Filippo Maria Pandolfi

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Filippo Maria Pandolfi

Commissario europeo per la Scienza, la Ricerca, lo Sviluppo, le Telecomunicazioni e l'Innovazione e la Tecnologia dell'Informazione
Durata mandato1989 –
1993
PresidenteJacques Delors
PredecessoreKarl-Heinz Narjes
SuccessoreAntonio Ruberti (Scienza, Ricerca e Sviluppo, Istruzione, Formazione e Gioventù)
Martin Bangemann (Affari Industriali, Tecnologia dell'Informazione e delle Telecomunicazioni)

Ministro dell'agricoltura e delle foreste
Durata mandato4 agosto 1983 –
13 aprile 1988
PresidenteBettino Craxi
Amintore Fanfani
Giovanni Goria
PredecessoreCalogero Antonio Mannino
SuccessoreCalogero Antonio Mannino

Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato
Durata mandato1º dicembre 1982 –
4 agosto 1983
PresidenteAmintore Fanfani
PredecessoreGiovanni Marcora
SuccessoreRenato Altissimo

Durata mandato20 dicembre 1980 –
28 giugno 1981
PresidenteArnaldo Forlani
PredecessoreAntonio Bisaglia
SuccessoreGiovanni Marcora

Ministro del tesoro
Durata mandato13 marzo 1978 –
18 ottobre 1980
PresidenteGiulio Andreotti
Francesco Cossiga
PredecessoreGaetano Stammati
SuccessoreBeniamino Andreatta

Ministro delle finanze
Durata mandato30 luglio 1976 –
13 marzo 1978
PresidenteGiulio Andreotti
PredecessoreGaetano Stammati
SuccessoreFranco Maria Malfatti

Deputato della Repubblica Italiana
Durata mandato5 giugno 1968 –
19 dicembre 1988
LegislaturaV, VI, VII, VIII, IX, X
Gruppo
parlamentare
Democrazia Cristiana
CircoscrizioneBrescia-Bergamo
Incarichi parlamentari
  • VI Commissione finanze e tesoro (10 luglio 1968 - 19 giugno 1979, 29 ottobre 1980 - 15 dicembre 1982, 12 luglio 1983 - 7 febbraio 1985, 4 agosto 1987 - 21 aprile 1988)
  • I Commissione affari costituzionali (11 luglio 1979 - 29 ottobre 1980)
  • XII Commissione industria e commercio (15 dicembre 1982 - 11 luglio 1983)
  • X Commissione trasporti (7 febbraio 1985 - 1º luglio 1987)
  • III Commissione esteri (21 aprile 1988 - 19 dicembre 1988)
  • Giunta delle elezioni (1º ottobre 1969 - 3 luglio 1972)
  • Commissione per il parere al governo sulle norme delegate relative alla riforma tributaria (29 dicembre 1971 - 24 maggio 1972, 25 luglio 1972 - 28 novembre 1974)
  • Commissione speciale per l'esame del disegno di legge di conversione del decreto legge concernente modifiche e integrazioni in materia di riforma tributaria (6 giugno 1972 - 4 luglio 1976)
  • Commissione per il parere al governo in materia di mercato mobiliare e società per azioni (4 luglio 1974 - 28 novembre 1974)
  • Commissione per il parere al governo sui decreti delegati concernenti il regime fiscale dei prodotti petroliferi e l'imposizione di prelievo tributario una tantum sui veicoli a motore (19 novembre 1974 - 28 novembre 1974)
  • Commissione di vigilanza sulla cassa depositi e prestiti e sugli istituti di previdenza (1º agosto 1972 - 21 febbraio 1973, 22 febbraio 1973 - 28 novembre 1974)
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoDemocrazia Cristiana
Titolo di studioLaurea in filosofia
ProfessioneDirigente d'azienda

Filippo Maria Pandolfi (Bergamo, 1º novembre 1927) è un politico italiano, esponente della Democrazia Cristiana. È stato più volte ministro e commissario europeo.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

La famiglia di origine di Pandolfi era borghese, il padre era un ingegnere civile[1] ed esponente del Partito Popolare Italiano, attivo nella zona di Bergamo. Da ragazzino Pandolfi fece parte dell'Azione Cattolica[1]. Appassionato di letteratura cristiana antica[2], opera e musica classica[3] e arrampicata[4], al liceo Pandolfi fu compagno di banco di Mirko Tremaglia[5]. Pandolfi si diplomò al liceo classico Paolo Sarpi di Bergamo[5]. Partecipò alla Resistenza nelle file del Fronte della gioventù per l'indipendenza nazionale e per la libertà[1]. Laureatosi in filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano[6], si dedicò all'insegnamento. Fu insegnante presso il Collegio di Celana[7]. Successivamente divenne dirigente della "Minerva Italica", una casa editrice bergamasca che pubblicava soprattutto testi scolastici.

Carriera politica[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1945 Pandolfi si iscrisse alla Democrazia Cristiana[1]. Nel 1950 Giuseppe Dossetti lo chiamò come suo collaboratore all'interno della segreteria politica del partito[1]. Nel 1960 Pandolfi divenne segretario della DC a Bergamo, consigliere comunale e capo della maggioranza consiliare[1]. Dal 1964 al 1968 fu segretario provinciale del partito[1]. Faceva parte della corrente dorotea del partito[8]. Pandolfi fu membro della Camera dei deputati ininterrottamente dal 28 maggio 1968 al 19 dicembre 1988, sempre eletto nel collegio di Brescia-Bergamo nelle liste della DC[9]. Dal 1976 in poi Pandolfi fu sempre il primo degli eletti nel suo collegio[1]. Fortebraccio lo soprannominò "uomo dei polsini" a causa della sua eleganza e della sua presunta irresolutezza[10].

Incarichi di governo[modifica | modifica wikitesto]

Dal 1974 al 1988 Pandolfi ha ricoperto quasi senza interruzioni incarichi di governo. Venne nominato sottosegretario alle finanze nell'ambito del governo Moro IV il 28 novembre 1974 e mantenne l'incarico anche nel successivo governo Moro V, in carica fino al 29 luglio 1976[9]. Successivamente venne nominato Ministro delle finanze nel governo Andreotti III (29 luglio 1976 - 11 marzo 1978).

Fu Ministro del tesoro nei governi Andreotti IV e V tra il 1978 e il 1979. Pandolfi riformò le regole di analisi e redazione del bilancio dello stato[11], e nel 1977 introdusse il sistema del versamento d'acconto delle imposte[12]. Si occupò ampiamente dell'IVA, partecipò ai negoziati per l'istituzione del Sistema monetario europeo e condusse l'Italia ad aderire all'accordo di cambio dello SME, secondo il cosiddetto "piano Pandolfi" da lui presentato il 31 agosto 1978[1]. Propose l'introduzione della lira pesante, ma senza successo[13], e nel 1977 introdusse il sistema del versamento d'acconto delle imposte[12]. Pandolfi fu molto legato al governatore della Banca d'Italia Paolo Baffi[1].

Nell'estate del 1979 Pandolfi venne incaricato di formare il nuovo governo, ma non riuscì a ottenere il consenso sufficiente e divenne così presidente del Consiglio Francesco Cossiga[14]. Pandolfi rimase ministro del tesoro nei governi Cossiga I e II, tra il 1978 e il 1980[9]. Promosse la nomina di Tommaso Padoa-Schioppa a dirigente generale della Commissione delle Comunità europee[1]. Nell'aprile 1980 organizzò il primo vertice informale del Consiglio Ecofin[1]. Dal 1979 al 1980 Pandolfi fu direttore del comitato ad interim del Fondo Monetario Internazionale[6]. Nel 1980 il governo tedesco pensò a lui come possibile presidente della Commissione delle Comunità europee, ma gli venne preferito Gaston Thorn[1].

Nel dicembre 1980 Pandolfi venne nominato Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato nell'ambito del governo Forlani, fino al giugno 1981[9]. Dopo una breve interruzione, dal 1º dicembre 1982 Pandolfi tornò a svolgere il medesimo incarico nell'ambito del governo Fanfani V[9]. Nel 1981 presentò il piano energetico che prevedeva la costruzione di quattro nuove centrali nucleari[15]. Fu vicino a Raoul Gardini[16][17]. Il 4 agosto 1983 venne nominato Ministro dell'agricoltura e delle foreste nel governo Craxi I, e mantenne l'incarico anche nei successivi governi Craxi II, Fanfani VI e Goria, fino al 13 aprile 1988[9]. Nel 1984 Pandolfi elaborò il piano agricolo nazionale[18].

Fu durante il suo mandato che venne istituito nel 1984 il sistema europeo delle "quote latte"[19]. Pandolfi scelse come anno di riferimento per le quote il 1983, secondo dati fortemente sottostimati[19]. Pandolfi venne contestato per questo, ma attribuì la colpa a un errore dell'ISTAT e promise che comunque eventuali sanzioni non sarebbero state applicate ai produttori italiani[3][19][20]. Nel 1997 Pandolfi venne denunciato, assieme ai suoi successori al ministero, per presunti comportamenti omissivi in relazione alla mancata adozione delle sanzioni, ma nel 1998 venne assolto dalla Corte dei conti[21][22]. A causa delle proteste Pandolfi fu anche costretto a rifiutare l'attribuzione della medaglia d'oro di benemerenza offertagli dalla città di Bergamo[23]. Assieme a tre suoi successori al ministero, nel 1996 Pandolfi venne raggiunto da un avviso di garanzia per falso in bilancio e abuso d'ufficio relativamente all'agenzia per gli interventi sul mercato agricolo[24].

Commissario europeo[modifica | modifica wikitesto]

Alla fine del 1988 Pandolfi si dimise dalla Camera dei deputati, dopo essere stato indicato dal governo De Mita come commissario europeo dell'Italia. A partire dal 6 gennaio 1989 fece parte della Commissione Delors II come commissario europeo per la scienza, la ricerca, lo sviluppo, le telecomunicazioni e l'innovazione e la tecnologia dell'informazione e vicepresidente della Commissione. Rimase in carica fino al 6 gennaio 1993. Successivamente si ritirò dalla vita politica.

Pandolfi promosse il piano d'azione comunitario per lo sviluppo in Europa della televisione in alta definizione[25]. Assieme a Leon Brittan, predispose il libro verde sulla liberalizzazione dei servizi postali adottato dalla Commissione nel 1992[26]. Lanciò iniziative comuni nel campo della ricerca con i paesi dell'Europa centro-orientale e negoziò con gli Stati Uniti per ammorbidire la loro politica difensiva in materia di ricerca[1]. Strinse rapporti particolarmente cordiali con Jacques Delors e Leon Brittan[1]. Dal 2000 Pandolfi fa parte del "Gruppo dei 10" dell'Istituto Luigi Sturzo[27].

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria
«Di iniziativa del Presidente della Repubblica»
— 2 maggio 2003[28]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o Luca Guzzetti, Intervista a Filippo Maria Pandolfi (PDF), su eui.eu, Archivi Storici dell'Unione Europea, 24 giugno 1998. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 23 aprile 2014).
  2. ^ Andrea Biglia, Caccia al candidato simbolo, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 28 gennaio 1994. URL consultato il 17 agosto 2011.
  3. ^ a b Gian Antonio Stella, "Tiratemi il letame, ma non è colpa mia", su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 30 novembre 1997. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 2 aprile 2015).
  4. ^ Andrea Biglia, Caccia al candidato simbolo, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 28 gennaio 1994. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 30 novembre 2015).
  5. ^ a b Cesare Zapperi, Festa a Bergamo, il liceo Sarpi compie 200 anni, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 30 settembre 2003. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 1º febbraio 2014).
  6. ^ a b Filippo Maria Pandolfi, su athenaeumnae.com, Athenaeum NAE. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 25 aprile 2012).
  7. ^ Angelo Panzeri, Pochi allievi, rischia la chiusura il collegio del Papa e di Meazza, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 5 marzo 2006. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 24 ottobre 2015).
  8. ^ Maurizio Caprara, Addio a Citaristi, tesoriere dc, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 11 febbraio 2006. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 29 ottobre 2015).
  9. ^ a b c d e f Filippo Maria Pandolfi, su senato.it, Senato della Repubblica. URL consultato il 17 agosto 2011.
  10. ^ Gian Antonio Stella, Le ombre degli ex ministri, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 18 dicembre 1997. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 18 ottobre 2015).
  11. ^ Federico Fubini, I ministri del Tesoro e la difficile arte del "signor no" nei governi, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 20 febbraio 2007. URL consultato il 17 agosto 2011.
  12. ^ a b Claudio Abbate, Domenico Lacquaniti, Il Fisco bussa alla porta: è stagione di acconto, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 10 novembre 1997. URL consultato il 17 agosto 2011.
  13. ^ Marco Cecchini, Lira pesante. Piaceva a Craxi e Amato, finì nel cestino, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 21 marzo 1993. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 14 marzo 2012).
  14. ^ Dario Di Vico, Un aristocratico professore "prestato" alla politica, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 31 marzo 1993. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 24 novembre 2015).
  15. ^ Roberto Bagnoli, Quel blocco durato 23 anni, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 10 luglio 2009. URL consultato il 17 agosto 2011.
  16. ^ Roberto Bagnoli, Quel blocco durato 23 anni, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 10 luglio 2009. URL consultato il 17 agosto 2011.
  17. ^ Giorgio Meletti, "Un grande cuore, ma sbagliava", su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 24 luglio 1993. URL consultato il 17 agosto 2011.
  18. ^ Renzo Ruffelli, "Basta, serve un piano nazionale", su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 8 marzo 1998. URL consultato il 17 agosto 2011.
  19. ^ a b c Arturo Guatelli, Quelle tante colpe dei ministri pasticcioni. Dalle promesse di Pandolfi alla lobby del Sud, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 19 gennaio 1997. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 2 aprile 2015).
  20. ^ Marco Castoldi, Guerra del latte, allevatori a Palazzo Chigi, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 21 gennaio 1997. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 2 aprile 2015).
  21. ^ Flavio Haver, Latte, ex ministri denunciati, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 29 gennaio 1997. URL consultato il 17 agosto 2011.
  22. ^ Marisa Fumagalli, I cobas del latte: "Non ci fermiamo", su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 18 gennaio 1998. URL consultato il 17 agosto 2011.
  23. ^ Ezio Roberti, Allevatori contro Pandolfi, che rifiuta medaglia d'oro, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 21 dicembre 1996. URL consultato il 17 agosto 2011.
  24. ^ Giuseppe Sarcina, "Aima, bufera da 2. 000 miliardi", su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 17 marzo 1996. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 2 aprile 2015).
  25. ^ Pietro Sormani, CEE in onda ad alta definizione, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 15 aprile 1992. URL consultato il 17 agosto 2011.
  26. ^ Pietro Sormani, CEE in onda ad alta definizione, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 15 aprile 1992. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 16 ottobre 2015).
  27. ^ Il gruppo dei 10, su sturzo.it, Istituto Luigi Sturzo. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 17 ottobre 2011).
  28. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Ministro delle finanze Successore
Gaetano Stammati 30 luglio 1976 - 13 marzo 1978 Franco Maria Malfatti
Predecessore Ministro del tesoro Successore
Gaetano Stammati 13 marzo 1978 - 18 ottobre 1980 Beniamino Andreatta
Predecessore Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato Successore
Antonio Bisaglia 20 dicembre 1980 - 28 giugno 1981 Giovanni Marcora I
Giovanni Marcora 1º dicembre 1982 - 4 agosto 1983 Renato Altissimo II
Predecessore Ministro dell'agricoltura e delle foreste Successore
Calogero Antonio Mannino 4 agosto 1983 - 13 aprile 1988 Calogero Antonio Mannino
Predecessore Commissario europeo per la scienza, la ricerca, lo sviluppo, le telecomunicazioni e l'innovazione e la tecnologia dell'informazione Successore
Karl-Heinz Narjes 1989 - 1993 Antonio Ruberti (Scienza, ricerca e sviluppo, istruzione, formazione e gioventù)
Martin Bangemann (Affari industriali, tecnologia dell'informazione e delle telecomunicazioni)
Predecessore Commissario europeo dell'Italia Successore
Lorenzo Natali
Carlo Ripa di Meana
6 gennaio 1989 - 6 gennaio 1993
con Carlo Ripa di Meana
Raniero Vanni d'Archirafi
Antonio Ruberti
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