Guerra fredda: differenze tra le versioni

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[[File:US Army tanks face off against Soviet tanks, Berlin 1961.jpg|thumb|[[carro armato|Carri armati]] sovietici e statunitensi si fronteggiano al ''[[Checkpoint Charlie]]'', durante la [[crisi di Berlino del 1961]]]]
[[File:US Army tanks face off against Soviet tanks, Berlin 1961.jpg|thumb|[[carro armato|Carri armati]] sovietici e statunitensi si fronteggiano al ''[[Checkpoint Charlie]]'', durante la [[crisi di Berlino del 1961]]]]


Agli inizi del 1961 la situazione nella DDR era diventata sempre più precaria: il principale dirigente tedesco orientale [[Walter Ulbricht]] che richiedeva con urgenza misure decisive per consolidarla e fermare la continua perdita di cittadini che abbandonavano il paese soprattutto attraverso Berlino Ovest; nei primi sei mesi del 1961 oltre {{M|100000}} tedeschi orientali fuggirono in occidente. Nel giugno dello stesso anno, l'Unione Sovietica emise un nuovo ''ultimatum'' che chiedeva il ritiro delle forze alleate da Berlino Ovest. Il 3 e 4 giungo Kennedy e Chruščёv tennero a [[Vienna]] un drammatico e burrascoso incontro al termine del quale il presidente statunitense affermò che non avrebbe mai permesso che gli occidentali fossero estromessi dal settore che occupavano.<ref>{{cita|Gaddis, 2005|p. 114}}.</ref><ref>{{cita|Harper, 2020|p. 156}}.</ref>
Agli inizi del 1961 la situazione nella DDR era diventata sempre più precaria: il principale dirigente tedesco orientale [[Walter Ulbricht]] richiedeva con urgenza misure decisive per consolidarla e fermare la continua perdita di cittadini che abbandonavano il paese soprattutto attraverso Berlino Ovest; nei primi sei mesi del 1961 oltre {{M|100000}} tedeschi orientali fuggirono in occidente. Nel giugno dello stesso anno, l'Unione Sovietica emise un nuovo ''ultimatum'' che chiedeva il ritiro delle forze alleate da Berlino Ovest. Il 3 e 4 giugno Kennedy e Chruščёv tennero a [[Vienna]] un drammatico e burrascoso incontro al termine del quale il presidente statunitense affermò che non avrebbe mai permesso che gli occidentali fossero estromessi dal settore che occupavano.<ref>{{cita|Gaddis, 2005|p. 114}}.</ref><ref>{{cita|Harper, 2020|p. 156}}.</ref>


In risposta, durante la notte del 13 agosto la Germania dell'Est fece erigere una barriera di filo spinato presidiata da militari e forze di sicurezza lungo tutto il confine con Berlino Ovest e che successivamente venne estesa con la realizzazione del [[Muro di Berlino]], chiudendo efficacemente la via di fuga. Verso la fine di ottobre il confronto assunse tono ancora più drammatici quando carri armati sovietici e statunitensi si trovarono a fronteggiarsi a poche decine di metri di distanza presso il [[Checkpoint Charlie]] dopo alcuni screzi riguardanti il diniego del passaggio di funzionari occidentali nel settore orientale. Dopo alcuni giorni di altissima tensione i carri si ritirarono simultaneamente in quanto nessuno dei massimi dirigenti delle due parti, né il presidente Kennedy, né il segretario generale sovietico né i capi britannici, erano disposti a rischiare una guerra generale per salvaguardare le formalità burocratiche sull'accesso nelle zone di Berlino. La [[crisi di Berlino del 1961]] innescata dalla costruzione del Muro si risolse così, sanzionando in pratica il riconoscimento reciproco della situazione di fatto.<ref>{{cita|Smith, 2000|p. 63}}.</ref><ref>{{cita|Taylor, 2009|pp. 234-235}}.</ref>
In risposta, durante la notte del 13 agosto la Germania dell'Est fece erigere una barriera di filo spinato, presidiata da militari e forze di sicurezza lungo tutto il confine con Berlino Ovest, che successivamente venne estesa con la realizzazione del [[Muro di Berlino]], chiudendo efficacemente la via di fuga. Verso la fine di ottobre il confronto assunse toni ancora più drammatici quando carri armati sovietici e statunitensi si trovarono a fronteggiarsi a poche decine di metri di distanza presso il [[Checkpoint Charlie]] dopo alcuni screzi riguardanti il diniego del passaggio di funzionari occidentali nel settore orientale. Dopo alcuni giorni di altissima tensione i carri si ritirarono simultaneamente in quanto nessuno dei massimi dirigenti delle due parti, né il presidente Kennedy, né il segretario generale sovietico né i capi britannici, erano disposti a rischiare una guerra generale per salvaguardare le formalità burocratiche sull'accesso nelle zone di Berlino. La [[crisi di Berlino del 1961]] innescata dalla costruzione del Muro si risolse così, sancendo in pratica il riconoscimento reciproco della situazione di fatto.<ref>{{cita|Smith, 2000|p. 63}}.</ref><ref>{{cita|Taylor, 2009|pp. 234-235}}.</ref>


===La crisi dei missili cubani e la cacciata di Chruščëv===
===La crisi dei missili cubani e la cacciata di Chruščëv===

Versione delle 23:22, 25 apr 2023

Guerra fredda
Da sinistra a destra, dall'alto al basso: Porta di Brandeburgo dietro il Muro di Berlino, Checkpoint Charlie, Primavera di Praga, crisi dei missili di Cuba, proteste alla Porta di Brandeburgo, George H. W. Bush e Michail Gorbačëv che firmano gli accordi di limitazione delle armi chimiche.
Data1947-1991
LuogoEuropa, Africa, Asia e America Latina
CausaRiorganizzazione del potere mondiale dopo la seconda guerra mondiale
EsitoDissoluzione dell'Unione Sovietica, scioglimento del blocco orientale, fine della sfera di influenza dell'URSS e riunificazione della Germania
Schieramenti
Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Bandiera della NATO NATO
e Stati ideologicamente vicini al Blocco occidentale
Bandiera dell'Unione Sovietica Unione Sovietica
Patto di Varsavia
e Stati ideologicamente vicini al Blocco orientale
Comandanti
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Con l'espressione "guerra fredda" si indica la contrapposizione politica, ideologica e militare che venne a crearsi intorno al 1947 tra le due potenze principali emerse vincitrici dalla seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica. Ben presto si giunse alla divisione dell'Europa in sfere di influenza e alla formazione di blocchi internazionali ostili, denominati comunemente come Occidente (gli Stati Uniti e gli altri membri della NATO), Oriente (l'Unione Sovietica e i membri del Patto di Varsavia) e, in seguito, il terzo blocco dei Paesi non allineati.

Si trattò sostanzialmente della contrapposizione tra due grandi ideologie politico-economiche: la democrazia-capitalista da una parte e il socialismo reale-comunismo dall'altro. Questa contrapposizione influenzò fortemente per decenni l'opinione pubblica mondiale ed ebbe il suo concreto emblema nella divisione della Germania in Germania Ovest e Germania Est, della città di Berlino tramite l'omonimo muro e nella figura retorica della cosiddetta "cortina di ferro", coniata per la prima volta da Winston Churchill nel 1946, volta a definire la netta distinzione territoriale e ideologica che si stava venendo a creare tra i due blocchi socioeconomici dominanti.

La tensione che ne risultò, durata circa mezzo secolo, non si concretizzò mai in un conflitto militare diretto fra le due potenze, da cui il termine "fredda" usato per descrivere un'ostilità che non sembrava più risolvibile attraverso una guerra frontale tra le due superpotenze, dato il pericolo per la sopravvivenza dell'umanità rappresentato da un eventuale ricorso alle armi nucleari, ma si sviluppò nel corso degli anni, incentrandosi sulla competizione in vari campi (militare, spaziale, tecnologico, ideologico, psicologico, sportivo) e contribuendo almeno in parte allo sviluppo e all'evoluzione della società stessa con l'avvento della terza rivoluzione industriale.

L'espressione era stata usata già nel 1945 da George Orwell che riflettendo sulla bomba atomica preconizzava uno scenario in cui le due grandi potenze, non potendo affrontarsi direttamente per il rischio di distruzione mutua assicurata avrebbero finito per dominare e opprimere tutti gli altri. Nel 1947 fu ripresa dal consigliere presidenziale statunitense Bernard Baruch e dal giornalista Walter Lippmann per descrivere l'emergere delle tensioni tra i due Alleati della seconda guerra mondiale.

Le fasi più critiche e potenzialmente pericolose della guerra fredda furono due: la prima, compresa fra gli anni cinquanta e gli anni sessanta, e la seconda, circoscritta alla prima metà degli anni ottanta. La fine della guerra fredda viene convenzionalmente fatta coincidere con la caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989) e la successiva dissoluzione dell'Unione Sovietica (26 dicembre 1991).

Origini del termine

Alla fine della seconda guerra mondiale, lo scrittore inglese George Orwell usò il termine "guerra fredda" nel suo saggio You and the Atomic Bomb, pubblicato il 19 ottobre 1945 sul quotidiano britannico Tribune. Descrivendo un mondo che vive all'ombra della minaccia della guerra nucleare, Orwell, utilizzando le previsioni di James Burnham su un mondo polarizzato, scrisse:

«Guardando il mondo nel suo insieme, la deriva per molti decenni non è stata verso l'anarchia, ma verso la reimposizione della schiavitù ... La teoria di James Burnham è stata molto discussa, ma poche persone hanno ancora considerato le sue implicazioni ideologiche - cioè, il tipo di visione del mondo, il tipo di convinzioni e la struttura sociale che probabilmente prevarrebbero in uno stato che era allo stesso tempo invincibile e in uno stato permanente di "guerra fredda" con i suoi vicini.[1]»

Sul The Observer del 10 marzo 1946 Orwell scrisse, «dopo la conferenza di Mosca dello scorso dicembre, la Russia iniziò una guerra fredda contro la Gran Bretagna e l'Impero britannico».[2]

Il primo uso del termine per descrivere lo specifico scontro geopolitico del dopoguerra tra l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti fu in occasione di un discorso di Bernard Baruch, un influente consigliere dei presidenti democratici, tenuto il 16 aprile 1947. Un estratto del discorso, scritto dal giornalista Herbert Bayard Swope,[3] afferma: «Non lasciamoci ingannare: siamo oggi nel bel mezzo di una guerra fredda».[4] L'editorialista del giornale Walter Lippmann diede al termine una portata più ampia grazie al suo libro The Cold War (guerra fredda in lingua inglese). Quando nel 1947 gli venne chiesta l'origine del termine, Lippmann la ricondusse a un termine francese degli anni 1930, la guerre froide.[5]

Contesto

Lo stesso argomento in dettaglio: Seconda guerra mondiale e Conferenza di Jalta.
I "Tre Grandi" alla Conferenza di Jalta: Winston Churchill, Franklin Roosevelt e Iosif Stalin

Gli esisti seconda guerra mondiale modificarono gli equilibri di potere sullo scenario globale con il tramonto di Germania, Gran Bretagna e Francia dal ruolo di potenze. Queste vennero sostituite da Stati Uniti e Unione Sovietica le quali fino ad allora avevano adottato una politica isolazionista. Sebbene entrambe si fossero trovate a combattere sullo stesso fronte contro la Germania nazista, notevoli differenze le dividevano. Se gli Stati Uniti erano caratterizzati da una dinamica economia di mercato e da un ordinamento democratico, l’Unione Sovietica, nata nel 1922 sulle ceneri dell’impero russo a seguito di una guerra civile, basava la sua esistenza sull'ideologia comunista del marxismo-leninismo adottando una economia pianificata.

Verso le fasi finali del conflitto, tali differenze non sembrarono pregiudicare del tutto i rapporti tra di esse. Il presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt si era dimostrato alquanto disponibile ad accogliere gran parte delle richieste del suo omologo sovietico Iosif Stalin in quanto riconosceva il grande sacrificio compiuto dal suo popolo nel combattere il terzo Reich. In particolare, Stalin pretendeva di mantenere il controllo dei paesi dell’Europa Orientale occupati dall'Armata Rossa nella sua marcia verso Berlino, una richiesta che poteva apparire legittima in quanto finalizzata a garantire una "zona cuscinetto" per scongiurare nuove invasioni. Sia Roosevelt che Stalin avevano più volte dichiarato il loro auspicio riguardo al mantenimento dei rapporti tra le potenze Alleate verso la reciproca collaborazione. Quando Stalin venne a coscienza del progetto dei "quattro poliziotti" ideato da Roosevelt non poté che concordare. I rapporti discretamente buoni vennero confermati quando nel febbraio del 1945 i rappresentanti dei tre principali paesi Alleati si incontrarono a Jalta per prendere alcune decisioni fondamentali per il prosieguo del conflitto. In particolare venne deciso, come "prerequisito per la pace futura", lo smembramento provvisorio della Germania in zone di occupazione (ognuna gestita rispettivamente da USA, URSS e Regno Unito) e l’istituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Tuttavia, qualche crepa iniziò ad apparire riguardo all'occupazione della Polonia e al futuro destino della Germania.[6][7][8]

Zone di occupazione della Germania alla fine della seconda guerra mondiale

Con la definitiva sconfitta delle potenze dell'Asse e la morte Roosevelt, i rapporti andarono a peggiorare. Forti divergenze tra gli Alleati iniziarono ad emergere con prepotenza alla conferenza di Potsdam iniziata nel luglio 1945. Come deciso a Yalta, la Germania si trovava militarmente occupata in tre settori: a est si trovavano i sovietici, a sud-ovest gli statunitensi e nella ricca zona industriale del nord-ovest (comprendente la regione della Ruhr) i britannici; successivamente parti britanniche e statunitensi vennero assegnate anche alla Francia. Similmente, anche Berlino si trovò divisa in quattro settori di occupazione. Sebbene tutti i vincitori concordassero con la demilitarizzazione della Germania per evitare che potesse tornare in futuro a rappresentare una minaccia, i sovietici pretendevano ampie riparazioni di guerra mentre gli Stati Uniti si erano dimostrati più cauti. Inoltre, il nuovo presidente americano, Harry Truman, aveva criticato apertamente l'Unione Sovietica per le annessioni nella propria sfera di influenza delle nazioni dell'Europa meridionale chiedendo che fossero indette elezioni democratiche. Il clima di sospetto che si venne a creare tra Truman e Stalin ebbe una forte accelerazione quando gli Stati Uniti utilizzarono per la prima volta l'arma nucleare contro il Giappone nell'agosto del 1945. Stalin rispose alle manifestazioni di forza americane stringendo ancora di più il controllo sui territori in quel momento occupati dal suo esercito, che divennero a tutti gli effetti stati satellite dell'URSS rifiutando qualsiasi ingerenza e possibilità di accetterei governi non allineati. Il 5 marzo dell'anno seguente, l'ex primo ministro britannico Winston Churchill pronunciò un famoso discorso in cui accusava i sovietici di aver fatto calare una "cortina di ferro" «sul continente da Stettino sul Baltico a Trieste sull'Adriatico» invocando la necessità di un'alleanza anglo-americana contro di essi. Stalin accusò Churchill di essere un guerrafondaio e lo paragonò a Hitler.[9][10]

Gli inizi della guerra fredda (1947-1948)

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra fredda (1947-1953).

Containment e dottrina Truman

Lo stesso argomento in dettaglio: Containment e Dottrina Truman.
Alleanze militari in Europa
Alleanze economiche in Europa

Alla fine di febbraio 1946, il "Lungo telegramma" inviato dal diplomatico George Frost Kennan a Washington contribuì ad articolare la linea sempre più dura del governo statunitense contro i sovietici infiammando un dibattito politico che plasmò la politica estera dell'amministrazione Truman. In seguito, in un saggio dello stesso Kennan, il nuovo indirizzo verrà definito come un "fermo contenimento" (containment) dell’Unione Sovietica.[11][12]

In poco tempo la nuova politica del contenimento poté essere messa alla prova. In occasione della crisi dell'Iran del 1946 gli Stati Uniti fecero forti pressioni i sovietici ritirassero le proprie truppe dal nord del paese, dove avevano instaurato il Governo Popolare dell'Azerbaigian, che occupavano dell'invasione anglo-sovietica del 1941. Dopo un iniziale rifiuto, Mosca decise per un ritiro successivamente ad aver raggiunto un accordo con il governo iraniano per lo sfruttamento delle risorse petrolifere.[9] Similmente, gli Stati Uniti intervennero minacciando l'uso della forza quando il 7 agosto dello stesso anno l'Unione Sovietica palesò le sue rivendicazioni territoriali sulla Turchia chiedendo la revisioni degli Convenzione di Montreux. Anche in questo caso la crisi si risolse con un allentamento delle pressioni sovietiche.[13]

Le esperienze vissute in Iran e in Turchia, il successivo rifiuto sovietico del Piano Baruch sulle armi nucleari e l’ammissione del governo britannico di non essere più in grado di finanziare il Regno di Grecia nella sua guerra civile contro gli insorti comunisti, spinse Truman a dichiarare ufficialmente la politica del contenimento. Il Presidente pronunciò, quindi, un discorso in cui chiedeva l'assegnazione di 400 milioni di dollari per intervenire in Grecia svelando la "dottrina Truman" che inquadrava il conflitto come una contesa tra popoli liberi e regimi totalitari, secondo la teoria del domino, lasciando intendere, anche se non venne mai esplicitato, che l'obiettivo prioritario fosse quello di fermare la diffusione del comunismo nel mondo.[14][15]

L'enunciazione della dottrina Truman segnò, negli Stati Uniti, l'inizio di una intesa bipartisan tra repubblicani e democratici, per quanto riguarda la difesa nazionale e la politica estera che andò a indebolirsi solamente durante e dopo la guerra del Vietnam, ma che comunque persistette anche in seguito.[16] I partiti moderati e conservatori europei, così come i socialdemocratici, fornirono un sostegno praticamente incondizionato all'alleanza occidentale, mentre i comunisti europei e americani aderirono alla linea di Mosca nonostante fosse apparso un dissenso dopo il 1956.[17]

Piano Marshall e colpo di Stato cecoslovacco

Mappa dell'Europa nell'epoca della Guerra Fredda in cui sono mostrate le nazioni che hanno ricevuto aiuti dal Piano Marshall. Le colonne rosse indicano il totale dei finanziamenti ricevuti per ciascuna nazione.

Nel giugno 1947, in accordo con la dottrina Truman, gli Stati Uniti promulgarono il Piano Marshall, un programma di assistenza economica per tutti i paesi europei disposti a partecipare, inclusa l'Unione Sovietica. Nell'ambito del piano, firmato dal presidente Harry Truman il 3 aprile 1948, il governo degli Stati Uniti donò ai paesi dell'Europa occidentale circa 12,6 miliardi di dollari del tempo (equivalenti a 110 miliardi di dollari del 2010, principalmente in grano, cotone, beni strumentali per ricostruire le proprie economie distrutte dagli esiti del secondo conflitto mondiale.[18][19]

L'obiettivo del piano fu quello di ricostruire i sistemi democratici ed economici dell'Europa e contrastare le possibili minacce agli equilibri di potere del vecchio continente. Il piano, inoltre, affermava che la prosperità europea dipendeva dalla ripresa economica tedesca.[20] Un mese dopo, Truman firmò il National Security Act del 1947 creando così il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d'America, la CIA e il National Security Council (NSC). Queste diventarono i principali enti per la politica statunitense nella guerra fredda.[21]

Ricostruzione di Berlino Ovest grazie agli aiuti portati dal Piano Marshall

Stalin riteneva che l'integrazione economica con l'Occidente avrebbe permesso ai paesi del blocco orientale di sfuggire al controllo sovietico e che gli Stati Uniti stavano cercando di conquistare un riallineamento europeo verso di loro. A fronte di ciò, Stalin impedì alle nazioni facenti parte del blocco orientale di ricevere aiuti dal piano Marshall. L'alternativa dell'Unione Sovietica al Piano Marshall divenne nota come Piano Molotov (successivamente istituzionalizzato nel gennaio 1949 come Consiglio di mutua assistenza economica).[22][23] Stalin si dimostrò anche timoroso a proposito di una Germania ricostituita, preferendo che non gli venisse data la possibilità di riarmarsi o di rappresentare alcun tipo di minaccia per l'Unione Sovietica.[24][25]

Agli inizi del 1948, in seguito a rapporti che raccontavano di rafforzamenti di "elementi reazionari", gli agenti sovietici compirono un colpo di Stato in Cecoslovacchia, l'unico Stato del blocco orientale a cui i sovietici avevano permesso di mantenere un ordinamento democratico.[26] La brutalità di tale intervento scioccò le potenze occidentali più di ogni altro evento accaduto fino a quel punto scatenando la diffusa paura dell'imminente scoppio di una guerra e questo spazzò via le ultime opposizioni al Piano Marshall da parte del Congresso degli Stati Uniti.[27]

Immediatamente dopo la crisi, si tenne la Conferenza delle Sei Potenze di Londra, che portò al boicottaggio sovietico del Consiglio di controllo alleato e alla sua inabilitazione, un evento che segnò l'inizio della Guerra Fredda in piena regola e la fine del suo preludio.[28]

Cominform e la rottura Tito-Stalin

Lo stesso argomento in dettaglio: Cominform e Conflitto sovietico-jugoslavo.

Nel settembre 1947, i sovietici crearono il Cominform, il cui scopo era quello di imporre l'ortodossia all'interno del movimento comunista internazionale e rafforzare il controllo politico sui paesi satelliti sovietici attraverso il coordinamento dei partiti comunisti nel blocco orientale.[22] Il Cominform dovette affrontare una battuta d'arresto imbarazzante nel giugno successivo quando la rottura tra Stalin e Tito obbligò l'espulsione della Jugoslavia, che rimase comunque un paese a matrice comunista ma adottò una posizione non allineata iniziando allo stesso tempo ad accettare gli aiuti finanziari dagli Stati Uniti previsti dal piano Marshall.[29]

Blocco di Berlino e ponte aereo

Lo stesso argomento in dettaglio: Blocco di Berlino e Ponte aereo per Berlino.
C-47 all'Aeroporto di Berlino-Tempelhof durante il blocco di Berlino

Al termine della seconda guerra mondiale la Germania venne divisa in zone controllate dagli alleati: a ovest da Gran Bretagna e Stati Uniti e a est dall'Unione Sovietica. La capitale Berlino, posta a est, era frazionata al suo interno tra le tre potenze. Il 1º gennaio 1947 Gran Bretagna e Stati Uniti unirono le loro zone di occupazione della Germania occidentale in un'unica "Bizonia" (in seguito "Trizonia" con l'aggiunta dei francesi nell'aprile 1949).[30] L'anno successivo venne annunciato un programma di ricostruzione dell'economia tedesca che prevedeva la progressiva fusione delle aree occidentali in un sistema governativo autonomo federale. Inoltre, fu previsto di fare rientrare le suddette regioni nel piano Marshall e venne introdotta una nuova moneta, il marco tedesco, in sostituzione della vecchia valuta del Reichsmark che i sovietici avevano svalutato.[31][32]

Stalin, contrariato per non essere stato messo al corrente di questo piano, ordinò un blocco di Berlino, una delle prime grandi crisi che hanno caratterizzato la guerra fredda, con cui venne impedito dal 24 giugno 1948 che cibo, materiali e rifornimenti arrivassero a Berlino Ovest. Dopo aver escluso la resa e valutato come troppo rischioso il ricorso alla forza per rompere il blocco, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Canada, Australia, Nuova Zelanda e molti altri paesi risposero con un imponente "ponte aereo per Berlino" grazie al quale poté essere garantita la continuità nella fornitura di beni ai cittadini dell'ovest.[23][33][34][35] Inoltre, Truman, fece dislocare in gran Bretagna alcuni bombardieri B-29 in grado di trasportare armi atomiche sulla lunga distanza come monito ai sovietici di non tentare di boicottare il ponte aereo. Dopo quasi un anno e oltre 270000 voli di trasporto, il 12 maggio 1949 Stalin si risolse nel togliere il blocco.[35][36][37]

Nonostante si fosse giunti alla soluzione della crisi fu chiara l'impossibilità di giungere alla riunificazione della Germania anche per i continui rifiuti sovietici di partecipare a uno sforzo di ricostruzione del paese. Pertanto, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia unificarono le tre zone occidentali di occupazione, nel maggio 1949, creando lo Repubblica Federale Tedesca, comprendente Berlino ovest, e con capitale "provvisoria" posta a Bonn. A sua volta l'Unione Sovietica convertì la sua zona di occupazione in Germania nella Repubblica Democratica Tedesca, nell'ottobre dello stesso anno: si era quindi arrivati alla spaccatura ufficiale della Germania in due «paesi separati con sistemi politici opposti e militarmente allineati l'uno contro l'altro».[38][39]

Militarizzazione del conflitto (1949-1953)

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra fredda (1947-1953).

Nascita della NATO e della Radio Free Europe

Lo stesso argomento in dettaglio: NATO, Radio Free Europe e Mass media nel blocco orientale.
Il Presidente Truman firma il Trattato Nord Atlantico nello Studio Ovale

Il colpo di stato in Cecoslovacchia e il blocco di Berlino avevano accresciuto le preoccupazioni circa una possibile aggressione dell'Unione Sovietica verso i paesi dell'Europa occidentale. Pertanto, già dal 1948, questi stipularono un trattato che prevedeva l'autodifesa collettiva in caso di guerra. Benché fosse chiaro che i firmatari non fossero in grado di competere militarmente con i sovietici senza l'apporto della superiorità aerea e le armi nucleari statunitensi, l'amministrazione Truman si dimostrò inizialmente riluttante a impegnarsi formalmente in un tale patto.[40] Tuttavia l'approvazione nel giugno 1948 da parte del Senato degli Stati Uniti della Risoluzione Vandenberg dimostrò una volontà bipartisan delle forze politiche di impegnarsi per la difesa dell'Europa occidentale. In particolare, il segretario di Stato Dean Acheson mise in guardia il governo dalla necessità di dare garanzia militare ai progressi del piano Marshall e di scongiurare la possibile avanzata sovietica in Europa.[41]

Iniziò quindi un dibattito su quale dovesse essere il futuro assetto dell'alleanza. Alla fine prevalse l'idea di un patto difensivo vincolante tra i partecipanti che poi verrà riassunto nell'articolo 5 del trattato.[42] Il Patto Atlantico venne poi sottoscritto a Washington il 4 aprile 1949 dai rappresentanti di Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Francia, Italia, Portogallo, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Islanda, Norvegia. Da subito iniziò anche l'approntamento della struttura necessaria per dare concretezza al trattato e che prenderà il nome di Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (NATO).[36][43]

Lo scontro tra i due blocchi non fu solo militare ma anche sul piano della propaganda. I mass media nel blocco orientale erano un organo dello Stato, completamente dipendente e asserviti al partito comunista. Le emittenti radiotelevisive erano di proprietà statale, mentre la stampa solitamente apparteneva a organizzazioni politiche, gran parte delle quali facevano capo al partito comunista locale.[44] In occidente, oltre alle trasmissioni della British Broadcasting Corporation (BBC) e della Voice of America,[45] un importante sforzo di propaganda fu iniziato nel 1949 con la Radio Free Europe/Radio Liberty, nata con l'intenzione di provocare la pacifica scomparsa del sistema comunista nel blocco orientale. Si tentò di raggiungere questi obiettivi riuscendo a trasmettere il proprio segnale oltre alla cortina di ferro fino a raggiungere Mosca. Radio Free Europe era un prodotto di alcuni dei più importanti strateghi statunitensi della guerra fredda, specialmente di coloro che ritenevano che tale conflitto si sarebbe dovuto combattere tramite mezzi politici piuttosto che militari, come George Frost Kennan. I politici americani, tra cui Kennan e John Foster Dulles, riconobbero che la guerra fredda era essenzialmente una guerra di idee e, agendo attraverso la CIA, finanziarono una lunga lista di progetti per contrastare l'attrattiva che rappresentava il comunismo tra gli intellettuali in Europa e nel mondo in via di sviluppo.[46]

Guerra civile cinese e rafforzamento militare statunitense

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra civile cinese e NSC-68.
Mao Zedong e Josif Stalin a Mosca nel dicembre 1949

Nel 1949 si consumarono gli ultimi atti della guerra civile cinese con l'Esercito Popolare di Liberazione di Mao Zedong che sconfisse il Partito Nazionalista Cinese di Chiang Kai-shek, quest'ultimo appoggiato dagli Stati Uniti, che dovette fuggire insieme al suo governo sull'isola di Taiwan. Durante il conflitto, l'Unione Sovietica aveva dato un appoggio limitato alle truppe di Mao in quanto preoccupata dell'ascesa di un possibile concorrente alla guida del movimento comunista mondiale ma nel 1950 Stalin si decise a stipulare un'alleanza con la neonata Repubblica Popolare Cinese. Una volta stabilitosi al potere, Mao mise in atto notevoli riforme in chiave comunista: le industrie, le banche e i commerci con l'estero vennero nazionalizzati mentre le terre distribuite ai contadini.[47][48]

Fino alla fine degli anni 1950, gli Stati Uniti ritenevano di possedere una netta superiorità militare sui sovietici in grado di fare da deterrente contro possibili attacchi. Tuttavia nell'agosto del 1949, presso la località di Semipalatinsk, nella Repubblica Socialista Sovietica Kazaka, venne fatto detonare il primo ordigno nucleare sovietico.[49][50] Di fronte alla rivoluzione comunista in Cina e alla fine del monopolio statunitense sulle armi atomiche, l'amministrazione Truman si trovò nelle condizioni di dover rafforzare la politica del contenimento. Così, nel 1950, venne emanato un documento segreto, noto come NSC-68, in cui il Consiglio di sicurezza nazionale propose di rafforzare i sistemi di alleanza filo-occidentali e quadruplicare la spesa nella difesa.[49][51]

Guerra di Corea e impegno nel sud-est asiatico

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra di Corea.
Marines statunitensi impegnati in combattimenti di strada durante la liberazione di Seul nel settembre 1950

Nel giugno 1950, dopo anni di reciproche ostilità, l'esercito popolare nordcoreano di Kim Il-sung invase la Corea del Sud guidata da Syngman Rhee e sostenuta dagli Stati Uniti. Inizialmente Stalin si dimostrò riluttante ad appoggiare le ambizioni il Il-sung ma già nel gennaio precedente aveva dato il suo assenso, contribuendo con forniture militari, convinto del fatto che gli statunitensi non sarebbero intervenuti. Saputo dell'appoggio da parte di Mosca anche Mao Zedong decise di fornire aiuti sebbene fosse già impegnato con i progetti di annessione di Tibet e Taiwan. Le previsioni dei due leader comunisti vennero disattese quando il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite appoggiò la difesa della Corea del Sud nonostante il tentativo di boicottaggio da parte dei sovietici in protesta contro il fatto che Taiwan (Repubblica di Cina), e non la Repubblica popolare cinese, detenesse un seggio permanente. Così, su mandato delle Nazioni Unite, si formò una forza internazionale, guidata dagli Stati Uniti, per fermare l'invasione.[52][53]

Il generale Douglas MacArthur, comandante della forza internazionale, osserva il bombardamento navale di Incheon dalla USS Mount McKinley, 15 settembre 1950

Nelle fasi iniziali del conflitto sembrò che gli Stati Uniti seguissero la loro politica di contenimento ponendosi come obiettivo quello di respingere la Corea del Nord oltre il 38° parallelo, il confine tra le due coree, e ripristinare la sovranità della Corea del Sud. Tuttavia, il successo dello sbarco di Inchon galvanizzò le forze USA/ONU tanto da ipotizzare una completa distruzione dell'invasore e di conquistare il nord comunista della penisola. Su questa linea, il generale Douglas MacArthur dette ordine di avanzare attraverso il 38° parallelo. I cinesi, timorosi di una possibile invasione statunitense, inviarono le loro forze militari che riuscirono a sconfiggere quelle della coalizione delle Nazioni Unite respingendole al di sotto del vecchio confine.[54][55] Un successivo tentativo di sfondamento degli eserciti comunisti non riuscì nei suoi intenti e le posizioni si congelarono sul 38° parallelo. L'armistizio di Panmunjeom, che pose fine alle ostilità, venne concluso solamente nel luglio del 1953. La situazione tornò come all'inizio del conflitto, con il paese diviso in due da una zona demilitarizzata.[56][57]

Gli eventi di Cina e Corea spinsero i funzionari degli Stati Uniti a considerare la dottrina del contenimento come un affare globale e non solamente europeo. Preoccupati di contrastare i movimenti nazionalisti rivoluzionari, spesso guidati da partiti comunisti finanziati dall'Unione Sovietica, che combattevano contro il ripristino degli imperi coloniali europei, agli inizi degli anni 1950 gli Stati Uniti formalizzarono una serie di alleanze con alcuni paesi del sud-est asiatico. Così, nel 1951 venne siglato il patto ANZUS con Australia e Nuova Zelanda e, tre anni più tardi il più ampio Southeast Asia Treaty Organization attraverso i quali gli statunitensi poterono garantirsi alcune basi militari nella regione. Cambiò anche l'approccio con Taiwan, a cui gli Stati Uniti garantirono l'appoggio.[54][58][59]

Crisi e escalation (1953-62)

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra fredda (1953-1962).

Chruščëv, Eisenhower e destalinizzazione

Da sinistra a destra: il capo di stato sovietico Kliment Vorošilov, il segretario generale Nikita Chruščëv e il presidente finlandese Urho Kekkonen a Mosca nel 1960

Nel 1953, i mutamenti nelle leadership politiche di entrambe le parti portarono a sostanziali mutamenti nella dinamica della guerra fredda.[60] A gennaio Dwight Eisenhower venne eletto presidente degli Stati Uniti; durante gli ultimi 18 mesi dell'amministrazione Truman, il budget messo a disposizione della difesa era quadruplicato e il nuovo presidente si impegnò affinché queste potessero essere ridotte di un terzo seppur continuando a combattere efficacemente la guerra fredda.[49]

Dopo la morte di Iosif Stalin, in mancanza di un successore condiviso da tutto il partito si assistete in Unione Sovietica ad una lotta per il potere. Alla fine prevalse Nikita Chruščëv grazie alla deposizione e l'esecuzione di Lavrentij Berija e l'allontanamento dei rivali Georgy Malenkov e Vjačeslav Molotov. Il 25 febbraio 1956, Chruščëv scioccò i delegati al XX Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica elencando e denunciando i crimini di Stalin e avviando una campagna di destalinizzazione che portò anche ad un allentamento del controllo del partito sulla società.[61][62][63]

Il 18 novembre 1956, rivolgendosi agli ambasciatori occidentali durante un ricevimento all'ambasciata polacca a Mosca, Chruščëv pronunciò la celebre affermazione «che vi piaccia o meno, la storia è dalla nostra parte. Vi seppelliremo» impressionando i presenti. In seguito affermò di non essersi riferito ad guerra nucleare, ma piuttosto alla vittoria, storicamente determinata, del comunismo sul capitalismo. Nel 1961, Chruščëv dichiarò che sebbene in quel momento l'Unione Sovietica fosse in ritardo rispetto all'Occidente, entro un decennio la carenza di alloggi sarebbe stata colmata, i beni di consumo divenuti abbondanti e nel giro di due decenni la «costruzione di una società comunista» sarebbe stata completata per la maggior parte.[64][65][66]

Eisenhower riceve notizie dal capo della Commissione per l'energia atomica degli Stati Uniti d'America Lewis Strauss riguardo ai test per la bomba a idrogeno (operazione Castle) nel 1954

Il segretario di stato di Eisenhower, John Foster Dulles, presentò un "New look" per la strategia di contenimento, chiedendo una maggiore fiducia nelle armi nucleari contro i nemici degli Stati Uniti in tempo di guerra.[67] Dulles enunciò anche la dottrina della "rappresaglia massiccia", minacciando una severa risposta da parte degli Stati Uniti a qualsiasi aggressione sovietica. Possedere una superiorità nucleare permise, ad esempio, a Eisenhower di neutralizzare un possibile intervento sovietico in Medio Oriente durante la crisi di Suez del 1956.[49] I piani statunitensi della fine degli anni 1950 per una eventuale guerra nucleare prevedevano la "distruzione sistematica" dei 1200 maggiori centri urbani appartenenti al blocco orientale e alla Cina, tra cui Mosca, Berlino Est e Pechino, con le loro popolazioni civili annoverate tra gli obiettivi primari.[68]

Patto di Varsavia e rivoluzione ungherese

Lo stesso argomento in dettaglio: Patto di Varsavia e Rivoluzione ungherese del 1956.
Forze militari NATO e del Patto di Varsavia in Europa nel 1959

Il 14 maggio 1955, in risposta all'entrata della Germania Ovest nella NATO avvenuta pochi giorni prima, l'Unione Sovietica, l'Albania, la Bulgaria, l'Ungheria, la Germania Est, la Polonia, la Romania e la Cecoslovacchia firmarono a Varsavia il "Trattato di amicizia, cooperazione e assistenza reciproca", noto in seguito come Patto di Varsavia che prevedeva (similmente al Patto Atlantico) la mutua difesa nel caso di un attacco contro uno Stato membro.[69]

La destalinizzazione portò molti stati satellite dell'Unione Sovietica a ritenere un possibile alleggerimento del controllo da parte di Mosca. Così, in Polonia poté tornare al potere Władysław Gomułka che adottò un programma di riforme di "cauto liberalismo" senza però rompere con la leadership sovietica. Diversamente andarono le cose in Ungheria dove, incoraggiati dall'esperienza polacca, 15000 manifestanti, soprattutto operai, dettero vita nel 1956 ad una rivoluzione scontrandosi con l'Armata Rossa e le forze di sicurezza. Richiamato Imre Nagy a guidare il paese, egli si dichiarò favorevole all'introduzione di un sistema multipartitico, ritirò l'Ungheria dal Patto di Varsavia e chiese al mondo di intervenire in soccorso della loro neutralità. Chruščëv rispose inviando i carri armati e il 4 novembre Budapest venne riconquistata dall'Armata Rossa e stroncata la rivolta mentre Nagy venne giustiziato, insieme ad altri ribelli, in seguito a processi segreti.[70][71]

Un carro armato sovietico distrutto a Budapest durante la rivoluzione ungherese del 1956

Gli eventi accaduti in Ungheria portarono a una frattura ideologica all'interno dei partiti comunisti di tutto il mondo, in particolare nell'Europa occidentale, suscitando un forte calo dell'adesione, dato che molti paesi occidentali e comunisti si sentirono disillusi riguardo alla brutale risposta sovietica. I partiti comunisti in Occidente non si ripresero mai da ciò, alcuni di loro riconobbero subito questa spaccatura, come il politico jugoslavo Milovan Đilas che poco dopo lo schiacciamento della rivoluzione disse che «la ferita che la rivoluzione ungherese ha inflitto al comunismo non potrà mai essere completamente guarita».[72][71]

Competizione nel terzo mondo

Crisi sino-sovietica

Lo stesso argomento in dettaglio: Crisi sino-sovietica.
La mappa mostra le relazioni tra gli stati comunisti dopo la crisi sino-sovietica:

     Unione sovietica e stati comunisti alleati

     Cina e paesi comunisti alleati

     Stati comunisti neutrali (Corea del Nord e Jugoslavia)

     Stati non comunisti

I rapporti tra Unione Sovietica e Cina non furono mai semplici, con la prima preoccupata di perdere il ruolo di guida del comunismo mondiale mentre la seconda guadagnava sempre più influenza sui paesi del sud est asiatico che si stavano un po' alla volta liberando dal colonialismo. Ma fu a partire dal 1956 che ebbe inizio una vera e propria crisi sino-sovietica. Il leader cinese Mao Zedong prese le difese di Stalin quando Chruščëv lo aveva attaccato dopo la sua morte e trattò il nuovo Primo Segretario del PCUS come un carrierista superficiale, accusandolo di aver perso il suo spirito rivoluzionario per le flebili aperture conseguenti alle destalinizzazioni.[73] Da parte sua, Chruščëv, negò ai cinesi di condividere con loro le informazioni necessarie per dotarsi un un arsenale atomico giudicandoli come degli «avventurieri».[74]

L'apice della crisi giunse alla fine degli anni 1950 quando Mao mise in atto il cosiddetto "Grande balzo in avanti", un vasto piano economico e sociale con cui ambiva a modernizzare il paese nel settore agricolo e industriale. Chruščëv criticò molto tale iniziativa, giudicandola «non marxista» e troppo radicale. In effetti il piano nella pratica sei rivelò disastroso portando la repubblica popolare cinese ad affrontare una grave carestia che, si stima, causò 30 milioni di morti. Chruščëv, comunque, compì diversi tentativi per ricostituire il rapporto con i cinesi, ma Mao non la considerò mai una priorità e di conseguenza negò ogni possibilità. I due stati comunisti arrivarono addirittura a brevi scontri armati per rivendicazioni sui propri confini.[73][75]

Ultimatum di Berlino

Alla fine degli anni 1950 ritornò di primo piano anche la questione di Berlino, il cui status ancora non era stato ben definito. Da tempo l'Unione Sovietica chiedeva per la Germania la fine dell'occupazione e la creazione di un paese unito e neutrale similmente a quanto era stato fatto con l'Austria nel 1955. I sovietici erano in particolare preoccupati dalla fuga degli abitanti della Germania est, quasi due milioni tra il 1949 e il 1959, verso Berlino ovest e da qui verso l'occidente attratti dalle migliori condizioni di vita offerte dai paesi non comunisti.[76]

Nel novembre del 1958, Chruščëv lanciò agli Stati Uniti, alla Gran Bretagna e alla Francia un ultimatum di sei mesi affinché ritirassero le loro truppe dai settori che occupavano ancora a Berlino Ovest, o avrebbe trasferito il controllo dei diritti di accesso occidentali alle autorità della Germania dell'est, autorità che le potenze occidentali non riconoscevano. Chruščëv giustificò tale iniziativa asserendo che Berlino fosse "un trampolino di lancio per intensive azioni di spionaggio, sabotaggio e altre attività sovversive. Eisenhower fu risoluto nel non cedere poiché riteneva "un obbligo solenne difendere i cittadini di Berlino Ovest" ma non era nemmeno sua intenzione scatenare una guerra dai probabili esiti catastrofici, così non lo erano i sovietici che proposero il ritiro dell'ultimatum in cambio di un vertice tra le potenze sulla questione tedesca.[77][78]

I primi colloqui tra i ministeri degli esteri si tennero a Ginevra, seguiti da una visita di quasi due settimane di Chruščëv negli Stati Uniti. Infine, venne organizzato per il maggio 1960 il richiesto vertice a Parigi. Tuttavia, il summitt si rivelò fallimentare a causa della crisi degli U-2 durante la quale venne dimostrato che Eisenhower avesse mentito circa l'intrusione di aerei spia statunitensi nel territorio sovietico. Chruščëv abbandonò i negoziati e la questione di Berlino rimase in sospeso.[79]

Gap missilistico e corsa allo spazio

Lo stesso argomento in dettaglio: Corsa allo spazio.
Lancio di un missile Minuteman II

Dal 1957 al 1961, Chruščëv, apertamente e ripetutamente, minacciò l'Occidente con l'annientamento nucleare. Egli, infatti, sosteneva che le capacità missilistiche sovietiche fossero di gran lunga superiori a quelle statunitensi e in grado di spazzare via qualsiasi città americana o europea. Tuttavia, Chruščëv respinse la convinzione di Stalin riguardo all'inevitabilità della guerra e dichiarò che il suo nuovo obiettivo fosse quello di stabilire una «pacifica convivenza».[80]

Gli Stati Uniti ebbero conferma del loro ritardo nelle armi a lungo raggio quando nel nell'agosto nel 1957 i sovietici testarono con successo il primo missile balistico intercontinentale (ICBM) al mondo e in ottobre lanciarono il primo satellite artificiale, lo Sputnik 1. Strategicamente ciò ebbe un significato molto importante per la capacità degli ICBM di trasportare testate nucleari su grandi distanze, in breve tempo e senza le vulnerabilità dei tradizionali bombardieri.[81][82] Sebbene Chruščëv avesse vantato la disponibilità nei suoi arsenali di ben 250 missili armati con armi termonucleari, in realtà successivamente venne appurato che poteva contare alla fine degli anni 1950 di sole 4 testate trasportabili su inefficienti missili R-7.[83][84] Tuttavia, non conoscendo le reali potenzialità dei sovietici, gli Stati Uniti dettero avvio ad un sostanzioso programma per recuperare il "gap missilistico". In pochi anni gli statunitensi misero in campo un dispiegamento di armi nucleari basata su missili SM-65 Atlas e PGM-19 Jupiter, affiancati dai più più moderni LGM-30 Minuteman, dagli UGM-27 Polaris lanciabili dai sottomarini nucleari e dagli ordigni trasportati dai bombardieri B-52 in forza allo Strategic Air Command.[85] Il gap con l'unione sovietica fu così colmato anche se fu chiaro a tutti in contendenti che l'utilizzo in un conflitto di armi atomiche avrebbe molto probabilmente comportato la fine della civiltà umana.[86] Per allontanare il più possibile tale eventualità, l'amministrazione del neoeletto presidente John Fitzgerald Kennedy, che aveva fatto del gap missilistico uno dei principali temi di scontro nella campagna elettorale contro Eisenewher, elaborò la strategia della "risposta flessibile".[87][88]

Il comandante dell'Apollo 11 Neil Armstrong sulla superficie lunare il 21 luglio 1969

Il lancio dello Sputnik ebbe anche come effetto l'inizio della corsa allo spazio in cui le due superpotenze si sfidarono nella rincorsa a sempre maggiori successi spaziali nel lancio di missili, satelliti, nella conquista della Luna e di pianeti del sistema solare. Dopo gli iniziali successi sovietici, furono loro a mandare il primo uomo nello spazio nel 1961, la prima donna (1963) e ad effettuare la prima passeggiata spaziale (1965), gli statunitensi riuscirono a colmare il distacco grazie al programma Gemini e Apollo, cogliendo probabilmente il loro maggior successo il 21 luglio 1969 quando la missione Apollo 11 portò il primo uomo a camminare sulla Luna

Rivoluzione cubana e l'invasione della Baia dei Porci

Lo stesso argomento in dettaglio: Rivoluzione cubana e Invasione della Baia dei porci.
Che Guevara (a sinistra) e Fidel Castro (a destra) nel 1961

Sull'isola di Cuba, il "Movimento del 26 luglio" conquistò il potere nel gennaio 1959, facendo cadere il presidente Fulgencio Batista, il cui impopolare regime non aveva ricevuto aiuti dall'amministrazione Eisenhower. Dopo l'esautorazione di Batista le relazioni diplomatiche tra Cuba e gli Stati Uniti continuarono per qualche tempo ma poi si ruppero definitivamente quando il giovane leader rivoluzionario cubano Fidel Castro decise di avvicinarsi al comunismo nazionalizzando le banche e stringendo accordi commerciali con l'Unione Sovietica comprendenti anche forniture militari.[89]

Nell'aprile del 1961, l'amministrazione del neoeletto presidente statunitense John Kennedy organizzò per mezzo della CIA un tentativo di invasione dell'isola cubana nella Baia dei Porci da parte di esuli. L'iniziativa si rivelò un fallimento che umiliò pubblicamente gli Stati Uniti. Castro rispose abbracciando pubblicamente il marxismo-leninismo e l'Unione Sovietica si impegnò a fornire un ulteriore sostegno.[90]

Crisi di Berlino del 1961

Lo stesso argomento in dettaglio: Crisi di Berlino del 1961 e Muro di Berlino.
Carri armati sovietici e statunitensi si fronteggiano al Checkpoint Charlie, durante la crisi di Berlino del 1961

Agli inizi del 1961 la situazione nella DDR era diventata sempre più precaria: il principale dirigente tedesco orientale Walter Ulbricht richiedeva con urgenza misure decisive per consolidarla e fermare la continua perdita di cittadini che abbandonavano il paese soprattutto attraverso Berlino Ovest; nei primi sei mesi del 1961 oltre 100000 tedeschi orientali fuggirono in occidente. Nel giugno dello stesso anno, l'Unione Sovietica emise un nuovo ultimatum che chiedeva il ritiro delle forze alleate da Berlino Ovest. Il 3 e 4 giugno Kennedy e Chruščёv tennero a Vienna un drammatico e burrascoso incontro al termine del quale il presidente statunitense affermò che non avrebbe mai permesso che gli occidentali fossero estromessi dal settore che occupavano.[91][92]

In risposta, durante la notte del 13 agosto la Germania dell'Est fece erigere una barriera di filo spinato, presidiata da militari e forze di sicurezza lungo tutto il confine con Berlino Ovest, che successivamente venne estesa con la realizzazione del Muro di Berlino, chiudendo efficacemente la via di fuga. Verso la fine di ottobre il confronto assunse toni ancora più drammatici quando carri armati sovietici e statunitensi si trovarono a fronteggiarsi a poche decine di metri di distanza presso il Checkpoint Charlie dopo alcuni screzi riguardanti il diniego del passaggio di funzionari occidentali nel settore orientale. Dopo alcuni giorni di altissima tensione i carri si ritirarono simultaneamente in quanto nessuno dei massimi dirigenti delle due parti, né il presidente Kennedy, né il segretario generale sovietico né i capi britannici, erano disposti a rischiare una guerra generale per salvaguardare le formalità burocratiche sull'accesso nelle zone di Berlino. La crisi di Berlino del 1961 innescata dalla costruzione del Muro si risolse così, sancendo in pratica il riconoscimento reciproco della situazione di fatto.[93][94]

La crisi dei missili cubani e la cacciata di Chruščëv

Lo stesso argomento in dettaglio: Crisi dei missili di Cuba.
Fotografia aerea di un sito missilistico sovietico a Cuba, scattata da un aereo spia statunitense, il 1º novembre 1962

Kennedy e la sua amministrazione continuarono a cercare modi per rovesciare il governo cubano ed estromettere Castro attraverso un programma segreto chiamato Operazione Mongoose. Chruščëv, venuto a conoscenza nel 1962 dei piani statunitensi relativi a Cuba prese la decisione di installare dei missili nucleari sovietici nell'isola. Quando un volo spia statunitense scoprì le installazioni missilistiche a Kennedy vennero proposte diverse possibilità per far fronte alla crisi considerata la più grave di tutta la guerra fredda. Dopo aver vagliato un possibile attacco preventivo contro le basi missilistiche e un'invasione di Cuba, Kennedy scelse di ordinare un blocco navale nei riguardi dell'isola. Dopo alcuni in cui il mondo fu vicino alla guerra nucleare che mai, Chruščëv decise di evitare la possibilità di uno scontro e di rimuovere i missili dispiegati, in cambio dell'impegno statunitense a non invadere l'isola caraibica e del ritiro dei propri missili Jupiter collocati in Turchia e Italia.[95][96]

Le conseguenze della crisi rallentarono la corsa agli armamenti nucleari favorendo, all'opposto, un disarmo nucleare e il miglioramento delle relazioni tra le due superpotenze. Una "linea rossa" di telescriventi venne approntata per tenere contatti immediati e sicuri tra Washington e Mosca al fine di scongiurare incomprensioni tra le due superpotenze.[97]

Nel 1964, Chruščëv venne destituito dalla sua carica. Accusato di sgarbatezza e incompetenza; fu anche ritenuto responsabile di aver rovinato l'agricoltura sovietica e di aver portato il mondo sull'orlo della guerra nucleare. Chruščëv era diventato un imbarazzo internazionale quando autorizzò la costruzione del Muro di Berlino, un'umiliazione pubblica per il marxismo-leninismo.[98]

Confronto attraverso la distensione (1962-1980)

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra fredda (1962-1991).
Consistenza delle truppe NATO e del Patto di Varsavia in Europa nel 1973

Nel corso degli anni 1960 e 1970, i partecipanti alla guerra fredda dovettero faticare per adattarsi a un nuovo e più complicato modello di relazioni internazionali in cui il mondo non era più diviso in due blocchi chiaramente opposti. Infatti, l'Europa occidentale e il Giappone si ripresero rapidamente dalle distruzioni della seconda guerra mondiale arrivando a una crescita economica caratterizzata da un PIL pro capite che si avvicinava a quello degli Stati Uniti, mentre le economie del blocco orientale ristagnavano. Questi furono anche gli anni che segnarono la nuova politica della "distensione" tra i due blocchi. Un tale approccio era già stato ritenuto possibile da Chruščëv quando alla fine degli anni 1950 aveva parlato di «coesistenza pacifica» tra le due potenze per poi iniziare ad essere applicato all'indomani della crisi dei missili di Cuba quando venne raggiunto un accordo per la messa al band degli esperimenti nucleari nell'atmosfera. Ulteriori passi avanti vennero intrapresi grazie all'incontro nel 1967 tra il successore di Kennedy, Lyndon B. Johnson, e il premier dell'Unione Sovietica Aleksej Nikolaevič Kosygin. Tuttavia diversi furono gli ostacoli che si frapposero al processo di distensione, primi fra tutti la campagna militare statunitense nel Vietnam e l'intervento sovietico in Cecoslovacchia. [99]

Guerra del Vietnam

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra del Vietnam.
Soldati statunitensi in combattimento nel Vietnam

A seguito della sconfitta nella guerra d'Indocina, nel 1954 la Francia fu costretta ad abbandonare il Vietnam e il paese venne diviso in due: il Vietnam del Nord comunista e il Vietnam del Sud alleato degli Stati Uniti. Contestualmente entrò in attività il Fronte di Liberazione Nazionale (conosciuto in occidente come Viet Cong), un gruppo armato di resistenza contro il regime filo-statunitense Sud. Preoccupato del possibile dilagare del comunismo in tutta la penisola già dal 1962 il presidente Kennedy mandò alcuni consiglieri militari sul posto. Ma fu sotto la presidenza Johnson, e in seguito all'incidente del golfo del Tonchino, che si ebbe una tale escalation da portare ad una guerra aperta con il diretto impegno di truppe statunitensi che arrivarono a contare fino a circa mezzo milione di uomini dispiegati.[100][101]

Nonostante le ingenti forze dispiegate da statunitensi e esercito del Sud, agli intensi bombardamenti e alle gravi perdite subite, la resistenza vietnamita non venne mai piegata. Diversi furono i fattori che contribuirono all'insuccesso americano: certamente gli aiuti da parte di Cina e Unione Sovietica furono determinanti per l'esercito del Nord, ma anche il sostegno da parte della massa di contadini, il sentimento nazionalisti e l'incapacità statunitense di stabilire una chiara strategia e di fronteggiare la guerriglia giocarono un ruolo fondamentale.[102][103]

Protesta di studenti americani contro la guerra

Gli insuccessi sul campo, le gravi perdite tra le proprie fila e i massacri di cui l'esercito statunitense si macchiò scatenarono in patria, dove giungevano in televisione le immagini della tragedia, fortissime critiche verso l'intervento militare. Un vasto movimento pacifista si mobilitò contro la "sporca" guerra con grandi manifestazioni L'Offensiva del Têt del 1968 compiuta dai nord-vietnamiti smentì le previsioni dei vertici militari statunitensi circa la possibilità di un'imminente vittoria nel conflitto. Gli eventi costrinsero il presidente Johonson ad interrompere i bombardamenti e a dichiarare che non si sarebbe più ricandidato con la presidenza. Il suo successore, Richard Nixon, iniziò una "vietnamizzazione" del conflitto con un progressivo disimpegno statunitense.[104][105][106]

Nel 1973 si raggiunsero degli accordi di pace a Parigi ma il conflitto proseguì per altri due anni quando Saigon cadde costringendo gli statunitensi ad una ingloriosa fuga dalla loro ambasciata. Negli stessi giorni, in Cambogia i Khmer rossi avevano scalzato il governo filo-occidentale e anche il Laos era caduto. Tutta l'Indocina era divenuta comunista.[107][108] Gli oltre dieci anni di guerra costarono agli Stati Uniti oltre 50000 morti e un vero e proprio shock. La sua economia, la struttura militare e la sua immagine di potenza democratica ne uscirono profondamente compromesse.[109][110]

Invasione della Cecoslovacchia

L'invasione della Cecoslovacchia del 1968 fu una delle più grandi operazioni militari avvenute sul suolo europeo dalla seconda guerra mondiale

Nel 1968, in Cecoslovacchia il segretario del locale partito comunista, Alexander Dubček, inaugurò un periodo, noto come Primavera di Praga, di liberalizzazioni che comprendeva un aumento delle libertà personali, l'adozione di un sistema multipartitico, la limitazione al potere della polizia segreta e un'economia basata anche sui beni di consumo. In proposito di parlò di "socialismo dal volto umano".[111]

In risposta, il 20 agosto 1968, l'esercito sovietico, insieme alla maggior parte dei loro alleati del Patto di Varsavia, invase la Cecoslovacchia. Inizialmente la reazione dei cecoslovacchi fu efficace, grazie a scioperi e resistenza passiva, ma successivamente i sovietici riuscirono a emarginare i dissidenti e a sostituire la dirigenza locale con una maggiormente affine a Mosca: Dubček fu sostituito con Gustáv Husák che iniziò un periodo di "normalizzazione che «tolse ogni residuo di libertà».[112] tale evento seguì un'ondata di emigrazione che coinvolse alla fine circa 300 000 cechi e slovacchi che dovettero abbandonare il paese. L'invasione scatenò intense proteste da parte della Jugoslavia, della Romania, della Cina e dei partiti comunisti dell'Europa occidentale.[113]

Dottrina Brežnev

Lo stesso argomento in dettaglio: Dottrina Brežnev.
Leonid Il'ič Brežnev

Nel settembre 1968, durante un discorso al quinto congresso del Partito Operaio Unificato Polacco, un mese dopo l'invasione della Cecoslovacchia, il segretario generale del PCUS Leonid Il'ič Brežnev (succeduto a Chruščëv nel 1964) anticipò la cosiddetta dottrina Brežnev, nella quale rivendicava il diritto di violare la sovranità di qualsiasi paese che tentasse di sostituire il marxismo-leninismo con il capitalismo. Durante il discorso, Brežnev dichiarò:[114]

«Quando le forze ostili al socialismo cercano di trasformare lo sviluppo di qualche paese socialista verso il capitalismo, diventa non solo un problema del paese interessato, ma un problema e una preoccupazione comuni a tutti i paesi socialisti.»

La dottrina trovò le sue origini nei fallimenti del marxismo-leninismo in stati come la Polonia, l'Ungheria e la Germania dell'Est, che stavano affrontando un declino del tenore di vita in contrasto con la prosperità della Germania occidentale e del resto dell'Europa occidentale.[115]

Escalation nel terzo mondo

Il riavvicinamento sino-americano

Lo stesso argomento in dettaglio: Visita di Nixon in Cina del 1972.
Mao Zedong e Richard Nixon, durante la visita di quest'ultimo in Cina

All'inizio degli anni 1970, complice anche la crisi sino-sovietica, si assistente ad un avvicinamento tra Stati Uniti e Cina. Da una parte il presidente statunitense Richard Nixon voleva sfruttare il contesto per spostare gli equilibri di potere verso l'Occidente, dall'altra i cinesi cercavano di migliorare i rapporti con gli americani al fine di ottenere vantaggi anche sui sovietici e di aprire i commerci con l'Occidente e con il Giappone. Grande sorpresa destò la decisione cinese di invitare pubblicamente la squadra statunitese di tennistavolo di visitare il paese nel 1971 inaugurando la "diplomazia del ping pong".[116][117]

Successivamente il segretario di Stato Henry Kissinger visitò segretamente la Cina per preparare il riavvicinamento delle due potenze perseguendo la sua idea di "diplomazia triangolare". Nel febbraio del 1972, Nixon annunciò una storica visita in Cina nella quale, a Pechino, incontrò Mao Zedong e Zhou Enlai. Il presidente statunitense definì i sette giorni che passò nel paese asiatico come «la settimana che cambiò il mondo».[118][117][119]

Nixon, Brežnev e distensione

Lo stesso argomento in dettaglio: Accordi SALT e Accordi di Helsinki.
Leonid Il'ič Brežnev e Richard Nixon a Washington nel 1973; l'incontro fu un evento di spicco nella distensione tra Unione Sovietica e Stati Uniti

Dopo la sua visita in Cina, Nixon incontrò i leader sovietici, tra cui Brežnev a Mosca nel 1972. Questi colloqui portarono a due importanti trattati sul controllo degli armamenti: SALT I, il primo patto di limitazione globale firmato dalle due superpotenze, e il Trattato anti missili balistici che vietava lo sviluppo di sistemi progettati per intercettare i missili in arrivo. Nixon e Brežnev proclamarono una nuova era di "coesistenza pacifica" e stabilirono la nuova e rivoluzionaria politica di distensione (o cooperazione) tra le due superpotenze. Nel frattempo, Brežnev tentò di migliorare l'economia sovietica, che si trovava in una situazione di declino, in parte a causa delle pesanti spese militari. Tra il 1972 e il 1974, le due parti concordarono anche di rafforzare i loro legami economici. Come risultato dei loro incontri, la distensione avrebbe sostituito l'ostilità della guerra fredda e i due paesi avrebbero vissuto reciprocamente in pace.[49][120][121]

Contestualmente di cercò di estendere i risultati della distensione anche nello scenario europeo. In tal senso, importanti sviluppi coincisero sviluppi coincisero con l'"Ostpolitik" del cancelliere della Germania dell'Ovest Willy Brandt che mirava alla normalizzazione dei rapporti con i paesi del blocco orientale.[113] Una serie di colloqui tenutisi a Vienna tra il 1973 e il 1975 e noti come "Mutual and Balanced Force Reductions" tentarono senza particolare successo di trovare un accordo tra NATO e Patto di Varsavia per la riduzione delle forze militari convenzionali di stanza in Europa. Altri accordi vennero conclusi per stabilizzare la situazione, culminando negli accordi di Helsinki firmati alla Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa del 1975 con cui si riconosceva, tra l'altro, la situazione di fatto dei confini e l'esclusione della loro modifica mediante l'uso della forza, riducendo così di molto le tensioni.[122][123][124]

L'astronauta statunitense Thomas Stafford stringe la mano al cosmonauta sovietico Aleksei Leonov durante la missione congiunta Apollo-Sojuz

Un altro segno della distensione venne dallo spazio, dove da anni le due potenze facevano a gara per privilegiare: il 17 luglio 1975 una navicella spaziale statunitense e una sovietica si agganciarono nell'orbita intorno alla Terra consentendo ai due equipaggi di potersi trasferire da una navicella spaziale verso l'altra.

Nonostante il successo della politica di distensione, le rivalità ideologiche tra le due potenze continuarono a persistere con Brežnev che non perdeva occasione per dichiarare l'irreversibilità della vittoria del comunismo e con il continuo sospetto da parte statunitense. Anche gli accordi SALT-1 non misero fine allo sviluppo di nuovi armamenti soprattutto sul piano qualitativo, poiché la crescita quantitativa era preclusa. In particolare vennero sviluppati i sistemi MIRV in grado di permettere ad un solo missile balistico di trasportare più testate nucleari al fine di colpire molteplici bersagli simultaneamente. Sebbene gli accordi SALT I prevedessero un maggior numero di missili in capo agli arsenali sovietici, gli Stati Uniti apparivano strategicamente più avvantaggiati grazie ad una tecnologia migliore e ad una maggior forza di proiezione.[125]

Trattative per un nuovo accordo sulla limitazioni alle armi nucleari venne congelata dallo scandalo Watergate che costò la presidenza a Nixon. I colloqui, tuttavia, proseguirono con il successore Gerald Ford che continuò ad avvalersi dell'attività diplomatica di Kissinger. La bozza del nuovo trattato venne fortemente criticata negli Stati Uniti in quanto avrebbe posto in una posizione privilegiata le forze sovietica che disponevano di razzi in grado di trasportare fino a 10 testate indipendenti contro le 3 della controparte; il dibattito che ne seguì spinse lo stesso Ford ad aspettare le imminenti elezioni presidenziali del 1976 per sottoporre il trattato alla ratifica.[126]

Deterioramento delle relazioni alla fine degli anni settanta

Leonid Il'ič Brežnev e Jimmy Carter firmano il trattato SALT II

Le trattative per un nuovo accordo sulle armi nucleari vennero riprese dal nuovo presidente statunitense Jimmy Carter. Tuttavia, volendo distaccarsi dalla bozza di Ford che aveva pesantemente criticato in campagna elettorale, Carter suscitò la disapprovazione dei sovietici rallentando l'iter diplomatico. Nel frattempo le due potenze continuarono a modernizzare le proprie armi nucleari e in particolare l'URSS mise a punto il sistema mobile RSD-10 in grado di colpire a lunga distanza, con grande precisione, trasportando multiple testate atomiche indipendenti. Carter inoltre accusò i sovietici di non rispettare i diritti umani richiamandoli ad ottemperare agili accordi di Helsinki; Mosca rispose diffidando il governo statunitense nell'intromettersi nella loro politica interna.[127]

La situazione divenne sempre più difficile anche per le tensioni dovute alla Rivoluzione sandinista in Nicaragua e alla vittoria dei rivoluzionari in Iran che avevano messo fine alla Dinastia Pahlavi filo-statunitense. Nonostante, l'accordo SALT II venne firmato nel giugno del 1979 a Vienna.[128]

Ripresa della guerra fredda (1980-85)

Guerra sovietica in Afghanistan e dottrina Carter

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra in Afghanistan (1979-1989) e Dottrina Carter.
Un veicolo da combattimento della fanteria sovietico all'inizio della guerra in Afghanistan

L'oramai precario processo di distensione precipitò quando nel dicembre 1979 l'Unione Sovietica decise di intervenire in Afghanistan. Nell'aprile 1978, il Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan (PDPA) prese il potere in Afghanistan durante la Rivoluzione di Saur. In pochi mesi, gli oppositori del governo comunista lanciarono una rivolta nell'Afghanistan orientale che si espanse rapidamente in una guerra civile condotta dai guerriglieri mujaheddin contro le forze governative su scala nazionale. Gli insorti avevano ricevuto l'addestramento militare e armi nel vicino Pakistan ed in Cina, mentre l'Unione Sovietica inviò migliaia di consiglieri militari per sostenere il governo PDPA. Verso la metà del 1979, gli Stati Uniti avviarono un programma segreto per assistere i mujaheddin.

Nel settembre 1979, il presidente Nur Mohammad Taraki venne assassinato in un colpo di Stato avvenuto all'interno del PDPA e orchestrato da Hafizullah Amin, che assunse così la presidenza. Diffidato da Mosca, Amin fu assassinato dalle forze speciali sovietiche nel dicembre 1979. Un governo organizzato dai sovietici, guidato da Babrak Karmal, riempì il vuoto di potere. Truppe sovietiche furono schierate per stabilizzare il paese in quantità sempre più consistenti, di conseguenza i sovietici furono ora direttamente coinvolti nelle operazioni militari.

Carter rispose all'intervento sovietico ritirando il trattato SALT II dal Senato, imponendo embarghi sulle spedizioni di grano e sulla tecnologia verso l'Unione Sovietica e chiedendo un aumento significativo delle spese militari. Inoltre, annunciò che gli Stati Uniti avrebbero boicottato le Olimpiadi estive del 1980 a Mosca. Egli descrisse l'incursione dei sovietici come «la più grave minaccia alla pace dalla seconda guerra mondiale». Contestualmente Carter proclamò una linea politica, nota come "Dottrina Carter", secondo la quale gli Stati Uniti avrebbero utilizzato la propria forza militare se necessario per difendere gli interessi nazionali nel golfo Persico.[129][130]

Presidenza Reagan

Lo stesso argomento in dettaglio: Dottrina Reagan.
La mappa mondiale delle alleanze militari nel 1980

     Membri Nato

     Altri alleati degli USA e della Nato

     Membri del Patto di Varsavia

     Stati comunisti alleati del Patto di Varsavia

     Altri alleati dell'URSS

     Cina e Albania

     Nazioni non allineate

Nel 1980, Ronald Reagan sconfisse Jimmy Carter nelle elezioni presidenziali del 1980, promettendo di aumentare le spese militari e di affrontare i sovietici ovunque. In particolare, Reagan, rifiutava il processo di distensione e riteneva che gli Stati Uniti dovessero trattare con i sovietici in una posizione di superiorità.[131] Sia Reagan, sia il nuovo primo ministro britannico Margaret Thatcher accusarono l'Unione Sovietica e la sua ideologia; in una celebre dichiarazione il presidente statunitense etichettò l'URSS come un "impero del male" e predisse che il comunismo sarebbe finito nel «mucchio di cenere della storia.[132][133]

Il presidente Reagan rende pubblico il suo sostegno incontrando i leader dei mujaheddin afgani alla Casa Bianca nel 1983

All'inizio del 1985, la posizione anticomunista di Reagan si era sviluppata in una posizione nota come la nuova dottrina Reagan, che, oltre al containment, prevedeva un diritto aggiuntivo di sovvertire i governi comunisti esistenti. Oltre a continuare la politica di Carter a sostegno degli oppositori islamici dell'Unione Sovietica, la CIA cercò anche di indebolire l'URSS stessa promuovendo l'islamismo nei paesi a maggioranza islamica dell'Asia centrale. Inoltre, la CIA incoraggiò l'ISI pakistana anti-comunista ad addestrare i musulmani di tutto il mondo a partecipare allo jihād contro l'Unione Sovietica. Reagan manifestò apertamente l'intenzione di prendere le parti dei mujaheddin che in Afghanistan si scontravano contro l'esercito sovietico autorizzando la fornitura di materiale bellico attraverso la frontiera con il Pakistan e grazie ad un'operazione segreta della CIA. Interventi analoghi, sebbene di misura minore, vennero intrapresi in Angola, Etiopia e Cambogia. Tuttavia rifiutò sempre di mandare truppe statunitensi sul campo per non rischiare un altro Vietnam ad eccezione di quando ordinò nel 1983 l'invasione di Grenada.[134]

Movimento polacco di solidarietà e legge marziale

Lo stesso argomento in dettaglio: Solidarność e Legge marziale in Polonia.
Sciopero in Polonia nel 1980

Alcuni scioperi avvenuti presso il cantiere navale di Danzica e le industrie aeronautiche di Lublino portarono alla fondazione, nel settembre 1980, di un sindacato comunista autorizzato dal governo chiamato Solidarność e guidato da Lech Wałęsa. In breve, il sindacato si trasformò in un movimento che chiedeva la democrazia in Polonia. Papa Giovanni Paolo II prese le parti del movimento in un'ottica anticomunista benedicendo Wałęsa e recandosi più volte nella sua nativa Polonia stimolando una risurrezione religiosa e nazionalista.[135]

I leader sovietici di Mosca iniziarono a muoversi per ottenere lo scioglimento di Solidarność seppur escludendo l'opzione militare se non prima di aver vagliato ogni altra possibilità. Si arrivò così all'imposizione della legge marziale che portò all'arresto di oltre 6000 attivisti del sindacato che venne alla fine sciolto.[135]

Riarmamento, economie e nuove tensioni

Il veicolo di lancio Delta 183 decolla trasportando il sensore sperimentale dello Strategic Defense Initiative

Per far fronte alla promessa di negoziare con l'Unione Sovietica in una posizione di superiorità, Reagan dette inizio ad un programma di riarmamento aumentando le spese per il settore militare del 43% tra il 1981 e 1984, tuttavia l'esborso in termini di percentuale di prodotto interno lordo rimase ben inferiore a quello degli anni 1950. Fu ripreso il programma del bombardiere B-1 Lancer precedentemente cancellato dall'amministrazione Carter, messo in produzione il missile ICBM LGM-118 Peacekeeper, installati missili da crociera statunitensi in Europa e sviluppato il sistema d'arma SLBM UGM-133A Trident II. Particolare enfasi venne dato all'annuncio riguardo alla sperimentazione del sistema, poi mai realizzato del tutto, denominato Strategic Defense Initiative (noto anche come "scudo spaziale") finalizzato a proteggere gli Stati Uniti da attacchi di missili balistici grazie ad armi poste in basi terrestri e nello spazio.[136]

Arsenale nucleare statunitense e sovietico (russo dal 1991) tra il 1945-2006

La nuova corsa agli armamenti statunitese mise in difficoltà l'Unione Sovietica. Questa aveva messo in piedi un esercito che richiedeva fino al 25% del prodotto nazionale lordo a scapito dei beni di consumo e degli investimenti nei settori civili.[137] La spesa sovietica per la corsa agli armamenti e per altri impegni relativi alla guerra fredda causò e aggravò molti problemi strutturali profondi nella società comportando almeno un decennio di stagnazione economica durante gli ultimi anni di Brežnev.[138] Le forze armate sovietiche divennero le più grandi al mondo in termini di numero e tipi di armi che possedevano, per il numero di truppe nelle loro file e per le dimensioni della loro base militare-industriale. Tuttavia, i vantaggi quantitativi detenuti dall'esercito sovietico nascondevano spesso aree in cui il blocco orientale era drammaticamente in ritardo rispetto all'Occidente. Inoltre, le esose spese del fallimentare impegno in Afghanistan contribuirono non poco ad aumentare il dissesto finanziario e militare.[139][140]

Parallelamente all'escalation negli armamenti si verificarono alcuni eventi che fecero salire la tensione tra le due superpotenze. Il 1º settembre 1983, l'Unione Sovietica abbatté il volo Korean Air Lines 007, un volo civile operato con un Boeing 747 con 269 persone a bordo, Questo avvenne quando il velivolo violò lo spazio aereo sovietico, appena oltre la costa occidentale dell'isola di Sachalin vicino all'Isola di Moneron. L'esercitazione Able Archer 83, condotta nel novembre 1983, una simulazione realistica, coordinata dalla NATO, che prevedeva l'ipotesi di una escalation globale che avrebbe portato alla guerra atomica, fu forse il momento più pericoloso della guerra fredda dai tempi della crisi missilistica cubana, poiché alcuni membri del Politburo temevano che fosse una cortina fumogena che mascherava la preparazione per un autentico primo colpo nucleare.[141][142]

Ultimi anni (1985-91)

Le riforme di Gorbačëv

Lo stesso argomento in dettaglio: Michail Gorbačëv, Perestrojka e Glasnost'.
Michail Gorbačëv e Ronald Reagan firmano il Trattato INF alla Casa Bianca, 8 dicembre 1987

Quando, nel 1985, Michail Gorbačëv divenne Segretario Generale del PCUS,[132] l'economia dell'Unione Sovietica si trovava in una fase stagnante complice anche il forte calo di introiti in valuta estera dovuto al vistoso calo dei prezzi del petrolio che si era avuto negli ultimi anni.[143] Questi problemi spinsero Gorbačëv a studiare misure adeguate per rivitalizzare la sua nazione.[143]

Complice un inizio inefficace, il Segretario arrivò alla conclusione che fossero necessari cambiamenti strutturali profondi e, dunque, nel giugno 1987, annunciò un'agenda di riforme economiche che prese il nome di perestrojka, o ristrutturazione.[144] La perestrojka attuò il rallentamento del sistema delle quote di produzione, permise la proprietà privata alle imprese e spianò la strada agli investimenti stranieri. Queste misure ebbero lo scopo di reindirizzare le risorse del paese dai costosi impegni militari relativi alla guerra fredda a zone più produttive nel settore civile.[144]

Nonostante lo scetticismo iniziale riscontrabile in Occidente, il nuovo leader sovietico si rivelò intenzionato a invertire il deterioramento della condizione economica dell'Unione Sovietica piuttosto che continuare con la corsa agli armamenti.[145] In parte anche per contrastare l'opposizione di partito alle sue riforme, Gorbačëv introdusse simultaneamente la glasnost', o apertura, con cui venne aumentata la libertà di stampa e la trasparenza delle istituzioni statali.[146] Con la glasnost' si intendeva ridurre la corruzione dei vertici del PCUS e moderare l'abuso di potere che caratterizzava il Comitato centrale.[147] La glasnost' permise anche un maggiore contatto tra i cittadini sovietici e il mondo occidentale, in particolare con gli Stati Uniti, contribuendo a un'accelerazione nella distensione tra i due paesi.[148]

Miglioramento nelle relazioni

L'inizio degli anni novanta ha portato un disgelo nei rapporti tra le superpotenze

In risposta alle concessioni militari e politiche del Cremlino, Reagan accettò di riprendere i colloqui relativi alle questioni economiche e il ridimensionamento della corsa agli armamenti.[149] Il primo summit si tenne nel novembre 1985 a Ginevra, in Svizzera.[149] A un certo punto i due capi di Stato, accompagnati solo da un interprete, concordarono in linea di principio di ridurre il proprio arsenale nucleare del 50%.[150] Un secondo summit si tenne nell'ottobre del 1986 a Reykjavík, in Islanda. I colloqui progredirono positivamente fino a quando l'attenzione non si spostò sulla proposta di eliminare lo Strategic Defense Initiative da parte di Gorbačëv a cui Reagan rispose con un netto rifiuto.[151] I negoziati quindi fallirono, ma il terzo vertice tenutosi nel 1987 portò a una svolta con la firma del Trattato INF che eliminò tutti i missili balistici e da crociera lanciati da terra con armi nucleari con gittate tra i 500 e i 5 500 chilometri e le loro relative infrastrutture.[152]

Il discorso "Tear down this wall!" di Reagan che tenne davanti alla Porta di Brandeburgo, il 12 giugno 1987

Le tensioni tra Est e Ovest si placarono rapidamente tra la metà e la fine degli anni 1980. Culmine della pacificazione fu il vertice finale tenutosi a Mosca del 1989, quando Gorbačëv e George H. W. Bush firmarono il trattato di controllo degli armamenti START I.[153] Nel corso dell'anno successivo divenne chiaro ai sovietici che i sussidi per il petrolio e il gas, insieme al costo per il mantenimento di ingenti truppe, rappresentavano un sostanziale dissanguamento economico.[154] Inoltre, il vantaggio in termini di sicurezza di una zona cuscinetto venne riconosciuto come irrilevante e così i rappresentanti dell'Unione Sovietica dichiararono ufficialmente che non sarebbero più intervenuti negli affari interni degli stati alleati dell'Europa centrale e orientale.[155]

Nel 1989, le forze sovietiche si ritirarono dall'Afghanistan[156] e l'anno successivo Gorbačëv acconsentì alla riunificazione tedesca.[154] Quando il muro di Berlino crollò, cominciò a prendere forma il concetto di "casa comune europea" di Gorbačëv.[157]

Il 3 dicembre 1989, Gorbačëv e il successore di Reagan, George H. W. Bush, in occasione del vertice di Malta dichiararono la fine della guerra fredda.[158] Un anno dopo, i due ex rivali furono alleati della guerra del Golfo contro l'Iraq (agosto 1990-febbraio 1991).[159]

L'Europa dell'Est si separa

Lo stesso argomento in dettaglio: Rivoluzioni del 1989.
Tedeschi sul muro di Berlino nei giorni successivi alla sua apertura

Nel 1989, il sistema di alleanze dell'Unione Sovietica era sull'orlo del collasso e, privato del sostegno militare, i leader comunisti degli Stati del Patto di Varsavia accusavano una perdita di potere.[156] Organizzazioni popolari, come il movimento polacco Solidarność, guadagnarono rapidamente un solido consenso tra la popolazione. Nel 1989, i governi comunisti di Polonia e Ungheria furono i primi a negoziare l'organizzazione di elezioni libere. In Cecoslovacchia e nella Germania dell'Est, le proteste di massa misero in difficoltà i dirigenti comunisti. Anche i regimi di Bulgaria e Romania si sgretolarono, in quest'ultimo caso a seguito di una violenta insurrezione. Gli assetti cambiarono tanto che il Segretario di Stato americano James Baker affermò che il governo statunitense non si sarebbe opposto all'intervento sovietico in Romania, per conto dell'opposizione, per evitare spargimenti di sangue.[160]

Questi sconvolgimenti politici ebbero il loro culmine con la demolizione del muro di Berlino, evento accaduto nel novembre 1989 che simboleggiò il crollo dei governi comunisti europei e la fine della cortina di ferro. L'ondata rivoluzionaria del 1989 attraversò l'Europa centrale e orientale e rovesciò pacificamente tutti gli Stati comunisti che seguivano il modello sovietico: Germania dell'Est, Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia e Bulgaria;[161] La Romania fu l'unico paese del blocco orientale a rovesciare violentemente il suo regime comunista arrivando a condannare a morte il suo capo di Stato e leader politico.[162]

La catena umana in Lituania in occasione della Via Baltica, 23 agosto 1989

Nella stessa Unione Sovietica, la glasnost' contribuì a indebolire i legami che tenevano insieme l'Unione[155] tanto che nel marzo 1990, con la dissoluzione dell'URSS incombente, il Partito Comunista fu costretto a cedere il suo monopolio di più di 72 anni sul potere statale.[163] Allo stesso tempo, la libertà di stampa e di dissenso vennero permesse, la "questione delle nazionalità", sempre più radicata, portò le repubbliche componenti dell'Unione a dichiarare la propria autonomia da Mosca, con i tre Paesi Baltici che decisero di ritirarsi interamente dall'Unione.[164]

Dissoluzione sovietica

I leader delle repubbliche di Russia, Ucraina e Bielorussia firmano l'accordo di Belaveža, che dissolve l'URSS e istituisce la Comunità degli Stati Indipendenti (1991).

L'atteggiamento permissivo di Gorbačëv verso l'Europa centrale e orientale non si estese inizialmente al territorio sovietico; persino Bush, che si sforzò di mantenere relazioni amichevoli, condannò le uccisioni del gennaio 1991 avvenute in Lettonia e Lituania, avvertendo (in forma privata) che le relazioni economiche sarebbero state congelate se le violenze fossero continuate.[165] L'Unione Sovietica venne, infine, fatalmente indebolita da un fallito colpo di Stato e da un numero crescente di repubbliche sovietiche che minacciavano di ritirarsi dall'Unione. La "Comunità degli Stati Indipendenti", formalizzata il 21 dicembre 1991, viene vista come un'entità che succedeva all'Unione Sovietica ma, secondo i dirigenti russi, il suo scopo era quello di "consentire un divorzio civile" tra le repubbliche sovietiche ed è paragonabile a una dissoluzione di una confederazione.[166] L'Unione Sovietica fu ufficialmente dichiarata sciolta il 26 dicembre 1991.[167]

Dopo la fine della guerra fredda

Il 28 giugno 1991 viene dichiarato sciolto il Comecon e il 1º luglio il Patto di Varsavia; questi due eventi sanciscono quantomeno simbolicamente la fine dell'influenza della Russia sovietica nell'Europa orientale e quindi la fine della guerra fredda comunemente intesa.

Nonostante la guerra fredda si sia conclusa con lo scioglimento dell'Unione Sovietica, non ha avuto fine, tuttavia, il rapporto di strisciante sfiducia fra il blocco occidentale e la Federazione Russa, che, pur in una situazione di integrazione economica sempre più marcata, ha registrato, durante gli anni 2000, alcuni episodi di vera e propria contrapposizione, in particolar modo tra USA e Russia.

La guerra in Iraq, portata avanti nel 2003 da USA, Regno Unito e altri alleati (fra cui l'Italia) è stata vivamente osteggiata dalla Federazione Russa.

Attorno agli anni 2006 e 2007 i rapporti tra USA e Russia sono diventati ancor più tesi per questioni riguardanti lo Scudo spaziale e il Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa.

La proposta statunitense di installare basi di difesa missilistica a terra in Polonia e Repubblica Ceca, nonché la prospettata creazione di basi militari in Romania e Bulgaria ha visto una forte opposizione russa, la quale denunciò i piani statunitensi come la violazione del Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa. La situazione è culminata il 26 aprile 2007, quando il presidente russo Vladimir Putin annunciò l'intenzione di porre una moratoria al Trattato fino a che tutti i paesi non lo avessero ratificato e avessero iniziato a implementarlo. Nel dicembre 2007 la Duma votò favorevolmente alla sospensione del trattato. Verso agosto 2007 la Russia per la prima volta dallo scioglimento dell'Unione Sovietica ripristinò su Europa, Pacifico e Atlantico voli strategici permanenti di aerei militari a lungo raggio.

Nell'agosto 2008, a causa della guerra nell'Ossezia del Sud, i rapporti tra la Russia e il mondo occidentale, in particolar modo gli Stati Uniti, diventarono ancora più tesi. Il 20 agosto 2008 la firma dell'accordo sullo scudo antimissile tra USA e Polonia[168] crea ancora più tensione internazionale. Il giorno successivo Mosca annuncia l'intenzione di voler interrompere ogni collaborazione con la NATO[169]. Malgrado gli eventi negativi, l'ascesa alla Casa Bianca del Presidente Barack Obama e l'avvento della sua nuova linea di politica estera ricominciò a rendere più amichevoli i contatti fra le due superpotenze.

Ma nel febbraio 2014 iniziò la crisi della Crimea, dove gli abitanti, in maggioranza di etnia russa, si opposero al nuovo governo ucraino che aveva chiesto di entrare nell'Unione Europea, chiedendo a sua volta l'indipendenza per poi potersi associare alla Federazione russa. Nei primi giorni di marzo la Russia inviò truppe regolari in aiuto dei filorussi, e pose il blocco al porto di Sebastopoli con la sua Marina. L'11 marzo la Crimea si proclamò indipendente come Repubblica autonoma di Crimea, e ciò venne confermato dal referendum del 16 marzo. Infine il 18 marzo essa venne annessa alla Russia, come distretto federale. Tuttavia l'Unione Europea e gli Stati Uniti dichiararono questa annessione illegittima, in quanto contraria alle leggi internazionali e alla sovranità ucraina.

Tale situazione conflittuale si è acuita in tempi recenti a causa della contrapposizione fra l'Ucraina e la Russia circa il destino dell'Oblast' di Donec'k che, con l'aiuto militare della Russia, si è reso parzialmente indipendente dall'autorità ucraina e avrebbe optato, tramite referendum, per l'unione con la Federazione russa. L'invasione russa dell'Ucraina del 2022 ha ulteriormente fatto precipitare i rapporti fra l'Occidente e la Russia.

Storiografia

Squadra speciale del KGB durante l'invasione sovietica in Afghanistan, 1982-1983 circa

Negli studi occidentali sulla guerra fredda vengono solitamente individuati tre distinti periodi. Per più di un decennio dopo la fine della seconda guerra mondiale, pochi storici americani videro qualche ragione per sfidare l'interpretazione ufficiale statunitense sull'inizio della guerra fredda: ovvero che il deterioramento fosse il risultato diretto della violazione, da parte di Stalin, degli accordi di Jalta, dell'imposizione di governi dominati dai sovietici su un'Europa Orientale riluttante e di un aggressivo espansionismo sovietico.

A ogni modo, storici successivi, in particolar modo William Appleman Williams nel suo La tragedia della diplomazia americana (1959) e Walter LaFeber in America, Russia and the Cold War, 1945-2006 (1966) (10ª ed. 2006), dettagliarono una preoccupazione preponderante: l'impegno statunitense a mantenere una "porta aperta" per il commercio americano nei mercati mondiali. Alcuni storici hanno sostenuto che le provocazioni e le ambizioni imperiali statunitensi furono da condannare parimenti, se non maggiormente. Secondo Zbigniew Brzezinski[170], la guerra fredda sarebbe stata l'immediata e ininterrotta continuazione della seconda guerra mondiale con la Russia, unica superpotenza rimasta in campo nello scacchiere mondiale a poter contendere con gli Stati Uniti l'egemonia militare ed economica planetaria.

Negli ultimi anni della guerra fredda ci furono tentativi di forgiare una sintesi post-revisionista da parte degli storici. Dalla fine della guerra fredda, la scuola post-revisionista è quella dominante. Prominenti storici post-revisionisti includono John Lewis Gaddis e Robert Grogin. Essi, piuttosto che attribuire l'inizio della guerra fredda a una delle due superpotenze, si concentrano sulla mutua errata percezione, sulla mutua reattività e sulla responsabilità condivisa tra le superpotenze. Prendendo a prestito dalla scuola realista delle relazioni internazionali, i post-revisionisti essenzialmente accettano le politiche statunitensi in Europa, come l'aiuto alla Grecia nel 1947 e il Piano Marshall, sebbene non con pari enfasi accolgano gli analoghi interventi economici sovietici.

Contadini cinesi durante la Rivoluzione culturale, 1970

Secondo questa sintesi, le "attività comuniste" non furono la radice delle difficoltà dell'Europa Occidentale, ma piuttosto furono gli effetti deleteri della guerra sulle strutture economiche, politiche e sociali dell'Europa. In aggiunta, il Piano Marshall ricostruì un sistema economico occidentale funzionante, che contrastò il fascino elettorale della sinistra radicale. Per l'Europa l'aiuto economico pose fine alla carenza di denaro e stimolò l'investimento privato nella ricostruzione del dopoguerra. Per gli USA il piano li risparmiò da una crisi di sovrapproduzione e mantenne sostenuta la domanda per le esportazioni americane.

L'alleanza della NATO sarebbe servita per integrare l'Europa occidentale in un sistema di patti di mutua difesa, fornendo quindi una salvaguardia contro la sovversione o la neutralità all'interno del blocco. Rigettando l'assunto che il comunismo fosse un monolito internazionale con disegni aggressivi sul "mondo libero", la scuola post-revisionista ciononostante accetta le politiche statunitensi in Europa come una reazione necessaria per affrontare l'instabilità europea, la quale minacciava di alterare drasticamente l'equilibrio del potere in maniera favorevole all'URSS e di devastare il sistema politico ed economico occidentale.

Molti osservatori di varie fedi politiche pensano oggi che gli Stati Uniti agirono in modi che né la loro costituzione né il sentimento nazionale potrebbero supportare[171] (come combattere guerre non dichiarate senza l'esplicito supporto del Congresso). I capi degli Stati Uniti, sia politici sia militari, citano comunemente la minaccia percepita alla loro sicurezza come giustificazione per le loro azioni. In molte zone del mondo, la popolazione locale sentì di essere manipolata e abusata da entrambe le potenze. Gran parte dell'anti-americanismo di nazioni come l'Afghanistan viene attribuito ad azioni portate avanti dagli Stati Uniti stessi. Durante il conflitto con l'Unione Sovietica, gli USA sovvenzionarono e armarono i Mujaheddin, nella loro lotta per respingere l'occupazione sovietica, ma si tirarono fuori e li abbandonarono al loro destino una volta che l'URSS si era ritirata dalla regione.

Cronologia degli eventi principali

Lo stesso argomento in dettaglio: Cronologia della guerra fredda.

La guerra fredda e la cultura statunitense

Durante il maccartismo i servizi di sanità pubblica (vaccinazione, assistenza psicologica, fluorizzazione dell'acqua) vennero bollati come strumenti "comunisti" per il lavaggio del cervello

Assieme alla guerra del Vietnam, la guerra fredda ha segnato profondamente la cultura e l'immaginario collettivo degli Stati Uniti e oltre. Negli anni cinquanta, la popolazione civile in America venne costretta a esercitazioni contro i raid aerei e incoraggiata a costruirsi dei rifugi antiatomici personali. Questo atteggiamento di paura raggiunse i livelli più alti durante la crisi missilistica di Cuba, risolta in extremis da Kennedy (poi assassinato) e Chruščëv (successivamente sostituito e ritiratosi a vita privata) e col passare degli anni svanì; comunque, la consapevolezza della guerra e delle sue potenziali conseguenze fu una costante. Le indicazioni per i rifugi nei grossi edifici, le proteste sul posizionamento di missili nucleari a corto raggio in Germania, Cuba e Turchia, lo spesso citato orologio dell'apocalisse nucleare, le fotografie di cadaveri impigliati nel filo spinato del Muro di Berlino, così come film tipo A prova di errore, Wargames - Giochi di guerra, Alba rossa e The Day After - Il giorno dopo mantennero alta la consapevolezza.

La principale conseguenza diretta del particolare clima creatosi negli Stati Uniti con la guerra fredda, fu il maccartismo, una serie di inchieste politico-giudiziarie svoltesi fra gli anni quaranta e cinquanta, tese a colpire qualunque possibile "influenza comunista" negli apparati dello Stato, e persino nei comportamenti di singoli individui. Tali inchieste, condotte spesso anche in palese contrasto con i principi costituzionali e giuridici statunitensi, colpirono numerosi soggetti, in molti casi soltanto sulla base di un semplice sospetto.

Fra di essi vi furono anche famosi personaggi della cultura e dello spettacolo, tanto che la paura di incappare nelle maglie delle inchieste anticomuniste finì per condizionare anche le scelte artistiche di scrittori, registi e produttori cinematografici che, salvo eccezioni, dovettero sempre tenersi, in quegli anni, su una linea "politicamente corretta". Il maccartismo fu figlio del clima di tensione e paura creatosi a partire dai tardi anni quaranta, ma certamente, con i suoi processi accusatori e la sua caccia spesso immotivata al traditore, finì per essere al tempo stesso moltiplicatore di tale clima di paura, grazie anche alla risonanza che tali vicende avevano presso i mass media.

La guerra fredda ispirò molte case cinematografiche e molti scrittori, risultando in un enorme numero di libri e film, alcuni più fantasiosi (come la serie dedicata a James Bond), altri più realistici e dettagliati; in particolare John Le Carré e più tardi Tom Clancy furono maestri nel descrivere vividamente gli agenti segreti e la guerra di spionaggio che avveniva sotto la superficie. Anche Rocky IV ebbe la sua valenza simbolica, circa la rappresentazione vittoriosa e buona degli Stati Uniti.

Note

  1. ^ (EN) Orwell, " You and the Atomic Bomb.", Tribune 19 October 1945
  2. ^ (EN) George Orwell, Russia began to make a 'cold war' on Britain and the British Empire, in The Observer, 10 marzo 1946.
  3. ^ (EN) William Safire, Islamofascism Anyone?, in The New York Times, 1º ottobre 2006.
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Bibliografia

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