Lingue d'Italia: differenze tra le versioni
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Bibliografia di riferimento per la quarta classificazione proposta: |
Bibliografia di riferimento per la quarta classificazione proposta: |
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* Geoffrey Hull, ''La lingua padanese'', |
* [http://www.rivistaetnie.com/lingua-padanese/ Geoffrey Hull, ''La lingua padanese''], rivista Etnie. |
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* Pierre Bec, ''Manuel pratique de philologie romane'' (II, 472), Editions Picard, 1971. |
* Pierre Bec, ''Manuel pratique de philologie romane'' (II, 472), Editions Picard, 1971. |
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* G.B. Pellegrini, ''Il cisalpino ed il retoromanzo'', 1993,. |
* G.B. Pellegrini, ''Il cisalpino ed il retoromanzo'', 1993,. |
Versione delle 20:28, 4 apr 2015
In Italia si parlano prevalentemente lingue romanze, ma anche lingue germaniche, lingue slave, il greco e l'albanese.
Situazione generale
Toscani Italiani centro-meridionali Italiani settentrionali Corsi e sardo-corsi Sardi Provenzali Franco-provenzali | Catalani Retoromanzi Rumeni Tedeschi Slavi Arbereshe Greci |
L'italiano, la lingua ufficiale della Repubblica Italiana discende storicamente dal toscano letterario (influenzato dal siciliano), il cui uso è iniziato coi grandi scrittori Dante, Petrarca e Boccaccio verso il XIII secolo, e si è in seguito evoluto storicamente nella lingua italiana corrente. La lingua italiana era parlata solo da una piccola minoranza della popolazione al momento dell'unificazione politica nel Regno d'Italia nel 1861, ma si è in seguito diffusa, mediante l'istruzione obbligatoria e il contributo determinante e più recente della televisione, anche se ancor oggi la somma degli allofoni e dei diglossici (ossia coloro che alternano, a seconda dei contesti, italiano ed un'altra lingua) supera gli italofoni.
Dal punto di vista degli idiomi locali preesistenti, ne consegue un processo di erosione linguistica, processo accelerato sensibilmente dall'ampia disponibilità di mass media in lingua italiana e dalla mobilità della popolazione. Questo tipo di cambiamenti ha ridotto sensibilmente l'uso delle lingue regionali, molte delle quali sono ormai considerate in pericolo di estinzione (anche a causa delle enormi discriminazioni verificatesi nel Novecento)[senza fonte]. Parallelamente al loro progressivo abbandono in ambito pratico, si è assistito negli ultimi anni a una rivalutazione delle lingue regionali e dei dialetti sul piano culturale in reazione ai processi omologativi della globalizzazione.[senza fonte]
Secondo i più recenti dati statistici (La lingua italiana, i dialetti e le lingue straniere, Istat, 2006) il 72,8% degli italiani parla in modo esclusivo o prevalente l'italiano, il 20% lo alterna con una lingua locale, mentre solo il 5,4% si esprime esclusivamente nell'idioma locale. Bisogna però premettere che all'interno delle mura domestiche il numero di coloro che si esprime mediante l'uso della propria lingua locale triplica, arrivando al 16% (percentuale che comunque risulta dimezzata rispetto a quella del 1987).[1]
Lingue territoriali
Lingue non territoriali
Esistono poi "lingue non territoriali", parlate in Italia ma non in un territorio definito: come gli idiomi degli immigrati, dei nomadi Rom e Sinti, e la lingua dei segni italiana (LIS). Quest'ultima è parlata dalla comunità di persone sorde, diffusa in tutto il territorio italiano, e ha radici culturali, grammatica, movimento e morfologia, movimento spazio-tempo. La popolazione italiana dei sordi è composta da circa 3.524.906[28] persone che utilizzano la LIS e degli Assistenti alla Comunicazione e degli Interpreti, ed è riconosciuta dalla Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, ratificata in Italia nel 2009. Spesso queste lingue trovano tutela solo nella legislazione regionale, come per la Sicilia che promosso la diffusione della LIS, con la L.R. 23/2011.[29] Esiste infine il metodo Malossi, una lingua tattile utilizzata dalle persone sordocieche e dai loro assistenti in varie parti d'Italia.
Situazione giuridica
Legislazione statale
Lingua ufficiale
Nella Repubblica Italiana la lingua ufficiale è l'italiano, sebbene non esista un articolo della Costituzione che lo riconosca esplicitamente. Oltre alla consuetudine, il riconoscimento si può ricavare indirettamente dal fatto che la Costituzione è redatta in italiano, mentre un riconoscimento espresso si trova nello Statuto del Trentino-Alto Adige, che formalmente è una legge costituzionale dello Stato:
«[...] [la lingua] italiana [...] è la lingua ufficiale dello Stato.»
Ulteriori riconoscimenti sono presenti nell'Art. 122 del codice di procedura civile, nell'Art. 109 del codice di procedura penale, e nell'Art. 1 della Legge 482/1999.
«In tutto il processo è prescritto l'uso della lingua italiana.»
«Gli atti del procedimento penale sono compiuti in lingua italiana.»
«La lingua ufficiale della Repubblica è l'italiano.»
Minoranze linguistiche
La Costituzione prevede all'Art. 6 l'uso di altre lingue, due delle quali sono esplicitate negli statuti di autonomia del Trentino-Alto Adige e della Valle d'Aosta.
«La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche»
«Nella regione la lingua tedesca è parificata a quella italiana [...]»
«Nella Valle d'Aosta la lingua francese è parificata a quella italiana.»
Infine la legge 482/1999 ha riconosciuto la tutela di dodici idiomi, in due gruppi di sei: nel primo albanese, catalano, germanico, greco, sloveno e croato, nel secondo francese, francoprovenzale, friulano, ladino, occitano e sardo.[30] L'Italia ha inoltre firmato e ratificato nel 1997 la Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, e ha firmato la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie il 27 giugno del 2000, ma non l'ha ancora ratificata. Nella quotidianità non tutte le lingue riconosciute a livello nazionale godono della stessa considerazione: ad esempio, l'Agenzia delle Entrate mette a disposizione il modello 730 e le relative istruzioni solo in tedesco e in sloveno, oltre che ovviamente in italiano. I siti governativi e parlamentari non hanno una versione, nemmeno ridotta in queste lingue, salvo rare eccezioni come la versione in francese del sito della Camera dei Deputati.
Legislazione regionale
Diverse regioni italiane hanno prodotto nel corso degli anni ulteriori leggi regionali a riconoscimento e tutela di vari idiomi, fra cui in ordine cronologico:
- la regione Piemonte con la L.R. 26/1990[31], integrata dalla L.R. 37/1997,[32] e con la legge statutaria del 7 marzo 2005,[33] piemontese, occitano, franco provenzale e walser;
- la regione Friuli-Venezia Giulia con la L.R. 15/1996[34] il friulano, con la L.R. 38/2001[35] lo sloveno, con la L.R. 20/2009 il tedesco e infine con la L.R. 5/2010 il veneto;
- la regione Sardegna con la L.R. 26/1997[36] sardo, catalano algherese, tabarchino,[37] sassarese e gallurese;
- la regione Veneto con la L.R. 8/2007[38] il veneto;
- la Regione Siciliana con la L.R. 9/2011[39] il siciliano;[40]
- la regione Puglia con la L.R. 5/2012[41] greco salentino, arbëreshë e francoprovenzale.
Lingue e dialetti
Qui di seguito viene riportato l'elenco delle numerose lingue e dialetti autoctoni italiani[42] suddividendoli tra lingue romanze (incluse le alloglotte) parlate nell'Italia settentrionale, centrale, meridionale e insulare, e le lingue non romanze.
Idiomi romanzi
Lingue e dialetti romanzi dell'Italia settentrionale e delle enclaves linguistiche:
- lingue retoromanze:
- lingue Gallo-italiche:
- piemontese (Torino, Asti, Cuneo, Alessandria, Vercelli, Biella)
- lombardo orientale o orobico (Bergamo, Brescia, Crema, Mantova, Trento)
- lombardo occidentale o insubre (Insubria) (Milano, Monza, Varese, Como, Lecco, Sondrio, Lodi, Novara, Valsesia, Verbania, oltre confine è diffuso anche nel Canton Ticino e Grigioni italiano)
- ligure (Genova, La Spezia, Savona, Imperia, Alta Valle Tanaro, Appennino Alessandrino, Appennino Piacentino e Parmense, territori delle Quattro province)
- tabarchino, parlato a Carloforte e Calasetta in Sardegna.
- carrarese o lunigiano (Massa-Carrara e parte della provincia della Spezia)
- emiliano (Pavia, Oltrepò Pavese, Piacenza, Cremona, Parma, Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Bologna, Lunigiana, Massa-Carrara, Transpadana Ferrarese)
- romagnolo (Ravenna, Forlì, Cesena, Rimini, Repubblica di San Marino)
- dialetto gallico marchigiano[43][44]; (provincia di Pesaro-Urbino, circondario di Senigallia, area di Monte Conero)
- galloitalico di Sicilia, parlato in alcuni comuni delle province di Enna, Messina, Catania e Siracusa con tracce anche nel palermitano e nel ragusano.
- galloitalico di Basilicata, parlato in alcuni centri della provincia di Potenza.
- lingua veneta (Venezia, Treviso, Padova, Vicenza, Verona, Belluno, Rovigo, Trento, Pordenone, Gorizia e Trieste; questo diasistema è riconosciuto come lingua veneta dall'UNESCO)
- lingua istriota ( il territorio di diffusione si trova nella bassa Istria ( attualmente in Croazia ) ma la comunità dei parlanti dopo il 1945 si è in gran parte trasferita a Trieste )
- lingua occitana (Valli occitane del Piemonte, Guardia Piemontese in Calabria)
- lingua franco-provenzale (Valle d'Aosta)
Lingue e dialetti romanzi dell'Italia centrale:
- Dialetti toscani:
- Dialetti mediani:
- romanesco classico (Roma e parte della sua provincia)
- ciociaro (Frosinone e parte delle province di Roma e di Latina)
- dialetti umbri nordorientali (la parte centrosettentrionale della provincia di Perugia confinante con le Marche)
- dialetti umbri nord-occidentali (la parte della provincia di Perugia limitrofa alla Toscana)
- dialetti umbri centrali e sudorientali (la parte meridionale della provincia di Perugia e la parte della provincia di Terni limitrofa al Reatino)
- dialetti umbri sudoccidentali (la parte della provincia di Terni limitrofa al Viterbese)
- dialetti marchigiani centro-settentrionali[43][45] (parte della provincia di Ancona[46]).
- dialetti marchigiani centro-meridionali[43][45] (provincia di Macerata e di Fermo).
- sabino (L'Aquila, Rieti)
Lingue e dialetti dell'Italia meridionale e insulare:
- Dialetti meridionali (o alto-meridionali)
- dialetti marchigiani meridionali[43] (provincia di Ascoli Piceno)
- dialetti abruzzesi (L'Aquila, Teramo, Pescara, Chieti)
- dialetti molisani (provincia di Campobasso)
- dialetti campani (Campania e Basso Lazio questo diasistema è riconosciuto come lingua napoletana dall'UNESCO)
- dialetti lucani (Basilicata)
- dialetti pugliesi centro-settentrionali (Bari, Foggia, Barletta-Andria-Trani)
- dialetti calabresi settentrionali (Cosenza)
- Dialetti meridionali estremi (questo diasistema è riconosciuto come lingua siciliana dall'UNESCO):
- dialetto cilentano meridionale
- dialetti di transizione apulo-salentina:
- salentino (Leccese, Brindisino)
- calabrese (Catanzaro, Cosenza, Crotone, Vibo Valentia)
- siciliano (Palermo, Catania, Messina, Enna, Ragusa, Siracusa, Agrigento, Reggio Calabria, Caltanissetta, Trapani)
- pantesco e eoliano
- Lingue e dialetti corso-toscani:
- Lingue gallo-italiche:
- Dialetti galloitalici di Sicilia
- Dialetti galloitalici di Basilicata
- Lingua ligure
Idiomi non romanzi
Idiomi albanesi
In numerosi centri dell'Italia centro-meridionale esistono storiche isole linguistiche dove si parla l'albanese. L'albanese è parlato in 50 comunità sparse in sette regioni dell'Italia continentale e insulare: Abruzzo, Campania, e soprattutto in Basilicata, Calabria, Molise, Puglia e Sicilia.
Le comunità albanofone più numerose si trovano in Calabria, in provincia di Cosenza. Comunità numericamente importanti sono in Sicilia, in provincia di Palermo, in Molise e in Basilicata. La parlata delle comunità albanesi d'Italia appartiene a quello diffuso nel sud dell'Albania, il tosco. Si stima che i parlanti albanofoni siano 100.000 circa[47].
Idiomi germanici
A parte la provincia autonoma di Bolzano, nei cui comuni vige il bilinguismo italiano-tedesco, in tutto il Triveneto sussistono alcune isole linguistiche germanofone, sparse nelle regioni prealpine e alpine.
La lingua cimbra è un idioma di tipo bavarese, portato da un gruppo di migranti tedeschi che nel medioevo colonizzarono le zone al confine tra le provincie di Trento, Verona (Tredici Comuni) e Vicenza (Sette Comuni). Incalzato dai dialetti della lingua veneta, il cimbro è entrato in crisi già secoli fa e attualmente è parlato soltanto da poche centinaia di persone. La comunità più vivace è quella di Luserna (Lusern, TN), mentre sono ridotti a poche decine i parlanti di Giazza (Ljetzan, VR) e Roana (Robaan, VI). Praticamente scomparsa l'isola cimbra del Cansiglio (provincie di Belluno e Treviso), fondata all'inizio dell'Ottocento da un gruppo di roanesi.
La lingua mochena è ancora parlata nei villaggi della Val Fersina (collaterale alla Valsugana) e ha origini affini al cimbro, ovvero deriva da uno stanziamento di coloni tedeschi in epoca antica.
Isole germanofone si trovano anche in Cadore (a Sappada, Plodn) e in Carnia (Sauris, Zahre, e Timau, Tischlbong) e hanno un'origine simile alle precedenti. Infine, il tedesco è diffuso su buona parte della Val Canale (Kanaltal), al confine con l'Austria.
Dalla parte opposta del Norditalia, al gruppo tedesco (precisamente alemanno) appartengono anche le parlate walser presenti in alcuni comuni del Piemonte e della Valle d'Aosta. Sono imparentate con quelle del vicino cantone svizzero del Vallese.
Idiomi greci
In molti centri dell'Italia centro-meridionale esistono isole linguistiche dove si parla il greco. In particolare sono presenti comunità grecofone in Salento ed in Calabria.
Nel gennaio 2012 il Comune e la Provincia di Messina riconoscono ufficialmente la lingua greca[48].
Idiomi indo-arii
Il romaní è parlato dai sinti e dai rom d'Italia in diverse forme dialettali influenzate dalle lingue dei paesi attraversati in passato, nonché dalle parlate regionali italiane con cui esse sono in contatto. Il romaní ha a sua volta influenzato i gerghi professionali di alcuni mestieri.
Idiomi slavi
In Friuli Venezia Giulia esiste una comunità che parla lo sloveno in tutta la fascia confinaria delle province di Trieste, Gorizia e Udine. Sempre in provincia di Udine esiste la comunità slovena nella Val di Resia, che parla una variante dialettale molto isolata dello sloveno: il resiano.
In Molise in alcuni centri esistono ancora comunità parlanti il croato (slavisano). I croati molisani arrivarono in Italia tra il XV-XVI secolo per sfuggire all'avanzata ottomana nei Balcani e si stanziarono nei paesi di Acquaviva Collecroce (Kruč), San Felice del Molise (Sti Filić) e Montemitro (Mundimitar) nell'attuale provincia di Campobasso. Attualmente la lingua viene parlata da poco più di duemila persone, che usano il "na-našu", antico dialetto slavo originario dell'entroterra dalmata. I croati molisani venivano e vengono chiamati con la denominazione antica di "Schiavoni" (prob. dal latino Sclaveni ovvero Slavi, da cui deriva anche Sclavus ovvero schiavo), nome che è rimasto anche nella toponomastica del territorio.
Classificazione delle lingue romanze parlate in Italia
L'Italia linguisticamente romanza è attraversata da due fasci di isoglosse: la linea La Spezia-Rimini e la linea Roma-Ancona[49]. La prima di queste è di grande interesse nello studio della Romània nel suo complesso in quanto segna un confine della diffusione di alcuni fenomeni sintattici e fonetici innovativi[50] Le due grandi aree nelle quali divide il mondo romanzo sono quindi chiamate Romània occidentale e Romània orientale.
Sono state proposte molte diverse classificazioni delle lingue romanze parlate in Italia.
Innanzitutto si possono suddividere lingue e dialetti settentrionali (romanzi occidentali) e centro-meridionali (romanzi orientali) secondo caratteristiche fonetiche (soprattutto consonantismo) e caratteristiche sintattiche, divisi dal fascio di isoglosse noto come linea La Spezia – Rimini.
Ovviamente l'Italia fa parte di un continuum dialettale, dunque stabilire gli effettivi confini tra un gruppo o l'altro è sempre difficoltoso se non impossibile; in linea di massima tale passaggio è sfumato e dunque la definizione di un eventuale confine è solo indicativa.
La classificazione dell'UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura), nel Red book on endangered languages,[51] divide le lingue romanze parlate in Italia tra i gruppi retoromanzo, galloromanzo (in cui include le lingue cisalpine e venete), occitanoromanzo, italoromanzo (in cui include il toscano e le lingue centromeridionali) e sardo. Va però segnalato che il curatore della parte europea del Red Book, Tapani Salminen, non ha compiuto alcuno studio o ricerca nell'ambito delle lingue romanze (né in generale delle lingue indoeuropee).[52]
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Il SIL International (Summer Institute of Linguistics, Istituto estivo di linguistica), nel suo compendio Ethnologue, propone una classificazione che divide le lingue romanze parlate in Italia tra i gruppi galloromanzo, italodalmata e romanzo meridionale; ascrivendo le lingue altoitaliane ad un particolare ramo della galloromania.
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La tesi che gode di maggior credito presso gli studiosi italiani, ed è quindi insegnata nelle università italiane[54] e nelle scuole pubbliche italiane, divide le lingue romanze parlate in Italia nei gruppi retoromanzo, italiano e sardo.
In quest'ottica l'italiano risulta essere il principale sistema linguistico italiano, comprendendo la maggior parte delle lingue e dialetti parlati in Italia.
È un gruppo molto variegato e si è quindi soliti al suo interno distinguere più ristretti sistemi dialettali in base al riscontro o meno di omogeneità morfologiche, sintattiche e fonetiche.
La prima suddivisione del sistema italoromanzo proposta fu nei gruppi altoitaliano, toscano e centromeridionale (esclusi i gruppi retoromanzo e sardo, solo in seguito considerati autonomi)[55]. La classificazione attuale distingue però i gruppi galloitalico, veneto (ancora a volte chiamati nel loro insieme come altoitaliani), toscano, mediano, meridionale e meridionale estremo[56].
Molti linguisti, come ad esempio Maurizio Dardano e Tullio De Mauro, ascrivono comunque i sistemi italiano, retoromanzo, sardo e dalmata ad un più grande gruppo italoromanzo o italodalmata[57].
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La classificazione che emerge invece dall'opera di Geoffrey Hull, semplificata per forza di cose, divide le lingue romanze parlate in Italia tra i gruppi galloromanzo (in cui include tutte le lingue occidentali), italoromanzo e sardo.
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Numerosi altri linguisti, del passato e del presente, hanno sostenuto dei sistemi di classificazione che rimarcavano il distacco delle lingue settentrionali dall'italoromanzo, proponendo invece di incorporare gli idiomi galloitalici, retoromanzi e veneti in un sistema linguistico reto-cisalpino (o padanese).
Secondo questa interpretazione, gli idiomi retoromanzi costituiscono una varietà più conservativa di una lingua "padana" comune assestatasi nell'alto medioevo. La variante centro-occidentale di questa lingua ha in seguito assorbito numerose innovazioni di origine occitana, dando luogo agli idiomi del gruppo cisalpino (galloitalici e veneti).
Per l'Ascoli infatti il gruppo gallo-italico è costituito da "dialetti che si distaccano dal sistema italiano vero e proprio, pur non entrano a far parte di alcun sistema neolatino estraneo all’italia"[58]; da notarsi che l'Ascoli escluse dal gruppo gallo-italico i dialetti veneti i quali considerava più affini al toscano.[59]
G.B. Pellegrini, nell'opera "Il cisalpino ed il retoromanzo, 1993" afferma che il cisalpino conoscesse in origine tutti i tratti linguistici poi sopravvissuti nel retoromanzo.
Pierre Bec ha inoltre affermato l'esistenza, all'interno del suo "Manuel pratique de Philologie romane" (secondo volume, p. 316) di una certa unità diacronica fra le lingue retoromanze (ad es. romancio, friulano e ladino) e le lingue nord-italiane o cisalpine (lombardo, piemontese, veneto, emiliano, romagnolo e ligure). Questo concetto è stato poi approfondito dal linguista australiano Geoffrey Hull; il quale inserisce il gruppo cisalpino o padanese così definito alla galloromania meridionale.
Nelle parole dello stesso Hull, si tratta di una tesi di ricerca, opposta a quella sostenuta dalla maggior parte degli studiosi.[60]
Altre significative posizioni sono le seguenti:
- G.B. Pellegrini scrive che "si può parlare senza tema di errore di un'ampia Galloromania che include non soltanto la Rezia, ma anche la Cisalpina con buona parte del Veneto";[61]
- Pierre Bec parla direttamente di "galloromanzo d'Italia o cisalpino"[62];
- Heinrich Lausberg nel 1971 ha fornito la seguente distinzione:[63]
- Galloromania (comprendente Cisalpina e Rezia): subarea che sonorizza le sorde intersonantiche, rifonologizza e degemina;
- Italoromania (centromeridionale): subarea che non sonorizza e non degemina:
- lavori presentati durante il Convegno di Trento[64]. da Giovanni Bonfadini (Univ. di Milano e Trento, pag. 32), Alberto Zamboni (Univ. di Padova, pag. 57), Paola Benincà (Univ. di Padova, pag. 135), Max Pfister (Univ. di Saarbrücken, pag. 190).
Principali gruppi dialettali romanzi
Lingue retoromanze
Questo gruppo linguistico, identificato nel suo insieme per la prima volta da Graziadio Isaia Ascoli, fu per molto tempo considerato un sottogruppo del gruppo italoromanzo; attualmente però è unanimemente considerato un sistema autonomo nell'ambito delle lingue romanze.[69] Le lingue riconosciute che ne fanno parte sono il romancio (parlato in Svizzera nel cantone Grigioni), il ladino ed il friulano; nel complesso queste tre lingue esauriscono l'intero gruppo.
La lingua friulana è parlata nelle province di Gorizia, Pordenone, Udine e in alcuni comuni di quella di Venezia. Oltre alla tutela statale, è riconosciuta ufficialmente dalla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia quale "lingua della comunità regionale".
La lingua ladina è parlata nell'area dolomitica (ladinia). È lingua coufficiale nella provincia autonoma di Bolzano, ha riconoscimento nella provincia autonoma di Trento e ne è stata recentemente introdotta la tutela anche nei comuni ladini della provincia di Belluno. Varie influenze linguistiche ladine sono presenti anche nel nones, parlato in Val di Non nella provincia autonoma di Trento, tanto che alcuni linguisti considerano questa parlata appartenente al gruppo linguistico ladino.
Lingue settentrionali
Altrimenti dette "altoitaliane" o "cisalpine".
Nella prima meta del Novecento i gruppi galloitalico e veneto erano considerati romanzi orientali,[70] ora sono unanimemente considerati romanzi occidentali.[71][72] È stata ipotizzata l'esistenza di una koinè lombardo-veneta, una lingua comune che nel Medioevo sarebbe arrivata ad un certo grado di assestamento, prima di retrocedere di fronte al toscano; con il quale, pare, competesse per il ruolo di lingua letteraria.[73]
Tra i tratti linguistici identificati come comuni nel diasistema italoromanzo Meyer-Lübke indica il passaggio da "cl" a "chi"; ma questo, come fa notare lo stesso Tagliavini, è valido solo per toscano e centromeridionale, mentre le lingue settentrionali palatizzano (cioè passano a "ci"), anche davanti ad "a".
Gruppo galloitalico
Il gruppo galloitalico presenta forti affinità con il mondo galloromanzo; scrive infatti il Tagliavini "fra l'italoromanzo ed il galloromanzo abbiamo il gruppo dei dialetti galloitalici, i quali [...] formano un ponte fra l'italoromanzo ed il galloromanzo ed anzi, per certe notevoli caratteristiche, concordano forse più con quest'ultimo".
Caratteristiche considerate riconducibili alla galloromania presenti negli idiomi galloitalici sono l'indebolimento delle sillabe atone (fortissimo soprattutto nell'emiliano), la sonorizzazione delle consonanti occlusive intervocaliche e la riduzione delle geminate nella stessa posizione (lenizione), la caduta in molti casi delle consonanti finali e la mancanza di epitesi (entrambe ad esclusione del ligure), la presenza in molte varianti di fonemi vocalici anteriori arrotondati (/y, ø/, in passato dette "vocali turbate"). Vari linguisti hanno messo in relazione la similarità con gli idiomi galloromanzi con il comune sostrato storico celtico, questa ipotesi è ancora materia di discussione e alcuni linguisti attribuiscono l'indebolimento sillabico e i fonemi /y, ø/ ad un'evoluzione locale indipendente. Altre caratteristiche proprie di questo sistema sono la risoluzione palatale del gruppo cl-, gl-, la caduta di – s in tempo relativamente recente[74] e, per alcuni autori, il mantenimento di ca- e ga- (caratteristica tipica dell'italoromanzo); altri autori, e fra questi il Pellegrini, sostengono che però anticamente vi fosse palatalizzazione di ca- e ga-, tratto questo rapidamente retrocesso ed infine, per influenza toscana, andato perduto.[75]
All'interno del gruppo galloitalico possiamo riconoscere, grazie a più o meno rilevanti omogeneità linguistiche, aree dialettali più ristrette distinte fra loro: ligure (riconosciuto dall'UNESCO come lingua ligure), piemontese (riconosciuto dall'UNESCO come lingua piemontese), insubre, orobico (considerati insieme dall'UNESCO lingua lombarda), emiliano (compreso il carrarese), romagnolo, dialetto gallico marchigiano (dialetti della provincia di Pesaro Urbino e della parte settentrionale della provincia di Ancona[76][77]), galloitalico di Sicilia, galloitalico di Basilicata.
Gruppo veneto
Il gruppo veneto è generalmente meno innovativo rispetto ai dialetti galloitalici: non ha l'indebolimento delle sillabe atone e anche le vocali finali reggono abbastanza bene, fuorché dopo sonorante. Nel suo complesso è riconosciuto dall'UNESCO come lingua veneta. Le varianti principali sono il veneto centrale o meridionale (Padova, Vicenza, Rovigo), il veneto lagunare (Laguna di Venezia), il veneto orientale (Trieste, Venezia Giulia, Istria e Fiume), il veneto occidentale (Verona, Trento) che ha alcuni caratteri in comune con le parlate orobiche, il veneto centro-settentrionale (Treviso), il veneto settentrionale (Belluno), il veneto dalmata (Dalmazia), i dialetti di valle e pedemontani, come il feltrino. La caratteristica più vistosa è la struttura sillabica che non tollera geminate in nessuna posizione.
Istrioto
L'istrioto, idioma parlato nelle zone di Rovigno e Pola, è un idioma di difficile e disputata classificazione ed è forse da considerarsi un idioma del tutto autonomo nel sistema italoromanzo[78]. Alcuni linguisti lo considerano addirittura una parlata di transizione tra il sistema linguistico italiano e la lingua dalmata. È l'unica lingua romanza orientale del sistema altoitaliano.
Gruppo toscano
Il gruppo toscano è costituito dai dialetti toscani e dal còrso. Nonostante non sia una lingua appartenente alla Romània occidentale presenta molti caratteri tipici della zona altoitaliana.[79] L'italiano letterario è da considerarsi una variante (sebbene molto influenzata da altri idiomi italoromanzi) del dialetto toscano. Il còrso propriamente detto (corso di Cismonte) è molto vicino al toscano occidentale, dal quale si differenzia però per alcune forme lessicali e le finali in /u/.
Il gallurese, parlato nel nord-est della Sardegna è strettamente imparentato col dialetto meridionale del corso (còrso di Pumonti) (nello specifico con quello sartenese che si presenta praticamente identico nell'arcipelago della Maddalena), pur presentando notevoli influenze della lingua sarda a livello di sostrato. Il sassarese condivide un substrato simile al còrso, ma la sua origine appare indipendente e distinta da quest'ultimo: è patrimonio delle popolazioni mercantili di differente origine (sarde, còrse, toscane e liguri) che nel XII secolo diedero impulso alla neonata città di Sassari, creando un dialetto mercantile che nel corso dei secoli si è esteso a diverse città limitrofe (tutta la costa del Golfo dell'Asinara da Stintino a Castelsardo), subendo inevitabilmente una profonda influenza da parte del sardo logudorese (tanto da essere considerato da alcuni studiosi come una variante dello stesso), dal catalano e dallo spagnolo.
Lungo il crinale appenninico tra la Toscana e l'Emilia (Sambuca Pistoiese, Fiumalbo, Garfagnana e altre località) le persone più anziane usano ancora delle parlate di transizione tra il sistema toscano e il sistema gallo-italico dette parlate gallo-toscane. Tali parlate sono di grandissimo interesse per i linguisti perché formano un sistema linguistico di transizione sia tra la romania orientale e quella occidentale sia tra la parlate altoitaliane e quelle tosco-meridionali.
Lingue centromeridionali
Gruppo mediano
Il gruppo mediano è quello di più difficile classificazione. Infatti le parlate si sono influenzate tra di loro in maniera considerevole e non lineare. Si distinguono i seguenti idiomi o sottogruppi:
- Dialetti umbri, di difficile sistematizzazione perché completamente privi di koinè. I dialetti dell'Umbria, tutti appartenenti al gruppo mediano, vengono generalmente catalogati per area geografica anche se, all'interno di una stessa area, le differenze, non solo lessicali, sono spesso notevoli.
- Dialetti marchigiani; nelle Marche la frammentazione dialettale è ancor più accentuata che in Umbria. In regione sono infatti diffuse parlate riconducibili a tutti e tre i principali in cui si divide, sotto il profilo dialettale, l'Italia. Al gruppo mediano appartengono i dialetti marchigiani centrali, (nelle province di Ancona[80], di Macerata e di Fermo); nella rimanente parte della regione i dialetti non appartengono al gruppo mediano, ma a quello gallico (il gallico-marchigiano, nella Provincia di Pesaro e Urbino e in parte di quella di Ancona[81]), e a quello meridionale (il marchigiano meridionale, nella Provincia di Ascoli Piceno);
- Romanesco che risulta aver subito una considerevole influenza da parte della lingua toscana diffusa in molti ambienti capitolini (legati in particolare alla Curia) nel XVI secolo e XVII secolo. Tale dialetto è molto diverso dall'antico dialetto di Roma che era invece «sottoposto a influenze meridionali e orientali»[82]
- cicolano-aquilano-reatino che presenta alcune influenze dei dialetti del gruppo meridionale
- ciociaro, anch'esso influenzato da alcuni dialetti di tipo meridionale.
I gruppi toscano e mediano sono comunque gruppi abbastanza conservativi: nel còrso non esiste nessun tipo di indebolimento consonantico, nel toscano e in parte dei dialetti umbri e marchigiani c'è la gorgia, altrove una lenizione non fonologica. Comune è la realizzazione fricativa delle affricate mediopalatali e nelle zone meridionali i raddoppiamenti di /b dZ/ semplici intervocalici.
Gruppo meridionale
Il gruppo meridionale, o alto-meridionale, è caratterizzato dall'indebolimento delle vocali non accentate (atone) e la loro riduzione alla vocale indistinta (rappresentata dai linguisti come ə o talvolta come ë). A nord della linea Circeo-Sora-Avezzano-L'Aquila-Accumoli-Aso, le vocali atone sono pronunciate chiaramente; a sud di questa linea già si presenta il suono ə, che si ritrova poi fino ai confini meridionali con le aree in cui i dialetti sono classificati come meridionali estremi, ossia alla linea Cetraro-Bisignano-Melissa.
Gruppo siciliano
Il gruppo siciliano comprende il siciliano, il calabrese centro-meridionale ed il salentino .
La caratteristica fonetica che accomuna i dialetti del gruppo siciliano è l'esito delle vocali finali che presenta una costante territoriale fortemente caratterizzata e assente nelle altre lingue e dialetti italiani:
- da -A finale latina > -a
- da -E, -I finali latine > -i
- da -O, -Ọ finali preromanze > -u
- da -LL- latina o altra > -ḍḍ- (trascritto nella letteratura come ḍḍ, dd, ddh, o ddr)
Assenza totale delle mute e dello schwa. È inoltre caratteristica principale e singolarità della lingua siciliana, la presenza dei fonemi tr, str, e dd, i quali possiedono un suono retroflesso probabilmente derivante da un sostrato linguistico probabilmente pre-indeuropeo. Il siciliano non è riconosciuto come lingua dallo Stato italiano.
È invece riconosciuto come lingua da UNESCO, ISO, Unione europea[senza fonte] e da numerosi altri istituti linguistici indipendenti.
Gruppo sardo
La lingua sarda ha fondamentalmente due varietà, anche se risulterebbe impossibile effettuare una vera e propria linea di demarcazione linguistica fra le varianti: il logudorese, nella zona centro-settentrionale, ed il campidanese, in quella centro-meridionale. Le varianti logudoresi e campidanesi, come unicum, formano più propriamente la lingua sarda. Attualmente la lingua sarda è ufficialmente riconosciuta dalla Regione Autonoma della Sardegna. Si caratterizza in quanto estremamente conservativa, tanto da essere considerata la lingua che nei secoli si sia meno discostata dal latino. La maggior parte degli studiosi ritiene che il gruppo sardo sia da considerarsi totalmente autonomo nell'ambito delle lingue romanze. È stato anche ipotizzato di classificare il sardo in un sistema linguistico romanzo autonomo "meridionale" insieme al numidico, l'antica parlata basata sul latino dell'Africa settentrionale, che coesisteva con il berbero fino all'invasione araba.
Atlante
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Mappa dettagliata delle lingue e isole linguistiche in Italia
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Dialetti in Italia nel 1939 secondo Merlo e Tagliavini
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Appellativi dei principali dialetti in Italia
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Illustrazione dei principali gruppi linguistici in Italia
Note
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- ^ Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia - Legge regionale 22 marzo 1996, n. 15
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- ^ Legge Regionale 15 ottobre 1997, n. 26
- ^ [1] « Nel caso del tabarchino le contraddizioni e i paradossi della 482 appaiono con tutta evidenza se si considera che questa varietà, che la legislazione nazionale ignora completamente, è correttamente riconosciuta come lingua minoritaria in base alla legislazione regionale sarda (L.R. 26/1997), fatto che costituisce di per sé non soltanto un assurdo giuridico, ma anche una grave discriminazione nei confronti dei due comuni che, unici in tutta la Sardegna, non sono in linea di principio ammessi a fruire dei benefici della 482 poiché vi si parla, a differenza di quelli sardofoni e di quello catalanofono, una lingua esclusa dall’elencazione presente nell’art. 2 della legge», Fiorenzo Toso, Alcuni episodi di applicazione delle norme di tutela delle minoranze linguistiche in Italia, 2008, p. 77.
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- ^ Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana - Anno 65° - Numero 24
- ^ «La popolazione dei centri di dialetto gallo-italico della Sicilia si calcola in circa 60.000 abitanti, ma non esistono statistiche sulla vitalità delle singole parlate rispetto al contesto generale dei dialetti siciliani. Per quanto riguarda le iniziative istituzionali di tutela, malgrado le ricorrenti iniziative di amministratori e rappresentanti locali, né la legislazione isolana né quella nazionale (legge 482/1999) hanno mai preso in considerazione forme concrete di valorizzazione della specificità delle parlate altoitaliane della Sicilia, che pure rientrano a pieno titolo, come il tabarchino della Sardegna, nella categoria delle isole linguistiche e delle alloglossie». Fiorenzo Toso, Gallo-italica, comunità, Enciclopedia dell'Italiano (2010), Treccani.
- ^ Legge regionale Puglia n.5/2012
- ^ Secondo la lingua italiana, il termine "lingua" si riferisce a ogni idioma utilizzato da una comunità per comunicare al suo interno. Il termine dialetto indica "un sistema linguistico usato in zone geograficamente limitate e in un ambito socialmente e culturalmente ristretto, divenuto secondario rispetto a un altro sistema dominante e non utilizzato in ambito ufficiale o tecnico-scientifico" (Dizionario DeMauro-Paravia) e in questo senso viene usato nell'articolo. Ciò non implica una inferiore "dignità" linguistica, bensì precisa aspetti oggettivi dell'uso dei dialetti.
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- ^ Non tutti sono d'accordo con l'inserimento dei dialetti marchigiani settentrionali all'interno del dialetto romagnolo; si veda ad esempio: AA. VV. Conoscere l'Italia vol. Marche (Pag. 64), Istituto Geografico De Agostini – Novara – 1982; Le Regioni d'Italia, Vol X Collezione diretta da Roberto Almagià, Pubblicazione sotto gli auspici del Comitato Nazionale per la celebrazione del centenario dell'Unità d'Italia, 1961; Flavio Parrino, capitolo sui dialetti nella Guida d'Italia – volume Marche del Touring Club Italiano. In tutta la provincia di Pesaro-Urbino, nella parte settentrionale di quella di Ancona (zona di Senigallia) e nell'area del Cònero si parlano indubbiamente dialetto gallo-italici; dire però che in metà del territorio marchigiano si parli "dialetto romagnolo" appare in effetti forzato soprattutto agli abitanti delle zone marchigiane in questione. In effetti negli studi citati si chiamano i dialetti gallici parlati nelle Marche "gallico-marchigiani" o "gallo-piceni" e si rimarcano le somiglianze con il dialetto romagnolo (come esso, appartengono tutti al gruppo gallo-italico), ma anche le differenze innegabili che esistono tra i primi e il secondo.
- ^ Carlo Tagliavini, Le origini delle lingue neolatine
- ^ Maurizio Dardano, Nuovo Manualetto di Linguistica Italiana, Bologna, Zanichelli, 2005
- ^ esclusi il circondario di Senigallia e l'area del Conero
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