TIM (azienda): differenze tra le versioni

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Disambiguazione – Se stai cercando l'operatore di telefonia fissa e mobile di Telecom Italia, vedi TIM.
Telecom Italia S.p.A. / TIM S.p.A.[1][2]
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Direzione generale a Roma, Corso d'Italia, 41
StatoBandiera dell'Italia Italia
Forma societariaSocietà per azioni
Borse valori
ISINIT0003497168 e IT0003497176
Fondazione1964 (come SIP)
1994 (Telecom Italia) a Torino
Fondata daIstituto per la Ricostruzione Industriale
Sede principaleMilano (sede legale)
Roma (direzione generale)
Persone chiave
Settoretelecomunicazioni
Prodottitelefonia fissa, telefonia mobile, telefonia pubblica, telefonia ISDN, Internet e televisione via cavo
Fatturato19,828 miliardi di (2017)
Utile netto1,121 miliardi di (2017)
Dipendenti59.429 (49.689 in Italia) (2017)
Slogan«Le emozioni non cambiano, il modo di comunicarle sì.»
Sito webwww.gruppotim.it/

Telecom Italia S.p.A. è un'azienda italiana di telecomunicazioni, che offre in Italia e all'estero servizi di telefonia fissa, telefonia mobile, telefonia pubblica, telefonia IP, Internet e televisione via cavo (in tecnologia IPTV).

Opera in Italia nella telefonia fissa e mobile con il marchio Tim (privati) e Tim Impresa Semplice (business) e in Brasile con il marchio Tim.[3][4]

Telecom Italia è anche il 7º gruppo economico italiano per fatturato e tra i primi 500 mondiali.[5]

Fornitore di servizi nel Sistema pubblico di connettività (SPC), Telecom Italia gestisce una parte della connettività internet e intranet della pubblica amministrazione italiana in attesa del subentro dei fornitori (Tiscali, BT Italia e Vodafone Italia) aggiudicatari della gara Consip,[6] in virtù del contratto stipulato nel 2016.[7][8]

A partire dal 13 gennaio 2016 la società ha adottato il marchio unificato TIM, mandando di fatto in pensione il vecchio marchio Telecom Italia attivo dal 1994[9][10].

La società è quotata nell'indice FTSE MIB della Borsa di Milano.

Storia

Cartina concessionarie

Le origini

Lo stesso argomento in dettaglio: SIP - Società Italiana per l'Esercizio Telefonico.

La Società Telefonica Interregionale Piemontese e Lombarda (STIPEL) nasce nel 1925. Nello stesso anno il Governo Mussolini riorganizza il sistema telefonico dividendo il territorio italiano in 5 zone:

È nel 1964 che le cinque società si uniscono sotto il nome di SIP - Società Italiana per l'Esercizio Telefonico.[11]

Nello stesso anno STET - Società Finanziaria Telefonica S.p.A. facente parte del gruppo IRI per il settore delle telecomunicazioni, giunge a controllare Telespazio,[12] attiva nell'ambito delle comunicazioni spaziali, la società Radiostampa, responsabile dei servizi telegrafici e radiotelegrafici e Italcable, impegnata nelle telecomunicazioni intercontinentali.[13] STET crea inoltre il proprio centro di ricerca sperimentale del gruppo, lo CSELT di Torino.

Superata la crisi economica degli anni '70 che colpisce anche SIP, gli anni ottanta vedono il piano di ristrutturazione della società, l'introduzione del nuovo marchio aziendale, una maggiore varietà di servizi e prodotti, nonché innovazioni sul piano tecnologico, come i nuovi sistemi informativi. Nel 1985 con il progetto San Salvador comincia il processo di numerizzazione della rete telefonica su tutto il territorio italiano. Inoltre dalla seconda metà degli anni ottanta SIP introduce le fibre ottiche. È invece del 1993 l'avvento della Rete intelligente, che per la prima volta offre un'ampia gamma di servizi in tutta Italia, tra cui ad esempio il nuovo "Numero verde",che esisteva da qualche anno su Rete Telefonica Generale (RTG) e su Rete Fonia Dati (RFD).[14]

Nel 1985 la Stet vende delle azioni Sip sul mercato e passa dall'82% di Sip al 54% di Sip (continuando a detenere il controllo).

Il riassetto e la fusione STET - SIP

La nascita di Telecom Italia sulla copertina dell'opuscolo supplemento della rivista aziendale "Selezionando Sip" n.5, 1994

La nascita di Telecom Italia è strettamente legata al processo di liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni, avviato negli Stati Uniti d'America all'inizio degli anni '80 e sentito anche nel vecchio continente. In particolare in Europa tale processo è fortemente connesso con la privatizzazione degli operatori nazionali.[15][16]

Telecom Italia nasce formalmente il 27 luglio 1994, con l'atto di fusione deliberato dalle Assemblee del 19 maggio dello stesso anno di SIP con Iritel, Telespazio, Italcable e SIRM, società del gruppo STET già operative nel settore delle telecomunicazioni. Ciò faceva seguito al "Piano di riassetto del settore delle telecomunicazioni" presentato al Ministero del tesoro dall'IRI - Istituto per la Ricostruzione Industriale Spa, in data 30 giugno 1993 nel quadro delle disposizioni contenute nella legge n. 58 del 29 gennaio 1992.[17]

Nel 1995, con una scissione parziale dalla casa madre, nasce TIM (Telecom Italia mobile) il cui capitale è controllato per il 63,01% da STET. Per massimizzare l'incasso dalla prevista privatizzazione viene deciso nel 1997 di portare avanti il piano cosiddetto di SuperSip, ovvero la concentrazione di tutte le attività operative nella società da mettere in vendita. La Finanziaria STET e Telecom Italia vengono fuse: la nuova società prenderà il nome di Telecom Italia.

Contestualmente Seat (l'editore delle Pagine Gialle) viene scissa da Telecom Italia e nel 1996 viene portata a termine la privatizzazione a favore di Ottobi, cordata formata da De Agostini (maggior azionista), Telecom (20%), Comit e Investitori Associati.

Alla fine del 1996, durante la direzione di Vito Gamberale ed Ernesto Pascale, la TIM è il primo operatore mondiale a lanciare un modello tariffario con carta prepagata, innovazione immediatamente copiata da tutti gli altri operatori. Mentre per la rete in fibra ottica Telecom Italia lancia il Progetto Socrate[18], che tuttavia verrà abbandonato dopo poco tempo per gli alti costi[19][20].

La privatizzazione del 1997

Torre Telecom Italia a Roma, Via Mario Carucci

Sotto la presidenza di Guido Rossi e l'uscita di Ernesto Pascale, il 20 ottobre 1997 viene attuata dal Governo Prodi I la privatizzazione della società: dalla vendita del 35,26% del capitale si ricavano circa 26.000 miliardi di lire. La privatizzazione, che comporta la quasi totale uscita del Ministero del tesoro dall'azionariato Telecom, viene realizzata con la modalità del cosiddetto nocciolo duro: si vende cercando di creare un gruppo di azionisti che siano in grado di farsi carico della gestione della società. Il Governo non prende in considerazione il piano proposto dalle associazioni di far aderire al capitale di Telecom gli oltre 100.000 dipendenti.[21]

A conclusione dell'OPV (Offerta pubblica di vendita), le azioni vengono collocate a 10.902 lire; il 27 ottobre 1997 Telecom Italia privatizzata viene scambiata sulla Borsa Italiana.[22] A causa della scarsa risposta degli investitori italiani il nocciolo duro non è in realtà tale: il gruppo con capofila gli Agnelli riunisce solo il 6,62% delle azioni e si rivela molto fragile.[23] Nel novembre 1998 Franco Bernabè viene scelto come Amministratore Delegato di Telecom Italia.

1999 - 2001 - L'OPA della Olivetti e la gestione Colaninno

A partire dal febbraio 1999 Olivetti attraverso Tecnost di Roberto Colaninno, già nel settore delle telecomunicazioni con Omnitel e Infostrada (queste ultime due cedute in seguito a Mannesmann), lancia una offerta pubblica d'acquisto e scambio riuscendo a ottenere, nel giugno dello stesso anno, il controllo della società con una quota del 51,02%. L'Opa va a buon fine nonostante la contrarietà di Bernabè, che considera il documento del piano "lacunoso" e non conforme alla normativa vigente.[24][25]. Il Financial Times criticherà tutta l'operazione[26].

Telecom era una delle poche società ad azionariato diffuso italiane, in cui il Ministero del tesoro aveva ancora una quota del 3,5%, pari a due miliardi di euro. Il Tesoro non si presentò all'assemblea degli azionisti che doveva decidere le contromisure alla scalata, preferendo mantenere neutralità rispetto all'operazione. La legge sulla golden share avrebbe permesso al Tesoro il diritto di veto sull'operazione.[27]

La somma con cui la scalata è finanziata, complessivamente 30 miliardi di euro, viene raccolta per un terzo attraverso capitale proprio (aumento di capitale e vendita di Omnitel ed Infostrada) e per due terzi attraverso prestito bancario e conversione delle azioni Telecom in obbligazioni e azioni della Tecnost (la scatola finale controllata da Olivetti che si indebita per controllare Telecom).[28] A questo punto è Bell, una società con sede nel Lussemburgo a controllare a monte la catena con il 22% di Olivetti.[29] Il Gruppo Olivetti, con un fatturato da attività proprie pari a 1,3 miliardi e un debito di 16 miliardi (quello per realizzare l'OPA), controlla il 51% del Gruppo Telecom, che nel 1999 ha un fatturato di 27,1 miliardi e un debito di appena 8,1 miliardi.

In seguito all'espansione internazionale in Europa ed in Sud America, iniziata durante la gestione pubblica, e in seguito all'acquisto di Seat Pagine Gialle, il debito del Gruppo Telecom sale a 21,9 miliardi (Bilancio 2001).

Nel 2001 lo storico centro di ricerca CSELT già IRI-STET viene scorporato (il gruppo di Tecnologie Vocali diventa un nuovo spin-off, chiamato Loquendo SpA, controllato al 100% dal Telecom), e la parte più consistente diventa TILab (Telecom Italia Lab).

2001 - 2007 - Gestione Tronchetti Provera

Olimpia e la fusione Olivetti - Telecom Italia

Nel 2001, con il cambio del Governo, Colaninno e i loro soci passano la mano. Dopo diverse trattative viene trovato un accordo con Il Presidente della Pirelli Tronchetti Provera e con Benetton.[30]

Per il 23% di Olivetti (posseduto da Bell) i nuovi proprietari di Telecom Italia pagano 4,175 Euro per azione, una cifra molto alta considerando che le Olivetti quotavano solo 2,25 Euro. L'esborso è spiegabile nel fatto che, in tal modo, Tronchetti Provera ha evitato di lanciare un'OPA totalitaria che sarebbe costata ancora di più.

La cessione di quel 23% ha creato una notevole plusvalenza (1,5 miliardi di euro) nelle casse di Bell, la società veicolo lussemburghese con la quale Colaninno e Emilio Gnutti detenevano il controllo di Telecom. Per questa plusvalenza Bell è stata indagata per evasione fiscale[31] e multata dall'Agenzia delle entrate per 1,937 miliardi di euro.[32] L'accertamento con adesione a cui hanno aderito i soci di Bell ha permesso la riduzione delle sanzioni a un quarto del minimo, così la società ha dovuto versare al Fisco solamente 156 milioni.[32]

Dal luglio 2001 Telecom è controllata dalla finanziaria Olimpia, partecipazione di Pirelli (al 60%), Edizione Holding dei Benetton, Banca Intesa e Unicredito Italiano, a cui in seguito si è aggiunta Hopa, la finanziaria bresciana di Gnutti (tramite Holinvest, scatola cinese (vuota) attraverso la quale Hopa detiene il 3.7% di Telecom Italia). Il nuovo management del gruppo è dunque diretto da Marco Tronchetti Provera e la sede legale viene spostata da Torino a Milano.

Per accorciare la catena di controllo, con lo scopo di avvicinare i flussi di cassa ai debiti degli azionisti di controllo, viene decisa nel 2003 la fusione della controllante Olivetti con Telecom Italia[33]. In seguito a questa operazione i debiti degli azionisti della Olivetti si riversano sul Gruppo Telecom, i cui debiti passano da 18,1 miliardi (Bilancio 2002) a 33,3 miliardi (Bilancio 2003). Per far fronte al notevole indebitamento vengono vendute la maggior parte delle partecipate estere ed immobili ceduti ai fondi partecipati da Pirelli Real Estate per un valore di 2,6 miliardi. Il gruppo subisce un ridimensionamento sul mercato internazionale[34]. La dismissione del patrimonio immobiliare di Telecom Italia, costituito da più di 2000 edifici tra cui uffici e centrali telefoniche, era iniziata durante la gestione precedente per un valore di 2,9 miliardi. La vicenda delle dismissioni immobiliari delle gestioni 1999-2007 è stata oggetto di critiche[35].

La fusione Telecom Italia - TIM

La sede legale di Telecom Italia in via Gaetano Negri, 1, 20123, Milano, Italia

Nel gennaio 2005 Telecom lancia sulla borsa un'offerta pubblica di acquisto su TIM[36], azienda già abbondantemente controllata con quota maggioritaria del 56%. Il costo necessario per rastrellare le azioni TIM dal mercato eleva l'indebitamento di Telecom da 29 a 44 miliardi di euro (140% del fatturato). La fusione Telecom-TIM viene finanziata con un mutuo di una cordata di banche, nella misura maggiore da Banca Intesa.[37]

Successivamente Telecom Italia acquista tutte le attività Internet della sua controllata Telecom Italia Media (ovvero tin.it), portando nella controllante tutte le capacità per fornire contemporaneamente servizi voce, mobili e dati, lasciando intravedere l'idea di fornire nuovi servizi che sfruttino la convergenza fisso-mobile-dati, puntando sulla rete di vendita con il mantenimento del market share sul mercato domestico.[38]

Dal bilancio 2005, l'indebitamento finanziario netto risulta essere di 39,8 miliardi di euro.[39] Tuttavia, come già nell'anno passato, la società decide, nel marzo 2006, di dare priorità all'aumento dei dividendi per gli azionisti; in risposta, l'agenzia Fitch Ratings riduce il rating di Telecom Italia, portandolo da A- a BBB+.[40]

Secondo i dati di bilancio, durante la gestione Tronchetti Provera l’indebitamento netto del gruppo Telecom Italia incrementa[41](dai 21,9 miliardi del 2001 ai 37,3 miliardi di euro del 2006) contemporaneamente ad una rilevante[42]riduzione e vendita di asset: la maggior parte delle partecipate estere acquistate nel periodo 1995-2000 (quasi tutte strategiche o maggioritarie)[43], 22.396 dipendenti e una parte del patrimonio immobiliare costituito da edifici e centrali telefoniche cedute ai fondi partecipati da Pirelli Real Estate e Morgan Stanley (retrolocate alla stessa Telecom a tassi medi di affitto superiori a quelli di mercato, come era avvenuto nella gestione Colaninno)[44]. A tali risultati si arriva in seguito alla fusione Olivetti-Telecom e alla successiva Opa sulle azioni minoritarie della divisione mobile della stessa Telecom (2005).

L'ipotesi della divisione in 4 entità

L'11 settembre 2006 il consiglio d'amministrazione dell'azienda decide di procedere alla divisione e riorganizzazione dell'azienda Telecom Italia in quattro distinti settori:[45][46]

Lo scorporo della rete permetterà l'ingresso facilitato a tutti i nuovi operatori alternativi nella telefonia fissa e internet.

In un primo momento si è parlato di una possibile cessione di TIM, sia in Italia sia in Brasile, valutate rispettivamente 30-35 miliardi di euro e 6-7 miliardi di euro. La cessione permetterebbe a Telecom Italia di sanare il suo debito di 44 miliardi di euro.[47] Numerose sono state le polemiche, anche di carattere politico, per quanto riguarda l'eventuale cessione dell'unico operatore mobile italiano a una società straniera o a Mediaset (ipotesi non impossibile ma che comporterebbe delicatissimi problemi relativi alle norme contro i cartelli di società, avendo entrambe posizioni importanti nelle telecomunicazioni). Successivamente il futuro presidente Guido Rossi dichiarerà che non esistono ipotesi di modifica del perimetro delle attività di Telecom Italia, escludendo esplicitamente qualsiasi cessione. La divisione di Telecom Italia da TIM ha portato a un'inversione di tendenza nella strada che era stata intrapresa per la convergenza fisso-mobile.

Telecom Italia si occuperebbe, invece, della telefonia fissa e dei media, soprattutto grazie agli accordi con News Corporation, di Rupert Murdoch, in merito a contenuti televisivi.[48] Gli accordi con Murdoch però non sono stati della portata prevista: è stata annunciata solo la concessione in licenza del catalogo per la diffusione in linea su Alice Home TV.[49]

Dopo la decisione del consiglio di amministrazione, il presidente del Consiglio Romano Prodi lascia trapelare la sua insoddisfazione dicendo di "Non saperne nulla". Il 15 settembre 2006, dopo l'annuncio dello scorporo di TIM,[50] Marco Tronchetti Provera in polemica con Prodi si dimette dalla guida della società: la presidenza torna, dopo 9 anni, a Guido Rossi, che deve lasciare la FIGC.[51]

Il nuovo Patto di controllo

La dirigenza di Telecom Italia alla sua nascita: Paolo Benzoni, Antonio Zappi, Vito Gamberale e Ernesto Pascale

La prima mossa di Guido Rossi alla guida di Telecom è la creazione, il 18 ottobre 2006, di un "Patto di controllo" dell'azienda tra Olimpia, Mediobanca e Generali che controllano in tutto il 21,5% della società: Olimpia (ora controllata all'80% da Pirelli e al 20% da Edizione Holding) porta in dote il proprio 18%, Assicurazioni Generali il 2,01%, Mediobanca l'1,54%.[52]

Il 15 febbraio 2007 (comunicazione di Consob del 23 febbraio 2007) Assicurazioni Generali passa dal 2,01% al 4,06% di azioni Telecom Italia.[53] Il Patto di controllo tra le aziende Olimpia + Generali + Mediobanca arriva al 23,6%.

Il patto prevede vincoli sulle quote conferite, la possibilità per i contraenti di aumentare la loro quote e anche quella di vendere in prelazione ai soci. Esiste inoltre la possibilità di entrare nel patto per altri soci che abbiano più dello 0,5% del gruppo: si è parlato dell'ingresso di Intesa Sanpaolo, Capitalia e UniCredit, mentre il secondo azionista Hopa (3,72%) ne è rimasto fuori. Il patto è un passo decisivo per il rafforzamento dell'azionariato della società telefonica, che con l'ingresso di nuovi partner potrebbe avvicinarsi alla soglia del 30% oltre la quale è obbligatorio lanciare un'offerta totalitaria.

Presidente del nuovo patto è, dopo la sua uscita da Telecom, Marco Tronchetti Provera.

Anche in conseguenza del patto e dell'influenza dei nuovi soci nel controllo delle strategie del gruppo, è definitivamente tramontata l'ipotesi di ricostituire TIM come società autonoma e di venderla successivamente insieme a Telecom Brasil.

La parentesi di Guido Rossi

A febbraio 2007 Telecom avvia i contatti con la spagnola Telefónica per l'entrata degli iberici nell'azienda italiana.[54] L'ipotesi è quella di cedere una parte di Olimpia, la finanziaria che controlla il 18% di Telecom. Il 1º marzo 2007 l'azienda Telefónica annuncia in un comunicato che i contatti con Telecom Italia sono temporaneamente sospesi, ma continuano quelli con altri soci al fine di arrivare a una cordata.

Il 16 febbraio 2007 il CdA ha approvato il nuovo assetto organizzativo basato su 4 entità e i relativi direttori generali:

  • Domestic Fixed Services: Massimo Castelli,
  • Domestic Mobile Services: Luca Luciani,
  • Finance Administration and Control: Enrico Parazzini,
  • Technology: Stefano Pileri.[55]

Il 9 marzo 2007 viene presentato il nuovo piano industriale per il triennio 2007/2009 al quale, tuttavia, il mercato reagisce facendo registrare un forte ribasso per le azioni di Telecom Italia anche alla luce del fatto che gli utili risultano in calo e, per il futuro, si annuncia una diminuzione dei dividendi.[56]

Nel settembre del 2006 Beppe Grillo, piccolo azionista Telecom, lancia una iniziativa da lui battezzata "OPA alla genovese" (il cui nome ufficiale è Share Action) sul suo blog,[57] con la quale richiede a tutti gli azionisti di Telecom Italia di delegargli la rappresentanza nell'assemblea, con lo scopo di raggiungere un numero di azioni tale da consentire a lui, e quindi a tutti coloro che abbiano aderito, di sfiduciare i membri del Consiglio di amministrazione.

Il 16 aprile 2007, durante l'assemblea degli azionisti, Grillo prende la parola[58] e accusa l'intero Consiglio di Amministrazione di manifesta incapacità manageriale, chiedendone infine le dimissioni tra gli applausi degli azionisti presenti in sala.

Grillo spiega, inoltre, che la lunga procedura burocratica imposta da Consob gli impedisce di rappresentare formalmente la totalità dei piccoli azionisti che gli hanno delegato il loro potere di voto, ma promette che all'assemblea successiva il piccolo azionariato sarà rappresentato in maniera compatta all'interno dell'assemblea dei soci.

2007-2013 Gestione italiana e Telefonica

Il passaggio di proprietà da Olimpia a Telco nel 2007

Gabriele Galateri di Genola

Il 1º aprile 2007 Pirelli, a seguito di un CdA straordinario, annuncia di avere ricevuto due offerte tese a rilevare il 66% di Olimpia, la holding che detiene il pacchetto di controllo di Telecom Italia.

Le offerte, da parte dell'azienda statunitense AT&T (che, successivamente - il 16 aprile - ha dichiarato di ritirarsi dall'operazione) e dalla messicana América Móvil di Carlos Slim Helú, erano tese a rilevare, ciascuna, il 33% di Olimpia.

A sorpresa, pochi giorni dopo l'annuncio delle due offerte, Guido Rossi, presidente della società dal settembre 2006, non avendo vista rinnovata la propria candidatura a far parte del Consiglio di amministrazione (poi rinnovato nell'assemblea degli azionisti del 16 aprile 2007) si dimette[59] da presidente dell'azienda non senza aver aspramente criticato, in un'intervista a La Repubblica, Marco Tronchetti Provera.[60] Al suo posto viene nominato Pasquale Pistorio come presidente di transizione.[61] Il 28 aprile una cordata italo-spagnola composta da Mediobanca, Assicurazioni Generali, Intesa Sanpaolo, Sintonia e Telefónica lancia un'offerta per rilevare la quota di Pirelli in Olimpia, con la contestuale creazione di una società veicolo, denominata Telco S.p.A. (patto di controllo): quest'ultima nacque con lo scopo di controllare circa il 23% di Telecom Italia. Tale offerta è stata accettata dal CdA straordinario tenutosi in tale data.

Il 24 ottobre 2007 c'è stata la firma per il passaggio da Olimpia a Telco[62] che ha concretizzato l'operazione ma ponendo 28 condizioni all'azienda Telefónica, legate anche ai Paesi dove le 2 aziende sono concorrenti, in primis in Sudamerica. A dicembre, saranno nominati come presidente Gabriele Galateri di Genola e come amministratore delegato Franco Bernabè, ex-presidente della compagnia telefonica.

Il 27 ottobre 2009 i soci di Telco S.p.A., con l'eccezione di Sintonia, rinnovarono per altri 3 anni il patto di controllo.

Negli stessi anni si registrò anche un incremento di attenzione nei confronti di tematiche ambientali e sociali: si ricordano nello specifico il lancio del progetto di sostenibilità avoicomunicare (8 agosto 2008), la nascita della Fondazione Telecom Italia (24 dicembre 2008) e il sostegno alle popolazioni dell'Abruzzo e dell'Emilia-Romagna colpite dal terremoto.[63][64][65]

Dirigenza dal 2006

Franco Bernabè

Dal 15 settembre 2006, dopo un delicato periodo legato all'inizio di un processo riorganizzativo, alla presidenza della società torna il prof. Guido Rossi, che succede al dimissionario Marco Tronchetti Provera, già presidente di Pirelli e altre società. Vice presidente è Gilberto Benetton, che è anche presidente della finanziaria Edizione Holding e di Autogrill. Vice presidente esecutivo è Carlo Buora, l'amministratore delegato è Riccardo Ruggiero.[66] Tra i consiglieri spiccano Massimo Moratti, Carlo Alessandro Puri Negri (di Pirelli), Gianni Mion (di Benetton), nonché Giovanni Consorte (di Unipol), quest'ultimo tra gli indagati per lo scandalo Bancopoli (poi dimessosi).

Alcuni mesi dopo, il 7 aprile 2007, Rossi si dimette[67] e viene sostituito da Pasquale Pistorio (vicepresidente di Confindustria e consigliere della società telefonica),[68] che dopo l'arrivo di Telco rassegnerà le proprie dimissioni insieme a Riccardo Ruggiero e Carlo Buora.[69] La presidenza spetta ora a Gabriele Galateri di Genola, in carica dal 3 dicembre 2007, e Franco Bernabè ottiene la carica di amministratore delegato.[70]

Il 14 aprile 2008 viene nominato un nuovo Consiglio di Amministrazione, i cui 15 Amministratori resteranno in carica per il triennio 2008-2010:[71] Gabriele Galateri di Genola e Franco Bernabè vengono confermati rispettivamente Presidente e Amministratore Delegato di Telecom Italia.[72] Allo scadere del mandato, il Consiglio di Amministrazione del Gruppo viene rinnovato nel 2011: Franco Bernabè viene nominato Presidente Esecutivo, mentre Marco Patuano diventa il nuovo Amministratore Delegato per il triennio 2011-2013.[73]

Il 5 ottobre 2012 Andrea Mangoni viene nominato presidente di TIM Brasil,[74] incarico che termina il 7 febbraio 2013 quando rassegna le dimissioni,[75] mentre Franco Bertone è Chief Operating Officer del Gruppo Telecom Argentina dal 2008.[76][77]

Open Access e altre iniziative del 2008

Nel febbraio 2008 Telecom Italia ha creato "Open Access",[78] una nuova funzione per gestire tutte le attività di sviluppo e manutenzione delle infrastrutture tecnologiche di rete di accesso, i processi di fornitura dei servizi di accesso per la clientela della Telecom Italia e per gli altri Operatori e la relativa assistenza tecnica. Tutto ciò per una maggiore efficienza, qualità e parità di trattamento.[79] "Open Access" è stato alla base del dialogo fra la Telecom Italia e l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ed è stato anticipato dall'assunzione di impegni volontari, approvati dall'Autorità nel dicembre 2008. Gli impegni, che hanno al centro il ruolo ricoperto da "Open Access" e dai suoi nuovi processi per sviluppare in modo autonomo, separato e trasparente la rete d'accesso della Telecom Italia, servono a rafforzare il contesto competitivo. Sono insomma una sorta di garanzia nei confronti dei rischi competitivi tradizionalmente associati all'integrazione verticale della Telecom Italia (ossia, essenzialmente, possibili condizioni privilegiate di accesso alla rete fissa), nonché sull'aumento del grado di concorrenzialità in tutti i mercati retail collegati alla rete di accesso.

Nel 2008 è stata anche costituita la Fondazione Telecom Italia.[80]

L'ipotesi di cessione totale di Telco a Telefónica e le dimissioni di Bernabè

Dopo che il titolo ha raggiunto il suo minimo storico a 0,5 euro ad azione, nella notte del 23 settembre 2013 Generali, Mediobanca ed Intesa Sanpaolo raggiungono un accordo con Telefónica per la cessione a quest'ultima delle loro quote in Telco. L'operazione permetterebbe al gestore spagnolo di portare dal 46 al 66% la sua partecipazione nella holding che controlla il 22,4% di Telecom Italia, con un'opzione per un ulteriore incremento fino al 70% nel breve periodo per poi arrivare al 100% a partire da gennaio 2014 in caso di approvazione da parte delle autorità Antitrust.

Il 3 ottobre 2013 Franco Bernabè dà le dimissioni come presidente di Telecom Italia ricevendo una liquidazione di 6,6 milioni;[81] tutte le deleghe sono affidate temporaneamente all'ad Marco Patuano.

Nel periodo 2007-2013, durante la gestione Telco (Telefonica, Mediobanca, Intesa, Generali), dai dati di bilancio si registra una riduzione dell'indebitamento netto (da 35,7 miliardi a 26,8 miliardi) e un calo del fatturato (da 31,3 miliardi a 22,4 miliardi) dovuto a vari fattori (concorrenza, over the top, vendita asset, azioni regolatorie,instabilità della Governance). In questa fase, inizia quel processo che vede una nuova composizione del fatturato con il calo dei servizi di voce (fissi e mobili) e la crescita della connettività e dei servizi a valore aggiunto.

Dal 2014 ad oggi: Vivendi maggior azionista

Il 16 aprile 2014 si tiene l'assemblea societaria che insedia un nuovo Consiglio di Amministrazione, a maggioranza di membri indipendenti, e procede con la nomina dei nuovi amministratori e di Giuseppe Recchi a Presidente del nuovo Consiglio di Amministrazione;[82] nel CdA del 18 aprile vengono conferite le deleghe e Marco Patuano confermato Amministratore delegato.[83]

L'uscita di Telco

Il 16 giugno 2014 Generali, Mediobanca ed Intesa Sanpaolo hanno annunciato l'intenzione di uscire dal patto di controllo inerente all'holding Telco S.p.A.: in virtù di ciò, nei prossimi mesi Telefónica deterrà direttamente una partecipazione di circa il 15% in Telecom Italia, diventandone unico azionista di controllo,[84] anche se di fatto gli amministratori Recchi e Patuano dichiarano che la società viene gestita come una public company. La modifica della Corporate Governance riduce il peso dell'azionista di controllo e traghetta progressivamente l'azienda verso lo status di public company. [85] [86]

Il 16 luglio 2014 Telefonica si avvia a ridurre sotto il 10% la propria partecipazione in Telecom Italia attraverso l'emissione di un bond convertendo in azioni Telecom da 750 milioni, pari quindi a circa il 6% del capitale del gruppo italiano. L'annuncio degli spagnoli, che con lo scioglimento di Telco avrebbero il 14,8% di Telecom, è in pratica una mossa preventiva in funzione Cade: a dicembre l'Antitrust brasiliano - dopo il rafforzamento di Telefonica nella holding Telco che è primo socio di Telecom - aveva sottolineato che l'incremento della quota era contraria agli impegni assunti con l'Authority e aveva chiesto agli spagnoli di conseguenza di uscire da Telecom Italia o di vendere Tim Brasil per riequilibrare la propria presenza nel mercato sudamericano. Con il convertendo triennale dunque Telefonica si è avviata verso la riduzione del proprio peso in Telecom Italia.

L'ultrabroadband: introduzione e diffusione della fibra e del 4G

Il 20 febbraio 2014 Telecom Italia ha debuttato nel ″seed investment″ a favore delle startup digitali,[87]. Gli investimenti, previsti per il triennio 2014-2016, si concentreranno sulle startup selezionate in base alla capacità d'innovazione sul fronte tecnologico, mobile, digitale e dell'ICT. Tale programma è parte del progetto Working Capital, attivo dal 2009, nel quale sono coinvolti circa 6.000 progetti di impresa.[88]

Nel marzo del 2014 è stato approvato il processo di fusione per incorporazione di TI Media in Telecom Italia, il cui perfezionamento è previsto entro il terzo trimestre 2015.[89] Il 19 febbraio 2015 viene annunciato il progetto di integrazione tra le due società da attuarsi nella forma di una fusione per incorporazione di Telecom Italia Media in Telecom Italia.[90] Il programma è finalizzato al risparmio dei costi di gestione, alla razionalizzazione della struttura del gruppo e alla semplificazione dell'intera offerta fissa, mobile, Internet dell'azienda.[91] La novità più significativa è che TIM diventerà l'unico marchio commerciale del Gruppo. [92] In occasione del rebranding sono stati pianificati investimenti per accelerare lo sviluppo delle reti di nuova generazione.[93]

Nell'aprile dello stesso anno l'azienda ha annunciato un accordo con Sky Italia per permettere agli abbonati l'accesso ai contenuti attraverso la connessione in fibra ottica di Telecom Italia.[94]

Il 26 giugno 2014 è stato modificato lo statuto per renderlo conforme alla disciplina del cosiddetto “golden power”, modificata dalla legge l'11 maggio 2012.[95]

Il 10 luglio 2014 si è conclusa con successo l'adesione al piano di azionariato per gli oltre 18.076 dipendenti che hanno richiesto la sottoscrizione di più di 96 milioni di azioni ordinarie. È previsto inoltre che si assegni 1 azione gratuita ogni 3 sottoscritte a tutti coloro che avranno conservato le azioni per un anno. La cifra investita da ogni dipendente ammonta a circa 4.500 euro.[96]

Il 16 ottobre 2014 viene comunicato che nel triennio 2014-2016 l'azienda investirà 9 miliardi di euro nello sviluppo delle infrastrutture di Rete. 3,4 miliardi serviranno per sviluppare reti e servizi, soprattutto riguardanti il 4G e la Fibra ottica.[97]

Nell'ottobre 2014 sono stati approvati i programmi per la realizzazione in Calabria e in Molise della rete in fibra ottica. Telecom Italia si è aggiudicata, infatti, il Bando per le Regioni Calabria e Molise, relativo alla concessione di un contributo ad un progetto di investimento per la realizzazione di nuove infrastrutture ottiche passive abilitanti alle reti NGAN (Next Generation Access Network). Il principale obiettivo dei programmi è quello di fornire connettività con banda ultralarga a 227 comuni delle due regioni per favorire il raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda Digitale Europea. [98] [99] Nei primi mesi del 2015 il programma per la realizzazione della rete in fibra ottica ha coinvolto anche le regioni Puglia e Basilicata. [100] I comuni pugliesi coinvolti sono 148, mentre in Basilicata i comuni coperti dal servizio sono 64 ma il piano complessivo prevede di raggiungere 600 comuni entro il 2016 per una copertura di oltre il 50% della popolazione.[101] Nell'agosto 2015 Telecom Italia si è aggiudicata il Bando del Ministero dello Sviluppo Economico per la concessione di un contributo pubblico per la realizzazione di infrastrutture a banda larga in 136 comuni della Sicilia.[102]

Nel dicembre 2014 Telecom Italia ha celebrato 50 anni di innovazione e ricerca in concomitanza al compleanno del Centro di Ricerca e Innovazione del Gruppo, nato nel 1964 a Torino come CSELT (Centro studi e laboratori telecomunicazioni) e divenuto TILab nel 2001 (acronimo di Telecom Italia Lab - mentre il vecchio gruppo di Tecnologie vocali è divenuto lo spin-off Loquendo nello stesso anno).[103][104] Il Centro ha messo a punto le prime sperimentazioni di trasmissioni su cavi ottici interrati già negli anni ‘70, la definizione dello standard MPEG (Moving Picture Experts Group) per la compressione digitale del segnale audio-video, che ha permesso la nascita dei CD e la diffusione dei file musicali mp3 su tutti i device (tablet, smartphone e PC) e le prime forme di video comunicazione digitale.[105] [106] Nel 1974 CSELT presenta il primo sintetizzatore vocale in tempo reale italiano.[107]

Negli anni 2000 il progredire degli studi e delle sperimentazioni ha permesso ai ricercatori di sviluppare il 4G e 4G Plus (LTE e LTE Advanced) che hanno reso Telecom Italia la 1ª telco in Europa e la 5ª al mondo per numero di brevetti nel settore della telefonia mobile.[108]

Nei primi mesi del 2015 è iniziata la procedura per la quotazione in Borsa di INWIT, la società che racchiude e gestisce le torri di trasmissione di Telecom Italia.[109] [110]

L'azienda è anche un fornitore di servizi nel Sistema pubblico di connettività (SPC), gestisce una parte della connettività internet e intranet della pubblica amministrazione italiana, in attesa del subentro dei fornitori che a maggio 2015 sono risultati aggiudicatari della gara Consip.[111]

Nel 2015 Telecom è partner dell'Esposizione Universale di Milano,[112] siglando un accordo con Ericsson per la fornitura di servizi di rete mobile in tale ambito.[113]

A partire da luglio 2015 il brand Tim (non più acronimo) è utilizzato per l'intera offerta di telefonia fissa, mobile e internet dell'azienda Telecom Italia e diventa operativo il sito unificato di Tim, che comprende le offerte e l'assistenza per la telefonia fissa e mobile.

Nel 2016 la scalata del gruppo Vivendi

Nell'ottobre 2015 il gruppo francese Vivendi si mosse sul mercato azionario ordinario della Telecom, allo scopo di portare la propria quota di partecipazione intorno al 20% e aumentare la propria influenza sul cda dell'azienda[114]. Con tale operazione, Vivendi ottenne tre consiglieri nei comitati di gestione di Telecom.

Il 13 gennaio 2016 venne lanciato il nuovo logo TIM a segnare una discontinuità col passato[115] mentre il rastrellamento delle quote continuava a più riprese nei mesi successivi quando Vivendi portava nel gennaio 2016 la sua quota al 21,4% e il 19 febbraio 2016 al 22,8%[116]. Il 2 marzo 2016, con un investimento di 120 milioni di euro e in sole due settimane, il gruppo francese portò ulteriormente la propria quota di possesso di Telecom Italia al 23,8%[117][118]. La scalata proseguì fino all'11 marzo 2016 quando il gruppo francese Vivendi giunse al 24,9% di possesso divenendo il maggior azionista. Il 22 marzo il Cda ha ratificato le dimissioni di Patuano, trasferendo le sue deleghe, in attesa della nomina del nuovo AD, al presidente Giuseppe Recchi[119].

Il 30 marzo 2016 Flavio Cattaneo viene nominato AD di Telecom Italia e annuncia le dimissioni nel luglio 2017 con una liquidazione "monstre" di 25 milioni di euro.

Al 28 luglio 2017 la governance della società era composta da:

Dal 2018 la governance Elliott

Nel mese di aprile 2018 Cassa Depositi e Prestiti ha acquistato azioni della società per il 4,262% del capitale ordinario[120], con una visione di lungo respiro, non speculativa.

Un altro 8,847% è detenuto da Paul Singer attraverso il fondo Elliott che nell'assemblea societaria del 4 maggio 2018 con l'approvazione del 49,84% dei voti ha scalzato Vivendi dal vertice, la cui lista ha ottenuto il 47,18%, nonostante che col 23,943% del capitale sociale sia sempre il maggior azionista.
Con il nuovo consiglio d'amministrazione formato da 13 consiglieri su 15 indipendenti, compreso il presidente, Telecom Italia è diventata, come auspicato da Elliott, una public company.
Il 7 maggio vengono eletti all'unanimità, con la sola loro astensione, Fulvio Conti presidente e confermato Amos Genish come amministratore delegato. Arnaud de Puyfontaine resta nel cda come consigliere.

Consiglio di Amministrazione

Dal 4 maggio 2018 il nuovo board di 15 componenti in carica per 3 esercizi, è composto dai 10 amministratori, tutti indipendenti, nominati dalla lista presentata dai soci Elliott lnternational LP, Elliott Associates LP e The Liverpool Limited Partnership, che che ha ottenuto più voti:

Della lista depositata da Vivendi sono stati eletti i 5 amministratori:

Azionariato

La struttura azionaria è così composta:

Dati Consob al 12 luglio 2018.[121]

Cronologia dei vertici aziendali

Periodo Carica e nome Note
2018 -
dal 2017 - 2018
dal 2013 - 2017
2011 - 2013
3 dicembre 2007 - 2011
8 aprile 2007 -
2 dicembre 2007
15 settembre 2006 -
7 aprile 2007
2001 - 2006
1999 - 2001 [122]

Punti critici

Scandalo Telecom Italia-SISMI

Lo stesso argomento in dettaglio: Scandalo Telecom-Sismi.

Telecom Italia è stata coinvolta, insieme al Sismi, nello scandalo delle intercettazioni abusive legato a varie vicende del 2005-2006, tra cui il caso Abu Omar[123] e lo spionaggio di Alessandra Mussolini prima delle elezioni regionali nel Lazio, nel 2005.[124] Si tratta dello Scandalo Telecom-Sismi.

Secondo la procura di Milano, gli intercettati erano giudici, giornalisti, politici e uomini di altri servizi (l'indagine peraltro è correlata al suicidio, avvenuto nel 2006, di Adamo Bove, manager di Telecom Italia avente incarichi nel campo della sicurezza).[125]

L'inchiesta e le indagini

Il 20 settembre 2006 Giuliano Tavaroli, l'ex capo della Sicurezza di Pirelli e Telecom Italia, viene arrestato insieme ad altre 20 persone.[126] L'accusa è quella di spionaggio e corruzione. Lo scandalo è partito da un'inchiesta compiuta dai giornalisti del quotidiano La Repubblica Giuseppe D'Avanzo e Carlo Bonini.[127][128][129] Tra gli intercettati risulterebbe anche Romano Prodi.[130]

Il 13 dicembre 2006 Marco Mancini (ex numero due del Sismi) è stato inoltre arrestato nell'ambito dell'inchiesta sulle intercettazioni illegali di Telecom Italia,[131] insieme a Giuliano Tavaroli (già in carcere) ed Emanuele Cipriani, investigatore privato fiorentino.[132] L'accusa per tutti è quella di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla rivelazione del segreto d'ufficio.

Nel maggio 2007 Telecom Italia vince il "Premio" Big Brother Award come "peggiore azienda privata", proprio per quanto successo in fatto di riservatezza dei dati.[133]

Il 14 luglio 2008 la Procura della Repubblica di Milano deposita le 350 pagine dell'avviso di chiusura delle indagini,[134][135][136] dopo aver convocati in Procura, come ultimo atto investigativo, i vertici di Telecom Italia di allora, Marco Tronchetti Provera (ex presidente) e Carlo Buora (ex amministratore delegato) in quanto persone informate sui fatti.[137][138] Per non aver vigilato sulla propria security e sui metodi usati per avere le informazioni, il gruppo Telecom Italia (unitamente al gruppo Pirelli) risulta indagato in base alla legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società, pur non essendo stati mossi addebiti contro l'ex presidente e l'ex amministratore delegato di Telecom Italia. Una lunga serie di reati sono stati invece contestati a 34 persone, accusate a vario titolo di aver messo in piedi una vera e propria associazione a delinquere al cui vertice c'era l'ex capo della security Giuliano Tavaroli.[139] Nelle interviste rilasciate nei giorni successivi alla chiusura delle indagini, Tavaroli si difende dando la propria versione dei fatti e scaricando le responsabilità sui suoi superiori, che gli avrebbero commissionate le indagini poi risultate illecite.[140][141]

Le udienze

Durante le udienze preliminari (la prima delle quali fissata per il 31 marzo 2009),[142] l'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi appone il segreto di Stato sulle indagini sui dossier illegali del caso.[143]

Nel febbraio 2010 Telecom Italia e Pirelli chiedono di patteggiare l'accusa di corruzione, presentando così un'istanza di circa 7 milioni e mezzo di euro. Ciononostante, le due imprese si rappresentano come danneggiate dai comportamenti di Tavaroli e Cipriani e restano quindi nell'udienza preliminare solo come parti civili per l'ipotesi che costoro si siano indebitamente appropriati di soldi delle società, e come responsabili civili rispetto ad altri reati contestati agli indagati.[144][145]

In seguito l'investigatore Emanuele Cipriani dichiara spontaneamente di aver agito per conto del presidente di Telecom Italia Marco Tronchetti Provera, preparando per lui dei dossier contenenti informazioni che potessero aiutarlo nella gestione degli affari.[146] Nel frattempo però Marco Tronchetti Provera smentisce di essere stato a conoscenza di eventuali attività illecite condotte dalla security dell'azienda o della schedatura di massa dei lavoratori.[147][148]

A marzo[149][150][151] viene sentito Fabio Ghioni, il quale dirigeva una struttura pensata per proteggere la rete Telecom ma che di fatto eseguì attività di hackeraggio, il cosiddetto Tiger Team. Egli ha affermato che Tronchetti Provera fosse a conoscenza di questi attacchi informatici.[152] Successivamente Tronchetti Provera depone come testimone e ribadisce di essere totalmente estraneo alle attività di dossieraggio illecite.[153]

Le sentenze

Tra i condannati del processo di primo grado conclusosi il 13 febbraio 2013 vi sono 7 dei collaboratori di Giuliano Tavaroli (che ha ottenuto un patteggiamento di meno di 5 anni) con pene fino a 7 anni e risarcimenti per oltre 22 milioni di euro. Inoltre ci sono state condanne per l'ex collaboratore del Sisde Marco Bernardini (7 anni e mezzo) e per l'ex investigatore privato Emanuele Cipriani (5 anni e mezzo).[154] La prima Corte d'Assise di Milano ha inoltre sancito che Telecom Italia, costituitasi parte civile dovrà essere risarcita di 10 milioni dagli imputati.[154]

Le spese per i braccialetti elettronici

Molti hanno sollevato critiche a causa di una commessa pubblica affidata a Telecom e relativa al monitoraggio di alcuni braccialetti elettronici (una misura adottata per il controllo dei detenuti): in 10 anni (dal 2001 al 2011) lo Stato ha versato a Telecom 81 milioni di euro di abbonamento per la tracciatura di quei dispositivi. La Corte dei conti ha evidenziato l'anti-economicità della manovra, visto che in quel periodo solo 14 braccialetti sono stati utilizzati. Nel 2011 il ministro del governo Monti, Anna Maria Cancellieri, ha rinnovato la commessa per ulteriori sette anni;[155] anche il prolungamento del contratto ha suscitato diverse perplessità, visto che il figlio del ministro Cancellieri, Piergiorgio Peluso, lavora proprio a Telecom come top manager.[156] Entrata a far parte dell'esecutivo di Enrico Letta non più come ministro dell'Interno ma come Guardasigilli, la Cancellieri aveva più volte proposto l'uso del braccialetto elettronico come strumento di contrasto al fenomeno dilagante della violenza contro le donne, e in particolare per controllare e scoraggiare i cosiddetti stalker.[157]

Assetto organizzativo

La struttura societaria di Telecom Italia al marzo 2015
  • Business Unit Domestic: servizi di fonia e dati per clienti finali (retail) e altri operatori (wholesale) in Italia. In campo internazionale opera nell'ambito dello sviluppo di reti in fibre ottiche per clienti wholesale (in Europa, nel Mediterraneo e in Sud America); gruppo Olivetti
  • Business Unit Brasile con Tim Brasil

Assetto di gruppo

L'operazione, avviata già alcuni mesi prima, prevedeva che TI Media detenesse il 70% delle azioni di Persidera, mentre il Gruppo Editoriale L'Espresso il 30%. Attraverso questa unione, Persidera è diventata un operatore di rete a copertura nazionale titolare di cinque multiplex digitali.[159]

Partecipazioni

Telecom Italia detiene diverse partecipazioni in aziende sia italiane sia estere, si elencano alcune partecipazioni:[160]

In Italia:

In Brasile:

Fondazione TIM

La Fondazione Telecom Italia (dal 2016 Fondazione TIM) è stata costituita il 24 dicembre 2008 ed è attiva nel settore dell'inclusione sociale, nel 2011 ha finanziato la riapertura della biblioteca provinciale "Salvatore Tommasi" de L'Aquila e vari progetti destinati ai giovani in situazioni di disagio.

Archivio storico

L'archivio storico TIM dispone di 18 km lineari di immagini storiche.[161][162]

Acquisizioni e cessioni

Cessioni

Nell'ambito del piano di focalizzazione sul core business vengono cedute quasi tutte le partecipazioni in aziende manifatturiere (tranne l'Olivetti Tecnost, ribattezzata Olivetti S.p.A. nel 2005), alcune aziende non strategiche e varie partecipate straniere.

Acquisizioni

Il piano industriale porta Telecom Italia ad acquistare aziende che si occupano di internet a banda larga e del campo dei media.

Liberalizzazione e proposte di riforma societaria

Una distinzione maggiore fra due generiche attività è introducibile con una separazione societaria e, maggiormente, con una separazione patrimoniale. Un regolamento dell'autorità garante ha imposto la separazione contabile per l'attività di gestione di una rete e quella di fornitore di servizi d'accesso.[senza fonte]

Un problema simile per diverse infrastrutture

La situazione è simile a quella esistente in altri settori strategici come quello dell'energia e del gas, nei quali la società proprietaria della rete di trasmissione elettrica (Terna) è controllata dell'ENEL, e la proprietaria della rete di distribuzione del gas (Snam) è una controllata dell'ENI. Il proprietario della rete alloca la capacità fra i diversi operatori e tenderà a favorire, a discapito della concorrenza, il fornitore di energia, gas, piuttosto che telecomunicazioni appartenente allo stesso gruppo. Un primo segnale sul fronte energetico è comunque giunto: la società Terna è stata scorporata da Enel[185] e accorpata al GRTN (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale), proprietario e gestore della Rete elettrica, nonché responsabile della sua manutenzione e di tutte le politiche di sviluppo della medesima.

Monopolio naturale della proprietà e gestione concorrenziale

Nei tempi delle liberalizzazioni, si è visto come una gestione pluralistica e concorrenziale della rete, alla quale partecipano più operatori, porta vantaggi per gli utenti in termini di tariffe e di qualità. Più difficile è sostenere un argomento simile riguardo alla proprietà delle reti.

Le reti hanno forti costi di costruzione, che rendono difficilmente replicabile una seconda rete altrettanto estesa e capillare di telecomunicazioni (piuttosto che di distribuzione del gas o corrente elettrica): quindi è improbabile avere due o più proprietari di grandi reti.

Suddividere la rete esistente in sottoreti geografiche e frazionarne la proprietà, significherebbe perdere l'interoperabilità, accessibilità e scalabilità che sono fra le caratteristiche principali richieste a una rete. Per questo raramente viene posto in discussione che il proprietario, il centro decisionale competente sull'intera rete, debba essere uno solo, per evitare ridondanze o incompatibilità nella gestione fra un'area geografica e l'altra. Il dibattito verte principalmente su come debba essere ripartito il capitale del soggetto proprietario della rete.

In questo senso, più volte l'Agcom ha ribadito che la rete su doppino non è replicabile; e a proposito di telecomunicazioni e altre infrastrutture, la rete è equiparata ai monopoli naturali. Nel primo caso una questione economica crea un monopolio naturale, mentre nel secondo caso si fa riferimento a un'impossibilità di duplicazione fisica per la natura e tecnica per l'uomo.[186]

Separazione fra proprietà e gestione

La competizione globale spinge ad aprire il mercato anche a operatori stranieri, perché anche le imprese italiane non incontrino difficoltà di accesso nei corrispondenti mercati stranieri.

D'altra parte, l'importanza strategica delle infrastrutture solleva la questione della loro "italianità", di un loro controllo in capo a soggetti pubblici o privati, comunque italiani. Una separazione fra proprietà e gestione può conciliare queste due esigenze, attraverso una proprietà "italiana" e una gestione aperta anche a operatori esteri.

Il modello delle telecomunicazioni britannico

Lo stesso argomento in dettaglio: Corporate governance.

Una vera concorrenza al settore delle telecomunicazioni arriverebbe sul modello britannico da una società proprietaria della rete, con separazione patrimoniale e vincoli al possesso di azioni anche con società collegate o controllate rispetto alla Telecom Italia, che resterebbe un operatore di rete come la Wind, la Tele2 e altri.

Nel modello inglese la società proprietaria della rete è una società ad azionariato diffuso.

La partecipazione pubblica come nei Paesi UE

In Italia si propone come ulteriore garanzia una significativa partecipazione pubblica (20-30%) al capitale della società, tale da averne il controllo con maggioranza relativa, ma da renderla difficilmente scalabile per via del forte indebitamento e del restante 70% ad azionariato diffuso che andrebbe "rastrellato" in borsa. A seconda della volontà politica, una partecipazione pubblica alta può opporsi infatti in linea di principio a tentativi di scalata, ma può anche agevolare per tempo con legislazioni favorevoli un processo di privatizzazione. Una garanzia più robusta unisce la presenza pubblica a quella di un prevalente azionariato diffuso.

Servizio universale e ripartizione dei costi

Il proprietario della rete, nel modello inglese e in altri Stati, è soggetto alla legge del servizio universale, che lo obbliga a manutenere e ammodernare l'intera estensione geografica della rete.

La legge impone degli investimenti che in sé non sono remunerativi, e dovrebbero garantire un servizio minimo essenziale di telefonia a tutta la popolazione.

In Italia, i costi del servizio universale sono per legge interamente a carico dell'operatore di telefonia con la maggiore quota di mercato. Lo Stato italiano corrisponde annualmente gli oneri all'operatore per garantire i servizi previsti dalla legge.

L'ammontare di questi trasferimenti dallo Stato alle aziende private può essere molto superiore agli oneri effettivamente sostenuti, e talora è oggetto di accuse rispetto al diritto antitrust, qualificando i trasferimenti come "aiuti di Stato".

In altri Paesi i costi fissi vengono ripartiti fra i vari operatori in misura proporzionale alla quota di mercato. La quota è calcolata a partire dal fatturato che è un dato certo e univoco del bilancio.

La manutenzione e l'ammodernamento costituiscono un forte indebitamento che rende poco contendibile la società e poco appetibili i tentativi di scalata.

Nel 2005 (ultimi dati disponibili) Telecom Italia ha riferito di aver sostenuto i seguenti oneri, per lo svolgimento del servizio universale:

  • Fonia vocale: 33,5
  • Telefonia pubblica: 14,7
  • Categorie agevolate: 10,1

Per un totale di 58.4 milioni di euro: lo Stato, attraverso il Fondo finanziamento del costo netto degli obblighi del servizio universale (cui contribuiscono tutti gli operatori che usufruiscono delle reti pubbliche di telecomunicazioni), ha rimborsato a Telecom Italia 25.58 milioni di euro.

Loghi

Il logo Telecom Italia viene presentato nel febbraio 2003, ma è da considerare il frutto di un'evoluzione storica e dei cambiamenti dell'azienda. L'origine del simbolo è infatti da rintracciare nei loghi delle società SIP e STET, che nel 1994 hanno portato alla nascita di Telecom Italia. A partire dallo storico marchio SIP, presentato nel 1983, le variazioni riguardano prevalentemente il lettering ed il colore. Le quattro “ondine” rosse, poi scese a tre intendono richiamare i cavi telefonici attraverso cui avviene la comunicazione.[187] Il nuovo logo è identico al trigramma Gèn (montagna, riflessione) del libro dei Mutamenti.

Ernesto Pascale, Guido Pugliesi e Biagio Agnes presentano alla stampa il logo aziendale
File:Vecchio logo Telecom Italia.gif
19942003 20032016 2016 – attuale

Dati economico-finanziari

2007

La Telecom Italia S.p.A. nel 2007 ha ottenuto 31,013 miliardi di euro di ricavi, un EBIT di 5,955 miliardi, un utile netto di 2,455 miliardi. L'indebitamento finanziario netto ammonta a 35,701 miliardi, il patrimonio netto a 26,985 miliardi, la capitalizzazione in borsa è di 39,345 miliardi di euro. La Telecom ha impiegato mediamente 79.628 dipendenti. Detiene partecipazioni per 11.19 miliardi di euro.[188]

2008

Il Gruppo Telecom Italia nel 2008 ha ottenuto 30.158 milioni di euro di ricavi, un EBIT di 5.463 milioni di euro, un utile netto di 2.215 milioni di euro. L'indebitamento finanziario netto ammonta a 20.039 milioni di euro, il patrimonio netto a 26.856 milioni di euro, la capitalizzazione in borsa è di 34.049 milioni di euro. Il personale a fine 2008 è pari a 77.825 dipendenti.[189] Il numero dei clienti di linee fisse è di 17.352.000

2009

Il Gruppo Telecom Italia nel 2009 ha ottenuto 27.163 milioni di euro di ricavi, un EBITDA di 11.115 milioni di euro, un utile netto di 1.581 milioni di euro e ha effettuato investimenti industriali per 4.543 milioni di euro. L'indebitamento finanziario netto ammonta a 34.747 milioni di euro. Il personale del Gruppo, al 31 dicembre 2009, è pari a 71.384 unità di cui 60.872 in Italia. Alla stessa data, il numero di accessi retail alla rete fissa in Italia è di circa 16,1 milioni, gli accessi broadband retail in Italia ammontano a 7 milioni, le linee TIM a 30,8 milioni e i clienti TIM Brasil a 41,1 milioni. La7 ha una share media giornaliera del 3,0% e i visitatori unici di Virgilio sono in media 3,2 milioni al giorno.[190]

2010

Inserzione della campagna "Il telefono. La tua voce ", 1977-1982

Il Gruppo Telecom Italia nel 2010 ha ottenuto 27.571 milioni di euro di ricavi, un EBITDA di 11.412 milioni di euro, un utile netto di 3.121 milioni di euro e ha effettuato investimenti industriali per 4.583 milioni di euro. L'indebitamento finanziario netto ammonta a 32.087 milioni di euro. Il personale del Gruppo, al 31 dicembre 2010, è pari a 84.200 unità di cui 58.045 in Italia. Alla stessa data, il numero di accessi retail alla rete fissa in Italia è di circa 15,4 milioni, gli accessi broadband retail in Italia ammontano a 7,2 milioni, le linee TIM a 31 milioni, i clienti TIM Brasil a 51 milioni e le linee mobili in Paraguay a 1,9, mentre in Argentina le linee fisse sono 4,1 milioni, 1,4 milioni gli accessi broadband, 16,3 milioni i clienti mobili. La7 ha una share media giornaliera del 3,1% e i visitatori unici di Virgilio sono in media 3,7 milioni al giorno.[191]

2011

Il Gruppo Telecom Italia nel 2011 ha ottenuto 29.957 milioni di euro di ricavi, un EBITDA di 12.246 milioni di euro, un utile netto negativo di 4.726 milioni di euro (causa impatto negativo della svalutazione dell'avviamento) e ha effettuato investimenti industriali per 6.095 milioni di euro. L'indebitamento finanziario netto ammonta a 30.414 milioni di euro. Il personale del Gruppo, al 31 dicembre 2011, è pari a 84.124 unità di cui 56.878 in Italia. Alla stessa data, il numero di accessi retail alla rete fissa in Italia è di circa 14,7 milioni, gli accessi broadband retail in Italia ammontano a 7,1 milioni, le linee TIM a circa 32,2 milioni, quelle TIM Brasil a 64,1 milioni e le linee mobili in Paraguay a 2,1, mentre in Argentina le linee fisse sono 4,1 milioni, 1,5 milioni gli accessi broadband, 18,2 milioni i clienti mobili.[192]

2012

Nel 2012 Telecom Italia ha avuto ricavi per 29,50 miliardi, di cui:

  • 17,88 miliardi da BU Domestic
  • 7,47 miliardi da BU Argentina
  • 3,78 miliardi da BU Brasile
  • 0,56 miliardi da Media, Olivetti e altro

A tali dati sono da sottrarre 206 milioni di elisioni.

Ebitda di 11,64 miliardi, Ebit di 1,92 miliardi, perdite per 1,27 miliardi.

I risultati sono in contrazione rispetto all'esercizio precedente per via della crisi economica italiana (BU Domestic) e della riduzione dei corrispettivi per la terminazione su rete mobile, decisa dall'AGCOM. La perdita è altresì imputabile ad una svalutazione dell'avviamento pari a 4,43 miliardi.

21,15 milioni di accessi alla rete fissa italiana, 8,96 milioni di accessi alla rete a banda larga, 32,15 milioni di clienti della rete mobile TIM.

114,5 milioni di km di rete telefonica in rame, 5,7 milioni di km di rete telefonica in fibra.

5,19 miliardi di investimenti, 23,01 miliardi di patrimonio netto, 83 184 dipendenti.[193]

2013

Il Gruppo Telecom Italia nel 2013 ha ottenuto 23,4 miliardi di euro di ricavi, di cui:

  • 16.17 miliardi dalla BU Domestic
  • 6.94 miliardi dalla BU Brasile
  • 0.39 miliardi da Media, Olivetti e altre attività

I ricavi sono in riduzione a causa delle contrazioni delle attività domestiche e brasiliane.

9.54 miliardi di Ebitda, 2.71 miliardi di Ebit e perdita di 674 milioni, a causa di svalutazioni dell'avviamento dovute a deterioramento del contesto macroeconomico [generale e italiano], decisioni AGCom riguardo ai prezzi di accesso wholesale alle rete in rame, performance commerciali, indicatori finanziari e aspettative della Business Unit Domestic.

4.4 miliardi di investimenti, 26.8 miliardi di investimento finanziario netto, 65.623 dipendenti di cui 53.155 in Italia. Il valore residuo di impianti, immobili e macchinari ammonta a 12.29 miliardi, 6.28 miliardi il valore residuo delle "conoscenze" intese come concessioni, brevetti, licenze, diritti di brevetto industriale e di utilizzazione di opere d'ingegno, 20.18 miliardi di patrimonio netto.

20.37 milioni di accessi alla rete fissa italiana, 8.74 milioni di accessi alla rete a banda larga, 31.22 milioni di clienti TIM, ognuno con una spesa media di 13.1 euro.

114.9 milioni di km di rete telefonica in rame, 6.7 milioni di km di rete telefonica in fibra.

Fonte: Bilancio Telecom Italia S.p.A. al 31.12.13

2014

Il Gruppo Telecom Italia nel 2014 ha ottenuto 21,57 miliardi di euro di ricavi, di cui:

  • 15,30 miliardi dalla BU Domestic
  • 6,24 miliardi dalla BU Brasile
  • 0,71 miliardi Media e Altre Attività

A partire dal 2014, la Business Unit Domestic accoglie, oltre a Core Domestic e International Wholesale, anche il gruppo Olivetti; il periodo posto a confronto è stato di conseguenza modificato.

8,79 miliardi di Ebitda, 4,53 miliardi di Ebit e utile netto consolidato per a 1,35 miliardi di euro. 4,94 miliardi di investimenti, 66.025 dipendenti di cui 52.882 in Italia.[194]

Valore delle azioni

  • Il minimo storico è stato 0,47 euro per azione, il 6 agosto 2013.[195]
  • Il massimo storico è stato di circa 3,00 euro nel 2005.

Dividendi

  • 19 giugno 2017: azioni ordinarie - 0 euro per azione; azioni risparmio - 0,0275 euro per azione
  • 20 giugno 2016: azioni ordinarie - 0 euro per azione; azioni risparmio - 0,0275 euro per azione
  • 22 giugno 2015: azioni ordinarie - 0 euro per azione; azioni risparmio - 0,0275 euro per azione
  • 22 aprile 2014: azioni ordinarie - 0 euro per azione; azioni risparmio - 0,0275 euro per azione
  • 25 aprile 2013: azioni ordinarie - 0,02 euro per azione; azioni risparmio - 0,031 euro per azione
  • 21 maggio 2012: azioni ordinarie - 0,043 euro per azione; azioni risparmio - 0,054 euro per azione
  • 18 aprile 2011: azioni ordinarie - 0,058 euro per azione; azioni risparmio - 0,069 euro per azione
  • 24 maggio 2010: azioni ordinarie - 0,05 euro per azione; azioni risparmio - 0,061 euro per azione
  • 20 aprile 2009: azioni ordinarie - 0,05 euro per azione; azioni risparmio - 0,061 euro per azione

Capitale sociale

Il capitale sociale della Telecom Italia è composto da 19.497.076.112 azioni: 13.470.955.451 azioni ordinarie (con diritto di voto) e 6.026.120.661 azioni di risparmio (senza diritto di voto). Il valore fissato per le azioni è di 0,55 euro.[196]

Onorificenze

Attestato e medaglia di bronzo dorata di eccellenza di I classe di pubblica benemerenza del Dipartimento della Protezione civile - nastrino per uniforme ordinaria
«Per la partecipazione all'evento sismico del 6 aprile 2009 in Abruzzo, in ragione dello straordinario contributo reso con l'impiego di risorse umane e strumentali per il superamento dell'emergenza.»
— D.P.C.M. 11 ottobre 2010, ai sensi dell'art.5, comma 5, del D.P.C.M. 19 dicembre 2008.

Archivio

L'Archivio storico Telecom Italia, inaugurato a Torino nel 1998, è fra i maggiori archivi d'impresa sul territorio italiano e in Europa. Il fondo Telecom Italia spa (estremi cronologici: sec. XIX fine - 2000)[197] costituisce una straordinaria fonte di documentazione storica e tecnica per le ricerche sulle reti elettrica e telefonica perché raccoglie non soltanto il fondo documentario del principale operatore telefonico italiano, ma anche gli archivi di alcune società elettriche del Nord-Ovest operanti dalla fine dell'Ottocento ai primi anni Trenta del Novecento. Sono inoltre conservati più di 1800 oggetti, apparecchi e attrezzature, dalle centrali di sistema ai selettori, dai contatori alle cassette duplex, dai relè ai tavoli di prova, dai telefoni ad uso pubblico e privato agli attrezzi di lavoro, oltre a un ricco patrimonio librario di volumi tecnici specializzati. Nel 1992 è stato riconosciuto di notevole interesse storico dalla Soprintendenza per i beni archivistici del Piemonte del Ministero per i beni e le attività culturali.

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