Raffaele Cutolo: differenze tra le versioni

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== Il ruolo negli omicidi Cuomo e Casillo ==
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{{Vedi anche|Vincenzo Casillo|Mario Cuomo (criminale)}}
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[[Vincenzo Casillo]] morì a Roma il 29 gennaio 1983 insieme a [[Mario Cuomo (criminale)|Mario Cuomo]], poiché vittima di un' [[autobomba|bomba]] nascosta nella sua [[automobile]]. Casillo morì sul colpo, Mario Cuomo invece sopravvisse ma rimase mutilato degli arti inferiori. Il 2 febbraio 1984 la donna di Casillo, Giovanna Matarazzo verrà ritrovata in un blocco di cemento, uccisa probabilmente a causa delle sue dichiarazioni al [[magistrato]] Carlo Alemi rispetto al collegamento tra la morte di Casillo e l'omicidio di [[Roberto Calvi]], perpetrato secondo la donna e secondo i pentiti dallo stesso Casillo. A creare confusione circa le dinamiche dell'attentato furono i collaboratori di giustizia della [[Nuova Camorra Organizzata|NCO]]: [[Giovanni Pandico]], [[Pasquale Barra]] (entrambi rivelatisi poi calunniatori di [[Enzo Tortora]]), Mauro Marra, Pasquale D'Amico e [[Claudio Sicilia]] (quest'ultimo membro della [[Banda della Magliana]]), nonché alcuni fedelissimi del boss di [[Ottaviano (Italia)|Ottaviano]]. Difatti in assenza di Raffaele Cutolo, oramai detenuto in regime di isolamento nel [[Carcere dell'Asinara]], Casillo era divenuto il nuovo capo della NCO. L'organizzazione criminale, in quel frangente privata del suo capo primordiale, decimata dagli arresti e di li a poco colpita dalle accuse dei collaboratori di giustizia, stava vivendo le sue fasi terminali; Casillo si sarebbe dunque adoperato per ricostituirne l'influenza ed il potere prima di essere vittima dell'attentato. A tal proposito si registrano le dichiarazioni di alcuni [[collaboratori di giustizia]]:
[[Vincenzo Casillo]] morì a Roma il 29 gennaio 1983 insieme a [[Mario Cuomo (criminale)|Mario Cuomo]], poiché vittima di un'[[autobomba|bomba]] nascosta nella sua [[automobile]]. Casillo morì sul colpo, Mario Cuomo invece sopravvisse ma rimase mutilato degli arti inferiori. Il 2 febbraio 1984 la donna di Casillo, Giovanna Matarazzo verrà ritrovata in un blocco di cemento, uccisa probabilmente a causa delle sue dichiarazioni al [[magistrato]] Carlo Alemi rispetto al collegamento tra la morte di Casillo e l'omicidio di [[Roberto Calvi]], perpetrato secondo la donna e secondo i pentiti dallo stesso Casillo. A creare confusione circa le dinamiche dell'attentato furono i collaboratori di giustizia della [[Nuova Camorra Organizzata|NCO]]: [[Giovanni Pandico]], [[Pasquale Barra]] (entrambi rivelatisi poi calunniatori di [[Enzo Tortora]]), Mauro Marra, Pasquale D'Amico e [[Claudio Sicilia]] (quest'ultimo membro della [[Banda della Magliana]]), nonché alcuni fedelissimi del boss di [[Ottaviano (Italia)|Ottaviano]]. Difatti in assenza di Raffaele Cutolo, oramai detenuto in regime di isolamento nel [[Carcere dell'Asinara]], Casillo era divenuto il nuovo capo della NCO. L'organizzazione criminale, in quel frangente privata del suo capo primordiale, decimata dagli arresti e di li a poco colpita dalle accuse dei collaboratori di giustizia, stava vivendo le sue fasi terminali; Casillo si sarebbe dunque adoperato per ricostituirne l'influenza ed il potere prima di essere vittima dell'attentato. A tal proposito si registrano le dichiarazioni di alcuni [[collaboratori di giustizia]]:


* Secondo [[Giovanni Pandico]] e [[Pasquale Barra]], due personaggi ricchi di risentimento verso Cutolo pur essendo ancora affiliati alla NCO, la morte di Casillo fu decisa dallo stesso Cutolo e messa in atto da un suo fedelissimo, [[Giuseppe Puca]], boss di [[Sant'Antimo (Italia)|Sant'Antimo]]. Il movente andrebbe rintracciato nel presunto tradimento di Vincenzo Casillo, reo di aver stretto legami con il clan Nuvoletta legato a [[Cosa Nostra]], gli storici nemici della NCO.
* Secondo [[Giovanni Pandico]] e [[Pasquale Barra]], due personaggi ricchi di risentimento verso Cutolo pur essendo ancora affiliati alla NCO, la morte di Casillo fu decisa dallo stesso Cutolo e messa in atto da un suo fedelissimo, [[Giuseppe Puca]], boss di [[Sant'Antimo (Italia)|Sant'Antimo]]. Il movente andrebbe rintracciato nel presunto tradimento di Vincenzo Casillo, reo di aver stretto legami con il clan Nuvoletta legato a [[Cosa Nostra]], gli storici nemici della NCO.

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Disambiguazione – Se stai cercando il drammaturgo e paroliere, vedi Raffaele Cutolo (paroliere).
Raffaele Cutolo nel 1986.

Raffaele Cutolo (Ottaviano, 10 dicembre 1941) è un mafioso italiano, fondatore nonché capo della Nuova Camorra Organizzata.

Ha due fratelli, Pasquale e Rosetta Cutolo, i quali intrapresero come il fratello una carriera criminale; Rosetta condivise le sorti del fratello e fu importante per le attività della NCO. Soprannominato 'o Professore dai suoi compagni di carcere, perché l'unico tra di loro che sapesse leggere e scrivere.[senza fonte]

Biografia

Nacque il 10 dicembre del 1941 ad Ottaviano (NA), da Michele e Carolina Ambrosio. Il padre, detto 'O monaco per la sua religiosità, era un contadino mezzadro mentre la madre era una lavandaia. A 22 anni commette il primo omicidio nel centro di Ottaviano, a seguito di una rissa, uccidendo un giovane che aveva fatto degli apprezzamenti pesanti nei confronti di sua sorella. Questo omicidio avviene nel centro storico della sua Ottaviano, in corso Umberto. Il giovanissimo Cutolo esce dall'auto dove era seduto in compagnia di altra persona del posto e spara al giovane. Dopo la licenza elementare, non prosegue gli studi e svolge numerosi lavori come garzone presso artigiani locali. Ebbe e riconobbe legalmente due figli, Roberto - nato dalla breve relazione (8 mesi) con Filomena Liguori (denunciata più volte per sfruttamento della prostituzione) - e Denise, ha anche due nipoti: Raffaele Cutolo (Napoli, 7 ottobre 1987) suo omonimo e Roberta Cutolo (Napoli, 25 maggio 1991), entrambi figli di Roberto Cutolo (Napoli, 25 gennaio 1962 - Tradate, 19 dicembre 1990) e di Assunta Setaro (Napoli, 1º dicembre 1962).

Roberto (Napoli, 25 gennaio 1962 - Tradate, 19 dicembre 1990), pregiudicato, è stato ucciso a Tradate, in Lombardia, da affiliati della 'ndrangheta, il 19 dicembre 1990, per fare un favore ad uno dei maggiori antagonisti di Cutolo, il boss vesuviano Mario Fabbrocino.[1] I calabresi emigrati a Milano, uccisero il figlio del capo della Nuova Camorra Organizzata per i loro alleati napoletani che, in cambio, eliminarono l'ultimo esponente dei Batti - gruppo criminale campano impiegato, in Lombardia, in una faida contro i narcos calabresi - a Somma Vesuviana. Era il 1990. Nel corso della latitanza, Raffaele Cutolo conosce Lidarsa Bent Brahim Radhia, una donna tunisina cui dedicò una poesia. Dalla relazione, nasce Yosra[2]. Nel 1980 Cutolo compra da Maria Capece Minutolo, vedova del Principe Lancellotti di Lauro, il Castello Mediceo, per una spesa di 270 milioni.[3] Il Castello, già appartenuto dal 1567 al ramo cadetto mediceo dei Medici di Ottajano, fu per pochissimi anni adibito a quartier generale della NCO, che Cutolo provvedeva a dirigere direttamente dalle carceri di Poggioreale e di Ascoli Piceno. Il suddetto Castello Mediceo (detto anche Palazzo del Principe), fu nel 1991 confiscato dallo Stato e dato in proprietà al comune di Ottaviano.

Nel 1983 sposa Immacolata Jacone, figlia di Salvatore[4], sorella di Giovanni[5] e Luigi Jacone[6], tutti pregiudicati. Il matrimonio viene celebrato dallo storico cappellano del carcere dell'Asinara, don Giorgio Curreli; il matrimonio venne celebrato nella chiesa di Cala d'Oliva e di quell'evento, che non mancò di suscitare polemiche, restano 36 foto mai rese pubbliche.[7] Il 30 ottobre 2007 diventa di nuovo padre[8]. La bambina viene concepita attraverso l'inseminazione artificiale cui si sottopose la moglie Immacolata Jacone grazie ad una speciale autorizzazione ottenuta nel 2001.

Raffaele Cutolo è stato condannato a 4 ergastoli da scontare dal 1995 in regime di 41 bis. Il boss ha più volte criticato tale regime che, a suo parere, viola i diritti umani tanto da preferire la pena di morte.[9] È stato ospitato da diverse carceri italiane, nel 2000 viene trasferito nel carcere di Novara e dal 2007 al 2011 è stato detenuto nel carcere di massima sicurezza di Terni, nella cella che fu di Bernardo Provenzano. Successivamente è stato trasferito nel carcere di massima sicurezza de L'Aquila ed infine in quello di Parma.[10]

La carriera criminale

L'omicidio Viscito e il carcere

La storia criminale di Raffaele Cutolo inizia il 24 settembre 1963 con l'omicidio di un ragazzo di Ottaviano, Mario Viscito. All'epoca dei fatti Cutolo percorreva il viale principale di Ottaviano insieme a sua sorella Rosetta (oggi 82 anni), dove, con l'auto in folle per mancanza di benzina, durante il tragitto il Viscito fece apprezzamenti sulla sorella di lui, Rosetta. Ne seguì una rissa, al termine della quale Raffaele uccise il giovane;[11] resosi latitante si presentò spontaneamente due giorni dopo presso una caserma dell'Arma dei Carabinieri. Per questo reato fu condannato all'ergastolo, pena ridotta in appello a 24 anni di reclusione, che cominciò a scontare presso il carcere di Poggioreale. In carcere ebbe modo di sfidare a duello Antonio Spavone, altro boss della camorra, durante l'ora d'aria in uno scontro con la "molletta" (termine utilizzato per indicare il coltello a scatto)[12] ma questi non si presentò; l'evento fece guadagnare prestigio a Cutolo e lo rese popolare tra i detenuti che, sempre più numerosi, chiedono la sua protezione. Nel 1970, viene scarcerato per decorrenza dei termini. Cutolo è in attesa di giudizio, ma quando la Corte Suprema di Cassazione confermò la condanna si dà alla latitanza fino al 25 marzo 1971, quando viene nuovamente arrestato e condotto nel carcere di Poggioreale.

La detenzione e la nascita della NCO

Lo stesso argomento in dettaglio: Nuova Camorra Organizzata.

Durante la detenzione a Poggioreale si ritiene sia nata la "Nuova Camorra Organizzata" (NCO). Si tratta di un'organizzazione piramidale e paramilitare, basata sul culto di una sola personalità. Questi sono i ruoli assunti dagli affiliati: il picciotto, il camorrista, lo sgarrista, il capozona e infine il santista. Al vertice c'è solo Raffaele Cutolo detto "Vangelo"[13]. Tra i primi affiliati si ricordano i detenuti Raffaele Catapano, Pasquale D'Amico, Giuseppe Serra[14], Giuseppe Puca, Michele Iafulli. Il grado di santista (braccio destro di Cutolo) è raggiunto solo dall'imprenditore Vincenzo Casillo, da Pasquale Barra, da Davide Sorrentino, Antonino Cuomo e Giuseppe Puca.

L'organizzazione era modellata sul modello della Bella Società Riformata, il suo progetto criminale ispirato ad un'ideologia pseudo-ribellista di impronta meridionalistica, che però attingeva in parte alla propaganda delle organizzazioni terroristiche.[15] In carcere Cutolo crea le basi per una organizzazione criminale cui saranno affiliati, in primo luogo, i detenuti di cui Cutolo conosce le esigenze, i bisogni, e le aspettative. Un ruolo particolare spetta a Alfonso Rosanova, imprenditore e mente economica della NCO, e a Rosetta Cutolo. Ma soprattutto, Cutolo conta su un esercito di giovani - la cosiddetta manovalanza cutoliana - affiliati tra le maglie del sottoproletariato. L'affiliazione prevede l'adesione totale alla volontà del capo. Questa è simbolicamente rappresentata da un rituale di iniziazione per il quale i nuovi adepti giurano fedeltà ripetendo un testo ispirato ai cerimoniali di stampo massonico. Il testo è stato ritrovato grazie all'arresto di Giuseppe Palillo, e proprio per questo è detto giuramento di Palillo; alcuni storiografi invece ritengono che si tratti di un rituale mutuato da quello della 'ndrangheta alla quale Cutolo si affiliò tramite i Piromalli e Paolo De Stefano[16].

Rimane a Poggioreale sino al maggio del 1977, la sentenza della Corte d'Appello riconosce al boss l'infermità mentale, disponendone il ricovero in un istituto psichiatrico per un periodo non inferiore a 5 anni; viene messo in osservazione nell'ospedale psichiatrico giudiziario prima presso il monastero di Sant'Eframo Nuovo a Napoli e poi è trasferito in quello di Aversa.

La latitanza e l'affermazione

Fuggì dall'OPG di Aversa il 5 febbraio 1978, grazie anche all'opera di Giuseppe Puca, in modo violento: una carica di nitroglicerina piazzata all'esterno dell'edificio squarciò le mura permettendo la fuga del boss. Nel corso della latitanza avvia rapporti con la malavita pugliese, con la 'ndrangheta, con le bande lombarde di Renato Vallanzasca e Francis Turatello per il commercio della cocaina. Con il falso nome di Prisco Califano, Cutolo gira l'Italia, si reca ad Ottaviano dal sindaco Salvatore La Marca. In poco tempo, la NCO penetra tutti i settori dell'economia campana e, anche grazie alla connivenza e l'assenso dei politici locali, riesce ad usufruire dei fondi della CEE destinati ai produttori di conserve.

Il 10 maggio 1979 telefona alla redazione de Il Mattino intimando ai rapitori di un ragazzo, Gaetano Casillo, di liberare immediatamente l'ostaggio: poco dopo, il rapitore sarà assassinato. Il 15 maggio 1979, Cutolo viene catturato in un casolare ad Albanella in provincia di Salerno.

La nuova cattura e il terremoto in Irpinia

Lo stesso argomento in dettaglio: Terremoto dell'Irpinia del 1980.

Il 23 novembre 1980 un terremoto colpì l'Irpinia ed altre zone dell'Italia meridionale; quella notte, il carcere di Poggioreale è teatro di una resa dei conti tra detenuti appartenenti e no alla NCO: il bilancio è di tre morti e otto feriti. La criminalità organizzata si insinua per intercettare il denaro stanziato per la ricostruzione (stimato in 50.000 miliardi di lire) anche grazie alla grande discrezionalità conferita alle amministrazioni locali nella gestione degli aiuti. Nel dicembre dello stesso anno Cutolo ordinò l'assassinio di Marcello Torre, sindaco di Pagani, per aver bloccato l'assegnazione di un appalto per la rimozione delle macerie ad un'impresa collegata alla NCO.[17]

Nel corso degli anni Cutolo acquisì grande popolarità ed importanza, presentando la sua nuova organizzazione come mossa da scopi di riscatto e della difesa dei più deboli. In tal senso, è utile ricordare una dichiarazione di Cutolo riportata da Isaia Sales:

«Dicono che ho organizzato la nuova Camorra. Se fare del bene, aiutare i deboli, far rispettare i più elementari valori e diritti umani che vengono quotidianamente calpestati dai potenti e ricchi e se riscattare la dignità di un popolo e desiderare interamente un senso vero di giustizia, rischiando la propria vita per tutto questo, per la società vuol dire camorra, allora ben mi sta quest'ennesima etichetta.[18]»

La stessa ideologia traspare in una intervista rilasciata a Enzo Biagi nel 1986.[19] Durante questo periodo Cutolo riceve alcune personalità politiche, come Francesco Mirtiello, ed ottiene il trasferimento nel carcere di Marino del Tronto, diretto all'epoca da Cosimo Giordano, dove poté gestire la sua organizzazione in tranquillità, in una camera elegantemente arredata e con alle sue dipendenze Giovanni Pandico e Giuseppe Palillo.

La guerra tra NCO e Nuova Famiglia

Lo stesso argomento in dettaglio: Faida tra Nuova Camorra Organizzata e Nuova Famiglia.

La graduale crescita del potere della NCO non può che disturbare le famiglie della vecchia camorra campana, come gli Zaza (affiliati alla mafia siciliana) e i Giuliano di Forcella che si riuniscono in un'associazione provvisoria detta Onorata Fratellanza. In principio, si riesce a trovare un accordo per una spartizione territoriale; successivamente, l'accordo salta poiché Cutolo pretende una forte tangente sul contrabbando delle sigarette. In questo momento, a San Cipriano d'Aversa nasce la Nuova Famiglia o NF rappresentata da Lorenzo Nuvoletta, Carmine Alfieri, Michele Zaza ed infine Antonio Bardellino, ritenuto fondatore dell'omonima organizzazione e del clan dei casalesi. La lotta tra le fazioni fu alquanto sanguinosa: le vittime furono 295 nel 1981, 273 nel 1982, 290 nel 1983. Tra gli episodi si ricorda il 30 maggio 1981 l'esplosione di un ordigno nei pressi della villa di Raffaele Cutolo, probabilmente per ordine di Antonio Bardellino.[senza fonte]

Nell'estate del 1981 presso la masseria dei Nuvoletta - presente, per Cosa Nostra siciliana, anche il capo dei Corleonesi Totò Riina - i boss si riuniscono per porre fine alla mattanza, una tregua che Cutolo non sembra volere accettare. Infatti, dopo poco tempo i cutoliani uccidono Salvatore Alfieri e la guerra riprende, a tutti i livelli ed in tutti gli ambienti. A tal fine, le carceri sono suddivise in due sezioni separate, una per i cutoliani (in numero maggiore) e l'altra per gli affiliati alla "Nuova Famiglia", ritenuti militarmente meglio organizzati; ma tuttavia alcuni sostengono che il fattore decisivo per le sorti della guerra sia in realtà stata la graduale perdita di appoggio politico.[senza fonte]

Il trasferimento ad Ascoli, il ruolo nel sequestro Cirillo e i rapporti con le istituzioni

All'inizio del 1981 Cutolo ottenne il trasferimento nel carcere di Marino del Tronto ad Ascoli Piceno, il 27 aprile di quell'anno, l'assessore democristiano Ciro Cirillo – responsabile amministrativo della ricostruzione postsismica – viene rapito dalle Brigate Rosse, per il fatto dirette da Giovanni Senzani. In quel periodo il boss incontrò alcuni esponenti della DC e rappresentanti dei servizi segreti italiani che chiesero la sua collaborazione; in particolare, le richieste sarebbero pervenute da Giuliano Granata (all'epoca sindaco di Giugliano in Campania), Silvio Gava, Francesco Pazienza, Flaminio Piccoli, Francesco Patriarca, Vincenzo Scotti ed Antonio Gava. Testimoni degli incontri ad Ascoli Piceno furono il direttore e il cappellano del carcere, il luogotenente di Cutolo Vincenzo Casillo e Alfonso Rosanova.

Attraverso le informazioni dei brigatisti Luigi Bosso e Sante Notarnicola, Cutolo riesce a conoscere i nomi dei carcerieri di Cirillo: Pasquale Aprea e Rosario Perna, guidati da Senzani. Cutolo riesce a stabilire una cifra per la liberazione dell'assessore napoletano che avviene il 24 luglio 1981. Tutto si risolve in un reciproco scambio di favori tra uomini della DC, servizi segreti, NCO e Brigate Rosse. Tra i "favori" delle Br a Cutolo, è possibile annoverare il delitto Ammaturo. Il 15 luglio 1982, il vicequestore Antonio Ammaturo, da sempre impegnato nella lotta alla camorra, viene ucciso dalle Brigate Rosse. Cutolo avanza alcune richieste che non saranno mai accolte (la seminfermità mentale e alcuni trattamenti di favore per sé e per gli affiliati).

In realtà, di questa vicenda non si sa nulla fino al 16 marzo 1982 quando su L'Unità appare una notizia sconvolgente firmata da Marina Maresca[20]. Seguiranno altri servizi che riportano i nomi delle personalità in "visita" al carcere di Ascoli Piceno[21]. La notizia si basa su un documento (un foglio intestato Mininter) che si rivelerà falso, anche se i contenuti troveranno riscontro grazie al lavoro del giudice istruttore Carlo Alemi che il 28 luglio 1988 deposita una sentenza-ordinanza di 1.531 pagine in cui viene documentato come alcuni esponenti della DC abbiano avviato una trattativa con Cutolo. Di tutta risposta, il presidente del Consiglio allora in carica, De Mita, affermò che Alemi si era posto "al di fuori del circuito istituzionale"; nel settembre 1988 il ministro della Giustizia, Vassalli, aprì un'indagine disciplinare, poiché il giudice istruttore aveva indicato nel suo provvedimento i nomi degli onorevoli Flaminio Piccoli, Antonio Gava, Vincenzo Scotti e Francesco Patriarca come partecipi delle trattative. Alcuni giorni dopo il deposito della sentenza-ordinanza, inoltre, senza che si fosse conosciuto alcun atto processuale, uscì un articolo che attribuiva ad Alemi la responsabilità di aver commesso "diffamazione a mezzo giudice", dando conto di "un orrendo insieme di sospetti e di insinuazioni". Nel 1990 il CSM assolse Alemi, riconoscendo la correttezza del suo operato; dopo 12 anni dal sequestro la sentenza di appello consacrò poi le conclusioni a cui era giunto il magistrato[22]. In ragione dell'attività investigativa svolta da Alemi, le sue conversazioni erano state intercettate dal SISMI; per l'occasione, era stato richiamato il generale Giuseppe Santovito, a capo dei servizi, il quale era stato allontanato nel 1981 per lo scandalo P2.

L'esilio all'Asinara e la fine della NCO

Nel 1982 il Presidente della Repubblica Sandro Pertini chiese ed ottenne il trasferimento di Cutolo dal carcere di Ascoli Piceno ad un penitenziario di massima sicurezza, presso il carcere dell'Asinara, che fu riaperto esclusivamente per lui e dove passò un paio di anni come unico carcerato, determinando un duro colpo all'influenza del boss. Qui sarà completamente isolato; gli affiliati cominciano a dissociarsi o a pentirsi: le loro rivelazioni consentono il maxi-blitz del 17 giugno 1983 che prevede più di 1.200 mandati di cattura contro i cutoliani; alcuni componenti dell'organizzazione come Pasquale Scotti tentarono invano una riorganizzazione. Grazie alle testimonianze dei membri della NCO vengono inoltre scoperti i mandanti di alcuni omicidi eccellenti come quello eseguito ai danni del vicedirettore del carcere di Poggioreale Giuseppe Salvia colpevole di aver disposto la perquisizione di Cutolo come da regolamento carcerario.[23]

Il ruolo negli omicidi Cuomo e Casillo

Lo stesso argomento in dettaglio: Vincenzo Casillo e Mario Cuomo (criminale).

Vincenzo Casillo morì a Roma il 29 gennaio 1983 insieme a Mario Cuomo, poiché vittima di un'bomba nascosta nella sua automobile. Casillo morì sul colpo, Mario Cuomo invece sopravvisse ma rimase mutilato degli arti inferiori. Il 2 febbraio 1984 la donna di Casillo, Giovanna Matarazzo verrà ritrovata in un blocco di cemento, uccisa probabilmente a causa delle sue dichiarazioni al magistrato Carlo Alemi rispetto al collegamento tra la morte di Casillo e l'omicidio di Roberto Calvi, perpetrato secondo la donna e secondo i pentiti dallo stesso Casillo. A creare confusione circa le dinamiche dell'attentato furono i collaboratori di giustizia della NCO: Giovanni Pandico, Pasquale Barra (entrambi rivelatisi poi calunniatori di Enzo Tortora), Mauro Marra, Pasquale D'Amico e Claudio Sicilia (quest'ultimo membro della Banda della Magliana), nonché alcuni fedelissimi del boss di Ottaviano. Difatti in assenza di Raffaele Cutolo, oramai detenuto in regime di isolamento nel Carcere dell'Asinara, Casillo era divenuto il nuovo capo della NCO. L'organizzazione criminale, in quel frangente privata del suo capo primordiale, decimata dagli arresti e di li a poco colpita dalle accuse dei collaboratori di giustizia, stava vivendo le sue fasi terminali; Casillo si sarebbe dunque adoperato per ricostituirne l'influenza ed il potere prima di essere vittima dell'attentato. A tal proposito si registrano le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia:

  • Secondo Giovanni Pandico e Pasquale Barra, due personaggi ricchi di risentimento verso Cutolo pur essendo ancora affiliati alla NCO, la morte di Casillo fu decisa dallo stesso Cutolo e messa in atto da un suo fedelissimo, Giuseppe Puca, boss di Sant'Antimo. Il movente andrebbe rintracciato nel presunto tradimento di Vincenzo Casillo, reo di aver stretto legami con il clan Nuvoletta legato a Cosa Nostra, gli storici nemici della NCO.
  • Secondo Mauro Marra, gli stessi vertici dell'organizzazione ignoravano chi fossero i responsabili della morte di Casillo. Ragion per cui il direttivo della NCO fece circolare la voce secondo cui si fosse trattato di un incidente, di cui né Cutolo né i suoi nemici erano responsabili. In pratica Cuomo e Casillo non sarebbero rimasti vittime di una autobomba piazzata da qualcuno ma di una bomba che essi stessi trasportavano in auto, e che avrebbero dovuto utilizzare nei giorni successivi per commettere una ritorsione. Ma la bomba sarebbe esplosa accidentalmente. Tale strategia criminale servì ad evitare che i restanti cutoliani venissero colti da una doppia spirale di terrore, se difatti avessero ritenuto Cutolo il vero responsabile della morte di Enzo Casillo, che definiva il suo "amico più caro", gli affiliati avrebbero perso ogni sorta di stima e fiducia verso il loro boss; se viceversa avessero creduto che Casillo fosse morto per mano dei nemici di Cutolo, quelli della Nuova Famiglia, i restanti affiliati alla NCO avrebbero nutrito forte scoraggio nel sentirsi tanto vulnerabili, essendo i clan rivali riusciti nell'impresa di eliminare il boss Vincenzo Casillo, infliggendo così uno smacco finale a ciò che restava della NCO.
  • Secondo Claudio Sicilia, ex boss della Banda della Magliana, il Casillo sarebbe stato assassinato per volontà di Cutolo da Corrado Iacolare. In sintesi Casillo e Cuomo si sarebbero recati a Salerno per ritirare alcune bombe con cui commettere delle ritorsioni sugli imprenditori restii a pagare le tangenti alla NCO. In quell'occasione Iacolare avrebbe imbottito di esplosivo l'auto del Casillo per poi farlo saltare in aria a Roma. Anche secondo Claudio Sicilia l'omicidio sarebbe avvenuto con la collaborazione di Giuseppe Puca. Il Sicilia racconta inoltre che alcuni affiliati alla NCO erano preoccupati per un'agendina che Enzo Casillo aveva sempre con se, e l'unico uomo in grado di svelare ogni dettaglio sulla vita di Casillo era il suo braccio destro, Mario Cuomo, il sopravvissuto, colui che a bordo della stessa auto di Casillo era scampato alla morte pur mutilato delle gambe. Ma Mario Cuomo non sarebbe stato facilmente raggiungibile poiché ricoverato all'ospedale Gemelli di Roma e continuamente piantonato dalla polizia. Così i cutoliani avrebbero chiesto allo stesso Claudio Sicilia, personaggio ben addentrato nel contesto della mala romana, di infiltrare un uomo del personale ospedaliero nella stanza di Mario Cuomo. Claudio Sicilia avrebbe eseguito l'ordine, ma la persona da lui incaricata non sarebbe stata in grado di arrivare al Cuomo poiché questi versava ancora in stato di incoscienza ed era in effetti piantonato strettamente.
  • Secondo Pasquale D'Amico la tesi dell'incidente sarebbe vera. La bomba a bordo dell'auto sarebbe esplosa accidentalmente, mentre veniva trasportata degli stessi Cuomo e Casillo e destinata a Liguori,[non chiaro] il suocero di Michele Zaza. Va pur detto che Pasquale D'amico potrebbe essere uno dei tanti ex affiliati alla NCO che, come raccontato dal pentito Mauro Marra, avrebbero appreso la falsa tesi dell'incidente, ossia la versione di comodo inventata dai vertici NCO per tranquillizzare gli affiliati.

Raffaele Cutolo, accusato quale mandante dell'omicidio dai pentiti Barra e Pandico, dichiarò alla corte la propria innocenza, e confidò anch'egli di aver appreso da voci confidenziali che si era trattato di un incidente, pur lanciando il dubbio che la morte di Casillo potesse essere persino opera dei servizi segreti italiani. La bomba era infatti esplosa nelle vicinanze di una sede dei servizi segreti, e Casillo era munito di una tessera dei servizi con cui, benché latitante, entrava ed usciva dalle carceri italiane per comunicare con gli altri affiliati. Circostanza di cui era stato testimone lo stesso Cutolo durante le accertate trattative tra Stato e camorra per la liberazione dell'assessore Ciro Cirillo, nei giorni in cui il suo amico Enzo Casillo lo raggiungeva in carcere accompagnato dagli uomini dei servizi segreti italiani:

Signor Presidente desidero dire che io sono in carcere da 26 anni, ultimamente ho preso qualche 10 ergastoli, quindi la mia vita deve finire in carcere, ma non desidero pagare per la morte dell'amico mio più caro...comunque. Vi ripeto, tutti mi hanno detto che è stato un incidente, se poi è un omicidio dovreste domandare ad un certo apparato dello Stato, che gli ha rilasciato la tessera dei servizi segreti, e benché latitante entrava in tutte le carceri italiane. Però tutti mi hanno detto che è stato un incidente.

(Raffaele Cutolo al processo per l'omicidio di Vincenzo Casillo del 19/12/1988)

In sintesi, per la magistratura la tesi dell'attentato maturato in seno alla stessa NCO per volontà di Cutolo non fu credibile, così come la tesi dell'incidente, avvalorata dallo stesso Cutolo semplicemente perché, non essendo il boss di Ottaviano un collaboratore di giustizia, se ne era sempre ben guardato dal produrre dichiarazioni che avrebbero potuto incriminare qualcuno, amico o nemico che fosse. È difatti noto che le poche notizie sensibili rivelate da Cutolo hanno sempre riguardato persone defunte contro cui la magistratura nulla avrebbe potuto e che nessun altro avrebbero coinvolto:

<<Lo so, è paradossale che io possa parlare solo dei morti e quindi qualcuno potrebbe anche accusarmi di mentire visto che dall'altra parte nessuno può replicare>>.

(Raffaele Cutolo al processo per l'omicidio di Mino Pecorelli del 09/10/1998).

La verità giunse anni dopo, nei giorni del pentimento dei boss Pasquale Galasso e Carmine Alfieri, i capi indiscussi della cosiddetta Nuova Famiglia, i famigerati nemici di Cutolo. Entrambi riportarono la medesima versione degli eventi ed entrambi furono ritenuti attendibili essendosi autoaccusati dell'omicidio. In pratica, Galasso ed Alfieri confermarono il fatto che l'omicidio Casillo avesse posto la parola fine alla NCO di Raffaele Cutolo, benché in principio tale omicidio fosse stato partorito dalla loro stessa collera, essendo entrambi assetati di vendetta per l'assassinio dei rispettivi fratelli, commissionato mesi prima da Cutolo per punire il rifiuto di Galasso ed Alfieri di associarsi alla NCO.

Fu Galasso a gestire l'intera faccenda, Alfieri aveva in parte già colmato la sua sete di vendetta mesi prima, quando i suoi uomini uccisero uno degli esecutori materiali dell'omicidio di suo fratello. Galasso invece era ossessionato dal desiderio di vendicare il fratello morto appena poche settimane prima, e non potendo colpire direttamente Cutolo che era carcerato, decise a tutti i costi di uccidere Casillo, l'uomo più importante rimasto a capo dei cutoliani, nonché ritenuto l'esecutore materiale dell'omicidio di suo fratello Nino. I due pentiti raccontano di aver corrotto un uomo di punta della NCO, tale Giuseppe Cillari, che divenne il loro infiltrato all'interno dell'organizzazione rivale, la cui missione primaria consisteva nel consegnargli la testa di Enzo Casillo. Impresa ardua visto che il Casillo si era appositamente stabilito a Roma dove godeva della protezione dei politici, dei malavitosi e dei servizi segreti. Inoltre il Cillari fu colto da ripensamento quando seppe che Enzo Casillo era stato l'esecutore materiale dell'omicidio di Roberto Calvi, su commissione della mafia e attraverso il clan Nuvoletta, con cui lo stesso Casillo stava tessendo una nuova alleanza. A detta di Galasso, Pinuccio Cillari aveva acconsentito a tradire i suoi compari poiché riteneva che oramai la NCO fosse destinata a scomparire, ma quando si accorse che Casillo stava riguadagnando terreno e che aveva addirittura la mafia alle spalle cominciò a tentennare. A quel punto Galasso passò alle minacce, se Cillari non gli avesse consegnato Casillo la sua famiglia sarebbe stata oggetto di rappresaglie da parte della Nuova Famiglia. Cillari non ebbe scelta, anche se non gli fu facile compiere la sua missione poiché Casillo andava sempre in giro circondato da molti scagnozzi. L'occasione giusta si presentò quando Enzo Casillo chiese a Cillari di acquistargli un'autovettura. Galasso colse l'opportunità al volo e fornì a Cillari i soldi per comperare l'auto, una Golf. La stessa vettura che prima di essere consegnata alla vittima fu imbottita di esplosivo e dove Vincenzo Casillo trovò la morte. Stranamente anche secondo questo racconto l'auto sarebbe stata acquistata ed imbottita di esplosivo a "Salerno". Nel luglio del 1993, il pentito Pasquale Galasso ha riferito inoltre che il tritolo per l'attentato gli fu fornito dalla mafia[23], che probabilmente, in simbiosi con i servizi segreti, intendeva liberarsi del testimone più scomodo circa la morte di Roberto Calvi e la trattativa Stato-camorra per la liberazione dell'assessore Cirillo. Per l'omicidio Casillo sono stati condannati all'ergastolo Ferdinando Cesarano e Pasquale Galasso.

Le perizie psichiatriche

Raffaele Cutolo è stato sottoposto a numerose perizie psichiatriche e solo nell'aprile 1984[24] – all'epoca della detenzione all'Asinara – è stato dichiarato chiaramente capace di intendere e di volere. In precedenza, Cutolo è stato dichiarato infermo di mente e, dunque, non responsabile delle sue azioni. Va ricordata la perizia prodotta nel 1974 dai professori Failla e Villardi secondo la quale la personalità di Cutolo è caratterizzata da gravi manifestazioni paranoidi ed epilettoidi.

La perizia favorevole ha permesso a Cutolo di trascorrere molto tempo in due manicomi, il manicomio napoletano di Sant'Eframo e l'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa i cui direttori – Giacomo Rosapepe e Domenico Ragozzino – si sono tolti la vita. Nel 1984, i professori Battista Marineddu, Giancarlo Nivoli e Adriano Senini dichiarano Cutolo perfettamente lucido, anche se non escludono tratti paranoidi.

Nella cultura di massa

  • Un'altra vita, libro scritto da Francesco De Rosa, ha la prefazione dell'ex-vescovo di Caserta Raffaele Nogaro,[25] descrive la figura di Cutolo.
  • La canzone di Fabrizio De André Don Raffaè (da Le nuvole) è stata considerata un riferimento esplicito alla figura del boss di Ottaviano. Infatti, Cutolo fu entusiasta della canzone e ringraziò più volte il cantautore in diverse lettere in cui chiedeva come fosse a conoscenza dei dettagli della vita in carcere. Inoltre, inviò a De André delle poesie da musicare[26][27].
Una scena del film Il camorrista, interpretato da Ben Gazzara.
  • Il personaggio di Cutolo è protagonista del film d'esordio di Giuseppe Tornatore del 1986 Il camorrista, tratto dall'omonimo libro di Giuseppe Marrazzo. Il personaggio di Cutolo è interpretato da Ben Gazzara e doppiato da Mariano Rigillo. Il malavitoso non gradì il film né il libro, del quale chiese il sequestro[28].
  • Nel 2007, dal carcere di Novara, Raffaele Cutolo ha querelato Roberto Saviano. Il boss contesta un passaggio del libro Gomorra dove si ritiene Cutolo il mandante dell'omicidio di una bambina, Simonetta Lamberti[29]. Il Tribunale di Trento ha respinto le richieste di Raffaele Cutolo contro Saviano archiviando.
  • Nel 2008, il personaggio di Cutolo viene interpretato dall'attore Federico Torre (con il nome di Don Mimmo, detto 'O ragioniere) nella serie televisiva Romanzo criminale.
  • Nel 2014, nel libro Ricordi in Bianco e Nero tratto dal lungo rapporto epistolare tra il boss e la giornalista Gemma Tisci, dove il boss trova il coraggio di raccontare oltre ai fatti di camorra anche le sue angosce e sensi di colpa.

La reazione di Cutolo al romanzo Il camorrista

In data 14/10/1988 durante un processo a carico della NCO per l'omicidio Cappuccio, consigliere comunale di Ottaviano, reperibile sul sito Radio Radicale, Cutolo annunciò pubblicamente la sua richiesta di sequestro del romanzo Il camorrista, vita segreta di Don Raffaele Cutolo, e denunciò la non veridicità dei fatti riportati da Marrazzo, al quale aveva effettivamente rilasciato alcune interviste, a suo dire mal riportate dallo scrittore. Il diniego di Cutolo fu dovuto in primis all'ultimo capitolo del romanzo dedicato alla morte del suo braccio destro ed amico di infanzia Vincenzo Casillo, ucciso secondo Marrazzo per volontà dello stesso Cutolo, il quale si è sempre dichiarato estraneo rispetto alla morte del suo "amico più caro". La tesi di Cutolo sarebbe avvalorata dalla testimonianza dei collaboratori di giustizia Pasquale Galasso e Carmine Alfieri, nemici storici di Cutolo e Padrini della Nuova Famiglia, i quali si autoaccusarono dell'omicidio Casillo avvenuto sia per vendicare la morte del fratello di Galasso che per decretare la fine della Nuova Camorra Organizzata, già provata dagli innumerevoli arresti, lo stesso Cutolo era infatti recluso in regime di carcere duro all'Asinara. In secondo luogo Raffaele Cutolo criticò la modalità con cui il libro descriveva gli eventi, il dialogo scorre infatti in prima persona come se a parlare fosse lo stesso Cutolo.

Note

  1. ^ ilfattovesuviano.it, http://www.ilfattovesuviano.it/2018/02/omicidio-del-figlio-cutolo-ergastolo-superboss-mario-fabbrocino/amp/.
  2. ^ G.Marrazzo, op.cit., pp. 106-107.
  3. ^ PLinius n. 11 (PDF), su epnv.it, 1º settembre 2003. URL consultato il 10 agosto 2013.
  4. ^ Un delitto per 'avvertire' Cutolo - la Repubblica.it
  5. ^ Nel 1996 il pregiudicato Giovanni Jacone ha ucciso la moglie a colpi di martello.
    Fonte:Il cognato di Cutolo ha ucciso la moglie - la Repubblica.it
    Nel 2009 l'uomo ha ucciso la madre con la stessa modalità.
    Fonte:Camorra, morta la suocera di Cutolo - È stata uccisa a martellate - Corriere della Sera.it
  6. ^ Vendetta a Napoli ucciso il cognato di Raffaele Cutolo - la Repubblica.it
  7. ^ Cutolo ‘o professore, nozze sull’Isola: l’Immacolata andata in sposa al boss da sardiniapost.it, 19 maggio 2019
  8. ^ TG La7 - video - 22/02/2011 : È NATA DENISE CUTOLO, FIGLIA DEL 41 BIS Archiviato il 21 ottobre 2013 in Internet Archive.
  9. ^ Paolo Berizzi, Cutolo, l'ultimo desiderio "Il mio seme per un figlio", su repubblica.it, La Repubblica, 24 febbraio 2006. URL consultato il 10 agosto 2013.
  10. ^ Cutolo e la sua storia da sites.google.com
  11. ^ G. Di Fiore, Potere camorrista: quattro secoli di malanapoli, Alfredo Guida Editore, 1993, Napoli pag. 159.
  12. ^ I boss della camorra Di Bruno De Stefano, Newton saggistica 2011.
  13. ^ A differenza del vecchio capocamorra dell'Ottocento che veniva eletto, Cutolo impone il suo potere assoluto, "quasi che per investitura divina". Vedi L. Fiore, Op. cit., p.
  14. ^ Detto Peppe o' svizzero. Ha scontato 25 anni di reclusione per l'omicidio di Pasquale Cappuccio su mandato di Cutolo. Ad un anno dal suo rilascio, è stato ucciso nel 2007.
  15. ^ in V. Ceruso, Il libro che la mafia non ti farebbe mai leggere, Newton Compton, p.10
  16. ^ Nicola Gratteri, Antonio Nicaso, Fratelli di sangue, Cosenza, Luigi Pellegrini Editore, 2006. p. 60-61
  17. ^ F. Geremicca, “Non voleva stare al gioco”, L'Unità, 12/12/1980, p. 1
  18. ^ I. Sales, La camorra le camorre, Editori Riuniti, Roma 1993, p. 184
  19. ^ Cutolo: La camorra è una scelta di vita e io volevo aiutare la povertà, su ricerca.repubblica.it, La Repubblica, 11 marzo 1986. URL consultato il 10 agosto 2013.
  20. ^ M. Maresca, "La DC trattò con le Br. Due esponenti da Cutolo per il riscatto Cirillo" in L'Unità, 16/03/1982, p. 1.
  21. ^ M. Maresca, "I Dc che hanno trattato" in L'Unità, 17/03/1982, p. 1; M. Maresca, "Ecco il documento che accusa" in L'Unità, 18/03/1982, p. 1;
  22. ^ Sul sequestro Cirillo, si veda: G. Granata, Io, Cirillo e Cutulo. Dal sequestro alla liberazione, Napoli, Cento Autori, 2009
  23. ^ 14 Aprile 1981 Napoli. Ucciso Giuseppe Salvia, vicedirettore al carcere di Poggioreale. da vittimemafia.it
  24. ^ Dieci anni per decidere che Cutolo non è pazzo - Repubblica.it » Ricerca
  25. ^ Il vescovo Nogaro firma la prefazione ad un libro su Raffaele Cutolo, su lospettro.it (archiviato dall'url originale il 27 giugno 2002).
  26. ^ L'episodio è descritto in Fabrizio De André. Storie, memorie ed echi letterari di Silvia Sanna, p.67 - 68.
  27. ^ E il boss della camorra ringraziò De André - Interni - Articolo stampabile - Il Giornale.it Archiviato il 28 ottobre 2010 in Internet Archive.
  28. ^ Il Boss Chiede Il Sequestro Del Libro 'Il Camorrista' - Repubblica.It » Ricerca
  29. ^ Questo il passaggio contestato: Negli anni ´80 Cutolo fece sparare in faccia a una bambina di pochi anni, figlia del magistrato Lamberti, davanti al padreIl passaggio è presente in http://www.oltregomorra.com/documenti/9027/

Bibliografia

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  • L. Compagnone, Mater camorra, Napoli, Pironti, 1987.
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  • Giuseppe Marrazzo, Il camorrista: vita segreta di don Raffaele Cutolo, Pironti 20052, ISBN 88-7937-331-5
  • G. Granata, Io, Cirillo e Cutulo. Dal sequestro alla liberazione, Napoli, Cento Autori, 2009
  • B. De Stefano, I boss della camorra, Newton Compton Editori, 2010
  • Bruno De Stefano,I boss della camorra, Newton saggistica 2011.
  • G. Tisci, Ricordi in Bianco e Nero -testimonianza epistolare dalla cella del boss, Patti, Editrice Kimerik, 2014
  • Giorgio Bocca, Gli anni del terrorismo. Armando Curcio Editore 1989

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