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Canzo
comune
Canzo – Stemma
Canzo – Bandiera
Canzo – Veduta
Canzo – Veduta
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione Lombardia
Provincia Como
Amministrazione
SindacoFabrizio Turba (PdL-LN) dall'8-6-2009
Territorio
Superficie11,11 km²
Abitanti5 078[1] (31-03-2017)
Densità457,07 ab./km²
Comuni confinantiAsso, Caslino d'Erba, Castelmarte, Cesana Brianza (LC), Civate (LC), Eupilio, Longone al Segrino, Proserpio, Pusiano, Valbrona, Valmadrera (LC)
Altre informazioni
Fuso orarioUTC+1
Cl. sismicazona 4 (sismicità molto bassa)[2]
Nome abitanticanzesi
Patronosanto Stefano
Giorno festivo26 dicembre
Cartografia
Canzo – Mappa
Canzo – Mappa
Posizione del comune di Canzo nella provincia di Como

www.triangololariano.it/

Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]

DGR n 41167 17/07/1984, http://www.triangololariano.it/it/lago-del-segrino.aspx http://www.parcolagosegrino.it/ per parco lago segrino

http://www.ersaf.lombardia.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idSezione=37973&idArea=16980&idCat=16982&ID=20604&TipoElemento=pagina http://www.triangololariano.it/it/il-sasso-malascarpa.aspx per mascarpa

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nascita del borgo[modifica | modifica wikitesto]

Il toponimo Canz deriva probabilmente dal latino Cantius, a sua volta derivato da una radice celtica[3].

Le tracce più antiche di colonizzazione umana del territorio canzese risalgono all'ultima fase della glaciazione wurmiana, durante il periodo mesolitico (circa 10.000 anni fa). L'accampamento di caccia situato a quota 900 m sul monte Rai (Raj) fu utilizzato durante il periodo estivo, continuativamente fino all'età del bronzo medio.

L'epoca eneolitica (circa 4.000 anni fa) è segnata dall'importante testimonianza di una tomba a cista con stele, ritrovata in località Büdracch. Nel corredo erano presenti quattro bracciali, un pendaglio a doppia spirale e una punta di selce. La tomba è stata totalmente ricostruita nel giardino delle scuole secondarie di primo grado.

L'età del bronzo antico è testimoniata da un insediamento sulla riva nordorientale del lago del Segrino, il cui ritrovamento ebbe un certo peso per la conoscenza delle prime popolazioni stanziali nell'alta Brianza.

L'insediamento sul sito dell'attuale abitato è di epoca di poco anteriore alla conquista romana, alla quale si deve inoltre il tracciamento delle strade principali per scopi militari e commerciali. Relativamente a questo periodo è stata scoperta una pietra miliare vicino al lago del Segrino, che indicava le distanze lungo la via strata (via lastricata), mentre nel 1822 venne messa alla luce una tomba romana con le sue suppellettili.

Medioevo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Corte di Casale.
Mappa del 1837 mostrante il territorio canzese, è visibile lo sviluppo del nucleo del paese limitato al fianco destro della Ravella

Nei secoli dopo la scomparsa dell'Impero Romano, Canzo, in uno stato di marcata autonomia comunale, fece parte dell'area chiamata Martesana dell'arcidiocesi di Milano, e fu, formalmente, infeudata al monastero di Sant'Ambrogio. Il toponimo "Martesana" e del vicino paese di Castelmarte sono stati messi in relazione con il culto del dio Marte e alla presenza di ex legionari. Nel 1162 Federico Barbarossa pose il borgo sotto l'egida del monastero di San Pietro al Monte di Civate. Infine Canzo entrò a far parte dei domini dei Visconti, al cui interno andò delineandosi la Corte di Casale (1403), unione di comuni con a capo Canzo[4].

Nel 1435, con otto altre pievi e squadre comunali[5], la Corte costituì l’Universitas Montis Briantiae, aggregazione di comuni con voce di fronte all'autorità ducale, e in particolare di fronte al fisco, «piccola repubblica o, più precisamente, una provincia autonoma nello Stato di Milano»[6]. Essa costituisce il territorio della Brianza storica, il nucleo originario a cui si riferisce propriamente il termine "Brianza"[7]. Nel 1485 l’Universitas si doterà anche di una propria Banca. Sono anni di grande sviluppo di attività mercantili e artigianali, fioritura di scalpellini, carpentieri, fabbri di altissima capacità tecnica, maestri setaioli, artisti e stampatori apprezzati in tutta l'Italia settentrionale.

Nel 1472 gli Sforza, succeduti ai Visconti nel ducato di Milano, affidarono la Corte di Casale alla ricca famiglia di armaioli dei fratelli Negroni da Missaglia, che avevano richiesto la concessione per la presenza di miniere di ferro[8]. Lo stemma della cosiddetta Cumünanza da Canz (trascurato nel 1861 ma riadottato nel 2002), rappresenta infatti «tre forni all'antica a guisa di alveari, per la fusione del ferro»[9].

Epoca moderna[modifica | modifica wikitesto]

Secoli XVI-XVIII[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1526 l'esercito spagnolo, in lotta contro il ducato di Milano, occupò Canzo, tenuta dal condottiero di ventura Niccolò Pelliccione (riguardo al quale esistono molti aneddoti leggendari), al soldo del duca Francesco II Sforza. Dopo la morte di questi, Canzo, come tutto il ducato di Milano, passò sotto il dominio spagnolo e successivamente sotto quello austriaco.

Gli spagnoli vi posero un presidio militare, ubicato sulla costa del monte in posizione dominante sul paese, nella località nota come "il Castello". L'occupazione spagnola lasciò in eredità al paese la cerimonia religiosa dell'Entierro, che veniva celebrata ogni Venerdì Santo almeno fino alla prima metà del secolo XIX[10].

Fino al secolo XVII Canzo era un rinomato centro manifatturiero di tessuti di saia, venduta come saia di Canzo, assieme al cimosone di Canzo, al mercato milanese[11], questa attività tuttavia decadde a causa delle pesanti tasse imposte dal governo spagnolo[12]. Dopo l'estinzione della famiglia dei Missaglia nel 1667 la Corte di Casale passò ai marchesi Crivelli, che vi introdussero l'industria della seta e alla fine del XVIII secolo le filande attive erano sette, tra cui la Filanda Verza, la terza più grande della Lombardia, e la Filanda Gavazzi, attiva anche in altri paesi con opere filantropiche.

Nel 1786, nell'ambito della riorganizzazione del territorio, Canzo fu unito alla nuova provincia di Como. Nei secoli XVIII e XIX, fu capoluogo del distretto decimoterzo[13]. La sua economia si poggiava su alcuni punti di forza: i vigneti impiantati sui pendii (Canzo produceva un buon vino), i castagni, la coltura dei gelsi (necessaria alla nutrizione dei bachi da seta), la presenza di molti pascoli con mandrie sparse, le filande e i filatoi.

Ottocento[modifica | modifica wikitesto]

Dall'edizione del 1868 del Dizionario corografico dell'Italia[14], il paese aveva una sua compagnia di guardia nazionale di 415 militi, di cui 110 attivi e 305 di riserva e la mobilizzabile era di 12 militi; nel 1863 vi erano 62 elettori politici inscritti nelle liste elettorali del collegio d'Erba, e Canzo faceva sezione elettorale del collegio con 288 elettori in tutto; il paese possedeva una pubblica scuola elementare, un ufficio postale proprio, uffici di verificazione per le imposte dirette, del catasto e di delegazione di pubblica sicurezza con carceri mandamentali; inoltre era sede di una giudicatura di mandamento dipendente dal tribunale di circondario di Lecco.

Durante l'Ottocento, Canzo dà all'Italia varie personalità significative, quali Alessandro Duroni, primo sviluppatore della fotografia in Italia ed inventore del negativo fotografico. Alessandro Manzoni, la cui suocera era di Canzo, ospitato dai suoi amici, frequenta le ville del paese, dove trae ispirazione per l'intreccio fondamentale del suo romanzo e, dalla vita del santo locale, trae gli elementi stilistici per il suo celebre incipit. Giuseppe Parini, nato non lontano da Canzo, quando è ancora ragazzo, viene messo in contatto con l'ambiente culturale milanese – che costituirà il suo trampolino di lancio – dal parroco di Canzo Ambrogio Fioroni[15], che sarà padre spirituale anche di un frate morto nel convento di Canzo in odore di santità, Giuseppe Longhi. Canzo dà in questo secolo i natali anche a Filippo Turati, iniziatore in Italia del socialismo riformista, espresso poi dal Partito Socialista Italiano, di cui fu fondatore. All'interno del socialismo, il suo pensiero si distingueva per il rifiuto della contrapposizione di classe e per la criticità nei confronti della rivoluzione russa: egli credeva infatti in un parlamentarismo pacifico, collaborante con gli altri partiti, per migliorare le condizioni dei lavoratori.

Primo Novecento (1900-1940)[modifica | modifica wikitesto]

Un altro canzese, Magno Magni, è fondatore dell'Unione concimi, prima azienda italiana a dedicarsi alla chimica e per decenni protagonista di monopolio, che sarebbe confluita nella Montecatini, trasformandola da azienda di estrazione mineraria in azienda prevalentemente chimica, ponendo così le basi per l'introduzione della plastica commerciale (1955), sviluppata da Giulio Natta, brianzolo d'adozione, proprio all'interno di questa azienda, e che gli meriterà il Premio Nobel per la chimica.

Nel 1908 nasce a Canzo dalla famiglia di san Miro Angelo Paredi, che sarebbe divenuto – oltre che Prefetto della Biblioteca Ambrosiana per quasi vent'anni – uno dei più importanti studiosi al mondo sulla figura di sant'Ambrogio, di cui mise in luce soprattutto la straordinaria forza e abilità politica. La sua biografia del santo vescovo, tradotta in inglese con il titolo "Saint Ambrose, his life and times" (1964), divenne uno dei principali punti di riferimento per gli studi santambrosiani.

I primi anni del Novecento, con la conclusione della ferrovia Milano-Canzo (che si aggiunge alla Strada di Niguarda dei primi dell'Ottocento), vedono confermarsi il legame con la città di Milano, per i cui abitanti Canzo è una meta obbligata di villeggiatura già da fine Settecento (vennero costruite ville e il Teatro Sociale). Tutt'oggi il legame con il capoluogo lombardo è molto forte, grazie al perdurare del turismo, nonché al fatto che Canzo, pur essendo in provincia di Como, appartiene all'arcidiocesi di Milano e al rito ambrosiano.

In questo secolo, la secolare tradizione siderurgica di Canzo si riversò nella fabbricazione di forbici, di cui Canzo divenne importante centro, benché fino alla metà del secolo l'economia prevalente fosse quella agricola. Il parchetto-piazzetta Turati dal 2007 presenta un "angolo del lavoro", finalizzato a rievocare questo importante settore della storia produttiva canzese[16].

Secondo Novecento (1940-1999)[modifica | modifica wikitesto]

Lapide in ricordo dei partigiani, all'ingresso del cimitero, dove vennero fucilati

Durante la seconda guerra mondiale, molte famiglie milanesi vi furono sfollate, e in paese vennero acquartierati un gruppo di SS italiane, presso l'asilo ed un gruppo di truppe tedesche con il comando installato presso la "Villa Rizzoli". Attività partigiane vennero svolte sui monti, attorno ai "Corni"[17], dove i sentieri, precedentemente usati dai contrabbandieri furono utilizzati per aiutare prigionieri alleati fuggiti dal campo di concentramento di Grumello del Piano a rifugiarsi in Svizzera[18]. Sul finire della guerra, cinque partigiani, O. Bottoni, F. Pellegrino, A. Deana, D. Pittari ed E. Quaranta, furono catturati e fucilati il 21 marzo 1945 e un altro, Giuseppe Mondello[19], subì la medesima sorte il 13 aprile 1945, dodici giorni prima della fine della guerra.

Una personalità di rilievo della storia novecentesca del borgo di Canzo è stata Orlando Prina, già appartenente a una famiglia locale della bassa nobiltà (Prina-Crivelli[20]). Ritornato a Canzo dalla campagna di Grecia come ufficiale alpino, visse in clandestinità insieme alla madre vedova, collaborando con Giancarlo Puecher, Remo Sordo ed altre personalità della Resistenza lombarda. Divenuto delegato del CNLAI per il territorio di Canzo, costituì dapprima un comitato comunale formato dalle personalità di spicco del mondo partigiano locale e successivamente la Giunta clandestina che, composta da un rappresentante per ogni componente politica dell'arco costituzionale (ante litteram), organizzò la transizione istituzionale che avvenne il 25 aprile del 1945, quando le SS italiane abbandonarono la sede di Canzo.

Nel dopoguerra, Orlando Prina fu il principale artefice dell'assetto associazionista tipico del comune di Canzo, dove il comune ha come importante organo consultivo la Tavola rotonda delle Associazioni[21]. In particolare fu il precursore delle associazioni pro-loco divenendo il primo segretario dell'Azienda di Turismo nel periodo d'oro della villeggiatura degli anni sessanta e settanta; fu il rifondatore del Gruppo Alpini Canzo, fondatore dell'Associazione Cacciatori (che sotto la sua presidenza diede vita all'importante fiera ornitologica di Canzo, ispiratrice di altre fiere dello stesso genere) e dell'Associazione Pescatori Lago del Segrino, a capo della quale promosse importanti battaglie ambientali. Fu ininterrottamente assessore dalla transizione istituzionale al 1985.

Nel settore dell'artigianato Canzo è rinomata per la produzione di forbici[22], al punto che un quarto delle località produttive in Italia, già dagli anni '30, si trova nel distretto di Canzo[23].

Simboli[modifica | modifica wikitesto]

Lo stemma del Comune è azzurro, con sette stelle d’oro a otto punte e tre forni per la fusione del ferro, anch’essi d’oro, dalla forma simile ad alveare. Il gonfalone comunale presenta al centro lo stemma e riprende per la coloritura dello stendardo la tonalità giallo-aurea delle figure araldiche.

Lo stemma della Corte di Casale – sorta di federazione medievale di comuni con a capo Canzo – viene utilizzato talvolta in alcune manifestazioni di cultura locale come uno dei simboli dell’identità canzese, soprattutto nel suo aspetto di tradizione politico-civile. Esso era costituito da fasce bianche e rosse convergenti verso l’alto, il tutto sormontato dal capo dell’impero, ossia dall’aquila imperiale su sfondo nero.

Degne di menzione dal punto di vista araldico sono inoltre le insegne delle più antiche famiglie di Canzo, alcune delle quali autoctone. Tra di esse compaiono i Pellizzone, i Prina, i Ponti, i Gavazzi, già attestate almeno a partire dal Duecento; la storia di queste famiglie si intreccia con la storia della comunità canzese ed ha contribuito a definirne l’identità. In particolare, nello stemma più antico della famiglia Prina si riscontrano notevoli somiglianze con gli stemmi civici di Canzo e della Corte di Casale: infatti nella parte destra dello scudo si ritrova lo sfondo azzurro del Comune – ma sormontato, anziché da stelle e forni, da due frecce e un alloro (allusione alle origini cavalleresche del casato) –, mentre la parte sinistra coincide con quella della Corte.

Ortolana, uccello raro tra quelli protetti nella ZPS Triangolo lariano.

Altri simboli di Canzo sono:

  • San Miro, icona non solo religiosa ma anche civica dello spirito di borgo comunale. A sottolinearne l’importanza è la collocazione della sua statua sulla facciata della chiesa e nella cappella dei viaggiatori tra via Verza e via Rimembranze, e l’intitolazione al santo dello stadio di calcio e di un premio annuale per cittadini meritevoli. Il suo cognome, Paredi, è il secondo più diffuso, mentre il nome di Miro è ancora oggi attribuito non di rado ai nuovi nati come primo o secondo nome.
  • I Corni di Canzo. Sormontati da una stella cometa, furono lo stemma comunale dall’annessione al Regno sabaudo agli anni novanta. Il loro profilo riconoscibile e la loro visibilità da quasi tutto il paese li rendono non solo un eminente simbolo turistico, ma anche un elemento paesaggistico che contribuisce positivamente a una percezione identitaria del territorio da parte dei residenti.
  • Le forbici. Nel secondo dopoguerra Canzo divenne, insieme a Premana, capitale italiana della produzione di forbici, favorita da una vocazione genetica già manifestatasi con l’estrazione del ferro e la lavorazione di metalli nel Quattrocento. Molti ricordano la Canzo tappezzata di botteghe di furbesàt (fabbricanti di forbici), e ancora oggi sono presenti diversi interessanti siti di archeologia industriale.
  • Gli uccelli. La presenza, sul territorio comunale, di tre distinte aree protette manifesta la presenza di notevoli numero e varietà di volatili, a causa della bontà dell’habitat boschivo. Ciò ha portato nel corso dei secoli a una significativa tradizione di caccia, al punto da ritenere erroneamente che il nome del paese derivasse dal “canto” degli uccelli. Questo tradizionale rapporto uomo-animale ha portato nel tempo a un’attenzione ambientale di eccellenza a livello italiano.

Monumenti e luoghi d'interesse[modifica | modifica wikitesto]

Tratto della strada che porta al Primm Alp.

«Affrettato, come lo dev'essere un romanziere da giornale, non mi disperderò o lettore, nel descriverti, come pur avrei in animo, le condizioni topografiche, industriali ed economiche di questo paese ch'è, fuor di dubbio, una delle più ricche, svegliate e patriottiche fra le grosse borgate del contado lombardo.
E di tutto ciò, tu, mio lettore, potrai convincerti in persona, se, visitando il borgo di Canzo nelle tue gite autunnali, avrai agio di ammirare i vari opifici, i bei palazzi, il grazioso teatro e le amene ville dei dintorni, e, meglio ancora, se, intrattenendoti coi borghigiani, ne apprezzerai il carattere franco, ospitale, congiunto a quella squisitezza di sentimenti patriottici, a quel criterio politico, che, sgraziatamente, non si trova con troppa frequenza negli altri grossi centri della campagna lombarda, particolarmente in quella parte di essa che si chiama la Bassa.»

Architetture religiose[modifica | modifica wikitesto]

Basilica prepositurale plebana di Santo Stefano protomartire[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Chiesa di Santo Stefano (Canzo).
Basilica prepositurale di Santo Stefano protomartire

«Habet ecclesia crocifixum valde magnum sculptum.»

Detta anche Gésa granda, è la chiesa prepositurale. L'edificazione ebbe inizio nel 1728 sul luogo di una precedente costruzione, attestata dal 1398 in un documento testimoniante l'autonomia della parrocchia, dedicata allo stesso santo e già dotata nel 1574, durante la visita pastorale di San Carlo, dei cinque altari attuali. La Basilica è stata eretta Prepositura, col titolo di Basilica Prepositurale Plebana, con decreto ad perpetuam memoriam in data 21 aprile 1899 da papa Leone XIII il quale concesse "Non ad Personam sed pro Tempore" il Titolo di Prevosto. Il sagrato è in granito, decorato ad intarsio; in passato era acciottolato. L'edificio, tradizionalmente definito "basilica" pur non essendolo ufficialmente, è in stile barocco classico e possiede un alto campanile angolare, a destra, con tetto in bronzo (il progetto del 1818, dell'architetto Bovara, ne prevedeva due). La facciata è parzialmente, come i lati lunghi della chiesa, dipinta di un giallo tenue; presenta un portone principali e due portoni laterali, in

Di fronte alla piazza della chiesa vi è la sede della Società Operaia di Mutuo Soccorso, nel passato adibita ad asilo infantile e a biblioteca municipale, davanti alla quale è stato piantato un gelso (murùn), albero simbolo della tradizione serica brianzola, e ne è stato aggiunto un altro esemplare molto antico, a cura della Cumpagnia di Nost, trasferito dal Parco Raverta, trasformato in complesso edilizio. Quest'ultimo è stato affidato alla protezione di San Mir. Presso la Società Operaia vengono spesso organizzate mostre d'arte. A lato dell'ampio piazzale, vi è il l'antico portico del mercato, un elegante porticato a cinque arcate con fronte e doppie lesene, che mantiene all'esterno gli anelli utilizzati per la fiera del bestiame da San Stevenin il 27 dicembre.

Si narra che il suolo su cui è stata eretta la parrocchiale fosse in origine una vigna di proprietà dei Pelliccioni. Essi la concessero alla parrocchia a condizione che in una notte fossero sradicate tutte le piante di vite. Dopo una nottata di lavoro da parte di tutta la popolazione accorsa, si poté cominciare la costruzione della chiesa.

Chiesa di San Francesco e Beato Miro[modifica | modifica wikitesto]

Detta anche Gésa da San Mirètt, dal nome del secondo dedicatario, utilizzando il diminutivo per distinguerla da quella propriamente di San Mir (il santuario-eremo). È una chiesa conventuale e si trova in piazza San Francesco, ed è affiancata dalla casa del prete, un tempo ambulatorio; nella piazza si trovano inoltre due cuurt (di Pinòla e di Meroni), una fontanella (servita dall'acquedotto e sormontata da un'altra fontana, da cui sgorga una parte dell'acqua di Gajum) situata in una nicchia delle pittoresche mura di Villa Meda, che ha un proprio arco di ingresso su piazza San Francesco, arricchito da una pregiata lunetta in ferro battuto e da un grande affresco. Il sagrato è in porfido, come del resto tutta la piazza, e presenta una scalinata. L'insediamento del complesso conventuale risale alla fine del Trecento, ed era inizialmente dedicato alla Vergine, mentre successivamente, forse nel Quattrocento, fu consacrato a San Miro. Nella prima metà del Settecento furono svolti lavori di consolidamento e ampliamento, mentre la fine del secolo vide la fine della presenza dei Frati Minori, e quindi il passaggio dell'indulgenza del Perdon d'Assisi alla parrocchiale. Agli inizi dell'Ottocento, con il lascito del prevosto don Angelo Sala e il contributo di Giovan Battista Gavazzi, il convento venne trasformato in Ospedale Civile per divenire poi, dalla Prima guerra mondiale agli anni settanta, casa di riposo; nel frattempo la chiesa assunse la denominazione di san Francesco, anche se nella memoria della popolazione rimane la dedicazione a san Miro. Successivamente, dopo un restauro conservativo, la chiesa assunse, per volontà della Curia Arcivescovile, la funzione di Oasi monastica.

L'edificio è in stile barocco e possiede un semplice campanile in fondo a sinistra. La facciata è, come tutto l'esterno della chiesa, dipinta di un giallo tenue, e presenta un solo portone centrale, sormontato dall'emblema in marmo dell'Ordine Francescano; sopra ad esso vi è una piccola vetrata. All'interno vi sono quattro altari minori: entrando, a destra quello di San Francesco e a sinistra quello di San Miro (ma in una nicchia vi è anche una statua di Gesù), raffigurati anche nelle rispettive vetrate dietro al tabernacolo; in fondo, a destra quello del Crocifisso (ma in una nicchia vi è anche una statua della Madonna addolorata) e a sinistra quello della Madonna. L'alternanza di colori tenui nelle abbondanti decorazioni, specialmente nell'abside, conferiscono all'interno un'armonia ristoratrice. Il tabernacolo ha una porticina d'oro raffigurante in bassorilievo un calice con due uccellini. I confessionali in legno si trovano di fianco al portone di ingresso.

Cappella di San Michele - Lazzaretto[modifica | modifica wikitesto]

L'interno della cappella di San Michele.

La cappella è dedicata a san Michele Arcangelo e si trova in cima ad un piccolo dosso, a quota 460 m sul lato destro lungo la strada verso le Fonti di Gajum. Questo luogo venne utilizzato come lazzaretto durante l'epidemia di peste del 1863 e forse anche in casi di precedenti contagi: secondo una tradizione locale il prato sottostante sarebbe usato come camposanto per i morti della peste del 1630, descritta da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. La cappella è stata oggetto di interventi di restauro e conservazione nel corso del tempo garantendone un buono stato di conservazione fino ad oggi. Al suo interno sono affrescati il santo e le opere temporali di misericordia. Da questa cappella si diparte la strada acciottolata che, risalendo lungo la vall da Pésura, arriva alla cima del monte Cornizzolo. Poco sopra la cappella si trova una buona fonte.

Eremo-Santuario di San Miro[modifica | modifica wikitesto]

Interno dell'oratorio di San Miro, con affrescato il miracolo della traversata del lago.

«San Miro è luogo di devoto pellegrinaggio, visitato da' terrieri vicini, e dove ai dì festivi si celebra il sagrificio, quando appena la stagione non corra rigidissima o nevosa. Il povero convento e l'umile chiesetta, innalzata in onoranza del santo, giacciono in un luogo eminentemente pittoresco; poco orizzonte, chiuso da nudi scogli, variato dal rapido torrente della Ravella e da alcune macchie d'alberi antichi. La prima domenica d'agosto al profondo silenzio di quel ritiro succedono i canti di festa, i suoni monotoni, ma sempre cari, delle fistule, delle zampogne; tutta l'altura è gremita di terrazzani festosi, che, finiti gli uffici divini, calano dall'altura e si fermano a merendare lietamente in un ameno valloncello, intorno alle labbra della già nominata fontana di Gajumo.»

La costruzione dell'eremo di San Miro al Monte iniziò nel 1643, sul luogo di un precedente oratorio a tre altari già attestato dalla visita pastorale di San Carlo Borromeo. Annesso alla chiesa vi era un piccolo convento che ospitò subito un eremita, ma poi divennero due, probabilmente appartenenti al convento francescano del paese. Si possono ancora notare, sul ripido pendio posto sull'altro versante della Ravella, alcuni terrazzamenti (giarditt di fraa) nei quali i frati coltivavano un orto. Ha subito vari restauri, fino a quello completo terminato nel 2005. I locali annessi alla chiesa hanno mantenuto e valorizzato la loro vocazione ad ospitare i gruppi organizzati che intendono dedicare qualche giorno alla preghiera e alla meditazione. Il culto di san Miro è legato all'acqua e da secoli l'eremo è meta di pellegrinaggio, così come lo è la fonte, restaurata, dalla quale sgorga un'acqua a cui molti si affidano per mantenere il proprio benessere, se non per guarire da qualche malattia.

Edicole religiose[modifica | modifica wikitesto]

Edicola del Caradùr indurmentaa, presso il Lago del Segrino.

Tra le altre costruzioni sacre vi sono la cappelletta della Madonna di Caravaggio, il dipinto della Madonna presente nel portico dell'oratorio maschile (trasferito dalla cappelletta della Madonna di Caravaggio), quella di San Rocco e della Vergine in Sumbich, l'edicola di Santa Rita in via Monte Rai, l'edicola della Madonna in via Gajum, quella in una curt della Cuntrada dal Cuèrc, quella sopra la fontana di Portacinés, quella del Pretòri, la cappella davanti alla fontana della contrada di Casarch (con la Madonna nera del Ceppo e un affresco dell'Annunciazione), l'edicola della Vergine in località Tuump, quella di sant'Anna in località Valicc, quella in via Roma, quella in via Vittorio Veneto (vicino alla sede della Comunità Montana), quella in via Rimembranze dedicata alla Madonna di Lourdes, il trittico all'angolo via Verza e via Rimembranze, il grande affresco in Villa Meda, il crocefisso ligneo all'angolo tra via Grandi e via Porroni, l'edicola della Madonna presso il Castello, quella in via Volta, quella in fondo alla scala di Sant'Anna, quella della Madòna di Sètt Dulùr sopra a Gajum, quella della Madonna presso il Primm Alp, quella posta nella grotta di San Miro, quella in località Scarenna, quella posta presso la fonte del Sentée dal Fóo, quella di San Bartolomeo tra il Primm e il Segùnt Alp, quella del Segùnt Alp, quella della Madonna e di Gesù al Parisone, la croce all'angolo tra via Vittorio Veneto e via Pasubio, la fontana del Cuèrc dedicata alla dipartita di San Miro. Infine è presente il santuario oratorio di San Miro al monte e, sulla carrozzabile, due cappellette, di cui un'arroccata e nascosta tra gli alberi. Presso il lago del Segrino è presente l'edicola del Caradùr indurmentaa, poi dedicata anche alla Vergine. Ve ne sono numerosissime inoltre all'interno di cortili e giardini privati, senza contare gli altari minori all'interno di chiese e cappelle.

Architetture civili[modifica | modifica wikitesto]

Tra i giardini e parchi storici d'interesse culturale vincolati dalla legge nazionale vi sono Casa Piotti con parco (decreto 29/1/1975), Villa Gavazzi Balossi Restelli (decreto 30/4/1981) e Villa Meda con parco (declaratoria 25/1/1977). Gli edifici di archeologia industriale registrati presso la Regione Lombardia sono il Fabbricato viaggiatori (scheda n.443) e il Magazzino merci (scheda n.440) della Stazione terminale, appartenente alla Rete ferroviaria delle Ferrovie Nord Milano (scheda n.499), e Villa Verza (scheda n.452), mentre il corrispondente Filatoio di Cranno (scheda n.444) è già in territorio assese.

Villa Meda - Stelline - Caserma[modifica | modifica wikitesto]

Volta del battistero di villa Meda

Villa Meda (XVII-XVIII secolo), costruita sul fianco destro del torrente Ravella, nel centro storico del paese, è un complesso composto da una corte principale con un porticato ad arcate con pilastri quadrangolari, decorati da lesene che sostengono un marcapiano. All'interno sono presenti volte affrescate e soffitti in legno a cassettoni decorati da Luca Roscio di Vill'Albese, del 1701[24]. Da un altro più piccolo cortile interno, si accede al battistero a pianta circolare, con colonnato centrale in pietra e volta ottagonale in legno. Il parco è occupato da alcune piante secolari, cippi in granito, balconate belvedere, portali e nicchie sul muro simulanti piccole grotte, come in uso nei giardini signorili ottocenteschi.

La villa è opera dell'architetto Simone Cantoni di Muggio[25], che trasformò una casa di campagna nella residenza del conte Meda, con interventi di stile neoclassico. Il progetto si protrasse dal 1795 al 1804, quando il lavoro fu portato a termine dal monsignore fratello del conte. L'architetto dispose i locali di rappresentanza attorno ai cortili interni e le parti abitate a contatto col giardino all'italiana e con l'ambiente agreste raggiungibile sull'altra sponda del torrente Ravella tramite un ampio ponte interno al perimetro della villa.

L'edificio, venne usato nel XX secolo come colonia estiva per le Stelline[26] e poi, durante la Seconda guerra mondiale come caserma, ospitando le SS italiane arruolate presso le carceri milanesi; è stato restaurato per un utilizzo misto privato, sale pubbliche e stanze date in gestione alle locali associazioni; vi ha sede la biblioteca civica.

Teatro Sociale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro Sociale (Canzo).

«Tra le dolcezze della terra di Canzo, pur si dee in molto pregio aver quella delle conversazioni, condita da disinvoltura ed amabile urbanità, nelle quali molto piacevolmente si passano le giornate piovose e le lunghe sere autunnali. Intanto il mio nuovo Mentore, che molto si compiaceva delle mie osservazioni, licenziandosi da quella brigata e dandomi il braccio, cominciò a condurmi a visitare il suddetto bellissimo teatro, innalzato da un'unione sociale, sotto il disegno e la direzione dell'architetto Besia.»

Facciata del Teatro Sociale di Canzo.

La "Società del Teatro Sociale di Canzo"[27] venne fondata nell'aprile del 1828 per volontà di famiglie benestanti canzesi e milanesi, avendo già ricevuto l'autorizzazione decenni prima da Maria Teresa d'Austria. I lavori di costruzione furono ultimati l'anno successivo permettendo l'inaugurazione il 18 ottobre del 1829 invitando la compagnia del Teatro Filodrammatici di Milano.

Il Comune, divenuto proprietario dell'immobile, si occupò di rinnovare il tetto dopo la storica nevicata del 1985 e se ne decise il completo restauro, dopo circa cinquant'anni di funzionamento come sala cinematografica. Fu quindi inaugurato il 25 aprile del 1990.

L'Amministrazione comunale decise di allestire di nuovo una stagione teatrale per gli anni 1991-'92, iniziando proprio col Teatro Filodrammatici di Milano. Accanto a questa compagnia vanno ricordati anche l'orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano e l'Autunno Musicale di Como sempre presenti nella programmazione. Sono inoltre frequenti commedie in lingue regionali, grazie ad una compagnia veneta ed alla Filodrammatica Canzese.

Ospita stagioni di musica e di prosa.

Nell'antistante piazza Garibaldi è presente il monumento ai Caduti. Dall'altra parte della piazza si vedono lo storico Albergo Canzo (uno dei cinque alberghi presenti a Canzo) e i giardini di Palazzo Tentorio, sede del comune, e di Villa Don Pozzoli, residenza sanitaria assistenziale per anziani. In paese sono presenti altre due case di riposo.

Palazzo Tentorio[modifica | modifica wikitesto]

Palazzo Tentorio, che prende il nome della famiglia che lo acquistò nel 1706, anno in cui il territorio di Milano, di cui Canzo faceva parte, passò di mano dagli spagnoli agli austriaci. La ricchezza dei Tentorio si fondava sul commercio dei panni di lana, attività iniziata nel 1649 da Carlo Tentorio che “spacchiava li suoi drappi come milanesi senza contrassegno e senza pagare li dazi camerali”. Il disinvolto commerciante aveva sfruttato a suo vantaggio il vuoto amministrativo e giuridico che caratterizzava il dominio spagnolo a Milano; la sua famiglia lasciò una chiara impronta della sua presenza a Canzo per la generosità con cui contribuì alla costruzione della chiesa parrocchiale, consacrata il 3 giugno 1752. La proprietà del palazzo rimase ai Tentorio per oltre un secolo: il 15 settembre 1828 lo stabile e le sue pertinenze furono acquistate dai fratelli Giovanni Maria, benedetto e Venanzio Gavazzi, antica famiglia canzese in quegli anni impegnata nello sviluppo dell'industria serica. L'11 novembre 1889, giorno di san Martino, il palazzo fu acquistato dal Comune per alloggiarvi la scuola, “causa l'insufficienza dei locali della scuola attuale”. Unitamente alle aule, l'edificio ospitò gli uffici comunali, per più di un secolo, fin quando le aumentate esigenze amministrative e le precarie condizioni dello stabile indussero alla sua ristrutturazione e alla realizzazione, nell'area retrostante, di nuovi uffici più funzionali: i lavori, iniziati nel 1999 su progetto selezionato tramite concorso di idee, videro il restauro dell'antico Palazzo e la creazione di una struttura moderna a forma di torrione, a mo' di novello broletto, simbolo dell'autonomia comunale. Dal 7 dicembre 2002 palazzo Tentorio ospita l'ufficio e la segreteria del Sindaco, la sala Giunta ed un'ampia area espositiva, collocata al secondo piano.

Particolare di una delle Ville di inizio Novecento in Via Caravaggio a Canzo.

Le sedi del potere civile[modifica | modifica wikitesto]

Appartengono a questa categoria il Castello della guarnigione spagnola, appunto in località Castèll, e il castello precedente, forse collocato in corrispondenza dell'attuale Turèta. Il Palazzo Pretorio, sede del pretore e delle carceri della Corte di Casale era collocato nell'attuale Pretòri. Il consiglio degli anziani aveva sede in un portico, il Cuèrc (che dà il nome alla cuntrada), collocato dietro alla fontana omonima. Altri importanti centri di aggregazione comunale erano Mèzz Canz, attuale via Meda, la piazza della chiesa e il portico adiacente. Nell'ultimo secolo, la sede comunale è stata collocata nel Palazzo Tentorio e provvisoriamente in Villa Meda. Presso l'attuale sede è stato annesso un nuovo edificio, che riprende in chiave moderna la forma tipica del broletto. Per approfondire, leggere i paragrafi relativi alle località, alle vie e agli edifici citati.

Camp da Miro[modifica | modifica wikitesto]

La piazza Giovanni XXIII è il nuovo piazzale del mercato, che verso sera si trasforma in campo sportivo per gli allenamenti di atletica della locale associazione; oltre un filare alberato sono presenti il cimitero, la piazzetta Caduti Alpini, e la località Laguccio. Dietro all'ampio piazzale, vi è un parco con grandi alberi e giochi per bambini. Dietro al parchetto, è stato costruito un Centro Sportivo sul luogo di due campetti all'aperto e di parte del prato retrostante. Complessivamente questa località è definita Camp da Miro (toponimo che non si riferisce al santo locale). Qui, occupando anche tutti gli spazi stradali circonvicini, opportunamente chiusi al traffico, si svolge la Fera di Üsei. Anticamente il cimitero di Canzo si trovava in corrispondenza dell'odierna piazzetta Turati.

Gli oratori presenti e passati[modifica | modifica wikitesto]

L'ex oratorio maschile presso il filatòj contiene (su un'edicola murale) l'affresco originario della cappella della Madonna di Caravaggio e, nella cappella, un affresco giovanile di Silvio Consadori (1909-1994; pittore d'arte sacra, formatosi all'Accademia di Roma, professore all'Accademia di Brera, premio "Milyus" e premio "Canonica").

Villa e parco Magni[modifica | modifica wikitesto]

L'antico parco, ricco di alberi secolari, venduto all'industriale canzese Magno Magni dalla famiglia filandiera canzese dei Gavazzi, si estendeva tra le località Mirabèla e Grimèll. La villa, fatta costruire dal cav. Magni tra il 1903 e il 1906 dall'architetto torinese Pietro Fenoglio, già suo professore a Torino, una delle ville canzesi più rappresentative del Novecento, e certo la più maestosa, si trova in quest'ultima località. Fu costruita dall'architetto Fenoglio in un fantasioso stile neomedievale. Esteriormente si caratterizza per le pietre di Vicenza (dove il proprietario viveva e lavorava, e dalla quale aveva chiamato la manovalanza), ben squadrate, a vista, e per le ampie balconate e terrazze multiple. Interiormente, ogni stanza è progettata a sé in uno stile diverso. Una limonaia conduce dalle stanze alla biblioteca. In essa il visitatore rimane subito stupito dalle coinvolgenti tavole del pittore Silvio Bicchi che rappresentano l'umanità in quel periodo storico: la vita del primo Novecento, la guerra, la pace, il lavoro, la vittoria, l'umanità al bivio. Il noto pittore Achille Beltrame dipinse invece le pareti e il soffitto dell'ingresso e della sala da pranzo: sono rappresentate quattro scene di caccia al cervo, di ambientazione medievale, in cui sono raffigurati i famigliari del Magni con cavalli, cani e falconi. Vi sono inoltre soffitti decorati in quattro comparti dal pittore Silvio Bicchi, nei quali spiccano in altrettanti campi ovali, le figure allegoriche del "Tempo" del "Pensiero" della "Forza" e della "Materia". Il giardino è solcato da sentieri, viottoli, scale e scaloni monumentali, che conducono in luoghi appartati, alla fontana della vittoria, al grazioso teatrino all'aperto, alla torretta-oratorio. Sono inoltre presenti numerose statue. Dopo essere appartenuta alla famiglia di editori Rizzoli, è un centro per ricevimenti e congressi.

È doveroso precisare che l'appellativo originario della villa, voluto dal suo costruttore cavalier Magno Magni, è "IL GRIMELLO".

Villa Verza - Filandùn[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1667 la Corte di Casale, e quindi anche Canzo, divenne proprietà dei marchesi Crivelli che per primi affiancarono all'attività agricola l'industria serica. L'attitudine dei canzesi al settore si era peraltro dimostrata in maniera evidente già nel Seicento, quando i panni di lana prodotti a Canzo, soprattutto dai Tentorio facevano concorrenza, per qualità e prezzo, a quelli realizzati a Milano. Alla fine del Settecento si contavano a Canzo ben nove filande, che davano lavoro a duecento persone: Canzo era secondo solo al Lecchese. Verso la metà dell'Ottocento quella di Carlo Verza annoverava 1300 dipendenti, ed era la tra le prime tre in Lombardia per dimensione, produzione e qualità del filato, insieme a quella dei Gavazzi in Bellano e a quella dei Sormani (entrambe famiglie stabilite anche nel Canzese e imparentate con i Verza e i Ponti). In linea generale, dal Seicento alla metà dell'Ottocento, Canzo fu considerato uno dei più ricchi e importanti centri manifatturieri dell'intera Lombardia.

All'Esposizione italiana del 1861, la Filanda Verza di Canzo risultava di gran lunga il primo setificio della penisola per quantità della merce esposta. Elogiati dalla Commissione per il lustro dato all'Italia in occasione dell'Esposizione Universale di Parigi del 1855, ottenendo alla Camera di Commercio di Milano la medaglia d'oro, i Fratelli Verza di Canzo venivano decorati con il primo premio nella sezione Lombardia (sezione a sua volta distintasi come prima per «regolarità» del filato) sia per la «perfezione d'arte» delle sete sia «per l'importanza del loro stabilimento». Da notare come al secondo posto, tanto nel caso dell'Esposizione Universale quanto in quello dell'Esposizione italiana, venga menzionata l'impresa serica del canzese Pietro Gavazzi, soprattutto «per la grande importanza dei suoi stabilimenti industriali»[28].

Prima d'iniziare l'attività industriale, Carlo Verza compra terreni coltivati a uva e gelsi e boschi, in seguito alla vendita all'asta dei beni del soppresso convento dei Padri Minori Conventuali in San Miro di Canzo. in località Cranno, presso la Vallategna, stabilisce, oltre ad una casa colonica e ad un mulino da farina, il primo edificio adibito alla filatura della seta, trasformando probabilmente un vecchio macero. Il torrente Foce, di proprietà dei Verza, veniva in parte deviato verso gli stabilimenti e verso il giardino all'inglese, attraverso due caselli di raccolta ancora visibili.

Molte dipendenti provenivano dal Bresciano e dal Veneto, per evitare il loro ritorno a casa. Vi era una stanza per la cura dei neonati, dove alcune bambine accudivano la prole, dando il cambio alle madri che dovevano allattare. Su modello dei Crespi a Canonica d'Adda ed altri, il Verza volle costruire una società operaia isolata dal resto del territorio, dipendente soltanto dalla volontà del padrone, anche attraverso un'istruzione giornaliera mirata.

Lo stabile della filanda Verza, cento e più anni dopo, sarebbe stato in parte acquistato da Salvatore Fiume, uno dei massimi pittori italiani del novecento; l'artista si stabilì a Canzo nel 1946 adattando a studio parte dell'ala sud della vecchia filanda, che dal 1952 divenne anche la sua residenza. La famiglia Conti-Valsecchi, proprietaria dell'altra metà dello stabile, continuò l'antico utilizzo dell'acqua motrice con la costruzione di una piccola turbina, e conservò e restaurò l'intero edificio; i due cortili della filanda si sono trasformati in tre cortili abitati. Particolarmente visibile l'antica ciminiera in mattoni.

La seconda filanda canzese per dimensione (con un notevole distacco dalla prima) era la filanda della famiglia Gavazzi.

Siti archeologici[modifica | modifica wikitesto]

Geologia dei monti locali, da Paleontologie lombarde di Antonio Stoppani.

Fin dalla colonizzazione celtica, tutta la valle di Canzo fu legata al culto dell'acqua, di cui vi è abbondanza, e della pietra[29]. Una testimonianza della diffusione dei culti acquatici si ritrova nell'origine del nome del lago del Segrino: Fons Sacer ("Fonte Sacra" in latino), culto trasformato in culto romano a Marte, come si nota nei toponimi Castèll Mart e Martesana, poi nella devozione a San Michele, presso la fonte del Lazzaretto. Esempio invece di culto dei massi è il Sass dal Primm Fiöö, dove anticamente si recavano le donne per ottenere un buon parto; l'equivalente cristiano si ritrova nella scalinata ed edicola di Sant'Anna, con la stessa funzione. Più visibile è la grandissima roccia detta Cèpp da l'Angua, collocato ai piedi del monte Raj, dove si sovrappongono l'elemento acqua e l'elemento pietra: luogo in origine dedicata alla fata acquatica Anguana (da cui il nome), presente anche nella complessa celebrazione della Giubiana. Nel Medioevo, al contrario di quanto avvenuto in San Michele, questo culto non fu assimilato ma demonizzato: da qui deriva il secondo nome dello stesso, Scalfìn dal Diaul, ovvero "tallone del diavolo". Il santuario di San Miro, santo anch'esso legato all'acqua, inoltre, è costruito in corrispondenza di una fonte sotterranea, sede di un luogo sacro celtico (vi sono state trovate delle coppelle). Un altro masso rilevante è il Sass da la préa, che si trova sulla cresta di Cranno.

Aree naturali[modifica | modifica wikitesto]

«Questo paese posto sotto un cielo ridente, ove natura parla ai cuori sensitivi col linguaggio della più cara dolcezza [...]»

I tipici tavoli in pietra presenti alle fonti di Gajum a partire da fine Ottocento

I boschi[modifica | modifica wikitesto]

I boschi di Canzo, oggigiorno più abbondanti a causa dell'imboschimento delle aree un tempo adibite a fienagione e pascolo, sono composti da alberi quasi esclusivamente cedui come roveri, castagni, noci, frassini, faggi, betulle, tigli, abeti rossi, ippocastani, sorbi, tassi, noccioli, aceri, agrifogli, allori, bagolari, bossi, rovi, pungitopi ecc. Negli ultimi decenni in alcune zone montane sono stati piantumate distese di pini, che in verità non appartengono alla vegetazione locale. Sono presenti inoltre piante coltivate come viti, gelsi, meli, pruni, fichi, albicocchi, peri, cachi ecc. Vi sono numerose specie di piante erbacee e fiori (alcuni protetti). Si pratica la caccia al capanno, quasi esclusivamente di uccelli, turdidi in particolare.

Prati e coltivi[modifica | modifica wikitesto]

I principali prati o terreni coltivati ora edificati sono le località: Tera Russa, Lagüsc, Crann a bass, Doss, Camp da Miro, Valicc, Zìgur, Crusett, Vigna da la Tur, Piazöra, Maj, Zoch dal merlo, Vigna, Vignöra, Ruassee, Murunera, La Pista, Curnaa, Pian da Mirabela, Pignascia, Nuell, Pè da Nepi, Gerascia, La Pietra, Cà növa, Gerett, Parisùn, Sota la strada da Preserp, Tumb, Campasc, Budracch, Caravazz, Doss di Sant.

Fonti di Gajum e altre fonti[modifica | modifica wikitesto]

«Questa amena e solitaria altura fa dimenticare la fatica della sua ascesa, mercé i variati e pittorici prospetti che di tratto in tratto presenta, fra' quali uno e forse il migliore è la fontana di Gajumo, in un bacino quasi circolare posto ai piedi del suddetto romitaggio.»

Le fonti da Gajum si trovano sul versante destro del Torrente Ravella, alla quota di m 485 s.l.m., al bivio delle strade che portano agli alp ed al Santuario di San Miro.

Mappa austriaca del 1887, è mappato lo sviluppo delle mulattiere che collegavano gli Alpeggi, il Cornizzolo è indicato come M. Pesora

Il nome delle "Fonti di Gajum" è italianizzato dal canzese Gaümm (dalla radice celtica ga=recipiente, pancione), che significa mallo, in quanto sopra la fontana era presente un grosso noce e i malli cadevano nella vasca. La fama della bontà di quest'acqua è così diffusa che di fronte alle fontanelle vi è sempre una fila di persone, provenienti da tutta la Brianza e dal milanese con bottiglie vuote e taniche da riempire; una ordinanza comunale limita a sei il numero di bottiglie riempibili consecutivamente. Secondo l'antica tradizione contadina, Gajum è la terza fonte più pregiata di Canzo.

Le Fonti di Gajum sono un classico punto di sosta e di ristoro per gli escursionisti da più di un secolo, tipici sono i tavoli ed i sedili in pietra, ancora esistenti nel luogo, e risalenti a quando queste fonti furono scoperte, dal punto di vista turistico durante l'Ottocento. Nel bosco, sopra le fonti, nei secoli scorsi venne eretta una Cappella dedicata alla Madonna Addolorata (Madòna di Sètt Dulùr), ben conservata.

Negli anni sessanta fu creata, da alcuni canzesi una società per imbottigliare l'acqua della fonte; questa società venne poi assorbita dalla Bognanco, ed ora l'impianto, non più attivo.. Una piccola parte dell'acqua di Gajum è immessa nell'acquedotto comunale ed un'altra parte è condotta fino ad una fontana interna nel giardino di Villa Meda.

Nel territorio canzese sono presenti molte altre sorgenti: ogni alp fu costruita in corrispondenza di una o più fonti, necessarie per la vita dell'alp; altre sorgenti sono presenti nella valle di Pesora e presso l'eremo di San Miro, oltre che in altri luoghi meno accessibili lungo i versanti della Val Ravella. Per l'abbondanza d'acqua, anche rispetto ai paesi circostanti, sono presenti in paese molte fontanelle pubbliche di acqua potabile, e ancor più ce n'erano in passato. Per quanto riguarda la sacralità delle fonti, vedere il paragrafo sui culti plurimillenari.

Lago del Segrino[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Lago del Segrino.

Il lago, di origine glaciale, situato in una stretta valle tra i monti Cornizzolo e Scioscia, ha una tipica forma allungata (1.800 m in senso nord-sud, per una larghezza massima di 200 m). Le sue acque, poco profonde, sono di color verde intenso e purissime, in quanto tutte le sorgenti sono sotterranee: è un'area verde protetta. Si ritiene che il suo nome derivi dal latino Fons Sacer, ossia Fonte Sacra, trasformatosi col tempo in Sacrinum e quindi Segrìn (in dialetto locale). È famoso per la qualità delle sue acque e per la sua felice e tranquilla posizione, che ispirò numerosi scrittori dell'Ottocento. Per l'origine della sacralità del luogo, vedere il paragrafo sui culti plurimillenari.

Gli Alp[modifica | modifica wikitesto]

Primm Alp.
Fonte d'acqua e lavello in pietra al Primm Alp.

Gli alp sono frazioni montane, abitate un tempo tutto l'anno, che potevano ospitare fino a cento contadini ciascuno, con numerosi capi da allevamento. Vi si praticava un'agricoltura montana, che richiedeva prati, campi e boschi puliti, per evitare il rimboschimento e assicurare la necessaria esposizione al sole, atta a contrastare il clima rigido. Essi sono costituiti da un unico blocco abitativo, imperniato sulla curt, a cui si aggiungono talvolta altri piccoli edifici, quali i casèj e le ghiacciaie, per la conservazione degli alimenti.

I più importanti alp si trovano lungo la strada acciottolata che dalle "Fonti di Gajum" sale verso la "Colma", lungo il versante destro della Val Ravella, e sono chiamati col numerale secondo la disposizione lungo l'itinerario:

  • Primo Alpe (Primm Alp), detto anche Alpe Grasso (Alp Grass) per la sua fertilità, a quota 720 m. L'Alp venne abbandonato negli anni cinquanta dalle famiglie che storicamente vi abitavano, quando la sua area venne inglobata nella Riserva dei Corni di Canzo e venne gestita dal Corpo forestale dello Stato, che organizzò parte del prato sottostante come vivaio di piante. A seguito del trasferimento di competenze al servizio forestale regionale, l'edificio principale venne ristrutturato preservandone i tipici lineamenti architettonici originari, ed è dato in gestione ad una cooperativa di educazione ambientale, contiene un piccolo museo naturalistico:[30] il "Museo didattico riserva Sasso Malascarpa", con esposti campioni della fauna, geologia, paleontologia e botanica della riserva naturale dell'area, funge da ostello per queste attività educative e per volontari ecologici. Un muro esterno è stato attrezzato come palestra artificiale di arrampicata. Vi è un giardino botanico; da qui parte un sentiero, arricchito da sculture di legno.
  • Secondo Alpe (Segùnt Alp), detto anche Alpe Betulli o Alpe del Sole (Alp dal Suu), perché ben esposto al sole, a quota 790 m. Vi nacque san Miro, ma fu abbattuto e abbandonato negli cinquanta e vi sono stati condotti degli scavi che hanno permesso di individuare la planimetria degli antichi fabbricati. Quando i lavori saranno completati, verranno allestiti un punto di ritrovo culturale e alcuni campi coltivati a cura delle associazioni canzesi.
  • Terz'Alpe (Terz Alp), detto anche Alpe Piotti, a quota 793 m. Si trova alla base della salita per i Corni di Canzo, ed all'incrocio con i sentieri (percorribili anche in bicicletta) che collegano la Val Ravella con la Colma e il Cornizzolo. Fino a pochissimo tempo fa vi si proseguiva la tradizione degli alp, era abitato permanentemente tutto l'anno, con un piccolo pascolo di mucche; inoltre durante i fine settimana fungeva da trattoria e punto di ristoro per gli escursionisti.

Alpeggi minori sono l’Alpètt e l’Alp a vòlt ubicati a mezzacosta del monte Cornizzolo, lungo il versante che dà sulla Ravella, abbandonati da tempo e quindi con le parti in muratura in rovina.

I Corni di Canzo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Corni di Canzo.
I Corni di Canzo.

I Corni di Canzo, in lingua locale Còrni o Curunghèj o Colonghej, sono tre cime rocciose, di cui due sono più visibili (Curunghelùn e Curunghelìn), aventi la forma di corna. Il corno più alto raggiunge i 1371 m s.l.m. Sono meta prediletta degli escursionisti e in alcuni tratti ci sono delle ferrate; è presente il rifugio SEV. Alle pendici dei Corni sono collocati i tre alp maggiori di Canzo. A valle scorre il torrente Ravella.

Il Cornizzolo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Cornizzolo.
Cima del monte Cornizzolo.

Questa montagna, in lingua locale Curnisciöö, 1241 metri s.l.m., è sormontata da una croce, opera dei mastri fabbri di Canzo. A circa 1100 m vi sono il rifugio Marisa Consiglieri e la Cappella degli Alpini. La presenza millenaria di innumerevoli luoghi di culto la rendono montagna sacra. Sono presenti diversi alp su tutti i versanti, mentre sul lato di Civate vi sono edifici rustici chiamati "casotte". Di notevole interesse storico-architettonico è l'Abbazia di San Pietro al Monte e il sottostante Oratorio di San Benedetto, dell'XI secolo in stile romanico. La montagna è molto conosciuta dai ciclisti e dagli appassionati di deltaplano e parapendio.

Sentieri e strade montane[modifica | modifica wikitesto]

Tra i principali sentieri, quelli che si dipartono dalle Fonti di Gajum sono numerati e segnalati tramite i cartelli del CAI: il Sentiero 1 conduce a Pianezzo (1.225 m), con rifugio SEV, attraverso 1º, 2º e 3º Alpe, mentre il Sentiero 5 continua sino alla colletta dei Corni di Canzo; il Sentiero 2 conduce al 3º Alpe facendo tappa all'eremo di San Miro; il Sentiero 3 va preso al Lazzaretto, poco distante da Gajum, e conduce al Cornizzolo, con rifugio Consiglieri, passando per la Val di Pesora, mentre il Sentiero 4 fa proseguire fino a Pianezzo; il Sentiero 6 coincide in parte con il sentiero geologico e attraverso San Miro e Alpe Alto può condurre sia al Terz'Alpe sia alla cima del Cornizzolo; il Sentiero 7 è invece il sentiero diretto per il Cornizzolo. Si segnalano inoltre la Via Ferrata del Corno occidentale, il Sentiero dello Spaccasassi, il Sentiero del Repossino, il Senterùn (conduce all'Alpe di Carella), il Sentee di Budracch o Budrachèra (collega Caravaggio al Lago del Segrino attraverso il belvedere e il funtanìn con i gradoni costruiti dagli Alpini), il Sentiero di Scioscia (conduce alla cascina Inarca).

Parco Barni[modifica | modifica wikitesto]

Società[modifica | modifica wikitesto]

«Arriviamo infine a Canzo, una delle mète desiderate del viaggio. [...] Qui tutta la famiglia, e anche gli amici, partecipano con una cordialità, un affetto che mi richiamano sensibilmente i bei tempi della Grecia, in cui l’ospitalità era così in vigore e così in onore. Vi ho fatto notare che, allorché questa brava gente parte dall’estero per ritornare nella sua patria, tutti i compatrioti ne sono preavvisati; che le raccomandazioni, i complimenti, gli abbracci, le lettere giungono in quantità e con calore: quando essi arrivano, tutti quanti li fermano per sapere come stanno loro e tutti i parenti, gli amici, i compagni. Questa sollecitudine, questa accoglienza, questa specie di concorso e di chiasso formano uno spettacolo dei più accattivanti: le donne, specialmente, non hanno braccio abbastanza grande, né cuore abbastanza vasto per la capacità dei loro sentimenti.»

Istruzione[modifica | modifica wikitesto]

Nel paese sono presenti tre scuole: La Scuola dell'Infanzia Arcellazzi, la Scuola Primaria Guglielmo Marconi e la Scuola Secondaria di Primo Grado Filippo Turati.

Evoluzione demografica[modifica | modifica wikitesto]

Demografia preunitaria[modifica | modifica wikitesto]

Secondo il Dizionario geografico storico statistico di tutte le provincie, distretti, comuni e frazioni della Lombardia, del Fabi, stampato nel 1855, il quel periodo il paese aveva 1820 abitanti, aumentati a 2108 (1028 maschi e 1080 femmine) nel 1857[31].

Demografia dal 1861[modifica | modifica wikitesto]

Abitanti censiti[32]

Dal censimento avvenuto nel 1862 risultavano 2083 abitanti di cui 1002 maschi e 1081 femmine[31].

Il decremento della popolazione a cavallo di fine secolo XIX ed inizio secolo XX può essere attribuito ad emigrazione, per esempio tabelle del periodo[33] riportano una emigrazione di 24 persone nel 1904 e 43 persone nel 1905.

L'incremento demografico a partire dagli anni cinquanta, che ha sfiorato il raddoppio della popolazione in 50 anni, è riconducibile agli effetti di una natalità sempre elevata, alla netta riduzione della mortalità infantile, all'aumento della speranza di vita e dall'altra parte da un costante fenomeno immigratorio verso Canzo.

Se negli anni cinquanta e sessanta il flusso migratorio fu indotto dal boom economico con la conseguente richiesta di manodopera dal Mezzogiorno, successivamente lo sviluppo urbanistico, generando un incremento nell'offerta abitativa, ha attirato molti nativi brianzoli, meneghini e valassinesi.

A partire dall'ultimo decennio del secolo scorso, anche Canzo è stata interessata dal fenomeno dell'immigrazione da Paesi più poveri, in parte stimolata dalla richiesta, da parte delle piccole industrie locali, di manodopera a basso costo e non qualificata.

Lingua e dialetti[modifica | modifica wikitesto]

Il dialetto canzese è un dialetto occidentale della lingua lombarda, ed è per questo avvicinabile ad altri dialetti della Brianza, al Milanese e al Comasco. Si stima sia parlato da circa 2.000 persone del paese.

Nel canzese, invece della nasalizzazione vocalica del milanese, si presenta la nasale velare (ad esempio [kăŋ] anziché [kã] per "cane"); sempre in confronto al milanese, i suoni consonantici tenuti sono vietati in parola, ad eccezione della zeta sorda intervocalica; è assente il suono intermedio z~s (si conserva la z originaria); le consonanti finali sono sempre inequivocabilmente sorde (ad esempio giaalt anziché giald); la v è sempre di suono molto debole; si presentano inoltre, rare volte, suoni intermedi a~è, a~o, i~ü, é~i, ó~u; molto spesso, le sillabe chiuse da elle e rette dalla vocale a cambiano quest'ultima in ò, che atonica si riduce a u; sono notevoli i fenomeni di assimilazione o adattamento, dati dall'incontro di due parole. Rispetto agli altri dialetti brianzoli, ha una più ampia varietà di registri, da quelli più legati alla vita contadina a quelli più sofisticati.

Lessico[modifica | modifica wikitesto]

Il lessico è in parte comune agli altri dialetti brianzoli e in parte originale; rispetto al milanese moderno, conserva maggiormente il lessico arcaico ed è meno contaminato dall'italiano.

Religione[modifica | modifica wikitesto]

Organizzazione ecclesiastica[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Vicariato foraneo di Canzo.

La parrocchia prepositurale di Canzo ha sede presso la basilica prepositurale plebana di Santo Stefano protomartire. Il titolo prepositurale fu concesso nel 1899 quando 21 aprile papa Leone XIII, con decreto ad perpetuam memoriam, dichiarò che i parroci di Canzo sarebbero divenuti prevosti pro tempore sed non ad personam legando perciò il titolo alla sede; nel 1906 il cardinale Ferrari istituì il vicariato foraneo di Canzo (1906-1971), comprendente le parrocchie di Caslino d'Erba, Castelmarte, Corneno, Galliano, Longone e Proserpio andando a confermare quelle parrocchie che già de facto costituivano una pieve con città capopieve in Canzo sin dalla costituzione della Corte di Casale[34]. Il prevosto è solitamente accompagnato da un sacerdote coadiutore, particolarmente dedito alla pastorale giovanile e oratoriale.

L'oratorio (Sacro Cuore), costituito dalle due sedi di via Sombico (ex oratorio maschile) e di via Rimembranze (ex oratorio femminile), è retto dal coadiutore, responsabile della pastorale giovanile del decanato, mentre l'oasi monastica di San Francesco è curata da un sacerdote contemplativo. In via Sombico hanno sede le Suore di Carità delle sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa dette di Maria Bambina, addette alla pastorale parrocchiale, mentre in via Risorgimento vi è la casa di preghiera delle suore Serve di Gesù Cristo.

La prepositura di Canzo appartiene al decanato di Asso-Canzo (del quale è la parrocchia più popolosa), della Zona Pastorale III di Lecco dell'Arcidiocesi di Milano. Si segue il rito ambrosiano.

Il parroco di Canzo, in quanto prevosto (dal 1899), ha diritto a portare[35] la talare marezzata con mozzetta paonazza con filettatura e bottoni cremisi, la croce pettorale con cordone giallo e la ferula (di cui sono conservati tre esemplari), mentre la cappa magna paonazza con filettatura cremisi, sebbene sia stata abolita, viene utilizzata a discrezione del prevosto (sovrastata dalla mozzetta). Nel giorno del suo ingresso, oltre a portare la ferula (solo se in presenza di un Vescovo altrimenti il Vicario gliela consegna dopo averlo nominato prevosto-parroco; Essa è simbolo dell'autorità e della guida pastorale della comunità) vestiva con rocchetto con contromaniche rosse, doppia mantellina paonazza bordata cremisi, cappamagna sovrastata dalla mozzetta e croce pettorale con cordone giallo. La berretta è marezzata e a scelta con fiocco nero o paonazzo, il saturno è damascato. Il diritto allo stemma araldico è stato soppresso. In quanto decano, è delegato ad amministrare nel decanato la Cresima a nome del Vescovo. Per questo scopo può indossare la mitria bianca semplice e la croce pettorale con cordone giallo. Il prevosto di Canzo, secondo il decreto di papa Leone XIII[35], dopo cinque anni di permanenza nel suo mandato acquisisce de facto il titolo di monsignore con la possibilità di vestire gli abiti del Prelato d'onore di Sua Santità.

Canzo e I promessi sposi[modifica | modifica wikitesto]

La suocera di Manzoni, Marianna Meda, era canzese[36], e per questo motivo la famiglia, oltre ai parenti residenti nella seicentesca Villa Meda di Canzo, aveva una villa di vacanze nelle zone del canzese e frequentava anche altre ville di amici nella stessa zona. Questo luogo era non lontano dalla città di origine dello stesso Manzoni, Lecco, dove egli avrebbe ambientato il suo romanzo, e preservava di quegli ambienti alcuni aspetti di rustica arcaicità che Lecco, «borgata che si avviava a diventar città»[37], stava perdendo. Per questo egli trasse molta ispirazione da quei luoghi e dalle leggende che la gente del posto tramandava. Alcuni particolari del romanzo risentono di questa atmosfera, come la storica presenza dei frati francescani e alcune allusioni alla vita di san Miro, come il suo discendere al paese «a placar le discordie ed a sradicare gli scandali»[38], come fa padre Cristoforo, l'importanza data agli attraversamenti dei fiumi e la visione della pioggia come evento soprannaturale.

Manzoni certamente conosceva il poderoso lavoro di ricerca storica su san Miro curato nel secolo precedente dal padre Giuseppe Maria Stampa, lontano parente di sua moglie e soprattutto illustre membro della Congregazione somasca, presso la quale Manzoni aveva svolto tutto il cursus formativo. Riportiamo i passaggi più salienti dell'incipit di questa opera, per mostrare l'evidente influsso sul processo ispirativo dei Promessi Sposi:

«Quella parte di Lombardia che verso il settentrione sollevasi [...] e si stende fin sotto ai monti, che formano una catena tra Como e Lecco, [...] bagnata da larghi fiumi, che serpeggiando fra quelle valli vi stagnano, e formano molti laghi...»

La dipendenza dell'incipit dei Promessi Sposi da questo testo è resa palese dal confronto di questi con la versione del Fermo e Lucia: attraverso un'osservazione sinottica è chiaramente visibile infatti un processo di progressivo allontanamento dal modello verso un'elaborazione sempre più personale[39].

Dall'universo canzese Manzoni ha anche preso gli elementi fondamentali dell'umanità del suo protagonista, Renzo, sviluppando una figura canzese tra lo storico e il leggendario, il Murnerin, legata proprio al periodo spagnolo. La leggenda in questione tratta di una vicenda di jus primae noctis, nella quale il fidanzato della vittima reagisce eroicamente uccidendo lo spagnolo sopraffattore attraverso un travestimento. Alcuni particolari secondari confermano la sovrapposizione Murnerin-Renzo: anche il Murnerin è «un artigianello»[40], e soprattutto la sua strategia - il presentarsi al castello di sera al posto della fidanzata attesa, con un travestimento, per poter avvicinarsi alla sua vittima - nasce dagli stessi ragionamenti di Renzo: non sarebbe potuto entrare nel palazzaccio se fosse stato riconosciuto, ma non sarebbe potuto entrare neanche se non fosse stato riconosciuto come persona nota e attesa:

«Renzo era un giovine pacifico e alieno dal sangue, un giovine schietto e nemico d'ogni insidia; ma, in que' momenti, il suo cuore non batteva che per l'omicidio, la sua mente non era occupata che a fantasticare un tradimento. Avrebbe voluto correre alla casa di don Rodrigo, afferrarlo per il collo, e... ma gli veniva in mente ch'era come una fortezza, guarnita di bravi al di dentro, e guardata al di fuori; che i soli amici e servitori ben conosciuti v'entravan liberamente, senza essere squadrati da capo a piedi; che un artigianello sconosciuto non vi potrebb'entrare senza un esame, e ch'egli sopra tutto... egli vi sarebbe forse troppo conosciuto»

Questo è il personaggio puramente umano presente in Renzo, ma superato dalla grazia divina, che lo rende attore di una vicenda più edificante il cui sapiente regista è la Provvidenza:

«Si rammentò degli ultimi ricordi de' suoi parenti, si rammentò di Dio, della Madonna e de' santi, pensò alla consolazione che aveva tente volte provata di trovarsi senza delitti, all'orrore che aveva tante volte provato al racconto d'un omicidio; e si risvegliò da quel sogno di sangue, con ispavento, con rimorso, e insieme con una specie di gioia di non aver fatto altro che immaginare»

Tradizioni e folclore[modifica | modifica wikitesto]

Alla tradizione di Canzo appartiene innanzitutto la cultura contadina, con colture caratteristiche ormai prevalentemente abbandonate: granoturco, viti, gelsi, castagni ecc. Inoltre furono fiorenti a Canzo le attività inerenti all'estrazione e alla lavorazione del ferro e la tessitura: in una prima fase, il ferro era estratto per la produzione di armi e la tessitura produceva stoffe di lana; in seguito, in epoche diverse, queste attività si trasformarono rispettivamente nella lavorazione delle forbici e nella filatura della seta. Notevole nel passato anche la produzione di carbone di legna.

Costume tipico[modifica | modifica wikitesto]

La raggiera femminile, chiamata Sperada, composta da gügiùn, spadinn e cügiaritt.

Il costume tipico femminile corrisponde all'abito delle grandi occasioni delle donne brianzole nella sua forma ottocentesca. Essenzialmente si tratta di gonna e busto marroni con grembiule, scialle e camicetta bianchi, oltre a una raggiera di spadine traforate d'argento per tenere i capelli raccolti (uno spillone [gügiùn/spüntùn] con due pomi ovali caratterizza le ragazze da marito, che fidanzandosi aggiungono la serie a raggiera di spilloni [cügiaritt] e spadine traforate e uno spillone centrale dopo il matrimonio [spadinn]), agli zoccoli ecc.

Il costume tipico maschile lascia più concessioni al vestiario ottocentesco di tutti i giorni, poiché l'abito elegante maschile si era ormai quasi uniformato allo stile comune europeo. Un abito più semplice e quotidiano può essere composto da pantaloni (anche alla zuava) e panciotto solitamente marroni in fustagno o velluto rigato, da una camicia bianca o a quadri, da zoccoli in legno con fascia di cuoio, da un cappello di feltro. Un vestito più elegante e ricco può avere una cravattina o un fiocco, la camicia può essere ornata da merletti, si possono usare delle scarpe scure, un orologio da tasca con la catenella, una giacchetta. Altri elementi aggiuntivi possono essere un foulard (solitamente su fondo rosso), il mantello nero di lana pesante impermeabile (tabaar), una penna o dei fiori sul lato del cappello, una sciarpa di lana ecc.

Le calze, la sciarpa, il foulard, il fiocco ecc. sono solitamente rossi, in quanto considerato il colore più festoso. Esistono numerose varianti a seconda della festa, della stagione, dello strato sociale e della professione (ad esempio il colletto del murnée è senza risvolto, il gilet dell'alpée è nero).

Istituzioni, enti e associazioni[modifica | modifica wikitesto]

In paese sono presenti numerose associazioni: le principali, segnalate dal sito ufficiale del Comune sono 29. Il Comune organizza degli incontri per coordinare l'azione delle associazioni e favorirne la sinergia. Tra di esse emergono, oltre all'oratorio e alle altre organizzazioni parrocchiali, le associazioni musicali, corali, bandistiche, folcloristiche e teatrali, quelle d'arma, quelle mutualistiche, le naturalistiche, le politiche, quelle per anziani, di dibattito culturale, quelle sportive, atletiche, escursionistiche, di caccia e di pesca. Le più antiche per anno di fondazione sono la Società di Mutuo Soccorso (metà Ottocento), il Gruppo Alpini Canzo (fondato nel 1924 e rifondato, dopo la guerra, nel 1953) e l'Associazione Cacciatori (1935 circa).

Nel 2014 Canzo è risultata al 7º posto fra i comuni italiani come qualità di vita sotto il profilo delle attività personali, al 12º posto sotto il profilo della partecipazione alla vita politica e al 13º secondo l'indice di sicurezza. Nello stesso contesto risultò l'unico comune della provincia di Como - insieme ad Appiano Gentile - ad apparire nella lista dei 100 borghi più felici d'Italia (classifica generale)[41]. Incrociando i dati, emerge inoltre che Canzo è il miglior borgo montano d'Italia quanto a coinvolgimento nella vita civile e amministrativa, e al tempo stesso il più adatto per gli hobby legati alla montagna.

Cultura[modifica | modifica wikitesto]

Musei e mostre[modifica | modifica wikitesto]

L'intero territorio di Canzo fa parte del museo diffuso Ecomuseo del distretto dei monti e dei laghi briantei, avviato nel 2002[42] e riconosciuto dalla Regione Lombardia con D.G.R. n. 354 del 4 luglio 2013[43]. In particolare, sono siti museali a cielo aperto la Val Ravella, il sentiero geologico, la riserva della Mascherpa e il monte Cornizzolo, la cui pregiata croce in ferro battuto, visibile anche da lontano, è opera dei maestri ferraioli di Canzo, mentre nel patrimonio immateriale dell'ecomuseo sono annoverati Nocciolini e Vespetrò e l'evento annuale della Giubiana.

Periodicamente Canzo ospita numerose mostre di fotografia, arti figurative e mestieri, organizzate dall'Assessorato alla Cultura e da varie associazioni culturali presso numerose sedi storiche. Inoltre, nella comunale Villa Meda è presente una Mostra permanente di pittura, grafica e scultura, mentre presso il Primm Alp ha sede il museo naturalistico Museo didattico riserva Sasso Malascarpa, con campioni di flora e fauna e un giardino botanico.

Nel 2011, inoltre, è nato l'Archivio Fotografico Canzo, con lo scopo di raccogliere la memoria storica fotografica del paese, grazie al contributo dei suoi cittadini e delle persone legate alla storia di Canzo. All'attivo una mostra presso la Biblioteca Comunale dal titolo: "Di chi si tratta? Dei Canzés". Archivio in continua evoluzione e arricchimento, adatto a coadiuvare le diverse realtà, in primis culturali, del borgo[44].

Musica[modifica | modifica wikitesto]

Associazioni musicali sono: il Centro Musicale Canzo (CMC - Biscroma onlus), presso il quale si tengono corsi di vari strumenti e dal quale è nata una nuova banda, composta da giovani e aperta a generi moderni ("Amici in banda"); l'Associazione "M° Carlo & Maria Colombo" con coro, orchestra e corpo musicale; il Coro Alpini di Canzo, di alto livello artistico[45], dedito soprattutto a concerti di beneficenza; la Corale parrocchiale e il coretto "Santo Stefano".

Molto sentito è il canto popolare, che si esprime nelle tradizionali forme lombarde; è tendenzialmente polifonico, con testi in lombardo, italiano o in altre lingue; la voce può essere accompagnata da strumenti quali la fisarmonica. Un'altra forma musicale tipica di queste zone è il canto ambrosiano, utilizzato in alcune solennità, monodico (cfr. Cantus Firmus) e basato su diatonia e antifonia. Nel canto alpino e in altri canti tipici, vi è la prevalenza assoluta dell'a cappella.

Cucina[modifica | modifica wikitesto]

Sacchetto dei Nocciolini di Canzo
  • Nocciolini di Canzo: piccoli dolci simili all'amaretto secco, a base di farina di nocciole, con l'aggiunta di albumi montati, zucchero e aromi particolari, in vendita in alcune pasticcerie del paese. La produzione più celebre è quella Citterio, della cosiddetta "Fabbrica dei Nocciolini". Sono riconosciuti come prodotto agroalimentare tradizionale dalla Regione Lombardia.
  • Vespetrò: liquore a ricetta segreta, di origine savoiarda, brevettato dal canzese Scannagatta. È stato prodotto fino agli anni sessanta-settanta, venduto in tipiche bottiglie strette ed allungate. La produzione di questo liquore (con coriandolo ed altre erbe), diffuso e rinomato in passato, trova testimonianza nelle guide Baedeker di inizio Ottocento, che lo indicano come soggetto di rilevanza per il paese; è ricominciata la sua produzione.
  • Pulénta e lacc: polenta bollente in latte freddo, preparata specialmente presso gli alp ed i rifugi. La polenta tipica della zona è gialla e solida.
  • Témpia cui sciger: tempia di maiale con i ceci, cucinata un tempo in tutte le botteghe del paese in occasione del Dì di Mòrt (Commemorazione dei Defunti).
  • Funghi trifolati: tipica di Canzo secondo il manuale Vecchia Brianza in cucina[46].
  • Tordi arrosto, Uccellini con la polenta e Poccen de salsa e fongs secch (intingolo di salsa di pomodoro e funghi secchi): sempre secondo il manuale citato.
  • Coq-au-vin e Boeuf-à-la-mode (stracotto di manzo): ricette portate a Canzo da Stendhal.

Eventi[modifica | modifica wikitesto]

Giubiana da Canz[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Giubiana.

«E sicome la stabiliss la leg 40 dal '868
che dopo 'l process gh'è la luganega e 'l risott,
la sentenza a la fin la pò vess pronunziada:
la Giubiana, stasira, ca la sia brusada!»

La Giubiana è una tradizione brianzola e piemontese consistente nel mettere al rogo il pupazzo di una vecchia che rappresenta i mali dell'inverno e dell'anno trascorso. La festa si svolge l'ultimo giovedì di gennaio. Al rogo segue una cena di risotto con salsiccia (lügànega), e vin brülé.

Il significato della manifestazione è quello di un rito propiziatorio che consiste principalmente nella coesione conviviale (risotto e vin brulé) della comunità attorno ad un simbolo (falò), nella pubblica denuncia dei mali passati (processo) e nella meditazione morale (dramma allegorico). Si presenta quindi come un sacrificio spirituale che richiama simbolicamente la Messa e che riunisce la comunità, benché in modo profano, secondo uno stesso spirito cristiano, che emana dalle parole e dal vigore civile della manifestazione.

A Canzo la celebrazione è particolarmente articolata, essendo presenti il processo in canzese con la sentenza dei Regiuu, ovvero gli anziani autorevoli del paese, e altri personaggi simbolici e tradizionali, quali la fata acquatica Anguana (proveniente dal Cèpp da l'Angua), l'Òmm Selvadech (cioè "uomo selvatico", personaggio della mitologia alpina; abita il Cimìn da Ténura), l'Urzu ("orso", che esce dalla tana alla Cròta dal Bavèsc, simbolo della forza istintiva che deve essere domata) e il Casciadùr ("cacciatore", che doma e fa ballare l'orso), il Bòja ("boia" che rappresenta la condanna del male), i Cilòstar (cioè "coloro che reggono i candelabri", incappucciati, che simboleggiano la luce che vince il Male), i Bun e i Gramm ("buoni e maligni", bambini vestiti di bianco e di nero, tinti in volto, che con il suono delle campanelle e con il rumore delle latte invitano le forze del bene e scacciano il maligno), l'Aucatt di caus pèrs (l'avvocato delle cause perse, quello venuto dal foro di Milano per difendere la Giubiana), il Barbanégra (l'indovino), gli Scarenèj (i rappresentanti della vicina campagna di Scarenna, legata storicamente con i contadini canzesi), le Strij picitt (le streghe che fanno paura ai bambini), la Cumàr da la Cuntrada (che legge il testamento della Giubiana), i Diauj da la bèla vus (diavoli che cantano l'ode alla Giubiana), i Pumpiér (i pompieri in bicicletta, in costume storico e con la pompa dell'Ottocento), il Pastùr (il rappresentante in maschera del mestiere pastorizio; suona il corno), l'Alpée (abitante dell'alp; trasporta le corna di caprone), i Buschiröö (maschera del boscaiolo), il Carètt di paisàn ("carretto dei contadini"), il Traìn (lo "slittone" con le fascine), ed altri ancora, che percorrono in processione con il popolo parte del centro storico. La festa è arricchita da vestiti tradizionali e da suggestivi addobbi, tra cui la gamba russa (cioè "rossa") e i paramenti a lutto, com'è anche la musica dei tamburi, della banda e dei baghèt. I nuclei importanti sono il dramma allegorico in piazza, il processo e il momento del falò; inoltre, nella mattina prima della manifestazione vi è la ricerca e la cattura della Giubiana da parte dei bambini, cui viene offerta in premio la cioccolata. L'atmosfera è di forte sacralità e festosità, grazie al simbolismo, di origine celtica e cristiana, presente in tutta la manifestazione.

Carnevale e Quaresima[modifica | modifica wikitesto]

Nel rito ambrosiano il calcolo dei giorni di Quaresima viene effettuato contando anche le domeniche, portando così i giorni quaresimali feriali a 36, pari alla decima dei giorni dell'anno. Perciò comincia quattro giorni dopo rispetto al rito romano, e questo provoca l'allungamento del carnevale sino al sabato e lo spostamento dell'imposizione delle ceneri alla domenica. Il culmine delle manifestazioni carnevalesche non è quindi il martedì grasso ma il sabato di Carnevale, quando si svolgono sfilate in maschera, composte da singoli partecipanti e da associazioni.

Cargà i alp[modifica | modifica wikitesto]

Ogni anno, in corrispondenza dell'antica festa celtica di Bealtaine, è ripercorso un originale (ma allo stesso tempo antico) itinerario fra i monti di Canzo, rievocante l'antichissima usanza del cargà i alp (ovvero la transumanza verso gli alpeggi), che avveniva in queste zone fino alla metà del Novecento. Il viaggio, che dura tutta la giornata, termina con una cena didattica al Terz Alp.

Macc[modifica | modifica wikitesto]

Festa primaverile dei ragazzi di leva, che portano in paese dai boschi la Pianta dal Macc ("pianta del maggio"), un abete rosso (péscia) e, dopo averlo privato delle fronde ad eccezione della cima, e decorato con nastri colorati, lo installano in una piazzetta. Quindi il tronco viene marchiato con il numero dell'anno della classe e vi si issa un pupazzo (rampeghìn), rappresentante la gioventù che si arrampica e sale. La festa, di origine celtica, è presente in varie forme anche in altri luoghi d'Italia, dove viene chiamato "albero della cuccagna" o "calendimaggio", e d'Europa, come in Spagna, dove viene chiamato Mayo (o cucaña). Il nome, in entrambi i casi, corrisponde a quello del mese di maggio.

Festa del Sole - Festa di Òman[modifica | modifica wikitesto]

La Festa del Sole di Mezza Estate ha origini antichissime, celtiche e poi romane, ed è assimilabile ad altre feste estive come il Ferragosto (che a Canzo si festeggiava la prima domenica d'agosto). Il suo nome celtico è Lughnasadh, cioè festa in onore del dio Lugh, signore del sole, paragonabile con il Sol Invictus; si celebra in una giornata nei dintorni del solstizio d'estate. Viene sovrapposta alla tradizionale Festa di Òman, estintasi cent'anni or sono, in cui si celebrava la mascolinità, legata sempre ad immagini di forza e fertilità proprie del sole. Lo stesso sole che fecondava le messi alpine: dunque si coglie l'occasione per ricordare anche l'importanza della coltura montana nell'economia-tradizione agricola d'un tempo, simboleggiata dall'alp e dal suo , simbolo della cultura patriarcale e del saggio e stabile rapporto dell'uomo con la natura. Dalla Festa di Òman deriva l'uso di legare un fiocchetto rosso alla patta degli uomini e di decorare con nastri e fiocchi colorati cappelli ed altro. Si sale in corteo da Gajum al Prim'Alpe, dove si svolgono giochi (da fòrza e da malizia), refezioni tradizionali, canti, riti simbolici, tra cui il suono del corno del pastore, la s'ciupetada, la lettura dell'Ode al Rè di Alp.

Fera di üsei[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di una fiera internazionale degli uccelli e della caccia, tenuta in una giornata di domenica d'agosto nel "campo di Miro". Comprende un mercato di oggetti venatori e da pesca, la vendita di uccelli, cani e animali da cortile, concorsi e mostre canine e dimostrazioni e gare di chioccolo, tiro con carabina, falconeria e lancio di piccioni viaggiatori. Nel parco Barni di prima mattina, si svolge una gara di canto per uccelli, con premi divisi per specie. Nacque nella forma attuale nel 1963 ed ha fatto da modello a numerose manifestazioni del genere nei paesi circostanti.

Biofera[modifica | modifica wikitesto]

Vista di un cortile di Villa Meda durante la Biofera.

Il secondo fine settimana di settembre, nei cortili ed interni di Villa Meda, si svolge la Biofera, una fiera mercato nella quale artigiani, agricoltori e trasformatori, selezionati accuratamente, presentano i loro manufatti ed i prodotti di agricoltura biologica, sono presenti esposizioni di terapie, farmaci e rimedi di medicina alternativa. Contemporaneamente si tengono conferenze sui temi del rapporto uomo-natura e altri settori conducono il visitatore alla riscoperta di usanze e conoscenze tradizionali. In questa fiera sono confluiti anche elementi della vecchia Festa di Nost, con danze, concerti, canzoni, laboratori, esercizi, degustazioni guidate, ritualità, dimostrazioni, teatro, divertimenti per bambini e competizioni tipiche, legate alla tradizione celtica. In quanto fiera della cultura biologica, essa è tra le più importanti in Italia, assieme alla Fierucola di Firenze ed alla fiera biologica di Trieste.

Castagnate[modifica | modifica wikitesto]

Castagne.

Come è tipico in tutta la Lombardia, a Canzo si svolgono le "castagnate", ovvero manifestazioni di diverso genere in cui ci riunisce per mangiare prevalentemente caldarroste (biröll). La principale è la castagnata alpina, organizzata dal gruppo Alpini di Canzo.

Natale[modifica | modifica wikitesto]

Oltre alla presenza di suonatori girovaghi di pive, baghèt e pifferi, accompagnati dal cafè dal pügnatìn (un tipico caffè speziato) e dalla distribuzione dei ceppi di Natale, contribuiscono alla creazione di un'atmosfera natalizia altre iniziative, quali convivi a base di trippa in minestrone (büsechìn da la vigilia) da parte di alcune associazioni (Alpini, Cumpagnia di Nost, Cacciatori), e la messa natalizia in aurora (Mèssa Prima), con la lettura del Vangelo in canzese.

Festa patronale e fiera di santo Stefano[modifica | modifica wikitesto]

Nel giorno del santo (26 dicembre) si tiene una processione solenne e, come da tradizione brianzola, si brucia un pallone bianco appeso al soffitto della chiesa durante la messa principale delle ore 10:30. In via Rimembranze e nel piazzale Giovanni XXIII si svolge la fiera di Santo Stefano, che ha sempre attirato compratori e curiosi da tutta la Brianza. Nel periodo natalizio, in concomitanza con la festa patronale, vi sono a Canzo le giostre e il circo sulla piazza del mercato, un tempo in piazza della chiesa.

Mercati periodici[modifica | modifica wikitesto]

Il normale mercato settimanale si svolge ogni mercoledì sulla piazza Giovanni XXIII (in passato si teneva nella piazza della chiesa e nel portico antico), come avveniva almeno dal secolo XIX[47]. Inoltre si fa mercato il 26 dicembre, festa patronale di Santo Stefano. D'estate, di domenica, nel Parco Barni, vi è il mercato domenicale (detto strasc e besasc), abbinato alla "Piccola Bagutta"[48].

Video Festival di Canzo[modifica | modifica wikitesto]

Presso il Teatro Sociale, si svolge la rassegna competitiva per cortometraggi, organizzata dalla Provincia di Como, dalla Comunità Montana del Triangolo Lariano, dal Comune, dalla Pro Loco e dalla Biblioteca di Canzo. È una manifestazione tra le più prestigiose del suo genere, con una giuria di grande qualità. Sotto l'organizzazione di Mauro Antonelli è arrivato alla XV edizione e, dopo gli spostamenti da settembre a novembre e dicembre, per motivi economici, nel 2007, l'evento non ha avuto luogo.

Geografia antropica[modifica | modifica wikitesto]

La struttura del paese[modifica | modifica wikitesto]

«Canzo ha belle vie e pulite, ricchezza d'acque e fontane, caffè, teatro, musica.»

Le montagne fanno da corona al paese; i quattro punti cardinali corrispondono a quattro acque e a quattro venti: la sorgente del torrente Ravella e l'Ariasc di Alp ad est, il lago del Segrino e la Bréva dal Segrin a sud, il fiume Lambro e la Bréva da Caslin ad ovest, la cascata della Vallategna e il Véent dal San Prim a nord.

Canzo fa parte della triade dei borghi della montagna lombarda dove la qualità della vita è più alta. Gli altri due componenti della triade sono Iseo (sull'omonimo lago) e Colico (collocato allo sbocco dell'Adda superiore nel Lago di Como). Nel calcolo (Sole24Ore 2014[49]) si è tenuto conto di diversi parametri: condizioni di vita materiali, istruzione e cultura, partecipazione alla vita politica, rapporti sociali, dell'indice di sicurezza, della cura dell'ambiente, del livello di attività personali e del parametro salute.

Inizialmente il paese si sviluppò lungo il versante destro del torrente Ravella, più elevato rispetto al versante sinistro, e quindi meno a rischio di essere alluvionato dalle piene del torrente; al contempo i terreni pianeggianti, più favorevoli ad un utilizzo agricolo venivano preservati come tali. In seguito l'incremento della popolazione portò ad estendere le zone abitative riducendo via via la superficie dei terreni agricoli. A partire dal XIX secolo vennero inoltre costruite ville eleganti per la villeggiatura, spesso con vasti giardini e parchi annessi. A partire dalla metà del XX secolo sono sorti nuovi quartieri residenziali, modificando totalmente l'urbanistica del paese, con un forte sviluppo edilizio verso la piana alluvionale del torrente Ravella e la sua confluenza con il fiume Lambro. Il centro storico è composto da ampi cortili, detti curt,[50] e da "contrade", vie e vicoli, in passato pavimentate con acciottolato, spesso sostituito dal porfido. Nelle facciate degli edifici del centro, sono frequenti delle strisce decorative nella parte alta (come pure in molte ville) e tinteggiature di ocra gialla. I principali toponimi del centro storico sono:

  • Cuntrada da Casàrch: dall'unione delle parole canzesi cà(s)=casa e arch=arco, poiché gli ingressi dei cortili di questa contrada[51] sono quasi tutti ad arco, o forse dal latino Casearium, per la produzione di formaggio. Assimilabile, come origine toponomastica, al nome del paese di Casargo (LC). Corrisponde all'odierna via monsignor Longoni.
  • Cuntrada da Sumbìch: dall'unione delle parole latine summ[um]=elevato e vic[um]=borgo, poiché anticamente vi era presente una frazione in posizione sopraelevata rispetto al paese. Corrisponde all'odierna via Sombico. Assimilabile, come origine toponomastica, ai nomi dei paesi di Sonvigo (BZ), di Sonvico (Svizzera) e di Sovico (MI). Al cipilöö da san Ròcch vi è un bivio: a sinistra si giunge alla Tur (Torre) di Canzo e poi nelle località Castèll e Valicc; a destra si prosegue nella contrada e si imbocca la salita per Gaümm, dopo essersi unita con la contrada Lünaa in località Maj (Maglio).
  • Cuntrada da Lünaa: dalla radice celtica lun[k]=palude col suffisso locativo ate, poiché anticamente il corso del torrente Ravella, non ancora ben arginato, straripava in questa contrada. Corrisponde all'odierna via Lunate. Assimilabile, come origine toponomastica, ai nomi dei paesi di Lonate Ceppino e Lonate Pozzolo (VA).
  • Cuntrada da San Mirètt: è più recente delle tre precedenti contrade, e termina nella Bergamasca; prende infatti il nome dalla chiesa da San Mirètt, con cui si intende la chiesa di San Francesco, utilizzando un diminutivo del secondo santo dedicatario (il beato Miro Paredi da Canzo) per differenziarla dal santuario da San Mir.
  • Cuntrada dal Murnerìn, più recente, prende il nome da un fatto fra lo storico e il leggendario, trasmesso per tradizione orale dai canzesi. Corrisponde all'odierna via Mornerino, che collega Mèzz Canz alla Cuntrada dal Cuèrc.
  • Cuntrada dal Cuèrc, anche questa più recente, prende il nome dal Cuèrc, antico portico, sede del consiglio degli anziani canzesi in epoca comunale. Nei secoli il Cuèrc si è ridotto fino a diventare semplicemente una fontana coperta dipinta. Qui san Miro avrebbe salutato la popolazione prima di andare in eremitaggio, esaudendo miracolosamente il desiderio di pioggia. Corrisponde all'odierna via Risorgimento.
  • Pretòri: anticamente vicolo del palazzo del Pretorio, sede del prefetto e delle carceri.
  • Portacinés: tratto di incontro fra Mèzz Canz, le contrade di Sumbìch e Casàrch, marginalmente di Lünaa e con Turèta. Pur essendo molto ristretto, è presente una fontana e un tempo anche un'osteria. Il nome sembra essere un'abbreviazione di Pòrta Ticinés ("Porta Ticinese"), forse per similitudine con quella di Milano.
  • Turèta: prosegue pressoché parallela a Mèzz Canz, e prende il nome da una piccola torretta, forse parte dell'antico castello di Canzo, collocato qui prima che fosse trasferito nell'odierna località Castèll ("Castello", appunto).
  • La stréncia: significa "la stretta" ed indica il vicolo, stretto ma attivo commercialmente, che collega la Piaza da la gésa a Mèzz Canz giungendo nella fine di Turèta. Ha un tratto più largo, l'odierno vicolo Santo Stefano, ed un tratto strettissimo fra due case, parzialmente coperto.
  • Bergamasca: termine canzese usato per indicare una zona abitata al di là della Ravella, sulla sponda sinistra, rispetto al primo nucleo del centro storico, paragonandola alla Bergamasca, zona al di là dell'Adda, che rispetto al ducato di Milano era terra straniera. Corrisponde alle odierne vie: Caravaggio, Martiri della Libertà, piazza S. Francesco, inizio via Gajum.
  • Caravazz: parte della Bergamasca che conduce dalla Piazèta da San Mirètt alle campagne in direzione del Lago del Segrino. Prende nome dalla cappelletta della Madonna di Caravaggio presente all'incrocio con le odierne vie Verdi e Martiri della Libertà. Corrisponde all'odierna via Caravaggio.
  • Mèzz Canz: termine canzese usato per indicare il centro sociale e commerciale del paese di un tempo, ove si incontravano le tre contrade più antiche (Casargh, Sumbich, Lunaa) con quelle di origine medioevale (Murnerin, San Mirètt, Cuèrc); non è il centro geometrico dell'abitato di Canzo. Corrisponde all'odierna via Meda (esclusi Villa Meda e il tratto anticamente noto come Portacinés - v. sopra).
  • Via Granda: indica semplicemente la strada principale del paese dal punto di vista viario, in quanto è quella che sfiora il centro storico collegandolo agli altri paesi (ossia è la strada provinciale per la Valassina). Corrisponde all'odierna via Mazzini, e collega la Piaza dal munümént alla Piaza da la gésa. Lungo questa via si trova il palazzo del Comune.
  • Via di Giüdée: significa "degli Ebrei" ed è l'odierna via Orlandi.
  • Piaza: è la "Piazza" per antonomasia. Spesso si sottointente da la gésa ("della chiesa"): è infatti sede della basilica prepositurale di Santo Stefano, con vicino l'antico portico del mercato, dove si tiene il processo alla Giubiana.
  • Piaza dal munümént, ovvero "Piazza del monumento", per il monumento ai caduti canzesi della prima guerra mondiale. Con questa dicitura si differenzia dalla Piaza da la gésa. È l'odierna Piazza Garibaldi.
  • Piazèta: diminutivo di Piaza, è la Piaza da San Mirètt, ovvero l'odierna Piazza San Francesco.

Persone legate a Canzo[modifica | modifica wikitesto]

Infrastrutture e trasporti[modifica | modifica wikitesto]

Il paese è punto terminale della linea ferroviaria di proprietà regionale Milano-Canzo/Asso, gestita dal Gruppo FNM.

La stazione maggiore di Canzo all'arrivo di un treno storico.

Sul territorio comunale, sono presenti due stazioni:

I servizi di trasporto pubblico sono completati da linee dirette di autobus per Como, Erba, Bellagio, oltre a numerose linee indirette. Le strade principali sono la provinciale verso la Valassina (Strada di Niguarda) e la SP 40 (Arosio - Canzo) verso la Brianza meridionale attraverso Erba.

Le stazioni ferroviarie[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Stazione di Canzo e Stazione di Canzo-Asso.

Nel territorio comunale sorgono due stazioni della ferrovia Milano-Asso: quella di Canzo, denominata anche Canzo Sud, e quella di Canzo-Asso o Canzo Nord, che serve anche il comune di Asso. Entrambe entrarono in funzione all'inaugurazione della linea il 15 giugno 1922[52].

Sport[modifica | modifica wikitesto]

Impianti sportivi[modifica | modifica wikitesto]

In località Nuèll è presente lo "Sporting", con un bar, uno stadio da calcio e alcuni campi da tennis, utilizzati anche per serate danzanti. Dall'altro lato vi è un altro stadio da calcio, con annesse piste di atletica e ampie tribune, a cui si può accedere dal primo stadio tramite un passaggio sopraelevato. Il complesso viene denominato "Stadio di San Miro", dove gioca la locale U.S. Canzese, che ha avuto il merito di toccare la serie C2. Inoltre vengono ancora utilizzati i quattro campi da gioco del vecchio oratorio maschile in località Filatòj. Non esiste più il tennis in località Castèll.

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dato Istat - Popolazione residente al 31 marzo 2017.
  2. ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
  3. ^ Col significato di "spigolo". Giacché il primo insediamento conosciuto è sulle pendici del monte Cornizzolo, è possibile che inizialmente si riferisse ad esso (vd. ted. Kantzel=pulpito, Kante=spigolo > it. cantone, cantonata; vd. ing. Kent) oppure alla posizione topografica dell'insediamento, collocato in un angolo della piana d'Incino difeso dal monte Scioscia.
  4. ^ Già un secolo prima, l'insieme di questi comuni è indicato con il nome di Squadra di Canzo.
  5. ^ Pievi di Oggiono, Missaglia, Garlate, Brivio, Agliate (comuni a est del fiume Lambro), Squadre di Nibionno e dei Mauri.
  6. ^ V. Longoni, La piccola repubblica del Monte di Brianza, in "Brianze", n. 2, settembre-ottobre 1998, pp.39-42, cit. in F. Pirovano, D. F. Ronzoni, Uomini, animali, santi nella cultura popolare di Brianza, Bellavite 2001.
  7. ^ Il nome di Brianza, nei secoli successivi, avrà successo nella lingua corrente, venendo ad estendere il proprio significato a pressoché tutto il territorio de Medio del Contado della Martesana.
  8. ^ A Canzo, in località la Tampa al Runcaöö si trovano ancora i resti di una miniera di ferro, che allora permise l'indipendenza siderurgica del Ducato di Milano.
  9. ^ Stralciato del "Decreto di concessione dello stemma" da parte del Presidente della Repubblica, datato 4 marzo 2002.
  10. ^ Antonio Fontana, Per la sacra funzione dell'entierro fatta nell'insigne borgo di Canzo, il venerdì Santo dell'anno 1812, Tipografia Carlantonio Ostinelli, 1812
  11. ^ Cfr. pag. 400 di Anna Giulia Cavagna, Le trame della moda,Bulzoni, 1995
  12. ^ Vedi pag. 109 di Massimo Fabi, Dizionario geografico storico statistico di tutte le provincie, distretti, comuni e frazioni della Lombardia, Tipografia Pirotta, 1855
  13. ^ I comuni soggetti a questo distretto erano: Asso, Barni, Caglio, Carella con Mariaga, Caslino, Cassina Mariaga, Boffalora, Molino della Rete, Morchiuso, Campolungo, Bindella e Caccarati, Castelmarte, Lasnigo, Longone, Magreglio, Onno, Pagnano con Gemù, Gallegno, Modrone, Brazzova, Fraino e Megna, Penzano con Vìgnarca, Cornelio e Galliano, Proserpio, Rezzago, Scardina, Sormanno con Decinisio, Valbrona, Visino. Come capoluogo era residenza d'un commissario superiore (Vedi pag. 109 di Massimo Fabi)
  14. ^ vedi A.Amati, 1868
  15. ^ Giuseppe Parini nell'Enciclopedia Italiana (1935)
  16. ^ È stata collocata sul lato destro del parchetto una "Berta" storica, ovvero un maglio a caduta libera per la fabbricazione delle forbici.
  17. ^ vedi G. Fontana, 2010
  18. ^ http://www.isc-como.org/Pagine/didattica/prog_memoria/alta_brianza.htm Progetto Memoria " Alta Brianza 1943 – 1945
  19. ^ Nato a Messina il 20 settembre 1907, partigiano nella brigata Gallo, della 43 Div. S. De Vitis ricerca di partigiani siciliani caduti in Alta Italia Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia
  20. ^ Già dai documenti del Duecento, la famiglia Prina compare come appartenente alle famiglie di Canzo (poi anche della Corte di Casale) e come affittuaria di fondi nel territorio di Canzo di proprietà dei Canonici del Duomo di Monza (manterrà gran parte di questi fondi fino a inizio Novecento). Una sua presenza in epoca antica è attestata pure a Castelmarte. Successivamente, si imparentò con i Crivelli, famiglia patrizia milanese detentrice di importanti incarichi nella Corte di Casale e nell'intera Brianza. Nel primo Novecento, Antonio Prina - nonno di Orlando - fu tra i fondatori, ad Asso, della Banca Vallassinese. Durante l'infanzia, Orlando Prina frequentò gli ambienti dell'alta società canzese, tra cui spiccano i Gavazzi.
  21. ^ Secondo una classifica del Sole24Ore (2014), Canzo è il borgo montano con la più alta partecipazione alla vita civica in Italia. Borghi felici
  22. ^ Atlante cartografico dell'artigianato, vol. 1, Roma, A.C.I., 1985, p. 14.
  23. ^ Voce "Coltelleria" su Enciclopedia Italiana Treccani (1931).
  24. ^ I Quaderni della Brianza n. 60 del 1988 di F. Cajani.
  25. ^ I progetti e i disegni del Cantoni sono presenti all'archivio storico di Bellinzona.
  26. ^ Le orfanelle dell'omonimo istituto milanese, equivalente femminile dei Martinitt.
  27. ^ Le vicende storiche del Teatro sono state ricostruite e pubblicate in Canzo e il suo Teatro – 170 anni di storia di Severino Colombo - Comune di Canzo 1998 Ristampa 2006
  28. ^ Cfr. Relazione dei giurati dell'Esposizione italiana 1861, classi 13-24, pp. 19, 27, 34-35 ecc.
  29. ^ I "massi erratici", o trovanti, sono tipici del Triangolo lariano. Talvolta sulla superficie di queste o di altre rocce sono presenti delle "coppelle" artificiali, cioè scavature utilizzate nei riti primitivi di epoca celtica e preceltica. Quando i massi erratici sono completamente scavati, con funzione tombale, prendono il nome di "massi avelli".
  30. ^ gestito dall'ERSAF: Ente Regionale per i Servizi all'Agricoltura e Foreste - Regione Lombardia
  31. ^ a b Cfr. pag 337, A.Amati, 1868
  32. ^ Statistiche I.Stat ISTAT  URL consultato in data 28-12-2012.
    Nota bene: il dato del 2021 si riferisce al dato del censimento permanente al 31 dicembre di quell'anno. Fonte: Popolazione residente per territorio - serie storica, su esploradati.censimentopopolazione.istat.it.
  33. ^ Direzione generale della statistica,Statistica della emigrazione italiana per l'estero,1906
  34. ^ Compartimento territoriale specificante le cassine; Risposte ai 45 quesiti, 1751; Comune di Cassina Mariaga e comune di Mariaga, cart. 3033; Indice delle pievi e comunità dello Stato di Milano, 1753; Editto portante il comparto territoriale dello Stato di Milano, 10 giugno 1757, ASMi, Codice Censuario, Milano, 1760; Editto portante il compartimento territoriale della Lombardia austriaca, 26 settembre 1786, ASMi.
  35. ^ a b Archivio prepositurale di Canzo, decreto di nomina prevosturale di Leone XIII (21/04/1899)
  36. ^ Questo nobile ramo della famiglia Meda (conti) era sicuramente presente a Canzo già almeno alla fine del Quattrocento.
  37. ^ Cfr. Promessi Sposi, cap. I.
  38. ^ G. M. Stampa, Atti del B. Miro, 1723.
  39. ^ G. Molon, San Miro 1381-1981, "Messaggio culturale", pp. 60-61.
  40. ^ Murnerin significa "piccolo mugnaio".
  41. ^ Classifica Borghi felici - Classifica Sole24Ore dei comuni italiani con più di 5.000 abitanti per qualità di vita (agosto 2014).
  42. ^ Ecomuseo del distretto dei monti e dei laghi briantei
  43. ^ Ecomuseo brianteo, dal sito della Provincia di Lecco
  44. ^ AFC Archivio Fotografico Canzo
  45. ^ Sito dell'Associazione Nazionale Alpini. Descrizione del Coro di Canzo
  46. ^ Vecchia Brianza in cucina, di Ottorina Perna Bozzi con introduzione da Stendhal. Giunti - Martello.
  47. ^ Vedi Fabi, 1855
  48. ^ Mostra di quadri all'aperto. Prende scherzosamente il nome dal Circolo di via Bagutta a Milano, dove si ritrovavano alcuni critici d'arte, dando poi vita al Premio Bagutta.
  49. ^ http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/ILSOLE24ORE/Online/_Oggetti_Correlati/Documenti/Notizie/2014/08/classifica-borghi-felici.pdf
  50. ^ Cortile entro il perimetro di uno o più fabbricati o quello attiguo alle case coloniche, che dà accesso alla casa stessa o alla stalla e in cui possono essere allevati gli animali domestici. Edificio singolo o complesso di edifici in cui sono ospitate diverse famiglie di agricoltori appartenenti alla stessa azienda o proprietari di aziende indipendenti.
  51. ^ In lombardo occidentale la parola cuntrada non è da intendere come quartiere, bensì come via rilevante di un centro.
  52. ^ P. Ceruti, La Vallassina nei Binari del Tempo, pag. 285

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Paolo Maria Sevesi, San Miro Paredi da Canzo Eremita del Terz'ordine serafico, Scuola tip. Istituto San Gaetano, Milano 1933, 1935, 52 p.
  • Alberto Rovi, Mario Longatti, Sorico, storia di acque, terre, uomini, Attilio Sampietro Editore, Menaggio 2005, 29 p.
  • Gabriele Fontana, La banda Carlo Pisacane. Carenno Erna Santa Brigida Corni di Canzo, NodoLibri, Como 2010
  • Amato Amati, Dizionario corografico dell'Italia, Vol II C-Ci, Vallardi Editore, 1868

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