Giancarlo Puecher Passavalli

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Giancarlo Puecher Passavalli

Giancarlo Puecher Passavalli (Milano, 23 agosto 1923Erba, 21 dicembre 1943) è stato un partigiano italiano decorato con la Medaglia d'oro al valor militare.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Figlio del notaio Giorgio Puecher Passavalli, appartenente a una benestante famiglia di origini nobili trentine[1], Giancarlo Puecher nacque a Milano nella casa di famiglia in via Broletto 39, che andò distrutta nel corso dei bombardamenti aerei del 15 agosto 1943[2]. Giovane dotato sia nello studio sia negli sport, frequentò il ginnasio al Parini e il liceo presso i gesuiti dell'Istituto Leone XIII[3].

Il padre, reduce interventista della prima guerra mondiale, dalle idee liberali in opposizione al totalitarismo fascista, fu per Giancarlo, con il suo esempio, una guida morale a un patriottismo di carattere antifascista. Rimase invece duramente colpito dalla morte dopo una lunga malattia della madre Anna Maria Gianelli, donna molto religiosa che lo educò ai valori cristiani, colei che più comprendeva lo spirito d'azione che animava Giancarlo e punto di riferimento emotivo per l'intera famiglia Puecher.

Frequentò la facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Milano, abbandonando però gli studi per arruolarsi volontario nel luglio 1943 nella Regia Aeronautica come allievo ufficiale pilota. Non riuscì però a completare l'addestramento e a essere incorporato nell'aviazione prima dell'8 settembre e dell'occupazione tedesca[4]. Con la famiglia era sfollato per la guerra nella villa di loro proprietà a Lambrugo, nei dintorni di Erba, che divenne centro di aiuto per sbandati in difficoltà, e luogo di confronto sulla situazione dell'Italia. Qui Giancarlo, dopo contatti con l'avvocato Luigi Meda[5], esponente dei cattolici democratici di Milano, e il prete Don Giovanni Strada, parroco di Ponte Lambro e iniziatore della resistenza erbese, che di Puecher è considerato il padre spirituale, riunirono un gruppo di giovani animati da spirito patriottico antitedesco e antifascista, che costituiranno il primo nucleo partigiano di Ponte Lambro[6], in origine dodici: assieme a Giancarlo Puecher, Felice Ballabio, Antonio Porro, Ilo Ratti, Rinaldo Zappa, Carlo Rossini, Felice Gerosa, Elvio Magni, Guido Porro, Dino Meroni, Mario Redaelli, morto nei giorni dell'insurrezione dell'aprile 1945, Grazioso Rigamonti e Alberto Todeschini, deportati e morti a Mauthausen. Agì inoltre a stretto contatto con Franco Fucci, ex alpino in Grecia passato nel fronte antifascista, altro comandante del gruppo di Ponte Lambro.

Il gruppo partigiano riunito intorno a Giancarlo Puecher fu il primo nella Resistenza brianzola a passare dalla fase cospirativa alla lotta armata, e trovò la sua attività principale nel rifornire i nuclei partigiani della vicina montagna, rivestendo un ruolo decisivo nello stringere i contatti tra i partigiani in montagna e quelli operanti in pianura. Le prime azioni si indirizzarono nel procurarsi mezzi di trasporto, riuscendo a ottenere un'Augusta, una Fiat, una Topolino rubata ai tedeschi e due camion, oltre che la benzina necessaria, confiscata dallo stesso Puecher ad alcuni "borsineristi". Riuscirono inoltre a recuperare alcuni cavalli e muli, che affidarono ai contadini di Lambrugo, e a rastrellare le armi necessarie al gruppo nella zona tra l'alta Brianza e il nord di Milano[7].

Già nel novembre 1943 il gruppo di Ponte Lambro aveva attuato un salto di qualità verso il combattimento e si segnalano per opera loro il sabotaggio alle linee telefoniche tedesche nella zona di Canzo e Asso, e un'azione di volantinaggio inneggiante alla libertà della patria il 4 novembre al monumento dei caduti di Erba. Attirata l'attenzione dei nascenti comandi partigiani milanesi, il gruppo partigiano di Puecher ricevette anche la visita di Leopoldo Gasparotto e di altri esponenti della resistenza lombarda, con l'intento di coordinare le loro azioni nel contesto generale della Resistenza lecchese.

La cattura di Giancarlo Puecher[modifica | modifica wikitesto]

La sera del 12 novembre 1943 Puecher insieme con l'amico Franco Fucci, provenienti da Milano dove erano stati per collegamenti col comando partigiano e per ricevere finanziamenti, si fermarono a Canzo, nella villa dove era sfollato l'ex deputato e consigliere nazionale del PNF Alessandro Gorini[8], che aveva mutato in senso democratico le sue idee politiche ed era disposto a finanziare l'attività clandestina antifascista[9]. I due ripartirono verso le 22.30 in bicicletta verso Ponte Lambro[10], ignari del coprifuoco e dell'istituzione di posti di blocco a seguito dell'uccisione a Erba, quello stesso pomeriggio, da parte di sconosciuti aggressori, di due fascisti: Ugo Pontiggia, centurione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e reduce della Campagna di Grecia, e un suo amico, Angelo Pozzoli[11].

Nei pressi di Lezza furono fermati da una pattuglia di tre militi della Repubblica Sociale Italiana. Alla richiesta di documenti i due ammisero di esserne sprovvisti, e fu loro comunicato che sarebbero stati portati in caserma per l'identificazione. Non potendo recarsi in caserma poiché in possesso di armi, dinamite e manifestini di propaganda antifascista, sfuggiti a una sommaria perquisizione, Fucci impugnò la pistola e tentò di esplodere un colpo contro uno dei militi ma l'arma si inceppò[12]. Il repubblichino rispose al fuoco, sparando a bruciapelo su Fucci che cadde a terra ferito al ventre. Fucci fu poi ricoverato in ospedale mentre Puecher fu condotto in caserma e arrestato. La stessa sera furono fermati e arrestati altri sette partigiani amici di Puecher, tra cui anche il padre, Giorgio Puecher.

Il processo e la condanna[modifica | modifica wikitesto]

Puecher restò in prigione fino alla metà di dicembre quando fu posto sotto processo e condannato a morte, nel quadro di una rappresaglia per una serie di uccisioni di fascisti. Il 18 dicembre 1943 a Milano fu infatti ucciso, nell’azione di uno dei primi nuclei dei Gruppi di Azione Patriottica, guidato da Egisto Rubini[13], il federale di Milano Aldo Resega, che rappresentava la corrente moderata in seno al Partito Fascista Repubblicano. Seguì la mattina del giorno successivo la fucilazione per rappresaglia di otto antifascisti presso l'Arena Civica.[14]. La stessa mattina del 20 dicembre un noto squadrista di Erba, Germano Frigerio, in partenza per Milano per partecipare ai funerali di Resega, fu ucciso nei pressi di un bar da un uomo che lo affrontò a rivoltellate[15]. I fascisti decisero pertanto di compiere una rappresaglia che prevedeva la fucilazione di trenta antifascisti, dieci per ogni fascista ucciso a Erba (Ugo Pontiggia, Angelo Pozzoli e Germano Frigerio). Non essendo custoditi nelle carceri un numero sufficiente di prigionieri il numero degli ostaggi da giustiziare fu inizialmente ridimensionato a sei.

Il tribunale che doveva formalizzare le condanne a morte fu istituito la notte del 20 dicembre nel Municipio di Erba e Puecher fu processato insieme con altri sette prigionieri (Giudici Luigi, Testori Vittorio, Testori Giulio, Grossi Rino, Cereda Giuseppe, Gottardi Ermanno e Gottardi Silvio). Il prefetto di Como, Francesco Scassellati Sforzolini, mise a presiedere il processo il tenente colonnello Biagio Sallusti, mutilato di guerra[16] e comandante del distretto militare[17]. Nel corso dell'interrogatorio Puecher Passavalli rivendicò orgogliosamente le proprie responsabilità: "Appartengo al vero esercito italiano" e ammise di aver partecipato a un'azione partigiana. Il questore presentava ai componenti del tribunale militare una lista con i nominativi dei prigionieri da condannare a morte, inizialmente quattro, poi ridotti a tre[15]. L'avvocato della difesa Gian Franco Beltramini, vista anche l'inconsistenza delle accuse[18], nel tentativo di impedire le condanne a morte concordò con Sallusti un ultimo contatto con il prefetto Scassellati[15] che portò a fissare il numero dei condannati a morte a uno solo, Giancarlo Puecher Passavalli. In seguito, nell'estate del 1944, Piero Pisenti, ministro guardasigilli dell'RSI, riconobbe la nullità del processo di Erba e l'arbitrarietà delle condanne, facendo liberare gli imputati incarcerati[19].

L'esecuzione[modifica | modifica wikitesto]

Puecher fu condannato a morte, dal tribunale presieduto da Sallusti, mediante fucilazione per aver "promosso, organizzato e comandato una banda armata di sbandati dell'ex esercito allo scopo di sovvertire le istituzioni dello stato"[15]. A Puecher fu concesso di scrivere una ultima lettera e di essere confessato[20]. Scrisse ai parenti:

«L'amavo troppo la mia Patria, non la tradite, e voi tutti giovani d'Italia seguite la mia via e avrete compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale. Perdono a coloro che mi giustiziano perché non sanno quello che fanno e non pensano che l'uccidersi tra fratelli non produrrà mai la concordia. I martiri convalidano la fede in una vera idea. Ho sempre creduto in Dio e perciò accetto la sua volontà.»

L'esecuzione avvenne la notte del 21 dicembre 1943 nel cimitero nuovo di Erba. Il cappellano presente, il frate cappuccino Fiorentino Bastaroli, raccontò che Puecher abbracciò uno per uno i suoi carnefici del plotone di esecuzione, dicendo loro di averli già perdonati, e morì gridando "viva l'Italia"[21]. Fucci, dopo il ricovero in ospedale, restò in prigione fino alla Liberazione, prima nel carcere di Como, poi di Vercelli e infine a San Vittore a Milano, da dove sarà liberato alla fine della guerra.

Il padre Giorgio fu liberato subito dopo l'esecuzione del figlio, ma arrestato nuovamente a inizio 1944 con l'accusa di opposizione politica e condotto al carcere milanese di San Vittore, dove subì torture e vessazioni al pari degli altri detenuti. Trasferito nel campo di prigionia di Fossoli fu in seguito deportato nel campo di concentramento di Mauthausen dove morì di stenti il 7 aprile 1945.

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Memoria di Giancarlo Puecher e di suo padre Giorgio in via Broletto, dove sorgeva la loro casa.

A lui è stata intitolata la brigata partigiana del CVL operante in Brianza, e il distaccamento della 52ª Brigata Garibaldi "Luigi Clerici" operante nell'Alto Lario, comandata da Pier Luigi Bellini delle Stelle che contribuirà all'arresto di Benito Mussolini a Dongo il 28 aprile 1945.

Il 26 ottobre 1945 gli è stata conferita la medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

L'Università degli Studi di Milano gli ha conferito nel 1946 la laurea honoris causa alla memoria.[22]

  • A Ponte Lambro gli è stata conferita il 21 marzo 2014 la "Cittadinanza Onoraria" e gli è stata intitolata la piazza principale.
  • A Lambrugo è stata conferita il 2 giugno 2014 la "Cittadinanza Onoraria" a lui e a suo padre Giorgio.[23]
  • A Milano gli sono stati intitolati una via di Gorla, un centro culturale, il Centro Comunitario Puecher, e una scuola secondaria di I grado.
  • A Erba gli è stata intitolata la scuola media statale.[24]
  • A Rho, il 28 giugno 1974 gli è stato intitolato l'Istituto Professionale di Stato per l'Industria e l'Artigianato.[25]
  • Numerose vie gli sono state intitolate in comuni del milanese e della Brianza.

Nei mesi della sua permanenza in carcere, scrisse una lettera i cui versi sono riportati al Museo Monumento del Deportato di Carpi: "I martiri convalidano la fede in una idea."

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Patriota di elevatissime idealità, scelse con ferma coscienza dal primo istante la via del rischio e del sacrificio. Subito dopo l’armistizio attrasse, organizzò, guidò un gruppo di giovani iniziando nella zona di Lambrugo, Ponte Lambro, il movimento clandestino di liberazione ed offrendo la sua casa come luogo di convegno. Con lo esempio personale fortificò nei compagni la fede nell’azione che essi dovevano più tardi proseguire in suo nome. Presente e primo in ogni impresa gettò nella lotta tutto se stesso prodigandovi le risorse di una mente evoluta e di un forte fisico, ed associando all’audacia un particolare spirito cavalleresco. Braccato dagli sgherri fascisti, insidiata la sicurezza della sua famiglia, non desistette. Incarcerato con numerosi suoi compagni e poi col padre, d’accordo con questi rifiutò la evasione per non allontanarsi dai compagni di fede e di sventura. Condannato a morte dopo sommario processo, volle essere animatore sino all’estremo, lasciando scritti di ardente amor patrio e di incitamento alla continuazione dell’opera intrapresa. Trasportato al luogo del supplizio, chiese di conoscere il nome dei suoi esecutori per ricordarli nelle preghiere di quell’aldilà in cui fermamente credeva, e tutti i presenti abbracciò e baciò, ad ognuno lasciando in memoria un oggetto personale, pronunciando parole nobilissime di perdono e rincuorando coloro che esitavano di fronte al delitto da compiere. Cadde a vent’anni da apostolo e da soldato, sublimando nella morte la multiforme e consapevole spiritualità che aveva contraddistinto la sua azione partigiana.»
— Erba, 9 settembre - 23 dicembre 1943[26][27]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Raimondo Giustozzi, Una lunga storia che collega Marche e Brianza, su La Voce delle Marche, 7 marzo 2018.
  2. ^ http://anpi-lissone.over-blog.com/article-18817526.html
  3. ^ http://www.brianzapopolare.it/sezioni/storia/puecher_1945/19451106_crippa_puecher_01.htm
  4. ^ Scheda di Giancarlo Puecher Passavalli sul sito dell'ANPI
  5. ^ Convegno 23 maggio (PDF), su precottonews.it, p. 3. URL consultato il 13 giugno 2019.
  6. ^ Giacomo de Antonellis, "Puecher, prima medaglia d'oro della Lombardia", su Storia illustrata n° 313, Dicembre 1983 pag. 61
  7. ^ Pietro Arienti, La Resistenza in Brianza: 1943-1945, Missaglia, Bellavite, 2006, pp. 44-45, ISBN 88-7511-062-X.
  8. ^ http://storia.camera.it/deputato/alessandro-gorini-18901227
  9. ^ Giacomo de Antonellis, "Puecher, prima medaglia d'oro della Lombardia", su Storia illustrata n° 313, Dicembre 1983 pag. 63
  10. ^ Pietro Arienti, La Resistenza in Brianza: 1943-1945, Missaglia, Bellavite, 2006, pp. 45-46, ISBN 88-7511-062-X.
  11. ^ Giacomo de Antonellis, "Puecher, prima medaglia d'oro della Lombardia", su Storia illustrata n° 313, Dicembre 1983 pag. 62
  12. ^ Giacomo de Antonellis, "Puecher, prima medaglia d'oro della Lombardia", su Storia illustrata n° 313, Dicembre 1983 pag. 61: Alle prime case di Erba, uno dei fermati faceva scivolare la mano sotto il maglione estraendone una pistola. L'arma però non rispondeva all'impulso del grilletto
  13. ^ Marco Grilli, “I Gruppi d’azione patriottica. La guerriglia urbana nella resistenza”, InStoria, n. 5 maggio 2008.
  14. ^ 'MI4345 – Topografia della Memoria'
  15. ^ a b c d Giacomo de Antonellis, "Puecher, prima medaglia d'oro della Lombardia", su Storia illustrata n° 313, Dicembre 1983 pag. 64
  16. ^ Roberto Festorazzi, San Donnino, cella 31, Simonelli Editore, 2016, p. PT67.
  17. ^ Giacomo de Antonellis, "Puecher, prima medaglia d'oro della Lombardia", su Storia illustrata n° 313, Dicembre 1983 pag. 64: "A presiedere il tribunale militare straordinario il prefetto metteva il comandante del Distretto, tenente col. Biagio Sallusti; altri sei militari completavano i ranghi"
  18. ^ Giacomo de Antonellis, "Puecher, prima medaglia d'oro della Lombardia", su Storia illustrata n° 313, Dicembre 1983 pag. 64: "Stupefacenti le accuse: al Giudici, per esempio, si rimproverava di aver esposto un ritratti di Matteotti nel lontano 1924; al grossi addirittura di aver dato ospitalità ad alcuni squadristi dopo il capovolgimento del 25 luglio; per il Cereda non si riusciva a imbastire una qualsiasi imputazione, se non quella generica di antifascismo."
  19. ^ Gianfranco Bianchi, Giancarlo Puecher a vent'anni, per la libertà, prefazione di Ferruccio Parri, Milano, Mondadori, 1965, p. 125.
  20. ^ 21 dicembre 1943. Le lettere di Giancarlo Puecher
  21. ^ Gianfranco Bianchi (a cura di), Dalla Resistenza, Provincia di Milano, 1975, p. 252, ISBN non esistente.
  22. ^ Gianfranco Bianchi (a cura di), Dalla Resistenza, Provincia di Milano, 1975, p. 254, ISBN non esistente.: "Il 17 novembre 1946, presso l'Università degli studi di Milano all'inaugurazione dell'Anno Accademico 1946-47, il Magnifico Rettore, prof. Felice Perussia, nel corso della sua relazione, ha proclamato dottori "honoris causa" gli studenti qui vitam, fato debitam, legibus, libertati, dignitatique Patriae reddiderunt. Tra essi, nella facoltà di lettere e filosofia, Casati Alfonso di Alessandro (medaglia d'oro alla memoria) e nella facoltà di giurisprudenza, Greppi Mario di Antonio (medaglia d'oro alla memoria) e Puecher Passavalli Giancarlo fu Giorgio (medaglia d'oro alla memoria)".
  23. ^ Anche il ministro Rognoni a Lambrugo per la cittadinanza ai Puecher | Erbanotizie: il quotidiano on line dell'Erbese, su erbanotizie.com. URL consultato il 5 gennaio 2016.
  24. ^ Sito della scuola G. Puecher di Erba, su scuolapuechererba.it. URL consultato il 5 luglio 2020 (archiviato dall'url originale il 20 novembre 2018).
  25. ^ IDENTITA' E STORIA, su puecherolivetti.edu.it. URL consultato il 12 luglio 2019.
  26. ^ dal sito della Presidenza della Repubblica, su quirinale.it.
  27. ^ Sito ANPI - scheda

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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