Walter Lippmann

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Walter Lippmann

Walter Lippmann (New York, 23 settembre 1889New York, 14 dicembre 1974) è stato un giornalista e politologo statunitense.

Noto per la sua pionieristica analisi sul condizionamento operato dai nascenti mass media sui pregiudizi mentali.

Carriera giornalistica[modifica | modifica wikitesto]

I quattordici punti, base per i colloqui di pace da parte degli Usa e illustrati in 8 gennaio 1918 davanti al Congresso riuniti in sessione congiunta, riprendevano molti dei suggerimenti di una commissione (The Inquiry) creata da Wilson e presieduta dal giovane giornalista progressista Lippmann per deliberare sui progetti per il dopoguerra.[1]

Partito dalla cronaca (e già in quella veste polemista contro la degenerazione dello stile giornalistico ad opera dei cd. muckrakers)[2], per trentadue anni (dal 1931 al 1963) analizzò i fatti internazionali nella rubrica Today and Tomorrow dell'Herald Tribune di New York.

Vinse due premi Pulitzer (nel 1958 e nel 1962).

Anche in presenza dei personaggi più impegnati nella polemica politica (intervistò Chruščëv nel 1958 e nel 1961), mantenne sempre il distacco dell'osservatore, né conformò mai i propri giudizi a quelli dei giornali per cui scriveva.

Quando nel 1931 passò dalle colonne del radicale New York World (che dirigeva dal 1921) a quelle del conservatore Herald Tribune, il direttore dovette assicurare i lettori che Lippmann "avrebbe scritto su ciò che gli pareva e come gli pareva".

Nel 1938 diede il nome all'omonimo colloquio.

Senza conformarsi nemmeno ai giudizi da lui stesso già formulati, sostenne alternativamente presidenti repubblicani e democratici.

Si occupò prevalentemente di politica estera: si batté per il Patto Atlantico, per rendere neutrale la Germania e contro la guerra del Vietnam.

Ogni anno si recava nei punti nevralgici della politica mondiale per intervistare gli uomini da cui dipendevano le sorti del mondo.

Si deve inoltre a lui - in risposta ad una celebre polemica pubblica con George Kennan - il conio della formula "Guerra Fredda" e di “guerra non guerreggiata”, usata in una serie di articoli che criticavano le strategie di amministrazione estera di Truman, pubblicati anche nel volume La Guerra fredda: studio sulla politica estera statunitense.

Il suo pensiero[modifica | modifica wikitesto]

Lippmann non si piegò mai al sensazionalismo ed ai gusti del grosso pubblico, ispirandosi ad un codice deontologico che è diventato il canone del giornalismo anglosassone[3].

Ha lasciato anche 25 saggi, tra i quali si ricordano La buona società del 1937[4] e Competere per coesistere del 1959; si tratta di veri e propri trattati di politologia, ispirati ad una filosofia neoliberale della vita pubblica[5] e dell'economia[6].

La sua opera più importante - che è rimasta alla storia ed è stata fondamentale per tutti gli studi sulla sociologia della comunicazione - è stata L'opinione pubblica del 1922, nella quale Lippmann, prima di chiunque altro[7], affronta le tematiche sviluppate negli anni seguenti da Elisabeth Noelle-Neumann, la studiosa della spirale del silenzio.

Le scienze sociali e il pregiudizio[modifica | modifica wikitesto]

Attingendo ad una profonda cultura filosofica[8] e ad un grande interesse per le scienze sociali[9], Lippmann promosse lo studio della comunicazione[10]: in tale ambito, intorno al 1920, individuò il termine stereotipo. Egli si propose di capire e di studiare l'influenza sullo stereotipo e i meccanismi che si instauravano per la formazione di tale fenomeno.

Lo stereotipo sociale è per Lippmann una visione distorta e semplificata della realtà sociale: lo stereotipo, aggiunge, è costituito dalle immagini mentali che ci costruiamo per semplificare la realtà e per renderla a noi comprensibile.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Opere originali di Walter Lippmann[modifica | modifica wikitesto]

  • A Preface to Politics (1913)
  • Drift and Mastery (1914)
  • The Stakes of Diplomacy (1915)
  • Liberty and the News (1920)
  • Public Opinion (1922)
  • The Phantom Public (1925)
  • A Preface to Morals (1929)
  • Interpretations, 1931-1932 (1933)
  • The Method of Freedom (1934)
  • Interpretations, 1933-1935 (1936)
  • U.S. Foreign Policy (1937)
  • The Good Society (1937-1947)
  • The Cold War: A study in U.S. Foreign Policy (1947)
  • U.S. War Aims (1944)
  • The Public Philosophy (1955)

Libri tradotti in italiano[modifica | modifica wikitesto]

  • La giusta società, a cura di Giuseppe Cosmelli, Collana Saggi n.69, Torino, Einaudi, 1945.
  • Gli scopi di guerra degli Stati Uniti, Collana Problemi contemporanei n.3, Torino, Einaudi, 1946.
  • La politica estera degli Stati Uniti, traduzione di Lidia Croce, Collana Problemi contemporanei n.6, Torino, Einaudi, 1946.
  • La filosofia pubblica (Declino e rinnovamento della società occidentale), Prefazione di Riccardo Musatti, Milano, Edizioni di Comunità, 1957.
  • Competere per coesistere, Torino, Einaudi, 1959.
  • L’opinione pubblica, traduzione di Cesare Mannucci, Collana Saggi di Cultura Contemporanea n.26, Milano, Edizioni di Comunità, 1963. Donzelli, Roma, 2000.
  • Il grande vuoto (La filosofia pubblica), Edizioni di Comunità, Roma (2019)

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia Presidenziale della Libertà - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Mario del Pero, Libertà e impero. Gli Stati Uniti e il mondo 1776-2016, Editori Laterza, p. 221, ISBN 978-88-581-2827-5.
  2. ^ Craufurd D. Goodwin, Walter Lippmann, Kirkus Reviews [serial online], 2014.
  3. ^ Giampiero Buonomo, USA, nostalgia di Lippmann, Avanti!, 29 settembre 1989, p. 17.
  4. ^ Nel 1938 von Hayek avrebbe compiuto un primo passo "controrivoluzionario" nei confronti delle idee di Keynes, proprio "in occasione del Colloque Walter Lippman svoltosi a Parigi per presentare il libro del noto giornalista liberale americano dal titolo The Good Society. Al Colloque oltre ad Hayek erano presenti numerosi pensatori liberali, tra i quali L. von Mises, L. Robbins, R. Aron, M. Polanyi e W. Roepke": Gianfranco Sabattini, Keynes, Hayek e le crisi economiche, Mondoperaio, 9/2017, p. 88.
  5. ^ Brian, Jackson, and Clark Gregory. 2014. "Walter Lippmann, the Indispensable Opposition." In Studies in Rhetoric/Communication, 142. Columbia: University of South Carolina Press, 2014.
  6. ^ C. Goodwin, Walter Lippmann: Public Economist, Cambridge, Massachusetts: Harvard University Press; 2014.
  7. ^ Ronald P. Seyb, "What Walter saw: Walter Lippmann, The New York World, and scientific advocacy as an alternative to the news-opinion dichotomy.", Journalism History no. 2 (2015): 58.
  8. ^ César García, "Searching for Benedict de Spinoza in the history of communication: His influence on Walter Lippmann and Edward Bernays", Public Relations Review 41, (September 1, 2015): 319-325.
  9. ^ Sang-Hyun Kim, "The Lippmann-Dewey Debate on the Public and Its Educational Significance: In Defense of Dewey", in The Korean Society For Study of Educational idea, 26.1 (2012): 37-55.
  10. ^ Sue Curry Jansen, "Semantic Tyranny: How Edward L. Bernays Stole Walter Lippmann's Mojo And Got Away With It And Why It Still Matters.", International Journal Of Communication (Online) (2013): 1094.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giovanni Dessì, Walter Lippmann. Informazione/Consenso/Democrazia, Edizioni Studium, Roma 2004.
  • Mascia Ferri, Come si forma l'Opinione pubblica. Il contributo sociologico di Walter Lippmann, Milano, FrancoAngeli, 2006, ISBN 88-464-7627-1.
  • Mascia Ferri, Il giornalista intellettuale, in «DESK», Anno XI n.2, Istituto Universitario Sr. Orsola Benincasa e UCSI, Roma, 2004, pp. 17–19.
  • Mascia Ferri, L'opinione pubblica in Walter Lippmann: un contributo alla sociologia della Conoscenza in «Quaderni di Teoria Sociale», n. 4, Morlacchi, Perugia, 2004, pp. 265–284.
  • Virginia Lozito, Centralità dell'informazione nella democrazia in «Studium», n. 1, Edizioni Studium, Roma, 2006, pp. 154–157.
  • Virginia Lozito, By Walter Lippmann. Opinione pubblica, politica estera e democrazia, Aracne, Roma, 2008. ISBN 9788854822207
  • Francesco Regalzi, Walter Lippmann. Una biografia intellettuale, Nino Aragno Editore, Torino 2010
  • (EN) Sue Curry Jansen, Walter Lippmann : a critical introduction to media and communication theory, New York, Peter Lang, c2012., 2012.
  • (EN) A. Brennetot, "The geographical and ethical origins of neoliberalism: The Walter Lippmann Colloquium and the foundations of a new geopolitical order", Political Geography, 2015, 49 (Special Issue: Historical Geographies of Internationalism), 30-39.
  • Fulvio Cammarano, Giulia Guazzaloca, Maria Serena Piretti, Storia contemporanea. Dal XIX al XXI secolo, Seconda Edizione, Le Monnier Università, Firenze, 2015, pp. 207

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