Adriana Faranda

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Adriana Faranda

Adriana Faranda (Tortorici, 7 agosto 1950) è un'ex brigatista italiana, militante delle Brigate Rosse durante gli Anni di piombo.

Dopo aver militato in alcune formazioni minori di lotta armata attive a Roma, entrò a far parte delle Brigate Rosse, insieme al suo allora compagno Valerio Morucci, nell'estate del 1976,[1] dirigendo la colonna romana e svolgendo un ruolo importante durante il sequestro Moro. Si distaccò dalle Brigate Rosse per contrasti sulle scelte strategiche dell'associazione terroristica nel gennaio 1979, fondando il Movimento Comunista Rivoluzionario.[2][3] Arrestata il 30 maggio 1979 insieme a Morucci, durante gli anni ottanta si è dissociata dal terrorismo beneficiando successivamente delle riduzioni di pena previste dalla legge 18 febbraio 1987 n.34,[4] e uscendo dal carcere nel 1994.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Adriana Faranda nella foto segnaletica diffusa.

Nata e cresciuta a Tortorici (provincia di Messina) da un'abbiente famiglia borghese (il padre ricopriva il ruolo di Avvocato generale dello stato a Messina), una volta terminato il ciclo regolare di studio in Sicilia, s'iscrive alla facoltà di Lettere presso La Sapienza di Roma, dove ebbe modo di maturare una propria coscienza politica, cominciando a militare nelle file di Potere Operaio. Nel 1970 si sposa con Luigi Rosati (all'epoca dirigente di Potere Operaio) con cui avrà nell'anno seguente una bambina Alexandra, così chiamata in onore della rivoluzionaria marxista russa Aleksandra Michajlovna Kollontaj.[5][6]

Nel 1973, assieme ad altri militanti, fra i quali Bruno Seghetti ed il suo nuovo compagno Valerio Morucci, fu tra i fondatori del gruppo LAPP (Lotta Armata Potere Proletario), braccio armato dell'organizzazione operaista; successivamente, entrò con Morucci nelle Brigate Rosse, all'interno delle quali ricoprì ruoli direttivi con il nome in codice di Alexandra, in riferimento alla figlia quanto alla celebre rivoluzionaria.[6]

Adriana Faranda e Valerio Morucci durante il processo Moro (1980)

Fece parte della direzione delle BR[5] e fu tra i componenti della colonna romana (insieme a Mario Moretti, Prospero Gallinari, Bruno Seghetti, Valerio Morucci, Germano Maccari e Barbara Balzerani) che organizzarono il sequestro di Aldo Moro. Durante il rapimento dell'allora presidente della DC, agì come "postina".[5] Nel gennaio del 1979, per dissensi interni, decise d'abbandonare l'organizzazione lottarmatista:[1] assieme a Valerio Morucci.[7] Una volta fuoriusciti dalle BR, i due tentarono di creare, assieme ad altri, una nuova formazione di lotta armata, il Movimento Comunista Rivoluzionario (MCR).[8][9]

Essendo però stata identificata dopo il rapimento di Moro come colei che aveva acquistato i tre berretti dell'Alitalia usati per compiere l'agguato di via Fani, fu tratta in arresto a Roma, il 29 maggio del 1979, nell'appartamento sito al quarto piano di viale Giulio Cesare 47; insieme a lei furono arrestati anche Morucci e la proprietaria dell'appartamento, Giuliana Conforto (vecchia militante di gruppi della sinistra extraparlamentare, tra cui Potere Operaio, nonché figlia di Giorgio Conforto, spia del KGB).[5][10] A seguito di ciò, fu tra i promotori della pratica della "dissociazione" (ammissione delle proprie responsabilità nelle azioni a lei ascritte, senza però la denuncia di complici o collaborazione stretta con le forze dell'ordine),[11] a cui le Istituzioni risposero con la legge del 18 febbraio 1987 n. 34, in base alla quale insieme a tutti gli altri dissociati beneficiò degli sgravi di pena, e ricostruì il proprio ruolo nella dinamica del sequestro Moro nel corso dei diversi processi. Uscì in libertà condizionale nel 1994. È autrice di una autobiografia, in cui racconta degli anni che ha trascorso in carcere dopo l'arresto per la militanza nelle Brigate Rosse.

Negli anni successivi si è impegnata in un percorso di giustizia riparativa, narrato e analizzato nel volume pubblicato nel 2015 da Il Saggiatore Il libro dell'incontro. Vittime e responsabili della lotta armata a confronto.[12] Del percorso di giustizia riparativa, Adriana Faranda ha parlato anche in diverse occasioni pubbliche, insieme a parenti delle vittime della lotta armata, quali Agnese Moro, una dei figli di Aldo Moro, e Giorgio Bazzega, figlio del maresciallo dell'antiterrorismo Sergio Bazzega.[13]

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

Filmografia su Adriana Faranda[modifica | modifica wikitesto]

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

Il siero della vanità, regia di Alex Infascelli (2004) - cameo

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Jacopo Pezzan e Giacomo Brunoro, Il Caso Moro, LA CASE Books, 1º agosto 2015, ISBN 9788868700911. URL consultato il 14 marzo 2018.
  2. ^ Gianni Cipriani, Brigate rosse: la minaccia del nuovo terrorismo, Sperling & Kupfer, 2004, ISBN 9788820036614. URL consultato il 18 marzo 2018.
  3. ^ Mario Isnenghi, I luoghi della memoria: Strutture ed eventi dell'Italia unita, Laterza, 1997, ISBN 9788842051428. URL consultato il 18 marzo 2018.
  4. ^ Legge 18 febbraio 1987 n.34 Misure a favore di chi si dissocia dal terrorismo. (GU Serie Generale n.43 del 21-02-1987), su Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. URL consultato il 15 settembre 2021 (archiviato dall'url originale il 15 settembre 2021).
  5. ^ a b c d Enzo Biagi, Io c'ero: Un grande giornalista racconta l'Italia del dopoguerra, Rizzoli, 7 febbraio 2011, ISBN 9788858613634. URL consultato il 14 marzo 2018.
  6. ^ a b Paola Tavella Anna Laura Braghetti, Il prigioniero, Feltrinelli Editore, 18 ottobre 2010, ISBN 9788807942341. URL consultato il 18 marzo 2018.
  7. ^ Mario Moretti, Rossana Rossanda e Carla Mosca, Brigate Rosse, una storia italiana, Anabasi, 1987.
    «Due compagni che dissentono non sono nemmeno un'eccezione, sono un'eccentricità»
  8. ^ Phil Edwards, Into the aftermath, 2: engaging with the armed struggle, in More Work! Less Pay!': Rebellion and Repression in Italy, 1972-77, Manchester University Press, 25 nov 2009, ISBN 9781847797315. URL consultato il 20 giu 2023. Ospitato su Google Books.
  9. ^ Voce “Movimento Comunista Rivoluzionario” da www.misteriditalia.it (PDF), su misteriditalia.it. URL consultato il 20 giu 2023.
  10. ^ Atti parlamentari XII legislatura, L'arresto di Giuliana Conforto (PDF), p. 241.
    «Giuliana Conforto, già militante di Potere operaio e in rapporti di amicizia, oltre che con Lanfranco Pace e Franco Piperno, con la proprietaria del famoso appartamento di Via Gradoli 96, Luciana Bozzi, è - come noto - la figlia di Giorgio Conforto. [...] Giuliana Conforto viene assolta per insufficienza di prove dai reati a lei ascritti, mentre Morucci e Faranda vengono condannati a sette anni di reclusione.»
  11. ^ Cinquantamila Giorni. La Storia raccontata da Giorgio Dell'Arti. Cronologia delle Brigate rosse, su cinquantamila.corriere.it. URL consultato il 2 gennaio 2016 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  12. ^ AA. VV.
  13. ^ MORO, FARANDA, BONISOLI, BAZZEGA: "LA GIUSTIZIA RIPARATIVA" - ENDORFINE FESTIVAL LUGANO 2021. URL consultato il 20 novembre 2022.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN52495972 · ISNI (EN0000 0000 1023 2519 · SBN LO1V315116 · LCCN (ENnr95023775 · GND (DE119295555 · BNF (FRcb125219411 (data) · WorldCat Identities (ENlccn-nr95023775