Nuova Hollywood

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L'espressione Nuova Hollywood (New Hollywood) designa il periodo di grande rinnovamento del cinema statunitense, avvenuto approssimativamente tra la metà degli anni sessanta ed i primi anni ottanta.[1]

Contesto[modifica | modifica wikitesto]

L'esigenza per un rinnovamento di Hollywood venne alla luce a seguito d'un periodo di forte crisi che investì il cinema statunitense dall'inizio degli anni sessanta, provocata dal drastico crollo degli spettatori - attirati dall'ormai affermatasi presenza della televisione quale mezzo d'intrattenimento di massa - e dal successo di critica e pubblico dei film europei (soprattutto dalla Francia, con la Nouvelle Vague, e dall'Italia, con gli spaghetti western) e giapponesi.[2]

Le maggiori case produttrici, in netto contrasto con le tendenze degli spettatori più giovani, continuavano a puntare sulle grandi produzioni, stentoree e teatraleggianti, pensate appunto per un pubblico fondamentalmente tradizionalista e ben più generalista (un caso emblematico è Cleopatra, del 1963, di Joseph L. Mankiewicz e con Elizabeth Taylor, Richard Burton e Rex Harrison), il tutto mentre il tessuto sociale degli Stati Uniti veniva invece scosso violentemente dalle terribili conseguenze della guerra del Vietnam (allora raccontata in chiave propagandistica dalla cinematografia ufficiale con pellicole quali Berretti verdi, del 1968, interpretato da John Wayne e diretto dallo stesso con Ray Kellogg e John Gaddis) e dal sempre più divampante clima della contestazione giovanile e delle lotte dei vari movimenti d'emancipazione, come quello delle donne e delle minoranze (specie gli afroamericani). I produttori, però, nel rapportarsi con la produzione cinematografica, si limitarono ad analizzare i pochi film che riescono ad avere successo, cercando di sfruttare il minimo comun denominatore che li collega fra loro.[3]

Tra i critici e storici del cinema non v'è consenso su quale sia da considerare la data che segni l'inizio di tale stagione; alcuni, infatti, sostengono che sia da collocarsi nel 1967, con i film Il laureato di Mike Nichols e Gangster Story di Arthur Penn, mentre altri ancora invece nel 1969, prendendovi per linea d'inizio il film Easy Rider, di e con Dennis Hopper, pellicola che nello stile e nei contenuti ben esemplificava ciò che costituiva l'essenza della controcultura statunitense dell'epoca.[4]

Nuova Hollywood[modifica | modifica wikitesto]

Protagonisti[modifica | modifica wikitesto]

La Nuova Hollywood portò un gran rinnovamento finanziario e produttivo (con la fine della classica integrazione verticale produzione-distribuzione-esercizio, che fece nascere anche le prime produzioni indipendenti d'un certo rilievo[5]), e coinvolse incisivamente altri settori, la musica tra tutti, fino ad aprirsi, soprattutto tra la seconda metà degli anni settanta ed i primi anni ottanta (con le prime forme di sfruttamento commerciale e transmediale e di pubblicità occulta), ad altre industrie, come quella della moda: basti pensare a Giorgio Armani nel caso di American Gigolò.[6]

La rivoluzione più grande della Nuova Hollywood però fu quella riguardante i registi, che in seno all'organigramma cinematografico assursero in pratica a una posizione quasi autoriale, ottenendo di fatto il pressoché completo controllo creativo sui loro film. I registi più rappresentativi della Nuova Hollywood sono ritenuti: Stanley Kubrick, Martin Scorsese, Brian De Palma, Robert Altman, Woody Allen, Steven Spielberg, George Lucas, Michael Cimino e Francis Ford Coppola; meritano di essere menzionati anche: John Carpenter, George Romero, Wes Craven, Walter Hill, John Landis, Joe Dante, Tobe Hooper, David Lynch, Jonathan Demme, Dennis Hopper, Paul Schrader, Jerry Schatzberg, Alan J. Pakula, Arthur Penn, Mike Nichols, Sydney Pollack, Sam Peckinpah, Hal Ashby (autore di Oltre il giardino), Bob Rafelson, Ralph Nelson (autore di Soldato blu) e Peter Bogdanovich. A questi si tende ad aggiungere, ritagliando loro un posto del tutto particolare, autori europei come Sergio Leone, Roman Polański e Miloš Forman.[4]

Dal punto di vista attoriale, invece, la Nuova Hollywood segnò l'avvento d'una generazione d'interpreti maschili praticamente agli antipodi dallo star system degli anni precedenti, che anziché incarnare un ideale modello virile legato al romanticizzato stile di vita americano, rispecchiavano adesso l'uomo qualunque nelle sue più disparate sfaccettature (anche quelle meno edificanti e positive), calato in circostanze e situazioni molto più complesse e ben radicate nelle problematiche sociali dell'epoca, alle prese con le stesse difficoltà e tribolazioni della gente comune - comprese quelle più marginali e problematiche - che li vedeva sul grande schermo[6]: Robert De Niro, Jack Nicholson, Al Pacino, Dustin Hoffman, Gene Hackman, Warren Beatty, Robert Redford, Christopher Walken, Roy Scheider e Richard Dreyfuss (a cui vengono generalmente associati anche Marlon Brando, Steve McQueen e Paul Newman, gli unici interpreti che si distinsero in questa stagione avendo però avuto modo di mettersi in mostra già nel precedente cinema narrativo classico hollywoodiano).

Sul versante femminile, le attrici si ritagliarono ruoli sempre più forti e indipendenti, palesando una sensualità più sincera e terrena di quella rappresentata dai canoni estetici delle dive della Hollywood classica e richiedenti un meccanismo d'identificazione da parte del pubblico basato su elementi completamente diversi[6]: Faye Dunaway, Meryl Streep, Diane Keaton, Liza Minnelli, Sally Field, Glenn Close, Glenda Jackson, Barbra Streisand, Jane Fonda, Gena Rowlands e Mia Farrow.[4]

Temi e generi[modifica | modifica wikitesto]

Dal punto di vista delle tematiche la Nuova Hollywood portò alla ribalta argomenti sino ad allora tabù: la solitudine e l'inquietudine giovanili (Cinque pezzi facili, Taxi Driver, Strada a doppia corsia), la sessualità esplicita della donna (Gangster Story), nuovi modi d'intendere i rapporti d'amore (Harold e Maude), la condizione difficile della donna nella società americana (Una moglie, Una donna tutta sola, Non torno a casa stasera), una riflessione critica sulla storia delle minoranze etniche (Il western passerà così all'opposta narrazione revisionista, con Piccolo Grande Uomo, Soldato blu e Buffalo Bill e gli indiani), e sulla guerra (M*A*S*H, Tornando a casa, Il Cacciatore, Apocalypse Now), e un uso molto fitto del turpiloquio (Conoscenza carnale).

Nell'ambito della Nuova Hollywood i generi cinematografici furono rinnovati e contaminati. Sam Peckinpah portò nel western una violenza mai vista prima, grazie a William Friedkin e a Don Siegel il poliziesco si fece più realistico (Il braccio violento della legge, Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!), il dramma urbano prese a rispecchiare maggiormente la realtà delle metropoli americane (Taxi Driver, Mean Streets, Un uomo da marciapiede), il film di guerra si mischiò alla commedia (M*A*S*H), il musical divenne più cupo e senza lieto fine (New York, New York)[4] mentre la fantascienza, prima cupa e scientista, scoprì l'epico e il meraviglioso (Guerre stellari -caso tra l'altro rilevante di cast composto da più consolidati mostri sacri come Alec Guinness e Peter Cushing assieme a nuovi volti come Mark Hamill, Harrison Ford e Carrie Fisher-, Incontri ravvicinati del terzo tipo).

Fine[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1975 Lo squalo di Steven Spielberg ottenne un grande successo di pubblico e di critica e mostrò come anche la Nuova Hollywood potesse incassare tanto (traguardo raggiunto ancor più da Spielberg nel 1982 col film E.T. l'extra-terrestre). Ma i grandi successi segnarono anche l'inizio della fine dell'era dando il via al filone dei cosiddetti blockbuster, con i quali i produttori tornarono alla carica, riprendendo a produrre film colossal molto costosi.[4]

Nel 1980, infatti, uscì Toro scatenato, considerato l'ultimo capolavoro della Nuova Hollywood. Nel 1981, infine, il gigantesco flop de I cancelli del cielo, diretto da Michael Cimino, determinò la bancarotta della United Artists e segnò la fine del potere dei registi, che si videro tolto il final cut e dovettero nuovamente lottare con i produttori per raggiungere il controllo completo dei loro film.[4]

Filmografia parziale[modifica | modifica wikitesto]

Di seguito è riportato un elenco cronologico di film degni di nota che sono generalmente considerati produzioni "New Hollywood".

Attori[modifica | modifica wikitesto]

Registi[modifica | modifica wikitesto]

Documentari sulla Nuova Hollywood[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ La Nuova Hollywood. Dalla rinascita degli anni Sessanta all'era del blockbuster, su drammaturgia.it. URL consultato il 25 febbraio 2019 (archiviato dall'url originale il 28 luglio 2012).
  2. ^ Douglas Gomery, La nuova Hollywood. Le strutture produttive si rinnovano, in Il cinema americano II, a cura di Gian Piero Brunetta, Torino, Einaudi, 2006, p. 1125, ISBN 88-06-18097-5.
  3. ^ Repubblica/L'espresso, Lezioni di cinema DVD 14 - La new Hollywood-Booklet
  4. ^ a b c d e f Geoff King, La Nuova Hollywood. Dalla rinascita degli anni Sessanta all'era del blockbuster, Torino, Einaudi, 2002, pp. 15-18, ISBN 88-06-17190-9.
  5. ^ Geoff King, op. cit., p. 15-60.
  6. ^ a b c Repubblica/L'espresso, Lezioni di cinema DVD 14 - La new Hollywood

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Geoff King, La Nuova Hollywood. Dalla rinascita degli anni Sessanta all'era del blockbuster, Torino, Einaudi, 2002, ISBN 88-06-17190-9.
  • Franco La Polla, Il nuovo cinema americano, Torino, Lindau, 1996, ISBN 88-7180-118-0.
  • Gian Piero Brunetta (a cura di), Il cinema americano II, Torino, Einaudi, 2006, ISBN 88-06-18097-5.
  • Callisto Cosulich, Hollywood settanta. Il nuovo volto del cinema americano, Firenze, Vallecchi, 1978.
  • Peter Biskind, Easy Riders, Raging Bulls. Come la generazione sesso-droga-rock'n'roll ha salvato Hollywood, Roma, Editoria & Spettacolo, 2007, ISBN 978-88-89036-59-4.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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