Lingua napoletana
Napoletano Napulitano[1] | |
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Parlato in | ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
Regioni | ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
Locutori | |
Totale | 5 700 000 (2002)[3] - 7 500 000[2] |
Altre informazioni | |
Scrittura | alfabeto latino |
Tipo | regionale |
Tassonomia | |
Filogenesi | Indoeuropee Italiche Romanze Italo-occidentali Italo-dalmate Italo-romanze Napoletano |
Statuto ufficiale | |
Ufficiale in | ![]() (dal 1442 al 1501)[4] |
Codici di classificazione | |
ISO 639-2 | nap
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ISO 639-3 | nap (EN)
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Glottolog | neap1235 (EN)
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Estratto in lingua | |
Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1
Tutt'e cristiani nascene libbere e cu eguale dignità e deritte; tenene raggione e cuscienza e hann'a uperà ll'uno cu ll'ate cu nu spirite 'e fratellanza. | |
La lingua napoletana nel mondo: in rosso il territorio di origine, in arancio i principali centri di diffusione secondaria. | |
La lingua napoletana è un idioma romanzo (appartenente al gruppo italo-romanzo) attestato fin dal medioevo nell'Italia meridionale.
Tale lingua è definita napoletano-calabrese[5] da Ethnologue, mentre Glottolog la include nell'italiano meridionale continentale[6] analogamente all'atlante delle lingue del mondo vulnerabili dell'UNESCO[7] che la comprende nell'italiano del Sud[8]. La classificazione ISO 639-3 le assegna il codice nap.
Storia[modifica | modifica wikitesto]
La lingua napoletana trae le proprie origini da un insieme più o meno omogeneo di antichi dialetti italo-meridionali, noti in epoca alto-medievale con il nome collettivo di volgare pugliese;[9] tale denominazione storica derivava dal ducato di Puglia e Calabria (comprendente in realtà vaste porzioni dell'Italia meridionale) che, in epoca normanna, gravitava su Salerno, non a caso definita "la capitale della Puglia",[10] in quanto sede principesca nell'ambito del regno di Sicilia.
Tuttavia, a partire dal XII secolo, l'Italia meridionale ebbe quale centro propulsore la città di Napoli, capitale dell'omonimo Regno fino al XIX secolo, sicché, sotto il profilo linguistico, divenne sempre più preponderante l'influsso della variante partenopea di volgare pugliese (intesa come variante letteraria, ad esempio, quella utilizzata da Giambattista Basile ne' Lo cunto de li cunti, overo lo trattenemiento de peccerille, da non confondersi dunque con il dialetto napoletano, parlato in un'area assai più ristretta, limitata grosso modo all'odierna città metropolitana di Napoli e che, allo stesso modo degli altri dialetti meridionali appartenenti allo stesso continuum linguistico, ha continuato ad evolversi per proprio conto nel corso dei secoli senza alcuna standardizzazione di base).[11]
Ciò accadde soprattutto a partire dal 1442 quando, per volontà di re Alfonso V d'Aragona, il suddetto idioma, nella sua forma letteraria e alternandosi in tale ruolo con l'italiano,[12] andò a costituire la lingua ufficiale della cancelleria del Regno, sostituendo in alcuni contesti il latino,[4] e conservando tale funzione per un periodo relativamente breve, fino al 1501, quando, per volere degli stessi letterati locali dell'Accademia Pontaniana, venne sostituito progressivamente (e dal 1554, per volontà di Girolamo Seripando, in modo definitivo) dal volgare toscano, ossia dall'italiano standard che, proprio dal XVI secolo, e in concomitanza con la trasformazione in viceregno del reame di Napoli, è usato come lingua ufficiale e amministrativa di tutti i Regni e gli Stati italiani preunitari (con l'unica eccezione del Regno di Sardegna insulare, dove l'italiano standard assunse tale posizione a partire dal XVIII secolo), fino ai giorni nostri.[13]
Anche dal XVIII secolo in poi, e in un contesto di già riacquistata autonomia e indipendenza politica del Regno di Napoli, la lingua napoletana continuò a non godere di alcuno status di ufficialità, dato che la funzione di lingua ufficiale e amministrativa del regno era ormai, già da tempo, svolta dalla lingua italiana; ciò nonostante, il prestigio storico-letterario e culturale della lingua napoletana sopravviverà assai più a lungo, andando ben oltre il Risorgimento e l'unità d'Italia e, sotto molti aspetti, giungendo anche in epoca contemporanea.[14]
Fonetica e ortografia[modifica | modifica wikitesto]
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Vocalismo[modifica | modifica wikitesto]
Anteriore | Centrale | Posteriore | |
---|---|---|---|
Alta | i | u | |
Medio-alta | e | ə | o |
Medio-bassa | ɛ | ɔ | |
Bassa | a | ɑ |
Consonantismo[modifica | modifica wikitesto]
Bilabiali | Labio- dentali |
Dentali/ Alveolari |
Post- alveolari |
Palatali | Velari | |
---|---|---|---|---|---|---|
Nasali | m | n | ɲ | (n) | ||
Occlusive | p b | t d | c ɟ | ch ɡh | ||
Affricate | t͡s d͡z | ci gi | ||||
Fricative | f v | s (s) | sci (s) | ɣ | ||
Vibrante | r | |||||
Laterali | l | ʎ | ||||
Approssimante | j | u |
Letteratura[modifica | modifica wikitesto]
Placiti cassinesi[modifica | modifica wikitesto]
«Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte sancti Benedicti.» |
(Capua, marzo 960) |
«Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe monstrai, Pergoaldi foro, que ki contene, et trenta anni le possette.» |
(Sessa, marzo 963) |
«Kella terra, per kelle fini que bobe mostrai, sancte Marie è, et trenta anni la posset parte sancte Marie.» |
(Teano, luglio 963) |
«Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe mostrai, trenta anni le possette parte sancte Marie.» |
(Teano, ottobre 963) |
Montecassino[modifica | modifica wikitesto]
Alle esperienze letterarie dell'Italia meridionale furono sensibili i monaci di Montecassino, centro di un'importante comunità di intellettuali nel Medioevo italiano. L'interesse letterario dei cassinensi, indirizzato prevalentemente a rafforzare l'esperienza della fede e della conoscenza di Dio, fu sollecitato da sempre secondo l'insegnamento lasciato da San Benedetto nella regola da lui redatta. Risalgono all'XI e al XII secolo dei manoscritti in volgare, di cui restano pochi frammenti, conservati nella biblioteca del monastero. È possibile distinguere in questa produzione una varietà di genere e stile insolita rispetto al contesto napolitano, che fu eguagliata solo con poeti toscani del XIII-XIV secolo e i successivi, tra cui Dante, in cui un complesso simbolismo religioso è sostenuto da gradevoli forme liriche, in Eo, sinjuri, s'eo fabello, o anzi in rime di gran pregio stilistico riesce a trapassare un realismo, di chiara ispirazione cristiana, che nella poesia medievale, ma anche nei classici, raramente fu espresso[15][16]:
(NAP)
«...te portai nullu meu ventre |
(IT)
«[me che] nel mio ventre ti portai |
(«Il pianto della Vergine Maria»[17]) |
La «scuola siciliana»[modifica | modifica wikitesto]
Le opere prodotte da un gruppo di poeti del Mezzogiorno, nel XIII secolo, rappresentano l'inizio della letteratura volgare italiana. I loro testi sono assemblati per le tematiche simili, nonché per il sublime lirismo che li caratterizza, e vengono definiti espressione di una corrente letteraria detta «scuola siciliana». Sono le poesie di Giacomo da Lentini, Rinaldo d'Aquino, Pier della Vigna, Giacomino Pugliese e Guido delle Colonne. Dalla Storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis però, che inizia con un'analisi sulla produzione degli scrittori federiciani, costoro sono trattati come il prodotto di un terreno artistico italiano uniforme su cui sarebbe maturata poi la letteratura italiana vera e propria. Inoltre, tanto coloro che adottarono il volgare pugliese quanto quelli che adottarono il volgare siciliano sono chiamati siciliani, perché con tale accezione si connotavano nel duecento, secondo il De Sanctis, coloro che provenivano dal Regno di Sicilia.

«Per la vertute de la calamita e questa cosa a credere mi 'nvita |
(Pier della Vigna) |
I siciliani costituirono un'importante svolta poetica rispetto alla tradizione provenzale, a cui si ispirarono, per aver sublimato ulteriormente le strutture simboliche dei trobadori, estraniando le tematiche cortesi dai motivi politici e religiosi che invece colorivano la poesia occitana. I toscani però, che spesso copiarono i modelli siciliani, poterono evolvere ulteriormente l'esperienza meridionale, privilegiati dalla familiarità con la realtà cittadina e comunale, dove l'identità culturale era fortemente condizionata dall'appartenenza a fazioni politiche o dalla connivenza con corporazioni economiche: così la poesia italiana si arricchì di tutte le innovazioni tematiche e spirituali proprie dei primi ambienti borghesi. D'altra parte la poesia meridionale finì con il cristallizzarsi entro alcuni stereotipi, perché i letterati del Regno di Sicilia erano fortemente condizionati dal sistema centralista e burocratico dello stato unitario, secondo la critica idealista.
Più recentemente alcuni autori[18][19] stanno mettendo in luce differenze specifiche, rifiutando di considerare lo «stilnovismo» come l'esito o un superamento della poesia meridionale: i rimatori in volgare pugliese sarebbero infatti ispirati da una weltanschauung diversa da quella degli artisti toscani, dei liberi comuni, e non riducibile ad una sorta di fase primitiva della poetica toscana, caratterizzata principalmente da tematiche cortigiane interpretate secondo i modelli culturali ghibellini, come l'idea di un'unità della Chiesa, indipendente dalle nazionalità, che sostiene l'unità dell'impero; come la propaganda per la centralità del potere laico, da cui deve dipendere quello religioso, le politiche sociali e finanziarie; come la volgarizzazione del progetto di ricostruzione di un unico stato cristiano sotto un diritto e un sovrano comune; così coloro che scrissero in siciliano invece fecero propria la tradizione popolare della Sicilia che esprimeva in contrasti amorosi le continue lotte fra fazioni e gruppi politici che per secoli hanno spaccato l'isola, ora araba, ora normanna, ora ortodossa, ora cattolica, con il trionfo finale della civiltà e della tradizione locale contro usurai, feudatari e latifondisti.
L'età moderna[modifica | modifica wikitesto]

Il più celebre poeta in lingua napoletana dell'età moderna è Giulio Cesare Cortese. Egli è molto importante per la letteratura dialettale e barocca, in quanto, con Basile, pone le basi per la dignità letteraria ed artistica della lingua napoletana moderna. Di costui si ricorda la Vaiasseide, un'opera eroicomica in cinque canti, dove il metro lirico e la tematica eroica sono abbassati a quello che è il livello effettivo delle protagoniste: un gruppo di vaiasse, donne popolane napoletane, che s'esprimono in lingua. È uno scritto comico e trasgressivo, dove molta importanza ha la partecipazione corale della plebe ai meccanismi dell'azione.
Prosa[modifica | modifica wikitesto]
La prosa in volgare napoletana diviene celebre grazie a Giambattista Basile, vissuto nella prima metà del Seicento. Basile è autore di un'opera famosa come Lo Cunto de li Cunti, overo lo trattenimiento de le piccerille, tradotta in italiano da Benedetto Croce, che ha regalato al mondo la realtà popolare e fantasiosa delle fiabe, inaugurando una tradizione ben ripresa da Perrault e dai fratelli Grimm. Altre prose sono alcune volgarizzazioni della regola di San Benedetto, attuata nel monastero di Montecassino nel XIII e nel XIV secolo e alcuni mea culpa o confessioni rituali scritte dai monaci cassinati per permettere la comprensione dei sacramenti cattolici anche a chi non conosceva la lingua latina.[20]
Cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]
Negli ultimi tre secoli è sorta una fiorente letteratura in napoletano, in settori anche diversi tra loro, che in alcuni casi è giunta anche a punte di alto livello, come ad esempio nelle opere di Salvatore di Giacomo, Raffaele Viviani, Ferdinando Russo, Eduardo Scarpetta, Eduardo de Filippo, Antonio De Curtis.
Sarebbero inoltre da menzionare nel corpo letterario anche le canzoni napoletane, eredi di una lunga tradizione musicale, caratterizzate da grande lirismo e melodicità, i cui pezzi più famosi (come, ad esempio, 'O sole mio) sono noti in diverse zone del mondo. Esiste inoltre un fitto repertorio di canti popolari alcuni dei quali sono oggi considerati dei classici.
Va infine aggiunto che a cavallo del XVII e XVIII secolo, nel periodo di maggior fulgore della cosiddetta scuola musicale napoletana, questa lingua sia stata utilizzata per la produzione di interi libretti di opere liriche, come Lo frate 'nnammurato del Pergolesi, e che hanno avuto una diffusione ben al di fuori dei confini partenopei.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Enzo Carro, Turnammo a scrivere napulitano, Cavinato Editore International, 2016, ISBN 978-88-6982-236-0.
- ^ a b Unesco: South Italian, su unesco.org. URL consultato il 25 febbraio 2019.
- ^ Ethnologue: Napoletano-Calabrese, su ethnologue.com. URL consultato il 25 febbraio 2019.
- ^ a b Situazione linguistica alla corte aragonese del Regno di Napoli, breve saggio dell'Università degli studi di Napoli (PDF), su core.ac.uk.
- ^ Napoletano-Calabrese, su ethnologue.com. URL consultato il 14 dicembre 2014.
- ^ Family: Italo-Dalmatian, su Glottolog. URL consultato l'8 dicembre 2020.
- ^ South Italian, su unesco.org. URL consultato il 14 dicembre 2014.
- ^ In totale, le "lingue vulnerabili" parlate in Italia riportate nell'Atlante dell'UNESCO – accanto al South Italian – sono 31.
UNESCO Atlas of the World's Languages in danger, su www.unesco.org. URL consultato il 29 gennaio 2020. - ^ Storia civile del Regno di Napoli, di Pietro Giannone, su books.google.it.
- ^ Salerno, in Enciclopedia fridericiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2005.
- ^ Distinzione tra lingua napoletana e dialetto napoletano: la lingua Napoletana è l'insieme di tutti i dialetti del gruppo italo-romanzo meridionale intermedio, e può essere sintetizzata in una sua forma aulica o colta esclusivamente nelle opere letterarie e scritte degli scrittori del passato; mentre, il dialetto napoletano, è solo uno di questi dialetti, specificatamente quello parlato nella città di Napoli e nel suo immediato circondario, e non rivendica alcun predominio idiomatico sugli altri dialetti del resto del meridione e rientranti nello stesso continuum linguistico, pur avendo potuto, durante il Medioevo e nella sua forma colta e scritta, maggiormente influenzare gli i primi scrittori in tale idioma., su patrimonilinguistici.it.
- ^ Documentazioni linguistiche da: Storia della città e regno di Napoli, su books.google.it.
- ^ Cronistoria nazionale, linguistica e culturale d'Italia, su italia.onwww.net.
- ^ Documentazioni saggistiche e di raccolta espositiva dall'Archivio di Stato di Napoli (PDF), su maas.ccr.it.
- ^ Inguanez M., Un dramma della Passione del secolo XII, Miscellanea Cassinense 18, Montecassino 1939, p. 42.
- ^ Contini G. (a cura di), Poeti del Duecento, I, Milano-Napoli 1960, pp. 9-13.
- ^ Si tratta di un testo poetico molto diffuso nella tradizione popolare italiana del Medioevo, che però solo nell'ambiente cassinate sembra esser stato raffinato con uno studio metrico e poetico. Vedi anche Sticca S., Il Planctus Mariae nella tradizione drammatica dell'alto medioevo.
- ^ De Barholomaeis.
- ^ Bertolucci-Pizzorusso.
- ^ Rabanus.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- (EN) Lingua napoletana, su Ethnologue: Languages of the World, Ethnologue.
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