Ich bin ein Berliner

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Il discorso di Kennedy

«Ich bin ein Berliner» è una frase pronunciata il 26 giugno 1963 a Berlino Ovest dal presidente statunitense John F. Kennedy durante il discorso tenuto nella attuale John F. Kennedy Platz in occasione della visita ufficiale alla città.

Tradotta in italiano la frase significa «Io sono un berlinese», e divenne una delle più note e iconiche della breve presidenza di Kennedy, che fu assassinato cinque mesi più tardi.

Il contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

L'oceanica folla venuta ad assistere al discorso di Kennedy
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Berlino e Zone di occupazione della Germania.

La capitale della Germania, Berlino, era profondamente all'interno dell'area controllata dall'armata sovietica dopo la Seconda guerra mondiale. Inizialmente divisa in quattro settori controllati dagli Stati Uniti, dalla Francia, dal Regno Unito e dall'URSS, la tensione della guerra fredda aumentò fino al punto in cui i sovietici instaurarono il Blocco di Berlino, a cui gli alleati occidentali risposero con un drammatico ponte aereo.

In seguito, i settori controllati dalla NATO diventarono effettivamente una exclave della Germania Ovest, completamente circondata dalla Germania Est. Dal 1952, il confine tra Est e Ovest era chiuso dovunque eccetto che a Berlino. Centinaia di migliaia di cittadini abbandonarono la Germania Est per la Germania Ovest attraverso Berlino Ovest, indebolendo la Germania dell'Est di forza lavoro e minacciando un collasso economico.

Nel 1961 la Germania Est governata da Walter Ulbricht fece erigere una barriera di filo spinato intorno a Berlino Ovest. Ufficialmente era chiamata la antifaschistischer Schutzwall (barriera protettiva antifascista), e le autorità della Germania Est sostenevano che era per impedire che agenti e spie della Germania Ovest (da loro considerato uno stato fascista) venissero nell'Est. Tuttavia era universalmente conosciuto come il muro di Berlino e l'opinione più diffusa era che il suo scopo principale fosse di impedire che cittadini della Germania Est scappassero verso Ovest. Nel giro di alcuni mesi il muro fu ricostruito in cemento, e molte costruzioni furono demolite per creare una "zona della morte" vigilata a vista da guardie della Germania Est armate di mitragliatrici. La ventisettesima vittima uccisa al muro di Berlino fu Peter Fechter, nel 1962.

L'Occidente, inclusi gli Stati Uniti, fu accusato di non aver risposto con forza alla costruzione del muro. Il 25 luglio 1961, con la disfatta della Baia dei Porci ancora viva nei ricordi, il Presidente Kennedy insisté che l'America avrebbe difeso Berlino Ovest, ricordando gli accordi di Potsdam, ma chiarendo che non era possibile sfidare la presenza sovietica in Germania.

Le motivazioni dell'espressione[modifica | modifica wikitesto]

Iscrizione commemorativa del discorso di Kennedy posta a fianco dell'ingresso anteriore del Municipio di Schöneberg

La frase fu pronunciata con l'intento di comunicare alla città di Berlino e alla Germania stessa, seppur entrambe divise, una sorta di vicinanza e amicizia degli Stati Uniti dopo il sostegno dato dall'Unione Sovietica alla Germania Est nella costruzione del muro di Berlino, due anni prima, come barriera per impedire gli spostamenti dal blocco orientale socialista all'occidente.

Il discorso durante il quale Kennedy pronunciò la frase è considerato uno dei suoi migliori e un momento celebre della guerra fredda. Fu un grande incoraggiamento morale per gli abitanti di Berlino ovest, che vivevano in una enclave all'interno della Germania Est dalla quale temevano un'invasione. Parlando dal balcone del Municipio di Schöneberg (municipio del distretto di Schöneberg, allora sede dell'amministrazione comunale dell'intera Berlino Ovest), Kennedy disse:

«Duemila anni fa l'orgoglio più grande era poter dire civis Romanus sum (sono un cittadino romano). Oggi, nel mondo libero, l'orgoglio più grande è dire 'Ich bin ein Berliner.' Tutti gli uomini liberi, dovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso delle parole 'Ich bin ein Berliner!

L'idea della frase venne in mente a Kennedy all'ultimo momento, così come la scelta di pronunciarla in tedesco. Kennedy chiese al suo interprete, Robert H. Lochner, di tradurgli "I am a Berliner" mentre stava già salendo le scale del Rathaus (il municipio). Con l'aiuto di Lochner, Kennedy si esercitò con la pronuncia della frase nell'ufficio del sindaco Willy Brandt e tenne in mano un foglietto su cui aveva annotato la pronuncia. Secondo Lochner, il consigliere di Kennedy Bundy McGeorge ritenne che il discorso era andato "un po' troppo oltre", e i due ritoccarono il testo correggendolo in una versione più morbida da ripetere il giorno stesso nel discorso alla Freie Universität di Berlino.[1]

Il messaggio di sfida era diretto sia ai sovietici che agli abitanti di Berlino, ed era una chiara dichiarazione della politica statunitense in risposta alla costruzione del muro di Berlino. Tuttavia, Kennedy fu criticato per aver fatto un discorso che riconosceva lo status quo di Berlino nella realtà in cui era. Ufficialmente, lo status di Berlino, in quel momento, era di occupazione comune delle quattro potenze alleate della seconda guerra mondiale, ciascuna con un proprio territorio di competenza. Fino a quel momento, gli Stati Uniti avevano affermato che quello era lo status, benché la situazione corrente fosse assai diversa. Il discorso di Kennedy segnò il momento in cui gli Stati Uniti riconobbero ufficialmente che Berlino Est faceva parte del blocco sovietico insieme al resto della Germania Est. I critici sostennero che Kennedy, con quel discorso, aveva rinunciato ad alti obiettivi, cedendo alla pressione sovietica, anziché perseguire ideali più alti in un contesto in cui i sovietici non avevano la forza di cambiare la situazione solo con le ruspe e i fucili.

A Berlino esistono luoghi della memoria che commemorano la figura di Kennedy, come la scuola tedesco-americana "John F. Kennedy", e l'Istituto "John F. Kennedy" per gli studi sul Nord America alla Freie Universität di Berlino. La stessa piazza in cui tenne il primo discorso, dopo l'assassinio del presidente a Dallas, fu ribattezzata in suo onore,

Si può leggere la medesima celebre frase in un enorme graffito permanente sul lato palestinese del muro che separa la città di Betlemme dalla periferia di Gerusalemme.

Il discorso completo[modifica | modifica wikitesto]

Il brano spesso citato è estratto dal seguente discorso:

(EN)

«[...] I am proud to come to this city as the guest of your distinguished Mayor, who has symbolized throughout the world the fighting spirit of West Berlin. And I am proud -- And I am proud to visit the Federal Republic with your distinguished Chancellor who for so many years has committed Germany to democracy and freedom and progress, and to come here in the company of my fellow American, General Clay, who --who has been in this city during its great moments of crisis and will come again if ever needed..
Two thousand years ago -- Two thousand years ago, the proudest boast was "civis Romanus sum." Today, in the world of freedom, the proudest boast is "Ich bin ein Berliner."
(I appreciate my interpreter translating my German.)
There are many people in the world who really don't understand, or say they don't, what is the great issue between the free world and the Communist world.
Let them come to Berlin.
There are some who say -- There are some who say that communism is the wave of the future.
Let them come to Berlin.
And there are some who say, in Europe and elsewhere, we can work with the Communists.
Let them come to Berlin.
And there are even a few who say that it is true that communism is an evil system, but it permits us to make economic progress.
Lass' sie nach Berlin kommen.
Let them come to Berlin.
Freedom has many difficulties and democracy is not perfect. But we have never had to put a wall up to keep our people in -- to prevent them from leaving us. I want to say on behalf of my countrymen who live many miles away on the other side of the Atlantic, who are far distant from you, that they take the greatest pride, that they have been able to share with you, even from a distance, the story of the last 18 years. I know of no town, no city, that has been besieged for 18 years that still lives with the vitality and the force, and the hope, and the determination of the city of West Berlin.
While the wall is the most obvious and vivid demonstration of the failures of the Communist system -- for all the world to see -- we take no satisfaction in it; for it is, as your Mayor has said, an offense not only against history but an offense against humanity, separating families, dividing husbands and wives and brothers and sisters, and dividing a people who wish to be joined together.
What is -- What is true of this city is true of Germany: Real, lasting peace in Europe can never be assured as long as one German out of four is denied the elementary right of free men, and that is to make a free choice. In 18 years of peace and good faith, this generation of Germans has earned the right to be free, including the right to unite their families and their nation in lasting peace, with good will to all people.
You live in a defended island of freedom, but your life is part of the main. So let me ask you, as I close, to lift your eyes beyond the dangers of today, to the hopes of tomorrow, beyond the freedom merely of this city of Berlin, or your country of Germany, to the advance of freedom everywhere, beyond the wall to the day of peace with justice, beyond yourselves and ourselves to all mankind.
Freedom is indivisible, and when one man is enslaved, all are not free. When all are free, then we look -- can look forward to that day when this city will be joined as one and this country and this great Continent of Europe in a peaceful and hopeful globe. When that day finally comes, as it will, the people of West Berlin can take sober satisfaction in the fact that they were in the front lines for almost two decades.
All -- All free men, wherever they may live, are citizens of Berlin.
And, therefore, as a free man, I take pride in the words "Ich bin ein Berliner."
[...]»

(IT)

«[...] Sono orgoglioso di venire in questa città ospite del vostro onorevole sindaco, che ha simboleggiato per il mondo lo spirito combattivo di Berlino Ovest. E sono orgoglioso -- sono orgoglioso di visitare la Repubblica Federale con il vostro onorevole Cancelliere che da così tanti anni guida la Germania nella democrazia, nella libertà e nel progresso, e di essere qui in compagnia del mio concittadino americano Generale Clay che -- che è stato in questa città durante i suoi momenti di crisi, e vi tornerà ancora, se ce ne sarà bisogno.
Duemila anni fa -- Duemila anni fa, il più grande orgoglio era dire "civis Romanus sum". Oggi, nel mondo libero, il più grande orgoglio è dire "Ich bin ein Berliner."
(Apprezzo l'interprete che traduce il mio tedesco)
Ci sono molte persone al mondo che non capiscono, o che dicono di non capire, quale sia la grande differenza tra il mondo libero e il mondo comunista.
Che vengano a Berlino.
Ce ne sono alcune che dicono -- ce ne sono alcune che dicono che il comunismo è l'onda del progresso.
Che vengano a Berlino.
Ce ne sono alcune che dicono, in Europa come altrove, che possiamo lavorare con i comunisti.
Che vengano a Berlino.
E ce ne sono anche certe che dicono che sì il comunismo è un sistema malvagio, ma permette progressi economici.
Lass' sie nach Berlin kommen.
Che vengano a Berlino.
La libertà ha molte difficoltà e la democrazia non è perfetta. Ma non abbiamo mai costruito un muro per tenere dentro i nostri -- per impedir loro di lasciarci. Voglio dire a nome dei miei compatrioti che vivono a molte miglia da qua dall'altra parte dell'Atlantico, che sono distanti da voi, che sono orgogliosi di poter dividere con voi la storia degli ultimi 18 anni. Non conosco nessun paese, nessuna città, che è stata assediata per 18 anni e ancora vive con vitalità e forza, e speranza e determinazione come la città di Berlino Ovest.
Mentre il muro è la più grande e vivida dimostrazione dei fallimenti del sistema comunista -- tutto il mondo lo può vedere -- ma questo non ci rende felici; esso è, come il vostro sindaco ha detto, è una offesa non solo contro la storia, ma contro l'umanità, separa famiglie, divide i mariti dalle mogli, ed i fratelli dalle sorelle, divide un popolo che vorrebbe stare insieme.
Quello che -- Quello che è vero per questa città è vero per la Germania: una pace reale e duratura non potrà mai essere assicurata all'Europa finché ad un quarto della Germania è negato il diritto elementare dell'uomo libero: prendere una decisione libera. In 18 anni di pace e benessere questa generazione di tedeschi ha guadagnato il diritto ad essere libera, incluso il diritto di unire le famiglie, a mantenere la propria nazione in pace, in buoni rapporti con tutti."
Voi vivete in una isola difesa di libertà, ma la vostra vita è parte della collettività. Consentitemi di chiedervi, come amico, di alzare i vostri occhi oltre i pericoli di oggi, verso le speranze di domani, oltre la libertà della sola città di Berlino, o della vostra Germania, per promuovere la libertà ovunque, oltre il muro per un giorno di pace e giustizia, oltre voi stessi e noi stessi per tutta l'umanità.
La libertà è indivisibile e quando un solo uomo è reso schiavo, nessuno è libero. Quando tutti saranno liberi, allora immaginiamo -- possiamo vedere quel giorno quando questa città come una sola e questo paese, come il grande continente europeo, sarà in un mondo in pace e pieno di speranza. Quando quel giorno finalmente arriverà, e arriverà, la gente di Berlino Ovest sarà orgogliosa del fatto di essere stata al fronte per quasi due decenni.
Ogni -- Ogni uomo libero, ovunque viva, è cittadino di Berlino. E, dunque, come uomo libero, sono orgoglioso di dire "Ich bin ein Berliner".
[...]»

La leggenda metropolitana del krapfen[modifica | modifica wikitesto]

In alcune parti della Germania (ma non a Berlino), i krapfen sono noti con il nome di Berliner
Il biglietto di Kennedy con la pronuncia di: «Ish bin ein Bearleener – kiwis Romanus sum – Lasd z nack Bearleen comen»

Una leggenda metropolitana afferma che Kennedy avrebbe commesso un imbarazzante errore grammaticale dicendo "Ich bin ein Berliner" anziché "Ich bin berliner", dichiarandosi, quindi, non un cittadino di Berlino, bensì un krapfen:[2]

(EN)

«Here is where President Kennedy announced, Ich bin ein Berliner, and thereby amused the city's populace because in the local parlance a Berliner is a doughnut»

(IT)

«È qui che il presidente Kennedy annunciò Ich bin ein Berliner, e in questo modo divertì la popolazione della città poiché nel parlato locale un Berliner è un krapfen.»

La leggenda deriva dal fatto che, in alcune parti della Germania, Berliner designa in effetti dei "bomboloni" del tutto simili a quelli che in Germania meridionale e Austria vengono chiamati "Krapfen".

La leggenda può essere confutata per diversi motivi:

  • Pur esistendo a Berlino un dolce del genere krapfen, in città e nelle regioni circostanti quest'ultimo è conosciuto solo con il nome di Pfannkuchen. Il nome "Berliner" è diffuso in alcune zone della Germania settentrionale, in cui il nome originario berliner Pfannkuchen (Pfannkuchen di Berlino) è stato accorciato in Berliner. Tuttavia negli anni sessanta il termine Berliner inteso come dolce sarebbe suonato strano alle orecchie dei berlinesi.
  • Non c'è alcun errore grammaticale nell'affermazione di Kennedy; l'articolo indeterminativo non ne cambia il significato. In tedesco per esprimere la provenienza è anzi più comune dire "Ich bin ein Brandenburger" (io sono un brandeburghese), piuttosto che "Ich bin brandenburger" (io sono brandeburghese), pur essendo ambedue le forme corrette. L'articolo "ein" può essere usato come enfasi: implica "proprio uno tra molti". Poiché Kennedy sottolineò "ein", secondo il linguista Jürgen Eichhoff[3] è "non solo corretto, ma l'unico e solo modo corretto di esprimere in tedesco quello che il presidente voleva dire".

La leggenda è comunque nota soprattutto nel mondo anglosassone e abbastanza sconosciuta in Germania orientale, dove il discorso di Kennedy è considerato una pietra miliare nella storia post-bellica[senza fonte]; il gioco di parole è però diffuso nel Nordreno-Westfalia dove i krapfen, consumati abbondantemente nel periodo di Carnevale, sono noti proprio con il nome di Berliner.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Robert Lochner, Teaching JFK German, su cnn.com. URL consultato il 24 settembre 2006 (archiviato dall'url originale il 9 aprile 2008).
  2. ^ (EN) Christopher Lehmann-Haupt, Books of the Times, The New York Times, 12 dicembre 1983. URL consultato il 6 luglio 2008.
  3. ^ JFK: 'I Am a Jelly Donut', su urbanlegends.about.com. URL consultato il 26 settembre 2006 (archiviato dall'url originale il 12 aprile 2014).

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