Carlo III di Spagna

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Disambiguazione – Se stai cercando il pretendente al trono di Spagna che fu proclamato re con questo nome durante la guerra di successione spagnola, vedi Carlo VI del Sacro Romano Impero.
Carlo III
[[File:|frameless|center|260x300px]]Dipinto di Anton Raphael Mengs, 1760 ca.
Museo del Prado, Madrid.
Re di Spagna
In carica10 agosto 1759
14 dicembre 1788
PredecessoreFerdinando VI
SuccessoreCarlo IV
Nome completoCarlos Sebastián
de Borbón y Farnesio
Altri titoliInfante di Spagna (1716-1759)
Duca di Parma, Piacenza e Castro (1731-1735)
Gran principe ereditario
di Toscana (1732-1735)
Re di Napoli (1734-1759)
Re di Sicilia (1735-1759)
NascitaMadrid, 20 gennaio 1716
MorteMadrid, 14 dicembre 1788 (72 anni)
SepolturaCripta Reale del Monastero dell'Escorial
Casa realeBorbone di Spagna
Borbone di Napoli (capostipite)
PadreFilippo V di Spagna
MadreElisabetta Farnese
ConsorteMaria Amalia di Sassonia
Figlivedi Discendenza

Carlo di Borbone (Madrid, 20 gennaio 1716Madrid, 14 dicembre 1788) fu duca di Parma, Piacenza e Castro con il nome di Carlo I dal 1731 al 1735, re delle Due Sicilie senza utilizzare numerazioni[1] dal 1735 al 1759, e da quest'anno re di Spagna con il nome di Carlo III fino alla morte.

Primogenito delle seconde nozze di Filippo V di Spagna con Elisabetta Farnese, era alla nascita solo quarto nella linea di successione al trono spagnolo, e quindi sua madre si adoperò durante tutta la sua infanzia per dargli un trono in Italia rivendicando l'eredità dei Farnese e dei Medici, due dinastie prossime all'estinzione. Grazie ad una sapiente combinazione di diplomazia ed interventi armati, la Farnese riuscì ad ottenere dalle potenze europee il riconoscimento dei suoi diritti dinastici sul Ducato di Parma e Piacenza e sul Granducato di Toscana.

Nel 1734, durante la guerra di successione polacca, fu nominato comandante in capo delle armate spagnole in Italia e le guidò alla conquista dei vicereami austriaci di Napoli e di Sicilia. La sovranità sui due stati gli fu riconosciuta l'anno successivo durante i preliminari della pace di Vienna, in cambio della rinuncia ai ducati farnesiani e medicei. Capostipite della dinastia dei Borbone di Napoli, restituì alla città l'antica indipendenza dopo oltre due secoli di dominazione straniera, inaugurando un lungo periodo di rinascita politica ed economica.

Alla morte del fratellastro Ferdinando VI nel 1759, fu chiamato a succedergli sul trono di Spagna, dove allo scopo di modernizzare il paese fu promotore di una politica riformista che gli valse la fama di monarca illuminato. In politica estera raccolse tuttavia diversi insuccessi a causa dell'alleanza con la Francia, sancita dal terzo patto di famiglia, che lo portò a contrapporsi con sorti alterne alla potenza marittima della Gran Bretagna.

Le ambizioni della Spagna alla nascita di don Carlos

Lo stesso argomento in dettaglio: Trattato di Utrecht.
Ritratto di Elisabetta Farnese, Jean Ranc, Museo del Prado, Madrid.

Il trattato di Utrecht, che nel 1713 contribuì a concludere la guerra di successione spagnola, ridusse enormemente il peso politico e militare della Spagna, declassandola al ruolo di potenza di medio rango. L'Impero spagnolo restò il più vasto esistente conservando le colonie dell'America latina, ma fu costretto a cedere i suoi numerosi dominii europei. I Paesi Bassi del Sud, il Regno di Napoli, il Regno di Sardegna, il Ducato di Milano e lo Stato dei Presidi passarono all'Austria; il Regno di Sicilia ai Savoia; mentre l'isola di Minorca e la rocca di Gibilterra, territori della madrepatria, divennero possedimenti della Gran Bretagna.

Filippo V, che con queste perdite territoriali aveva ottenuto il riconoscimento dei suoi diritti al trono, era intenzionato a restituire alla Spagna il prestigio perduto. Nel 1714, dopo la morte della sua prima moglie Maria Luisa di Savoia, il prelato piacentino Giulio Alberoni gli combinò un vantaggioso matrimonio con una principessa italiana: Elisabetta Farnese, nipote e figliastra[2] di Francesco Farnese, duca di Parma e Piacenza. La nuova regina, donna energica, autoritaria ed ambiziosa,[3] acquistò rapidamente una notevole influenza sul marito e sulla corte e, dopo aver favorito la nomina dell'Alberoni a primo ministro nel 1715, fu fautrice insieme al prelato di una politica estera aggressiva volta a riconquistare gli antichi territori spagnoli in Italia.

Nel 1716, dopo poco più di un anno di matrimonio, la Farnese diede alla luce l'infante don Carlos, quarto nella linea di successione al trono di Spagna dietro i sui fratellastri Luigi, Filippo Pietro[4] e Ferdinando. Da parte di madre aspirava invece ad ottenere il Ducato di Parma e Piacenza in qualità di erede dei Farnese, dinastia che sembrava volgere al tramonto poiché il duca Francesco ed il suo unico fratello Antonio non avevano figli. Essendo pronipote di Margherita de' Medici, la regina Elisabetta tramandava al suo primogenito anche diritti sul Granducato di Toscana, dove l'anziano granduca Cosimo III aveva come unico erede il figlio Gian Gastone, privo di discendenti e noto per la sua omosessualità.

L'Infanzia

La successione nei ducati italiani

Ritratto dell'infante don Carlos all'età di nove anni, Jean Ranc, 1725, Palazzo Reale di Madrid.

La nascita di don Carlos avvenne nel momento in cui gli ambiziosi piani di conquista messi a punto da Giulio Alberoni stavano per concretizzarsi in una serie di interventi armati: nel 1717 fu invasa la Sardegna austriaca, ed un anno dopo la Sicilia sabauda. La reazione delle altre potenze europee portò alla guerra della Quadruplice alleanza, chiamata così dal nome della coalizione antispagnola formata da Francia, Gran Bretagna, Province Unite e Sacro Romano Impero, a cui si aggiunse poi anche il Ducato di Savoia. Il conflitto si concluse con una nuova sconfitta spagnola e a farne le spese fu soprattutto Alberoni, esautorato e costretto all'esilio nel 1719. Le trattative di pace, concluse dal trattato dell'Aia nel 1720, diedero tuttavia occasione a Filippo V ed alla Farnese di porre tra le condizioni per la resa spagnola il riconoscimento dei diritti dinastici del figlio sui ducati italiani.

Dopo la guerra, la Spagna si avvicinò alla Francia attraverso tre fidanzamenti: al re francese Luigi XV, di undici anni, fu promessa l'infanta Marianna Vittoria, sua cugina, di tre anni; l'erede al trono spagnolo Luigi e l'erede ai ducati italiani Carlo avrebbero invece sposato due figlie del reggente Filippo II d'Orléans, rispettivamente Luisa Elisabetta e Filippa Elisabetta.

Il principe Luigi sposò Luisa Elisabetta d'Orléans nel 1722, e due anni dopo Filippo V abdicò in suo favore, ma il nuovo re di Spagna morì di vaiolo dopo appena sette mesi di regno costringendo suo padre a riprendere la corona. Elisabetta Farnese, tornata ad essere la regina consorte, divenne in questo periodo ancora più influente poiché suo marito, oppresso da una forte malinconia, la lasciò di fatto padrona della corte spagnola.

Nel 1725 i francesi ruppero il fidanzamento di Luigi XV con l'infanta Marianna Vittoria, e per rappresaglia la regina vedova Luisa Elisabetta e la fidanzata di don Carlos sua sorella furono rimandate in Francia. La Farnese decise allora di trattare con l'Austria che, diventata grazie al trattato di Utrecht la nuova potenza egemone in Italia, era il principale ostacolo verso l'espansione spagnola nella penisola. La regina di Spagna propose di fidanzare i propri figli con le figlie dell'imperatore Carlo VI d'Asburgo: l'infante Carlo con l'arciduchessa Maria Teresa; e l'infante Filippo, il suo secondo maschio, con un'altra arciduchessa austriaca.

Don Carlos all'età di undici anni, Jean Ranc, 1727, Museo del Prado, Madrid.

L'alleanza tra le due potenze fu stipulata con il trattato di Vienna del 1725, che in favore di Filippo V sancì la definitiva rinuncia di Carlo VI al trono spagnolo,[5] ed il suo appoggio ad un tentativo armato di liberare Gibilterra dall'occupazione britannica. L'esito della guerra anglo-spagnola, scoppiata nel 1727 e conclusasi due anni dopo, confermò tuttavia la sovranità britannica sulla rocca. Durante le trattative di pace, Carlo VI ritirò la sua disponibilità a maritare le figlie con gli infanti spagnoli, e di conseguenza Filippo V ruppe unilateralmente l'alleanza con l'Austria e concluse con Gran Bretagna e Francia il trattato di Siviglia, accordo che garantì a suo figlio don Carlos il diritto di occupare il Ducato di Parma e Piacenza anche con un intervento armato.

Il duca Antonio Farnese morì il 20 gennaio 1731 e l'imperatore ordinò al conte Carlo Stampa, suo luogotenente in Italia, di occupare il ducato farnesiano in nome dell'infante don Carlos. Il defunto duca nel suo testamento aveva nominato come successore il «ventre pregnante» della moglie Enrichetta d'Este, che partorendo un erede avrebbe estromesso dalla successione il primogenito di Elisabetta Farnese. La duchessa vedova, esaminata da un gruppo di medici e levatrici, fu dichiarata incinta di sette mesi, ma la regina spagnola considerava il suo stato interessante una messinscena.[6]

Il 22 luglio la Spagna aderì al secondo trattato di Vienna, attraverso il quale ottenne dall'imperatore la cessione di Parma e Piacenza al giovane infante, ed in cambio riconobbe la prammatica sanzione, documento che abolendo la legge salica[7] avrebbe permesso all'arciduchessa Maria Teresa di succedere al padre sul trono asburgico.[8] Successivamente, una volta verificata l'inesistenza della gravidanza di Enrichetta d'Este, il 29 dicembre il governo del ducato fu affidato a Dorotea Sofia di Neuburg, nonna materna e tutrice di don Carlos, che fu nominata reggente in suo nome.

L'arrivo in Italia

Il 20 ottobre, dopo una solenne cerimonia in cui suo padre Filippo gli regalò una spada d'oro appartenuta a Luigi XIV,[9] l'ormai adolescente don Carlos partì da Siviglia alla volta dell'Italia. Viaggiò via terra fino ad Antibes sulla costa francese, e da qui si imbarcò verso la Toscana per arrivare a Livorno il 27 dicembre 1731. Il granduca Gian Gastone de' Medici fu nominato suo co-tutore, e nonostante l'infante spagnolo gli fosse stato imposto come successore dalle potenze europee, lo accolse di buon grado e gli riservò un'accoglienza calorosa. Diretto verso Firenze, a Pisa don Carlos fu colpito dal vaiolo in una forma abbastanza leggera, che però lo costrinse a rimanere a letto per qualche tempo e gli lasciò qualche cicatrice sul volto. Entrò in trionfo nella capitale medicea il 9 marzo 1732, con un seguito di oltre 250 persone a cui poi si aggiunsero numerosi italiani, e fu ospitato da Gian Gastone a Palazzo Pitti, residenza granducale.[10]

Al suo arrivo nella penisola don Carlos non aveva ancora compiuto sedici anni, aveva ricevuto una rigida educazione che però a detta dei contemporanei non aveva avuto un ruolo importante nella sua formazione. Alvise Mocenigo, ambasciatore della Repubblica di Venezia a Napoli, in seguito disse che «tenne sempre un'educazione lontanissima da ogni studio e da ogni applicazione per diventare da sé stesso capace di governo».[11] Dello stesso parere fu il conte Solaro di Monasterolo, ambasciatore sabaudo, che nel 1742 lo descrisse così a Carlo Emanuele III di Savoia:

«Il di lui talento è naturale, e non stato coltivato da maestri, sendo stato allevato all'uso di Spagna, ove i ministri non amano di vedere i loro sovrani intesi di molte cose, per poter indi più facilmente governare a loro talento. Poche sono le notizie delle corti straniere, delle leggi, de' Regni, delle storie de' secoli andati, e dell'arte militare, e posso con verità assicurare la MV non averlo per il più sentito parlar d'altro in occasione del pranzo, che dell'età degli astanti, di caccia, delle qualità de' suoi cani, della bontà ed insipidezza de' cibi, e della mutazione de' venti indicanti pioggia o serenità.[12]»

In compenso studiava pittura ed incisione ed era dedito a diverse attività fisiche, pesca e caccia soprattutto.[13] Sir Horace Mann, diplomatico britannico a Firenze, racconta che la sua passione per la caccia era tale che a Palazzo Pitti «si divertiva a tirare con arco e frecce gli arazzi che pendevano dalle pareti delle sue stanze, ed era diventato talmente abile in ciò, che era raro che non colpisse l'occhio a cui mirava».[14] Molto religioso e particolarmente rispettoso dell'autorità materna, don Carlos aveva però un carattere allegro ed esuberante. Il suo aspetto era caratterizzato da un naso molto pronunciato,[15] era descritto infatti come «un ragazzo bruno, magro in viso, con tanto di naso, e sgraziato quanto mai».[16]

Il 24 giugno, festa del patrono di Firenze San Giovanni Battista, Gian Gastone lo nominò Gran principe ereditario di Toscana, permettendogli di ricevere l'omaggio del Senato fiorentino, che secondo la tradizione prestava giuramento di fedeltà nelle mani dell'erede al trono granducale. Carlo VI reagì adirato alla nomina obiettando di non avergli ancora concesso l'investitura imperiale,[17] ma incurante delle proteste austriache la madre lo inviò a prendere possesso di Parma e Piacenza.[18]

Il nuovo duca entrò a Parma nell'ottobre 1732 accolto da grandi festeggiamenti. Sul frontone del Palazzo Ducale fu scritto Parma Resurget (Parma risorge), ed al Teatro Farnese ci fu la rappresentazione del dramma intitolato La venuta di Ascanio in Italia, composto per l'occasione da Carlo Innocenzo Frugoni.[19]

La conquista delle Due Sicilie

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra di successione polacca.
L'imperatore Carlo VI d'Asburgo, l'ultimo re di Napoli del periodo vicereale. Dipinto di J. G. Auerbach, 1735, Castello di Schönbrunn.

Nel 1733 la morte di Augusto II di Polonia scatenò una crisi successoria che ruppe il già precario equilibrio europeo, e la guerra che ne derivò vedeva sul fronte italiano le due potenze borboniche, Francia e Spagna, alleate dei Savoia contro l'Austria.

Agli spagnoli fu affidato un ruolo marginale nel Nord Italia, ma il principale obiettivo della Farnese era conquistare per il figlio il territorio più esteso tra quelli che il trattato di Utrecht aveva tolto alla Spagna: le Due Sicilie. L'unità politica di questa regione era stata ripristinata nel 1720 con il trattato dell'Aia, grazie al quale l'imperatore Carlo VI d'Asburgo, già sovrano di Napoli, aveva ottenuto la Sicilia dai Savoia cedendo loro la Sardegna.

Il 20 gennaio 1734, giorno del suo diciottesimo compleanno, don Carlos si dichiarò maggiorenne, cioè fuori tutela e «libero di governare e amministrare indipendentemente» i suoi stati.[20] Nella lettera in cui gli ordinò di partire, la regina di Spagna riferendosi alle Due Sicilie gli scrisse queste eloquenti parole: «Elevate al grado di libero regno, saranno tue. Va dunque e vinci: la più bella corona d'Italia ti attende».[21] Fu quindi nominato comandante in capo delle truppe spagnole in Italia, ma di fatto il comando supremo apparteneva al generale José Carrillo de Albornoz, conte di Montemar.

Il 27 febbraio, Filippo V emanò un proclama in cui dichiarava di volersi impossessare del Regno di Napoli perché turbato «dai clamori delle eccessive violenze, oppressioni e tirannia» che a suo dire il governo vicereale austriaco infliggeva ai napoletani.[22] Dopo aver passato in rassegna le truppe a Perugia il 5 marzo, don Carlos iniziò la sua marcia verso le Due Sicilie attraverso il territorio dello Stato della Chiesa. Papa Clemente XII gli concesse il passaggio poiché sperava in un risarcimento per l'occupazione del Ducato di Parma e Piacenza, stato che rivendicava per sé in quanto antico feudo pontificio.[23]

Gli austriaci, già impegnati in Lombardia, disponevano di forze insufficienti per difendere il vicereame ma, nonostante ciò, il 10 marzo l'imperatore Carlo VI dichiarò attraverso un proclama al popolo napoletano di essere fiducioso nella Divina Provvidenza e sicuro della vittoria. La maggior parte della nobiltà del regno appariva però favorevole ad un ritorno degli spagnoli, soprattutto perché sperava che il re di Spagna rinunciasse al trono di Napoli in favore di suo figlio, in modo da poter finalmente accogliere un proprio sovrano e non l'ennesimo viceré al servizio di una potenza straniera.[24]

Carlo di Borbone a cavallo nei pressi di un accampamento, Giovanni Luigi Rocco, 1734 ca., collezione privata.

Il 19 marzo la marina spagnola si impadronì di Procida ed Ischia, ed una settimana dopo inflisse una pesante sconfitta alla flotta asburgica. Il 31 marzo, all'avanzare delle truppe borboniche, il feldmaresciallo austriaco von Traun, sentendosi accerchiato e costretto ad evitare lo scontro, arretrò dalla sua posizione di Mignano permettendo agli spagnoli di avanzare verso Napoli. Il viceré Giulio Borromeo Visconti ed il comandante dell'esercito vicereale Giovanni Carafa lasciarono alcune guarnigioni a difesa dei castelli della città, e si ritirarono in Puglia per attendere i rinforzi con cui tentare un'ultima resistenza.

Gli spagnoli attaccarono la capitale nei primi giorni di aprile, mentre nel frattempo l'infante riceveva gli omaggi di diverse famiglie nobiliari napoletane, fino alla consegna delle chiavi della città e del libro dei privilegi avvenuta il 9 aprile a Maddaloni da parte di una delegazione di eletti della città.[25]

Cronache dell'epoca riportano che Napoli fu bombardata con umanità, e che i combattimenti avvennero in un generale clima di cortesia tra i due eserciti, spesso tra gli sguardi dei napoletani che si avvicinavano incuriositi.[26] Il primo forte che si arrese agli spagnoli fu il Castello del Carmine (10 aprile), seguito da Castel Sant'Elmo (27 aprile), Castel dell'Ovo (4 maggio), ed infine Castel Nuovo (6 maggio).[27]

Il periodo napoletano

Carlo di Borbone rex utriusque Siciliae

Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Bitonto e Assedio di Gaeta (1734).

Carlo di Borbone fece il suo ingresso trionfale a Napoli il 10 maggio 1734. Entrato da Porta Capuana come tutti i conquistatori della città, cavalcava circondato dai suoi consiglieri ed era seguito da un gruppo di cavalieri che gettavano monete al popolo. Il corteo percorse via dei Tribunali, e dopo essersi fermato davanti alla Cattedrale per ricevere la benedizione dell'arcivescovo della città, il cardinale Pignatelli, proseguì fino a Palazzo Reale.

Due cronisti del tempo, il fiorentino Bartolomeo Intieri ed il veneziano Cesare Vignola, descrissero in modo diverso l'accoglienza che i napoletani riservarono al loro nuovo conquistatore. Intieri scrisse che il suo arrivo fu un evento epocale («sono accaduti fatti non succeduti ancora in molti secoli»), e che i popolani festanti gridavano che «Sua Altezza Reale era bello, che il suo viso era come quello di San Gennaro nella statua che lo rappresenta».[28] Vignola invece riportò che «non vi fu quell'acclamazione che veniva supposta», e che la folla applaudiva con «molta languidezza» e soltanto «per dare impulso a chi gettava il denaro perché gettasselo in maggior copia».[29]

L'abate Celestino Galiani[30] riporta nelle sue Memorie che sabato 14 maggio avvenne il fenomeno della liquefazione del sangue di San Gennaro, un evento ritenuto miracoloso e portatore di buoni auspici per la città. I napoletani lo interpretarono come un segno della benevolenza del santo verso l'infante, che il lunedì seguente si recò ad onorarne le reliquie nella Cappella del Tesoro, donando un gioiello del valore di seimila ducati.[31] Il giorno successivo, 15 maggio, attraverso un dispaccio ed una lettera Filippo V proclamò l'indipendenza del Regno di Napoli con suo figlio Carlo come re. Il dispaccio, datato 15 aprile, annunciava:

(ES)

«Mi muy Claro y muy amado Hijo. Por relevantes razones, y poderosos indispensables motivos havia resuelto, que en el caso de que mis Reales Armas, que he embiado à Italia para hacer la guerra al Emperador, se apoderasen del Reyno de Nàpoles os hubiese de quedar en propriedad como si vos lo hubiesedes adquirido con vuestras proprias fuerzas, y haviendo sido servido Dios de mirar por la justa causa que me asiste, y facilidar con su poderoso auxilio el mas feliz logro: Declaro que es mi voluntad que dicha conquista os pertenezca como a su legitimo Soverano en la mas ampla forma que ser pueda: Y para que lo podais hacer constar donde y quando combenga he querido manifestaroslo por esta Carta firmada de mi mano, y refrendada de mi infrascrito Consegero y Secretario de Estado y del Despacho.[32]»

(IT)

«Mio molto Illustre e molto amato figlio. Per rilevanti ragioni e fondamentali motivi avevo disposto che nel caso in cui l'Armata Reale, che ho inviato in Italia per muovere guerra all'imperatore, si fosse impadronita del Regno di Napoli, questo sarebbe dovuto rimanere di vostra proprietà come se voi lo aveste ottenuto con le vostre proprie forze, ed essendo stato servito Dio vista la giusta causa che mi assiste, e facilitato con il suo poderoso ausilio il più felice successo: Dichiaro che è mia volontà che detta conquista vi appartenga in qualità di suo legittimo Sovrano nella più ampia forma che questo comporta: Ed in modo che lo possiate constatare dove e quando convenga ho voluto manifestarvelo con questa Carta firmata di mio pugno, e ratificata dal Consigliere e Segretario di Stato e dell'Ufficio.»

L'Obelisco carolino a Bitonto, costruito per commemorare la vittoria borbonica del 1734.

La lettera, scritta in francese, iniziava invece con le parole «Au roy de Naples. Monsieur mon frère et fils»[33] (Al re di Napoli. Signore mio fratello e figlio). Carlo di Borbone fu quindi il primo sovrano a risiedere a Napoli dopo oltre due secoli di vicereame, ma la conquista del regno non era ancora completa poiché gli austriaci, guidati dal principe di Belmonte Antonio Pignatelli nel frattempo subentrato a Carafa, avevano ricevuto rinforzi e si erano accampati nei pressi di Bitonto. Le truppe spagnole guidate dal conte di Montemar li attaccarono il 25 maggio e riportarono una schiacciante vittoria facendo migliaia di prigionieri, tra cui anche il principe di Belmonte, mentre il viceré Visconti ed altri ufficiali riuscirono a mettersi in salvo sulle navi attraccate a Bari. Per festeggiare la vittoria Napoli fu illuminata per tre notti, ed il 30 maggio Carlo accolse il generale Montemar con tutti gli onori e lo nominò duca di Bitonto.[34]

Cadute Reggio Calabria (20 giugno), L'Aquila (27 giugno), e Pescara (28 luglio), le ultime due roccaforti austriache rimaste nella penisola erano Gaeta e Capua. L'assedio di Gaeta avvenne alla presenza dell'infante e si concluse il 6 agosto. Il 28 dello stesso mese le truppe di Montemar sbarcarono in Sicilia, ed il 2 settembre entrarono a Palermo dando inizio all'invasione dell'isola.[35] Capua, strenuamente difesa da von Traun, si arrese invece il 24 novembre dopo una lunghissima resistenza.[36]

Nel regno i vantaggi dell'indipendenza si avvertirono subito, tanto che già nel luglio 1734 il console britannico Edward Allen scrisse al duca di Newcastle: «È certamente un vantaggio per questa città e questo regno che il Sovrano vi risieda poiché ciò fa sì che si importi denaro e non se ne esporti, cosa che invece accadde al massimo grado con i Tedeschi che avevano asciugato tutto l'oro della popolazione e quasi tutto l'argento per poter fare grandi donativi all'Imperatore».[37]

Le relazioni con la Santa Sede

I primi anni del regno borbonico videro la corte napoletana impegnata in una disputa con la Santa Sede. Il Regno di Napoli era un antico feudo dello Stato della Chiesa e per questo motivo papa Clemente XII, considerandosi l'unico legittimato ad investire i re di Napoli, non riconobbe Carlo di Borbone come legittimo sovrano ed attraverso il nunzio apostolico gli fece sapere di non considerare valida la nomina ricevuta da suo padre. Per tutta risposta, a Napoli una giunta presieduta dal giurista toscano Bernardo Tanucci concluse che l'investitura pontificia non era necessaria poiché l'incoronazione di un re non poteva essere equiparata ad un sacramento. Tanucci, nominato ministro della Giustizia, attuò una politica volta limitare fortemente il potere del clero, i cui possedimenti erano sempre in aumento, e che godeva dell'esenzione fiscale e di una propria giurisdizione. Da parte del governo napoletano non mancarono tuttavia gesti distensivi, come ad esempio quello di vietare il rientro in patria allo storico pugliese in esilio Pietro Giannone, sgradito alle gerarchie ecclesiastiche.[38]

La situazione si aggravò quando nel 1735, pochi giorni prima dell'incoronazione di Carlo, il papa preferì accettare dall'imperatore anziché da lui la tradizionale offerta della chinea, una cavalla bianca ed una somma di denaro che i re di Napoli offrivano al papa come omaggio feudale ogni 29 giugno, ricorrenza dei santi Pietro e Paolo. La ragione di tale scelta risiedeva nel fatto che l'imperatore continuava a considerarsi il sovrano del regno napoletano, la sua chinea era una consuetudine, quella di Carlo invece una novità. Il pontefice ritenne quindi che accettare la prima fosse un gesto meno clamoroso, e così facendo provocò lo sdegno del religioso infante spagnolo.[39]

Nel frattempo Carlo si era recato in Sicilia e, nonostante la conquista dell'isola non fosse completa (Messina, Siracusa e Trapani erano ancora in mano austriaca), il 3 luglio fu incoronato sovrano delle Due Sicilie, rex utriusque Siciliae, nell'antica Cattedrale di Palermo.[40] L'incoronazione avvenne aggirando l'autorità del papa grazie all'Apostolica Legazia di Sicilia,[41] particolare privilegio che garantiva all'isola una particolare autonomia giuridica, ed alla cerimonia non presenziò il lagato papale come Carlo avrebbe voluto.[42]

Palazzo Farnese nel XVIII secolo, incisione di Giuseppe Vasi.

Nel marzo dell'anno successivo si aggiunse un ulteriore motivo di attrito tra Napoli e Roma. Nella capitale pontificia si scoprì che i borbonici rinchiudevano cittadini romani nei sotterranei di Palazzo Farnese, proprietà di re Carlo, per reclutarli con la forza nell'esercito napoletano. Migliaia di trasteverini inferociti assaltarono il palazzo per liberarli, ed all'interno dell'edificio si abbandonarono al saccheggio. La folla si diresse poi verso l'ambasciata spagnola in Piazza di Spagna, e negli scontri che seguirono furono uccisi diversi soldati borbonici tra cui un ufficiale. Il tumulto si estese poi fino a Velletri, dove la popolazione in sommossa aggredì delle guarnigioni spagnole in marcia verso Napoli.[43]

L'episodio fu percepito come un grave affronto dalla corti borboniche e di conseguenza gli ambasciatori spagnoli e quelli napoletani abbandonarono Roma, mentre i nunzi apostolici furono allontanati da Madrid e da Napoli. Reggimenti borbonici sconfinarono nello Stato Pontificio e la minaccia fu tale che alcune porte di Roma furono sbarrate e la guardia civica raddoppiata. Velletri fu occupata e costretta a pagare quarantamila scudi come città vinta, Ostia fu saccheggiata, mentre Palestrina evitò la stessa sorte grazie al pagamento di un riscatto di quindicimila scudi.[44]

La commissione cardinalizia a cui fu affidato il caso decise di inviare a Napoli una delegazione di prigionieri trasteverini e velletrani come riparazione. I sudditi pontifici furono puniti con pochi giorni di prigione e poi, dopo aver chiesto il perdono reale, furono graziati.[45] Il sovrano napoletano, grazie alla mediazione dell'arcivescovo Giuseppe Spinelli e del cappellano maggiore di corte Celestino Galiani, successivamente riuscì ad appianare le sue divergenze con il papa, che dopo lunghi negoziati gli concesse l'investitura il 10 maggio 1738.[46]

Nel 1740 morì Clemente XII e gli successe Benedetto XIV, che l'anno successivo concluse un concordato con il Regno di Napoli che permetteva la tassazione di alcune proprietà del clero, riduceva il numero di ecclesiastici, e limitava le loro immunità e l'autonomia della giurisdizione separata attraverso l'istituzione di un tribunale misto.[47]

La scelta del nome

Particolare della statua di Carlo di Borbone sulla facciata del Palazzo Reale di Napoli.

Nella bolla d'investitura Carlo di Borbone fu nominato re di Napoli con il nome di Carlo VII, ma questa denominazione non fu mai utilizzata dal sovrano. A Napoli si preferì non apporre alcuna numerazione dopo il suo nome per marcare una netta discontinuità tra il suo regno e quello dei predecessori che regnarono da un trono straniero. Scrisse in proposito Pietro Giannone:

«Egli è vero, che i Napolitani non si avanzarono a determinare il numero non sapendo se dovessero dirlo sesto, o settimo, o pure ottavo. Se non si voleva tener conto dell'imperadore, era d'uopo chiamarlo Carlo VI; ma se, come francese della famiglia Borbone, si volesse fra la serie de' re di Napoli porre Carlo VIII, re di Francia,[48] bisognava dirlo Carlo VII. Ma in ciò fortemente ripugnavano gli Spagnoli, che non volevano soffrire che di quel re francese si avesse conto; sicché, saviamente, non vi poser numero alcuno.[49]»

In Sicilia invece fu chiamato Carlo III di Sicilia e di Gerusalemme, con l'ordinale III invece che V, come avrebbe dovuto essere seguendo la numerazione, perché i siciliani non riconoscevano come loro sovrani legittimi né Carlo I d’Angiò, al quale si ribellarono, né l'imperatore Carlo VI d’Asburgo, appena privato dell'isola. Giannone infatti scrisse:

«Ma i Siciliani, poiché essi non aveano l'imbroglio del re Carlo VIII, francamente omesso l'imperadore, nelle loro monete, [...] determinarono il numero e dissero Carolus III, Siciliae Rex; poich'essi, che non erano stati sotto i re angioini, non riconoscevano altri Carli re di Sicilia se non Carlo V imperadore e Carlo II re di Spagna.[49]»

Il nuovo sovrano preferì tuttavia usare questa titolatura priva di numerazioni in tutti i suoi decreti:

(LA)

«Carolus Dei Gratia Rex utriusque Siciliae,[50] & Hyerusalem, &c. Infans Hispaniarum, Dux Parmae, Placentiae, Castri, &c. Ac Magnus Princeps Haereditarius Hetruriae, &c.[51]»

(IT)

«Carlo per la grazia di Dio Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, etc. Infante di Spagna, Duca di Parma, Piacenza e Castro, etc. Gran Principe Ereditario di Toscana, etc.»

La pace con l'Austria ed il matrimonio

Lo stesso argomento in dettaglio: Pace di Vienna (1738).

I negoziati per la conclusione del conflitto portarono alla ratifica dei preliminari di pace il 3 ottobre 1735, le cui disposizioni furono poi confermate il 18 novembre 1738 dalla pace di Vienna (o terzo trattato di Vienna). La coalizione borbonico-sabauda vinse la guerra, ma il trono polacco fu occupato dal candidato austro-russo Augusto III, già principe elettore di Sassonia con il nome di Federico Augusto II.

Don Carlos fu riconosciuto da tutte le potenze europee come legittimo sovrano delle Due Sicilie ed ottenne anche lo Stato dei Presidi, a condizione che questi stati rimanessero sempre separati dalla corona di Spagna. Fu però costretto a rinunciare al Ducato di Parma e Piacenza, che fu ceduto all'imperatore, ed al Granducato di Toscana, che una volta morto Gian Gastone de' Medici sarebbe passato a Francesco Stefano di Lorena, marito dell'arciduchessa Maria Teresa.[52] Ottenne tuttavia il permesso di trasferire da Parma a Napoli tutti i beni ereditati dai Farnese.[53]

Contemporaneamente alle trattative di pace, Elisabetta Farnese iniziò ad intavolare negoziati per assicurare al figlio un matrimonio vantaggioso. Sfumata a causa dell'opposizione di Vienna la possibilità di ottenere la mano di una delle arciduchesse austriache, e nonostante la Francia proponesse le sue principesse, la scelta della regina di Spagna ricadde su Maria Amalia di Sassonia, figlia del nuovo re di Polonia Augusto III. La Farnese era intenzionata a consolidare la pace con l'Austria, e Maria Amalia, essendo figlia di una nipote dell'imperatore, rappresentava una valida alternativa ad una delle arciduchesse.[54]

La promessa di nozze fu ratificata il 31 ottobre 1737. Maria Amalia era all'epoca appena tredicenne, fu quindi necessaria una dispensa papale per l'età, ottenuta dai diplomatici napoletani insieme al permesso per il corteo nuziale di attraversare lo Stato Pontificio. La cerimonia fu celebrata per procura a Dresda nel maggio successivo (il compito di rappresentare il sovrano napoletano fu affidato a Federico Cristiano di Sassonia, fratello maggiore della sposa). Il matrimonio agevolò la conclusione della controversia diplomatica con la Santa Sede: il giorno dopo le nozze fu infatti firmata la bolla pontificia che proclamò Carlo re di Napoli.[55]

L'incontro tra i due sposi avvenne il 19 giugno 1738 a Portella, una località al confine del regno presso Fondi, e durante il periodo dei festeggiamenti, il 3 luglio, re Carlo istituì l'Insigne e reale ordine di San Gennaro, l'ordine cavalleresco più prestigioso delle Due Sicilie.[56]

La guerra di successione austriaca

La pace sancita a Vienna ebbe breve durata: nel 1740, alla morte di Carlo VI d'Asburgo, il fallimento della prammatica sanzione scatenò l'ultima grande guerra di successione. La Spagna, insieme a Francia e Prussia, si opponeva all'Austria di Maria Teresa ed alla coalizione che la sosteneva, a cui tra gli altri stati aderirono la Gran Bretagna ed il Regno di Sardegna.

Re Carlo avrebbe voluto che le Due Sicilie restassero neutrali, ma suo padre Filippo V gli intimò di mandare delle truppe nell'Italia centrale in appoggio a quelle franco-spagnole che fronteggiavano gli eserciti austriaci e sardo-piemontesi. Il sovrano napoletano inviò allora al fronte diecimila uomini sotto il comando del duca di Castropignano, ma fu costretto a tornare sui suoi passi quando nel 1742 la marina britannica minacciò di bombardare Napoli con tredici navi se non si fosse ritirato dal conflitto.[57]

La decisione di restare neutrale fu accolta negativamente da Francia e Spagna, ed inoltre non fu accettata neanche dalle nazioni nemiche, che con il trattato di Worms del 1743 decisero che Napoli ed i Presidi sarebbero dovuti tornare all'Austria e la Sicilia ai Savoia. I genitori di Carlo lo incoraggiarono a prendere le armi additandogli l’esempio del fratello minore, l'infante Filippo, già distintosi in numerose battaglie. Il 25 marzo 1744, dopo aver emanato un proclama per rassicurare i suoi sudditi, il re delle Due Sicilie prese quindi il comando del suo esercito per contrastare le armate austriache del principe di Lobkowitz che marciavano verso il confine napoletano.

Trionfo di Carlo di Borbone alla battaglia di Velletri, Francesco Solimena, 1744, Reggia di Caserta.

Allo scopo di contrastare il partito filo-austriaco fu costituita una nuova Giunta d'Inconfidenza, sotto la guida di Tanucci, che dispose l'arresto di oltre ottocento persone. L'11 aprile Maria Teresa si rivolse ai napoletani con un proclama in cui prometteva perdoni ed altri benefici nella speranza che si ribellassero agli "usurpatori" borbonici, ma questo non avvenne.[58]

La partecipazione delle Due Sicilie al conflitto culminò l'11 agosto nella decisiva battaglia di Velletri, in cui le truppe napoletane guidate da re Carlo e dal duca di Castropignano, insieme a quelle spagnole agli ordini del conte di Gages, sconfissero nettamente gli austriaci di Lobkowitz infliggendogli gravi perdite. Il coraggio dimostrato dal sovrano napoletano in battaglia spinse il re di Sardegna Carlo Emanuele III, suo nemico, a scrivere che «aveva rivelato una costanza degna del suo sangue e che si era comportato gloriosamente».[59]

La vittoria di Velletri assicurò definitivamente a re Carlo il possesso delle Due Sicilie, ed inoltre la pace di Aquisgrana del 1748 assegnò a suo fratello Filippo i ducati di Parma, Piacenza e Guastalla accrescendo i dominii borbonici in Italia.

Il governo dei due regni

Nel 1746 la morte Filippo V e l'ascesa al trono spagnolo del figlio di primo letto Ferdinando VI misero fine al potere di Elisabetta Farnese, lasciando Carlo a Napoli libero dalle ingerenze della corte spagnola.

Lo stesso anno il cardinale arcivescovo Spinelli tentò di introdurre l'Inquisizione a Napoli provocando la violenta reazione dei napoletani, che implorarono l'intervento di re Carlo. Il sovrano entrò nella Basilica del Carmine e toccando l'arcivescovo con la punta della sua spada gli giurò che non avrebbe permesso l'istituzione del tribunale ecclesiastico nel suo regno. Spinelli, che fino a quel momento aveva goduto del favore del re e del popolo, fu allontanato dalla città. Sir James Jray, ambasciatore britannico, scrisse: «Il modo in cui il Re si è comportato in questa occasione è considerato come uno degli atti più popolari del suo regno».[60]

Veduta della Reggia di Caserta.

Desideroso di costruire un palazzo che potesse rivaleggiare con Versailles in magnificenza, nel 1751 re Carlo decise di edificare una residenza reale a Caserta, località dove possedeva già un padiglione di caccia e che gli ricordava il paesaggio di San Ildefonso in Spagna. La tradizione vuole che la sua scelta ricadde sulla cittadina perché, essendo lontana allo stesso tempo dal Vesuvio e dal mare, garantiva protezione in caso di eruzione del vulcano e di incursioni nemiche. Della costruzione fu incaricato l'architetto italo-olandese Luigi Vanvitelli, che iniziò ufficialmente i lavori il 20 gennaio 1752, trentaseiesimo compleanno del re, dopo una fastosa cerimonia.[61]

Ispirato da padre Gregorio Maria Rocco, predicatore domenicano, negli stessi anni affidò inoltre all'architetto Ferdinando Fuga la costruzione di un edificio dove gli indigenti, i disoccupati e gli orfani avrebbero ricevuto ospitalità, nutrimento ed educazione: il Real Albergo dei Poveri, un colossale palazzo che tuttavia è ampio solo la metà di quello originariamente progettato.[62]

Carlo di Borbone fu un re molto amato dai Napoletani, riuscendo ad entrare in sintonia con il popolo e i suoi bisogni. Con il passare degli anni sovrastò anche l'influenza dei suoi ministri, accentrando il potere nelle sue mani e apparendo quindi sempre più come il principale se non l'unico artefice di un periodo di grande risveglio per i regni di Napoli e Sicilia dopo secoli di dominazione straniera.

Il principale merito di Carlo resta, in effetti, quello di aver ricreato la "nazione napoletana", aver reso il Regno indipendente e sovrano. Fu, nondimeno, artefice di una politica di profonde riforme amministrative, sociali e religiose che da tempo attendevano realizzazione.

Fra le iniziative commerciali, per sollevare il Regno dalle difficili condizioni economiche, Carlo istituì la Giunta di Commercio, intavolò trattative con turchi, svedesi, francesi e olandesi, istituì una compagnia di assicurazioni e prese provvedimenti per la difesa del patrimonio forestale, cercò di cominciare a sfruttare le risorse minerarie, istituì consolati e monti frumentari.

Tra le altre realizzazioni nel campo dell'edilizia pubblica ci furono il restauro del Palazzo Reale di Napoli, la costruzione della Reggia di Portici, del Teatro San Carlo (realizzato in 270 giorni), della Reggia di Capodimonte, ed il restauro di numerosi porti. È da ricordare inoltre la creazione della fabbrica di porcellane di Capodimonte, il forte militare del Granatello, la creazione, praticamente da zero, dell'esercito nazionale e della flotta.

Per l'edilizia culturale, sono da ricordare tra gli altri la nuova sede dell'Università, gli scavi di Ercolano e Pompei, l'Accademia Ercolanese, la Biblioteca Reale e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Il Regno di Napoli rimase neutrale durante la guerra dei sette anni (1756-1763) poiché Tanucci temeva le mire espansionistiche di Carlo Emanuele III di Savoia. Il primo ministro britannico William Pitt avrebbe voluto creare una Lega italiana per fare in modo che il regno napoletano e quello sardo-piemontese combattessero uniti l'Austria di Maria Teresa, ma Carlo rifiutò di aderire. La scelta fu biasimata dall'ambasciatore napoletano a Torino, Domenico Caracciolo, che scrisse:

«La situazione degli affari italiani non è delle più belle, ma è aggravata dal fatto che il re di Napoli e il re di Sardegna avendo maggior forza degli altri, potrebbero opporsi ai piani dei loro vicini, e difendersi, così, contro i disturbatori della pace se fossero in qualche modo uniti; ma sono separati dalla lontananza e forse anche dai loro diversi sistemi di governo.[63]»

Anche con la Repubblica di Genova i rapporti furono tesi: Pasquale Paoli, generale dei ribelli indipendentisti còrsi, era un ufficiale dell'esercito napoletano ed i genovesi sospettavano che ricevesse aiuti dal Regno di Napoli.[64]

La successione al trono di Spagna

Ferdinando IV di Napoli all'età di nove anni, Anton Raphael Mengs, Museo del Prado, Napoli.

Nel 1758 Ferdinando VI di Spagna, sconvolto dalla morte delle moglie Maria Barbara di Braganza, iniziò a manifestare i sintomi di quella forma di infermità mentale che aveva già colpito suo padre. Essendo privo di discendenza, il 10 dicembre 1758 nominò il fratellastro Carlo suo erede universale e si rifugiò a Villaviciosa de Odón, dove morì il 10 agosto successivo.

Carlo fu proclamato re di Spagna con il nome di Carlo III, e rispettando quanto stabilito dal terzo trattato di Vienna, che aveva escluso la possibilità di un'unione personale tra le Due Sicilie e la Spagna, assunse il titolo di Signore delle Due Sicilie in attesa di nominare un successore per il trono napoletano. Il trattato di Aquisgrana, che Carlo non aveva ratificato, prevedendo l'eventualità della sua ascesa al trono di Spagna, aveva disposto che a Napoli avrebbe dovuto succedergli suo fratello, il duca Filippo I di Parma, mentre i possedimenti di quest'ultimo sarebbero stati divisi tra Maria Teresa d'Austria (Parma e Guastalla) e Carlo Emanuele III di Savoia (Piacenza).[65]

Deciso a mantenere la sua discendenza sul trono, re Carlo aveva intrapreso da tempo negoziati diplomatici con Maria Teresa e nel 1758 stipulò con lei il quarto trattato di Versailles, in virtù del quale l'Austria rinunciò ai ducati italiani e di conseguenza smise di sostenere la candidatura di Filippo al trono napoletano. Carlo Emanuele III continuò invece ad avanzare pretese su Piacenza minacciando di occuparla, ma in difesa del ducato del fratello Carlo schierò le sue truppe sul confine pontificio. Grazie alla mediazione di Luigi XV, imparentato con entrambi, il re di Sardegna dové infine rinunciare a Piacenza ed accontentarsi di un risarcimento finanziario. Il sovrano borbonico riuscì quindi ad assicurare la successione ad uno dei sui figli ed allo stesso tempo a ridimensionare le ambizioni sabaude.[66]

Partenza di Carlo di Borbone per la Spagna vista dal mare, Antonio Joli, Museo di Capodimonte, Napoli.

Essendo il primogenito Filippo affetto da infermità mentale, il titolo di principe delle Asturie, riservato all'erede al trono spagnolo, fu assegnato al secondo maschio Carlo Antonio. Il diritto ad ereditare le Due Sicilie passò allora al terzo maschio Ferdinando, in favore del quale Carlo abdicò il 6 ottobre 1759, attraverso una prammatica sanzione che sancì la definitiva separazione tra la corona spagnola e quella napoletana.

Ferdinando divenne re di Napoli a soli otto anni con il nome di Ferdinando IV (Ferdinando III come re di Sicilia), e per consolidare l'alleanza con l'Austria fu destinato a sposare una delle figlie di Maria Teresa. Carlo lo affidò ad un consiglio di reggenza composto da otto membri, tra i quali il più potente era Tanucci, con il compito di governare finché il giovane sovrano non avesse compiuto sedici anni. Le decisioni più importanti le avrebbe comunque prese di persona dalla corte madrilena.

Gli altri figli, eccetto Filippo, si imbarcarono con i genitori per la Spagna, ed al loro seguito partì anche il marchese di Squillace (che in Spagna divenne Esquilache). La flotta salpò dal porto di Napoli il 7 ottobre lasciando dietro di sé una città rattristata per la perdita del suo re, ed arrivò in quello di Barcellona dieci giorni dopo accolta da grandi festeggiamenti.[67]

Il periodo spagnolo

Statua equestre di Carlo III a Madrid.

A differenza del suo periodo precedente, la politica di Carlo come monarca di Spagna viene generalmente vista come un insieme di luci ed ombre. Mentre la sua politica interna fu certamente benefica per il Paese, continuando sulla falsariga delle riforme del periodo napoletano, la sua politica estera raccolse più che altro insuccessi. La tradizionale amicizia per la Francia lo condusse infatti a cercare di contrastare la potenza inglese in un momento certamente non favorevole. A causa del "patto di famiglia" con Luigi XV, la Spagna si trovò coinvolta nella fase finale della guerra dei sette anni, con gravi perdite.

Nel 1770 un'altra infruttuosa avventura lo vide nuovamente in guerra contro la Gran Bretagna per il possesso delle isole Falkland. Nel 1779, sebbene riluttante, appoggiò la Francia e i neonati Stati Uniti d'America nella guerra di indipendenza americana, pur consapevole che l'indipendenza delle colonie inglesi avrebbe, di lì a poco, avuto un'influenza nefasta sulla tenuta delle colonie spagnole d'America.

Invece sul fronte interno si adoperò molto per la modernizzazione del Paese.

Appena salito al trono Carlo III nominò come segretario delle finanze e del tesoro il marchese de Esquillache e insieme al ministro il re attuò numerose riforme. Venne riorganizzato l'esercito e la marina anche se i risultati in questo campo non furono ottimi a causa dell'intervento nella guerra dei sette anni. Poi venne abolito il calmiere sulle farine e venne liberalizzato il commercio del grano ma tale riforma provocò la rivolta detta de "i moti di Esquillache" a causa del forte aumento del prezzo del pane dovuto ad una carenza a livello Europeo. La manipolazione fatta da settori di nobiltà e la chiesa divenne un attacco diretto alla politica riformista effettuati dai ministri del re. Da Madrid il moto, si estese alle province costringendo il re a bandire il ministro che venne sostituito da Pedro Rodriguz Campomanes come segretario degli affari economici mentre il conte di Floridabanca divenne primo ministro. Il nuovo governo nominò una commissione per scoprire le cause della rivolta che non fu solo la mancanza del pane e la carestia ma anche la forte propaganda di gesuiti e di nobili che furono esiliati sia i primi che i secondi nel 1767 e con tale manovra vennero confiscati loro tutti i beni. Un'altra iniziativa da ricordare fu la riforma fiscale che ridimensionò ancor di più i privilegi fiscali di clero e nobiltà grazie all'introduzione di un'imposta sul reddito e di un catasto (molto simile a quello che aveva applicato a Napoli).

A causa dell'espulsione dei gesuiti si creò un forte problema nelle università del regno che furono drasticamente riorganizzate con insegnanti illuministici mentre vennero ridotte le ore di teologia e di giurisprudenza a favore delle discipline scientifiche. Vennero create scuole professionali per divenire artigiani e accademie artistiche in più i soldi delle confische vennero spesi in donazioni a studenti poveri e per costruire ospizi e ospedali.

Carlo III in abiti da cacciatore, Francisco de Goya, 1786-1788, Colección BBVA, Madrid.

Tuttavia i ministri e il re si dimostrarono attivi soprattutto nella protezione dell'agricoltura. Vennero infatti ridistribuite in modo più equo le terre, vennero riformati i contratti agricoli e soprattutto venne abolita la mesta, l'associazione degli allevatori e quindi molte terre usate a pascolo vennero trasformate in floride fattorie. Poi Campomanes elaborò un decreto teso a ripopolare l'Andalusia e le aree della Sierra Morena, terre mal sfruttate e in preda ai nobili e al banditismo. A tal fine furono convinti a emigrare lì cattolici fiamminghi e tedeschi e anche disoccupati spagnoli; quella che fino a pochi anni prima era area depressa, migliorò di molto la propria capacità produttiva. Nel 1778 venne liberalizzato il commercio spagnolo con l'America e con le Filippine e vennero costituite alcune società commerciali. Altre misure furono la creazione di regno del Banco di San Carlos,la costruzione di opere pubbliche, come ad esempio il Canal imperiale d'Aragona e soprattutto gli enormi lavori urbanistici nelle città spagnole.

Durante il suo governo vennero organizzati anche i primi censimenti mentre, per ovviare alla scarsità demografica, vennero stabiliti aiuti alle famigli numerose. Il re organizzò un vasto e molto ambizioso programma di crescita industriale basato su industrie tessili e meccaniche; grazie a ciò alcune regioni come le Asturie e la Catalogna si industrializzarono piuttosto in fretta, le esportazioni di lana grezza vennero fortemente ridotte e aumentarono quelle di tessuti lavorati. Per rendere più efficiente l'economia venne riorganizzata la moneta, vennero costruite in ogni provincia le Società degli Amici del Paese, precursori delle moderne camere di commercio in più vennero ridotti i dazi doganali. Nel contempo il sistema legislativo fu modernizzato: venne abolita la tortura, ristretta la pena di morte e tolto gran parte del potere all'Inquisizione anche se questa non fu abolita.

Organizzò il sistema sanitario, di raccolta dei rifiuti, fognario e di illuminazione del paese; a Madrid diresse un ambizioso piano di costruzioni, con grandi viali, come ad esempio i monumenti Cibeles, Nettuno, la porta di Alcalá, la costruzione del giardino botanico, l'ospedale di San Carlos ( il Museo Regina Sofia di oggi),e l'edificio del Museo del Prado (ad esempio, del Museo di Storia Naturale). In definitiva quindi il suo regno può essere a pieno titolo inserito nella corrente detta del dispotismo illuminato, rappresentando per la Spagna, un periodo di prosperità.

Gli ultimi anni della sua vita saranno amareggiati dalla discordia con il figlio a Napoli, ed in particolare con la nuora, Maria Carolina, figlia dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria, decisa a limitare l'influenza spagnola (e quindi di Carlo III) nella corte di Napoli.

Morì il 14 dicembre del 1788, proprio a pochi mesi dallo scoppio della Rivoluzione francese che avrebbe bruscamente chiuso la sua epoca.

Carlo III ed i simboli nazionali spagnoli

Il pabellón de la marina de guerra.

Il 3 settembre 1770 Carlo III dichiarò la Marcha Granadera marcia d'onore ufficializzandone l'uso nelle occasioni solenni. È stata da allora utilizzata de facto come inno nazionale della Spagna, ad eccezione del breve periodo della seconda repubblica (1931-1939).

Si deve a re Carlo anche la scelta dei colori e del disegno dell'attuale bandiera spagnola, che derivano da quelli del pabellón de la marina de guerra, bandiera della marina militare introdotta dal re il 28 maggio 1785. Fino ad allora sulle navi da guerra spagnole sventolava la bandiera bianca borbonica con lo stemma del sovrano, sostituita perché difficilmente distinguibile dalle bandiere di altre nazioni.

Ascendenza

Albero genealogico di tre generazioni di Carlo III di Spagna
Carlo III di Spagna Padre:
Filippo V di Spagna
Nonno paterno:
Luigi, il Grande Delfino
Bisnonno paterno:
Luigi XIV di Francia
Bisnonna paterna:
Maria Teresa d'Austria
Nonna paterna:
Maria Anna di Baviera
Bisnonno paterno:
Ferdinando Maria di Baviera
Bisnonna paterna:
Enrichetta Adelaide di Savoia
Madre:
Elisabetta Farnese
Nonno materno:
Odoardo II Farnese
Bisnonno materno:
Ranuccio II Farnese
Bisnonna materna:
Isabella d'Este
Nonna materna:
Dorotea Sofia di Neuburg
Bisnonno materno:
Filippo Guglielmo del Palatinato
Bisnonna materna:
Elisabetta Amalia d'Assia-Darmstadt

Discendenza

Da Maria Amalia di Sassonia, sua unica moglie, Carlo ebbe tredici figli di cui solo sette raggiunsero l'età adulta:

Nome Nascita Morte Note
Maria Isabella 6 settembre 1740 1 novembre 1742
Maria Giuseppina 20 gennaio 1742 3 aprile 1742
Maria Isabella 30 aprile 1743 5 marzo 1749
Maria Giuseppina 6 luglio 1744 8 dicembre 1801
Maria Ludovica 24 novembre 1745 15 maggio 1792 Sposò Pietro Leopoldo d'Asburgo-Lorena, granduca di Toscana e poi imperatore del Sacro Romano Impero con il nome di Leopoldo II.
Filippo 13 giugno 1747 19 settembre 1777 Insignito alla nascita del titolo di duca di Calabria, fu successivamente escluso dalla successione per incapacità mentale.
Carlo Antonio 11 novembre 1748 20 gennaio 1819 Alla morte del padre divenne re di Spagna con il nome di Carlo IV continuando il ramo spagnolo dei Borbone.
Maria Teresa 29 novembre 1749 29 aprile 1750
Ferdinando 12 gennaio 1751 4 gennaio 1825 In seguito all'ascesa di suo padre al trono spagnolo divenne re di Napoli con il nome di Ferdinando IV e re di Sicilia con il nome di Ferdinando III continuando il ramo napoletano della dinastia. Nel 1816 unificò i due regni nel Regno delle Due Sicilie ed assunse il nome di Ferdinando I.
Gabriele 11 maggio 1752 23 novembre 1788 Sposò Maria Anna Vittoria di Braganza, figlia dei sovrani Maria I e Pietro III del Portogallo.
Maria Anna 3 luglio 1754 11 maggio 1755
Antonio Pasquale 31 dicembre 1755 20 aprile 1817 Sposò una delle figlie di suo fratello Carlo IV, Maria Amelia.
Francesco Saverio 7 febbraio 1757 10 aprile 1771

Carlo rimase sempre fedele a Maria Amalia, condotta insolita in un'epoca in cui i sovrani concepivano l'amore come uno svago extra-matrimoniale, tanto che Charles de Brosses in visita a Napoli scrisse: «Ho notato che non vi è letto nella camera del Re, tanto puntuale egli è ad andare a dormire nella camera della Regina. Senza dubbio questo è un bell'esempio di assiduità coniugale».[68] Osservò una rigorosa castità extra-coniugale anche quando nel 1760 la prematura morte della regina lo lasciò vedovo a soli quarantaquattro anni; nonostante tutte le corti europee sperassero in un suo secondo matrimonio, forte delle sue convinzioni religiose rimase irremovibile nella sua astinenza sessuale, resistendo a pressioni politiche, proposte di alleanza, e a tentativi di seduzione.[69]

Onorificenze

Gran maestro del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio - nastrino per uniforme ordinaria
Gran maestro del Reale e Distinto Ordine Spagnolo di Carlo III - nastrino per uniforme ordinaria

Note

  1. ^ Per approfondire, vedi La scelta del nome.
  2. ^ Sua madre Dorotea Sofia di Neuburg dopo la morte di suo padre Odoardo II Farnese ne sposò il fratello minore Francesco.
  3. ^ Queste qualità della Farnese, contrapposte all'instabile carattere di Filippo, indussero lo storico Michelangelo Schipa ad affermare che Carlo era nato «da un principe francese che valeva men di una donna e da una principessa italiana che valeva assai più di un uomo» (Schipa, p. 70, Gleijeses, p. 44).
  4. ^ Morì nel 1729 a soli sette anni.
  5. ^ A causa delle rivendicazioni asburgiche sul trono iberico, Spagna ed Austria erano ufficialmente ancora in guerra dal 1701.
  6. ^ Drei, pp. 287-288.
  7. ^ Legge medioevale che escludeva la discendenza femminile dalla successione.
  8. ^ La prammatica sanzione doveva essere riconosciuta da tutte le potenze europee per avere efficacia. Per questo motivo Carlo VI, deciso a garantire un futuro alla sua dinastia, in politica estera fu spesso propenso al compromesso per ottenere una generale approvazione del documento.
  9. ^ La spada è oggi conservata nella sala d'armi del Museo di Capodimonte a Napoli. Luigi XIV la donò a suo nipote Filippo prima di inviarlo in Spagna nel 1700. Carlo la tramandò poi a suo figlio Ferdinando durante la cerimonia in cui lo nominò suo successore sul trono di Napoli il 6 ottobre 1759.
  10. ^ Gleijeses, pp. 46-48.
  11. ^ Schipa, p. 19; Gleijeses, p. 48.
  12. ^ Schipa, p. 72.
  13. ^ Gleijeses, p. 48.
  14. ^ Acton, pp. 17-18.
  15. ^ Questa caratteristica lo accomuna a suo figlio Ferdinando IV di Napoli, soprannominato "Re Nasone" dai suoi sudditi.
  16. ^ Schipa, p. 74.
  17. ^ La pretesa dell'imperatore di considerare necessaria la sua investitura derivava dal fatto che alcuni territori del Granducato di Toscana, tra cui quelli dell'antica Repubblica di Siena, erano feudi del Sacro Romano Impero. Fu Bernardo Tanucci a confutare il valore giuridico dell'investitura imperiale.
  18. ^ Acton, p. 18; Gleijeses, p. 48.
  19. ^ Acton, p. 19.
  20. ^ Acton, p. 20.
  21. ^ Acton, p. 20; Colletta, p. 66.
  22. ^ Gleijeses, p. 49.
  23. ^ Acton, p. 20.
  24. ^ Gleijeses, p. 50.
  25. ^ Gleijeses, pp. 50-53.
  26. ^ Acton, pp. 23-24; Gleijeses, pp. 55-56.
  27. ^ Gleijeses, pp. 50-53.
  28. ^ Acton, p. 25; Gleijeses, p. 59.
  29. ^ Gleijeses, p. 58.
  30. ^ Zio del più famoso abate Ferdinando Galiani.
  31. ^ Gleijeses, pp. 58-59.
  32. ^ Gleijeses, p. 60; Schipa, p. 128.
  33. ^ Gleijeses, p. 60.
  34. ^ Gleijeses, pp. 61-62.
  35. ^ Gleijeses, pp. 62-63.
  36. ^ Colletta, p. 40.
  37. ^ Acton, p. 36.
  38. ^ Gleijeses, pp. 63-64.
  39. ^ Colletta, p. 99.
  40. ^ Gleijeses, pp. 65-66.
  41. ^ Fara Misuraca, La nascita del regno meridionale, Carlo III e Bernardo Tanucci, in Brigantino - il Portale del Sud. URL consultato il 2-5-2009..
  42. ^ Acton, p. 35.
  43. ^ Muratori, pp. 66-67.
  44. ^ Colletta, pp. 99-100; Muratori, pp. 66-68 (quest'ultimo riporta ottomila scudi per Velletri e sedicimila per Palestrina).
  45. ^ Colletta, pp. 100-101.
  46. ^ Gleijeses, p. 68.
  47. ^ Acton, p. 64.
  48. ^ Carlo VIII di Francia, rivendicando l'eredità degli Angioini, durante la guerra d'Italia del 1494-1498 invase il Regno di Napoli proclamandosi re in opposizione all'aragonese Alfonso II e poi a suo figlio Ferdinando II.
  49. ^ a b Giannone, p. 139
  50. ^ Rex Neapolis fino all'incoronazione del 3 luglio 1735 a Palermo.
  51. ^ Si veda questo elenco di decreti sul sito del Ministero della Cultura spagnolo.
  52. ^ Carlo continuò a proclamarsi Duca di Parma, Piacenza e Castro e Gran principe ereditario di Toscana, titoli che furono poi tramandati a suo figlio Ferdinando. Le armi dei Farnese e dei Medici continuarono infatti ad essere rappresentate nello stemma dei Borbone di Napoli.
  53. ^ Portò con sé a Napoli la collezione di opere d'arte, gli archivi e la biblioteca ducale, i cannoni dei forti, ed anche la scalinata di marmo del Palazzo Ducale (Acton, p. 32). Tale patrimonio artistico è oggi conservato nel Museo di Capodimonte (Galleria Farnese), mentre nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) sono esposte anche le opere provenienti dal Palazzo Farnese di Roma, trasferite a Napoli da Ferdinando di Borbone (Collezione Farnese).
  54. ^ Michelangelo Schipa definì il matrimonio: «un mezzo termine fra l'inclinazione spagnuola e l'avversione viennese ad un connubio austro-borbonico» (Schipa, p. 173; Gleijeses, p. 67).
  55. ^ Gleijeses, pp. 67-68.
  56. ^ Acton, pp. 46-50; Gleijeses, pp. 70-74.
  57. ^ Acton, pp. 65-66; Gleijeses, pp. 75-76.
  58. ^ Acton, pp. 67-69; Gleijeses, pp. 76-78.
  59. ^ Acton, pp. 70-71; Gleijeses, pp. 78-79; Schipa, p. 492.
  60. ^ Acton, p. 85.
  61. ^ Acton, pp. 86-87.
  62. ^ Acton, p. 91.
  63. ^ Acton, p. 104.
  64. ^ Acton, p. 103.
  65. ^ Acton, pp. 82 e 113.
  66. ^ Domenico Caracciolo scrisse che fu «un colpo fatale alle speranze ed ai disegni del Re di Sardegna» (Acton, p. 113-115).
  67. ^ Gleijeses, p. 87.
  68. ^ Acton, p. 53.
  69. ^ Rimase indifferente alla marchesa de la Croix, nobildonna francese introdotta a corte con il compito di sedurlo dal drammaturgo Beaumarchais (Vaca de Osma, pp. 146-150).

Bibliografia

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Voci correlate

Collegamenti esterni

Predecessore Duca di Parma e Piacenza Successore
Antonio Farnese Carlo I

29 dicembre 17313 ottobre 1735
Carlo VI d'Asburgo
Predecessore Re di Napoli Successore
Carlo VI
(Carlo VI d'Asburgo)
15 maggio 173410 agosto 1759 Ferdinando IV
Predecessore Re di Sicilia Successore
Carlo IV
(Carlo VI d'Asburgo)
3 luglio 173510 agosto 1759 Ferdinando III
(Ferdinando IV di Napoli)
Predecessore Re di Spagna Successore
Ferdinando VI Carlo III

10 agosto 175914 dicembre 1788
Carlo IV