblica italiana e gli irredentisti locali videro però nella svolta autonomista di Carlo I il disperato tentativo di una monarchia agonizzante di puntellare il proprio potere blandendo quei settori della società del Friuli Orientale tradizionalmente leali agli Asburgo.

Il conflitto si concluse con l'annessione all'Italia di quasi tutti i territori che l'opinione pubblica italiana riteneva fossero geograficamente e/o etnicamente italiani e che le erano stati promessi con il Patto di Londra (1915). Tra questi ultimi il Friuli Orientale, compreso nella Contea di Gorizia e Gradisca e la Val Canale, appartenente amministrativamente al Ducato di Carinzia. In realtà tali territori, pur se legati storicamente al Friuli, erano mistilingui: nella Val Canale gli sloveni costituivano insieme ai germanofoni la componente maggioritaria della popolazione e anche nel Friuli Goriziano esisteva, accanto a popolazioni di lingua friulana e veneta che avevano l'italiano come lingua di cultura, una forte minoranza linguisticamente ed etnicamente slovena.

Lo stesso argomento in dettaglio: Venezia Giulia.

Il primo dopoguerra e il fascismo[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1923 fu soppressa la Provincia di Gorizia (ex Contea di Gorizia e Gradisca). I suoi territori venivano inclusi in larga parte nella Provincia del Friuli (con capoluogo Udine) ed in quella di Trieste (cui furono attribuiti i mandamenti di Monfalcone, di Sesana, e il Comune di Grado), mentre alla Provincia dell'Istria fu assegnato il solo mandamento di Bisterza [14]. L'abolizione della Provincia di Gorizia, incorporata a quella di Udine per dare luogo alla Provincia del Friuli era il risultato di due volontà: la prima era quella di ridurre l'influenza della minoranza slovena [15] e la seconda, tenacemente perseguita dalle classi dirigenti udinese e triestina, di estendere il proprio controllo sul Goriziano [16]. La Provincia di Gorizia fu ricostituita, con ampie mutilazioni territoriali, con il decreto del 1º gennaio 1927. Essa non riacquistava i mandamenti ceduti alle Province di Trieste e dell'Istria, mentre rimanevano a quella di Udine la Val Canale ed il mandamento di Cervignano [17].

Durante il periodo del fascismo il Friuli dovette subire un processo di assimilazione etnica, di cui furono vittime soprattutto la popolazione slovena e quella tedesca. Forte fu anche la pressione sulla comunità friulana, che il fascismo tentò di usare in funzione anti-slava. L'assimilazione comportava anche la proibizione dell'uso delle lingue slovena, tedesca e friulana, nonché l'italianizzazione forzata di cognomi e nomi sloveni, tedeschi e friulani. Fatto poco noto, la popolazione tedesca della Val Canale fu obbligata (come quella dell'Alto Adige) a optare: le fu imposto, cioè, di scegliere se italianizzarsi o trasferirsi in Germania.[18]. La maggior parte della popolazione di lingua e cultura tedesca, scelse di abbandonare l'Italia e fu sostituita da popolazione proveniente da altre regioni italiane o da friulani. Tra gli optanti vi furono anche alcuni sloveni della Val Canale, mentre altri appartenenti a questo gruppo etnico, provenienti dal Goriziano, emigrarono nel Regno di Jugoslavia, in Argentina e in altri paesi. La maggioranza della comunità slovena decise però di non abbandonare le proprie terre nonostante le pressioni da parte delle autorità -|fasciste.

La Seconda guerra mondiale[modifica | modifica wikitesto]

A partire dal 1943 il Friuli era stato sottoposto al controllo diretto del Terzo Reich, interessato ad avere uno sbocco sull'Adriatico e a sottrarre le zone confinarie all'influenza della Repubblica Sociale Italiana. Anche il movimento partigiano acquistò una forza sempre maggiore tanto da creare la Repubblica libera della Carnia nel 1944. Il 1º ottobre 1943, era infatti stato istituito dalla Germania nazista l'Adriatisches Küstenland, formato dalle Province di Udine, Gorizia, Trieste, Lubiana, Pola e Fiume. I nazisti si avvalsero anche delle truppe cosacche antistaliniste, per tentare di debellare le formazioni partigiane nell'Alto Friuli. Nell'inverno 1943-1944 penetrò nelle zone montuose del Friuli orientale (Slavia Friulana) anche il movimento di resistenza sloveno a egemonia comunista, che vi restò attivo fino alla fine della guerra. È proprio all'interno dei tesi rapporti tra la resistenza titoista jugoslava e le varie componenti di quella italiana che si inquadra l'episodio dell'eccidio di Porzûs. Nell' inverno 1944-45 gli scali ferroviari di Udine e della Val Canale, i ponti sul Tagliamento ed altri obiettivi strategici, subirono pesanti bombardamenti aerei anglo-americani.

Lo stesso argomento in dettaglio: Eccidio di Porzûs.

Il secondo dopoguerra[modifica | modifica wikitesto]

Al termine della seconda guerra mondiale si propose il problema della definizione dei confini tra la Jugoslavia e l'Italia, che riguardava anche la fascia orientale del Friuli, da Tarvisio a Monfalcone. Fra il 1945 e il 1947, furono formulate le più svariate proposte sui nuovi confini tra i due paesi. La Jugoslavia premeva per vedersi riconoscere tutti quei territori che riteneva etnicamente sloveni, come anche la Bisiacaria dove era presente un forte movimento comunista filo-jugoslavo. La proposta dell'Unione Sovietica, che appoggiava la Jugoslavia, lasciava a questo Stato il tarvisiano fino a Pontebba, tutte le vallate a est di Cividale del Friuli, Gorizia, Monfalcone, il Carso etnicamente sloveno e tutta l'attuale provincia di Trieste. Contrariamente a quanto a volte si è sostenuto, non ci fu alcuna proposta ufficiale che fissasse il confine sul Tagliamento, un disegno la cui unica traccia è rinvenibile in una lettera inviata da Tito a Stalin.

Nel 1947, quando ancora non era stato ratificato il trattato di pace, nella costituzione italiana, come dimostrazione politica che l'Italia non intendeva rinunciare all'Istria, a Trieste e al Goriziano, fu aggiunto al nome Friuli, anche quello di Venezia Giulia pur se diviso da un trattino. Tale scelta fu avversata dall'opinione pubblica friulana, che proprio nell'immediato secondo dopoguerra, iniziava a rivendicare l'autonomia per la propria Regione.

Pier Paolo Pasolini a Casarsa

A tale riguardo va segnalato che nel 1945 nacque a Udine l'Associazione per l'Autonomia Friulana, tra i cui primi iscritti si annoveravano alcuni personaggi che avrebbero svolto un ruolo di primo piano nell'autonomismo friulano dei successivi dieci anni: Tiziano Tessitori, Gianfranco D'Aronco e Pier Paolo Pasolini. L'Associazione per l'Autonomia Regionale Friulana aveva come scopo, così come si legge nello statuto, quello di: far riconoscere che il Friuli costituisce un'entità regionale assolutamente distinta dalle limitrofe regioni veneta e giuliana, e quindi ottenergli la più ampia autonomia politico-amministrativa ed economica nell'ambito dello stato italiano. Nel 1947 dall'Associazione per l'Autonomia Friulana si staccò il più radicale Movimento Popolare Friulano, il cui obiettivo, come emerge dal suo statuto, era quello di ottenere la ricostituzione integrale della Regione del Friuli nei suoi confini naturali, con la più ampia autonomia, entro l'ambito dello Stato italiano. I due movimenti ebbero una vita di pochi anni.

L'autonomismo friulano conobbe una nuova auge a partire dagli anni sessanta. In quell'epoca, infatti, si iniziò a discutere su alcuni temi strettamente collegati tra loro: la creazione della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia e di un'università friulana, il problema delle servitù militari che limitavano lo sviluppo economico della Regione, il riconoscimento della lingua friulana, il problema dell'emigrazione che colpiva duramente le terre friulane, la questione dei rapporti tra il Friuli e Trieste. In quel decennio (1966) nacque anche il Movimento Friuli, il partito politico che incarnò le istanze friulaniste per due decenni. Nonostante la presenza di notevoli fermenti autonomisti, in Friuli la Democrazia Cristiana rimase per decenni il partito di maggioranza relativa (con una presenza più consistente delle sinistre in Carnia, in Bisiacaria e nel Mandamento di Cervignano).

La storia naturale ha visto due eventi tragici in Friuli nel secondo dopoguerra: il disastro del Vajont del 1963 e il terremoto del Friuli del 1976.

Cronologia dell'età contemporanea


Cultura[modifica | modifica wikitesto]

Lingue[modifica | modifica wikitesto]

Un cartello in italiano e friulano su una strada provinciale

Praticamente tutti gli abitanti della regione utilizzano come lingua amministrativa e di cultura l'italiano (lingua insegnata obbligatoriamente a scuola), e, specialmente a Udine, l'italiano è la prima lingua anche nell'uso domestico, sebbene la lingua friulana sia correntemente utilizzata nelle sue varianti nella maggior parte del territorio del Friuli.

Ai sensi della L.482/99, la lingua friulana, lo sloveno (nelle sue varianti locali) e il tedesco (nelle sue varianti locali) sono riconosciute e tutelate come lingue minoritarie storiche. Queste le zone dove sono parlate le lingue minoritarie diverse dal friulano: 1) Lingua tedesca nelle sue varianti locali: nella Val Canale, a Sappada e nella frazione di Timau, al confine con l'Austria, e Sauris. 2) Lingua slovena nelle sue varianti locali: nella Val Canale, nella Benečija, nel Collio e sul Carso goriziano, in alcuni comuni della Bisiacaria e nella Val di Resia.

Sono presenti anche altri idiomi, tra cui si annoverano le parlate venete al confine occidentale (Provincia di Pordenone e Mandamento di Portogruaro), nella laguna di Marano Lagunare e Grado (GO), nonché in Bisiacaria. In serio pericolo di estinzione è il dialetto veneto-udinese, del tutto abbandonato dalle nuove generazioni.

Vanno inoltre ricordate le parlate di Erto e Casso (al confine con il Veneto), oggi praticamente estinte in favore dell'italiano e del bellunese.

Musica[modifica | modifica wikitesto]

La forma più conosciuta della musica popolare friulana è la villotta. A partire dall'Ottocento si sviluppò un filone colto della musica popolare, ben rappresentato da Rodolfo Lipizer, Arturo Zardini e Orlando Dipiazza. Tra i brani popolari più famosi troviamo Stelutis Alpinis e O ce biel cjiscjel a Udin.

Fa parte del patrimonio musicale friulano anche il canto patriarchino.

Nel panorama musicale attuale si distinguono le figure di Luigi Maieron, Lino Straulino, Elisa, il trio Frizzi Comini Tonazzi, gli Arbe Garbe, i Kosovni Odpadki, gli ´Zuf de Žur, Madrac, Giulio Venier. Noto è anche il festival reggae Rototom Sunsplash.

Arte[modifica | modifica wikitesto]

Mosaico del Buon pastore, particolare del pavimento della Basilica di Aquileia

L'arte in Friuli fa la sua comparsa con i manufatti delle civiltà preromane (in particolare quella dei castellieri, quella venetica e quella celtica). Tuttavia è solo con l'età romana che si raggiunge un livello elevato nelle arti, tra le quali spiccano quelle minori della lavorazione delle pietre dure e del vetro ad Aquileia, nonché l'arte musiva.

Del periodo paleocristiano rimangono testimonianze imponenti nella basilica di Aquileia, in quelle di Grado (GO) e in quella di Concordia Sagittaria. Durante l'età barbarica fiorì l'oreficeria longobarda, di cui sono testimonianza le collezioni del Museo Storico nazionale di Cividale del Friuli. Allo spesso periodo vanno ascritti gli altorilievi in stucco del tempietto longobardo di Cividale del Friuli, nonché l'Ara di Ratchis ed il Battistero di Callisto conservati nel duomo della stessa città.

Dell'età romanica sono testimonianza la basilica ed il campanile di Aquileia, nonché altri edifici religiosi minori (come la chiesa di Santa Maria in Castello di Udine). Nel periodo gotico il Friuli conobbe una certa vitalità artistica, che si tradusse nella costruzione dei duomi di Udine, Spilimbergo, Venzone, Gemona, Sacile e Pordenone. Scarse sono le testimonianze superstiti dell'architettura gotica civile; tra queste si segnalano i municipi di Pordenone e di Venzone nonché la Loggia del Lionello a Udine. In quel periodo fu attivo in Friuli il pittore Vitale da Bologna, che lasciò una testimonianza negli affreschi del duomo di Udine.

Con il Rinascimento si inizia a registrare il nome di pittori locali di un certo rilievo, come Pomponio Amalteo, Il Pordenone o Pietro Fuluto. In quel periodo il Friuli si inserì definitivamente nell'orbita artistica di Venezia, staccandosi dal tradizionale vincolo con l'arte d'Oltralpe che aveva trovato le sue ultime espressioni nelle sculture lignee di Domenico da Tolmezzo e della bottega dei Comuzzo. Per quanto riguarda l'architettura civile, si segnalano il castello di Udine (residenza del Luogotenente della Repubblica di Venezia), Villa Manin di Passariano e una serie di edifici minori. In quel periodo culturale fu anche iniziata la costruzione della città stellata di Palmanova.

Con il passaggio al barocco il Friuli rivela le conseguenze in campo artistico della sua divisione politica. Nel Friuli occidentale, infatti, predominano le tendenze artistiche diffuse da Venezia, che si concretano nella presenza di artisti come Giambattista Tiepolo (che affrescò, a Udine, il Palazzo Patriarcale, il Duomo, la Chiesa della Purità e diverse abitazioni nobiliari udinesi, tanto che Udine è conosciuta come la città del Tiepolo) e nella costruzione di ville nobiliari di campagna (delle quali la più nota è Villa Manin). Nel Friuli orientale, invece, si afferma il barocco austriaco, evidente nel duomo di Gorizia e nella Chiesa di Sant'Ignazio nella stessa città.

Il neoclassicismo attecchisce solo in parte in Friuli, che vede l'attività del pittore goriziano Giuseppe Tominz.

Tra la fine dell'Ottocento ed i primi del Novecento fa capolino l'Historizismus d'Oltralpe, che si esprime nella costruzione del Seminario Minore di Gorizia, in stile neoromanico.

Più di recente spiccano nel panorama artistico friulano nomi come quelli di Afro Basaldella, di Italico Brass e di Tina Modotti e l'architetto Raimondo D'Aronco.

Folklore[modifica | modifica wikitesto]

Krampus

Il folklore friulano comprende una serie di manifestazioni che variano da zona a zona e sono particolarmente vive e diversificate nei territori di montagna.

Nell'area alpina si segnalano il tîr des cidulis, il carnevale di Resia (caratterizzato dalle maschere dai copricapi coloratissimi), e i carnevali delle zone di lingua tedesca (caratterizzati dalla presenza di maschere che assumono nomi diversi a seconda della località: Röller a Sauris, Krampus nella Val Canale, Maschkars e Jutalan a Timau). Nel periodo compreso tra l'ultimo dell'anno e l'Epifania si svolgono anche delle questue rituali, che in alcuni villaggi sono effettuate da bambini travestiti da Re Magi.

Sempre nell'area alpina della Carnia si svolge la benedizione del Mac di Sant Zuan, un mazzo di fiori raccolti il giorno di San Giovanni. I fiori, una volta essiccati, vengono conservati e bruciati per scongiurare il mal tempo. Per la festa dell'Ascensione a Zuglio si svolge il rito del Bacio delle Croci. La stessa cerimonia si svolge anche nel territorio della Pieve di Gorto e nelle Valli del Natisone.

Nelle aree collinari e pianeggianti si accendono, in occasione dell'Epifania, dei falò (in friulano pignarûl) da cui si traggono presagi per l'anno nuovo. A Grado si celebra la processione di barche conosciuta con il nome di Perdon de Barbana.

In tutto il Friuli sono diffusi gruppi corali o di ballo che eseguono canti o danze del repertorio tradizionale.

Gastronomia[modifica | modifica wikitesto]

La cucina friulana è il risultato del contatto della cucina dell'area padana con quella mitteleuropea. In generale abbondano le minestre, i piatti a base di carne di maiale e gli abbinamenti di dolce e salato. I piatti più conosciuti della cucina friulana sono i cjarçons (ravioli ripieni di cun farcia dolce-salata), il frico (piatto a base di formaggio fuso e patate rosolate nelle strutto), la brovade (piatto a base di rape inacidite sotto vinaccia e consumato assieme al muset), la gubana (dolce ripieno di frutta secca), il prosciutto di San Daniele e il prosciutto di Sauris. Tra i formaggi spicca il Montasio.

Tra i vini sono famosi soprattutto i bianchi della zona del Collio come il Tocai [19] e il Verduzzo. Di ottima qualità sono anche le produzioni di Merlot, Cabernet, Sauvignon e dei vitigni autoctoni poco diffusi come il Ramandolo e il Picolit.

Economia[modifica | modifica wikitesto]

Fino alla metà del novecento, soprattutto a causa delle distruzioni prodotte dagli eventi bellici, il Friuli si presentava come una una terra rurale e povera, al pari di gran parte d'Italia. Le scarse possibilità economiche furono all'origine di un consistente flusso migratorio diretto non solo verso i paesi europei, ma anche verso gli Stati Uniti, il Canada, l'Argentina e l'Australia. Attualmente la provincia di Udine è ai primi posti in Italia per qualità di vita, classificandosi nel 2006 al 13° posto (Il Sole 24 Ore), mentre quelle di Gorizia e di Pordenone si trovano rispettivamente al 21° e 29°. Negli anni novanta si è verificata la grande apertura dell'economia regionale verso l'estero, favorita sia da fattori politici (come la fine della contrapposizione ideologica tra blocchi all'interno dell'Europa), sia da fattori monetari (la forte svalutazione della lira tra il 1993 ed il 1995). In questi anni l'export delle aziende friulane ha conosciuto una vera e propria esplosione, raddoppiando tra il 1992 ed il 1995. La parte del leone la facevano le province di Udine e Pordenone, seguite da quella di Gorizia. Le industrie meccaniche concentrano tuttora la maggiore quota di export a livello regionale, seguite da quelle del mobile. Le esportazioni agli inizi degli anni novanta erano dirette soprattutto verso alcuni paesi dell'allora CEE. In seguito esse sono state canalizzate sia verso altri mercati occidentali che verso le vicine Slovenia e Croazia. Queste ultime, ormai, considerate globalmente, occupano il secondo posto, dopo la Germania, nella classifica dei destinatari dei prodotti del Friuli. L'export, tuttavia, è solo una delle forme di internazionalizzazione, la meno sofisticata e la più a rischio. Ciò costituisce una debolezza del sistema produttivo regionale, le cui imprese non gestiscono direttamente i canali di scambio ma si affidano il più delle volte ad intermediari.

Il mercato della manodopera in Friuli è, dal punto di vista sociale, molto vicino all'optimum, ma rappresenta un cruccio per gli imprenditori. Con un tasso di disoccupazione bassissimo, molto vicino a quello strutturale, le aziende hanno fatto ricorso dapprima alla manodopera femminile (non completamente mobilitata fino agli anni novanta) ed in seguito a quella immigrata.

Agricoltura[modifica | modifica wikitesto]

Template:Td sxZona di vino doc/docg Template:Td dxSuperfice in ha
Template:Td sxFriuli Grave Template:Td dx 6.047,85
Template:Td sxColli Orientali del Friuli Template:Td dx 2.071,18
Template:Td sxCollio Template:Td dx 1.390,93
Template:Td sxFriuli Isonzo Template:Td dx 1.281,82
Template:Td sxFriuli Aquileia Template:Td dx 763,29
Template:Td sxFriuli Latisana Template:Td dx 264,92
Template:Td sxFriuli Annia Template:Td dx 81,04
Template:Td sxRamandolo Template:Td dx 60,41

Produzione di vino doc/docg friulano
(fonte: Camere di commercio di Udine,
Pordenone e Gorizia, 2003)

L'agricoltura, arretrata quando costituiva quasi l'unica attività della Regione, non ha più l'importanza di un tempo, ma pur nelle sue ridotte dimensioni, è un settore di punta, ad alto contenuto tecnologico. Grande sviluppo ha avuto la viticoltura, con una produzione di qualità, e vini che competono con i più nobili del catalogo nazionale. A questo proposito va ricordato che il Friuli è sempre stato celebre, fin dall'epoca romana, per i suoi vini. Se i rossi friulani sono squisiti, i suoi formidabili "vini bianchi" non sono da meno e da sempre sono apprezzati in tutto il mondo e considerati all'unanimità fra i migliori in Italia. Altra produzione di qualità è quella casearia, con formaggi di grande rinomanza, e quella ortofrutticola. Negli ultimi decenni si è diffusa la coltivazione del mais con rese unitarie da assoluto primato internazionale[20].

Nella tabella a destra si espongono i dati, prodotti a cura delle Camere di commercio di Udine, Pordenone e Gorizia, relativi agli ettari di produzione, nell'anno 2003, di vino friulano a denominazione di origine controllata (doc) ed a denominazione di origine controllata e garantita (docg).

Industria[modifica | modifica wikitesto]

Già XVIII secolo ebbe inizio una sensibile industrializzazione del Friuli. In particolare l'industria tessile conobbe, grazie al carnico Jacopo Linussio, una forte espansione in tutta la regione friulana. Nel secolo successivo si andò affermando l'industria della seta. L'industria friulana, uscita completamente distrutta da due guerre mondiali, riprese la sua espansione intorno agli anni sessanta con la creazione di quel forte tessuto di piccole industrie e imprese artigianali che costituiscono la base dello sviluppo del Nordest italiano; grande impulso allo sviluppo delle attività secondarie fu dato dalla nascita dei distretti industriali, tra cui ricordiamo il "triangolo della sedia", nella parte sud-orientale della provincia di Udine (Manzano, San Giovanni al Natisone, Corno di Rosazzo), i famosi prosciuttifici di San Daniele del Friuli, il distretto del mobile nella provincia di Pordenone (Brugnera).

A Pordenone è presente anche la produzione di elettrodomestici con la ex Zanussi ora acquisita dalla svedese Electrolux. Nella zona di Udine all'industria siderurgica (Safau, Bertoli) ed alimentare (Birra Moretti) di un tempo si è sostituita una fitta rete di distribuzione commerciale di dimensioni medio-grandi concentrata specialmente a nord della città, mentre le industrie pesanti (acciaierie ABS, Danieli) si sono trasferite nell'hinterland udinese oppure lontano dal capoluogo (Pittini di Osoppo). Grande sviluppo ha avuto negli ultimi anni il distretto industriale dell'Aussa-Corno, incentrato sul porto fluviale di San Giorgio di Nogaro mentre a Cervignano del Friuli negli anni novanta è stato realizzato un importante interporto ferroviario per lo smistamento delle merci nelle direttrici nord-sud (Udine-Pontebbana) ed est-ovest verso la Slovenia e l'est europeo.

Terziario[modifica | modifica wikitesto]

In provincia di Udine, al 2005, circa due terzi della forza lavoro è ormai impegnata nel settore terziario. Fino ai primi anni novanta erano dislocati sul territorio friulano decine di migliaia di militari di leva, dal momento che il fronte orientale veniva considerato il più a rischio in caso di guerra. Ciò ha contribuito allo sviluppo del settore della ristorazione e del terziario in genere, anche se oggigiorno sono numerose le caserme inutilizzate. A Udine la scomparsa dei militari è stata compensata dalla presenza sempre maggiore di studenti universitari, grazie allo sviluppo costante dell'Università di Udine/Universitât dal Friûl considerata una delle più vivaci e attive tra le nuove Università italiane. Dal 2006 la banca austriaca Hypo Group Alpe Adria ha istituito la sua sede principale per l'Italia a Udine (Feletto Umberto).

Turismo[modifica | modifica wikitesto]

Una voce importante dell'economia friulana è costituita dal turismo, con le località balneari di Lignano Sabbiadoro e Grado (tra le maggiori mete dell'alto Adriatico), con il centro storico di Udine e con i numerosi agriturismi sparsi un po' in tutta la Regione. Nella stagione invernale le località alpine (Tarvisio, Forni di Sopra, Ravascletto, Sella Nevea, Piancavallo e Sappada) sono frequentate mete sciistiche. Sono inoltre mete turistiche la longobarda Cividale del Friuli, il centro medioevale di Venzone ed il sito archeologico di epoca romana di Aquileia. Dal punto di vista ambientale e naturalistico assume sempre maggiore importanza tutta la regione alpina della Carnia e l'oasi faunistica della Laguna di Marano.

Trasporti[modifica | modifica wikitesto]

La rete di trasporti via terra in Friuli è tuttora impostata sui due assi principali che furono individuati già in epoca romana. Infatti la direttrice Nord-Sud in epoca imperiale era rappresentata dalla così chiamata Via Iulia Augusta, che partendo da Aquileia si dirigeva verso il Norico attraverso i valichi alpini. La direttice Est-ovest, invece, corrispondeva alla Via Postumia, che collegava Genova alla Pannonia, passando per Aquileia.
Sia la rete autostradale che quella ferroviaria contemporanea seguono le stesse direttrici: l'A4, la della Venezia Giulia e la linea ferroviaria Venezia-Cervignano del Friuli-Trieste, infatti, corrono parallele alla Via Postumia. L'A23, la Pontebbana e la linea ferroviaria Cervignano-Udine-Travisio seguono l'antica Via Iulia Augusta.

Linee ferroviarie[modifica | modifica wikitesto]

Linee principali[modifica | modifica wikitesto]

Linee secondarie[modifica | modifica wikitesto]

Rete stradale[modifica | modifica wikitesto]

Autostrade[modifica | modifica wikitesto]

Il Friuli è attraversato da 3 autostrade:

Strade statali[modifica | modifica wikitesto]

Curiosità[modifica | modifica wikitesto]

  • A Ovest di Udine, nella base aerea di Rivolto, ha sede la Pattuglia Acrobatica Nazionale, le famose Frecce Tricolori. A Campoformido, inoltre, nell' aeroporto locale che ha visto nascere le Frecce, ha sede il Parco del Volo.
  • Il Monte Zoncolan (1750 m.), in Carnia, ha fama di essere, fra gli appassionati di ciclismo, la salita più dura d'Europa: 1.210 metri di dislivello, fra l'abitato di Ovaro e la sua cima, da percorrersi in circa 10 km, con una pendenza media dell'11% ed oltre! Tale caratteristica ha spinto gli organizzatori del Giro d'Italia ad includere ripetutamente tale salita fra le tappe della competizione.
  • L'autore della più bella storia romanzata sulla fine del Patriarcato di Aquileia è ...un veneto, Elio Bartolini[21], noto scrittore e cineasta di Conegliano. Nel suo Pontificale in San Marco, Bartolini descrive magistralmente due mondi in crisi: quello veneziano, alle soglie del suo orgoglioso tramonto, e quello friulano, fieramente contrapposto alla Serenissima, che lo sta privando del simbolo stesso della sua storia millenaria e della sua identità.
Friulani celebri

Artisti

Letterati e filosofi

Musicisti

Scienziati

Sportivi

Viaggiatori ed esploratori

Cinema e spettacolo

Comuni del Friuli storico[modifica | modifica wikitesto]

Galleria fotografica[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il Friuli non coincide con la Regione Friuli Venezia Giulia. In questa voce enciclopedica ci si attiene alla definizione storica dei confini del Friuli. La definizione dei confini sud-orientali del Friuli (fiume Timavo) è attualmente oggetto di polemiche a livello locale, a causa della sovrapposizione del territorio friulano con quello, di più recente definizione, della Venezia Giulia.
    Lo stesso argomento in dettaglio: Venezia Giulia.
  2. ^ Citazione tratta da Pio Paschini, Storia del Friuli (Volume 2), pagina 439, Arti Grafiche Friulane, Udine, 1975
  3. ^ Citazione tratta da Strabone, Geografia, V libro, 1-8. Il V libro è, insieme al VI, dedicato all'Italia (il testo entro le parentesi non è di Strabone)
  4. ^ Liberamente ispirato alla seguente fonte
  5. ^ Citazione tratta da A. Ventura, Nobiltà e popolo nella società veneta del '400 e '500, Bari 1964, riportata da: Storia d'Italia Libro I, Autori vari, Einaudi 1974 ed. speciale il Sole 24 Ore, Milano 2005, pag. 374 (parte scritta da Antonio Vivanti, la Storia politica e sociale, dall'avvento delle Signorie all'Italia spagnola)
  6. ^ Citazione tratta da Elisabeth Crouzet-Pavan, Venezia trionfante gli orizzonti di un mito, pag. 212, Editore Giulio Einaudi, Torino 2001. (L'autrice è docente di Storia medioevale alla Sorbona - Parigi - e ha dedicato alla storia di Venezia studi ritenuti fondamentali)
  7. ^ Guido Quazza, La decadenza italiana nella Storia europea - pag. 35-51 Einaudi, Torino 1971
  8. ^ Citazione tratta da: AA. VV. Storia d'Italia Libro I, pag. 373, Einaudi 1974 ed. speciale il Sole 24 Ore, Milano 2005, (parte scritta da Corrado Vivanti, la Storia politica e sociale, dall'avvento delle Signorie all'Italia spagnola)
  9. ^ Giorgio Valussi, Il Confine nordorientale d'Italia, pag.85, edizioni Lint Trieste, 1972 (pubblicato dall'Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia)
  10. ^ Tito Maniacco, Storia del Friuli, pag. 106, Editore Newton & Compton, Roma, edizione del 2002
  11. ^ Pio Paschini, Storia del Friuli, pag.784, Arti Grafiche Friulane, Udine, edizione 1975
  12. ^ Tito Maniacco, Storia del Friuli, pag. 110 e seg., Editore Newton & Compton, Roma, edizione del 2002
  13. ^ È del 12 febbraio 1980 la prima richiesta del Consiglio comunale di S.Michele al Tagliamento (mandamento di Portogruaro - provincia di Venezia) di aggregarsi alla regione Friuli-Venezia Giulia. A questo proposito vedi Nelso Tracanelli, S.Michele al Friuli? edizione La Bassa, S. Michele al Tagliamento, dicembre 1981
  14. ^ Marco Duranti, Gorizia tra autonomismo e antiautonomismo, in: A. Agnelli / S. Bartole (cur.), La Regione Friuli – Venezia Giulia. Profilo storico-giuridico tracciato in occasione del 20° anniversario dell'istituzione della Regione, Il Mulino, Bologna, 1987
  15. ^ Anna Maria Preziosi, Udine e il Friuli dal tramonto dell'Italia liberale all'avvento del fascismo: le aspirazioni autonomistiche di Girardini, Pisenti e Spezzetti, in: A. Agnelli / S. Bartole (cur.) , La Regione Friuli – Venezia Giulia. Profilo storico-giuridico tracciato in occasione del 20° anniversario dell'istituzione della Regione, pag. 125, Il Mulino, Bologna, 1987
  16. ^ Sergio Tavano (1999), Gorizia nel 1919 (e oltre). Dall'abbraccio friulano alla soppressione della provincia, pag.190, Ce Fastu?, LXXV, 2, 1999)
  17. ^ Marco Duranti, Gorizia tra autonomismo e antiautonomismo, in: A. Agnelli / S. Bartole (cur.), La Regione Friuli – Venezia Giulia. Profilo storico-giuridico tracciato in occasione del 20° anniversario dell'istituzione della Regione, pag. 179, Il Mulino, Bologna, 1987
  18. ^ Marco Scroccaro, Dall'aquila bicipite alla croce uncinata. L'Italia e le opzioni nelle nuove province. Trentino, Sudtirolo, Val Canale (1919-1939). Museo Storico, Trento, 2000
  19. ^ Il nome Tocai è stato al centro di un contenzioso con l'Unione Europea, per la sua similarità di denominazione con il Tokaj ungherese, nonostante la chiara differenza tra i due vini. Dal 31 marzo 2007 è proibito l'uso della denominazione Tocai per il vitigno friulano.
  20. ^ Antonio Saltini, Eugenio Segalla, Dieci secoli di agricoltura, 50 anni di Coldiretti, Udine 1995.
  21. ^ In realtà Elio Bartolini (1922 - 2006) si trasferì, adolescente, a Codroipo con la famiglia. Durante gli anni di guerra, fu partigiano nelle Alpi Giulie e nel Carso, approfondendo i suoi legami con il Friuli e la sua gente. Nel dopoguerra lo scrittore visse quasi ininterrottamente in Friuli, salvo un breve periodo passato a Roma.

Autori classici[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Graziadio Isaia Ascoli Saggi ladini, Archivio Glottologico Italiano, Milano, 1873;
  • AA.VV. - Aquileia - gli affreschi nella cripta della Basilica, edito dalla Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone 1976 - Udine;
  • AA.VV. - Tieris di Aquilee - (Miti, fiabe e leggende del Friuli storico, primo volume), Istituto A.Tellini e Chiandetti, Reana del Rojale, 1997;
  • AA.VV. - Cjanâl dal Fier - (Miti, fiabe e leggende del Friuli storico, secondo volume), Istituto A.Tellini e Chiandetti, Reana del Rojale, 1999;
  • AA.VV. - Tieris di Cividât e de Badie di Rosacis (Miti, fiabe e leggende del Friuli storico, terzo volume), Istituto A.Tellini e Chiandetti, Reana del Rojale, 2000;
  • AA.VV. Tieris di Tisane e di Puart - (Miti, fiabe e leggende del Friuli storico, quarto volume), Istituto A.Tellini e Chiandetti, Reana del Rojale, 2001;
  • AA.VV. - Lagune de Gravo e de Maran - (Miti, fiabe e leggende del Friuli storico, quinto volume), Istituto A.Tellini e Chiandetti, Reana del Rojale, 2002;
  • AA.VV. Friûl des culinis - I - (Miti, fiabe e leggende del Friuli storico, sesto volume), Istituto A.Tellini e Chiandetti, Reana del Rojale, 2004;
  • AA.VV. Miniatura in Friuli- crocevia di civiltà, Grafiche Editoriali Artistiche Pordenonesi - Deputazione di storia patria per il Friuli - Convegno internazionale a Passariano Udine 4-5 ottobre 1985 - Pordenone 1985;
  • AA.VV. Monfalcon - Società Filologica Friulana - Udine 2006;
  • AA.VV. - Il Tagliamento - Cierre edizioni - Sommacampagna (VR)- a cura dell'Università di Udine, Cierre edizioni, Circolo Menocchio - 2006;
  • Renzo Balzan, Deutsch Friaul - Friûl todesc , Ribis, Udine 1997;
  • Anna Bogaro, Marketing furlan, Camera di Commercio di Udine, 2005;
  • Elisabeth Crouzet Pavan, Venezia trionfante, gli orizzonti di un mito , Editore Enaudi,Torino 2001;
  • Gianfranco D'Aronco, Miscellanea di studi e contributi (1945- 2000)- - Università degli studi di Udine - Centro internazionale per la ricerca sulla cultura e la lingua del Friuli - Società Filologica Friulana - Udine 2003;
  • Antonio De Cillia, Friuli regione di passaggio - dagli scambi neolitici all'attuale economia mondo - Editrice Universitaria Udinese srl - Udine 2002;
  • Gianfranco Ellero, Storia dei friulani, - Arti Grafiche Friulane, Udine, ed. 1977;
  • Gianfranco Ellero, Viaggio in Friuli 1965-1978, Arti Grafiche Friulane, Udine 1978;
  • Gianfranco Ellero, Borghesan C. Gjeografie furlane, Società Filologica friulana, Udine, 2001;
  • Franco Fabbro, Il cjâf dai furlans , Kappa Vu edizioni, Udine 2000;
  • Franco Finco, Barbara Cinausero, Ermanno Dentesano, Nons furlans di luc/Nomi friulani di luogo, Società Filologica Friulana, Udine, 2004;
  • Renato Jacumin, Lotte contadine nel Friuli orientale, Doretti, Udine 1974;
  • Tito Maniacco, Storia del Friuli, ed. Newton & Compton, Roma 2002;
  • Giuseppe Marchetti, Le chiesette votive del Friuli, Società Filologica Friulana, Udine 1972;
  • Mario Martinis, Le Rogge di Udine e Palma - Edizione Ribis - Udine - dicembre 2002;
  • Gian Carlo Menis, Storia del Friuli, Società Filologica Friulana, Udine - II ed. 1974;
  • Gian Carlo Menis, I mosaici cristiani di Aquiliea, Del Bianco, Udine 1965;
  • A.Missio e G. Toniutti,Antiche case friulane, Roberto Vattori Ed., Tricesimo (UD) 1987;
  • Faustino Nazzi, Il Duce lo vuole - la probizione dello sloveno nella vita religiosa della Slavia Friulana - Cooperativa Lipa Editrice - S.Pietro al Natisone 1995;
  • Faustino Nazzi, La proibizione dell'uso della lingua tedesca nella vita liturgica della Val Canale - Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione - Udine 1984;
  • Pio Paschini, Storia del Friuli, Arti Grafiche Friulane, Udine 1975;
  • Francesco Placereani, La nestre storie, Associazion dai Longobarts, (testi in friulano, italiano, tedesco e inglese), Cividale 1990;
  • Guido Quazza, La decadenza italiana nella storia europea, Einaudi - Torino 1971;
  • Aldo Rizzi, Tiepolo a Udine - Palazzo Arcivescovile, Duomo, Chiesa della Purità e Musei -Del Bianco Editore - 1974;
  • Bruno Rossi La musica in Friuli, Ribis, Udine, 1979;
  • Antonio Saltini, Eugenio Segalla, Dieci secoli di agricoltura, 50 anni di Coldiretti, Udine 1995;
  • Sergio Salvi Il Friuli, in Le nazioni proibite , Valecchi, Firenze, 1973;
  • Sergio Salvi La minoranza ladino-friulana in Le lingue tagliate, Rizzoli editore, Milano 1975;
  • Giorgio Valussi, Il Confine nordorientale d'Italia, Ed. Lint - Trieste 1972;
  • Guido Zannier El Friulano, Departimento de Linguistica de la Universidad Montevideo, Montevideo, 1972.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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