Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Lega delle Cooperative)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue
Legacoop
Sede Legacoop a Roma, Via Guattani, 9.
AbbreviazioneLegacoop
Fondazione1893
Sede centraleBandiera dell'Italia Roma
Altre sediBandiera del Belgio Bruxelles
PresidenteBandiera dell'Italia Simone Gamberini[1]
DirettoreGiancarlo Ferrari
Lingua ufficialeItaliano
Membri8.500.000 (2009)
Impiegati485.000 (oltre ad 8,5 milioni di soci) (2009)
Mottovalori imprese persone
Sito web

La Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue (talora abbreviata in Lega delle Cooperative), rinominata Legacoop nel 1997[2], è la più antica e una delle principali associazioni di tutela e rappresentanza delle cooperative italiane, riconosciuta come persona giuridica dalla normativa vigente[3]. A termini statutari possono aderirvi le cooperative, le mutue, i loro consorzi e le società costituite per il conseguimento dei loro scopi. Esercita sugli enti cooperativi ad essa aderenti le funzioni di vigilanza e di revisione conferitele dalle leggi vigenti. Per anni sono state denominate anche coop rosse per il tradizionale riferimento alla sinistra [4].

È organizzata in Associazioni di settore e in Leghe Regionali, a loro volta articolate in Comitati Provinciali.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La Federazione delle Società Cooperative Italiane, nata a Milano dal primo congresso dei cooperatori italiani (1886), assume la denominazione di Lega delle Cooperative durante il 5º congresso, tenutosi a Sampierdarena nel 1893. Nell'autunno del 1886, la Società di mutuo soccorso Archimede di Milano decise di radunare tutti i cooperatori italiani. I 100 delegati, in rappresentanza di 248 società e di 70.000 soci, si riunirono in Congresso a Milano, dal 10 al 13 ottobre, per dare vita ad una strutturazione organizzativa che assicurasse lo sviluppo e il coordinamento di un movimento cooperativo assai variegato. Nasce la Federazione nazionale delle cooperative e viene decisa la pubblicazione, dal 1º gennaio 1887, del suo organo ufficiale di stampa La cooperazione italiana.

Nel 1893 in occasione del V Congresso nazionale nasce il nuovo Statuto e la denominazione Lega nazionale delle cooperative, col quale si cerca di unire le cooperative di ogni specie in un unico organismo. All'interno della Lega trovava espressione anche l'altro grande filone di ispirazione della cooperazione italiana: quello cattolico, portatore di una concezione interclassista della cooperazione, imperniata su un forte solidarismo sociale. Prima della Grande Guerra, la cooperazione aveva già acquisito, grazie anche alla politica giolittiana, una certa solidità economica e quelle caratteristiche che ne avrebbero consentito, dopo il 1918, il rilancio politico ed organizzativo.

Nel 1919 ci fu la separazione con la componente di ispirazione cattolica che fondò la Confederazione delle Cooperative Italiane. Con l'avvento del Fascismo (con la devastazione di molte cooperative e lo scioglimento della Lega) ci fu il tentativo di piegare la cooperazione ad un modello economico corporativo. [5]

Nella Repubblica[modifica | modifica wikitesto]

Tuttavia, dopo la seconda guerra mondiale e la caduta della dittatura fascista, il valore sociale della cooperazione riprende nuovo slancio e trova piena cittadinanza nella Costituzione Repubblicana, la quale così recita all'articolo 45: "La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità".

A partire dal dopoguerra la cooperazione è riuscita, pure attraverso le difficoltà, a consolidarsi e a crescere, a diventare una presenza diffusa su tutto il territorio nazionale. La rinascita non riuscì però a realizzarsi su base unitaria, e le Centrali cooperative restano diverse: oltre a Legacoop, Confcooperative e l'AGCI, politicamente divise. La strategia del PCI individua nella cooperazione un elemento di rottura del sistema capitalista, nella misura in cui essa partecipa alle lotte politiche delle masse lavoratrici. Nasce da qui la politica della "cinghia di trasmissione" garantita dai dirigenti delle cooperative, in gran parte provenienti dalle file partigiane. E così sarà fino all’inizio degli anni ’70. Sarà con la presidenza di Vincenzo Galletti (1974-1977) che, pur mantenendo l’organicità della Lega alla sinistra, viene superato il tradizionale ruolo di sussidiarietà[6].

Da movimento a sistema complesso[modifica | modifica wikitesto]

La Lega era un “movimento”, cioè un processo sociale i cui protagonisti perseguivano obiettivi apparentemente definiti ed evidenziavano grande opportunità di interessi. Ciò comportava grande omogeneità culturale ed una grande dinamicità politica, a supporto della sinistra. Alla fine degli anni 80, la Lega concludeva le celebrazioni per il 100° della sua fondazione, al XXXII congresso nel maggio 1987. Presidente diveniva l'ex presidente della Regione Emilia-Romagna Lanfranco Turci. Il sistema cooperativo della Lega delle cooperative configurava, allora, un complesso di 15.000 società, e Consorzi con 4 milioni di soci e un fatturato di 25.000 miliardi l'anno.

La formula cooperativa si era imposta in settori nuovi e innovativi, dai servizi alla persona al terziario avanzato, dal settore manifatturiero al turismo, alla cultura, all'industria del tempo libero, della qualità della vita e dell'ambiente. Era possibile configurare il “sistema cooperativo” come un gruppo aperto di imprese moderne, dotate di tutti gli strumenti necessari per operare sul mercato alla pari di ogni altra forma di impresa, ma anche volto ad allargarlo, ad aprirlo ad una più vasta pluralità di soggetti, in una pluralità a trasformarlo in termini di maggiore democrazia economica.

Gli anni '90 e tangentopoli[modifica | modifica wikitesto]

La Lega delle cooperative si trovò in un momento in cui diventava molto difficile rendere coerenti gli interessi di tipi diversi di imprese, gli scopi si erano differenziati come gli interessi presenti nell'organizzazione. Il sistema era divenuto più complesso e conseguentemente più complicata la sua regolazione. All'indomani dello storico spartiacque del 1990, anche nell'universo cooperativo parve ormai assunto il principio dell'esaurimento e della crisi di un modello storico, e cioè di un ritratto che non corrispondeva più alla realtà della cooperazione.

Di fronte all'abisso sempre più profondo e più largo fra la realtà e l'antico modello della cooperazione occorreva delineare per il movimento cooperativo, nuove regole, a partire dal vincolo imprescindibile dell'efficienza per qualsiasi progetto interimprenditoriale. Ma la tempesta giudiziaria e politica, che investì la società italiana, dopo l'avvio di Tangentopoli e la caduta dei partiti politici tradizionali, non mancò di ripercuotersi all'interno dell'universo cooperativo, con inchieste, arresti e perquisizioni della Guardia di finanza[7][8], travolto anche da campagne denigratorie che intendevano omologare tout court il movimento cooperativo.

La Lega delle cooperative, che allora contava su 11.000 cooperative, 4 milioni di soci e un fatturato di 38 000 miliardi di lire, uscì da un periodo difficile e tormentato e dovette rispondere alla generale crisi di identità, rilanciando i valori peculiari della partecipazione, dell'aggregazione e della democrazia economica. Nel 1992 per sostituire Turci fu scelto Giancarlo Pasquini. Con una buona dose di autocritica fu necessario rinnovare i valori e le regole in modo concreto e articolato, fu quindi adottata dalla Direzione nazionale della Lega delle cooperative nell'estate del 1993 la Carta contenente i valori guida composta da dodici articoli ed un glossario, ed il “Codice Etico” un Codice Quadro con la funzioni di schema di riferimento che stabilisce alcuni principi di comportamento e di relazione validi per tutte le cooperative.

Della serie di strumenti ed iniziative che presero l'avvio in questo periodo quello di maggior successo è rappresentato dal Bilancio Sociale Cooperativo, strumento delegato a misurare come e quanto si sia realizzato quell'interesse collettivo e sociale che la legge pone in campo alla loro esistenza. Inoltre ormai la maggior parte delle cooperative almeno quelle maggiori si avvicina prima ed impiega poi la contabilità sociale. Nel 1996 fu chiamato a dirigerla il presidente di Eurocoop Ivano Barberini.

Dal 2000[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2002 diveniva presidente Giuliano Poletti [9], che mantenne la guida della LegaCoop fino al 2014.

Le cooperative aderenti alla Legacoop sono attive, in numerosi settori dell'economia del Paese. Uno sviluppo consistente è stato registrato, in anni recenti, dalle cooperative sociali che svolgono attività di erogazione di servizi socio-assistenziali e sanitari e di inserimento al lavoro di soggetti svantaggiati. La cooperazione sociale, insieme con la promozione di nuove imprese cooperative, soprattutto nel Mezzogiorno, è uno dei settori sui quali si concentra un forte impegno della Legacoop per offrire un proprio contributo alla riforma dello Stato sociale e alla crescita dell'occupazione.

Dai dati ufficiali del 2009 elaborati dal Centro Studi Legacoop, le cooperative aderenti sono oltre 15000, con otto milioni e mezzo di soci, e sviluppano un fatturato attorno ai 56 miliardi di euro, dando occupazione ad oltre 485.000 persone.

Nel 2011 le tre principali centrali coop (Legacoop, Confcooperative e AGCI) hanno dato vita al coordinamento denominato Alleanza delle Cooperative Italiane, con l'obiettivo di farlo diventare una nuova unitaria associazione di rappresentanza del movimento cooperativo italiano a livello nazionale ed internazionale.

Nel 2012 Legacoop ha dato vita ad un complesso progetto per la costituzione e promozione delle cosiddette cooperative di comunità, cooperative legate alle specificità di un determinato territorio e ai bisogni della comunità di riferimento.

Agrinsieme[modifica | modifica wikitesto]

Legacoop, assieme a Confagricoltura e Aci (di cui fa parte) ha fondato Agrinsieme[10], coordinamento unico creato per dare una maggiore rappresentanza alle proprie aziende e cooperative, al quale si è aggiunta il 9 giugno 2015 anche l'Unione coltivatori. L'alleanza è dovuta anche alle politiche liberali comuni dei vari membri partecipanti. Il totale delle forze rappresenta il 30% del settore agricolo in Italia[11]. Agrinsieme, in seguito alle scelte di Confindustria, si è dichiarata favorevole alla Riforma costituzionale Renzi-Boschi[12][13].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Simone Gamberini è lui il nuovo presidente di Legacoop nazionale, su la Repubblica, 5 marzo 2023. URL consultato il 17 aprile 2023.
  2. ^ nel 1997, su coopfirenze.it. URL consultato il 13 maggio 2022 (archiviato dall'url originale il 7 aprile 2016).
  3. ^ Decreto Legislativo del capo Provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e dal decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220
  4. ^ Coop Rosse News, su Il Fatto Quotidiano. URL consultato il 17 aprile 2023.
  5. ^ La storia, su Legacoop Primo Piano. URL consultato il 17 aprile 2023.
  6. ^ Fondazione Barberini, su fondazionebarberini.it. URL consultato il 27 febbraio 2020 (archiviato dall'url originale il 15 giugno 2019).
  7. ^ LA FINANZA NEGLI UFFICI DELLE COOPERATIVE ROSSE - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 17 aprile 2023.
  8. ^ VENETO, COOP ROSSE NEL MIRINO - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 17 aprile 2023.
  9. ^ Quercia-Coop, una porta girevole sempre aperta, su filcams.cgil.it. URL consultato il 27 febbraio 2020 (archiviato dall'url originale il 27 febbraio 2020).
  10. ^ Nascita di Agrinsieme, su confagricoltura.it, Confagricoltura, sito ufficiale.
  11. ^ "Agrinsieme, che rappresenta oltre il 30 per cento del valore dell’agroalimentare italiano...", su confagricoltura.it, Confagricoltura, sito ufficiale.
  12. ^ "Confagricoltura favorevole alla riforma", su confagricoltura.it, Confagricoltura, sito ufficiale.
  13. ^ "Cia favorevole alla riforma", su cia.it, Confederazione italiana agricoltori, sito ufficiale.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giuliana Bertagnoni e Tito Menzani, Servizi, lavoro e impresa cooperativa. Il terziario in Legacoop e nelle altre organizzazioni di rappresentanza (1975-2010), Bologna, Il Mulino, 2010.
  • Bianco, Il movimento cooperativo in Italia. Storia e ruolo nell'economia nazionale, Milano, Baldini & Castaldi, 1975.
  • Fornasari e Zamagni, Il movimento cooperativo in Italia, Firenze, Vallecchi, 1997.
  • Zamagni, Battilani e Casali, La cooperazione di consumo in Italia, Bologna, Il Mulino, 2004.
  • Il Ponte, nov-dic 2000, 2001, pp. 11-12.
  • Legacoop e Confcooperative, Il libro del buon governo cooperativo, Elabora, 2001.
  • Renato Zangheri, Giuseppe Galasso e Valerio Castronovo, 1886-1986, Storia del Movimento Cooperativo in Italia, Milano, Giulio Enaudi Editore.
  • Bernardo Caprotti, Falce e carrello. Le mani sulla spesa degli italiani, Venezia, Marsilio Editori, 2014.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN153070893 · ISNI (EN0000 0001 2206 8194 · LCCN (ENn79058402 · GND (DE1087399424 · BNF (FRcb118703824 (data) · J9U (ENHE987007580968205171 · WorldCat Identities (ENlccn-n79058402