Governo Craxi I
Governo Craxi I | |
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Stato | ![]() |
Presidente del Consiglio | Bettino Craxi (PSI) |
Coalizione | DC, PSI, PRI, PSDI, PLI |
Legislatura | IX Legislatura |
Giuramento | 4 agosto 1983 |
Dimissioni | 27 giugno 1986 |
Governo successivo | Craxi II 1º agosto 1986 |
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Il Governo Craxi I è stato il quarantaduesimo esecutivo della Repubblica Italiana, il primo della IX legislatura[1].
Il governo rimase in carica dal 4 agosto 1983[2] al 1º agosto 1986[3][4], per un totale di 1 093 giorni, ovvero 2 anni, 11 mesi e 28 giorni. È stato il terzo governo più longevo della storia della Repubblica Italiana e il primo a guida socialista.[5][6]
Cronologia[modifica | modifica wikitesto]

A seguito delle elezioni politiche italiane del 26/27 giugno 1983[7] la DC è ancora il primo partito, ma rispetto alle precedenti elezioni perde circa il 7% alla Camera e il 5% al Senato, con cali particolarmente importanti nelle grandi città, dove la media del voto scende al 21% rispetto al 31% nazionale. Il PCI rimane grossomodo costante, perdendo lo 0,49%, ma i risultati dei radicali e dei demoproletari, assieme all'11% del PSI, fanno salire l'area della sinistra al 33,6%, superando in percentuale il partito di maggioranza relativa. In questa situazione la DC deve rinunciare ad una delle pregiudiziali della politica italiana (mai un socialista Presidente del consiglio) perché non può rinunciare alla seconda (il PCI al governo).[8]
Queste elezioni sono quindi una sconfitta per la DC. Riunita la Direzione pochi giorni dopo per discutere delle conseguenze del voto deve accettare l'idea di formare un governo presieduto dal segretario del PSI, Bettino Craxi senza avere a disposizione una maggioranza di ricambio com'era stato coi governi di centro-sinistra.[9] Il presidente della Repubblica, Sandro Pertini, gli conferisce allora l'incarico il 21 luglio e il 4 agosto si insedia il governo sostenuto dal pentapartito ovvero da DC, PSI, PRI, PSDI e PLI. Dopo la presentazione del governo e la discussione nel parlamento, viene votata la fiducia alla Camera dei deputati il 12 agosto con 361 voti favorevoli e 234 contrari e il 13 agosto al Senato della Repubblica con 185 voti favorevoli e 120 contrari.[5]
A settembre il governo, per far fronte al deficit di bilancio di oltre 140.000 miliardi, vara una manovra finanziaria da 47.000 miliardi; fra le misure previste per affrontare la grave situazione economica, per ridurre il deficit previsto per il 1984 la manovra si fonda principalmente sull'accordo generale contro l'inflazione, che costringe lo Stato a pagare forti interessi sul debito pubblico ed erode il potere d'acquisto dei cittadini. Perciò il governo intavola una trattativa con le associazioni imprenditoriali e sindacali per ridurre il costo del lavoro, il costo delle tariffe pubbliche e dei prezzi al consumo dei prodotti "amministrati" entro il limite di inflazione programmata per il 1984 pari al 10%. È previsto anche il blocco della rivalutazione dei canoni di locazione soggetti alla disciplina dell'equo canone per tutto il 1984.

L'accordo prevede il "taglio" di tre punti della scala mobile e viene raggiunto con le organizzazioni sindacali CISL, UIL e con la componente socialista della CGIL, ma, all'ultimo momento, su pressione del Partito Comunista Italiano, la componente comunista della CGIL decide di rompere l'unità con le altre Confederazioni e quella interna della stessa CGIL, rinnegando il percorso pattizio sino a quel punto raggiunto anche con il proprio concorso. Ciò costringe il governo a varare il 14 febbraio 1984 il cosiddetto "decreto di San Valentino", dal nome del santo del giorno in cui il provvedimento viene adottato, il cui contenuto trasfonde in norma di legge quanto concordato in precedenza con le parti sociali[10]. Contro la conversione in legge del decreto, il PCI sviluppa in Parlamento una durissima opposizione, che sfocia nell'ostruzionismo, al fine di provocare la decadenza del decreto e la caduta del primo governo a guida socialista, senza riuscire nell'intento.
La manovra economica prevede anche il primo condono edilizio che sarà approvato nel giugno 1985, dal quale il governo si aspettava un introito di 3.000 miliardi di lire, ma il cui gettito fu nettamente inferiore, tant'è che il governo prorogò i termini per la presentazione delle domande di sanatoria, con maggiorazioni, al 31 marzo 1986, e con il raddoppio delle sanzioni, al 31 marzo 1987[11].
A ottobre Craxi si reca in visita ufficiale negli Stati Uniti dove, negli incontri con il presidente Ronald Reagan, conferma che in caso di un mancato accordo tra USA e URSS sulla limitazione degli armamenti, l'Italia ospiterà i missili americani nelle proprie basi. A seguito della guerra in Libano, a novembre viene approvata la risoluzione della maggioranza di governo che conferma la presenza del contingente italiano in Libano.[5]
A gennaio 1985 è indetto uno sciopero generale e ci sono manifestazioni di dissenso in tutto alla politica economica del governo. Il 18 febbraio viene firmato con la Santa Sede il nuovo concordato con il quale, tra le altre cose, la religione cattolica non è più considerata religione di Stato. Il 31 luglio viene approvato il progetto di riforma fiscale per combattere l’evasione elaborato dal ministro delle Finanze Bruno Visentini che verrà poi approvata il 16 febbraio 1986. A seguito del provvedimento dei pretori di Torino, Roma e Pescara che il 16 ottobre decidono l’oscuramento dei canali televisivi privati di Berlusconi, Canale 5, Retequattro e Italia 1, viene varato un decreto, il 20 ottobre, per consentire alle televisioni private di continuare a trasmettere sul territorio nazionale.[5]
A ottobre quattro terroristi palestinesi sequestrano la nave da crociera italiana "Achille Lauro" al largo delle coste egiziane che poi, grazie alla mediazione del leader palestinese Yasser Arafat, liberano gli ostaggi anche se un cittadino americano rimane ucciso e si imbarcano su un aereo per raggiungere Tunisi che però viene intercettato dai caccia americani e costretto ad atterrare nella base Nato di Sigonella dove il governo degli Stati Uniti ne chiede la consegna; il governo italiano impone all'aereo di lasciare la base militare e di raggiungere Roma dove i dirottatori vengono arrestati. Per protesta contro la linea seguita dal presidente del Consiglio, il 16 ottobre il PRI esce dal governo e il giorno dopo, in seguito di ciò, Craxi si dimette e il 31 ottobre Il presidente della Repubblica Cossiga invita il governo a presentarsi alle Camere per ottenere nuovamente la fiducia. Craxi rivendica la legittimità della lotta palestinese e sostiene il ritiro di Israele dai territori arabi occupati nel 1967 durante la guerra dei 6 giorni. Il PRI si dissocia dalla relazione del Presidente del Consiglio ma i ministri repubblicani restano nell'esecutivo. Il Parlamento conferma la fiducia al governo.[5]
A gennaio 1986 Reagan invita gli alleati europei ad aderire alla sua politica di sanzioni economiche nei confronti della Libia colpevole di fornire sostegno ai gruppi estremisti arabi responsabili degli attentati agli aeroporti di Roma e di Vienna del 1985 e il governo acconsente decidendo l’embargo delle forniture militari e impedendo alle imprese italiane di inviare personale in Libia.[5]
Il clima politico era reso incandescente dal cosiddetto “Patto della staffetta” ovvero l’accordo intervenuto nel 1983 tra Craxi e De Mita di guidare il governo ciascuno per metà legislatura: Craxi mal sopportava l’idea di essere un “Presidente a tempo” ed alla fine negò la disponibilità a dimettersi per far posto a De Mita[12]. Il casus belli fu la mancata approvazione di un decreto legge sulla finanza locale sul quale il governo aveva posto la fiducia (293 voti contrari e 266 favorevoli)[13]. Il governo si dimette il 27 giugno 1986[14].
Appoggio parlamentare[modifica | modifica wikitesto]
Partiti | Seggi | |
---|---|---|
Democrazia Cristiana Partito Socialista Italiano Partito Repubblicano Italiano Partito Socialdemocratico Italiano Partito Liberale Italiano Südtiroler Volkspartei Union Valdôtaine Totale Maggioranza |
225 73 29 23 16 3 1 370 | |
Partito Comunista Italiano Movimento Sociale Italiano Partito Radicale Democrazia Proletaria Partito Sardo d'Azione Liga Veneta Totale Opposizione |
198 42 11 7 1 1 260 | |
Totale | 630 |
Partiti | Seggi | |
---|---|---|
Democrazia Cristiana Partito Socialista Italiano Partito Repubblicano Italiano Partito Socialdemocratico Italiano Partito Liberale Italiano Südtiroler Volkspartei Union Valdôtaine Totale Maggioranza |
120 38 11 8 6 3 1 187 | |
Partito Comunista Italiano Movimento Sociale Italiano Partito Radicale Partito Sardo d'Azione Liga Veneta Totale Opposizione |
107 18 1 1 1 128 | |
Totale | 315 |
Composizione[modifica | modifica wikitesto]
Appartenenza politica[modifica | modifica wikitesto]
L'appartenenza politica dei membri del Governo si può così riassumere:
Partito | Presidente | Ministri | Sottosegretari | Totale |
---|---|---|---|---|
Democrazia Cristiana | 17 | 31 | 48 | |
Partito Socialista Italiano | 1 | 5 | 14 | 22 |
Partito Repubblicano Italiano | 3 | 6 | 9 | |
Partito Socialista Democratico Italiano | 3 | 5 | 8 | |
Partito Liberale Italiano | 3 | 4 | 7 |
Provenienza geografica[modifica | modifica wikitesto]
La provenienza geografica dei membri del Consiglio dei ministri si può così riassumere:
Regione | Presidente | Ministri | Totale |
---|---|---|---|
Lombardia | 1 | 6 | 7 |
Piemonte | - | 5 | 5 |
Lazio | - | 5 | 5 |
Veneto | - | 4 | 4 |
Campania | - | 3 | 3 |
Sicilia | - | 2 | 2 |
Toscana | - | 2 | 2 |
Marche | - | 1 | 1 |
Puglia | - | 1 | 1 |
Calabria | - | 1 | 1 |
Sardegna | - | 1 | 1 |
Friuli-Venezia Giulia | - | 1 | 1 |
Abruzzo | - | 1 | 1 |
Presidenza del Consiglio dei ministri[modifica | modifica wikitesto]
Carica | Nome | Sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri | |
---|---|---|---|
Presidente del Consiglio dei ministri | ![]() |
Benedetto Craxi (PSI) | Giuliano Amato (PSI), segretario del Consiglio dei ministri
Pasquale Lamorte (DC), con delega agli interventi nel Mezzogiorno Enrico Quaranta (PSI), con delega agli interventi nel Mezzogiorno - fino al 16/03/1984 Nicola Trotta (PSI), con delega agli interventi nel Mezzogiorno - dal 06/04/1984 |
Vicepresidente del Consiglio dei ministri | ![]() |
Arnaldo Forlani (DC) |
Ministri senza portafoglio[modifica | modifica wikitesto]
Ministero | Ministro | |
---|---|---|
Affari regionali | ![]() |
Pier Luigi Romita (PSDI) - fino al 30/07/1984 |
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Carlo Vizzini (PSDI) - dal 30/07/1984 | |
Coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica | ![]() |
Luigi Granelli (DC) |
Coordinamento delle politiche comunitarie | ![]() |
Francesco Forte (PSI) - fino al 09/05/1985 |
![]() |
Loris Fortuna (PSI) - dal 09/05/1985 | |
Coordinamento della Protezione Civile | ![]() |
Vincenzo Scotti (DC) - fino al 26/03/1984 |
![]() |
Giuseppe Zamberletti (DC) - dal 26/03/1984 | |
Ecologia | ![]() |
Alfredo Biondi (PLI) - fino al 31/07/1985 |
![]() |
Valerio Riccardo Zanone (PLI) - dal 31/07/1985 | |
Funzione pubblica | ![]() |
Remo Gaspari (DC) |
Interventi straordinari nel Mezzogiorno | ![]() |
Salverino De Vito (DC) |
Rapporti con il Parlamento | ![]() |
Oscar Mammì (PRI) |
Ministeri[modifica | modifica wikitesto]
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Comunicato concernente la formazione del Governo, in "Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana", "Serie generale", n. 220, 11 agosto 1983, pp. 6434-6435.
- ^ Francesco Santini, Al Quirinale durante la cerimonia del giuramento tra scontenti e rassegnati di Francesco Santini, su archiviolastampa.it, 5 agosto 1983.
- ^ Luca Giurato, Il governo ha giurato, su archiviolastampa.it, 2 agosto 1986.
- ^ Comunicato concernente la formazione del Governo, in "Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana", "Serie generale", n. 182, 7 agosto 1986, pp. 3-4.
- ^ a b c d e f I governo Craxi - 1 agosto 1983-1 agosto 1986 - (Composizione governo), su www.dellarepubblica.it. URL consultato il 4 aprile 2018.
- ^ I Governo Craxi / Governi / Camera dei deputati - Portale storico, su storia.camera.it. URL consultato il 4 aprile 2018.
- ^ Indro Montanelli e Mario Cervi, L'Italia degli anni di fango, Milano, Rizzoli, 1993.
- ^ Giorgio Galli, Storia dei partiti politici italiani, p. 232
- ^ Giorgio Galli, op. cit., p. 122
- ^ Cfr, "Avanti!" del 15 febbraio Archiviato il 21 febbraio 2019 in Internet Archive. e del 16 febbraio 1984.
- ^ Cfr. l'articolo del 20 dicembre 1985 "È LEGGE LA PROROGA DEL CONDONO" nel sito web del quotidiano "la Repubblica".
- ^ Craxi De Mita in convento decidemmo patto della staffetta, 20 gennaio 2000.
- ^ camera: respinto decreto finanza locale, in AGI, 26 giugno 1986. URL consultato il 26 settembre 2020 (archiviato dall'url originale il 24 novembre 2016).
- ^ Antonio Padellaro, Maggioranza in frantumi, Craxi si dimette, in Corriere della Sera, 28 giugno 1986.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
- Accordo di Villa Madama
- Crisi di Sigonella
- Decreti Berlusconi
- Governi italiani per durata
- Presidenti del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Governo Craxi I
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- Scheda sul Governo Craxi I, su governo.it.
- Sandro Pertini Presidente della Repubblica, 1978 - 1985 - le nomine, su presidenti.quirinale.it (archiviato dall'url originale il 20 ottobre 2020).
- Craxi a Palazzo Chigi, su La storia siamo noi (archiviato dall'url originale il 5 settembre 2007).
- La crisi di Sigonella, su La storia siamo noi (archiviato dall'url originale il 16 giugno 2009).
Il Presidente del Consiglio Bettino Craxi interviene sulla questione palestinese alla Camera dei deputati. Tratto dall'archivio della Camera dei deputati, su YouTube, 6 novembre 1985.