Seconda guerra mondiale: differenze tra le versioni

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===== Il crollo del fronte occidentale =====
===== Il crollo del fronte occidentale =====
Dopo la [[battaglia delle Ardenne]] e il crollo della linea della [[Vistola]], con il conseguente trasferimento di numerose divisioni tedesche verso il fronte orientale, l'esercito tedesco a ovest era ormai in netta inferiorità numerica e materiale nei confronti delle forze alleate, continuamente potenziate dall'afflusso di nuovi reparti da oltre oceano.<ref>{{Cita|Wilmot 1953}}; {{Cita|Bauer 1971|vol. 7}}.</ref> Dopo una fase di riorganizzazione e pianificazione, e anche di scontri tra i vertici inglesi e americani sulle priorità strategico-operative,<ref>{{Cita|Bauer 1971|vol. 7}}; {{Cita|Hastings 2004}}.</ref> gli alleati poterono quindi ricominciare l'offensiva, a partire dall'8 febbraio, per superare la Linea Sigfrido e conquistare tutto il territorio tedesco a ovest del fiume [[Reno]]. I tedeschi combatterono ancora con tenacia, ma la superiorità aerea e terrestre alleata era troppo evidente. Dopo aspri scontri le truppe tedesche cercarono di ripiegare oltre il Reno. Il 6 marzo, gli americani entrarono a [[Colonia (Germania)|Colonia]] e sfruttando la crescente confusione tra le file del nemico, il 7 marzo, con un colpo di mano si impadronivano del grande ponte sul Reno di [[Remagen]], costituendo una prima testa di ponte ad est del fiume.<ref name="M. Hastings, 1953">{{Cita|Hastings 2004}}; {{Cita|Wilmot 1953}}.</ref> Nel frattempo, altri reparti americani penetrarono in Germania più a sud. Il 21 marzo occuparono [[Magonza]] e il 23 superarono anch'essi a sorpresa il Reno a [[Oppenheim]], organizzando una seconda testa di ponte. La resistenza tedesca dava segni di collasso, con {{formatnum:280000}} soldati arresisi dall'8 febbraio al 23 marzo,<ref name="E.Bauer 1971">{{Cita|Bauer 1971|vol. 7}}.</ref> con la linea del Reno intaccata e il morale dei soldati in calo.
Dopo la [[battaglia delle Ardenne]] e il crollo della linea della [[Vistola]], l'esercito tedesco a ovest era ormai in netta inferiorità numerica e gli alleati quindi poterono ricominciare l'offensiva per superare la Linea Sigfrido e conquistare tutto il territorio tedesco a ovest del fiume [[Reno]]. I tedeschi combatterono ancora con tenacia, ma la superiorità aerea e terrestre alleata era troppo evidente. Prima gli americani, con le conquiste di Colonia e Magonza, poi gli inglesi, con la sacca della Ruhr, e infine i canadesi, con le conquiste di Brema e Amburgo, fecero crollare il fronte occidentale.


I russi conquistarono la Danimarca, gli americani Hannover, Lipsia e Magdeburgo. Proprio nella zona vicino a quest'ultima città resistette con tenacia all'avanzata americana, prima di inevitabilmente cadere.
[[File:Bundesarchiv Bild 173-0422, Remagen, beschädigte Brücke.jpg|thumb|Le truppe americane al ponte di Remagen]]
Il 23 marzo, anche gli inglesi superarono il Reno a [[Wesel]], con una mastodontica operazione aereo-terrestre.<ref>{{Cita|Churchill 1948|vol. 6}}.</ref> A questo punto il fronte tedesco ad ovest cedette definitivamente; il raggruppamento centrale venne accerchiato il 2 aprile nella [[sacca della Ruhr]] dalle veloci colonne americane sbucate dalle teste di ponte. La resistenza nella sacca fu debole e cessò già il 21 aprile con {{formatnum:325000}} uomini fatti prigionieri prigionieri.<ref name="E.Bauer 1971" /> Con poche perdite, i mezzi corazzati alleati poterono dilagare nella Germania occidentale, sfruttando anche l'eccellente rete autostradale tedesca, contrastati solo da una sporadica resistenza di alcuni reparti di [[Waffen-SS]] e della ''[[Hitlerjugend]]''. Il grosso dei tedeschi si arrese o ripiegò, in rotta.<ref name="M. Hastings, 1953" />


Gli americani conquistarono la Sassonia e la Baviera, con le cadute di Norimberga e Monaco, mentre tutti i tedeschi si arrendevano agli alleati per non cadere nelle mani dei sovietici. Il primo incontro tra russi e americani avvenne a Torgau il 25 aprile 1945.
[[File:Bundesarchiv Bild 146-1971-052-27, Rheinland, Deutsche Kriegsgefangene.jpg|thumb|left|I soldati tedeschi arresisi nella sacca della Ruhr]]
Mentre gli anglo-canadesi puntavano su [[Brema]] e [[Amburgo]], raggiunta il 2 maggio, per anticipare i russi in [[Danimarca]], le unità americane al centro, con quasi {{formatnum:4000}} carri armati,<ref name="E.Bauer 1971" /> puntarono verso il [[Elba (fiume)|fiume Elba]]. Il 10 aprile, raggiunsero [[Hannover]], il 14 cadde [[Lipsia]]; il 13 aprile costituirono una prima testa di ponte sul fiume vicino a [[Magdeburgo]], a 120&nbsp;km da Berlino. In questa zona, alcune divisioni tedesche opposero resistenza e bloccarono l'avanzata americana; del resto, secondo le disposizioni di [[Eisenhower]], la linea dell'Elba doveva costituire il limite massimo d'avanzata alleata su cui si doveva incontrare i russi.<ref>{{Cita|Hastings 2004}}; {{Cita|Beevor 2002}}; {{Cita|Read & Fisher 1995}}.</ref> Più a sud, le colonne del generale [[George Patton]] avanzarono in [[Sassonia]] e [[Baviera]], in direzione dell'[[Austria]], mentre altre forze americane e francesi penetrarono in Baviera, dove il 19 aprile cadde [[Norimberga]] e il 2 maggio [[Monaco di Baviera|Monaco]], alla ricerca di un inesistente ''Ridotto nazista alpino'' in cui, secondo l'intelligence alleata, Hitler e i suoi fedelissimi avrebbero dovuto opporre l'ultima resistenza.<ref>{{Cita|Hastings 2004}}; {{Cita|Wilmot 1953}}; {{Cita|Bauer 1971|vol. 7}}.</ref> In realtà, l'esercito tedesco ad ovest aveva ormai cessato di combattere; milioni di soldati si consegnarono spontaneamente agli alleati per non cadere in mano ai sovietici. Durante la loro avanzata, gli alleati liberarono diversi [[campi di concentramento]] e [[Campo di sterminio|di sterminio]] nazisti, che svelarono pienamente il [[Soluzione finale della questione ebraica|piano di sterminio]] del Terzo Reich; inoltre, già il 27 gennaio le truppe sovietiche erano entrate nel campo di [[Auschwitz]] in Polonia. Il primo collegamento, molto amichevole, tra russi e americani avvenne a [[Torgau]], sul fiume Elba, il 25 aprile.

La capitolazione tedesca a ovest venne firmata ufficialmente da [[Alfred Jodl]] il 7 maggio, a [[Reims]], alla presenza del generale Eisenhower, [[Comandante supremo delle forze alleate]].


[[File:Bundesarchiv Bild 173-0422, Remagen, beschädigte Brücke.jpg|thumb|Le truppe americane al ponte di Remagen]]
===== La battaglia di Berlino e la fine del Terzo Reich =====
===== La battaglia di Berlino e la fine del Terzo Reich =====
{{vedi anche|Battaglia di Berlino|Offensiva di Praga}}
{{vedi anche|Battaglia di Berlino|Offensiva di Praga}}

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Seconda guerra mondiale
Da sinistra a destra e dall'alto in basso: truppe del Commonwealth nel deserto; civili cinesi sepolti vivi da soldati giapponesi; sommergibile tedesco sotto attacco; forze sovietiche durante un'offensiva invernale; istantanea di Berlino semidistrutta; aerei su una portaerei giapponese si preparano per il decollo
Data1º settembre 19392 settembre 1945
LuogoEuropa, Mediterraneo, Africa, Medio Oriente, sud-est asiatico, Cina, Atlantico e Pacifico
Casus belliInvasione tedesca della Polonia
EsitoVittoria degli Alleati
Schieramenti
Bandiera dell'Unione Sovietica Unione Sovietica (dal 1941)
Stati Uniti (dal 1941)
Bandiera del Regno Unito Impero britannico
Bandiera della Francia Francia (fino al 1940; dal 1944)
Cina (dal 1941)
... e altri
Bandiera della Germania Germania
Bandiera del Giappone Impero giapponese (dal 1941)
Bandiera dell'Italia Italia (1940-1943)
... e altri
Comandanti
Perdite
Totale: 50 milioni
Militari: 17 milioni
Civili: 33 milioni
Totale: 12 milioni
Militari: 8 milioni
Civili: 4 milioni
Voci di guerre presenti su Wikipedia

La seconda guerra mondiale fu il conflitto armato che tra il 1939 e il 1945 vide contrapporsi da un lato le potenze dell'Asse e dall'altro i Paesi Alleati.

Viene definito "mondiale" in quanto, così come già accaduto per la Grande Guerra, vi parteciparono nazioni di tutti i continenti e le operazioni belliche interessarono gran parte del pianeta. Ebbe inizio il 1º settembre 1939 con l'attacco della Germania nazista alla Polonia e terminò, nel teatro europeo, l'8 maggio 1945 con la resa tedesca e in quello asiatico il successivo 2 settembre con la resa dell'Impero giapponese dopo i bombardamenti nucleari su Hiroshima e Nagasaki.

È considerato il più grande conflitto armato della storia, costato all'umanità sei anni di sofferenze, distruzioni e massacri con un totale di 55-60 milioni di morti. Le popolazioni civili si trovarono direttamente coinvolte nel conflitto a causa dell'utilizzo di armi sempre più potenti e distruttive, dei pesanti bombardamenti contro obiettivi civili effettuati da entrambe le parti in conflitto, o perché invise dall'occupante: in particolare il Terzo Reich portò avanti con metodi ingegneristici l'Olocausto per annientare, tra gli altri, le popolazioni di origine o etnia ebraica e perseguì una politica di riorganizzazione etnico-politica dell'Europa centro-orientale che prevedeva la distruzione o deportazione di intere popolazioni slave.

Al termine della guerra, l'Europa, ridotta a un cumulo di macerie, completò il processo di involuzione iniziatosi con la prima guerra mondiale e perse definitivamente il primato politico-economico mondiale, che fu assunto in buona parte dagli Stati Uniti d'America; a essi si contrappose, nel pluridecennale confronto noto come "guerra fredda", l'Unione Sovietica, anch'essa uscita vincitrice dal secondo conflitto mondiale. Le immani distruzioni della guerra portarono alla nascita dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, avvenuta al termine della Conferenza di San Francisco il 26 giugno 1945.

Il contesto storico

Lo stesso argomento in dettaglio: Eventi precedenti la seconda guerra mondiale in Europa.

Germania

Benito Mussolini e Adolf Hitler

Il rigido e intransigente trattamento subito dalla Germania in seguito alla sconfitta nella prima guerra mondiale in base a quanto stabilito dal Trattato di Versailles (Dolchstoßlegende), le successive difficoltà economiche, aggravate dalla Grande depressione, causarono un profondo malcontento nel popolo tedesco e favorirono la diffusione delle idee nazionalsocialiste di Adolf Hitler e del suo movimento politico. Dopo una rapida ascesa politica, il movimento nazista prese le redini del potere in Germania, assumendo il controllo totale dello Stato.

La politica estera hitleriana divenne via via sempre più aggressiva: ignorando i vincoli imposti dal trattato di Versailles, nel corso di pochi anni venne riarmato l'esercito, il 7 marzo 1936 fu rimilitarizzata la Renania, zona di confine con la Francia, il 12 marzo 1938 fu sancita l'annessione dell'Austria (Anschluss); con la Conferenza di Monaco, il 1º ottobre 1938, venne annessa la regione dei Sudeti e, il 13 marzo 1939, quella di Boemia e Moravia, costituita in protettorato: le due annessioni sancirono la fine alla Repubblica cecoslovacca per l'intero periodo della guerra.[1]

Poco prima dell'inizio del conflitto, il 23 agosto 1939 la Germania aveva stipulato un patto di non aggressione (Patto Molotov-Ribbentrop) con l'Unione Sovietica, mentre ripresentava le sue pretese territoriali su parte della Polonia (il corridoio di Danzica). La Polonia rigettò tali pretese e la Germania, il 1º settembre 1939, la invase con un pretesto, il cosiddetto incidente di Gleiwitz.

Italia

In Italia dal 1922 aveva avuto inizio il regime dittatoriale di Benito Mussolini. Questo, il 2 ottobre 1935, diede il via alla campagna d'Etiopia e, il 9 maggio 1936, venne proclamato l'Impero. Il 7 aprile 1939 l'Italia occupò l'Albania e due giorni dopo ne sancì l'annessione. Nonostante la tensione tra Italia e Germania creatasi al momento dell'annessione dell'Austria, nel maggio 1939 Mussolini strinse il "Patto d'Acciaio" con la Germania, per poi dichiararsi, allo scoppio del conflitto, non belligerante. Nonostante ciò, Mussolini, vista la velocità e la semplicità delle conquiste di Hitler, decise di entrare in guerra. La guerra si rivelò un disastroso fallimento per l'impreparazione e la cattiva pianificazione dello sforzo bellico italiano.

Giappone

L'Impero giapponese invase la Cina nel settembre del 1931, usando il finto sabotaggio ferroviario di Mukden come pretesto per invadere la Manciuria. Nonostante l'opposizione del governo giapponese, l'esercito fu in grado di agire in maniera indipendente e instaurò uno stato fantoccio, il Manciukuò. Dopo l'occupazione della Manciuria, la pace con la Cina rimase precaria e, con l'incidente del ponte di Marco Polo, il 7 luglio 1936, l'Impero giapponese ebbe una motivazione per invadere la Cina, dando il via alla seconda guerra sino-giapponese che terminò, assieme alla guerra mondiale, con la resa del Giappone nel 1945.

Spagna

La Spagna di Francisco Franco, appena uscita da una sanguinosa guerra civile durante la quale era stato aiutato da italiani e tedeschi, decise di restare neutrale nella Guerra mondiale, ma offrì per esempio l'utilizzo di basi navali alle navi tedesche, fino al ritorno alla completa neutralità nel 1943, quando le sorti della guerra apparvero decisamente sfavorevoli all'Asse. Franco inviò truppe della División Azul (o Divisione Blu, dal nome del colore del partito della Falange spagnola, i cui membri erano chiamati "camicie blu") per combattere sul fronte orientale contro l'Unione Sovietica.

Le cause

Lo stesso argomento in dettaglio: Anschluss, Conferenza e accordo di Monaco e Patto d'Acciaio.

Tutti i sei anni di governo precedenti il conflitto, videro Hitler lanciare numerose sfide a Francia e Regno Unito, i vincitori della prima guerra mondiale. La Grande Guerra, costata 2 milioni di soldati ai tedeschi e 3 milioni agli anglo-francesi[2] si era conclusa con la firma del trattato di Versailles che conteneva punizioni estremamente dure per i tedeschi: cessione dell'Alsazia-Lorena alla Francia e di vaste zone orientali alla Polonia, smantellamento dell'aviazione, divieto di possedere mezzi corazzati in un esercito di non più di 100 000 effettivi, consegna della flotta e un risarcimento di 132 miliardi di marchi in oro. Condizioni estremamente punitive per una nazione che, all'11 novembre 1918, aveva le sue truppe ancora attestate nel territorio francese e che contribuirono a creare il mito secondo cui a far perdere la guerra all'impero tedesco sarebbero stati pochi "traditori" non nazionalisti (è il mito della cosiddetta "pugnalata alle spalle"), contro i quali Hitler e il suo Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori promettevano di vendicarsi una volta saliti al potere. L'anno dopo, con la morte del Reichspräsident, l'anziano maresciallo Paul von Hindenburg, Hitler assunse poteri dittatoriali.

Hitler e Mussolini in parata a Monaco di Baviera dopo gli accordi del 1938

Cominciarono subito reiterate violazioni della pace del 1919: in primo luogo, dopo l'uscita della Germania dalla Società delle Nazioni nel 1935, fu reintrodotta la coscrizione obbligatoria e venne posta al comando di Hermann Göring una nuova forza aerea, la Luftwaffe. Successivamente, al comando di poche, simboliche forze, Hitler rioccupò nel 1936 la smilitarizzata Renania e cominciò a formarsi un sodalizio con l'Italia quando questa, isolata dagli ex alleati durante la guerra d'Etiopia, si riavvicinò alla Germania, sfruttando anche la comunanza ideologica tra i due regimi. Questo ottimo rapporto fu rafforzato prima dall'intervento comune a favore di Francisco Franco durante la guerra civile spagnola, in cui i tedeschi sperimentarono il bombardamento a tappeto di varie città, come Guernica, e, successivamente, dalla firma, il 25 ottobre 1936, dell'asse Roma-Berlino, preludio all'alleanza militare.

Mentre il riarmo tedesco continuava, Hitler cominciò a cercare di espandere territorialmente la Germania, per via diplomatica, in modo che essa ottenesse quello spazio vitale (Lebensraum) di cui, secondo quanto asseriva nel Mein Kampf, aveva assoluto bisogno per trovare nuove terre in cui concentrare la sua crescente popolazione. Come primo passo, sfruttando l'appeasement delle potenze occidentali, nel marzo 1938 l'Austria, paese natale del Führer, fu annessa al Reich, nonostante il divieto a un'unione austro-tedesca contenuto nel trattato di Versailles. Più resistenza oppose la Cecoslovacchia, altro stato creato nel dopoguerra, a cedere la regione dei Sudeti, zona di confine popolata a maggioranza da popolazioni cosiddette "tedeschi dei Sudeti". Hitler tentò in ogni modo di convincere i cecoslovacchi ma questi rifiutarono, forti dell'alleanza con la Francia e del fatto di essere un avversario decisamente ostico, infatti, il loro esercito era composto da circa 30-35 divisioni,[3] possedevano una delle migliori industrie produttrici di armi e mezzi corazzati (la Škoda) e avevano approntato nei Sudeti una serie di difese difficilmente superabili.

Conquistare la regione, come ammisero molti alti esponenti della politica tedesca, sarebbe stato un compito arduo.[4] Hitler era però deciso ad annettere con la forza la regione e l'invasione era già programmata per gli ultimi giorni del settembre 1938. Tuttavia, grazie al provvidenziale intervento di Mussolini, si riuscì a organizzare una conferenza a Monaco di Baviera, con la presenza di Hitler, di Mussolini stesso, del primo ministro inglese Neville Chamberlain e di quello francese Édouard Daladier, ma senza i rappresentanti cecoslovacchi. I Sudeti vennero così assegnati a tavolino alla Germania. Chamberlain e Mussolini tornarono in patria acclamati come eroi e salvatori della pace, mentre la Cecoslovacchia era ormai finita: pochi mesi dopo, a marzo 1939, la Boemia e la Moravia furono dichiarati "protettorato del Reich", mentre in Slovacchia venne istituito un governo fantoccio della Germania.

Successivo obiettivo dei tedeschi fu la Polonia. Il trattato del 1919 aveva separato dal resto della Germania la regione della Prussia orientale, circondata da territorio polacco. Hitler reclamò allora la restituzione della città di Danzica e del territorio a essa vicina, il "corridoio polacco". A causa del cambio di rotta delle diplomazie occidentali, che divennero fermamente decise a ostacolare questo passo di Hitler, la Polonia rifiutò. Inglesi e francesi credevano di aver fermato definitivamente l'espansione nazista, contando anche sull'appoggio dell'Unione Sovietica in caso di invasione tedesca della Polonia. Tuttavia, il governo tedesco rispose con un abile colpo diplomatico (dopo aver già firmato un'alleanza con l'Italia, il "Patto d'Acciaio"): il 24 agosto 1939 il ministro dell'esteri russo, Vjačeslav Michajlovič Molotov, e quello tedesco, Joachim von Ribbentrop firmarono un patto di non aggressione tra le due nazioni della durata di dieci anni, il patto Molotov-Ribbentrop. Un protocollo segreto dell'accordo divideva l'Europa orientale in due sfere d'influenza, lasciando mano libera all'URSS sulle repubbliche baltiche e in Finlandia, e prevedeva una spartizione della Polonia, dando mano libera a Hitler per lanciare l'offensiva. Il 1º settembre, alle 04:45 del mattino, le truppe tedesche attraversavano la frontiera polacca, e due giorni dopo Francia e Gran Bretagna dichiaravano guerra alla Germania, dando inizio alla seconda guerra mondiale.

Il teatro europeo

Il teatro di guerra europeo

     Potenze dell'Alleanza

     URSS

     Potenze dell'Asse

     Paesi neutrali

Europa orientale

1939

L'invasione della Polonia
Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna di Polonia.
1º settembre 1939, soldati tedeschi rimuovono la barriera del confine tedesco-polacco

Il 1º settembre 1939 la Germania diede inizio alle operazioni militari contro la Polonia, impiegando l'innovativa tattica militare della guerra lampo o Blitzkrieg. Il 3 settembre il Regno Unito e la Francia le dichiararono guerra.

La resistenza dei polacchi fu tenace e ostinata, ma i polacchi commisero l'errore di disperdere l'esercito su una lunghissima linea difensiva, e dopo alcuni giorni i panzer tedeschi riuscirono a penetrare nelle retrovie nemiche e cominciarono le manovre di accerchiamento. L'8 settembre cominciò la battaglia di Varsavia, mentre il resto dell'esercito veniva accerchiato in sacche isolate e annientato. La conquista della capitale polacca si rivelò più lunga e del previsto, nel timore di un attacco francese. I tedeschi così iniziarono a bombardare a tappeto Varsavia, sterminando parte della popolazione.

13 settembre 1939, la corazzata tedesca Schleswig-Holstein apre il fuoco contro la fortezza polacca di Westerplatte

Il 17 settembre l'Unione Sovietica aggredì la Polonia da est,[5] incontrando scarsa resistenza, e quest'ultimo attacco mise definitivamente la Polonia al tappeto.

Varsavia infatti si arrese ai tedeschi il 27 settembre 1939 e l'esercito polacco fu completamente disarmato entro il 6 ottobre.

Le perdite polacche assommarono a più di 770 000 tra morti, feriti e prigionieri sia militari che civili. Altri invece fuggirono nei paesi vicini. Le perdite tedesche furono circa 13 000, tutte militari.[6][7] Nella parte della Polonia occupata dall'URSS, le forze sovietiche catturarono circa 242 000 polacchi, e nel corso dell'anno successivo la polizia cominciò a metterli a morte.[6]

L'attacco dell'Unione Sovietica alla Finlandia
Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra d'inverno.

Il 30 novembre 1939, l'Unione Sovietica diede il via alla guerra d'inverno sferrando un massiccio attacco contro la Finlandia.

Soldati finlandesi durante la Guerra d'inverno, con equipaggiamento invernale e mitragliatrice pesante

Le intenzioni di Stalin tuttavia si scontrarono con la tenace resistenza finlandese e l'Armata Rossa non riuscì a operare con rapidità, a causaanche del terribile inverno nordico, con temperature fino ai −50 °C. L'Armata Rossa evidenziò enormi carenze organizzative e la Finlandia riuscì a creare un solido fronte.

L'attacco sovietico fu percepito come una brutale aggressione del tutto ingiustificata e, pertanto, l'Unione Sovietica venne espulsa dalla Società delle Nazioni. Molte nazioni si prodigarono per aiutare la Finlandia, alcune anche solo per opporsi ai sovietici.

Dopo mesi di battaglia, l'Armata Rossa riuscì a sfondare una parte delle difese finlandesi in Carelia, ma la protesta era giunta al culmine e Stalin dovette accettare d'intavolare trattative. Il 12 marzo 1940 Finlandia e Unione Sovietica firmarono una pace.

1941

Lo stesso argomento in dettaglio: Cronologia della seconda guerra mondiale (1941).
L'invasione dell'Unione Sovietica
Le Panzer-Division avanzano nella steppa

La pianificazione operativa prevedeva un attacco principale su due ali, e le decisioni definitive, condizionate dal pensiero di Hitler, vennero cristallizzate nell'Operazione Barbarossa. L'attacco sarebbe stato sferrato contemporaneamente su tutto il fronte e il primo obiettivo sarebbe stata la linea Dvina-Dnepr; Mosca sarebbe stata attaccata solo dopo la conquista di Leningrado e dell'Ucraina; la vittoria era attesa entro quindici settimane.[8]

Intanto Hitler s'impegnò per molti mesi in un'estenuante campagna diplomatica, le cui tappe principali furono indubbiamente la firma del Patto tripartito tra Germania, Italia e Giappone. Hitler fu impegnato inoltre nella visita di Molotov a Berlino il 12 novembre 1940 durante la quale fallirono i tentativi del dittatore di dirottare le mire comuniste verso il medioriente. Convinto dell'impossibilità di un nuovo accordo meramente tattico con Stalin, Hitler prese la decisione di invadere l'Unione Sovietica.[9]

Le difficoltà dell'URSS si accrescevano sempre più, ma, prevedendo lo scoppio della guerra per il 1942, Stalin contava di riuscire a completare i suoi preparativi e di poter trattenere Hitler con concessioni economiche o diplomatiche.[10]

Il 13 aprile 1941 l'URSS firmò con il Giappone il patto nippo-sovietico di non aggressione, con il quale si coprì le spalle da un attacco giapponese.[11]

Il 22 giugno la Germania cominciò l'invasione dell'Unione Sovietica.

Hitler mirava a distruggere il nemico rapidamente: in pochi mesi i tedeschi avrebbero dovuto dominare il Paese.[12] Stalin venne colto di sorpresa, per una sbagliata interpretazione degli attacchi tedeschi. Oltre 3 milioni di soldati tedeschi parteciparono all'attacco appoggiati dai contingenti degli stati alleati della Germania e dalle formazioni volontarie reclutate in altri Paesi.

Carri tedeschi sul Fronte orientale

Fin dall'inizio, la situazione dei sovietici si rivelò drammatica, in quanto i potenti corazzati tedeschi avanzarono subito in profondità nelle retrovie sovietiche, e conquistarono vari ponti su alcuni dei fiumi più importanti dell'URSS. Il caos regnava tra l'esercito, ma nessuno a Mosca capiva la catastrofe che si profilava. Le prime linee sovietiche si battevano accanitamente ma disordinatamente e le colonne corazzate tedesche manovravano per richiudere in grandi sacche le forze nemiche. Inoltre si scatenarono numerose battaglie d'incontro dove i carri armati russi subirono perdite spaventose sotto gli attacchi della Luftwaffe, la quale aveva guadagnato subito il dominio del cielo con un attacco agli aeroporti russi. A sud, le forze corazzate sovietiche si batterono meglio, ma i tedeschi comunque si imposero e continuarono ad avanzare. Ai primi di luglio le riserve corazzate sovietiche risultavano quasi completamente distrutte.[13]

I carri armati tedeschi poterono così proseguire l'avanzata negli Stati Baltici, avvicinandosi addirittura a Leningrado.[14]

Il 3 luglio Stalin rientrò in campo e il suo intervento servì molto per ricostituire un fronte difensivo, visto che l'esercito sovietico era quasi completamente distrutto.[14] Intanto i tedeschi procedevano rapidamente lungo la strada per Mosca, accerchiando a Smolensk i sovietici e scatenando una sanguinosa battaglia in cui questi ultimi rallentarono la progressione tedesca verso Mosca.[15]

Nel frattempo i tedeschi avevano conquistato completamente gli Stati Baltici,accerchiando Leningrado con l'aiuto finlandese da nord. Agli inizi di agosto le colonne tedesche raggiunsero il lago Ladoga. I finlandesi avevano riconquistato parte della Carelia e Leningrado era totalmente isolata. A sud, dove i tedeschi erano rafforzati da Romania e Italia, la resistenza sovietica era più solida,e anche qui l'avanzata venne rallentata.

Soldati tedeschi e popolazione civile sovietica nel sud della Russia, all'inizio dell'invasione nazista

Alla fine di luglio, Stalin fece mostra di un certo ottimismo, ma il suo ottimismo era certamente prematuro: i tedeschi erano ancora molto pericolosi, ed erano ancora in grado di proseguire l'avanzata.

Una colonna di prigionieri sovietici

In questa fase sorsero contrasti anche nell'Alto Comando tedesco, ma Hitler impose la sua decisione e architettò una nuova gigantesca manovra accerchiante con l'afflusso verso sud di una parte delle forze corazzate. La manovra avrebbe dato origine alla micidiale sacca di Kiev',[16] in cui l'intero gruppo di forze sovietico del settore meridionale venne accerchiato e distrutto. La catastrofe sembrò confermare la correttezza delle decisioni del Führer.

Alla fine di settembre, la situazione sembrava a favore dei tedeschi. Leningrado era stretta nel mortale assedio tedesco-finlandese; le difese di Mosca apparivano vulnerabili, a sud si apriva il vuoto di fronte alle colonne corazzate tedesche e l'Ucraina era completamente conquistata.[17]

La battaglia di Mosca
Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Mosca.

Il 2 ottobre Hitler scatenò l'Operazione Tifone, una potente offensiva diretta a conquistare Mosca e concludere la guerra prima dell'inverno.

L'inizio dell'Operazione sembrò confermare l'ottimismo tedesco, visti i vari successi, e il 14 ottobre il panico esplose a Mosca, mentre il corpo diplomatico e il governo si trasferivano a Kujbyšev. Tuttavia, Stalin decise di rimanere nella capitale e organizzare la difesa di Mosca richiamando il generale Georgij Žukov e schierando numerose divisioni siberiane ben equipaggiate.[18] L'intervento di queste truppe scelte, la presenza di Stalin, le capacità di Žukov e l'arrivo sul campo di battaglia dell'autunno fangoso fermarono la marcia tedesca sulla capitale a fine ottobre.[19]

Tuttavia i tedeschi non rinunciarono e ripresero l'attacco, nonostante l'approssimarsi dell'inverno russo, ma anche quest'ultimo tentativo sarebbe fallito di fronte alla solida resistenza sovietica e al progressivo peggioramento del clima.

Stalin e Žukov disponevano ancora di forze ben equipaggiate con cui sferrarono un improvviso contrattacco, sorprendendo i tedeschi e liberando molte importanti città attorno a Mosca. La Wehrmacht così subì la sua prima pesante sconfitta della guerra.

L'Operazione Barbarossa si concludeva dunque con un fallimento. L'Unione Sovietica non era crollata ed era invece passata al contrattacco, mentre i tedeschi furono costretti a combattere una dura battaglia difensiva invernale. Hitler però era ancora deciso a continuare la guerra su tutti i fronti, organizzando personalmente la difesa a oltranza sul fronte orientale.[20]

1942

Lo stesso argomento in dettaglio: Cronologia della seconda guerra mondiale (1942).
Controffensiva invernale sovietica

Sul fronte orientale, il 1942 cominciò con le nuove offensive sovietiche invernali ordinate da Stalin. Infatti dopo la vittoriosa battaglia di Mosca, l'Armata Rossa proseguì la sua avanzata, soprattutto nella regione a ovest della capitale. I tedeschi si trovarono spesso in difficoltà e persero parecchio terreno, ma non crollarono, anche per l'ordine di Hitler di resistere ad ogni costo: Leningrado era ancora assediata, Ržev e Vjaz'ma divennero capisaldi sulla via di Mosca, la linea sul Donec venne mantenuta;[21] le due sacche di Demjansk e Cholm vennero tenacemente difese dalle truppe tedesche accerchiate che, rifornite per via aerea, resistettero fino a primavera, quando vennero liberate dalle colonne di soccorso.[22]

Operazione "Blu"
Un Panzer III in Russia

A costo di gravi perdite,[23] la Wehrmacht riuscì a fermare la prima controffensiva dell'Armata Rossa.[14] Hitler, consapevole che l'ingresso in guerra degli Stati Uniti modificava fortemente lo scacchiere mondiale e convinto che i sovietici fossero su punto di cedere, impose una nuova offensiva concentrata nel solo settore meridionale dell'immenso fronte, cioè il bacino del Donbass, la regione del Volga, il petrolio del Caucaso e il grano del Kuban', ritenuti essenziali per proseguire una guerra aeronavale contro le potenze occidentali. Così venne preparata l'Operazione Blu.

Il 28 giugno 1942, la Wehrmacht ricominciò l'offensiva, puntando verso sud-est. Dopo alcune rilevanti vittorie preliminari, ebbe inizio la spinta decisiva in direzione del fiume Don, del fiume Volga e contemporaneamente anche del Caucaso. La Wehrmacht per alcuni mesi sembrò nuovamente trionfante e vicina alla vittoria definitiva. L'Armata Rossa batteva in ritirata mentre i tedeschi conquistavano Rostov e aprivano le porte per il Caucaso. Hitler, convinto che ormai il crollo sovietico fosse imminente, impose di accelerare i tempi, con un'avanzata contemporanea sia verso il Volga, sia verso il Caucaso.[24]

La battaglia di Stalingrado
Soldati sovietici della 62ª Armata in azione durante la battaglia di Stalingrado

Per Stalin era un momento drammatico: Stalingrado era minacciata, l'esercito appariva scoraggiato, i tedeschi invincibili e gli alleati occidentali sembravano non voler aprire nessun secondo fronte in Europa.[25]

Il 28 luglio, Stalin emanò quindi il suo famoso ordine del giorno "Non un passo indietro". Esso segna l'inizio della ripresa dell'Armata Rossa, rafforzata in seguito dall'esito della battaglia di Stalingrado. I tedeschi raggiunsero il Volga ma la resistenza sovietica fu tenace e Stalin mobilitò tutte le risorse della città. Per due mesi infuriò una violenta battaglia urbana.[26] Contemporaneamente anche nel Caucaso l'avanzata tedesca rallentava, e finiva per fermarsi alle porte di Groznij, di Tbilisi e di Tuapse.

Un carro T-34 sovietico in azione durante l'operazione Urano

I tedeschi erano bloccati in un sanguinoso scontro a Stalingrado e ridotti alla difensiva su tutto il Fronte orientale, con le armate più potenti bloccate a Stalingrado e nel Caucaso. Il pericolo principale era nel fianco settentrionale sul Don, ma Hitler decise di mantenere le posizioni raggiunte poiché i tedeschi ritenevano che l'Armata Rossa fosse ormai indebolita e incapace di offensive su ampia scala.[27] Al contrario Stalin e i suoi generali più importanti già da settembre avevano cominciato a organizzare grandi controffensive con lo scopo di ottenere una vittoria decisiva e rovesciare completamente l'equilibrio sul fronte orientale.[28]

Le colonne corazzate sovietiche avanzano nella neve durante l'operazione Piccolo Saturno

Il 19 novembre 1942, si scatenava l'Operazione Urano: in quattro giorni i corpi corazzati e meccanizzati sovietici travolsero i tedeschi sul Don e sbaragliarono le indebolite Panzer-Division di riserva che per la prima volta nella guerra furono nettamente sconfitte.[29] Il 23 novembre, i corpi corazzati e meccanizzati si incontrarono a Kalač, accerchiando le truppe bloccate a Stalingrado.[30]

A metà dicembre Stalin sferrò il nuovo attacco sul Don, mentre i tedeschi tentavano disperatamente di venire in soccorso delle truppe rimaste a Stalingrado, anche per ordine di Hitler che era risoluto nel tenere le posizioni fino all'ultimo.

Alla fine dell'anno, la situazione per l'Asse sul fronte orientale era nuovamente molto critica.[31]

1943

Lo stesso argomento in dettaglio: Cronologia della seconda guerra mondiale (1943).
La controffensiva tedesca a est

Il 2 febbraio 1943 i tedeschi si arresero a Stalingrado. Intanto, Stalin e il Comando supremo ampliarono le dimensioni dell'offensiva invernale sovietica. Coscienti delle pesanti perdite dell'Asse,[32] e di fronte ai segni di ritirata dei tedeschi, che ripiegarono dal Caucaso e persero sul Medio Don, i sovietici sperarono di respingere i tedeschi fino al Dnepr, riuscendo ampiamente nell'intento.

Stalin e il Comando sovietico organizzarono contemporaneamente altre offensive sul fronte di Leningrado, che venne parzialmente sbloccato, e anche sul fronte di Orël e Smolensk. Tuttavia, ormai anche i sovietici erano esausti. I comandanti e lo stesso Stalin sottovalutarono le difficoltà e i pericoli. I tedeschi ritrovarono la loro efficienza e organizzarono una controffensiva per riprendere in mano la situazione sul Fronte orientale.

Le Panzer-Division tedesche del feldmaresciallo von Manstein sferrarono il loro contrattacco. I sovietici furono colti di sorpresa, e subirono delle sconfitte. Tutte le colonne di testa vennero messe in grave difficoltà e cominciarono a ripiegare. I tedeschi riguadagnarono la linea del Donec e del Mius e riconquistarono anche Char'kov. Ma con l'arrivo del disgelo primaverile, le operazioni si fermarono e il fronte si stabilizzò momentaneamente.[33]

La battaglia di Kursk e l'avanzata generale Sovietica
Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Kursk e Quarta battaglia di Char'kov.
Panzer nella battaglia di Kursk

Nella primavera del 1943, nella nuova linea del fronte sovietico un reparto era profondamente spinto verso ovest, presso Kursk, in una situazione potenzialmente pericolosa.

I carri armati Tiger a Kursk

Il ritardo tedesco nello scatenare l'offensiva fornì ai sovietici l'opportunità di rafforzare e fortificare il saliente di Kursk. L'Armata Rossa ebbe quindi tutto il tempo di prepararsi allo scontro. Il saliente di Kursk fu riempito di mine anticarro e cannoni anticarro sovietici, trasformandosi da potenziale punto debole del Fronte in autentica trappola per la Wehrmacht.[34]

Il 5 luglio, i tedeschi diedero inizio all'Operazione Cittadella per schiacciare il saliente di Kursk, e il 12 luglio i tedeschi non erano ormai più in grado di insistere nell'attacco. Intanto i sovietici passavano a loro volta all'attacco nella regione di Orël e sul Mius. I tedeschi quindi dovettero cominciare la ritirata.

L'offensiva di Stalin si sviluppò progressivamente su tutti i settori principali del fronte. I tedeschi non ripiegarono senza combattere e, organizzarono continui ridispiegamenti delle loro esperte Panzer-Division per rafforzare le difese. L'avanzata sovietica fu però inesorabile, e così i tedeschi optarono per un ripiegamento strategico fino alla linea del Dnepr.

Cominciò così la grande offensiva del basso Dnepr, con le truppe sovietiche all'inseguimento dell'esercito tedesco in ritirata. Il progetto tedesco fallì e i sovietici costituirono rapidamente numerose teste di ponte da cui partire per liberare anche l'Ucraina occidentale. Più a sud i sovietici si attestarono sulla riva occidentale del Dnepr e liberarono Dnipropetrovs'k, Zaporižžja, Kremenčuk. A nord, nella regione centrale, l'Armata Rossa liberò Brjansk e Smolensk.

I tedeschi mantennero la Crimea e sferrarono anche una nuova controffensiva, che mise in difficoltà le truppe sovietiche in avanzata. A fine anno l'esercito tedesco era stato gravemente danneggiato, ed era ora inferiore numericamente e tecnicamente.

Bombardamento di Amburgo (info file)
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1944

Lo stesso argomento in dettaglio: Cronologia della seconda guerra mondiale (1944).
L'offensiva invernale sovietica
Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Korsun' e Offensiva Uman-Botoșani.

Dopo la breve pausa imposta dalla controffensiva tedesca, l'Armata Rossa riprese la sua offensiva. Nonostante il peggioramento delle condizioni climatiche i sovietici progredirono nell'Ucraina occidentale. La resistenza tedesca riuscì a frenare l'avanzata, ma le truppe rimaste sullo Dnepr vennero sterminate.[32]

Le colonne sovietiche avanzano in Ucraina occidentale nell'inverno 1943-1944

Questo nuovo disastro tedesco facilitò la successiva avanzata che finì con la conquista dell'Ucraina e con l'attacco dei Balcani, della Romania e della Polonia orientale.

Alla vigilia dello sbarco in Normandia, ai russi rimanevano da liberare solo la Bielorussia e gli Stati baltici.

L'offensiva sovietica d'estate

Ancor prima dell'inizio dell'Operazione Overlord, i russi ottennero una nuova vittoria liberando la Crimea. Poi attaccarono, vincendo, la Finlandia, costringendola ad abbandonare la Germania e a perdere ulteriori territori.

Il 22 giugno, Stalin diede il via all'Operazione Bagration che si dimostrò una spettacolare dimostrazione della potenza dell'Armata Rossa. L'attacco venne sferrato contro le forze tedesche in Bielorussia e fin dall'inizio ottenne pieno successo. A questo punto le colonne corazzate sovietiche proseguirono l'avanzata in due direzioni: verso la Lituania da una parte e verso la Polonia dall'altra. I tedeschi, grazie all'arrivo di rinforzi, riuscirono miracolosamente a fermare i sovietici in Lettonia e davanti a Varsavia. Ma fu il popolo stesso a ribellarsi, con la famosa rivolta di Varsavia, ma i tedeschi riuscirono a placare i polacchi e le colonne sovietiche a Radzymin. Finalmente L'URSS fermò l'avanzata: si fermarono sulla linea della Vistola.[35][14] Stalin ora era interessato alla conquista del Baltico e a liberare le nazioni balcaniche.

Poi i sovietici ripresero l'offensiva: vennero facilmente liberate Romania e Bulgaria, solo l'Ungheria rimase alleata dei tedeschi. Le residue forze tedesche ripiegarono attraverso i Carpazi e cominciarono l'abbandono della Grecia e della Jugoslavia. Belgrado venne liberata dai carri armati sovietici provenienti dalla Bulgaria, insieme alle truppe di Tito, il 14 ottobre.[36]

1945

Lo stesso argomento in dettaglio: Cronologia della seconda guerra mondiale (1945).
L'offensiva sovietica sul fronte orientale

Nell'inverno 1944-1945, in Ungheria continuavano i duri scontri tra tedeschi e sovietici. Alla fine i sovietici accerchiarono Budapest, e dopo aspri scontri i tedeschi dovettero rinunciare alla città.

Mentre infuriavano i combattimenti per le strade di Budapest, a nord i sovietici marciavano verso Berlino. I tedeschi vennero travolti, Varsavia cadde senza combattere e le riserve corazzate tedesche vennero distrutte nella battaglia di Kielce.[37]

In un mese i sovietici completarono la Polonia e raggiunsero il fiume Oder, l'ultima protezione naturale di Berlino.

Molto più combattuta fu la battaglia per la Prussia Orientale. I tedeschi, che la ritenevano suolo patrio, si batterono con abilità e efficacia, sfruttando il terreno boscoso e le solide fortificazioni. I russi dovettero impegnarsi in estenuanti e sanguinosi attacchi frontali, impiegando in quantità l'artiglieria pesante.[38] Le superstiti navi da guerra intervennero con le loro artiglierie in aiuto delle truppe di terra e inoltre eseguirono numerose evacuazioni di reparti militari e soprattutto di civili in fuga davanti alla devastazione russa.[39] La lotta si prolungò molto, e i sovietici persero più di mezzo milione di uomini. Nonostante tutto, piccoli nuclei di resistenza tedeschi rimasero attivi nella regione del Frisches Haff fino alla capitolazione del Terzo Reich.

Mentre si prolungava la battaglia in Prussia Orientale, le forze russe giunte all'Oder avevano interrotto la loro avanzata verso Berlino. Durante febbraio e marzo, l'Armata Rossa si impegnò nel rastrellamento delle sacche di resistenza rimaste nelle retrovie, che si batterono duramente, e nella sconfitta delle forze nemiche in Pomerania e in Slesia, in preparazione dell'ultima grande battaglia di Berlino.[40]

Europa occidentale

1939

La strana guerra
Lo stesso argomento in dettaglio: Strana guerra.
Novembre 1939, soldati britannici e francesi giocano a carte in un campo d'atterraggio durante la strana guerra

Al termine della campagna di Polonia, Hitler lanciò messaggi di pace, che furono respinti. Il periodo che seguì vide una preparazione da ambo le parti per l'inizio di un'offensiva che fu tuttavia priva di significative operazioni.[41]

Il Consiglio supremo Alleato decise di presidiare la linea Mosa-Anversa in caso di attacco tedesco attraverso il Belgio. La Germania stabilì i piani di invasione della Francia, violando la neutralità del Belgio e dei Paesi Bassi, piani che vennero scoperti dalle autorità belghe. Ma il Belgio non permise alle truppe britanniche e francesi l'attraversamento del confine, per non offrire un casus belli alla Germania.

Prime battaglie navali e aeree

Le prime battaglie tra la Germania e gli alleati avvennero quasi esclusivamente nei mari e nei cieli. La Kriegsmarine si mobilitò per intercettare il traffico marittimo per e dalla Gran Bretagna, per mettere in difficoltà l'economia e la popolazione britannica.

La Kriegsmarine ottenne alcuni importanti successi iniziali, ma gli Alleati realizzarono a loro volta un successo inducendo, la corazzata tascabile Admiral Graf Spee, ad auto-affondarsi dopo la battaglia del Río de la Plata.

Intanto la Royal Air Force effettuò numerosi raid di bombardieri contro le basi navali tedesche. Le conseguenti battaglie aeree furono molto sanguinose.Nel frattempo, sempre tra il 1939 e il 1940, numerosi scontri aerei avvennero sopra la linea Maginot e la linea Sigfrido, tra francesi e tedeschi.

1940

L'occupazione della Danimarca e della Norvegia
Aprile 1940, panzer II tedeschi a Copenaghen

All'inizio del 1940 il Führer decise di rimandare l'attacco alla Francia, per concentrare la propria attenzione sulla penisola scandinava. Il casus belli fu l'incidente dell'Altmark, nave tedesca che venne abbordata nelle acque territoriali norvegesi da una nave inglese.

Le truppe tedesche cominciarono l'invasione dei due paesi: la Danimarca cedette dopo poche ore mentre la Norvegia resistette due mesi. La Svezia mantenne invece la sua neutralità, continuando a fornire materie prime all'industria bellica tedesca per il resto della guerra.

La Gran Bretagna occupò le isole Fær Øer e l'Islanda. La Groenlandia era invece già stata volontariamente ceduta agli Stati Uniti.

L'invasione della Francia
Un panzer avanza sul fronte occidentale
I carri armati tedeschi oltre la Mosa

Il 10 maggio 1940 le truppe tedesche attaccarono i Paesi Bassi e il Belgio e da qui, passando per la Foresta delle Ardenne e aggirando completamente la linea Maginot, entrarono in Francia, dando il via alla Campagna di Francia (in codice Fall Gelb, 'Caso Giallo').

I tedeschi sbaragliarono le deboli difese franco-belga e crearono subito delle teste di ponte sulla Mosa. I tentativi di contrattacco inglesi fallirono, e a fine maggio sia Belgio che i Paesi Bassi si arresero.

I tedeschi conquistarono Lilla mentre i francesi ripiegavano sulla costa, evacuando, aiutati dagli inglesi, dal porto di Dunkerque.

Un Panzer IV avanza in territorio francese nel maggio 1940
Una fase drammatica della ritirata inglese a Dunkerque

I tedeschi intanto proseguirono conquistando Boulogne, Calais e Dunkerque, proseguendo solamente con la fanteria e lasciandosi sfuggire varie truppe anglo-francesi.

In ogni caso il bilancio finale della prima fase della Campagna di Francia fu trionfale per la Germania e per Hitler.

L'intervento dell'Italia e la campagna delle Alpi Occidentali

Dopo soli due giorni dalla dichiarazione di guerra, Genova e Torino furono bombardate dai britannici mentre il 15 giugno una flottiglia francese colpì Vado Ligure e il porto di Genova, senza che la marina italiana riuscisse a intervenire.

Poi iniziò l'assalto italiano, che attaccarono il fronte delle Alpi Occidentali difeso solamente da debolissime armate di fanteria francesi.

Nonostante la rotta generale dell'esercito francese di fronte ai tedeschi, le truppe italiane non riuscirono a sfondare le linee nemiche, favorite dall'impervio terreno alpino. Gli italiani subirono perdite maggiori e dimostrarono scarsa organizzazione e arretratezza tattica. Al termine della battaglia delle Alpi Occidentali, l'Italia guadagnò praticamente solo Mentone e ottenne la smilitarizzazione della fascia di confine; svanirono inoltre i grandiosi progetti del Duce di spartizione della Francia lungo la linea del Rodano, la conquista della Corsica e l'acquisizione delle coloniale africane francesi.[42]

La resa della Francia
Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna di Francia e Fall Rot.
Truppe tedesche in Belgio

Intanto i tedeschi iniziarono la marcia su Parigi. I tedeschi avanzavano, e il governo francese si trasferì a Tours,

Parigi cadde il 14 giugno 1940, poi caddero Reims, Digione, Brest, Nantes, Saumur, Caen, Rennes e Le Mans.

L'esercito tedesco a Parigi

La Francia chiese l'armistizio, ma le condizioni della resa furono molto pesanti: il territorio settentrionale e occidentale della Francia fu occupato dai tedeschi, non furono resi i prigionieri, le spese di occupazione furono fissate a discrezione del vincitore, l'esercito francese dovette essere ridotto a 100 000 uomini.

La Francia centro-meridionale rimaneva indipendente con le sue colonie e il governo si insediava nella cittadina di Vichy.

La battaglia d'Inghilterra
Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia d'Inghilterra e Operazione Leone Marino.
I bombardieri tedeschi si preparano per una nuova incursione sull'Inghilterra

Non trovando terreno fertile per una pace con la Gran Bretagna, Hitler cominciò a considerare l'idea di invaderla, ma per preparare la gigantesca operazione di sbarco navale,l' operazione Leone marino, i tedeschi dovevano prima ottenere il controllo dei cieli britannici e indebolire le difese costiere dell'isola. Pertanto la Luftwaffe, a partire dal 10 luglio 1940, diede inizio a una numerosa serie di incursioni diurne e notturne contro gli aeroporti della Royal Air Force, nonché contro le difese costiere, i porti e le industrie di aerei e armamenti della Gran Bretagna. La campagna aerea tedesca di bombardamenti strategici, passata alla storia con il nome di battaglia d'Inghilterra, sembrò avere un moderato successo, ma dopo il bombardamento inglese di Berlino, Hitler cambiò strategia cominciando a bombardare le città britanniche per costringere gli inglesi a chiedere la pace, colpendo direttamente la popolazione civile nel tentativo di demoralizzarla.

Questo cambio di tattica consentì alla Royal Air Force di non essere più direttamente nel mirino del nemico e di poter quindi riorganizzare e rinforzare la difesa aerea. I tedeschi soffrirono perdite sempre crescenti finché lo stesso Hitler si rese conto che ormai l'invasione della Gran Bretagna non era più realizzabile per quell'anno e decise di rinviarla a tempo indeterminato. In seguito la Luftwaffe fu costretta a ridurre notevolmente il numero di incursioni contro il Regno Unito.

1941

La battaglia dell'Atlantico
Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia dell'Atlantico (1939-1945).

La battaglia dell'Atlantico, termine coniato da Winston Churchill, fu la campagna militare navale e aerea che si protrasse più a lungo e con maggiore continuità di tutta la seconda guerra mondiale.

La Germania attuò un blocco navale che sfociò nella battaglia dell'Atlantico.

La battaglia conobbe sensibili variazioni di intensità, ma, a partire dal 1943, la situazione volse a netto favore degli Alleati, che furono in grado di conquistare il predominio nella guerra di superficie grazie alla loro schiacciante superiorità di mezzi, e anche di contrastare efficacemente, grazie anche all'impiego di strumenti, come il radar e il sonar, e di tattiche nuove, come i pattugliatori navali, le portaerei di scorta e gli aerei a lungo raggio, i raggruppamenti di sommergibili della Kriegsmarine, che, dopo un inizio a loro favorevole e notevoli successi parziali, cominciarono progressivamente a subire grosse perdite fino alla definitiva sconfitta.

1942

l problema del "secondo fronte" e l'incursione di Dieppe
Lo stesso argomento in dettaglio: Secondo fronte.

Il problema di un "secondo fronte" che alleviasse la pressione tedesca sui russi, era sorto già nel 1941. Le richieste di Stalin, riguardo a un impegno immediato inglese in forze sul continente, erano irrealistiche: in primo luogo, a causa della debolezza dell'esercito britannico, reduce dalle disfatte in Francia, Norvegia, Grecia e Creta, e in secondo luogo perché il piano di guerra di Churchill, prima dell'entrata in guerra degli Stati Uniti, era completamente differente.

Poi la situazione cambiò: Stalin e l'Armata Rossa riuscirono a fermare l'avanzata tedesca e passarono al contrattacco dal 5 dicembre, con conseguente necessità per l'esercito tedesco di rimanere in gran parte sul fronte est, e dal 7 dicembre gli Stati Uniti entrarono in guerra.

Comunque, un eventuale sbarco angloamericano fu continuamente rimandato per vari motivi, come la nuova offensiva tedesca in Unione Sovietica o le vittorie in Nordafrica, così gli angloamericani si concentrarono esclusivamente in Africa.

Poi, gli Alleati concordarono nell'effettuare un esperimento, per sondare la capacità di reazione della Wehrmacht: avrebbero tentato l'invasione del porto di Dieppe, sulla costa francese. Le truppe alleate avrebbero dovuto conquistarlo il più rapidamente possibile, quindi avrebbero tentato di mantenerne il controllo per almeno 48 ore, dopodiché sarebbero state evacuate. Se la Wehrmacht avesse dimostrato incapacità a reagire efficacemente, la futura ipotetica invasione della Francia avrebbe potuto avere inizio da un porto.

Dieppe: un gruppo di soldati canadesi prigionieri

Questo piano però si rivelò completo disastro. Non solo le truppe sbarcate non riuscirono a occupare il porto, ma furono in gran parte distrutte dalle truppe tedesche di difesa e soltanto una minoranza di soldati alleati riuscì a essere evacuata dal campo di battaglia mentre la battaglia aerea sopra le spiagge terminò con una netta vittoria della Luftwaffe. Così gli Alleati decisero di rimandare l'apertura di un secondo fronte al 1943 o più probabilmente nel 1944, lasciando l'Unione Sovietica a combattere da sola contro il Terzo Reich.[43]

1943

Il fronte mediterraneo e la campagna d'Italia

Le decisioni definitive alleate riguardo alla pianificazione operativa dell'assalto al continente europeo avevano scatenato nuovi duri contrasti tra gli americani e Churchill. Così gli Alleati convennero per lo Sbarco in Sicilia il 10 luglio 1943, anche nell'intento di provocare un crollo del Regime Fascista già fortemente indebolito. Il regime fascista dunque si sciolse il 25 agosto 1943.

Hitler previde la resa dell'Italia e liberò Mussolini, organizzando anche un fronte difensivo tedesco in Italia.

La liberazione di Mussolini
Truppe americane durante lo sbarco di Salerno

Badoglio e il re intanto decisero di accettare l'Armistizio di Cassibile imposto dagli Alleati, quindi i tedeschi decisero di conquistare l'Italia centro-settentrionale, contrastando fortemente l'avanzata alleata, ma poi ripiegando fino a creare un fronte stabile, la Linea Gustav. Quello che rimaneva dell'Italia diventò uno stato fantoccio dei tedeschi, con a capo il Duce.

1944

Lo sbarco in Normandia e la liberazione della Francia
D-Day, 6 giugno 1944, soldati americani in Normandia

Dopo quasi due anni di preparativi venne presa la decisione di aprire il secondo fronte, chiamato in codice Operazione Overlord.

L'operazione cominciò il 6 giugno 1944, con il famosissimo sbarco in Normandia, anche chiamato D-Day.

Gli angloamericani conquistarono le spiagge ma con difficoltà riuscirono ad avanzre, ostacolati dalle divisioni corazzate tedesche. Intanto gli americani sfondarono in Bretagna, a cui supporto vennero anche i canadesi, guidati da Harry Crerar.

20 giorni dopo l'inizio dell'operazione venne liberata Parigi. Poco dopo cominciò anche l'Operazione Dragoon, che terminò con successo: dopo essere sbarcati ed aver conquistato la Provenza, gli angloamericani conquistarono Bruxelles e arrivarono in Lorena.[44]

I carri armati alleati a Bayeux
La guerra in Italia

Contemporaneamente all'invasione della Francia, gli Alleati conquistarono Roma il 4 giugno e, in poche settimane, il resto dell'Italia Centrale. In novembre, raggiunto l'importante obiettivo simbolico, obiettivo a cui gli inglesi molto tenevano, della liberazione di Forlì, la cosiddetta "Città del Duce", le operazioni conobbero un rallentamento, dovuto all'arrivo dell'inverno, con il fronte che si assestava sulla Linea Gotica.

La ripresa generale tedesca e l'offensiva delle Ardenne

Alla metà di settembre, la situazione del Terzo Reich era disperata, in quanto a ovest gli alleati proseguivano attraverso il Belgio, in Italia gli Alleati avanzavano verso nord e a est l'Unione Sovietica era arrivata alla Prussia Orientale e alla Vistola, oltre che alla conquista completa dei Balcani. Ma i tedeschi comunque attuarono una controffensiva su tutti i fronti.

Gli Alleati avevano organizzato a ovest l'Operazione Market Garden, in cui però al momento i tedeschi stavano vincendo, e i tedeschi, nonostante aver perso terreno in Belgio, in Alsazia e in Lorena, hanno creato un fronte molto stabile a ovest. In Italia i tedeschi contennero molto bene i deboli attacchi alleati sulla Linea Gotica. A est i tedeschi si batterono molto duramente sontro i sovietici nei Paesi Baltici e in Prussia Orientale, un fronte da cui non usciranno mai completamente sconfitti fino alla resa tedesca del 1945. Sui Balcani i tedeschi organizzarono un'asprissima difesa nelle pianure ungheresi, mantenendo la città di Budapest sotto il potere dell'Asse fino a pochi mesi dalla fine della guerra.

Poi addirittura i tedeschi organizzarono un contrattacco, l'Offensiva delle Ardenne, che colse di sorpresa gli americani, sconfitti in Belgio, e i panzer tedeschi raggiunsero la Mosa. Subito gli americani però reagirono e a inizio 1945 i fronti erano tornati alle posizioni iniziali.

Paracadutisti americani della 101ª Divisione Aviotrasportata in ricognizione nei pressi del villaggio di Bastogne durante l'offensiva delle Ardenne

1945

Il crollo del fronte occidentale

Dopo la battaglia delle Ardenne e il crollo della linea della Vistola, l'esercito tedesco a ovest era ormai in netta inferiorità numerica e gli alleati quindi poterono ricominciare l'offensiva per superare la Linea Sigfrido e conquistare tutto il territorio tedesco a ovest del fiume Reno. I tedeschi combatterono ancora con tenacia, ma la superiorità aerea e terrestre alleata era troppo evidente. Prima gli americani, con le conquiste di Colonia e Magonza, poi gli inglesi, con la sacca della Ruhr, e infine i canadesi, con le conquiste di Brema e Amburgo, fecero crollare il fronte occidentale.

I russi conquistarono la Danimarca, gli americani Hannover, Lipsia e Magdeburgo. Proprio nella zona vicino a quest'ultima città resistette con tenacia all'avanzata americana, prima di inevitabilmente cadere.

Gli americani conquistarono la Sassonia e la Baviera, con le cadute di Norimberga e Monaco, mentre tutti i tedeschi si arrendevano agli alleati per non cadere nelle mani dei sovietici. Il primo incontro tra russi e americani avvenne a Torgau il 25 aprile 1945.

Le truppe americane al ponte di Remagen
La battaglia di Berlino e la fine del Terzo Reich
Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Berlino e Offensiva di Praga.

Fino all'ultimo, Hitler, ormai disperato e quasi farneticante, pianificò fantomatiche offensive e proclamò propositi di resistenza a oltranza,[45] utilizzando i miseri resti delle armate sconfitte, anziani e giovanissimi del Volkssturm e divisioni "fantasma", create frettolosamente con nomi altisonanti e pochi mezzi. Ancora il 6 marzo, le divisioni corazzate Waffen-SS, ritirate dalle Ardenne, sferrarono un'ultima offensiva in Ungheria nella zona del lago Balaton. Dopo duri scontri le forze sovietiche contenettero l'attacco e passarono alla controffensiva il 16 marzo. Ormai in disfacimento, le armate tedesche ripiegavano per difendere Vienna ma le colonne russe proseguirono superando tutti gli sbarramenti. Vienna cadde il 13 aprile dopo alcuni duri scontri in città e i russi si incontrarono il 4 maggio con gli americani provenienti da ovest nella regione di Linz.[32]

Montreal Daily Star: "Germany Quit" ossia "La Germania Chiude", 7 maggio 1945
Il maresciallo Žukov firma il documento di resa della Germania l'8 maggio 1945

Il 16 aprile 1945, l'Armata Rossa sferrò la sua ultima offensiva generale con obiettivo Berlino, L'attacco venne sferrato in gran fretta sotto la pressione di Stalin; di fronte al crollo del fronte occidentale, ai segni evidenti di dissoluzione della resistenza a ovest e alla rapidità dell'avanzata alleata, c'era il rischio che gli Alleati occidentali precedessero i russi a Berlino.[46] Al contrario, la resistenza tedesca sul fronte est si stava rafforzando, con l'afflusso di rinforzi terrestri e aerei dagli altri fronti, e le truppe nemiche erano intenzionate a battersi fino all'ultimo per difendere la capitale e il Führer, ma anche per salvaguardare la popolazione civile e guadagnare tempo in attesa dell'arrivo angloamericano da ovest.[47]

Le forze sovietiche, agli ordini dei marescialli Žukov e Konev, erano imponenti e nettamente superiori a quelle nemiche, ma inizialmente venne impiegata male e confusamente. Le perdite, di fronte alle difese fortificate tedesche, furono altissime e lo sfondamento decisivo, ottenuto con la forza bruta di migliaia di carri armati impiegati in massa, fu ottenuto solo il 20 aprile.[48] Dopo queste difficoltà iniziali, la velocità dell'avanzata aumentò; in campo aperto le armate corazzate sovietiche superarono tutti gli ostacoli e manovrarono per accerchiare la capitale; il 25 aprile cominciò la battaglia di Berlino. Hitler, ormai rassegnato e deciso a terminare la sua vita e quella del Terzo Reich con un vero "Crepuscolo degli Dei" nibelungico,[49] decise di rimanere in città e di organizzare la difesa, contando su reparti raccogliticci di Waffen-SS straniere, resti di Panzer-Division disciolte e truppe del Volkssturm e della Hitlerjugend. La battaglia casa per casa fu durissima e sanguinosa, i sovietici avanzarono passo passo da tutte le direzioni lentamente e a costo di pesanti perdite. Dall'esterno, alcuni tentativi di soccorrere Berlino da parte delle modeste forze dei generali Wenck e Steiner fallirono; il cerchio di ferro sovietico era impenetrabile. Sempre il 25 aprile, l'Armata Rossa si congiungeva a Torgau sull'Elba con l'esercito americano arrivato sul fiume il 13 aprile.

La battaglia finale nel centro di Berlino terminò il 2 maggio con la resa della guarnigione. Hitler si era suicidato già il 30 aprile dopo aver sposato il 29 Eva Braun.[50] I sovietici avevano così concluso vittoriosamente, dopo grandi sacrifici, la "Grande Guerra Patriottica". Solo nell'ultima battaglia persero 135 000 uomini[14] mentre le perdite tedesche furono di 400 000 tra morti e feriti e 450 000 prigionieri.[14]

L'ultima manovra sovietica in Europa fu l'offensiva di Praga, insorta contro i tedeschi il 5 maggio, organizzata da Stalin anche per anticipare l'arrivo degli americani. Le colonne corazzate russe si diressero su Dresda, superandola e arrivando nella capitale cecoslovacca il 9 maggio.[32] Sul Baltico le forze sovietiche si erano già congiunte con le truppe inglesi provenienti dallo Schleswig-Holstein, dove si era rifugiato l'ultimo governo del Reich guidato, secondo le disposizioni testamentarie di Hitler, dall'ammiraglio Karl Dönitz.

La notte dell'8 maggio, al quartier generale del maresciallo Žukov a Berlino, alla presenza dei rappresentanti alleati Carl Andrew Spaatz, Arthur Tedder e Jean de Lattre de Tassigny, il feldmaresciallo Wilhelm Keitel firmò il documento di resa incondizionata della Germania. Per volontà di Stalin, volendo egli sottolineare il ruolo preponderante dell'Unione Sovietica nella vittoria, i rappresentanti del Reich dovettero ripetere davanti ai russi la resa già firmata il 7 maggio al quartier generale di Eisenhower a Reims.

Balcani

1940

L'invasione italiana della Grecia
Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna italiana di Grecia.
I soldati italiani durante l'inverno in Albania

Il 28 ottobre 1940, su personale iniziativa di Benito Mussolini e senza avvisare l'alleato tedesco, l'Italia attaccò la Grecia partendo dalle basi in Albania. L'iniziativa nasceva principalmente dalle esigenze di prestigio del Duce, ossia ottenere un successo militare da contrapporre ai trionfi di Hitler, e dall'insipienza di Galeazzo Ciano e dei generali sul posto. L'attacco alla nazione ellenica era basato sul presupposto che la Grecia sarebbe crollata senza combattere: organizzato frettolosamente, con mezzi insufficienti e appena 100 000 soldati, e sferrato in condizioni climatiche pessime, si rivelò molto più difficile del previsto. I greci non solo si batterono accanitamente, ma, sfruttando le caratteristiche del terreno, respinsero rapidamente l'attacco italiano. Inoltre, sfruttando la temporanea superiorità numerica, passarono al contrattacco rigettando le forze italiane in Albania. Si sviluppò quindi un'aspra guerra di montagna tra eserciti appiedati e poco mobili, una specie di riedizione della prima guerra mondiale, snervante e demoralizzante per le truppe.

Di fronte alla sconfitta, culminata con la caduta di Coriza, il 22 novembre, Mussolini costrinse Badoglio alle dimissioni e procedette a sostituire i comandanti, oltre ad inviare i rinforzi disponibili. L'avanzata greca venne fermata, ma il fronte rimase bloccato in terra albanese per tutto l'inverno, senza che vi fosse la possibilità di passare al contrattacco. Peraltro i britannici, aspettandosi questa mossa da parte italiana, decisero di accorrere in aiuto delle forze greche, loro alleate sin dai tempi della prima guerra mondiale. Venne organizzato un contingente di 56 000 uomini come rinforzo, anticipando un previsto intervento tedesco in aiuto degli italiani, con la Royal Air Force che disponeva già di basi in Grecia. Gli Alleati conseguirono così la loro prima vittoria politico-propagandistica mentre Mussolini, costretto a chiedere l'intervento di Hitler dopo i ripetuti fallimenti, subì una significativa perdita di prestigio e di consenso interno e internazionale.

L'intervento della Germania si fece attendere per diversi mesi, essendo Hitler impegnato fin dall'autunno 1940 in un complesso gioco diplomatico con rumeni, ungheresi, bulgari e finlandesi, per organizzare un sistema di alleanze in vista della pianificata invasione dell'Unione Sovietica. Il Fuhrer era molto contrariato dall'intervento italiano in Grecia, temendo che gli inglesi potessero intervenire a difesa di Atene approfittandone per occupare i pozzi di petrolio di Ploiești e il 28 ottobre era accorso a Firenze per dissuadere Mussolini:

«Duce, volevo pregarvi di ritardare l'intervento, possibilmente a stagione più propizia, in ogni caso fin dopo l'elezione del presidente statunitense. Alcune nazioni a nostro favore si sono già impegnate a non intervenire prematuramente, mentre l'Inghilterra potrebbe portarsi nelle immediate vicinanze del bacino petrolifero di Ploesti[51]

Ora, la nuova campagna lo costringeva a una diversione resa necessaria per stabilizzare la regione, cacciare gli inglesi dal continente per la seconda volta e rafforzare il fianco meridionale dello schieramento dell'Asse contro l'Unione Sovietica.[52]

1941

L'invasione della Jugoslavia e della Grecia
Mezzi tedeschi nei Balcani

In primavera, Hitler aveva ormai messo a punto il sistema di alleanze necessario per risolvere la situazione greca e per rafforzare lo schieramento contro l'Unione Sovietica: l'Ungheria, la Romania e la Bulgaria si affiancavano ufficialmente all'Asse e aprivano le porte all'esercito tedesco; la stessa Jugoslavia, anch'essa obiettivo delle ambizioni mussoliniane, firmava in un primo tempo un trattato con la Germania. Tuttavia, il 27 marzo si verificava un golpe interno a Belgrado e un rovesciamento di Alleanze a favore degli inglesi. La risposta di Hitler fu immediata, avviando l'Operazione Marita con l'obiettivo di vendicare l'affronto e di sbaragliare il corpo di spedizione britannico. Il 6 aprile la Germania invase la Jugoslavia, dichiarò guerra alla Grecia e scatenò un violento bombardamento aereo su Belgrado che causò migliaia di vittime. Fu l'inizio di una nuova guerra lampo: le Panzer-Divisionen dilagarono in tutte le direzioni partendo dalle loro basi in Bulgaria, in Romania e in Austria, mentre gli italiani irruppero dalla Venezia-Giulia e dall'Albania occupando Spalato e Mostar. L'esercito jugoslavo – minato da contrasti etnici interni – si disgregò in pochi giorni, Belgrado venne occupata il 13 aprile e la resa venne firmata il 17 aprile. Contemporaneamente, altre forze corazzate tedesche, passando per la Macedonia, aggiravano lo schieramento difensivo anglo-greco, occupavano Salonicco l'8 aprile e tagliavano fuori le forze greche che affrontavano gli italiani in Albania, prendendo Giannina il 21 aprile e obbligando infine la Grecia ad arrendersi il 24 aprile. L'esercito italiano ebbe una parte minore nelle manovre, dimostrando ancora una volta la sua netta inferiorità rispetto ai tedeschi.

La Serbia, la Grecia continentale e alcune isole finirono in mani tedesche; la Slovenia, la Croazia, dove venne costituito il regime fantoccio di Ante Pavelić, e alcune isole greche vennero date a Italia, mentre altri territori furono consegnati a Ungheria e Bulgaria. Ormai in rotta, il 25 aprile il corpo di spedizione britannico riuscì a effettuare una nuova evacuazione via mare dai porti greci. Il nuovo successo hitleriano veniva suggellato, tra il 20 e il 29 maggio, dalla conquista dell'isola di Creta, occupata da truppe australiane e neozelandesi, ottenuta pur con gravi perdite da parte dei paracadutisti tedeschi.[53] Nonostante la perdita di tempo causata dalla campagna balcanica, l'esercito tedesco era ora al massimo della sua efficienza e pronto al grande attacco contro l'Unione Sovietica.

Lo stesso argomento in dettaglio: Fronte jugoslavo (1941-1945).

La rapida e schiacciante vittoria delle potenze dell'Asse nei Balcani non segnò la fine della guerra in questo teatro operativo; al contrario già a partire dal giugno 1941 iniziò un movimento insurrezionale in Jugoslavia che mise subito in difficoltà gli occupanti; i tedeschi dopo la vittoria avevano lasciato solo poche forze in Serbia e contavano soprattutto nella collaborazione di formazioni locali di filo-nazisti, mentre il grosso delle truppe occupanti era fornito dagli italiani, che schierarono oltre 30 divisioni nei Balcani. L'insurrezione ebbe inizio in Serbia e Montenegro e nella prima fase fu condotta inseme dai partigiani comunisti di Josip Broz Tito e dai cetnici nazionalisti di Draža Mihailović; la resistenza ottenne alcuni successi iniziali e costituì "zone libere" in Serbia e nei territorio dello Stato Indipendente di Croazia, mentre la rivolta in Montenegro causò pesanti perdite agli italiani che rischiarono di essere costretti alla ritirata. Con l'afflusso di rinforzi, entro il 1941 gli italo-tedeschi ripresero il controllo della situazione in Serbia e Montenegro e inflissero pesanti perdite agli insorti che dovette disperdersi o fuggire.

Partigiani jugoslavi in marcia durante la battaglia della Sutjeska

Da quel momento i partigiani jugoslavi di Tito continuarono la lotta contro l'occupante con la massima determinazione, riaccendendo la guerriglia in Montenegro, Sangiaccato, Bosnia, Dalmazia, Slovenia e Croazia, mentre Mihailović, che godeva dell'appoggio del governo jugoslavo in esilio a Londra, decise di rompere con i comunisti e sospendere gli attacchi contro gli occupanti. Si sviluppò quindi in Jugoslavia una sanguinosa guerra civile tra partigiani e cetnici; questi ultimi ben presto entrarono in collaborazione con gli italiani di cui divennero utili ausiliari contro la resistenza.

1942-1943

Nonostante una serie di offensive italo-tedesche, all'inizio del 1942 i partigiani rimasero attivi e potenziarono le loro forze costituendo brigate e divisioni mobili. Tito, alla fine del 1942, organizzò una nuova "zona libera" in Bosnia centrale e costituì un vero esercito partigiano, l'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia. All'inizio del 1943, Hitler decise di concentrare nuove forze nei Balcani per distruggere definitivamente la resistenza nel timore di uno sbarco anglo-americano; vennero quindi sferrate a febbraio e maggio due grandi offensive con truppe tedesche, italiane, croate e cetniche. I partigiani furono in grado di resistere; la battaglia della Neretva si concluse con la pesante sconfitta di italiani e cetnici e con l'avanzata partigiana in Erzegovina e Montenegro, mentre nella battaglia della Sutjeska i partigiani di Tito, nonostante le fortissime perdite, sfuggirono all'accerchiamento e conclusero la ritirata tornando in Bosnia orientale. Da questo momento la resistenza partigiana si rafforzò; i britannici decisero di abbandonare i cetnici di Mihailović, dei quali era sempre più evidente la collaborazione con il nemico, e di aiutare i partigiani; anche l'Unione Sovietica iniziò a sua volta a sostenere materialmente le forze di Tito. Inoltre, dopo l'8 settembre 1943 e l'armistizio dell'Italia, i partigiani jugoslavi poterono impadronirsi di una parte delle armi, liberarono molti territori e accorparono nelle loro fila numerosi volontari italiani.

1944-1945

I partigiani jugoslavi del III Korpus entrano a Sarajevo il 6 aprile 1945

I tedeschi reagirono brutalmente alla defezione e inviarono nuove forze con le quali, entro la fine del 1943, riconquistarono gran parte dei territori, inflissero pesanti perdite ai partigiani jugoslavi e stabilizzarono temporaneamente la situazione. Nel 1944, la guerra ebbe una svolta anche nei Balcani; le ultime offensive tedesche per distruggere la resistenza e catturare o uccidere Tito fallirono e i partigiani guadagnarono terreno in Montenegro, Bosnia e Sangiaccato; nell'estate 1944, entrarono in Serbia in cooperazione con l'avanzata da est dell'Armata Rossa. I cetnici di Mihailović e i collaborazionisti di Milan Nedić furono sbaragliati, mentre i tedeschi iniziavano la ritirata strategica delle loro forze in Grecia e cercavano di difendere le loro posizioni in Jugoslavia. A ottobre, iniziò l'offensiva di Belgrado che fu vinta dai partigiani di Tito e dalle forze meccanizzate sovietiche; i tedeschi evacuarono Dalmazia, Montenegro e Serbia ma costituirono un fronte stabile sullo Srem, in Bosnia e Erzegovina, che fermò l'avanzata partigiana per tutto l'inverno 1944-45. L'esercito titino era ormai divenuto, grazie all'aiuto britannico e sovietico, un vero esercito regolare con 800 000 combattenti uomini e donne, organizzati in quattro armate e circa 50 divisioni, con forze pesanti meccanizzate e squadriglie aeree. Nella primavera 1945, questo esercito fu in grado di partecipare autonomamente all'offensiva finale alleata contro le ultime posizioni tedesche. Sarajevo venne liberata il 6 aprile, mentre il fronte dello Srem venne sfondato il 12 aprile e le divisioni partigiane entrarono a Zagabria il 9 maggio; fin dal 2 maggio 1945 altre forze mobili partigiane avevano raggiunto Trieste in anticipo sugli Alleati occidentali. Nella città ebbe subito inizio la repressione contro gli italiani ritenuti ostili al potere comunista e si accese il contrasto con le truppe britanniche. La guerra in Jugoslavia terminò solo il 15 maggio 1945, con la vittoria totale dei partigiani di Tito che arrivarono fino all'Austria meridionale; i residui gruppi avversari, cetnici, ustaša e nazionalisti sloveni, furono sommariamente eliminati nelle battaglie finali o nelle successive, brutali, repressioni.

Il teatro asiatico

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra del Pacifico (1941-1945).

1937-1940

Lo stesso argomento in dettaglio: Seconda guerra sino-giapponese e Patto tripartito.

L'Impero giapponese aveva invaso la Cina nel 1937, prima che la seconda guerra mondiale cominciasse. L'avanzata delle truppe nipponiche aveva costretto l'esercito nazionalista del Kuomintang di Chiang Kai-shek e l'Armata Rossa Cinese di Mao Zedong a una tregua di fatto nella guerra civile per costituire un fronte unito che, pur reso labile dalla mancata collaborazione tra le due fazioni, si oppose all'invasione. Fu in quegli anni che l'ondata di nazionalismo che aveva cominciato a scuotere il Giappone a cavallo degli anni trenta raggiunse il suo apice: dopo le dimissioni da Primo ministro nel luglio del 1940 di Mitsumasa Yonai, contrario all'alleanza con Germania e Italia, l'incarico venne affidato al nazionalista moderato Fumimaro Konoe; questi nominò Ministro degli esteri il radicale Yōsuke Matsuoka, fautore dell'entrata in guerra del paese, che precedentemente aveva elaborato i piani per la realizzazione della "Sfera di co-prosperità della Grande Asia orientale", un progetto che voleva l'Impero giapponese padrone assoluto dell'Unione dell'Asia orientale, composta da paesi alleati od occupati militarmente.

Tra il 24 e il 26 settembre 1940, il Giappone, approfittando dei successi della Germania, occupò con il consenso forzato della Francia di Vichy (erede della Terza Repubblica francese sconfitta nel giugno 1940) il nord della colonia dell'Indocina: il Giappone si assicurò un territorio dal quale avrebbe potuto lanciare operazioni militari contro la "strada della Birmania", l'unica via terrestre dalla quale Chiang Kai-Shek riceveva armi, munizioni e rifornimenti dagli Stati Uniti e dall'impero britannico.[54] Il giorno seguente il Primo ministro Konoe siglò il Patto Tripartito con Germania e Italia: la forza principale che spinse alla stipula furono i radicali nazionalisti, rappresentati dal Ministro degli esteri Matsuoka, che voleva così assicurare al Giappone un ruolo di primo piano nella nuova ripartizione delle colonie in Asia. Per la frazione moderata di Konoe, il patto rappresentava soprattutto una forma di assicurazione alla politica giapponese in Cina, osteggiata dagli Stati Uniti e dall'URSS.

Il Ministro degli esteri Matsuoka incontrò Hitler nel marzo 1941, che sollecitò una spinta offensiva giapponese verso sud contro le potenze occidentali, ma non informò il diplomatico dei progetti tedeschi di offensiva generale contro l'Unione Sovietica. Matsuoka, ignaro dei piani tedeschi, il 13 aprile firmò a Mosca il Patto nippo-sovietico di non aggressione, che riduceva la pressione sovietica sulla Manciuria e liberava le forze di Tokyo per le manovre verso sud.[55] Nella prima metà del 1941, gli Stati Uniti, pur rafforzando il sostegno alla Cina, si concentrarono principalmente sulla guerra in Europa e in Atlantico, incrementando gli aiuti al Regno Unito sulla base della Legge Affitti e Prestiti dell'11 marzo 1941 e del fatto che la Germania era l'unico nemico dei britannici. L'inizio dell'Operazione Barbarossa, il 22 giugno 1941, provocò una svolta della situazione generale e impose scelte decisive sia alla dirigenza americana sia a quella giapponese.[56] Il governo Konoe scelse di non intervenire nella guerra tedesco-sovietica, ma di estendere il dominio giapponese a sud per acquisire importanti materie prime strategiche e isolare completamente la Cina;[57] fu inoltre messa in minoranza la fazione radicale guidata da Matsuoka, favorevole all'intervento in Estremo oriente contro i sovietici.[58] Il Ministro degli esteri venne poi destituito il 16 luglio e il 21 luglio Konoe formò un nuovo gabinetto con il generale Hideki Tōjō come Ministro della guerra. Il 24 luglio, truppe giapponesi cominciarono a penetrare in Cocincina (Indocina meridionale), occupando la baia di Cam Ranh e Saigon.[59]

Gli Stati Uniti reagirono subito all'occupazione dell'Indocina[60] imponendo l'embargo petrolifero al Giappone, imitati nei giorni successivi dal Regno Unito e dal governo olandese in esilio, di cui l'Indonesia era una colonia.[61] Tali sanzioni furono viste come un'indiretta dichiarazione di guerra dal governo di Tokyo, costretto a scegliere se abbandonare le ambizioni in Asia e la guerra in Cina o procurarsi i carburanti con l'uso della forza.[62] Dopo mesi di inutili trattative per assicurarsi la neutralità di Washington, trovandosi a corto di carburante per via dell'embargo e rischiando di trovarsi con la flotta bloccata, il governo moderato di Konoe cadde il 18 ottobre: il nuovo gabinetto fu presieduto dal generale Tōjō, che mantenne anche la carica di Ministro della guerra e fu nominato anche Ministro degli interni. Egli promosse un nuovo ciclo di trattative che però si rivelarono ancor una volta sterili.

1941

Lo stesso argomento in dettaglio: Attacco di Pearl Harbor.
La USS Arizona (BB-39) in fiamme

La fazione favorevole alla guerra ebbe così campo libero e l'offensiva giapponese scattò il 7 dicembre 1941 con il bombardamento della base navale statunitense di Pearl Harbor, senza una preventiva dichiarazione di guerra. Il danno per la Flotta del Pacifico fu grave, anche se le unità principali, le portaerei, si trovavano al largo e non furono coinvolte. Immediata fu la risposta degli Stati Uniti, che il giorno dopo dichiararono guerra al Giappone: furono imitati dal Regno Unito, dalla Francia libera e dal governo olandese.

Le forze giapponesi invasero simultaneamente i possedimenti britannici in Malaysia e nel Borneo e le Filippine, dov'erano presenti gli americani, con l'intenzione di conquistare poi i pozzi petroliferi delle Indie olandesi. Il 10 dicembre, venne distrutta la "Forza Z", una squadra navale britannica composta dalla corazzata HMS Prince of Wales e dall'incrociatore da battaglia HMS Repulse, preda dell'Aviazione della Marina imperiale giapponese. Dopo il rapido crollo delle difese britanniche in Malesia, anche l'isola fortezza di Singapore, difesa da britannici, indiani e australiani, si arrese alle forze giapponesi provenienti via terra dalla penisola malese, il 15 febbraio 1942 dopo una breve resistenza. Oltre 130 000 prigionieri Alleati caddero in mano all'esercito giapponese, in quella che lo stesso Churchill definì la più umiliante sconfitta britannica e la più grande capitolazione inglese di tutti i tempi.[63]

Day of infamy (info file)
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1942

Lo stesso argomento in dettaglio: Cronologia della seconda guerra mondiale (1942).
Conferenza del Cairo nel 1943: da sinistra, Chiang Kai-shek, Franklin Delano Roosevelt e Winston Churchill

Nel 1942, i giapponesi completarono la conquista delle Filippine dopo una resistenza accanita, che si sarebbe conclusa con la marcia della morte di Bataan; anche Singapore, la Malesia e il Borneo caddero nelle mani dei giapponesi che arrivarono a minacciare la frontiera indiana e la strada che collega l'India alla Cina, lungo la quale passavano i rifornimenti alleati. Nonostante anche l'Australia fosse stata minacciata e soggetta a una serie di attacchi aerei e di subacquei, gli Alleati raccolsero le forze per fronteggiare un'eventuale invasione e respingere la minaccia giapponese.

La battaglia del Mar dei Coralli e delle Midway
Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia delle Midway e Battaglia del Mar dei Coralli.

Durante il periodo di espansione, le forze giapponesi cominciarono anche a pressare gli Stati Uniti. L'obiettivo finale era far sbarcare una forza di invasione, dapprima nelle isole Hawaii, e poi sul continente nordamericano, per allargare il perimetro difensivo della Sfera di co-prosperità della Grande Asia orientale. In questa ottica, le forze navali nipponiche dovevano vincere la flotta alleata nella battaglia del Mar dei Coralli, che precedette la più importante battaglia delle Midway, e che vide per la prima volta le forze navali giapponesi non riuscire a prevalere in modo definitivo su quelle alleate. Nella battaglia delle Midway, le forze giapponesi vennero invece duramente colpite dall'aviazione navale statunitense perdendo quattro portaerei contro una statunitense e soprattutto non riuscendo a conseguire l'obiettivo primario, la conquista dell'atollo di Midway, che avrebbe portato le Hawaii nel raggio d'azione delle forze d'invasione nipponiche.

Isole Salomone Orientali, Guadalcanal e Santa Cruz
Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna di Guadalcanal.

Se la battaglia delle Midway segnò la fine dell'avanzata giapponese, la campagna di Guadalcanal fu l'inizio dell'arretramento. Nel teatro delle Isole Salomone le forze alleate e quelle giapponesi si combatterono in terra e in mare, con vicende alterne ma che alla fine spostarono gli equilibri di forze in favore degli alleati, poiché essi avevano dalla loro parte risorse economiche e umane molto superiori a quelle nipponiche, e pertanto, a lungo andare, i giapponesi non riuscirono più a rimpiazzare le perdite di uomini e mezzi subite e soprattutto in termini di aviatori addestrati. Inoltre, la strategia dei "salti di rana" di Douglas MacArthur tagliò fuori, gradualmente, dall'industria bellica nipponica le aree ricche di materie prime come il Borneo

Teatro mediorientale

7 novembre 1942: Josip Broz Tito passa in rivista a Bosanski Petrovac i partigiani della 1ª Brigata proletaria

Teatro del Sud-Est asiatico

Il teatro africano

Rommel, la "volpe del deserto"

1940

La politica di guerra mussoliniana consisteva nella “guerra parallela", distinta da quella tedesca, con l'obiettivo di ottenere il più possibile, lasciando alla Germania ad affrontare i maggiori avversari.[64] Analogamente all'attacco alla Grecia, Mussolini aveva quindi ordinato l'invasione dell'Egitto, muovendo dalla Libia italiana il 13 settembre 1940 e arrivando fino a Sidi Barrani, a circa 90 km oltre il confine con l'Egitto.[65]

Le truppe italiane, sebbene molto superiori di numero, erano però mal comandate e scarsamente equipaggiate. In autunno una controffensiva condotta dal generale sir Archibald Wavell con un Corpo d'armata di circa 30 000 uomini sbaragliò una forza di oltre 200 000 italiani, facendo decine di migliaia di prigionieri e avanzando in Libia fino al golfo della Sirte, quindi ricacciando gli italiani oltre il loro punto di partenza e penetrando in Cirenaica, conquistando prima Tobruch e poi Bengasi.

1941

L'Africa orientale

Anche nell'Africa orientale, "l'Impero d'Etiopia" fu rapidamente conquistato dagli inglesi, dopo un effimero successo italiano nella conquista di Cassala e nella Somalia britannica, imprigionando Amedeo di Savoia-Aosta ed entrando ad Addis Abeba nel maggio del 1941. L'ultima piazzaforte italiana a cadere in mano inglese fu Gondar, dopo una strenua difesa da parte del colonnello Guglielmo Nasi, il 27 novembre 1941.

Il Mar Mediterraneo

Per la Royal Navy, la situazione nel Mediterraneo si fece difficile. Nonostante la brillante vittoria contro gli italiani presso Matapan, il 27 marzo 1941, la Mediterranean Fleet subì pesanti perdite durante le operazioni d'evacuazione dalla Grecia. In autunno il sottomarino tedesco U-30 fece colare a picco la corazzata Barham e in dicembre andarono perdute anche la Valiant e la Queen Elizabeth, a opera dei mezzi d'assalto della marina italiana. Nel corso dello stesso anno la Mediterranean Fleet aveva perduto la portaerei Ark Royal, l'incrociatore pesante York, gli incrociatori Gloucester, Calcutta, Neptune, Fiji e numerosi cacciatorpediniere e unità minori. Gravi danni avevano subito anche la corazzata Nelson, silurata da aerei italiani, e le portaerei Illustrious e Formidable, gravemente danneggiate da bombardieri tedeschi.

Le difficoltà create dalle pesanti perdite non impedirono alla flotta britannica di infliggere a sua volta gravi danni al traffico di rifornimenti tra Italia e Libia. Per quanto duramente provata dai bombardamenti aerei, la piazzaforte di Malta rimase una pericolosa spina nel fianco dei rifornimenti italo-tedeschi. Alcuni dei soldati italiani vennero catturati e deportati dapprima in Egitto e successivamente nel campo di internamento di Zonderwater in Sudafrica.[66]

La Libia

Con gli inglesi in Libia, Hitler credette fosse necessario sostenere l'alleato che da alcuni mesi non faceva che subire sconfitte[64] e decise di inviare in Africa due divisioni corazzate e due divisioni motorizzate inquadrate nell'Afrika Korps, al comando di Erwin Rommel. Questi, in una lettera all'Alto Comando tedesco, il 2 marzo, scrisse:

«Gli italiani sono ottimi camerati e valorosi soldati, se avessero i nostri mezzi potrebbero gareggiare con le nostre truppe. Ma la loro antiaerea risale alla guerra '15-'18, i fucili si chiamano "modello '91" perché risalgono al 1891 e i carri armati da 3 tonnellate sono semplicemente ridicoli.[67]»

Con l'arrivo dei tedeschi, in Africa settentrionale la situazione si rovesciò a favore dell'Asse, che riconquistò la Cirenaica preparando una seconda invasione dell'Egitto. Il piano iniziale prevedeva di usare i paracadutisti per occupare l'isola di Cipro e il canale di Suez ma le numerose perdite tra i paracadutisti nell'invasione di Creta indussero Hitler a rinunciare e avanzare verso Suez via terra.[68]

Nei primi mesi del 1941 le prime forze tedesche comandate da Erwin Rommel sbarcarono in Libia. Il generale tedesco assunse il comando delle operazioni sul campo, mentre il comando supremo, piuttosto pavido e indeciso, rimase ai generali italiani. La controffensiva italo-tedesca portò a controllare nuovamente la Cirenaica, eccettuata la città di Tobruch, che rimase in mano britannica e sotto assedio. In compenso, nel giugno 1941 le forze alleate invasero la Siria e il Libano, occupando Damasco il 17 giugno e prevenendo una penetrazione italo-tedesca in Siria. Allo stesso modo le forze britanniche presero il controllo dell'Iraq e congiuntamente con l'Armata Rossa (l'Unione Sovietica era stata attaccata il 22 giugno), invasero l'Iran. Entrambi i Paesi erano fonti petrolifere irrinunciabili.

L'Afrikakorps di Rommel avanzò rapidamente a est, portando l'assedio al vitale porto di Tobruch. Le truppe, principalmente australiane, che difendevano la città, resistettero finché vennero rilevate, ma una rinnovata offensiva dell'Asse portò alla cattura della città e spinse indietro l'Ottava Armata Britannica fino alla linea di El Alamein.

1942

In Africa settentrionale le forze italo-tedesche avevano ripreso l'iniziativa ricacciando gli inglesi dalla Libia e penetrando in Egitto. Rommel si vedeva aperta la strada verso Il Cairo e fece balenare a Hitler la possibilità di raggiungere il Canale di Suez entro l'autunno. L'estate del 1942 fu l'ultimo periodo di espansione tedesca, con la conquista del Caucaso in Unione Sovietica e la corsa di Rommel verso Suez, ciò che per pochi mesi aveva dato l'illusione di un'unica e gigantesca manovra a tenaglia dalla Russia all'Egitto.

La prima battaglia di El Alamein ebbe luogo tra il 1º luglio e il 27 luglio 1942. Le truppe dell'Asse avanzarono fino all'ultimo punto difendibile prima di Alessandria d'Egitto e del Canale di Suez, ma rimasero a corto di rifornimenti[69] e i britannici ebbero modo di allestire una solida linea difensiva. La seconda battaglia di El Alamein avvenne tra il 23 ottobre e il 3 novembre 1942 dopo che il generale Bernard Law Montgomery sostituì Claude Auchinleck come comandante dell'Ottava Armata. Le forze del Commonwealth lanciarono l'offensiva e nonostante la disperata resistenza delle divisioni italiane (tra le quali ricordiamo la "Folgore" e l'"Ariete") e tedesche sfondarono il fronte facendo migliaia e migliaia di prigionieri. Rommel venne respinto indietro, e questa volta non si fermò fino a che non giunse in Tunisia.

A complemento di questa vittoria, l'8 novembre 1942, truppe americane e britanniche sbarcarono in Marocco e Algeria durante l'operazione Torch. Le forze locali della Francia di Vichy opposero poca resistenza prima di unirsi alle forze alleate. Infine, le truppe tedesche e italiane vennero prese nella morsa di una doppia avanzata dall'Algeria e dalla Libia. Avanzando da est e da ovest, gli Alleati spinsero le forze dell'Asse completamente fuori dall'Africa e il 13 maggio 1943, i resti delle truppe italiane e tedesche in Nordafrica si arresero. Furono presi circa 200 000 prigionieri;[70] l'intero raggruppamento italo-tedesco in Africa era stato distrutto (8 divisioni tedesche e 7 italiane).[71]

Il Nordafrica venne usato come punto di partenza per l'invasione della Sicilia e dell'Italia nel 1943.

La Resistenza

Un fenomeno fondamentale per le sorti del conflitto fu quello delle resistenze che, composte da combattenti di differenti schieramenti politici, miravano a sconfiggere il nemico nazifascista e ad aiutare gli alleati. Esempi importanti di resistenze furono la Resistenza italiana, la Resistenza francese, la Resistenza olandese, ma furono presenti anche quella belga, quella polacca e seppure in maniera minore quella tedesca. Nessuna di queste raggiunse mai la forza militare di un vero esercito come avvenne in Jugoslavia.

La Resistenza italiana

Lo stesso argomento in dettaglio: Resistenza italiana.

Il movimento della Resistenza – inquadrabile storicamente nel più ampio fenomeno europeo della resistenza all'occupazione nazifascista – fu caratterizzato in Italia dall'impegno unitario di molteplici e talora opposti orientamenti politici (comunisti, azionisti, monarchici, socialisti, democristiani, liberali, repubblicani e anarchici), in maggioranza riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), i cui partiti componenti avrebbero più tardi costituito i primi governi del dopoguerra.

Il periodo storico in cui il movimento fu attivo inizia dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, con la formazione del CLN a Roma il 9 settembre, e termina nei primi giorni del maggio 1945, durando quindi venti mesi circa. La scelta di celebrare la fine di quel periodo con il 25 aprile 1945 fa riferimento alla data dell'appello diramato dal CLNAI per l'insurrezione armata della città di Milano, sede del comando partigiano dell'Alta Italia. Alcuni storici hanno evidenziato più aspetti contemporaneamente presenti all'interno del fenomeno della Resistenza: "guerra patriottica" e lotta di liberazione da un invasore straniero; insurrezione popolare spontanea; "guerra civile" tra antifascisti e fascisti, questi ultimi collaborazionisti con i tedeschi; "guerra di classe" con aspettative rivoluzionarie soprattutto da parte di alcuni gruppi partigiani socialisti e comunisti.

La Resistenza italiana giocò un ruolo importante per l'esito della guerra in Italia e, a costo di grandi sacrifici umani, cooperò attivamente ad indebolire le forze nazifasciste, a minarne il morale ed a renderne precarie le retrovie, impegnando notevole parte delle unità militari o paramilitari del nemico. Anche le fonti tedesche documentano che le forze partigiane furono causa di problemi e difficoltà militari per i comandi e le truppe della Wehrmacht. Secondo il Center for the Study of Intelligence della Central Intelligence Agency, i partigiani italiani "tennero sette divisioni tedesche occupate lontano dal fronte [con gli Alleati]" e, con l'insurrezione finale dell'aprile 1945, "ottennero la resa di due divisioni tedesche, che portò direttamente al collasso delle forze della Germania entro ed attorno Genova, Torino e Milano".

La Resistenza francese

Lo stesso argomento in dettaglio: Resistenza francese.

Esattamente come quella italiana, la Resistenza francese fu il movimento armato clandestino che combatté contro l'occupazione militare della Francia da parte della Wehrmacht e contro il governo di Vichy, dopo la resa dell'Alto comando di Francia nel 1940. I gruppi della Resistenza comprendevano uomini armati, chiamati solitamente maquisards, editori di giornali e cinegiornali clandestini e spie al servizio degli Alleati. La Resistenza francese cooperò con i servizi segreti alleati (Office of Strategic Services e Special Operations Executive), specialmente nel fornire informazioni sul Vallo Atlantico e coordinare i sabotaggi e altre azioni utili a contribuire il successo dello sbarco in Normandia e delle successive operazioni.

Il fronte interno

Guerre collaterali

L'olocausto

Campi di sterminio

Prigionia

Profughi

Bombardamenti

Cronologia della fine del conflitto per l'Asse

Prima pagina di un quotidiano del 15 agosto 1945: la guerra è finita
  • Con il Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943 venne reso pubblico l'armistizio di Cassibile: il Regno d'Italia fu la prima, fra le potenze maggiori, ad abbandonare il campo anche se dichiarerà guerra, il 13 ottobre del 1943, all'ex alleato tedesco.
  • Il 23 agosto del 1944, venne arrestato Ion Antonescu, conducător della Romania. Sette giorni dopo, la Romania dichiarò guerra alla Germania. L'armistizio, per lo più dettato dai sovietici, fu firmato dai rumeni il 12 settembre. Il colpo di stato ai danni di Antonescu, secondo alcuni,[72] potrebbe aver accorciato la seconda guerra mondiale di circa sei mesi, rendendo più rapida l'avanzata sovietica.
  • Il 17 agosto 1944, Pierre Laval diede le dimissioni da capo del governo della Francia di Vichy, mentre tre giorni dopo Philippe Pétain venne condotto in Germania, prigioniero dei tedeschi, segnando la fine dello Stato di Vichy.
  • Il 4 settembre 1944, la Finlandia pattuì con i sovietici un cessate il fuoco. Il 19 settembre le due parti firmarono l'armistizio di Mosca, che pose fine alla "guerra di continuazione". Tra gli accordi, l'impegno dei finlandesi a scacciare tutti i nazisti presenti in patria: la Finlandia dichiarò guerra alla Germania il 28 settembre, impegnandosi contro di essa nella guerra di Lapponia.
  • Il 15 ottobre 1944, Miklós Horthy, capo provvisorio dello Stato ungherese, avviò colloqui di resa coi sovietici; venne arrestato e sostituito da Ferenc Szálasi. Il 4 aprile 1945, si conclusero ufficialmente le operazioni sovietiche per scacciare i nazisti dall'Ungheria.
  • Il 6 aprile 1945, gli alleati diedero inizio all'offensiva di primavera nell'Italia Settentrionale con l'obiettivo di liberare tutto il nord Italia dall'occupazione nazista e far crollare il regime della Repubblica Sociale Italiana. Il 25 aprile, i partigiani italiani liberarono Genova, Milano e Torino. La fine della Repubblica Sociale Italiana venne sancita da Benito Mussolini: militari e civili vennero sollevati dal vincolo di giuramento. Mussolini venne fucilato il 28 aprile. La resa ufficiale dell'RSI avvenne il 29 aprile con la firma della resa di Caserta il cui dispositivo entrò in vigore il 2 maggio.
  • Il 7 maggio 1945, Alfred Jodl firmò la resa incondizionata delle forze armate tedesche a Reims, di fronte ai rappresentanti militari degli Alleati occidentali. Il giorno seguente, Wilhelm Keitel firmò la resa definitiva della Wehrmacht a Berlino di fronte ai capi militari dell'Armata Rossa, segnando la fine definitiva della guerra in Europa.
  • Il 6 agosto 1945, il quadrimotore B-29 Enola Gay sganciò una bomba atomica sulla città di Hiroshima, in Giappone.
  • Il 9 agosto 1945, l'Unione Sovietica, rispettando quanto concordato nella conferenza di Jalta, attaccò su tre fronti la Manciuria con un esercito formato da un milione e mezzo di uomini. Tale offensiva passò in secondo piano perché, nello stesso giorno, un secondo ordigno nucleare fu sganciato su Nagasaki.
  • Il 15 agosto 1945, l'Imperatore Hirohito annunciò l'incondizionata resa del Giappone. Terminò così la seconda guerra mondiale.

Conseguenze della guerra

I tre grandi a Jalta: Churchill, Roosevelt e Stalin

L'Italia dovette cedere alla Jugoslavia Fiume, il territorio di Zara, le isole di Lagosta e Pelagosa, gran parte dell'Istria, del Carso triestino e goriziano, l'alta valle dell'Isonzo e alla Francia territori nell'area alpina.[73]

L'Unione Sovietica, che ebbe un ruolo preponderante nella vittoria finale, invece, ottenne cospicui guadagni territoriali, ritenuti indispensabili da Stalin per costituire un nuovo bastione difensivo contro possibili nuove aggressioni, con l'accordo di Churchill e Roosevelt.

Nel dettaglio, Stalin ottenne dalla Germania gran parte della Prussia orientale, dalla Finlandia circa un decimo del suo territorio, tra cui la Carelia, Petsamo e lo sbocco sull'Artico, il raggiungimento della Linea Curzon sul confine orientale polacco, con l'aggiunta di Lvov, che la Polonia compensò a ovest, sul confine tra la Germania e la Polonia; gli Stati baltici persero l'indipendenza; la Romania, che aveva partecipato in forze all'Operazione Barbarossa nel 1941, perse la regione moldava a est del Prut e la Bucovina settentrionale; la Cecoslovacchia perse la sua regione orientale.

La Bulgaria, alleata della Germania nelle operazioni militari nei Balcani, ma che si astenne dalla partecipazione all'aggressione all'Unione Sovietica, ottenne dalla Romania la Dobrugia meridionale. A differenza di quanto era avvenuto dopo il primo conflitto mondiale, si ebbero nel secondo dopoguerra spostamenti di milioni di persone che abbandonarono i territori ceduti, o che ripopolarono quelli acquisiti. Un piano creato dal segretario di stato statunitense George Marshall, il Piano di Recupero Economico, meglio noto come piano Marshall, ottenne dal Congresso degli Stati Uniti l'assegnazione di miliardi di dollari per la ricostruzione dell'Europa. Alla porzione di Europa occupata o dominata dall'Unione Sovietica, Finlandia inclusa, non fu consentito di beneficiare del Piano Marshall.[74]

La Società delle Nazioni che aveva chiaramente fallito nel prevenire la guerra, fu abolita e al suo posto venne costruita, nel 1945, l'Organizzazione delle Nazioni Unite. Nel Trattato di Pace di Parigi, a Ungheria, Finlandia e Romania venne richiesto di pagare un'indennità di guerra per 300 000 000 di dollari ciascuna (valuta del 1938), all'Unione Sovietica. All'Italia ne furono chiesti 360 000 000, destinati principalmente a Grecia, Jugoslavia e Unione Sovietica.

Nelle aree occupate dall'Unione Sovietica, vennero installati progressivamente regimi comunisti filo-sovietici, anche se Ungheria e Cecoslovacchia furono inizialmente escluse dal processo, nonostante le obiezioni degli altri alleati e dei governi in esilio. La Germania venne divisa in due stati, con la parte orientale che divenne uno Stato comunista. Per usare le parole di Churchill, "una cortina di ferro è calata attraverso l'Europa". Per impedire il propagarsi dell'ideologia comunista nell'Europa occidentale gli Stati Uniti si impegnarono direttamente e fu fondata la NATO in contrapposizione al patto di Varsavia legato all'Unione Sovietica. La fase di tensione che ne derivò negli anni successivi è ricordata come "guerra fredda".

Il rimpatrio, conformemente ai termini della Conferenza di Jalta, di due milioni di soldati russi prigionieri dei tedeschi, che erano stati liberati dalle forze armate britanniche e americane in avanzata da ovest, risultò per molti di loro in una condanna alla deportazione o alla morte nei vari campi di rieducazione e lavoro. Stalin, e anche molti cittadini sovietici, vedevano questi sventurati, prevalentemente caduti in mano tedesca durante il primo anno di guerra a causa degli errori dei vertici militari, quasi come dei disertori o elementi infidi passati al nemico; comunque meritevoli di punizione per non aver combattuto fino alla morte contro l'invasore.

L'imponente azione di ricerca e sviluppo che caratterizzò nel Progetto Manhattan, finalizzata all'ottenimento in tempi rapidi di un'arma nucleare funzionante, ebbe un profondo effetto sulla comunità scientifica, sia dal punto di vista puramente tecnico, sia dal punto di vista filosofico e morale. Nella sfera militare, sembrò che la seconda guerra mondiale avesse marcato l'avvento dell'era della potenza aerea, principalmente a spese delle navi da guerra.

Dopo la guerra, molti alti esponenti della Germania nazista vennero processati per crimini di guerra, così come per gli omicidi di massa dell'olocausto, al processo di Norimberga. Similarmente, i capi giapponesi vennero giudicati nel processo per crimini di guerra di Tokyo. In altre nazioni, ad esempio in Finlandia, gli Alleati chiesero che la leadership politica venisse giudicata in un "processo per le responsabilità di guerra", ovvero non per crimini di guerra. Una delle poche eccezioni è rappresentata dall'Italia, dove non si arriverà mai a un processo contro i criminali di guerra.

La sconfitta del Giappone, e la sua occupazione da parte delle forze americane, portò a un'"occidentalizzazione" del paese. Il Giappone si avvicinò di più alla democrazia di stampo occidentale. Questo grande sforzo portò il Giappone del dopoguerra al miracolo economico e a diventare la seconda economia mondiale. Anche la Germania Ovest e l'Italia, pur uscendo sconfitte dalla seconda guerra mondiale, riuscirono a risollevarsi nel dopoguerra, tornando a essere potenze economiche e politiche nella nuova Europa.

Riepilogo delle operazioni militari

Aspetti politici e sociali della guerra

Oltre agli aspetti bellici, vi furono anche vari impatti e sconvolgimenti dal punto di vista sociale su scala mondiale, diretta conseguenza del conflitto; tra questi, la fine dell'impero coloniale inglese e, in generale, del colonialismo.

Tecnologia e logistica

Lo stesso argomento in dettaglio: Tecnologia e logistica nella seconda guerra mondiale.

Tecnologia e logistica svolsero un ruolo decisivo per lo svolgimento e gli esiti della seconda guerra mondiale. Anche in questi settori, per la prima volta, fu guerra totale. Se, infatti, durante la Grande Guerra comparvero già molte innovazioni, spesso a livello di prototipo, fu solo nel secondo conflitto che esse acquistarono un'importanza cruciale. Ricordiamo, tra le altre, l'aeronautica militare, con l'arma micidiale del bombardamento aereo, i carri armati, i sottomarini, la crittografia, e, infine, la bomba atomica.

Anche le strutture economico-logistiche ebbero un ruolo fondamentale, insieme con le dinamiche demografiche (la consistenza delle forze armate, a fronte dei milioni di morti). Sicuramente tra le ragioni che decretarono l'esito del conflitto fu fondamentale il fatto che gli Alleati ebbero a disposizione molte più risorse produttive rispetto all'Asse, e furono in grado di utilizzarle efficacemente a sostegno dello sforzo bellico. Gli Stati Uniti ebbero un ruolo-chiave in questa dinamica economica e tecnologica.

Note

  1. ^ Il restante territorio cecoslovacco venne costituito in una nuova entità, la Repubblica Slovacca di Jozef Tiso, uno stato clericale e filonazista che si degraderà durante la guerra a mero stato fantoccio.
  2. ^ Martin Gilbert, La grande storia della prima guerra mondiale.
  3. ^ Liddell Hart 1993.
  4. ^ Albert Speer, Memorie dal Terzo Reich.
  5. ^ S.J. Zaloga, Poland 1939, Osprey publ, 2002. Altre fonti (rivista Eserciti nella storia) riportano cifre più alte: 1,8 milioni di soldati sovietici e oltre 6 000 carri armati.
  6. ^ a b Eserciti nella Storia, nº 22, Parma, Delta Editrice, marzo-aprile 2004.
  7. ^ The Times, Atlas of the Second World War, Verona, Arnoldo Mondadori Editore, 1989.
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  10. ^ Erickson 1975; Boffa 1979; Werth 1966.
  11. ^ Sarà lo stesso Stalin, nel giugno del 1945, a rompere il patto, attaccando un Giappone ormai allo stremo, secondo gli accordi stabiliti con Roosevelt a Teheran e a Jalta.
  12. ^ Kershaw 2001; Shirer 1990; Thamer 1993.
  13. ^ Erickson 1975.
  14. ^ a b c d e f Glantz & House 1995.
  15. ^ Secondo alcuni autori, già questa battaglia di Smolensk, con il ritardo che impose ai piani tedeschi, segnò un momento decisivo per gli esiti futuri dell'operazione Barbarossa; vedere Hillgruber 1991.
  16. ^ Boffa 1979.
  17. ^ Carell 1966; Glantz & House 1995; Erickson 1975; Werth 1968; Overy 2000; Bialer 2003; Irving 2001; Bullock 2000; Kershaw 2001; Boffa 1979; Jacobsen & Rohwer 1974.
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  37. ^ Erickson 1983; Beevor 2002; Read & Fisher 1995; Boffa 1979, parte II.
  38. ^ Erickson 1983; Beevor 2002; Boffa 1979, parte II; Werth 1966.
  39. ^ Bauer 1971, vol. 7; Erickson 1983.
  40. ^ Erickson 1983; Werth 1966; Boffa 1979, parte II.
  41. ^ Nei vari paesi il termine ebbe diverse allocuzioni e significati: in tedesco Sitzkrieg, "guerra seduta", in francese drôle de guerre, "guerra buffa", in polacco dziwna wojna, "guerra strana", in inglese bore war, "guerra noiosa", ed in italiano "guerra fittizia", termine coniato da Benito Mussolini; lo storico William Shirer, il 9 ottobre 1939, percorse in treno la ferrovia che costeggiava la riva orientale del Reno e commentò: «vedo i tedeschi issare sulla linea ferroviaria cannoni e provviste senza che i francesi li disturbino; che buffa guerra!». Vedi Biagi 1995, p. 146.
  42. ^ Felice 1981; Bocca 1996; Pieri & Rochat 2002; De Felice 1990; Rochat 2005.
  43. ^ Erickson 1975; Churchill 1948; Bauer 1971.
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  46. ^ Churchill 1948, vol. 6; Boffa 1979, parte II.
  47. ^ Beevor 2002; Read & Fisher 1995.
  48. ^ Erickson 1983; Beevor 2002.
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  70. ^ Sul numero reale dei prigionieri è sorta una complessa diatriba; i dettagli in Liddel Hart 1993.
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