La Prima Categoria 1920-1921 è stata la 20ª edizione della massima serie del campionato italiano di calcio, disputata tra il 10 ottobre 1920 e il 24 luglio 1921 e conclusa con la vittoria della Pro Vercelli, al suo sesto titolo.
Nonostante gli impegni che la Federazione aveva preso nelle prime riunioni del dopoguerra per procedere a una razionalizzazione del campionato e a una riduzione delle squadre partecipanti, al contrario nel 1920 i Comitati Regionali e le piccole squadre riuscirono a ottenere l'ennesimo ingrandimento del torneo, che raggiunse dimensioni colossali. Il mancato mantenimento delle promesse destò dei malumori, e la stampa attaccò la passata amministrazione per non essere riuscita ad attuare molti punti del suo piano innovatore, come l'«epurazione delle squadre concorrenti al campionato nazionale, la guerra al professionismo, l'incoraggiamento ed il riconoscimento dovuto alle squadre minori, ed alle società meridionali».[1]
Nell'assemblea federale del 4 luglio 1920 gli screzi tra le varie fazioni degenerarono in rissa e portarono al ritiro di alcune società, soprattutto piemontesi, in segno di protesta per alcune decisioni messe ai voti e approvate in aperta violazione dello statuto, segnatamente l'ammissione alla riunione di alcune società non aventi titolo a parteciparvi (essendo affiliate da meno di sei mesi) ma soprattutto la proposta di spostare la sede della FIGC (nonostante all'assemblea precedente fosse stato stabilito che Torino sarebbe rimasta sede per un triennio).[1][2] Nel proseguo dell'assemblea fu approvato il trasferimento della sede a Milano, mentre furono respinte il decentramento della federazione (che avrebbe portato alla costituzione delle Leghe Nord e Sud) e la richiesta delle società toscane di essere trasferite nel campionato settentrionale, e inoltre fu discussa la questione della guerra al professionismo.[1][2] Il nuovo Consiglio Federale, eletto all'assemblea e presieduto da Francesco Mauro, dichiarò che sarebbe rimasto in carica per soli tre mesi, nel corso del quale avrebbe studiato i vari piani di riforma, e che a settembre, in occasione dell'assemblea straordinaria, avrebbe rassegnato le dimissioni.[1][2]
Le società che avevano abbandonato per protesta l'assemblea, entro alcune settimane, costituirono una nuova federazione, l'effimera Lega Italiana del Giuoco del Calcio,[3] per iniziativa delle maggiori società piemontesi guidate da Juventus e Pro Vercelli,[4][5] forti della presentazione del Progetto Pozzo.[6] Tuttavia, delle maggiori squadre, solo quelle piemontesi aderirono alla Lega, alla quale si affiliarono con entusiasmo molte società minori, soprattutto piemontesi e campane, diverse delle quali non si erano mai affiliate alla FIGC.[7] Anche a causa della mancata adesione delle società maggiori delle altre regioni, già il 25 settembre seguente, al rientro dall'insoddisfacente torneo olimpico di Anversa, le secessioniste abdicarono ai loro propositi rientrando nei ranghi federali dopo che la FIGC accettò le loro condizioni (in particolare il ritorno della sede a Torino e l'accettazione integrale del programma della Lega i cui massimi dirigenti furono posti alla presidenza della FIGC).[8] A contribuire alla risoluzione dello scisma fu il fatto che fu dovuto a un dissidio nell'interpretazione di norme statutarie ma non a una divergenza di opinioni relativa al funzionamento dell'ente federale.[9] Ciò fu ribadito nel corso dell'assemblea federale del 19 settembre 1920, in cui, «constatato che nessun dissenso di ordine tecnico-sportivo divide la FIGC dalle Società che hanno costituito la Lega italiana del gioco del calcio» e «considerata la suprema necessità dell'unità federale», fu stabilita la costituzione di un comitato di undici membri e tre revisori affinché trovassero un accordo con i dissidenti della LIGC.[10] Alcuni giorni dopo, il 25 settembre, le società della LIGC, riunite in assemblea a Torino, approvarono quanto concordato con i rappresentanti della FIGC ponendo fine allo scisma.[11]
Il successivo 2 ottobre si riunì a Torino il nuovo Consiglio Federale per suggellare la riappacificazione e per stabilire l'organizzazione dell'imminente campionato: come concordato, furono eletti alla presidenza della FIGC i membri della presidenza della disciolta LIGC e, onde limitare le ammissioni di nuove squadre al massimo campionato, fu stabilito che le società che non avessero mai disputato quantomeno il campionato di Promozione non avrebbero potuto partecipare nemmeno alle qualificazioni pre-campionato; le iscrizioni si sarebbero chiuse il 12 ottobre, mentre il campionato avrebbe avuto inizio il 24 dello stesso mese.[12][13] Come stabilito sulla base dell'accordo raggiunto tra FIGC e LIGC, fu concessa un'ampia autonomia ai Comitati Regionali nella gestione dei propri rispettivi campionati di Prima Categoria, pur imponendo loro un tetto massimo di sedici giornate (incluse finali regionali).[13] Rispetto alla stagione precedente la fase regionale fu ulteriormente espansa da 10 a 16 giornate, procrastinando inevitabilmente la definizione delle squadre qualificate alla fase nazionale. Secondo i piani iniziali, le 12 squadre ammesse alle semifinali nazionali sarebbero state suddivise in due gironi da sei squadre ciascuno, con finale di andata e di ritorno tra le vincenti,[13][14] ma nel gennaio 1921, onde ridurre la durata del campionato settentrionale da 28 a 24 giornate, si decise di ammettere alle semifinali 16 squadre, suddivise in quattro gironi da quattro, mentre il quadrangolare finale tra le vincenti sarebbe stato a eliminazione diretta con partite di sola andata in campo neutro.[15]
Nonostante la FIGC e i comitati regionali avessero respinto le domande di ammissione di diverse società, ritenute evidentemente non in regola,[16] numerose altre società si erano attrezzate con degli impianti sportivi validi (secondo la normativa FIGC) e, dopo gli adempimenti formali (compresi gravosi adempimenti finanziari, una spesa che non tutte le società calcistiche dell'epoca potevano sostenere) e aver disputato un solo campionato di Promozione, furono velocemente inserite nel massimo campionato italiano di diritto oppure superando dei turni di qualificazione, senza contare i sommari ripescaggi. Di conseguenza, alla chiusura delle iscrizioni il 12 ottobre, risultarono ammesse alla fase regionale del massimo campionato ben 64 società nella sola Alta Italia, contro le 48 della stagione precedente.[14] Se il Piemonte fu l'unico a lasciare il suo torneo inalterato, e la Liguria aumentò di sole due unità le sue iscritte, il Veneto e l'Emilia scissero addirittura i loro tornei in una prima fase (le eliminatorie delle eliminatorie) e in una fase finale, mentre la Lombardia, dato l'alto numero delle squadre iscritte, arrivò a istituire sei gironi preliminari al girone finale regionale.
Come conseguenza dell'alto numero di squadre ammesse, i campionati regionali terminarono solo dopo Pasqua, e quindi la Federazione fu costretta addirittura a ridurre la fase nazionale, spezzata in quattro gruppi preliminari al quadrangolare conclusivo (a eliminazione diretta) e alla finalissima da svolgersi oramai in piena estate, mentre in passato all'inizio dell'estate con l'arrivo della "canicola" tutto era già terminato da più di un mese. Questa situazione scontentò sia le grandi squadre sia la stampa sportiva, sempre più convinte che fosse necessaria una drastica riforma del campionato.[14]
Campionati regionali suddivisi fra ciascuno dei cinque Comitati Regionali. I posti per il campionato nazionale vengono così ripartiti: 5 al Piemonte, 4 alla Lombardia, 3 all'Emilia, 2 ciascuno a Liguria e Veneto.[17] La fase nazionale si articola su gironi di semifinale di quattro squadre ciascuno, le cui vincitrici accedono al quadrangolare finale, il cui primo classificato deve ratificare il titolo con una finalissima.
Il vincitore del torneo centro-meridionale doveva uscire dalla sfida fra le vincitrici di due minitornei interregionali, composti dalle prime due classificate dei campionati regionali di Toscana, Lazio e Campania.
Quella che diverrà l'ultima edizione dei campionati regionali disputata dalle grandi squadre, riservò quelle sorprese che non si erano verificate negli anni precedenti. La notizia clamorosa arrivò dal Piemonte dove la Juventus, finalista nel 1920, fu malamente eliminata vincendo soltanto quattro delle dieci gare disputate. Sempre nei territori sabaudi, anche gli ex-campioni del Casale andarono incontro a una triste sorte. E pure nelle altre Regioni non mancarono esiti insoliti per i lunghi e stancanti tornei, con grandi nomi come il Genoa e il Milan ridotti a qualificarsi sul filo del rasoio.
Il campionato nazionale, spezzettato in quattro gironcini dato lo scarso tempo rimasto, non lesinò esiti clamorosi. Saltò all'occhio il pessimo comportamento delle tre milanesi, evidentemente spossate dall'interminabile percorso che avevano dovuto precedentemente affrontare (l'Inter, di fatto, diede forfait in quattro delle sei partite del girone finale). Se anche le due genovesi non brillarono, come pure, ma questo non era certo una novità, le rappresentanti del Veneto, fu invece splendido il comportamento delle emiliane, certificando il definitivo raggiungimento da parte del calcio cispadano dei livelli di quello originario del Triangolo Industriale. Il ruolo guida fu comunque sempre quello del Piemonte, sede della Federazione e Regione di spicco del calcio italiano, che conquistò due dei tre posti in finale, senza contare il Torino costretto al ritiro dopo un infinito e indecidibile pareggio contro il Legnano.
Nel girone A il Bologna non ebbe particolari problemi a eliminare il blasonato Genoa: una vittoria e un pareggio negli scontri diretti, a cui si aggiunse il passo falso del Grifone contro un non irresistibile Milan (pareggio 2-2),[18] furono più che sufficienti per chiudere il girone al primo posto, con tre punti di vantaggio sui genoani.
Nel girone D, invece, la Pro Vercelli ebbe la meglio per un punto sulla sorpresa del torneo, la US Torinese: gli scontri diretti terminarono con una vittoria a testa (2-0 vercellese all'andata[19] e vittoria della Torinese 3-0 al ritorno),[20] ma fu la Pro Vercelli a chiudere in testa il girone a causa del passo falso della Torinese contro l'Inter (uno spettacolare 4-4 con la Torinese in vantaggio 4-3 fino a un minuto dal termine ma beffata in zona cesarini dal gol del pareggio nerazzurro) e del ritiro dei lombardi nel girone di ritorno.[18] Inter-Pro Vercelli si sarebbe dovuta disputare alla prima giornata, il 10 aprile, ma la partita fu sospesa a causa del gioco duro svolto dai vercellesi (Corna infortunò gravemente i giocatori interisti Da Sacco e Fossati mandandoli in ospedale, venendo perciò squalificato per sei mesi, mentre Ara venne espulso)[21] e dei conseguenti incidenti (una rissa in campo punita gravemente dalla FIGC con squalifiche ai giocatori coinvolti)[19] e rinviata alla fine del girone;[22] tuttavia, i neroazzurri, dopo aver sconfitto il fanalino di coda del girone, la Bentegodi[19], e imposto il beffardo pari alla Torinese (4-4),[18] decisero, all'inizio del girone di ritorno, di ritirarsi dal campionato, sembrerebbe perché la Federazione avrebbe deciso di ripetere la partita con la Pro Vercelli in campo invertito,[23] dando forfait per tutte le quattro partite rimanenti da disputare: ne conseguì che la Pro Vercelli ottenne due vittorie a tavolino contro un avversario ostico come l'Inter (campione d'Italia in carica), beffando così l'US Torinese, che aveva perso un punto decisivo proprio contro i neroazzurri.
I gironi B e C, invece, furono ben più incerti e richiesero degli spareggi per deciderne le vincitrici. Nel girone B, definito da La Stampa "quello di ferro", al termine del girone di ritorno (ma con due partite ancora da recuperare), erano in testa alla classifica ben tre squadre: Alessandria, Modena e Doria; la Doria perse entrambi i recuperi contro piemontesi ed emiliani, venendo così tagliata fuori, mentre Alessandria e Modena, essendo ancora appaiati in vetta, dovettero disputare uno spareggio in cui trionfarono i piemontesi per 4-0.[24][25]
Nel girone C, invece, il Legnano, dopo la vittoria nello scontro diretto all'ultima giornata, sembrava in grado di avere la meglio sul Torino, essendo in testa alla classifica a pari merito con i granata torinisti ma con una partita da recuperare contro il Mantova fanalino di coda: allorché un'inaspettata sconfitta a Mantova nel suddetto recupero impedì ai Lilla di operare il sorpasso, rendendo necessario uno spareggio tra le due compagini: esso si disputò sul neutro di Vercelli e fu sospeso sul risultato di 1-1 durante l'"oltranza", dopo ben due ore e 38 minuti di gioco.[24][25] La ripetizione dello spareggio si sarebbe dovuta disputare la settimana successiva, ma le due squadre, ormai spossate, decisero di rinunciare alle Finali ritirandosi dal campionato.
Le finali si disputarono oramai in piena estate a luglio. E la Pro Vercelli, tra cui spiccavano giocatori della Nazionale come Guido Ara, ebbe buon gioco a imporsi contro le sue inesperte avversarie. Nel primo turno delle finali travolse l'Alessandria per 4-0 in una partita caratterizzata da un gioco rude e violento: già sotto per 3-0 alla fine del primo tempo (reti di Rampini al 1º minuto, Gay e Rosetta), l'Alessandria subì un quarto gol nella ripresa (siglato da Gay) e, come se non bastasse, il suo giocatore Moretti si infortunò dopo un violento contrasto con Rampini nel tentativo disperato di impedirgli di andare ancora a segno; a causa di questo incidente l'Alessandria decise di ritirarsi dall'incontro a 30 minuti dalla fine, e il risultato di 4-0 fu omologato dalla FIGC.[26]
Nell'ultima e decisiva partita delle Finali, contro il Bologna (2-1), la Pro Vercelli si trovò invece subito in difficoltà di fronte all'elevato tasso tecnico della squadra emiliana: al 20' del primo tempo infatti il Bologna si portò in vantaggio con Alberti su assist di Pozzi, dominando per ampi tratti del primo tempo, e il gol del pareggio vercellese, siglato da Ardissone, giunse solo nella ripresa. Poiché i tempi regolamentari terminarono sul risultato di 1-1, furono necessari i tempi supplementari, nei quali però nessuna delle due squadre riuscì a segnare; fu quindi necessario giocare "a oltranza", ovvero disputare ulteriori tempi supplementari finché una delle due squadre non avrebbe segnato (un golden goalante litteram). Nel corso dei tempi supplementari a oltranza, il Bologna predominò per ampi tratti, prendendo d'assalto la porta avversaria, ma la Pro Vercelli, seppur in difficoltà, riuscì a difendersi bene e, in un'azione di contropiede, su rilancio di Rosetta, Rampini riuscì a segnare il gol della vittoria per i vercellesi.[27]
Il Bologna protestò per una presunta posizione in fuorigioco del marcatore del gol decisivo: apparentemente l'arbitro Giovanni Battista Vagge avrebbe segnalato l'offside, ma la folla invase il campo e Vagge, dopo aver tentato inutilmente di fermarla, convalidò il gol, ponendo fine alla partita, quando ormai era già buio.[27][28] Poco dopo l'incontro, vi fu un grave incidente: mentre un tram trasportava il pubblico verso la stazione, vennero sparati contro la vettura dei colpi di rivoltella, che ferirono alcune persone; «Fascisti!», fu urlato alla vettura; «No, Footballers!», fu risposto, e gli sparatori si eclissarono.[27] Il Bologna presentò ricorso chiedendo l'annullamento dell'incontro in base alla presunta irregolarità del gol della vittoria vercellese, ma la Federazione lo respinse; contestualmente Vagge spiegò che non aveva fischiato il fuorigioco ma la convalida della rete.[29] Grazie a questa vittoria, i bianchi leoni accedettero alla finalissima contro il campione centro-meridionale, il sorprendente e dinamico Pisa.
Anche quest'anno il torneo centro-meridionale fu gestito direttamente dalla Federazione, dopo che la proposta di istituzione di una Lega Sud decentrata era naufragata a causa dell'esodo effimero delle società piemontesi e dell'opposizione delle compagini toscane. Nel torneo peninsulare le favorite alla vigilia della competizione erano le toscane, soprattutto Livorno e Pisa (rispettivamente campione centro-meridionale e campione toscano nella stagione precedente). Peraltro le toscane, insieme alle emiliane, avevano dimostrato l'anno precedente di poter contendere il titolo nazionale alle compagini del Triangolo Industriale (il Livorno aveva perso solo per 3-2 la finalissima contro l'Inter giocando in inferiorità numerica gran parte dell'incontro). I progressi del calcio toscano furono confermati anche dai risultati delle amichevoli natalizie (il Livorno sconfisse addirittura il Real Madrid).[30] Anche in considerazione dell'alto livello tecnico raggiunto, nonché per risparmiare sulle spese di trasferta (per le toscane era più economica una trasferta al Nord che non in Campania), le toscane cominciarono a esercitare pressioni affinché fossero spostate nel più prestigioso campionato settentrionale.[31] La FIGC tuttavia si oppose in consiglio a tale richiesta pretendendo che anche per questo anno la Toscana giocasse con Lazio e Campania per rendere più competitivo il torneo centro-meridionale. Tra le possibili outsider per il titolo centromeridionale vi era la Fortitudo di Roma, che l'anno precedente aveva eliminato il Pisa e aveva perso di misura la finale contro il Livorno. I fortitudiani avevano però perso il proprio allenatore Ging, ingaggiato dal Pisa.
Le eliminatorie regionali riservarono molte sorprese: il Livorno, dopo essere stato a lungo in testa alla classifica del campionato toscano, perse la partita decisiva contro il Pisa per 3-0 facendosi superare in classifica proprio dai nerazzurri, anche se il secondo posto nel torneo toscano gli permise comunque di qualificarsi alle semifinali interregionali. Nel girone campano invece la Puteolana, che lo aveva vinto, venne squalificata e tolta dalla classifica per punirla degli incidenti in campo avvenuti nel corso dell'ultima partita del girone contro il Naples, sospesa a dieci minuti dal termine per invasione di campo dei tifosi puteolani quando la Puteolana stava perdendo per 3-0; al suo posto si qualificò, oltre allo stesso Naples, anche la Bagnolese.[32] Nel girone laziale infine si qualificarono Fortitudo e Lazio, mentre l'Audace, semifinalista nella stagione precedente, deluse arrivando solo quinta.
Nelle semifinali interregionali si ebbe il dominio delle toscane che si sbarazzarono delle campane e delle laziali e si qualificarono entrambe alla finale. Il Pisa, in particolare, si prese la rivincita sulla Fortitudo per l'eliminazione dell'anno precedente: dopo essere stata fermata sul pari interno dai forti campioni laziali, i pisani si imposero per 2-1 nel retour match a Roma eliminando così i capitolini. La finale centro-meridionale tra Livorno e Pisa fu disputata sul neutro di Bologna il 3 luglio 1921 e vide prevalere i secondi per 1-0 (rete di Tornabuoni al 47'). Ad affrontare nella finalissima i campioni del Nord della Pro Vercelli furono dunque i nerazzurri.
La finalissima tra Pro Vercelli e Pisa si disputò il 24 luglio 1921 sul neutro di Torino. Non fu affatto facile per la Pro Vercelli battere i toscani, nonostante questi fossero stati ridotti in dieci già dai primi minuti dal grave infortunio capitato a Gnerucci in seguito a un contrasto con Rampini (all'epoca non erano previste le sostituzioni). Le ricostruzioni di parte pisana si lamentarono con l'arbitro Olivari per non aver espulso Rampini in tale circostanza, e lo stesso Gnerucci manifestò al medico che lo visitò negli spogliatoi il timore di essere stato messo fuori combattimento deliberatamente, ma le cronache della partita sui giornali piemontesi La Stampa e Gazzetta del Popolo sostengono che Rampini non ebbe responsabilità nell'infortunio.[33][34][35] La Pro Vercelli, approfittando della superiorità numerica, dominò l'incontro costruendo numerose occasioni da rete, ma riuscì a segnare un solo gol nel primo tempo a causa dell'impeccabile prestazione del portiere pisano Gianni, considerato dai giornali dell'epoca il migliore in campo per i suoi interventi decisivi: secondo La Stampa, se ci fosse stato un portiere diverso da Gianni, la Pro Vercelli avrebbe potuto segnare chissà quante reti.[34] La Pro Vercelli chiuse così il primo tempo in vantaggio per 1-0, ma all'inizio della ripresa il Pisa riuscì a pareggiare su rigore. Dopo il pareggio il Pisa, rinfrancato, ebbe finanche delle opportunità per andare in vantaggio ma fu la Pro Vercelli a portarsi sul 2-1 al 63' con una rete contestata dai giocatori pisani, che sostenevano che il gol fosse irregolare per fuorigioco.[34] Un giocatore del Pisa, Viale, fu espulso dall'arbitro Olivari per le eccessive proteste in seguito alla convalida della rete, lasciando la propria squadra in nove.[34] Sfruttando la doppia superiorità numerica, la Pro Vercelli riuscì a mantenere il vantaggio fino alla fine, rischiando anzi di incrementarlo con ulteriori occasioni sventate dal portiere avversario Gianni. La partita finì 2-1 per la Pro Vercelli che si laureò così Campione d'Italia per la sesta volta.[34] Il Pisa protestò sia per la scelta di Torino (molto più vicina a Vercelli che non a Pisa) come "campo neutro",[36] sia per l'arbitraggio (ritenuto dai pisani di parte e favorevole alla Pro Vercelli), e chiese la ripetizione della finalissima in altro luogo con un arbitro diverso, ma la federazione respinse tale reclamo, anche se solo diversi mesi dopo la fine del torneo, e il titolo di "Campioni d'Italia" andò alla Pro Vercelli.[33][37]
Per determinare la terza squadra emiliana ad avere accesso al girone di semifinale si disputò uno spareggio tra le seconde classificate dei due gironi. Il Mantova ebbe la meglio.
Nota: il confronto coi regolamenti dello speculare campionato veneto, e soprattutto della sottostante Promozione con una sola promossa, rende del tutto logico che il Carpi non sia retrocesso e ripescato ma che abbia vinto la qualificazione per il nono posto come il Treviso. Non è stata tuttavia ancora trovata traccia di tale sfida.
Due punti a vittoria, uno a pareggio, zero a sconfitta.
Note:
L'Andrea Doria è campione regionale ligure.
La Rivarolese, squalificata dal campionato in seguito agli incidenti nella partita contro il Savona, perse le rimanenti partite da disputare a tavolino e, in quanto ultima classificata, avrebbe dovuto retrocedere, ma fu poi riammessa a integrazione dei quadri F.I.G.C. 1921-1922 resasi necessaria per le dimissioni dei primi quattro club classificati.
Il primo posto nel girone, che dava diritto a disputare la finale per il titolo di campione regionale, fu deciso, visto il pari merito, da uno spareggio.
Non ci sono riscontri circa la disputa di una finale per il titolo regionale: Corinti[70] e l'almanacco Panini,[71] nonché le ricostruzioni di parte alessandrina,[72] non ne fanno alcuna menzione.
Lo spareggio per il primo posto nel girone A tra Torino e Novara (vinto per 2-0 dal Novara) effettivamente si disputò il 13 marzo 1921, come attesta ad esempio La Stampa.[73] Tuttavia, nelle domeniche successive fino all'inizio delle semifinali (il 10 aprile) l'Alessandria disputò delle amichevoli in luogo della presunta finale regionale contro il Novara: il 20 marzo sconfisse la Juventus per 4-1,[74] il 27 marzo pareggiò per 2-2 con gli ungheresi del MAFC,[75] mentre il 3 aprile fu sconfitta per 2-1 dall'US Torinese.[76] Quindi, a meno che non si fosse disputata in una data infrasettimanale, evenienza piuttosto inconsueta per un'epoca in cui anche i recuperi venivano effettuati di domenica, sembrerebbe che la finale regionale non abbia mai avuto luogo.
La quinta squadra piemontese ad aver diritto di giocare il girone di semifinale venne stabilita tramite uno spareggio tra le due squadre terze classificate nei rispettivi gironi. Ad avere la meglio, dopo una partita di replay, fu l'US Torinese
Per decidere quale squadra doveva accedere alle semifinali fu disputato uno spareggio tra Alessandria e Modena, che avevano terminato il girone a pari punti.
Due punti a vittoria, uno a pareggio, zero a sconfitta.
Note:
Torino e Legnano disputarono uno spareggio per il primato nel girone e la conseguente qualificazione alle semifinali. La gara di spareggio fra le due capoliste venne sospesa nel corso dell'oltranza[83] dopo 158' di gioco. Entrambe le squadre si ritirano dal campionato per esaurimento delle forze.
Nel fine settimana del 23-24 luglio 1921 si svolse a Torino l'assemblea federale, in concomitanza con la finalissima tra Pro Vercelli e Pisa (svoltasi sempre nel capoluogo piemontese domenica 24). Il futuro allenatore della Nazionale, Vittorio Pozzo, si fece interprete dell'insoddisfazione delle grandi società e presentò un suo progetto per una drastica riforma del campionato che avrebbe ridotto le partecipanti da 72[96] a 24. La discussione nell'assemblea fu molto accesa, e anche questa volta, come accaduto molto spesso in passato, furono le piccole squadre che, temendo per le loro sorti, fecero valere il loro peso numerico, e così il Progetto Pozzo fu respinto.[97] Diverse società minori dichiararono di aver respinto la riforma non perché fossero contrarie alla riduzione delle squadre partecipanti ma per i criteri con cui fu effettuata la scelta delle 24, da cui erano state escluse peraltro due semifinaliste nazionali della stagione appena trascorsa (Bentegodi e US Torinese) in favore di squadre eliminate nella fase regionale ma di maggior blasone o anzianità.[98] Nella seconda giornata di assemblea il presidente uscente della FIGC, Luigi Bozino, tentò di mediare proponendo la riduzione del campionato a 36 squadre (da ridursi ulteriormente a 24 dopo una stagione di transizione), ma le grandi società sostenitrici del progetto Pozzo furono intransigenti e respinsero la proposta preparandosi allo scisma.[99][100]
Nel giro di poco tempo, tra il 27 e il 28 agosto,[101] le ventiquattro maggiori squadre del campionato secessionarono in massa dalla FIGC dando vita privatamente alla Confederazione Calcistica Italiana,[102] che rifiutò ulteriori richieste di rientrare in seno alla FIGC[103] e organizzò un torneo strutturato sul modello presentato da colui che condurrà l'Italia alla doppia vittoria mondiale. A questo campionato, vista la genesi della scissione e al rango delle squadre del Nord, ci si riferirà spesso, già all'epoca dei fatti, come "torneo delle 24",[104] ma di fatto, oltre alle 24 squadre della Lega Nord, divise in due gironi, parteciparono anche 32 squadre della Lega Sud, divise in cinque gironi su base regionale. Inoltre molte altre squadre minori aderirono alla C.C.I. andando a costituire una vera e propria seconda serie della C.C.I. denominata Seconda Divisione.
^Dalla Gazzetta dello Sport di giovedì 29 luglio 1920 che titolò: Verso una nuova federazione?. seguito da "Il Consiglio provvisorio eletto nel congressino tenutosi a Torino la sera del 17 corrente....".
^Dalla Gazzetta dello Sport di martedì 3 agosto 1920 che scrisse "Ieri sera nel Caffè Fiorina pervennero i rappresentanti di 36 società piemontesi aderenti e non: Casale, Novara, U.S. Torinese, U.S. Barriera Nizza, U.S. Novi Ligure, Torino, Asti, Alessandria, Carignano, Amatori, Valenza, U.S. Biellese, U.S. Barriera Francia, Fulgor di Asti, Chivasso, Pro Vercelli, Ansaldo (Aosta), Fert, Rivarolo, Monterosa, Lancia, Libertas, Chieri, Piemonte, U.S. Ornavassese, U.S. Reggiana, Trino, Acqui, Juventus, U.S. San Salvatore Monferrato, Pinerolo, Torre Pellice....".
^Secondo La Gazzetta del Popolo del 4 ottobre 1920, p. 3, inizialmente le semifinaliste avrebbero dovuto essere 12: al Piemonte furono assegnati quattro posti, alla Lombardia tre, al Veneto uno e alle restanti regioni (Liguria ed Emilia) due. Tuttavia, successivamente (vedasi La Gazzetta del Popolo del 18 ottobre 1920, p. 3), fu stabilito di togliere un posto in semifinale al Piemonte per assegnarlo al Veneto in modo che tutte le regioni avessero almeno due squadre semifinaliste (Piemonte e Lombardia ne ebbero tre in virtù dei meriti e dell'anzianità delle loro squadre). Secondo La Gazzetta del Popolo del 17 gennaio 1921, p. 4, nella riunione del 15 gennaio 1921 si decise successivamente di espandere le semifinali a 16 squadre, assegnando due posti in più al Piemonte e uno ciascuno a Lombardia ed Emilia.
^L'episodio ebbe strascichi giudiziari, tanto che nel marzo 1924 Ara e Corna furono processati dal tribunale di Milano. Cfr. Corriere Italiano, 2 marzo 1924.
^Il resoconto di Cesare Fanti, inviato de "La Gazzetta dello Sport", 18 luglio 1921: «Il goal della vittoria. All'inizio della terza ripresa tutto il pubblico è avvinto dal velocissimo giuoco di passaggi rapidi e raso al suolo che il Bologna trova modo di sfoggiare, ma lentamente, quando la stretta dei rosso bleu si allenta, gli avanti bianchi riescono a sfuggire alla vigilanza degli halves petroniani e a condurre a termine più di una scappata. All'ottavo minuto Rampini, in una di queste riesce ad infilare la rete avversaria. Gianese che ha la luce crepuscolare di fianco non può che raccogliere il pallone entro la rete. Vagge sembra avesse fischiato un istante prima il fuori giuoco e fa cenno al pubblico, che ha cominciato a invadere il campo, di fermarsi, ma ormai le sorti del match sono decise e il fischio finale trova l'U.S. Pro Vercelli vincente con 2 goals a uno.»
^Da "La Gazzetta dello Sport", 21 luglio 1921: «In attesa del reclamo del Bologna F.C. e della "finalissima". Torino, 20. – Il reclamo preannunciato dal Bologna non è, a tutt'oggi, ancora giunto in Federazione. Può darsi che giunga domani, e sarebbe ancora tempestivo. Abbiamo pertanto potuto prendere conoscenza del rapporto dell'arbitro che così spiega il fischio emesso in precedenza a quello che pose fine alla partita. Il sig. Vagge dice che appena segnato il goal di Rampini, istantaneamente emise un primo fischio per ratificarne la validità, e subito dopo fece seguire un doppio fischio per significare che il match era terminato. Non è quindi che egli abbia fischiato in antecedenza al goal per fermare un ipotetico «offside» e quindi abbia fischiato il goal segnato, subito dopo, bensì i due segnali furono dati uno di seguito all'altro per indicare che con la marcatura del secondo punto anche la partita era terminata. Stando così le cose, è prevedibile che la Commissione Arbitri, non potrà che sanzionare la vittoria della Pro Vercelli ed in questo caso la «finalissima» col Pisa avrà luogo domenica nel nostro Stadium, a prezzi d'ingresso veramente popolari. – Resta pur sempre da vedere quali saranno i motivi addotti dal Bologna per sostenere il reclamo avanzato. Dopo le dichiarazioni esplicite del sig. Vagge, rimane un dubbio solo in chi assisteva alla partita: un dubbio che solo l'arbitro potrebbe togliere al pubblico spiegando che cosa significassero i gesti disperati da lui fatti per tentare di trattenere la folla che invadeva il campo per portare in meritato trionfo i vincitori.»
^La stampa filoputeolana (cfr. ad esempio un articolo di Moto e Vita dell'aprile 1921) accusò il Comitato Regionale Campano (costituito da dirigenti di squadre partenopee invidiosi del dominio in ambito regionale della Puteolana) di essersi voluta vendicare della Puteolana prendendo a pretesto una mera invasione di campo per estrometterla del campionato (a tutto vantaggio della partenopea Bagnolese), privandola inoltre di alcuni elementi importanti (come il portiere Rinetti, squalificato per due anni). La stampa filopartenopea (come Il corriere di Napoli) accusò invece la Puteolana di comportamento antisportivo nel corso del match incriminato e applaudì l'operato del Comitato Regionale. La Puteolana presentò reclamo alla Presidenza Federale, la quale tuttavia confermò l'esclusione della Puteolana dalle Semifinali, ammonendo inoltre i dirigenti per non aver saputo o voluto prevenire o reprimere l'invasione di campo che provocò la sospensione della partita incriminata; in compenso revocò la squalifica del campo e ridusse notevolmente (fino a settembre 1921) la squalifica di Rinetti (inizialmente squalificato per due anni).
^Secondo Il Ponte di Pisa del 23-24 luglio 1921 il Consiglio Direttivo del Pisa aveva minacciato il forfait in segno di protesta per la scelta di Torino come campo neutro, salvo poi tornare sui propri passi in seguito a una lettera dei giocatori pisani con la quale, pur condividendo le proteste della dirigenza, espressero la volontà di scendere in campo.
^Secondo l'Almanacco enciclopedico del Popolo d'Italia 1922 il titolo rimase per diversi mesi sub iudice a causa del rinvio della sentenza dovuto allo scisma e alla conseguente adesione di Pisa e Pro Vercelli alla CCI. Secondo il suddetto Almanacco, p. 351, «ancor oggi si ignora chi abbia conquistato il titolo di campione italiano, dappoiché, mentre la fine della partita vide trionfare la Pro Vercelli per due goals a uno, il Pisa sporse reclamo perché il secondo goal, accordato dall'arbitro Olivari, parve alla maggioranza degli spettatori segnato in posizione di offside. Il reclamo... attende ancor oggi di essere esaminato, in seguito all'avvenuta scissione e così la Pro Vercelli, ufficiosamente campione assoluta d'Italia per la stagione 1920-1921, aspetta (e aspetterà invano) la consacrazione ufficiale della propria gloria». Qualche tempo dopo l'uscita del suddetto Almanacco, in occasione della risoluzione dello scisma, la FIGC respinse il reclamo del Pisa ratificando la vittoria della Pro Vercelli.
^Disputata inizialmente il 31 ottobre e sospesa a due minuti dal termine sul risultato di 2-1 per la Spes per invasione di campo dei tifosi che rese impossibile il proseguimento dell'incontro, la partita fu ripetuta il 2 gennaio.
^abcdVittoria a tavolino per squalifica della Rivarolese.
^Disputata originariamente il 14 novembre si era conclusa 3-2 per la Rivarolese, ma fu annullata dal Comitato Regionale per ragioni tecniche e fatta ripetere. La ripetizione, disputata il 2 gennaio a Sampierdarena sul campo di Villa Scassi a causa di una frana caduta sul campo Torbella, fu sospesa sul 2-0 per il Savona per invasione di campo dei tifosi inferociti della Rivarolese i quali minacciarono il capitano del Savona. La partita fu sospesa e la Rivarolese, oltre a perderla, fu squalificato per tutto il campionato (n.b. la responsabilità oggettiva fu introdotta dalla C.C.I. l'anno dopo), perdendo le rimanenti partite 0-2 a tavolino.
^Sospesa al 15º minuto perché il dirigente federale e dell'Andrea Doria Ricci, poco soddisfatto dell'arbitraggio, chiese all'arbitro la tessera di riconoscimento e la delega che lo autorizzava ad arbitrare, cosa che minava il prestigio dell'arbitro nei riguardi dei giocatori. L'arbitro sospese l'incontro e si recò negli spogliatoi per andare a prendere i documenti, poi quando il gioco riprese fu costretto ancora a sospendere la partita per l'atteggiamento ostile del pubblico nei suoi confronti. La partita continuò come amichevole e fu rinviata.
^La partita del 28 novembre sospesa al 12' della ripresa sul risultato di 3-2 per l'Andrea Doria per maltempo e ripetuta in altra data.
^La partita del 28 novembre sospesa al 26' della ripresa sul risultato di 4-0 per il Genoa per maltempo e ripetuta in altra data. Fu poi data vinta 2-0 a tavolino al Genoa per squalifica della Rivarolese.
^La partita del 28 novembre sospesa alla fine del primo tempo sul risultato di 0-0 e ripetuta in altra data.
^ Ubaldo Mutti, Giuseppe Valgoglio, 50 anni di storia azzurra, Brescia, 1961, pp. 11-13, inaugurato nell'agosto 1919, viene poi sostituito nel 1924 dallo Stadium di viale Piave.
^Si stacca dallo Sport Club Italia (che aderisce alla C.C.I. iscrivendosi alla Seconda Divisione) di cui era la sezione calcio e si trasferisce a Magenta dove gioca il campionato di Promozione 1921-1922 col nome di Nazionale Magentina.
^Rinviata per mancato accordo tra le società sul luogo dove disputare l'incontro. A causa della squalifica del campo del Casale, la FIGC stabilì che l'incontro si sarebbe dovuto disputare sul campo della Valenzana, ma in seguito alle proteste del Casale, la stessa FIGC spostò l'incontro a Novi. A questo punto però protestò l'Alessandria per lo spostamento a Novi, così l'incontro dovette essere rinviato.
^Vittoria a tavolino per mancanza di campo dell'Amatori.
^La partita non si disputò perché l'Amatori era rimasto privo di campo. L'Amatori chiese alla Valenzana di disputare la partita sul campo dell'U.S. Torinese ma la Valenzana rifiutò perché le società partecipanti devono avere per regolamento il proprio terreno. La partita fu quindi vinta a tavolino dalla Valenzana.
^Sospesa a 10' dalla fine causa intemperanze dei tifosi, venne ripetuta il 26 giugno 1921
^Le partite di spareggio all'epoca non terminavano dopo i tempi supplementari: si andava avanti a oltranza fino al primo e decisivo gol di una delle due squadre (poi chiamato sudden death o golden goal). Permanendo la situazione di parità, la gara veniva sospesa per sopravvenuta oscurità e fatta ripetere.
^Partita sospesa al 62' per ritiro dell'Alessandria; risultato sul campo omologato dalla Federazione.
^Secondo il tabellone dei risultati pubblicato dall'Almanacco Panini 1898-2004 Puteolana-Salernitana sarebbe finito 2-1, cosa confermata da La Gazzetta dello Sport del 6 dicembre 1921 che riporta "Puteolana b. Salernitana 2-1" (senza mettere asterischi per indicare chi giocò in casa). Il libro della Puteolana e il Corriere della Sera sostengono che si disputò a Salerno anche se differiscono sul risultato (2-1 per il Corriere, 1-0 per il libro della Puteolana). Secondo Il Mezzogiorno del 7-8 dicembre 1920 la partita, disputata a Salerno, fu sospesa sul 2-1 per la Puteolana, dunque il risultato non era valido, cosa confermata dalle ricostruzioni salernitane secondo cui la partita fu ripetuta il 30 gennaio sul campo neutro di Torre Annunziata e fu vinta dalla Puteolana per 2-0 per forfait.
^Sospesa sul 3-0 in favore del Naples a dieci minuti alla fine per invasione di campo dei tifosi della Puteolana, vittoria assegnata a tavolino al Naples.
^Fu sospesa al 79' sull'1-2 perché dopo 5 espulsioni l'Audace era ridotta a soli 6 giocatori in campo. Il Comitato Regionale Laziale della F.I.G.C. decise di omologare il risultato conseguito sul campo: 1-2 per la Pro Roma.
^abGara persa a tavolino per forfait. Il punto di penalizzazione per forfait fu voluto e introdotto nel regolamento campionati dalla C.C.I. alla fine del campionato 1921-1922. La C.C.I. introdusse anche la "responsabilità oggettiva" che portò all'assegnazione della perdita della gara a tavolino (art. 17 del R.O. = Regolamento Organico) avendo constatato che troppe partite venivano volontariamente fatte sospendere da una o dall'altra tifoseria con pacifiche invasioni di campo. Fino alla stagione 1920-1921 tutte le partite non portate a termine venivano ripetute.
^A tavolino per la posizione irregolare di un giocatore del Prato, sul campo 1-0.
^Conteggiando anche le squadre toscane, che fino alla stagione 1920-21 disputavano il campionato centro-meridionale, ma a partire dalla stagione successiva furono inserite nei gironi settentrionali.
^Secondo il Corriere della Sera del 24 luglio 1921, p. 2: «I rappresentanti delle società minori sono i più aggressivi e espongono con rudezza i motivi che li inducono alla lotta. Non al progetto Pozzo in sé e per sé sono contrari, ma al patto di Milano, che 24 squadre hanno stretto, per proclamarsi appartenenti all'élite del football italiano, senza diritti di appello alle altre». Vedasi anche La cronaca sportiva del lodigiano e del cremasco (15 luglio 1921, fasc. 26), p. 1.
I risultati sono stati tratti da La Stampa, annate 1920 e 1921, e controllati con i tabelloni dell'Almanacco 1898-2004 e con i siti Internet con i risultati stagione per stagione di Reggiana, Piacenza, Juventus, Verona ecc. Di seguito gli articoli de La Stampa consultati: