Richard Pryor

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Richard Pryor nel 1986

Richard Franklin Lennox Thomas Pryor III (Peoria, 1º dicembre 1940Los Angeles, 10 dicembre 2005) è stato un comico, cabarettista, attore, sceneggiatore e produttore cinematografico statunitense.

Come cabarettista era celebre per il suo modo diretto e senza compromessi di trattare tematiche scottanti quali discriminazione e razzismo, ricorrendo ad un linguaggio talvolta scurrile per illustrare il suo punto di vista.

Viene ampiamente riconosciuto come uno dei più importanti ed influenti comici di sempre: Jerry Seinfeld lo definì "il Picasso della comicità"[1] mentre Bob Newhart lo indicò come "il comico più influente degli ultimi cinquant'anni"[2]; Bill Cosby affermò che "aveva reso la linea di confine tra commedia e tragedia così sottile da renderla indistinguibile."[3] Nel 2004 la rete Comedy Central lo ha classificato al primo posto come miglior comico statunitense di tutti i tempi[4].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

«La vita mi ha dato il bene e il male: in poche parole mi ha dato tutto»

Cresciuto nel bordello gestito dalla nonna Marie Carter dove la madre si prostituiva, molestato da un pedofilo quando era ragazzino[5], Pryor in gioventù, dopo essere stato espulso da scuola all'età di 14 anni per aver minacciato di colpire un insegnante,[6] decise di arruolarsi nella Marina degli Stati Uniti e successivamente iniziò a suonare il pianoforte nei night club[7]. Nell'esercito trascorse gli anni dal 1958 al 1960, ma passò praticamente l'intero periodo in una prigione militare. Secondo un articolo del 1999 su Pryor apparso sul The New Yorker, egli venne incarcerato a causa di un incidente occorso mentre era di stanza in Germania ovest. Infuriatosi per il fatto che un soldato bianco fosse eccessivamente divertito dalle scene razziste presenti nel film Lo specchio della vita di Douglas Sirk, Pryor e molti altri soldati neri picchiarono ed accoltellarono l'uomo, anche se non a morte.[6]

Pryor nel 1969

Dal viso sempre sorridente e facilmente riconoscibile per i suoi grandi baffi neri, Pryor divenne celebre intorno agli anni ottanta in alcuni film interpretati in coppia con Gene Wilder e in una parte comica in Superman III, sebbene avesse debuttato nel 1967 in Un vestito per un cadavere.

Negli Stati Uniti fu anche insignito del premio di miglior stand-man di tutti i tempi[4], proprio per la sua comicità trascinante e irriverente, talvolta volutamente autoironica, che ha dato vita a un filone seguito da attori più giovani tra i quali in particolar modo Eddie Murphy e Chris Rock.

La sua devozione alla causa afroamericana in un'America ancora troppo chiusa in tal senso divise spesso il numeroso pubblico che assisteva ai suoi spettacoli dal vivo, specie per il fatto di usare spesso nei suoi show parole particolarmente forti e provocatorie come "negro" per dare una forte spinta morale e smuovere le coscienze degli spettatori. Tuttavia, o forse proprio per questo motivo, egli raccolse sempre un vastissimo successo di pubblico e audience, che spinse spesso colleghi come Jerry Seinfeld e Whoopi Goldberg a esprimere grande ammirazione per tutto ciò che riusciva sempre a tirar fuori nei suoi frizzanti monologhi.

Nel 1986 gli venne diagnosticata la sclerosi multipla e già verso la metà degli anni novanta la malattia entrò in fase progressiva, relegandolo infine su una sedia a rotelle. Pryor, tuttavia, non smise mai di recitare e usò la sua condizione in un episodio di Chicago Hope in cui impersonava un malato. La sua ultima apparizione pubblica ebbe luogo nel luglio 2005, quando presenziò all'evento "Richard Pryor at the Helm of Comedy".[8] Morì per un attacco cardiaco pochi giorni dopo il suo 65º compleanno, il 10 dicembre 2005, a Encino, in California.

Carriera[modifica | modifica wikitesto]

Anni sessanta[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1963 si trasferì a New York cominciando ad esibirsi regolarmente come stand-up comedian in vari locali notturni, dove si esibivano anche, tra gli altri, personaggi come Bob Dylan, Nina Simone e Woody Allen, che Pryor ebbe modo di conoscere.[9]

Ispirandosi a Bill Cosby, i suoi primi monologhi comici ricorrevano a materiale meno controverso rispetto a quanto farà in seguito. Presto, cominciò ad apparire regolarmente in varietà televisivi come The Ed Sullivan Show, The Merv Griffin Show e The Tonight Show Starring Johnny Carson. Il suo primo album di spoken word comico, l'omonimo debutto del 1968 su etichetta Dove/Reprise, cattura questo particolare periodo della sua carriera. La popolarità gli fruttò delle serate a Las Vegas che riscossero molto successo.

Nel settembre 1967 Pryor ebbe quella che descrisse come una sorta di "epifania" nella sua autobiografia Pryor Convictions (1995). Salendo sul palco dell'Aladdin Hotel di Las Vegas per esibirsi, guardò gli spettatori in sala (che includevano Dean Martin tra il pubblico) e dopo una pausa esclamò al microfono: «What the fuck am I doing here!?» ("Che cazzo ci faccio io qui!?"), e scese dal palco andandosene. Successivamente cambiò registro alla propria comicità inserendo tematiche sociali controverse e linguaggio scurrile nei suoi monologhi, incluso l'utilizzo della parola nigger ("negro"). In questo periodo circa, morirono entrambi i suoi genitori, la madre nel 1967 e il padre nel 1968.[10]

Nel 1969 si trasferì a Berkeley in California, dove si immerse nella controcultura dell'epoca e conobbe Huey P. Newton ed Ishmael Reed.[11] In questo periodo intensificò il consumo di droghe.

Anni settanta[modifica | modifica wikitesto]

Negli anni settanta Pryor scrisse per la televisione programmi quali Sanford and Son (2 episodi), The Flip Wilson Show, e nel 1973 lo speciale Lily di Lily Tomlin, per il quale vinse un Emmy Award.[12] In questo periodo tentò anche di entrare stabilmente tra i personaggi della televisione generalista. Apparve anche in vari film, inclusi La signora del blues (1972), Mack - Il marciapiede della violenza (1973), Uptown Saturday Night (1974), Wagons-lits con omicidi (1976), Car Wash - Stazione di servizio (1976), Bingo Long Traveling All-Stars & Motor Kings (1976), Which Way Is Up? (1977), Il circuito della paura (1977), Tuta blu (1978) ed Ecco il film dei Muppet (1979).

Nel 1970 firmò un contratto con l'etichetta discografica indipendente Laff Records, e nel 1971 incise il suo secondo album comico-parlato, Craps (After Hours). Due anni dopo, il relativamente ancora sconosciuto comico apparve nel documentario Wattstax (1972), nel quale fece alcune riflessioni sulle assurdità tragico-comiche del problema razziale negli Stati Uniti. Non molto tempo dopo, firmò un contratto con la Stax Records. Quando il suo terzo album, That Nigger's Crazy (1974), riscosse un incredibile successo, la Laff, che affermava di essere proprietaria dei diritti sul materiale di Pryor, riuscì quasi a ottenere un'ingiunzione per impedire la vendita dell'album. Alla fine il disco fu certificato disco d'oro dalla RIAA[13] e vinse il premio Grammy nella categoria Grammy Award for Best Comedy Album nel 1975.

Pryor sul palco nel 1974

Durante la diatriba legale con la Laff Records, la Stax chiuse i battenti di lì a poco. Quindi, Pryor tornò alla Reprise/Warner Bros. Records, che ristampò That Nigger's Crazy, immediatamente dopo ...Is It Something I Said?, il primo album con la nuova etichetta. Anche questo si rivelò un successo di critica e pubblico negli Stati Uniti; fu certificato disco di platino dalla RIAA e si aggiudicò il Grammy Award for Best Comedy Recording nel 1976.

Il successivo Bicentennial Nigger proseguì la striscia vincente di successi discografici diventando disco d'oro e vincendo il terzo premio Grammy consecutivo nel 1977.[14]

Pryor co-scrisse insieme a Mel Brooks ed altri la sceneggiatura di Mezzogiorno e mezzo di fuoco (1974), film diretto da Brooks e con Gene Wilder nel cast. Brooks avrebbe voluto Pryor nel ruolo dello sceriffo, ma la direzione della Warner espresse parere negativo a causa della dipendenza dalla cocaina di Pryor non ritenendolo mentalmente stabile per affrontare il ruolo in modo professionale.[15], e Mel Brooks scelse quindi Cleavon Little.

Nel 1975 Pryor fu il primo afroamericano a presentare una puntata del Saturday Night Live (quando ancora si chiamava NBC's Saturday Night). Tra i momenti salienti della serata ci fu il celeberrimo (ed ora famigerato) sketch del "colloquio di lavoro con l'associazione di parole" insieme a Chevy Chase.[16] Trasmesso il 13 dicembre 1975, nello sketch si assiste a un colloquio lavorativo dove l'intervistatore (Chase) chiede al candidato, Mr. Wilson (Pryor), di fare un test di associazione mentale di parole. Nel corso del test, che si trasforma subito in uno scambio pieno di tensione, l'intervistatore comincia ad utilizzare termini sempre più offensivi nei confronti degli afroamericani, ai quali uno sconcertato Wilson reagisce con epiteti razzisti verso i bianchi. Alla fine, l'intervistatore pronuncia la parola "negro" («nigger»), e Wilson risponde lapidario: "razzista morto" («dead honky»). Nel 2014 la rivista Rolling Stone classificò lo sketch al decimo posto nella lista dei "50 migliori sketch di sempre del Saturday Night Live",[17] mentre nel 2011, Paste lo mise al quinto posto nella sua lista "10 most shocking moments"[18] — opinione condivisa da VH1.[19] In seguito Pryor ebbe il suo programma televisivo personale, The Richard Pryor Show, che debuttò nel 1977 sulla NBC. Lo show venne cancellato dopo sole quattro puntate probabilmente perché il pubblico televisivo non rispondeva bene al materiale provocatorio dei suoi monologhi, e Pryor si rifiutò di sottoporre il suo materiale alla censura.[20]

Nel 1979, all'apice del successo, visitò l'Africa. Al ritorno negli Stati Uniti, giurò che non avrebbe mai più utilizzato la parola negro nei suoi spettacoli.[21][22]

Anni ottanta[modifica | modifica wikitesto]

Il decennio iniziò bene per Pryor, girò infatti il fortunato Nessuno ci può fermare, nel quale faceva coppia con Gene Wilder. Il film incassò 101.300.000 dollari,[23] diventando il terzo maggior incasso al box office nel 1980, dietro L'Impero colpisce ancora e Dalle 9 alle 5... orario continuato.[24] Tuttavia, nel giugno 1980, a causa dell'abuso di cocaina, durante la lavorazione del film Libertà poco vigilata, Pryor si cosparse il corpo di rum e si dette fuoco. Nudo e in fiamme, corse sul marciapiede fuori dalla sua villa di Los Angeles, fino a quando non fu fermato dalla polizia. Venne trasportato in ospedale con ustioni di secondo e terzo grado su circa metà del corpo.[25] Prima dell'incidente, era in trattativa per recitare nel film La pazza storia del mondo di Mel Brooks, ma fu sostituito all'ultimo momento da Gregory Hines.[26] Allo stesso modo, avrebbe dovuto partecipare ad una puntata del Muppet Show, ma a causa dell'incidente i produttori furono costretti a scegliere invece il loro scrittore britannico, Chris Langham, come ospite speciale di quell'episodio.

Nonostante l'incidente, Pryor non rimase a lungo lontano dal mondo dello spettacolo. Nel giro di un anno, diresse un nuovo film sul suo spettacolo di cabaret e pubblicò l'album di accompagnamento, Richard Pryor: Here and Now (1983). Inoltre, scrisse e diresse anche un racconto romanzato della sua vita, Jo Jo Dancer, Your Life Is Calling (1986).

Nel 1983 firmò un contratto di cinque anni con la Columbia Pictures per 40 milioni di dollari e fondò la propria casa di produzione, la Indigo Productions.[27][28] Cominciò a partecipare a produzioni molto più mainstream e dal maggiore budget come Superman III (1983), che gli fruttò un compenso di 4 milioni di dollari; Chi più spende... più guadagna! (1985), Un folle trasloco (1988) e Non guardarmi: non ti sento (1989).

Nonostante la sua reputazione di usare costantemente parolacce dentro e fuori scena, nel 1984 Pryor condusse per breve tempo uno spettacolo per bambini sulla CBS, chiamato Pryor's Place. Come Sesamo apriti, Pryor's Place includeva un cast di pupazzi (animati da Sid e Marty Krofft).

Pryor co-presentò la cerimonia degli Academy Awards in due occasioni e fu candidato al premio Emmy per una partecipazione speciale nella serie televisiva Chicago Hope.

Con il passare degli anni, si guadagnò la reputazione di essere esigente e irrispettoso sui set cinematografici e di fare richieste egoistiche e difficili. Nella sua autobiografia Kiss Me Like a Stranger, il co-protagonista Gene Wilder afferma che Pryor era spesso in ritardo sul set durante le riprese di Nessuno ci può fermare e che chiese, tra le altre cose, un elicottero personale per recarsi sul set perché era lui la star. Pryor è stato anche accusato di aver usato accuse di razzismo sul set per costringere i produttori cinematografici a dargli più soldi:

«Un giorno, durante la nostra ora di pranzo nell'ultima settimana di riprese, l'uomo del catering distribuì fette di anguria a ciascuno di noi. Richard, l'intera troupe televisiva e io ci siamo seduti insieme in un grande studio sonoro mangiando un certo numero di fette di anguria, parlando e scherzando. Per scherzare, alcuni membri della troupe usarono un pezzo di anguria come frisbee e se lo lanciavano avanti e indietro l'un l'altro. Un pezzo di anguria atterrò ai piedi di Richard. Lui si alzò e tornò a casa. Le riprese furono interrotte. Il giorno successivo, Richard annunciò di sapere molto bene quale fosse il significato dell'anguria.[29] Disse che avrebbe lasciato il mondo dello spettacolo e non sarebbe tornato a questo film. Il giorno dopo, Richard entrò, tutto sorrisi. Non ero a conoscenza di tutte le trattative che erano avvenute tra la Columbia e gli avvocati di Richard, ma l'operatore di ripresa che aveva lanciato quel pezzo di cocomero errante era stato licenziato quel giorno stesso. Presumo ora che Richard stesse facendo uso di droghe durante Nessuno ci può fermare.[30]»

Nel 1989 Pryor apparve nel film Harlem Nights, una commedia drammatico-poliziesca con tre generazioni di comici neri (Pryor, Eddie Murphy e Redd Foxx).

Anni novanta e duemila[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1991 uscì nei cinema Non dirmelo... non ci credo, quattro anni dopo la dichiarazione pubblica da parte di Pryor di essere malato di sclerosi multipla, e il suo deterioramento fisico è piuttosto evidente nel film.[31] A partire dalla metà degli anni novanta, Pryor cominciò ad utilizzare per gli spostamenti uno scooter elettrico per disabili, a causa dell'aggravarsi della patologia autoimmune. La sua ultima apparizione sugli schermi fu un piccolo ruolo in Strade perdute di David Lynch (1997), dove interpretò un meccanico di nome Arnie.[32]

La Rhino Records rimasterizzò in digitale tutti gli album di Pryor pubblicati su Reprise e Warner Bros. per l'inclusione nel box set ... And It's Deep Too! The Complete Warner Bros. Recordings (1968–1992) (2000).

Nel 2002 Pryor e Jennifer Lee Pryor, moglie e manager, vinsero una battaglia legale per assicurarsi i diritti di tutto il materiale di Pryor su etichetta Laff Records, che ammonta a circa 40 ore di inciso. Dopo aver esaminato i nastri e aver ottenuto la benedizione di Richard, nel 2004 Jennifer Lee Pryor concesse alla Rhino Records l'accesso ai nastri. Questi nastri, compreso l'intero album Craps (After Hours), formarono le basi per il doppio CD Evolution/Revolution: The Early Years (1966–1974) pubblicato nel 2005.[33]

Influenze[modifica | modifica wikitesto]

Le influenze principali nella comicità di Pryor inclusero Charlie Chaplin, Jackie Gleason,[34] Red Skelton, Gianni e Pinotto, Jerry Lewis, Dean Martin, Jack Benny, Bob Hope,[35] Dick Gregory, Bill Cosby,[36] Redd Foxx[37] e Lenny Bruce.[38]

Vita privata[modifica | modifica wikitesto]

Pryor nel 1986

Pryor ebbe cinque mogli, ma i matrimoni furono addirittura sette, poiché sposò due volte sia Jennifer Lee che Flynn Belaine. Padre di sette figli, al di fuori del matrimonio, ebbe delle relazioni sentimentali con le attrici Pam Grier e Margot Kidder.[39] Pryor era un massone appartenente alla loggia di Peoria.[40]

Matrimoni[modifica | modifica wikitesto]

Pryor si è sposato sette volte con cinque donne:

  1. Patricia Price, con la quale restò sposato nel periodo 1960–1961.[41]
  2. Shelley Bonus, 1967–1969.
  3. Deborah McGuire, aspirante modella e attrice sposata il 22 settembre 1977. Si frequentarono per quattro anni prima del matrimonio.[42] Si separarono nel gennaio 1978, e divorziarono nell'agosto dello stesso anno.[43][44]
  4. Jennifer Lee, attrice ed interior designer che Pryor aveva assunto per arredare casa sua.[45][46] Si sposarono nell'agosto 1981, e divorziarono nell'ottobre 1982 a causa della tossicodipendenza di Pryor. Si risposarono il 29 settembre 2001 e rimasero sposati fino alla morte di lui.
  5. Flynn Belaine, aspirante attrice sposata nell'ottobre 1986. Si erano conosciuti nel 1984 durante uno spettacolo di Pryor a Washington D.C.[47] Due mesi dopo il matrimonio, Pryor chiese il divorzio, ma ritirò la richiesta il giorno stesso. Una settimana dopo chiese nuovamente il divorzio.[48] Divorziarono nel luglio 1987 per poi risposarsi il 1º aprile 1990, e divorziare definitivamente nel luglio 1991.

Figli[modifica | modifica wikitesto]

Pryor ha avuto sette figli con sei donne differenti:

  1. Renee Pryor, nata il 20 luglio 1957, figlia di Pryor e della sua ragazza Susan, quando Pryor aveva 16 anni.[49][50]
  2. Richard Pryor Jr., nato il 10 aprile 1962 dal matrimonio con Patricia Price.
  3. Elizabeth Anne, nata il 24 aprile 1967, figlia di Pryor e della sua ragazza Maxine Anderson.
  4. Rain Pryor, nata il 16 luglio 1969 dal matrimonio con Shelley Bonis.
  5. Steven Pryor, nato il 14 aprile 1984, figlio di Pryor e Flynn Belaine, che sarebbe poi diventata la sua quinta moglie.
  6. Franklin Pryor, nato il 29 aprile 1987, figlio di Pryor e della modella/attrice Geraldine Mason.
  7. Kelsey Pryor, nata il 25 ottobre 1987 dal matrimonio con Flynn Belaine.

Sessualità[modifica | modifica wikitesto]

Nove anni prima di morire, secondo quanto riportato nella biografia Becoming Richard Pryor di Scott Saul pubblicata nel 2014, Pryor avrebbe "riconosciuto la propria bisessualità"[51] e nel 2018, Quincy Jones e la vedova di Pryor Jennifer Lee, dichiararono che Pryor aveva avuto una relazione sessuale con Marlon Brando[52], e che parlava apertamente della sua bisessualità con gli amici.[53][54] La figlia Rain Pryor negò l'affermazione della relazione con Brando.[55][56] Jennifer Lee disse in seguito a TMZ, a sostegno delle sue dichiarazioni: «Erano gli anni settanta! Le droghe in giro erano ancora buone ... Se prendevi abbastanza cocaina, ti scopavi un termosifone e la mattina dopo gli mandavi dei fiori!».[57][58] Nella sua autobiografia Pryor Convictions (pubblicata in Italia con il titolo Che cazzo ci faccio io qui? Un'autobiografia sboccata), Richard Pryor ammise di avere avuto una relazione sessuale di due settimane con un travestito, episodio da lui definito "le mie due settimane da gay".[59] Nel 1977, nel corso di uno show in favore dei diritti degli omosessuali svoltosi all'Hollywood Bowl di Los Angeles, disse: «Ho succhiato un cazzo».[60]

Problemi di salute[modifica | modifica wikitesto]

Nel novembre 1977, dopo svariati anni trascorsi a fumare e bere in maniera smodata, Pryor ebbe un infarto. Si riprese velocemente e proseguì la sua carriera a partire dal gennaio successivo. Nel 1986 gli venne diagnosticata la sclerosi multipla.[61] Nel 1990, ebbe un secondo e più grave infarto e dovette sottoporsi ad un intervento di triplo bypass coronarico.

Incidente con la droga[modifica | modifica wikitesto]

Nella tarda serata del 9 giugno 1980, durante la lavorazione del film Libertà poco vigilata, a seguito di giorni trascorsi a fumare cristalli di cocaina, Pryor si cosparse il corpo di rum e si dette fuoco. Nudo e in fiamme, corse lungo la Parthenia Street fuori dalla sua villa di Los Angeles, fino a quando non fu bloccato ed arrestato dalla polizia. Venne trasportato in ospedale con ustioni di secondo e terzo grado su circa metà del corpo. Pryor trascorse 6 settimane ricoverato nel reparto grandi ustionati dello Sherman Oaks Hospital. La figlia, Rain, affermò che l'incidente accadde a causa di psicosi indotte dalla droga;[62] successivamente, però, nel corso di un'intervista, Pryor disse: «Cercai di suicidarmi. Prossima domanda?».[63]

Pryor incorporò una descrizione ironica dell'incidente nel suo show comico Richard Pryor: Live on the Sunset Strip (1982).

Morte[modifica | modifica wikitesto]

Il 10 dicembre 2005, nove giorni dopo il suo 65º compleanno, Pryor ebbe un terzo infarto a Los Angeles. Fu trasportato d'urgenza all'ospedale dove spirò alle 7:58 di mattina senza avere ripreso conoscenza. La vedova Jennifer dichiarò: «Alla fine, c'era un sorriso sul suo viso».[28] Il corpo venne cremato e le ceneri consegnate dalla vedova alla famiglia[64][65], che le disperse nella baia di Hana (Hawaii) nel 2019.[66] Il patologo forense Michael Hunter pensa che il fatale attacco di cuore occorso a Pryor fu causato dall'ostruzione delle arterie coronariche dovute ai suoi anni da tabagista incallito.[67]

Riferimenti in altri media e lascito artistico[modifica | modifica wikitesto]

Un graffito a San Francisco con il volto di Pryor

Musica[modifica | modifica wikitesto]

Nell'omaggio fatto da Jackson Browne a roadie e fan, la canzone The Load-Out, pubblicata sull'album Running on Empty (1977), una strofa del testo recita: «We got Richard Pryor on the video on the tour bus».

Nell'album Bora-Bora (1988), della band brasiliana Os Paralamas do Sucesso, è presente la canzone Don't Give Me That, che narra la disavventura di Pryor nel famoso incidente con la cocaina. Il testo dice: «You've ever heard about Richard Pryor/ The greatest comedian in America/.../The great Richard Pryor, he catch fire/ He was in a big house and tried free-base/.../ He was burnt up and down/ He was fried like a chicken».

Un'immagine di Pryor è presente nel videoclip della canzone dei Soulsonic Force Renegades of Funk nella versione dei Rage Against the Machine, inserita nell'album Renegades (2000).

Viene citato nella canzone Under the influence dell' album The Marshall Mathers LP, terzo album in studio del rapper statunitense Eminem, pubblicato il 23 maggio 2000.

Nel maggio del 2014 il rapper 2 Chainz pubblica l'EP FreeBase, il quale ha una foto di Richard Pryor in copertina[68].

Nel luglio 2015, Pryor viene citato nel brano Robin Williams di Cee Lo Green, canzone tributo ad artisti recentemente scomparsi come lo stesso Williams, Chris Farley, Phil Hartman, e Bernie Mac.

Nell'album del 2015 To Pimp a Butterfly del rapper Kendrick Lamar, viene brevemente citato il nome di Pryor nella traccia King Kunta: «The yam brought it out of Richard Pryor, Manipulated Bill Clinton with desires».

Nell'album del 2018 KOD del rapper J. Cole viene inserito uno spezzone di un suo monologo nella traccia Brackets.

Film e televisione[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2002, il britannico Channel 4 mandò in onda The Funny Life of Richard Pryor, un documentario biografico su Pryor diretto da David Upshal, come parte della serie Kings of Black Comedy. Negli Stati Uniti, il documentario è stato trasmesso da Comedy Central.

Nel febbraio 2013 si è tenuta presso il Brooklyn Academy of Music Cinemas una retrospettiva della filmografia di Pryor, focalizzata sugli anni settanta, intitolata A Pryor Engagement.[69]

Nell'episodio "Taxes and Death or Get Him to the Sunset Strip"[70] (2012), la voce di Richard Pryor è imitata da Eddie Griffin nello show televisivo satirico Black Dynamite.

Il 31 maggio 2013, il canale televisivo Showtime trasmise il documentario Richard Pryor: Omit the Logic diretto da Marina Zenovich. Gli intervistati nel documentario includono Dave Chappelle, Whoopi Goldberg, Jesse Jackson, Quincy Jones, George Lopez, Bob Newhart, Richard Pryor Jr., Lily Tomlin, e Robin Williams.[63][71]

Statua a Peoria[modifica | modifica wikitesto]

L'artista Preston Jackson creò una statua in bronzo a grandezza naturale di Pryor e la intitolò "Richard Pryor: More than Just a Comedian". La statua è stata posizionata all'angolo tra la State e la Washington Street a Peoria, Illinois, il 1º maggio 2015, vicino al quartiere natale di Pryor.[72]

Letteratura[modifica | modifica wikitesto]

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

Stella di Richard Pryor nell'Hollywood Walk of Fame

Doppiatori italiani[modifica | modifica wikitesto]

Nelle versioni in italiano dei suoi film, Richard Pryor è stato doppiato da:

Discografia[modifica | modifica wikitesto]

Album comici/spoken word[modifica | modifica wikitesto]

Raccolte[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Morton, Bruce, Those We Lost, in CNN, 21 dicembre 2005. URL consultato l'11 gennaio 2010.
  2. ^ Bob Newhart, in PBS American Masters.
  3. ^ Tambay O'Benson, Richard Pryor Retrospective at BAMcinématek, Brooklyn (10 Days, 20 Films, All in 35 mm), su Indiewire. URL consultato il 26 dicembre 2012 (archiviato dall'url originale il 30 dicembre 2012).
  4. ^ a b La Classifica dei 100 migliori comici di tutti i tempi, su standupcomedy.it. URL consultato il 4 settembre 2015.
  5. ^ Pryor, Richard con Todd Gold. Che cazzo ci faccio io qui!? Un'autobiografia sboccata (Pryor Convictions, traduzione di Giacinto Palmieri), pag. 50, Sagoma, 2019, ISBN 978-8865060926
  6. ^ a b Hilton Als, A Pryor Love, in The New Yorker, New York City, 13 settembre 1999.
  7. ^ Richard the great, su nypost.com.
  8. ^ The Death of Richard Pryor, su findadeath.com. URL consultato il 1º settembre 2016 (archiviato dall'url originale il 23 agosto 2016).
  9. ^ Nina Simone e Stephen Cleary, I Put a Spell on You: The Autobiography of Nina Simone, New York City, Pantheon Books, 1991, pp. 70–71, ISBN 978-0-679-41068-3.
  10. ^ Richard Pryor-Personal Life, su bestcomedyonline.net. URL consultato il 25 agosto 2015 (archiviato dall'url originale il 4 settembre 2017).
  11. ^ Dana A. Williams, African American humor, irony, and satire : Ishmael Reed, satirically speaking, Newcastle upon Tyne, England, Cambridge Scholars Publishing, 2009, pp. 110–111, ISBN 9781443806565.
  12. ^ Richard Pryor Emmy Winner, in Television Academy.
  13. ^ Paul Green, "Richie Sets Multiplantium Record: Boston Has RIAA Top Debut Album," Billboard, 15 novembre, 1986., su books.google.com, 15 novembre 1986.
  14. ^ Richard Pryor Fast Facts, su Yourdictionary. URL consultato il 30 luglio 2016.
  15. ^ Mel Brooks, Tutto su di me!, trad. di Alice Arecco, 2021, La nave di Teseo editore, Milano, p. 292, ISBN 978-88-346-0949-1.
  16. ^ SNL Transcripts: Richard Pryor: 12/13/75: Racist Word Association Interview, su snltranscripts.jt.org. URL consultato il 17 giugno 2010 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2013).
  17. ^ 50 Greatest ‘Saturday Night Live’ Sketches of All Time, Rolling Stone; 23 febbraio 2014;
  18. ^ The 10 Most Shocking Moments on Saturday Night Live, Ross Bonaime; 27 ottobre 2011
  19. ^ The 15 Most Shocking Things to Happen on ‘Saturday Night Live’, Tara Aquino, 3 febbraio 2015
  20. ^ Silverman, David S., You Can't Air That: Four Cases of Controversy and Censorship in American Television Programming, Syracuse, NY, Syracuse University Press, 2007.
  21. ^ (EN) The N-word and Richard Pryor, in The New York Times, 15 dicembre 2005, ISSN 0362-4331 (WC · ACNP). URL consultato il 20 dicembre 2017.
  22. ^ Filmato audio The word 'Nigger' – Richard Pryor & George Carlin, su YouTube.
  23. ^ (EN) Stir Crazy (1980), su boxofficemojo.com, Box Office Mojo, 1º gennaio 1982. URL consultato il 30 agosto 2016.
  24. ^ (EN) 1980 Domestic Grosses, su boxofficemojo.com, Box Office Mojo. URL consultato il 30 agosto 2016.
  25. ^ Chris Summers, The demons that drove Richard Pryor to make us laugh, in BBC, 25 agosto 2013.
  26. ^ Bradford Evans, The Lost Roles of Richard Pryor, su Splitsider, 1º settembre 2011. URL consultato l'11 dicembre 2018 (archiviato dall'url originale il 29 giugno 2015).
  27. ^ Richard Pryor Ouster of Blacks Criticized, in The New York Times, vol. 133, n. 45895, Associated Press, 17 dicembre 1983. URL consultato il 18 settembre 2015.
    «Mr. Pryor announced in May that he had signed a five-year, $40 million production deal with Columbia Pictures and promised to open up opportunities for minorities at his Indigo Productions.»
  28. ^ a b writer, Comedian Richard Pryor Dead at 65 – Groundbreaking Black U.S. Comedian Richard Pryor Has Died after Almost 20 Years with Multiple Sclerosis, in BBC News, 10 dicembre 2005. URL consultato l'11 gennaio 2010.
  29. ^ Il 20 ottobre 1948, l'NAACP scrisse una lettera agli Universal Studios dove furono condannate le "spregevoli caricature della vita dei neri nel Sud", dove le persone di colore vengono rappresentate con fattezze scimmiesche e descritte come pigri fannulloni capaci solo di mangiare pollo fritto e cocomeri e suonare musica jazz.
  30. ^ Gene Wilder, Kiss Me Like a Stranger: My Search for Love and Art, New York, St. Martin's Press, 2005, pp. 185–186, ISBN 978-0-312-33706-3, OCLC 475142187.
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