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François-René de Chateaubriand
Chateaubriand mentre medita sulle rovine di Roma (1809), dipinto di Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson (particolare)

Ministro degli esteri del Regno di Francia
Durata mandato14 dicembre 1821 –
6 giugno 1824
Capo di StatoLuigi XVIII di Francia
Carlo X di Francia
Capo del governoJoseph de Villèle

Durata mandato1815 –
1816
Capo del governoArmand Emmanuel du Plessis de Richelieu

Membro della Camera dei Pari
Durata mandato1815 –
7 agosto 1830

Dati generali
Partito politicoLegittimisti
Correnti:
Realisti moderati "costituzionali", 1814-1816;
Ultra-realisti, 1816-1824;
Liberali dottrinari, 1824-1830
Destra legittimista moderata, 1830-1848

Bonapartisti (solo periodo 1803-1804)
UniversitàAccademia militare
Professionediplomatico, scrittore
François-René de Chauteubriand
Chateaubriand nel 1828
1° visconte di Chateaubriand
Stemma
Stemma
In carica1814-1848
Predecessorecarica creata
SuccessoreGeoffroy-Louis de Chateaubriand
SepolturaTomba di Chateaubriand a Saint-Malo
PadreRené Auguste Chateaubriand, conte di Combourg
MadreApolline de Bedée
ConsorteCéleste Buisson de Lavigne
Religionecattolicesimo

«Noi siamo tuoi figli! Le tue idee, le tue passioni, i tuoi sogni non sono più solo i nostri, ma tu ci hai indicato la strada e seguiamo le tue tracce.»

Il visconte François-René de Chateaubriand ([fʁɑ̃swa ʁəne də ʃatobʁijɑ̃]; Saint-Malo, 4 settembre 1768Parigi, 4 luglio 1848) è stato uno scrittore, politico e diplomatico francese. È considerato il fondatore o il precursore del Romanticismo letterario francese.

Conservatore con tendenza al trasformismo ma fedele ai propri valori intimi, riguardo alla sua attività politica, pur avendo militato sempre per il fronte realista, spesso si descrisse come un «monarchico per tradizione, legittimista per onore, aristocratico per costumi, repubblicano per buon senso».[1]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Infanzia e prima giovinezza di Chateaubriand[modifica | modifica wikitesto]

Il visconte[2] François-René[3] de Chateaubriand nacque da un'antichissima famiglia aristocratica di Saint-Malo, che ritrovò la dignità di una volta grazie all'abilità imprenditoriale del padre René-Auguste, armatore e commerciante. Il piccolo François-René dovette vivere fino ai tre anni con un precettore, lontano dai suoi genitori. La riuscita economica di suo padre permise a quest'ultimo di acquistare il 3 maggio 1761 il castello e la Contea di Combourg in Bretagna,[4] nel quale il giovanissimo Chateaubriand si stabilì e trascorse un'infanzia e un'adolescenza spesso malinconiche, rotte soltanto dalle camminate nella campagna bretone e dall'intenso rapporto con la sorella Lucile (1764-1804).[5] Un giorno tentò anche il suicidio:

«Possedevo un fucile da caccia con il grilletto consumato che partiva spesso da solo. Caricai quel fucile con tre pallottole e mi recai in un angolo appartato... Misi il fucile in posizione di sparo, mi introdussi in bocca la punta della canna, battei il calcio per terra; reiterai più volte la prova: il colpo non partì; la comparsa di un guardiacaccia differì la mia decisione. Fatalista senza volerlo e senza saperlo, pensai che la mia ora non era ancora arrivata.»

Lucile de Chateaubriand nel 1797

Compì gli studi medi e liceali in alcuni istituti retti da religiosi a Dol-de-Bretagne e a Rennes. Il padre (morto nel 1786) sognava di fare di lui un ufficiale di marina, in seguito Chateaubriand meditò di prendere la carriera ecclesiastica, infine si lasciò convincere dal fratello Jean-Baptiste a intraprendere la vita militare. Arruolatosi, ottenne il brevetto di sottotenente di complemento nel reggimento di Navarra a diciassette anni, e poi di cadetto-gentiluomo a diciannove. Una volta congedato,[6] si trasferì a Parigi nel 1788, dove si legò a Jean-François de La Harpe, André Chénier, Jean-Pierre Louis de Fontanes e altri letterati dell'epoca, ed ebbe il suo esordio letterario scrivendo dei versi per l'Almanacco delle Muse. Subì l'influsso dell'opera di Corneille e di Rousseau.[5] Su impulso del fratello, viene nominato chierico laico e ordinato Cavaliere dell'Ordine di Malta l'11 settembre del 1789.[7]

Godette della protezione dell'influente giurista Guillaume-Chrétien de Lamoignon de Malesherbes, che era il nonno della moglie del fratello Jean-Baptiste, Aline Thérèse Le Peletier de Rosanbo. Era imparentato indirettamente anche con la famiglia del pensatore liberale Alexis de Tocqueville (nato nel 1805), nipote della cognata e di cui Jean-Baptiste de Chateaubriand era quindi zio acquisito, anche se postumo.[8] Durante gli ultimi mesi dell'Ancien Régime, Chateaubriand è a Parigi, e conosce il re Luigi XVI e vede la regina Maria Antonietta durante un'udienza privata a Versailles (30 giugno 1789), incontrandola in due occasioni.

L'esilio[modifica | modifica wikitesto]

In seguito alla presa della Bastiglia (14 luglio 1789), assiste con la sorella all'atto finale del linciaggio del controllore generale delle finanze Joseph Foullon de Doué e del genero Louis Bénigne François Bertier de Sauvigny (22 luglio):

«Quelle due teste, ed altre che incontrai poco dopo, cambiarono le mie tendenze politiche: ebbi in orrore tali orge di cannibali, e l'idea di abbandonare la Francia, per recarmi in qualche paese lontano, cominciò a germogliare dentro di me.»

Chateaubriand in un pastello di anonimo di fine XVIII secolo

Nella primavera del 1791, in piena Rivoluzione francese dalla quale all'inizio si era sentito attratto, si allontanò dalla Francia sfavorevolmente impressionato dagli eccessi popolari, e s'imbarcò per il Nuovo Mondo.[9]

Percorse per un anno le foreste dell'America del Nord, vivendo con gli autoctoni tra Canada e Stati Uniti, e abbozzando nei vari luoghi il suo poema dedicato ai Natchez. Trovava in questi paesaggi il riflesso del suo sentimento d'esilio e di solitudine. Grazie a una lettera di presentazione, poté incontrare George Washington a Filadelfia, benché il colloquio si fosse limitato a poco più di uno scambio di convenevoli.[10]

Rientrò dall'America agli inizi del 1792 e, dopo una breve permanenza in una Francia sempre più scossa dagli eventi rivoluzionari, raggiunse a Coblenza l'Esercito degli emigrati. Nel settembre 1792, ferito a una gamba durante l'assedio di Thionville, fu trasportato in cattive condizioni a Jersey. Questo episodio porrà fine alla sua breve esperienza nell'esercito degli emigrati. Al suo ritorno sposò Céleste Buisson de Lavigne, un'ereditiera bretone. Si trattò di un matrimonio combinato da una delle sorelle, Lucile, e i rapporti fra i due coniugi furono sempre conflittuali, soprattutto a causa dei ripetuti tradimenti di Chateaubriand.[5] Tra le principali amanti del poeta, Pauline de Beaumont (Mussy-sur-Seine, 1768 - Roma, 4 novembre 1803), e Juliette Récamier.

La moglie di Chateaubriand nel 1836

Con la proclamazione della Repubblica, ormai installatosi in Inghilterra per sfuggire alle leggi del Terrore che sanzionavano duramente gli emigrati, Chateaubriand visse a Londra in uno stato di perenne precarietà economica che lo costrinse a vivere di traduzioni e, in un secondo tempo, a insegnare in una scuola privata in un borgo del Suffolk, dove apprese la morte sul patibolo del fratello e della cognata, Jean-Baptiste e Aline Thérèse (23 e 22 marzo 1794). I suoceri del fratello furono ugualmente decapitati, e così l'ormai vecchio Malesherbes, che l'anno seguente era stato uno degli avvocati difensori del re Luigi XVI, ghigliottinato il 21 gennaio 1794. Le due sorelle e l'anziana madre di Chateaubriand furono addirittura messe agli arresti nel 1793 solo in quanto parenti stretti di un emigrato, e liberate dopo il colpo di Stato del 9 termidoro (27 luglio 1794). Solo due nipoti di Malesherbes, tra cui Louise Madeleine Le Peletier de Rosanbo (futura madre di Tocqueville) si salvarono in seguito alla caduta di Robespierre.[5] Chateaubriand disprezzava profondamente i rivoluzionari, e specialmente Jean-Paul Marat:

«Secondo l’ordine di questa gerarchia di bruttezza, apparivano, insieme ai fantasmi dei Sedici, una serie di teste di gorgoni. L’ex medico delle guardie del corpo del conte di Artois, l’aborto svizzero Marat, con i piedi nudi negli zoccoli o nelle scarpe ferrate, era il primo a perorare in virtù dei suoi incontestabili diritti... nella cerchia delle bestie feroci attente ai piedi del pulpito, aveva l’aria di una iena vestita. Fiutava i futuri affluvi del sangue; aspirava già l’incenso delle processioni di asini e di boia, nell’attesa del giorno in cui, cacciato dal club dei Giacobini come ladro, ateo, assassino, sarebbe stato scelto come ministro. Quando Marat era sceso dalla sua tribuna di tavole... non gli impedì di diventare il capo della moltitudine, di salire fino all’orologio dell’Hôtel de Ville, di suonare da là il segnale di un massacro generale, e di trionfare al tribunale rivoluzionario. Marat, come il peccatore di Milton, fu violato dalla morte[11]: Chénier ne fece l’apoteosi, David lo dipinse nel bagno rosso di sangue... In un cenotafio coperto di erba in place du Carrousel si poteva visitare il busto, la vasca da bagno, la lampada e lo scrittoio della divinità. Poi cambiò il vento: l’immondizia, versata dall’urna di agata in ben altro vaso, fu vuotata nella fogna.»

A Londra pubblicò nel 1797 la sua prima opera, Il Saggio sulle antiche e moderne rivoluzioni in rapporto alla Rivoluzione francese, in cui esprimeva delle idee politiche e religiose poco in armonia con quelle che professerà più tardi (l'opera è ancora intrisa di idee dell'illuminismo), ma in cui già rivelava il suo talento di scrittore.[5]

Ritorno in Francia e primi successi letterari[modifica | modifica wikitesto]

Chateaubriand a Coblenza presso l'accampamento dell'armata del duca d'Enghien, al tempo dell'esercito degli emigrati

«Sono diventato cristiano. Non ho per nulla ceduto, lo ammetto, a delle grandi forze soprannaturali; la mia convinzione è uscita dal mio cuore: ho pianto e ho creduto.»

Fu una lettera di sua madre in fin di vita (1798) a riavvicinarlo alla religione cattolica. L'aneddoto potrebbe essere stato costruito o esagerato per controbilanciarne un altro: la conversione all'ateismo (secondo Alessandro Verri) da parte del filosofo illuminista barone d'Holbach che sarebbe stata causata dalla morte della prima moglie. Entrambi aderiscono a un'idea allora estranea all'ambiente intellettuale prevalentemente deista.

In seguito al colpo di Stato del 18 brumaio attuato da Napoleone contro il Direttorio (novembre 1799), il clima politico francese si normalizza definitivamente. Grazie alla conoscenza dell'amico Fontanes con Luciano Bonaparte, viene depennato dalla lista degli emigrati e può beneficiare dell'amnistia per chi ha combattuto contro la Repubblica. Di ritorno in Francia nel maggio del 1800, redasse per qualche anno il Mercure de France insieme a Jean-Pierre Louis de Fontanes, e fece apparire in questa rivista, nel 1801, Atala, originale creazione letteraria che conserva echi della concezione rousseuiana del buon selvaggio, e che venne accolta nella generale ammirazione.[5]

Compose nello stesso periodo René, opera semi-autobiografica impregnata di una malinconia sognante, che diventerà un modello per gli scrittori romantici. In quest'opera, Chateaubriand evoca in modo appena velato il sentimento casto, ma violento e appassionato che ha provato per la sorella Lucile, che lo soprannominava «L'incantatore». Lucile, sposata nel 1796, morì a 40 anni nel 1804, probabilmente suicida.[12]

Il 14 aprile 1802, pubblicò il Genio del Cristianesimo, che aveva in parte scritto in Inghilterra, e di cui Atala e René erano all'origine degli episodi. Con quest'opera, ispirata dal pensiero di Blaise Pascal, orientò le ispirazioni religiose di molti suoi contemporanei non più verso un vago cristianesimo o deismo (come quello proposto da Rousseau, verso cui prova comunque ancora del rispetto come scrittore), ma verso la Chiesa cattolica, con i suoi dogmi, i suoi sacramenti e i suoi riti; si batteva contro l'idea illuminista che vedeva nel cristianesimo una forma di barbarie: secondo Chateaubriand esso era favorevole all'arte e alla poesia molto più del paganesimo celebrato dal neoclassicismo maggioritario. Lo scritto, apolologetico ma incentrato più sull'estetica e sul sentimento che sulla teologia (al proposito si limita a riprendere le proposizioni di Pascal) ebbe un grandissimo successo, benché l'autore stesso non se lo aspettasse.

«Frattanto terminavo il Génie du Christianisme... L’impero dei seguaci di Voltaire cacciò un grido e corse alle armi... che speranze potevo avere io, privo di fama e di sostenitori, di distruggere l’influenza di Voltaire che aveva innalzato l’enorme edificio terminato dagli enciclopedisti e consolidato da tutte le celebrità d’Europa? Come! I Diderot, i D'Alembert, i Duclos, i Dupuis, gli Helvétius, i Condorcet erano spiriti senza autorità? Come! Il mondo doveva tornare alla leggenda aurea, rinunciare all’ammirazione dovuta ai capolavori di scienza e di ragione? (...) Pubblicai il Génie du Christianisme tra le rovine dei nostri templi. (...) Quante famiglie mutilate dovevano cercare presso il Padre degli uomini i figli perduti! Quanti cuori spezzati, quante anime rimaste sole imploravano una mano divina per guarirli!»

«La ragione non ha mai asciugato una lacrima (...) la filosofia può riempire pagine di parole magnifiche, ma dubitiamo che gli sfortunati vengano ad appendere i loro vestiti al suo tempio.»

L'opera in realtà, sebbene intitolata Genio del Cristianesimo, più che sulla fede cristiana in generale, è imperniata filosoficamente sul solo cattolicesimo, infatti in essa lo scrittore non fa alcun riferimento alla chiesa ortodossa e accenna solo raramente al protestantesimo.[5] L'"estetismo" cristiano che permea l'opera fece dire all'amico filosofo reazionario Louis de Bonald - che nello stesso anno pubblicò la Legislazione primitiva, commentando lo scarso successo della propria opera rispetto al Genio - di aver "offerto la sua droga al naturale, mentre Chateaubriand l'ha offerta zuccherata".

Il 4 maggio 1803 Chateaubriand, che si era fatto apprezzare dall'entourage del Primo Console Napoleone Bonaparte (in particolare dalla sorella Elisa Bonaparte Baciocchi, nonché dallo stesso Napoleone che favorì in seguito al Concordato con la Chiesa la circolazione del Genio), fu designato perché affiancasse il ministro plenipotenziario cardinale Fesch, zio di Napoleone, a Roma in qualità di segretario di legazione. Restaurato il culto pubblico, Napoleone lo invitò a un ricevimento:

«Fui invitato perché avevo radunato le forze cristiane e le avevo fatte tornare alla carica. Ero nella galleria quando entrò Napoleone: mi colpì favorevolmente... Il suo sorriso era carezzevole e bello... Non aveva ancora nessuna ciarlataneria nello sguardo, niente di teatrale e di affettato. Il Génie du Christianisme, che all’epoca destava molto scalpore, aveva agito su Napoleone. Una prodigiosa immaginazione animava quel politico tanto freddo... Bonaparte mi scorse e mi riconobbe, non so da che cosa. Quando si diresse verso la mia persona, non si sapeva chi cercasse; le file si aprivano l’una dopo l’altra; ognuno sperava che il console si sarebbe fermato davanti a lui; egli pareva provare una certa impazienza di fronte a tali equivoci. Io sprofondavo dietro ai miei vicini; a un tratto Bonaparte alzò la voce e mi disse: «Monsieur de Chateaubriand»! Allora rimasi da solo alla vista, perché la folla si ritirò e in breve si riformò in cerchio intorno ai due interlocutori. Bonaparte mi rivolse la parola con semplicità: senza farmi complimenti, senza domande oziose, senza preamboli, mi parlò immediatamente dell’Egitto e degli Arabi, come se fossi stato in confidenza con lui ed egli si limitasse a continuare una conversazione già avviata tra noi. (...) «Il Cristianesimo? Gli ideologi non hanno forse voluto ridurlo a un sistema di astronomia? Se anche così fosse, credono di convincermi che il cristianesimo sia poca cosa? Se il cristianesimo è l’allegoria del movimento delle sfere, la geometria degli astri, gli atei hanno un bel dire, hanno pur sempre lasciato, loro malgrado, sufficiente grandezza all’infame». Bonaparte si allontanò seduta stante. Come a Giobbe, nella mia notte, uno spirito mi è passato davanti; i peli della mia carne si sono drizzati; è rimasto lì: non conosco il suo volto e ho udito la sua voce come un lieve soffio.»

A ottobre è a Firenze, dove presenzia al funerale del drammaturgo italiano Vittorio Alfieri, controrivoluzionario come lui. Nel gennaio del 1804 fu promosso plenipotenziario, ed ebbe l'incarico di rappresentare la Francia presso la Repubblica del Vallese. Lasciò quindi Roma per trasferirsi a Parigi in attesa di raggiungere la nuova destinazione, ma il 22 marzo 1804, venuto a conoscenza del rapimento seguito dall'esecuzione, per ordine di Bonaparte, del Duca d'Enghien (figlio di Luigi Enrico di Borbone-Condé e nipote del principe di Condé, ex comandante dell'esercito degli emigrati), presentò le sue dimissioni. Con una lettera al ministro delle Relazioni estere Talleyrand (ispiratore del complotto) Chateaubriand declinò l'incarico con il pretesto delle cattive condizioni di salute della moglie. Ma i reali motivi della rinuncia erano evidenti, e nella risposta il ministro fece sapere all'interessato dell'irritazione del Primo Console. Con atteggiamento di disgusto per l'assassinio del principe compiuto in spregio al diritto internazionale e con un processo sommario[13], nonché condannando la fredda realpolitik di Talleyrand, passò quindi tra gli oppositori dell'Impero proclamato lo stesso anno, tornando a sostenere attivamente i Borboni nel cui ritorno aveva sempre sperato.[5]

Il viaggio in Oriente[modifica | modifica wikitesto]

Itinéraire de Paris a Jérusalem et de Jérusalem a Paris, 1821. Da BEIC, biblioteca digitale

Chateaubriand immaginò il progetto di una epopea cristiana, in cui sarebbero stati presenti il paganesimo ormai agonizzante e la religione nascente; a questo proposito, egli stesso volle visitare i luoghi in cui avrebbe dovuto svolgersi l'azione, e nel corso del 1806 viaggiò attraverso la Grecia, l'Asia minore, la Palestina e l'Egitto. Nei primi mesi del 1807 attraversò la Spagna. Al suo ritorno in Francia acquistò, indebitandosi fino al collo, la Vallée-aux-loups (oggi sede del museo Chateaubriand), una piccola tenuta di campagna a Aulnay nel comune di Châtenay-Malabry, a venti chilometri da Parigi, dove redasse Les Martyrs, una sorta di epopea in prosa che fu pubblicata soltanto nel 1809.

Gli appunti che l'autore aveva raccolto durante il suo viaggio formarono la materia de L'Itinéraire de Paris à Jérusalem (L'Itinerario da Parigi a Gerusalemme) (1811). Lo stesso anno, Chateaubriand fu eletto membro dell'Académie française, al posto di Marie-Joseph Chénier; ma avendo severamente criticato, nel suo progetto per il discorso di ringraziamento, alcuni atti della Rivoluzione, non gli fu permesso di prendere possesso del suo posto; la carica gli fu effettivamente consegnata solo dopo la Restaurazione.[5]

Favori e disgrazia[modifica | modifica wikitesto]

Acquaforte di Chateaubriand

«L’idea fissa della grandezza, dell’antichità, della dignità, della maestà della propria stirpe, dava a Luigi XVIII una vera autorità. Se ne avvertiva l’imperio; gli stessi generali di Bonaparte lo ammettevano: erano più intimiditi al cospetto di quel vecchio impotente che davanti al terribile padrone che li aveva comandati in cento battaglie.»

Chateaubriand accolse con entusiasmo il ritorno dei Borboni: il 14 aprile 1814, aveva pubblicato contro l'ormai ex imperatore un virulento pamphlet, I Buonaparte e i Borboni (De Buonaparte et des Bourbons), di cui furono diffuse migliaia di copie, e che, a detta di Luigi XVIII, valse a quest'ultimo «più d'una battaglia vinta». Nominato ambasciatore in Svezia, non aveva ancora lasciato Parigi, quando Napoleone fece ritorno in Francia nel 1815. Durante i Cento giorni, Chateaubriand seguì Luigi XVIII a Gand, divenendo uno dei membri del suo gabinetto. In quell'occasione gli trasmise il celebre Rapport sur l'état de la France (Relazione sulle condizioni della Francia).[5] In quel periodo approvò la monarchia costituzionale scaturita dalla Carta francese del 1814, in quanto la monarchia assoluta gli appariva superata e occorreva «conservare l'opera politica che è scaturita dalla rivoluzione» e «costruire il governo rappresentativo sulla religione».

Il 9 luglio 1815, dopo la sconfitta del Bonaparte a Waterloo e la Seconda Restaurazione, Chateaubriand fu nominato ministro di Stato. Cercò di opporsi all'insediamento dell'ex giacobino e bonapartista Joseph Fouché come ministro (fu poi esiliato come regicida), l'autore della strage di Lione, mentre non poté allontanare Talleyrand, il grande trasformista, dal governo. Egli diede una famosa definizione dei due: "il vizio appoggiato al braccio del crimine".

«Tutt'a un tratto, la porta si apre: entra silenziosamente il vizio appoggiato al braccio del crimine, il signor di Talleyrand che procede sostenuto dal signor Fouché; la visione infernale passa lentamente davanti a me, penetra nell'ufficio del re e dispare. Fouché veniva a giurare fede e rispetto al suo signore: il fedele regicida, in ginocchio, mise le mani che fecero cadere la testa di Luigi XVI tra le mani del fratello del re martire; il vescovo apostata [Talleyrand, neo Ministro degli esteri, vescovo di Autun dal 1788 al 1791] garantì il giuramento.»

A gennaio dello stesso anno aveva assistito alla riesumazione dei resti di Maria Antonietta (che aveva incontrato personalmente), cosa da cui rimase fortemente impressionato:

«La regina gettandomi uno sguardo con un sorriso, mi fece quel saluto grazioso che mi aveva già fatto il giorno della mia presentazione. Non dimenticherò mai quello sguardo che doveva estinguersi [di lì a] poco. Maria Antonietta, sorridendo, disegnò così bene la forma della sua bocca, che il ricordo di quel sorriso (cosa orrenda) mi fece riconoscere la mascella della figlia del re, quando si scoprì la testa della infelice nelle esumazioni del 1815.»

Il successivo 17 agosto fu nominato anche pari di Francia; ma avendo attaccato, ne La Monarchie selon la Charte (La Monarchia secondo la Carta), l'ordinanza di Luigi XVIII del 5 settembre 1816 che smembrava la Camera introvabile (il re temeva l'influenza della maggioranza reazionaria nella Camera sul Terrore bianco legalizzato a cui voleva mettere fine per pacificare la Francia), cadde in disgrazia e perse la carica onorifica di ministro di Stato. Si buttò allora nell'opposizione ultra-realista del conte d'Artois, il fratello del re e futuro Carlo X, e divenne uno dei principali redattori del Conservatore, il più potente organo di questa fazione; pur non essendo mai stato un vero reazionario, e fu proprio lui a coniare il termine conservatorismo, in questo periodo appoggia nuovamente una svolta assolutista, più per avversione verso il gesto di Luigi XVIII che per reale convinzione. Sempre nel 1816 tenne un discorso alla Camera dei Pari dove sostenne che Luigi XVII, morto a 10 anni in prigionia nel 1795, potesse essere ancora vivo, invitandolo a prendere il trono a suo zio, se così fosse.[14]

Risale a quel periodo l'inizio (1817) della relazione sentimentale con Juliette Récamier, famosa salottiera dal 1795 e sua amica intima da molti anni sotto il Consolato e l'Impero, che durò fino alla fine dei suoi giorni. Chateaubriand ebbe durante la sua vite numerose relazioni extraconiugali (famosa anche quella giovanile con Pauline de Beaumont, morta a Roma nel 1803), più o meno all'insaputa della moglie con la quale convisse fino alla morte di quest'ultima nel 1847.[5]

Juliette Récamier nel 1805, particolare del ritratto eseguito da François Gérard
Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson, Ritratto di Chateaubriand (1808), uno dei due realizzati dal pittore

L'attentato e la morte del Duca di Berry, figlio secondogenito del conte d'Artois, il 14 febbraio 1820 per opera di un bonapartista, ebbero l'effetto di riavvicinarlo alla corte di Luigi XVIII. Nel settembre di quell'anno redasse le Mémoires, lettres et pièces authentiques touchant la vie et la mort de S. A. R. (le) duc de Berry e, il 30 novembre, fu nominato ministro plenipotenziario di Francia presso il Regno di Prussia. Il 1º maggio 1821 Luigi XVIII gli restituì la dignità di ministro di Stato e lo nominò cavaliere della Legion d'onore. Tuttavia, il successivo 30 luglio Chateaubriand si dimise dall'incarico di rappresentante diplomatico a Berlino per solidarietà nei confronti di Villèle, il quale aveva abbandonato il governo per disaccordi con il Primo ministro Armand-Emmanuel de Vignerot du Plessis de Richelieu. La caduta di quest'ultimo ebbe l'effetto di riportare in auge Chateaubriand, che il 21 dicembre 1821 fu nominato ambasciatore in Inghilterra. Nel corso del suo soggiorno nella città londinese lo chef dell'ambasciata di Francia sperimentò la cottura della parte del manzo che porta il suo nome (taglio Chateaubriand).[5]

Il ruolo politico di Chateaubriand fu particolarmente rilevante nella questione riguardante la restaurazione del potere assoluto di Ferdinando VII di Spagna e il rovesciamento del locale governo liberale. Chateaubriand, infatti, fu uno dei due plenipotenziari francesi che, al Congresso di Verona, ottennero il consenso delle potenze continentali (salvo l'Inghilterra, preoccupata di un ritorno di influenza spagnola in Sudamerica) alla spedizione di Spagna, di cui faceva parte anche Carlo Alberto di Savoia. Il 28 dicembre 1822, al suo rientro in Francia, ottenne il portafoglio di ministro degli Esteri. L'avventura spagnola si concluse con un successo grazie alla conquista di Cadice nel 1823; ma a causa di dissapori con il capo del governo Villèle, suo ex alleato, il 6 giugno 1824 fu rimosso brutalmente dall'incarico. Il pretesto fu il silenzio tenuto da Chateaubriand alla Camera dei Pari nel corso del dibattito sul disegno di legge governativo che prevedeva la conversione dei titoli di Stato. Il progetto, che stava molto a cuore a Luigi XVIII, fu respinto dalla camera alta, e questo suscitò l'irritazione del sovrano nei confronti del ministro degli Esteri.[15]

Passò subito nell'opposizione, ma stavolta per unirsi ai Dottrinari, e combatté a oltranza il ministero del suo ex alleato Villèle, sia dal suo scranno alla Camera dei Pari di Francia, sia dalle pagine del Journal des débats (Giornale dei dibattiti), in cui diede il segnale della defezione. Si mostrò a quell'epoca, come un difensore accanito della libertà di stampa e della indipendenza della Grecia, cosa che gli portò grande popolarità.[5] Inoltre si mostrò fermamente contrario, da cattolico, alla legge sul sacrilegio che prevedeva la pena di morte o i lavori forzati per chi profanasse una chiesa.

Alla caduta del conte di Villèle, Chateaubriand fu nominato, il 1º giugno 1828, ambasciatore a Roma. Tutt'altro che scontento della nomina, Chateaubriand ribattezzo la Ville éternelle "la città delle esequie solenni" (ville des funérailles), [16], ma il 30 agosto 1829, a seguito dell'avvento del fortemente reazionario ministero Polignac, diede le dimissioni.[5] L'anno successivo, Polignac e Carlo X vennero rovesciati da una nuova rivoluzione. Carlo abdicò in favore del nipote minorenne Enrico (figlio postumo del duca di Berry), costringendo alla rinuncia il figlio Luigi Antonio, ma l'Assemblea Nazionale tolse invece il trono ai Borboni per affidarlo ai cugini Orléans, eleggendo re il reggente Luigi Filippo. Chateaubriand, legittimista, fu tra coloro che non approvarono l'ascesa al trono del "Re Cittadino".

L'abbandono della carriera politica[modifica | modifica wikitesto]

«Nella società democratica, basta che voi sproloquiate sulla libertà, la marcia del genere umano e l'avvenire delle cose, aggiungendo ai vostri discorsi qualche croce d'onore, e sarete sicuri del vostro posto; nella società aristocratica, giocate al whist, spacciate con aria grave e profonda luoghi comuni e frasi eleganti preparate prima, e la forma del vostro genio è assicurata.»

Sempre più in contrasto con i partiti conservatori, disilluso sull'avvenire della monarchia, Chateaubriand si ritirò dalla vita politica dopo l'instaurazione della Monarchia di luglio nel 1830, dimettendosi dalla Camera dei Pari dopo aver pronunciato il 7 agosto, giorno in cui la Camera dichiarò la "vacanza del trono" prima di affidarlo al duca d'Orléans, un memorabile intervento in favore di Enrico V, difendendo il diritto del giovane sovrano.[17] Nel periodo di transizione di luogotenenza denuncia anche gli errori di Carlo X e giustifica l'insurrezione di Parigi: «Mai difesa fu più giusta e più eroica. Il popolo di Parigi si è sollevato non contro la legge ma per la legge.» Poi, abbandonando la Camera aristocratica:

«Disceso dalla tribuna, uscii dalla sala, andai al vestibolo, mi tolsi l'abito di Pari, la spada, il cappello piumato, staccai la coccarda bianca, la baciai, la misi nel taschino sinistro della redingote nera che avevo indossato [...] e abbandonai, scuotendo la polvere dai miei piedi, quel palazzo di tradimenti, dove non rientrerò mai più.»

Rinunciò anche alla dignità di ministro di Stato, perdendo quindi ogni fonte di reddito. Ma non cessò di far sentire la sua voce, soprattutto attraverso le sue critiche acerbe contro il nuovo governo (De la Restauration et de la Monarchie èlective, 1831). Aderì alla destra legittimista (all'ala più moderata detta enrichista) sostenendo sempre il diritto al trono di Enrico di Borbone, conte di Chambord e d'Artois (Enrico V per i realisti) e avversando il partito orleanista, considerando valide (a differenza dell'ala più intransigente) le abdicazioni di Carlo X e Luigi Antonio (Luigi XIX) ma non l'ascesa del pretendente d'Orlèans. Per lui Luigi Filippo restò sempre un usurpatore.[18]

Chateaubriand durante la vecchiaia

Recò visita a Carlo X, che pure aveva criticato, rifugiatosi in quel periodo a Praga insieme ai resti della sua corte, e pubblicò una Mémoire sur la captivité de la duchesse de Berry (Memoria sulla prigionia della duchessa di Berry) (1833), a causa della quale subì anche un breve arresto per gli attacchi al re e al Parlamento in favore della duchessa, prigioniera per aver tentato di sollevare un'insurrezione in Vandea in favore del figlio Enrico.

Enrico di Borbone-Francia in un ritratto di Adeodato Malatesta.

Pubblicò ugualmente nel 1831 degli Studi Storici (4 vol. in-8), riassunti di storia universale in cui voleva additare il Cristianesimo come una riforma della società; quest'opera doveva costituire il frontespizio di un'ipotetica Histoire de France (Storia di Francia) su cui meditava da molto tempo, ma che non fu mai scritta.[5]

Negli ultimi anni della sua vita condusse una vita sostanzialmente ritirata, intervallata da frequenti viaggi anche all'estero, e ricevendo numerose visite, sia di giovani romantici sia di quelli liberali; nonostante fosse un conservatore, la personalità di Chateaubriand riscuoteva infatti ammirazione anche nella parte politica opposta. Ad esempio fu molto ammirato da Victor Hugo, che a 14 anni scrisse: «voglio essere o Chateaubriand o niente», e da Alphonse de Lamartine. Nel 1843 Chateaubriand visitò il pretendente Enrico d'Artois a Londra.

Tomba di Chateaubriand sulla rocca del Gran Bé a Saint-Malo

Si recava quasi ogni giorno presso il convento poco distante dell'Abbaye-aux-Bois (Abbazia dei boschi),[19] dove risiedeva Juliette Récamier, cui rimase legato fino all'ultimo. Nel salotto della Récamier, dove faceva bella mostra di sé il ritratto di Chateaubriand di Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson, si riuniva l'élite del mondo letterario.[5]

Chateaubriand, che aveva cominciato a scrivere dal 1811 le sue memorie, si rimise al lavoro e portò a termine la sua opera monumentale. Essa fu intitolata Memorie d'oltretomba (Mémoires d'outre-tombe), vasto progetto autobiografico scaglionato su trent'anni della sua vita. Queste memorie sarebbero dovute apparire in pubblico solo dopo la sua morte; tuttavia, spinto da quella necessità di denaro che lo perseguitò per tutta la vita, ne cedette i diritti nel 1836 a una società di estimatori che gli assicurò un congruo sostentamento economico per il resto dei suoi giorni.[5] La sua ultima opera fu del 1844.

Monumento agli Oratori e ai Pubblicisti della Restaurazione al Panthéon di Parigi (1903), con statue di Chateaubriand, Benjamin ConstantPierre de SerreCasimir PerierArmand CarrelMaximilien FoyJacques-Antoine Manuel.

Nel 1847 morì la moglie, e Chateaubriand subì un ictus che lo lasciò parzialmente paralizzato e con problemi di lucidità, ma continuò a visitare e assistere Madame Récamier, anche lei malata e ormai cieca. Morì il 4 luglio 1848 a Parigi, facendo quindi in tempo ad assistere alla caduta di Luigi Filippo, vista con favore dai legittimisti nonostante comportasse una nuova svolta repubblicana.[20] La sua salma fu trasportata a Saint-Malo e sepolta di fronte al mare, secondo la sua volontà, sulla rocca del Grand Bé, propaggine dall'aspetto romantico situata sulla rada della sua città natale, alla quale si accede a piedi da Saint-Malo una volta che la marea si è ritirata. Negli ultimi anni aveva ormai perso fiducia nell'avvenire politico dell'intera Europa:

«Io non credo nella società europea. Fra cinquant’anni non ci sarà più un solo sovrano legittimo, dalla Russia alla Sicilia, non prevedo che dispotismi militari. E tra cent’anni… può darsi che noi stiamo vivendo non solo nella decrepitezza dell’Europa, ma in quella del mondo.»

Dal 1903 uno dei gruppi scultorei realizzati in quel periodo nel Panthéon di Parigi dedicata ad alcuni oratori e pubblicisti della Restaurazione ricorda, tra gli altri, anche Chateaubriand.

Poetica[modifica | modifica wikitesto]

Sia per il suo talento che per i suoi eccessi, Chateaubriand può essere considerato il padre del Romanticismo in Francia. Le sue descrizioni della natura e l'analisi dei sentimenti dell'io, ne fecero un modello per la generazione degli scrittori romantici. René soffre del mal du siècle, una melanconia inquieta, e nel Genio per primo Chateaubriand formulò il cosiddetto "vague des passions" (onda di passioni) che diventerà un tòpos del Romanticismo:

(FR)

«On habite, avec un cœur plein dans un monde vide ; et sans avoir usé de rien, on est désabusé de tout.»

(IT)

«Si abita, con un cuore pieno, un mondo vuoto; e senza aver utilizzato nulla, siamo disillusi da tutto

«Bisogna evitare la società quando si soffre, perché è la naturale nemica degli sventurati. L'orgoglio è la virtù dell'infelice.»

René, opera simbolo per il prototipo dell'eroe romantico assieme al precedente Werther di Goethe e allo Jacopo Ortis di Foscolo, verrà poi criticato, per l'eccessivo trasporto delle passioni che presenta, da Chateaubriand maturo nelle Memorie d'oltretomba, in quanto l'eccessivo orgoglio del personaggio avrebbe spinto fino all'estremo titanismo di stampo byroniano i successivi autori e i giovani che lo leggevano

«Se René non esistesse, non lo scriverei più; se mi fosse possibile distruggerlo, lo distruggerei. Una generazione di René poeti e René narratori è cresciuta a dismisura (...) Non c’è stato un solo ragazzo che, dopo il collège, non abbia sognato di essere il più dannato degli uomini.»

Come si vede dai rimproveri di padre Souël, René si ritrova in sdegnosa solitudine a causa del suo orgoglio e del suo disprezzo per la società.

«Un giorno, il Meschacebé, ancora abbastanza vicino alla sua sorgente, si stancò di essere solo un limpido ruscello. Chiese neve alle montagne, acque. Il fiero ruscello dapprima applaudì la sua potenza; ma, vedendo che tutto stava diventando deserto sul suo cammino, che scorreva abbandonato nella solitudine, che le sue acque erano sempre agitate, rimpiangeva l'umile giaciglio ricavato per lui dalla natura, uccelli, fiori, alberi e ruscelli, un tempo modesti compagni della sua pacifica corte.»

Il suo pensiero e le sue azioni politiche sembrano invece offrire numerose contraddizioni; voleva essere amico sia della sovranità legittima sia della libertà, difendendo alternatamente l'una delle due che in quel momento gli sembrava fosse in pericolo, con una continua affermazione della propria indipendenza a costo dell'impopolarità.

Chateaubriand ritratto da Paulin Guerin

I suoi detrattori gli hanno rimproverato uno stile ampolloso, la tendenza a romanzare e una vanità eccessiva che proromperebbe specie nelle sue Mémoires d'outre-tombe.

La sua opera è a metà strada tra fantasia e realtà, e talvolta sembra mascherare il tentativo di narrare per davvero quel tipo di esistenza che l'autore stesso avrebbe voluto vivere. La sua stessa visione religiosa apparve a molti critici, un po' ridotta, perché limitata all'aspetto estetico, in quanto ritiene il cristianesimo migliore, rispetto agli altri culti, non solo moralmente ma perché più "poetico", maggiormente libero di manifestarsi sia sotto l'ambito artistico-figurativo sia in quello lirico-letterario.[21]

Visione storica[modifica | modifica wikitesto]

Vediamo nelle Memorie d'oltretomba una dicotomia tra uno Chateaubriand privato che esalta i suoi sentimenti con un lirismo romantico e uno Chateaubriand pubblico che crea una cronaca di memorialista della sua epoca, che ha visto l'avvento dei principi rivoluzionari ai quali egli si opponeva, cosa che lo spinge a rappresentarsi anche come uno storico:

«Quando, nel silenzio dell'abiezione, si sente rimbombare soltanto la catena dello schiavo e la voce del delatore; quando tutto trema di fronte al tiranno, e incorrere nel suo favore è altrettanto pericoloso che meritarne la disgrazia, appare lo storico, incaricato della vendetta dei popoli. Invano Nerone prospera, nell'impero è già nato Tacito

Nel corso della sua opera, tuttavia, i due personaggi si riuniscono in uno solo, a dimostrazione che tutta la sua vita politica fu influenzata dai suoi sentimenti personali e dalla solitudine che si trasformò in paranoia e in paura di un eventuale complotto nei suoi confronti, che lui temeva da quando fu allontanato ripetutamente dal potere monarchico. Egli conclude le Memorie con il suo perenne rimpianto verso un mondo al tramonto:

«L’Europa corre verso la democrazia. Cos’altro è la Francia, se non una repubblica tenuta a freno da un Presidente? I popoli sono cresciuti e si sono affrancati: i prìncipi ne hanno avuto l’affidamento; al giorno d’oggi le nazioni, arrivate alla maggiore età, sostengono di non aver più bisogno di tutori. Da David ai nostri giorni, si sono chiamati i Re: adesso sembra che sia il turno delle nazioni. (...) Le dottrine più ardite sulla proprietà, l’uguaglianza, la libertà vengono proclamate dalla mattina alla sera in faccia ai monarchi, che tremano dietro una triplice barriera di soldati infidi. Il diluvio della democrazia li incalza (...) L’invenzione della stampa ha mutato le condizioni sociali (...) Come sarà la nuova società? Lo ignoro. Le sue leggi mi sono sconosciute; non la capisco più di quanto gli Antichi capissero la società senza schiavi prodotta dal Cristianesimo. (...) Finora, la società è andata avanti per aggregazioni e per famiglie; quale aspetto presenterà, quando sarà soltanto individuale, come tende a diventare, come già la vediamo formarsi negli Stati Uniti? Molto probabilmente la specie umana si ingrandirà, ma c’è da temere che l’uomo rimpicciolisca, che alcune facoltà eminenti del genio si perdano, che l’immaginazione, la poesia, le arti muoiano nelle celle di una società-alveare, in cui ogni individuo sarà come un’ape, una rotella in una macchina, un atomo nella materia organica. Se la religione cristiana morisse, si arriverebbe attraverso la libertà alla pietrificazione sociale alla quale la Cina è arrivata attraverso la schiavitù. La società moderna ha impiegato dieci secoli per comporsi, adesso si sta decomponendo.»

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson, Chateaubriand mentre medita sulle rovine di Roma (1809)

Oltre le numerose edizioni di ciascuna delle opere separate di Chateaubriand, egli aveva scritto anche molte edizioni delle sue Opere complete; le migliori, secondo un'enciclopedia francese, sono quelle di Pierre-François Ladvocat, in 31 volumi, Parigi, 1826-1831, revisionate dall'autore stesso, che vi ha aggiunto dei chiarimenti e delle note critiche, e le ha inoltre arricchite di qualche opera inedita (le Abencerrages, le Natchez, Moïse, in ordine una tragedia, delle poesie e dei discorsi politici) ; e quelle di Charles Gosselin, 25 volumi, 1836-1838 (qui troviamo in più il Congrès de Vérone, un Essai sur la littérature anglaise, una traduzione del Paradiso perduto di John Milton).

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Ufficiale dell'Ordine della Legion d'onore - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Reale e Militare di San Luigi - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine dello Spirito Santo - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine di San Michele - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Cristo (Portogallo) - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine di Carlo III (Spagna) - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine di Sant'Andrea (Impero russo) - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine del Toson d'Oro (Spagna) - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila Nera (Regno di Prussia) - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata (Regno di Sardegna) - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine Pour le Mérite (classe di pace) - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^
    (FR)

    «Monarchiste par hérédité, légitimiste par honneur, aristocrate de moeurs, républicain par bon sens.»

    (IT)

    «[Io sono] monarchico per tradizione, legittimista per onore, aristocratico per costumi, repubblicano per buon senso.»

  2. ^ Il titolo di visconte sarà concesso a Chateaubriand da Luigi XVIII nel giugno 1814. Alla morte del padre René Auguste il titolo di cortesia di conte di Combourg, come anche la maggior parte delle proprietà di famiglia, andarono al fratello maggiore Jean-Baptiste. A François René de Chateaubriand, spettava solo il titolo di chevalier. Alla morte del fratello, decapitato come anche la moglie, il suocero e lo stesso Malesherbes sotto il Terrore, la continuazione del casato fu assicurata dai due figli di Jean-Baptiste. Fu così che nel 1814 Luigi XVIII volle attribuire al maggiore di questi ultimi il titolo di conte di Chateaubriand, mentre allo scrittore toccò quello di visconte. Alla morte di Chateaubriand, il maggiore dei nipote, conte de Chateaubriand, assunse anche il titolo di 2° visconte
  3. ^ Nell'atto di battesimo il nome François René non ha il trattino (Jean-Claude Berchet, Chateaubriand, Gallimard 2012, pagina 919, nota 1). Nel corso della sua vita lo scrittore confonderà un po' le piste firmandosi François Auguste e sostenendo di essere nato il 4 ottobre, festa di San Francesco. In ogni modo, per gli intimi sarà sempre François.
  4. ^ Jean-Claude Berchet, Chateaubriand, Gallimard 2012, da pag. 22 a pag. 36.
  5. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q Biographie
  6. ^ Lascerà definitivamente l'esercito a seguito di una legge che per motivi di economia sanciva lo sfoltimento dei ranghi militari
  7. ^ Memorie d'oltretomba, pp. 143-144
  8. ^ F. Furet, «Chronologie», in A. Tocqueville, De la démocratie en Amérique, Flammarion, Paris, 2008, p. 1189
  9. ^ a b c Chateubriand, Memorie d'oltretomba, citato in: Julia Kristeva, La testa senza il corpo. Il viso e l'invisibile nell'immaginario dell'Occidente, p. 127
  10. ^ In passato alcuni studiosi come Henri Guillemin hanno ritenuto che l'incontro con Washington non fosse nient'altro che il parto dell'immaginazione fertile di Chateaubriand. I biografi più recenti come Jean-Claude Berchet opinano diversamente.
  11. ^ Marat fu assassinato dalla girondina Charlotte Corday nel luglio 1793
  12. ^ <« Chateaubriand, Lucile de », dans Jean-Loup Avril, 500 bretons à connaître, Saint-Malo, Éditions L'Ancre de marine, 1989 (ISBN 2-905970-17-0), p. 49.
  13. ^ Memorie d'oltretomba, pp. 462-465-466-469-470-478
  14. ^ Parigi saluta il cuore del Delfino
  15. ^ Jean-Claude Berchet, Chateaubriand, Gallimard 2011, pagina 706.
  16. ^ rif.: Memorie d'oltretomba, 3 L28 Capitolo 16.
  17. ^ L'ultimo intervento di Chateaubriand alla Camera dei Pari.
  18. ^ F.-R. de Chateaubriand, Intorno la prigionia di madama la duchessa di Berry. Memoria, p. 38
  19. ^ A Parigi nel corso della sua vita Chateaubriand cambiò ripetutamente indirizzo, ma il periodo più lungo lo trascorse in un villino nell'attuale avenue Denfert-Rochereau, per poi finire la sua esistenza in un appartamento al 120 della Rue du Bac. Il grande complesso dell'Abbaye-aux-bois, in seguito demolito, si trovava in rue de Sèvres, che è praticamente a un passo.
  20. ^ Bled, Jean-Paul, Les Lys en exil ou la seconde mort de l'Ancien Régime, Fayard, 1992, p. 153.
  21. ^ Introduzione a Le avventure dell'ultimo Abenceragio di Jole Pascerelli, ed. Paoline, 1966, pp. 5.10.
  22. ^ Jean-Claude Berchet, Chateaubriand, Gallimard 2012, pagina 999, nota 37

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Biografie antiche
  • Paul de Noailles, il suo successore all'Accademia Francese gli ha fatto il suo Éloge (Elogio)
  • Scipion Marin e Jacques-François Ancelot hanno scritto la sua Vie (Vita)
  • François-Zénon de Collombet: Chateaubriand, sa vie et ses ècrits (Chateaubriand, vita e opere)
  • Charles Augustin Sainte-Beuve: Chateaubriand et son groupe littéraire (Chateaubriand e il suo gruppo letterario)
  • Charles Benoît: Étude sur Chateaubriand (Studi su Chateaubriand)
Biografie moderne
  • Jean d'Ormesson, Album Chateaubriand, Bibliothèque de la Pléiade, Gallimard, 1988
  • Ghislain de Diesbach, Chateaubriand, 1995
  • Jean-Paul Clément, Chateaubriand, Grandes biographies, Flammarion, 1998
  • André Maurois, René ou la vie de Chateaubriand (René o la vita di Chateaubriand), Les Cahiers Rouges, Grasset, octobre 2005
  • Jean D'Ormesson, Il mio ultimo pensiero sarà per voi, Milano, Rizzoli, 1984
  • Stenio Solinas, Da Parigi a Gerusalemme. Sulle tracce di Chateaubriand, 2011
  • Jean-Claude Berchet, Chateaubriand, Gallimard 2011
Opere
  • (FR) François-René de Chateaubriand, [Opere]. 1, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 2 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Génie du Cristianisme, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 2 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, [Opere]. 2, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Itinéraire de Paris a Jérusalem et de Jérusalem a Paris, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Martyrs, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Voyage en Amérique, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Mélanges politiques, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Polémique, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Études historiques, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Analyse raisonnée de l'histoire de la France, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Paradise lost, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Congrès de Verone, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Mémoires d'outre-tombe. 1, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Mémoires d'outre-tombe. 2, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Mémoires d'outre-tombe. 3, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Mémoires d'outre-tombe. 4, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Mémoires d'outre-tombe. 5, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Mémoires d'outre-tombe. 6, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.
  • (FR) François-René de Chateaubriand, Dernières années de Chateaubriand, Paris, Garnier frères, [dopo 1848]. URL consultato il 16 marzo 2016.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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Predecessore Seggio 19 dell'Académie française Successore
Marie-Joseph Chénier 1811 - 1849 Paul de Noailles

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