Architettura romanica in Italia: differenze tra le versioni

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Duratura impronta lasciarono in questo periodo i maestri marmorari romani (le celebri famiglie dei [[Cosmati]] e dei [[Vassalletto]]), la cui attività superò anche i confini del Lazio. Le loro elaborate tarsie con marmi colorati e tessere di vari materiali lapidei vennero applicate a [[pavimenti]] e arredi liturgici quali [[pulpiti]], [[cibori]], [[altari]], [[cattedre]], [[candelabro pasquale|candelabri pasquali]], ecc. Talvolta vennero impiegati per decorare più complessi e vari spazi architettonici, come i chiostri di [[San Giovanni in Laterano]] e [[San Paolo fuori le Mura]] (prima metà del XIII secolo), con coppie di colonne dai fusti alternativamente lisci, tortili o intrecciati e più o meno mosaicati.
Duratura impronta lasciarono in questo periodo i maestri marmorari romani (le celebri famiglie dei [[Cosmati]] e dei [[Vassalletto]]), la cui attività superò anche i confini del Lazio. Le loro elaborate tarsie con marmi colorati e tessere di vari materiali lapidei vennero applicate a [[pavimenti]] e arredi liturgici quali [[pulpiti]], [[cibori]], [[altari]], [[cattedre]], [[candelabro pasquale|candelabri pasquali]], ecc. Talvolta vennero impiegati per decorare più complessi e vari spazi architettonici, come i chiostri di [[San Giovanni in Laterano]] e [[San Paolo fuori le Mura]] (prima metà del XIII secolo), con coppie di colonne dai fusti alternativamente lisci, tortili o intrecciati e più o meno mosaicati.

== Architettura romanica dell'Abruzzo e del Molise ==
Benché l'[[Abruzzo]] e il [[Molise]] siano due territori separati, nell'[[XI secolo]] e nel [[XII secolo]] furono legate dall'arte romanica, dal versante dei monti del [[Sangro]]. Il Molise successivamente, da parte della costa Adriatica nelle zone di [[Termoli]] e [[Guglionesi]] risentì dell'influsso del [[romanico pugliese]]<ref>{{Cita web|url=http://www.pleinair.it/mio_viaggio/diario-molise-cuor-di-medioevo/|titolo=Molise cuor di Medioevo}}</ref>.

;Romanico abruzzese
[[File:Moscufo Santa Maria del Lago 02.jpg|thumb|Ambone di Nicodemo nella chiesa di Santa Maria del Lago a [[Moscufo]] (PE)]]
[[File:Bominaco-OratorioDiSanPellegrino 18.JPG|thumb|left|Affreschi dell'[[Oratorio di San Pellegrino]] a [[Bominaco]] (AQ)]]
In Abruzzo già dal [[IX secolo]] in poi sorsero le prime cinque grandi abbazie dell'ordine cistercense<ref>{{cita libro |nome= Luigi |cognome=Mammarella |titolo= Abbazie e monasteri cistercensi in Abruzzo |annooriginale= 1995 |editore= Adelmo Polla Editore |città= Cerchio (AQ) |ISBN= 88-7407-027-6 |pagine= 148}}</ref>: il [[Monastero di Santo Spirito (Ocre)|monastero di Santo Spirito d'Ocre]], l'[[abbazia di Santa Maria di Casanova]], l'[[abbazia di Santa Maria della Vittoria]], l'[[abbazia di Santa Maria Arabona]] e l'[[abbazia dei Santi Vito e Salvo]]. Di queste chiese originali solamente Santa Maria Arabona e il monastero di [[Ocre]] si sono conservate per intero, mentre della badia di Casanova solo la torre di guardia. Da questi esempi, assieme all'[[abbazia di San Bartolomeo]] in [[Carpineto della Nora]], si desume che i monasteri fossero veri centri pulsanti della zona, costituti da cinta muraria fortificata e da torri d'avvistamento. Gli influssi stilistici erano chiaramente le badie della [[Francia]], nonché del nord Italia: i monasteri presentano infatti una pianta longitudinale con transetto a bracci e triplice abside semicircolare, con facciata a capanna, sia tripartita che non, suddivisa da lesene o da paraste verticali, con rosone centrale decorato a raggi.<ref>{{Cita web|url=http://www.regione.abruzzo.it/xCultura/docs/introRosoni/introduzione-rosoni.pdf/|titolo=Rosoni}}</ref>.

Oltre a queste abbazie, sorsero altri monasteri, alcuni dei quali rifacimenti romanici di strutture più antiche, risalenti all'[[VIII secolo]], come l'[[abbazia di San Pietro ad Oratorium]]<ref>{{cita web |url=http://www.regione.abruzzo.it/xcultura/index.asp?modello=chiesaRomAQ&servizio=xList&stileDiv=monoLeft&template=intIndex&b=chiesero2249&tom=249 |titolo= Chiesa di San Pietro ad Oratorium |accesso= 17 maggio 2016 }}</ref>, l'[[abbazia di San Liberatore a Majella]] e l'[[oratorio di San Pellegrino]] a [[Bominaco]], con iscrizione di [[Carlo Magno]]. Nell'[[872]] fu costruita la possente [[abbazia di San Clemente a Casauria]] per beneficio di [[Ludovico II il Giovane]]; il complesso è considerato la massima espressione del romanico abruzzese in pietra della [[Majella]], conservando la facciata con il portico originale e il portale centrale lunettato, decorato da bassorilievi a figure antropomorfe, motivi vegetali, e alte personalità dell'ordine degli abati. Presso il portale bronzeo, semi-ricostruito, sono presenti delle tessere con lo stemma dei principali castelli (oggi comuni) feudali del territorio della Majella, soggetti al controllo della badia.

[[File:San Liberatore Serramonacesca 1.jpg|thumb|left|Facciata dell'[[Abbazia di San Liberatore a Majella]] ([[Serramonacesca]])]]

Intorno al [[1075]], presso [[Corfinio]], fu consacrata la [[Basilica di San Pelino (Corfinio)|basilica di San Pelino]] con l'annesso mausoleo di Sant'Alessandro. Analizzando gli interni con i pulpiti in pietra di stucco, finemente lavorati con motivi vegetali e animali, gli storici hanno attribuito queste opere a una stessa bottega che nel [[XII secolo]] (costituita da Nicodemo, Roberto e Ruggero) operò nelle principali abbazie abruzzesi, come a San Clemente a Casauria e a San Liberatore<ref>{{Cita web|url=http://www.regione.abruzzo.it/xCultura/index.asp?modello=chiesaRomAQ&servizio=xList&stileDiv=monoLeft&template=intIndex&b=chiesero2226&tom=226/|titolo=Basilica di San Pelino a Corfinio}}</ref>.
Originalmente sulle pareti e sull'abside esistevano cicli di affreschi, come di maniera nell'arte romanica, purtroppo in gran parte perduti per causa del tempo e dei terremoti. Un ampio ciclo pittorico è presente nella chiesa di Santa Maria del Lago a [[Moscufo]], abbazia cimiteriale fuori l'abitato, in cui si conserva un ambone in pietra con motivi vegetali e bassorilievi di figure umane e animali, presumibilmente della stessa bottega di San Clemente a Casauria. L'ambone è del [[1156]], opera di Nicodemo di [[Guardiagrele]] (1159)<ref>{{Cita web|url=http://www.medioevo.org/artemedievale/Pages/Abruzzo/Moscufo.html/|titolo=Chiesa di Santa Maria del Lago}}</ref>, ricco di ornamenti e specialmente della pittura originale che abbellisce le figure in bassorilievo. L'opera è impostata su quattro colonne congiunte da archi a sesto acuto; la cassa presenta su due lati i simboli dell'Aquila di [[Giovanni apostolo ed evangelista|san Giovanni Evangelista]] e dell'Angelo di [[Matteo apostolo ed evangelista|san Matteo]] che sostengono un leggio, poggianti sul Leone di [[Marco evangelista|San Marco]] e sul Bue di [[Luca evangelista|san Luca]]<ref>{{Cita web|url=http://www.abruzzando.com/chiesa-di-santa-maria-del-lago/|titolo=Abbazia di Santa Maria del Lago a Moscufo}}</ref>.
[[File:L'Aquila, San Pietro a Coppito 2007 by-RaBoe-1.jpg|thumb|[[Chiesa di San Pietro a Coppito]] a [[L'Aquila]]]]

Presso la [[piana di Navelli]] si trovano i resti del complesso monumentale di [[Bominaco]], semi-distrutto dall'invasione di [[Braccio da Montone]] nel [[1423]]: essi sono la [[chiesa di Santa Maria Assunta (Bominaco)|chiesa di Santa Maria Assunta]]<ref>{{cita web
|url=http://www.regione.abruzzo.it/xcultura/index.asp?modello=chiesaRomAQ&servizio=xList&stileDiv=monoLeft&template=intIndex&b=chiesero2253&tom=253
|titolo= Chiesa di Santa Maria Assunta|accesso= 3/7/2013|editore= Regione Abruzzo}}</ref>, ossia l'abbazia originaria, e l'[[oratorio di San Pellegrino]]. Mentre la prima conserva la perfetta impostazione romanica con facciata a capanna tripartita, e l'interno ornato dalle opere dell'ambone in pietra e del pulpito a motivi vegetali della bottega di Nicodemo, l'oratorio di San Pellegrino mostra un interno completamente affrescato nel [[XIII secolo]], intorno alla seconda metà del Duecento<ref>{{cita web
|url=http://www.regione.abruzzo.it/xcultura/index.asp?modello=chiesaRomAQ&servizio=xList&stileDiv=monoLeft&template=intIndex&b=chiesero2250&tom=250
|titolo= Oratorio di San Pellegrino|accesso= 3/7/2013|editore= Regione Abruzzo}}</ref>, testimonianza preziosa della pittura romanica chiesastica abruzzese, dove ogni centimetro dello spazio interno, a volta a sesto acuto, è occupato da cornici che spezzano i quadri delle scene. Di notevole interesse è la controfacciata affrescata da un dipinto colossale di San Pellegrino, e la parete a sinistra con il ''Calendario Bominacese'', allegoria dei mesi e del lavoro della terra dal punto di vista cristiano.

Nella zona di [[L'Aquila]] si sviluppò, intorno al [[1254]], il cosiddetto "romanico aquilano" che condizionò anche le chiese dei territori circostanti, detti Castelli Aquilani, che fondarono la città in quel periodo. Specialmente il romanico aquilano è evidente nelle grandi chiese fondate dai castelli, con la stessa intitolazione della parrocchie storiche dell'[[XI secolo]] di [[Assergi]], [[Roio]], [[Coppito]] e [[Paganica]]. Le quattro maggiori chiese sono "capoquarto" dei quattro rioni storici aquilani<ref>[http://www.italia.it/it/in-primo-piano/itinerari-aquilani/i-quarti-dellaquila-san-giovanni-san-pietro-santa-giusta-e-santa-maria.html cfr. Maria Rita Acone, ''I Quarti dell'Aquila'']</ref>. Benché frutto di restauri pesanti a causa dei vari terremoti, e a volte di vere e proprie ricostruzione ideali, come nel caso della [[chiesa di San Pietro a Coppito]], di matrice barocca, dopo il disastroso terremoto del [[1703]]<ref>{{Cita web|url=http://cultura.regione.abruzzo.it/index.asp?modello=chiesaRomAQ&servizio=xList&stileDiv=monoLeft&template=intIndex&b=chiesero2274&tom=274/|titolo=Chiesa di San Pietro a Coppito}}</ref>, le chiese aquilane romaniche principali sono:
*[[chiesa di Santa Giusta]]<ref name=Arcidiocesi>{{cita web|url=http://www.culturaebeni.it/monumenti-adottare/lista-monumenti/7-chiesa-santa-giusta.html|autore=[[Arcidiocesi dell'Aquila]]|titolo=Santa Giusta intus|accesso=02-02-2011}}</ref> sia del rione San Giorgio, che dell'omonima antica in contrada [[Bazzano (L'Aquila)|Bazzano]]: con facciata romanica scandita da portale tardoromanico strombato;
*[[chiesa di Santa Maria Paganica]] del rione Santa Maria;
*[[chiesa di San Pietro a Coppito]] del rione San Pietro;
*[[chiesa di San Marciano]] del rione San Giovanni<ref>{{Cita|Orlando Antonini||Antonini, 2010}}, pag.137</ref>;
*chiesa di Santa Maria di [[Farfa]].

[[File:Abbazia di San Giovanni in Venere - panoramio (2).jpg|thumb|[[Abbazia di San Giovanni in Venere]] a [[Fossacesia]]]]

Tali chiese contengono tutte una pianta longitudinale con facciata quadrangolare delimitata da paraste e da cornici marcapiano. I portali sono tardo-romanici, aventi una lunetta affrescata, e strombature, con cornice impostata su due colonnine cilindriche. Il centro della facciata è completato da un rosone a raggi o a semplice bucatura circolare con vetrata. Gli interni delle chiese aquilane sono di vario stile, dal gotico al barocco, poiché distrutte più volte dai terremoti.

Esempi di romanico abruzzese ci furono specialmente anche nel teramano, presso la [[chiesa di San Clemente al Vomano]]<ref>{{Cita web|url=http://www.valledelleabbazie.it/project/san-clemente-al-vomano/|titolo=San Clemente al Vomano}}</ref>a [[Notaresco]] e alla [[chiesa di San Salvatore (Canzano)|chiesa di San Salvatore a Canzano]], dove fortunatamente si riscontra lo stesso progetto di pianta longitudinale, con interno monumentale a tre navate, con soffitto a capriate lignee, e pareti affrescate, specialmente nell'abside.

Sulla costa abruzzese un ''unicum'' è l'[[abbazia di San Giovanni in Venere]] (XII sec.), presso la suggestiva [[costa dei Trabocchi]], dove è conservata perfettamente l'architettura esterna monumentale, con facciata decorata da portale a bassorilievi sacrali sia nella lunetta, che lungo i fianchi dell'accesso, in pietra bianca<ref>{{Cita web|url=http://conoscere.abruzzoturismo.it/index.php?Canale=Dove&IDCanaleSub=29&IDCanaleSubSub=0&IDItem=1467&ItemType=BC/|titolo=Abbazia di San Giovanni in Venere}}</ref>.
Alcune decorazioni a motivi vegetali sono presenti anche presso le tre absidi semicircolari. L'interno, a causa di una devastazione dei [[turchi]] nel [[1566]], è spoglio di affreschi, tranne la cripta, scandita da volte a botte con pilastri cilindrici ricavati dal tempio pagano sopra cui l'abbazia poggia. La cripta conserva invece affreschi duecenteschi abbastanza in buono stato, come quello del ''Cristo in trono tra santi''. Altri monasteri di età romanica erano presenti lungo la costa, come la basilica di San Marco di [[Ortona]], l'[[abbazia di Santo Stefano in Rivomaris]] a [[Casalbordino]] e l'[[abbazia dei Santi Vito e Salvo]] a [[San Salvo]]; tuttavia poco si è salvato di esse a causa delle devastazioni turche<ref>{{cita|Tria 1744|Vol.III Cap.I p.167}}</ref>.

;Romanico molisano
[[File:Old Town, 86100 Campobasso, Italy - panoramio - trolvag.jpg|thumb|Chiesa di San Giorgio a [[Campobasso]]]]

Nell'[[XI secolo]] circa il Molise ebbe molti contatti con l'[[Abruzzo]], sia dal punto di vista commerciale che culturale, e subì, specialmente nella zona del tratturo di [[Castel di Sangro]], all'estremo confine con l'odierna regione, gli influssi dell'arte romanica. Il territorio era in possesso dell'antichissima [[Abbazia di San Vincenzo al Volturno]], ante-romanica, ma ricostruita successivamente secondo lo stile attuale, mostrando la classica impostazione di struttura quadrangolare fortificata, con edificio maggiore, edificio minore, e cripta sacrale, dedicata ad Epifanio Vescovo, con preziosi cicli pittorici pre-romanici, del [[IX secolo]]<ref>{{Cita web|url=http://www.sanvincenzoalvolturno.it/|titolo=San Vincenzo al Volturno}}</ref>. Il Molise nell'ambito romanico produsse edifici religiosi molto simili a quelli abruzzesi, impostati sulla pianta longitudinale, con facciata a capanna, e interni a tre navate con soffitti a capriate lignee, e navate scandite da arcate a tutto sesto rialzate, e colonnine a capitelli polistili. Esempi di grande interesse sono il monastero di Santa Maria del Canneto a [[Roccavivara]]<ref>{{Cita web|url=http://www.santamariadicanneto.it/|titolo=Santa Maria del Canneto}}</ref>e la chiesa di Santa Maria della Strada a [[Matrice]]. Un esempio di architettura tardo-romanica, impostata tuttavia sulla mescolanza di più stili dal tardo-carolingio al bizantino, è la chiesa parrocchiale di San Giorgio in [[Petrella Tifernina]].

Il romanico influenzò anche il primitivo nucleo dei [[Campobasso]], dove validi esempi sono presenti nella città alta medievale, nel tempio (un tempo cimiteriale) della [[chiesa di San Giorgio (Campobasso)|chiesa di San Giorgio]]<ref>{{Cita web|url=http://guide.travelitalia.com/it/guide/campobasso/la-chiesa-di-san-giorgio-campobasso/|titolo=Chiesa di San Giorgio a Campobasso}}</ref>e nella [[chiesa di San Bartolomeo (Campobasso)|chiesa di San Bartolomeo]] ai piedi del [[Castello Monforte]]. Presso la costa invece l'influsso fu il [[romanico pugliese]], poiché soggette, nel [[XIII secolo]] al potere di [[Federico II di Svevia]], che fece ricostruite le principali città di [[Termoli]]<ref>{{Cita web|url=http://www.regione.molise.it/WEB/korai/korai_cim.nsf/026b140610752d65c1256c5900329165/a9ce377d2b5d6a2cc1256c600031b553?OpenDocument/|titolo=Molise: il romanico}}</ref>, dove figura la [[cattedrale di Santa Maria della Purificazione]] e [[Guglionesi]], dove si conserva in perfetto romanico pugliese la chiesa di [[San Nicola]] e la cripta originale della [[Insigne collegiata parrocchiale di Santa Maria Maggiore|collegiata di Santa Maria Maggiore]], trasformata nella parte del tempio attuale in forme barocche<ref>{{Cita web|url=http:///www.regione.molise.it/web/turismo/turismo.nsf/0/3322348BB92A8A4EC1257570003F8D76?OpenDocument/|titolo=Guglionesi: chiese di San Nicola e Santa Maria Maggiore}}</ref>.


==Architettura romanica in Campania==
==Architettura romanica in Campania==

Versione delle 20:24, 26 apr 2017

Voce principale: architettura romanica.
Il duomo di Modena

L'architettura romanica in Italia copre un periodo di produzione architettonica più ampio di altri paesi europei, dai precoci esempi intorno alla metà dell'XI secolo fino, in alcune regioni, a tutto il XIII secolo.

Varianti regionali

Il panorama artistico è molto variegato, con "romanici" regionali con caratteristiche proprie, sia per quanto riguarda le tipologie costruttive sia i materiali utilizzati. Grande varietà è data anche dai molteplici materiali utilizzati, che dipendevano fortemente dalla disponibilità locale, dato che le importazioni erano molto costose. Infatti, in Lombardia il materiale più utilizzato fu il laterizio, data la natura argillosa del terreno, questo non vale però a Como, che invece aveva grande disponibilità di pietra; in Toscana invece non sono rari gli edifici in marmo bianco di Carrara con inserti in marmo serpentino verde; in Puglia venne usata il chiaro tufo calcareo. A parte il caso pugliese, da Roma in giù il romanico tende a farsi più raro e a mescolarsi con caratteristiche di provenienza bizantina ed araba.

Si possono individuare alcune zone principali:

Architettura romanica lombarda ed emiliana

Lo stesso argomento in dettaglio: Romanico lombardo.
San Michele Maggiore a Pavia

La Lombardia, intesa come unità territoriale allora più ampia di oggi, comprendente Emilia e altre zone vicine, fu la prima regione a ricevere le novità artistiche dall'Oltralpe, grazie all'ormai secolare movimento di artisti lombardi in Germania e viceversa.

Queste influenze vennero elaborate secondo schemi tipicamente italiani, come quelli offerti dall'esempio precoce dell'abbazia di Pomposa (di magister Marzulo), consacrata nel 1026, con un campanile iniziato da Magister Deusdedit nel 1063. Vi si riscontra un'originale decorazione bicroma, tramite l'uso di mattoni bianchi e rossi, e per la prima volta in Italia la facciata appare decorata da sculture, in questo caso da bassorilievi finemente scolpiti e traforati con tralci ed animali ispirati forse alle stoffe sasanidi dalla Persia. Anche il campanile è precoce sia per tipologia (isolato rispetto al corpo della chiesa, secondo un modello che divenne poi tipicamente italiano), si per lo stile delle decorazioni, con archetti pensili e lesene che movimentano la muratura, forata dall'apertura di finestre ad archetti via via più ampie. Si pensa che queste caratteristiche siano state importate dal mondo bizantino e armeno.

Più vicine a modelli germanici sono le chiese di Santa Maria Maggiore a Lomello (1025-1050) e di San Pietro al Monte a Civate (con doppia abside contrapposta).

Importante è il precoce esempio della basilica di Sant'Abbondio a Como, a cinque navate a coperta a travi lignee, dove è presente un doppio campanile nello stile dei Westwerk tedeschi e una decorazione del paramento esterno con archetti ciechi e lesene, oltre che da un notevole corredo scultoreo dei Maestri comacini.

Interno di Sant'Ambrogio, Milano

Tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo, in uno stile romanico già maturo, venne ricostruita la basilica di Sant'Ambrogio a Milano, dotandola di volte a crociera costolonate ed un disegno molto razionale, con una perfetta corrispondenza tra il disegno in pianta e gli elementi in alzato. L'isolamento stilistico di Sant'Ambrogio non doveva essere spiccato quanto oggi, rispetto all'epoca della ricostruzione, quando esistevano altri monumenti andati perduti o pesantemente manomessi nei secoli (come il duomo di Pavia, di Novara, di Vercelli, ecc.).

Altri sviluppi sono testimoniati dalla basilica di San Michele Maggiore a Pavia, con la facciata costituita da un unico grande profilo pentagonale con i due spioventi, tripartito da contrafforti a fascio, e, nella parte alta, decorato da due gallerie simmetriche di archetti su colonnine, che seguono il profilo della copertura; il forte sviluppo ascensionale è sottolineato anche dalla disposizione delle finestre, concentrate nella zona centrale. Il modello di questa chiesa venne ripreso anche nella chiese pavesi di San Teodoro e di San Pietro in Ciel d'Oro (consacrata nel 1132), e venne sviluppato nella cattedrale di Parma (fine XII-inizio XIII secolo) e in quello di Piacenza (iniziato nel 1206).

Il duomo di Modena è una delle testimonianze pervenutaci in maniera più coerentemente unitaria di tutta l'architettura romanica. Fondato nel 1099 ad opera dell'architetto lombardo (forse comasco) Lanfranco, fu costruito in poche decine d'anni, per questo non presenta inserimenti gotici significativi. A tre navate prive di transetto e con tre absidi, era coperta anticamente da capriate lignee, che vennero sostituite con volte a crociera soltanto nel XV secolo. La facciata a spioventi riflette la forma interna delle navate, ed è tripartita da due poderose paraste mentre il centro è dominato dal portale con protiro a due piani (il rosone ed i portali laterali sono invece più tardi). La serie continua di loggette ad altezza di "matroneo", racchiuse da arcate cieche, che cingono tutt'intorno il duomo, creano un ritmato effetto di chiaroscuro, molto copiato in costruzioni successive. Di straordinario pregio e importanza è il corredo scultoreo composto dai celebri rilievi di Wiligelmo e dei suoi seguaci. La basilica di San Zeno a Verona è l'esempio più diretto di derivazione dal duomo modenese.

Notevole è pure il duomo di Fidenza, come pure richiami romanici ha la cattedrale di San Giorgio (Ferrara).

In Piemonte le influenze lombarde si sommarono a quelle del romanico francese, provenzale, come nella Sacra di San Michele o nella chiesa dei Santi Pietro e Orso ad Aosta. In Liguria il linguaggio stilistico lombardo venne ulteriormente filtrato e mischiato con influenze pisane e bizantine, come nel duomo di Ventimiglia o nelle chiese genovesi di Santa Maria di Castello, San Donato, Santa Maria delle Vigne e San Giovanni di Prè, compresi i corredi scultorei originari.

Venezia

La basilica di San Marco, Venezia

A Venezia il capolavoro architettonico di questo periodo fu la costruzione della basilica di San Marco. Iniziata dal doge Domenico Contarini nel 1063 su un edificio preesistente, fungeva da cappella palatina di Palazzo Ducale e non dipendeva dal patriarca di Venezia. La basilica poté dirsi conclusa solo nel XIV secolo, ma nonostante ciò costituisce un insieme unitario e coerente tra le varie esperienze artistiche a cui è stata soggetta nel corso dei secoli.

La basilica è una congiunzione pressoché unica tra arte bizantina e occidentale. La pianta è a croce greca con cinque cupole distribuite al centro e lungo gli assi della croce, raccordate da arconi. Le navate, tre per braccio, sono divise da colonnati che confluiscono verso i massicci pilastri che sostengono le cupole; essi non sono realizzati come blocco unico di muratura ma articolati a loro volta con quattro pilastri e una cupoletta.

Elementi di origine occidentale sono invece la cripta, che interrompe la ripetitività di una delle cinque unità spaziali, e la collocazione dell'altare non al centro della struttura (come nei martyrion bizantini), ma nella zona absidale est. Per questo i bracci non sono identici, ma sull'asse est-ovest hanno la navata centrale più ampia, creando così un asse longitudinale principale che convoglia lo sguardo verso l'altare.

L'esterno venne sontuosamente decorato dopo la presa di Costantinopoli del 1204, con lastre di marmo, colonne policrome e statue di spoglio della capitale bizantina. Più o meno nello stesso periodo vennero rialzate le cupole, per essere visibili dall'esterno, e venne disegnata la piazza porticata di San Marco. L'interno è coperto da preziosi mosaici che furono realizzati in un arco di tempo che va dall'inizio dell'XI secolo al XIII secolo (senza contare i rifacimenti rinascimentali e le aggiunte in facciata del Sette e Ottocento).

Il resto del Veneto fu dominato dalle influenze bizantine che filtravano da Venezia, ma una citazione di modi lombardi è riscontrabile nei due ordini di loggette lungo la zona absidale della chiesa dei Santi Maria e Donato a Murano. Verona invece, come detto nel paragrafo precedente, era nella sfera di influenza emiliana.

Architettura romanica nella zona alpina

Il retro della collegiata di San Candido
Lo stesso argomento in dettaglio: Architettura romanica in Valle d'Aosta.

A San Candido vi è un importante esempio di architettura romanica in zona alpina, la collegiata di San Candido, che presenta, come spesso accade in quelle zone, elementi derivati da culture diverse, essendo posto lungo un valico in cui correva il confine geografico tra Italia e zona nordica.

Architettura romanica in Toscana

Il romanico pisano

Lo stesso argomento in dettaglio: Romanico pisano.
Il duomo di Pisa

Il romanico pisano si sviluppò a Pisa al tempo in cui era una potente Repubblica Marinara, dalla seconda metà dell'XI alla prima del XIII secolo, e si irradiò ai territori controllati dalla Repubblica di Pisa (Corsica e parte della Sardegna comprese) ed a una fascia di Toscana settentrionale da Lucca fino a Pistoia. Il carattere marittimo della potenza pisana, e la peculiarità degli elementi stilistici propri del suo stile fecero sì che la diffusione del romanico pisano si estendesse ben oltre la sfera di influenza politica della città. Influssi pisani si trovano in diversi punti dell'area mediterranea, come anche le coste dell'Adriatico (Puglia, Istria)

La prima realizzazione fu il duomo di Pisa, iniziato nel 1063-1064 da Buscheto e proseguito da Rainaldo, che venne consacrato nel 1118. Come a Venezia, l'architettura pisana venne influenzata da quella costantinopolitana e bizantina in generale, con cui la Repubblica aveva forti contatti commerciali. Elementi di possibile influsso bizantino sono i matronei e la cupola ellittica con coronamento a bulbo, posta alla maniera "lombarda" all'incrocio dei bracci. Ma elementi orientali vennero reinterpretati secondo un preciso gusto locale, pervenendo a forme artistiche di notevole originalità. Per esempio l'interno a cinque navate con colonnati (anticamente a croce greca, ampliato a pianta latina da Rainaldo), ispirato alla scomparsa cattedrale romanica di San Martino a Lucca, ha una spazialità tipicamente paleocristiana.

San Michele in Foro, Lucca

Elementi tipici del romanico pisano sono l'uso dalle loggette pensili, ispirate all'architettura lombarda, ma moltiplicate fino a coprire su ordini diversi intere facciate, e di arcate cieche, il motivo della losanga, una delle caratteristiche più riconoscibili, derivato da modelli islamici nord-africani, e la bicromia a fasce alternate, derivata da modelli della Spagna musulmana.

Altri capolavori a Pisa sono la celeberrima Torre pendente (iniziata nel 1173), il primo anello del Battistero (iniziato nel 1153), la chiesa di San Paolo a Ripa d'Arno (fine XII-l'inizio del XIII secolo), la chiesa di San Michele in Borgo.

Da Pisa il nuovo stile arrivò a Lucca, sovrapponendosi al primitivo romanico lucchese conservato nella basilica di San Frediano e Sant'Alessandro Maggiore. La chiesa di San Michele in Foro, Santa Maria Forisportam, la facciata della cattedrale di San Martino (terminata nel 1205), ad opera delle maestranze di Guidetto da Como rappresentano un'evoluzione dello stile pisano in forme ancora più ricche sul piano decorativo, a scapito della originalità architettonica. A Pistoia l'uso del marmo verde di Prato abbinato in fasce alternate al marmo bianco creò effetti di vibrante bicromia (chiesa di San Giovanni Fuorcivitas, XII secolo) così come nel duomo di Prato.

Oltre alla direttrice verso est, l'influenza del romanico pisano seguì anche una direttrice verso sud (duomo di Volterra, duomo di Massa Marittima) assumendo caratteri in parte autonomi che hanno fatto parlare di romanico volterrano.

Decine di pievi sparse nella campagna seguono gli stilemi pisani declinandoli in molte varianti ed adattandoli alla variabile disponibilità economica delle popolazioni del contado. Spicca tra queste la pieve di Santa Maria a Chianni.

In Sardegna sono visibili influssi dell'architettura pisana in diversi edifici così come in Liguria e in Corsica. L'influenza del romanico pisano giunse anche in Puglia e di lì anche in Dalmazia.

Il romanico a Firenze

Lo stesso argomento in dettaglio: Romanico fiorentino.
Battistero di San Giovanni, Firenze

A Firenze tra XI e XII secolo si usarono alcuni elementi comuni al romanico pisano, ma con un'impronta molto diversa, caratterizzata da una serena armonia geometrica che ricorda le opere antiche. Evidente è nel Battistero di San Giovanni il senso del ritmo nella scansione dei volumi esterni, tramite l'uso di riquadri, lesene classicheggianti, archetti ciechi a tutto sesto ecc. seguendo un preciso schema modulare che si ripete sugli otto lati. La datazione del battistero è stata a lungo discussa (edificio romano trasformato in basilica? Edificio paleocristiano? Edificio romanico?), anche per la scarsità di documentazione. A seguito di scavi archeologici, effettuati dopo il 2000, si è riscontrato che le fondazioni sono ben due metri sopra il livello della pavimentazione romana, quindi se ne può dedurre che l'epoca d'impianto dell'edificio non è anteriore al IX secolo. Il paramento interno a marmi policromi, fortemente ispirato al Pantheon di Roma, venne comunque concluso all'inizio del XII secolo (i mosaici pavimentali sono datati 1209 e quelli della scarsella 1218), mentre la prima fase del rivestimento esterno deve risalire circa allo stesso periodo.

Altri esempi del rinnovato stile fiorentino sono la basilica di San Miniato al Monte (iniziata nel 1013 e completata gradualmente fino al XIII secolo), che presenta una scansione razionalmente ordinata della facciata bicroma, e una rigorosa struttura ispirata al romanico lombardo (tribuna). La piccola San Salvatore al Vescovo, la collegiata di Sant'Andrea a Empoli e il paramento incompleto della facciata della Badia Fiesolana, insieme ad un modesto numero di pievi e chiese minori, completano il quadro.

Lo stile fiorentino non ha avuto la diffusione del romanico pisano o lombardo, tuttavia la sua influenza fu determinante per i successivi sviluppi dell'architettura, in quanto ha costituito la base alla quale attinsero Francesco Talenti, Leon Battista Alberti, Filippo Brunelleschi e gli altri architetti che crearono l'architettura del Rinascimento. La chiesa dei Santi Apostoli ne è un chiaro esempio; infatti per la sua spazialità annuncia, come notò il Vasari, temi rinascimentali. Per questo, nel caso del romanico fiorentino, si può parlare di "proto-rinascimento", ma al tempo stesso di estrema propaggine della tradizione architettonica tardoantica. Proprio dal perseguimento di un ideale "classico" collocato fuori del tempo nascono le difficoltà di datazione del Battistero, analogamente a quanto si verifica per altri monumenti medievali italiani di forte impronta classica, come la chiesa di Sant'Alessandro a Lucca o la basilica di San Salvatore a Spoleto con il vicino Tempietto del Clitunno.

Il resto della Toscana

Fuori dall'influenza culturale delle principali città, la Toscana è straordinariamente ricca di numerose chiese romaniche poste soprattutto in ambito rurale. Molte sono di origine monastica e sono dovute alla presenza di vari ordini, antichi come i benedettini o di nuova origine (riformati) come quello cluniacense o quelli dei camaldolesi e dei vallombrosani. A causa del carattere sovrannazionale degli ordini monastici sono ricche anche di influenze transmontane o comunque non toscane[1]. Tra queste l'abbazia di Sant'Antimo (metà dell'XII secolo), fa parte di una esigua classe di chiese italiane ispirata a modelli francesi, con navate a ritmo obbligato (alternanza semplice colonna-pilastro), presbiterio a colonne, deambulatorio a cappelle radiali. L'enorme diffusione di questo tipo in Francia (centinaia di esempi, per lo più allineati lungo le vie di pellegrinaggio) rende arduo individuare una diretta filiazione. Tipica delle chiese di origine monastica, solitamente ad una sola navata, è la presenza di cripte come per esempio nell'abbazia di Farneta a Cortona[2] e nell'abbazia di San Salvatore sul Monte Amiata che addirittura presenta il motivo nordico della facciata tra due torri.

Molti dei centri monastici avevano una funzione di hospitium, cioè di centro di accoglienza per pellegrini e viandanti in genere, posti non solo lungo la via Francigena, ma anche lungo numerosi altri percorsi sulla direttrice nord-sud, come le chiese poste sul Montalbano (San Giusto, San Martino in Campo), o quelle verso i vari valichi appenninici (San Salvatore in Agna, badia di Montepiano).

Comunque molte delle chiese rurali sono invece pievi, centri religiosi di territori caratterizzati dall'insediamento sparso, e posti pertanto, ancora oggi, isolate nel paesaggio agricolo e non inserite in centri abitati. Le pievi rurali, dovendo assicurare una maggiore capienza, sono spesso a tre navate e triabsidate e più influenzate dalle scuole artistiche delle vicine città, anche se non sono prive di influenze lombarde, dovute a maestranze itineranti padane, come la pieve di Monterappoli[3] che è la prima di una serie di chiese della Valdelsa e come la pieve di San Leonardo ad Artimino, la Pieve di San Pietro a Romena, la Pieve di San Pietro a Gropina.

Architettura romanica in Umbria, Marche e Alto Lazio

Il duomo di Spoleto

Umbria

Anche in Umbria alcune chiese mostrano influenze lombarde, sebbene combinate con elementi più classici desunti da vestigia antiche sopravvissute nella regione. È il caso della basilica di Santa Maria Infraportas a Foligno, delle chiese di San Salvatore a Terni o Santa Maria Maggiore ad Assisi.

Simili tra loro sono le soluzioni più originali del duomo di Assisi (San Rufino, dalla metà del XII secolo) o del duomo di Spoleto (iniziato nel 1175) o della chiesa di San Pietro extra moenia sempre a Spoleto, caratterizzati da una ripartizione in riquadri della facciata, in uno nitido schema geometrico. A San Pietro i riquadri vennero anche decorati da preziosi rilievi marmorei con scene sacre e allegoriche. In alcune chiese, come nel duomo di Spoleto troviamo mosaici di influenza romana[4].

Marche

Nelle Marche i modelli offerti dall'architettura lombarda ed emiliana vengono rielaborati con originalità e combinati con elementi bizantini relativi all'uso di modelli a pianta centrale. Per esempio la chiesa di Santa Maria di Portonovo presso Ancona (metà dell'XI secolo) o la cattedrale di San Ciriaco (fine XI secolo-1189), presentano una planimetria a croce greca con una cupola all'incrocio dei bracci e una protiro in facciata che inquadra un portale fortemente strombato.

Un esempio ancor più fedele ai modelli bizantini è la pianta a croce greca entro un quadrato della chiesa di San Claudio al Chienti (XI-XII secolo) o in San Vittore alle Chiuse a Genga (XI secolo) dove è presenta anche una cupola centrale e cinque absidi (tre sul fondo e due sui fianchi).

Lazio

Nel Lazio settentrionale molti edifici, specie nei centri minori rivelano l'opera diretta di maestranze lombarde, specie nei pilastri o nelle volte[5] Comunque gli influssi lombardi filtrati dall'Umbria vennero fecondati con l'ininterrotta tradizione classica: a Montefiascone con la chiesa di San Flaviano (inizio XII secolo), a Tarquinia con chiesa di Santa Maria a Castello (iniziata nel 1121), a Viterbo con più basiliche (Santa Maria Nuova, San Francesco a Vetralla, il duomo, San Sisto, San Giovanni in Zoccoli), tutte decorate probabilmente da maestranze lombarde che in alcuni casi parteciparono anche alla definizione dell'architettura.

Particolare è la chiesa di Santa Maria Maggiore di Tuscania, costruita in due fasi dal XII secolo al 1206 con pianta basilicale di derivazione paleocristiana ma con in facciata elementi di derivazione padana come il portale fortemente strombato con leoni stilofori e la rappresentazione della Sedes Sapietiae (la Madonna col bambino seduta) scolpita nell'architrave, dove le gambe della Madonna pendono letteralmente dalla superficie scolpita. Sempre a Tuscania si erge la splendida chiesa di San Pietro, caratterizzata da un raffinato rosone opera dei maestri comacini. Nel campanile della cattedrale di Gaeta sono fuse esperienze spaziali tardoromane e bizantine accanto a temi islamizzanti, e risale alla seconda metà del XII secolo; in seguito al rifacimento della vecchia cattedrale appare oggi completamente isolato dall'originario contesto.

Architettura romanica a Roma

Il chiostro di San Giovanni in Laterano, Roma

A Roma con l'impulso di pontefici impegnati nell'opera di riforma della chiesa, come Pasquale II, Onorio II, Innocenzo II e Gregorio VII si registrò una intensa stagione architettonica che riprese intenzionalmente la tradizione della basiliche paleocristiane a tre navate su colonne, presbiterio rialzato con altare a baldacchino, copertura lignea, abside centrale decorata a mosaico, portico architravato antistante la facciata che risulta in genere risolta con superficie liscia, senza membrature ed adorna, a volte, di mosaici. L'influsso lombardo, comunque presente, può essere rintracciato nella costruzione di vari campanili in laterizio, con cornici, mensole, bifore e trifore.

Nella basilica di San Clemente e in Santa Maria in Cosmedin (riedificata nel XII secolo su resti del VI secolo) furono usati, nella navata, anche alcuni pilastri alternati a serie di tre colonne, ma senza una precisa logica costruttiva come invece nel romanico.

A Santa Maria in Trastevere (1140-1148) si trova un'interpretazione molto tradizionalistica con colonne ioniche architravate, seppure sormontate da un ordine superiore a lesene tra cui si aprono le finestre.

Più interessante del panorama architettonico fu quello pittorico e musivo, con grandi cantieri per la decorazione interna della basilica di San Clemente, di Santa Maria in Trastevere e di Santa Maria Nuova, dove prevalsero ancora motivi costantinopolitani.

Duratura impronta lasciarono in questo periodo i maestri marmorari romani (le celebri famiglie dei Cosmati e dei Vassalletto), la cui attività superò anche i confini del Lazio. Le loro elaborate tarsie con marmi colorati e tessere di vari materiali lapidei vennero applicate a pavimenti e arredi liturgici quali pulpiti, cibori, altari, cattedre, candelabri pasquali, ecc. Talvolta vennero impiegati per decorare più complessi e vari spazi architettonici, come i chiostri di San Giovanni in Laterano e San Paolo fuori le Mura (prima metà del XIII secolo), con coppie di colonne dai fusti alternativamente lisci, tortili o intrecciati e più o meno mosaicati.

Architettura romanica dell'Abruzzo e del Molise

Benché l'Abruzzo e il Molise siano due territori separati, nell'XI secolo e nel XII secolo furono legate dall'arte romanica, dal versante dei monti del Sangro. Il Molise successivamente, da parte della costa Adriatica nelle zone di Termoli e Guglionesi risentì dell'influsso del romanico pugliese[6].

Romanico abruzzese
Ambone di Nicodemo nella chiesa di Santa Maria del Lago a Moscufo (PE)
Affreschi dell'Oratorio di San Pellegrino a Bominaco (AQ)

In Abruzzo già dal IX secolo in poi sorsero le prime cinque grandi abbazie dell'ordine cistercense[7]: il monastero di Santo Spirito d'Ocre, l'abbazia di Santa Maria di Casanova, l'abbazia di Santa Maria della Vittoria, l'abbazia di Santa Maria Arabona e l'abbazia dei Santi Vito e Salvo. Di queste chiese originali solamente Santa Maria Arabona e il monastero di Ocre si sono conservate per intero, mentre della badia di Casanova solo la torre di guardia. Da questi esempi, assieme all'abbazia di San Bartolomeo in Carpineto della Nora, si desume che i monasteri fossero veri centri pulsanti della zona, costituti da cinta muraria fortificata e da torri d'avvistamento. Gli influssi stilistici erano chiaramente le badie della Francia, nonché del nord Italia: i monasteri presentano infatti una pianta longitudinale con transetto a bracci e triplice abside semicircolare, con facciata a capanna, sia tripartita che non, suddivisa da lesene o da paraste verticali, con rosone centrale decorato a raggi.[8].

Oltre a queste abbazie, sorsero altri monasteri, alcuni dei quali rifacimenti romanici di strutture più antiche, risalenti all'VIII secolo, come l'abbazia di San Pietro ad Oratorium[9], l'abbazia di San Liberatore a Majella e l'oratorio di San Pellegrino a Bominaco, con iscrizione di Carlo Magno. Nell'872 fu costruita la possente abbazia di San Clemente a Casauria per beneficio di Ludovico II il Giovane; il complesso è considerato la massima espressione del romanico abruzzese in pietra della Majella, conservando la facciata con il portico originale e il portale centrale lunettato, decorato da bassorilievi a figure antropomorfe, motivi vegetali, e alte personalità dell'ordine degli abati. Presso il portale bronzeo, semi-ricostruito, sono presenti delle tessere con lo stemma dei principali castelli (oggi comuni) feudali del territorio della Majella, soggetti al controllo della badia.

Facciata dell'Abbazia di San Liberatore a Majella (Serramonacesca)

Intorno al 1075, presso Corfinio, fu consacrata la basilica di San Pelino con l'annesso mausoleo di Sant'Alessandro. Analizzando gli interni con i pulpiti in pietra di stucco, finemente lavorati con motivi vegetali e animali, gli storici hanno attribuito queste opere a una stessa bottega che nel XII secolo (costituita da Nicodemo, Roberto e Ruggero) operò nelle principali abbazie abruzzesi, come a San Clemente a Casauria e a San Liberatore[10]. Originalmente sulle pareti e sull'abside esistevano cicli di affreschi, come di maniera nell'arte romanica, purtroppo in gran parte perduti per causa del tempo e dei terremoti. Un ampio ciclo pittorico è presente nella chiesa di Santa Maria del Lago a Moscufo, abbazia cimiteriale fuori l'abitato, in cui si conserva un ambone in pietra con motivi vegetali e bassorilievi di figure umane e animali, presumibilmente della stessa bottega di San Clemente a Casauria. L'ambone è del 1156, opera di Nicodemo di Guardiagrele (1159)[11], ricco di ornamenti e specialmente della pittura originale che abbellisce le figure in bassorilievo. L'opera è impostata su quattro colonne congiunte da archi a sesto acuto; la cassa presenta su due lati i simboli dell'Aquila di san Giovanni Evangelista e dell'Angelo di san Matteo che sostengono un leggio, poggianti sul Leone di San Marco e sul Bue di san Luca[12].

Chiesa di San Pietro a Coppito a L'Aquila

Presso la piana di Navelli si trovano i resti del complesso monumentale di Bominaco, semi-distrutto dall'invasione di Braccio da Montone nel 1423: essi sono la chiesa di Santa Maria Assunta[13], ossia l'abbazia originaria, e l'oratorio di San Pellegrino. Mentre la prima conserva la perfetta impostazione romanica con facciata a capanna tripartita, e l'interno ornato dalle opere dell'ambone in pietra e del pulpito a motivi vegetali della bottega di Nicodemo, l'oratorio di San Pellegrino mostra un interno completamente affrescato nel XIII secolo, intorno alla seconda metà del Duecento[14], testimonianza preziosa della pittura romanica chiesastica abruzzese, dove ogni centimetro dello spazio interno, a volta a sesto acuto, è occupato da cornici che spezzano i quadri delle scene. Di notevole interesse è la controfacciata affrescata da un dipinto colossale di San Pellegrino, e la parete a sinistra con il Calendario Bominacese, allegoria dei mesi e del lavoro della terra dal punto di vista cristiano.

Nella zona di L'Aquila si sviluppò, intorno al 1254, il cosiddetto "romanico aquilano" che condizionò anche le chiese dei territori circostanti, detti Castelli Aquilani, che fondarono la città in quel periodo. Specialmente il romanico aquilano è evidente nelle grandi chiese fondate dai castelli, con la stessa intitolazione della parrocchie storiche dell'XI secolo di Assergi, Roio, Coppito e Paganica. Le quattro maggiori chiese sono "capoquarto" dei quattro rioni storici aquilani[15]. Benché frutto di restauri pesanti a causa dei vari terremoti, e a volte di vere e proprie ricostruzione ideali, come nel caso della chiesa di San Pietro a Coppito, di matrice barocca, dopo il disastroso terremoto del 1703[16], le chiese aquilane romaniche principali sono:

Abbazia di San Giovanni in Venere a Fossacesia

Tali chiese contengono tutte una pianta longitudinale con facciata quadrangolare delimitata da paraste e da cornici marcapiano. I portali sono tardo-romanici, aventi una lunetta affrescata, e strombature, con cornice impostata su due colonnine cilindriche. Il centro della facciata è completato da un rosone a raggi o a semplice bucatura circolare con vetrata. Gli interni delle chiese aquilane sono di vario stile, dal gotico al barocco, poiché distrutte più volte dai terremoti.

Esempi di romanico abruzzese ci furono specialmente anche nel teramano, presso la chiesa di San Clemente al Vomano[19]a Notaresco e alla chiesa di San Salvatore a Canzano, dove fortunatamente si riscontra lo stesso progetto di pianta longitudinale, con interno monumentale a tre navate, con soffitto a capriate lignee, e pareti affrescate, specialmente nell'abside.

Sulla costa abruzzese un unicum è l'abbazia di San Giovanni in Venere (XII sec.), presso la suggestiva costa dei Trabocchi, dove è conservata perfettamente l'architettura esterna monumentale, con facciata decorata da portale a bassorilievi sacrali sia nella lunetta, che lungo i fianchi dell'accesso, in pietra bianca[20]. Alcune decorazioni a motivi vegetali sono presenti anche presso le tre absidi semicircolari. L'interno, a causa di una devastazione dei turchi nel 1566, è spoglio di affreschi, tranne la cripta, scandita da volte a botte con pilastri cilindrici ricavati dal tempio pagano sopra cui l'abbazia poggia. La cripta conserva invece affreschi duecenteschi abbastanza in buono stato, come quello del Cristo in trono tra santi. Altri monasteri di età romanica erano presenti lungo la costa, come la basilica di San Marco di Ortona, l'abbazia di Santo Stefano in Rivomaris a Casalbordino e l'abbazia dei Santi Vito e Salvo a San Salvo; tuttavia poco si è salvato di esse a causa delle devastazioni turche[21].

Romanico molisano
Chiesa di San Giorgio a Campobasso

Nell'XI secolo circa il Molise ebbe molti contatti con l'Abruzzo, sia dal punto di vista commerciale che culturale, e subì, specialmente nella zona del tratturo di Castel di Sangro, all'estremo confine con l'odierna regione, gli influssi dell'arte romanica. Il territorio era in possesso dell'antichissima Abbazia di San Vincenzo al Volturno, ante-romanica, ma ricostruita successivamente secondo lo stile attuale, mostrando la classica impostazione di struttura quadrangolare fortificata, con edificio maggiore, edificio minore, e cripta sacrale, dedicata ad Epifanio Vescovo, con preziosi cicli pittorici pre-romanici, del IX secolo[22]. Il Molise nell'ambito romanico produsse edifici religiosi molto simili a quelli abruzzesi, impostati sulla pianta longitudinale, con facciata a capanna, e interni a tre navate con soffitti a capriate lignee, e navate scandite da arcate a tutto sesto rialzate, e colonnine a capitelli polistili. Esempi di grande interesse sono il monastero di Santa Maria del Canneto a Roccavivara[23]e la chiesa di Santa Maria della Strada a Matrice. Un esempio di architettura tardo-romanica, impostata tuttavia sulla mescolanza di più stili dal tardo-carolingio al bizantino, è la chiesa parrocchiale di San Giorgio in Petrella Tifernina.

Il romanico influenzò anche il primitivo nucleo dei Campobasso, dove validi esempi sono presenti nella città alta medievale, nel tempio (un tempo cimiteriale) della chiesa di San Giorgio[24]e nella chiesa di San Bartolomeo ai piedi del Castello Monforte. Presso la costa invece l'influsso fu il romanico pugliese, poiché soggette, nel XIII secolo al potere di Federico II di Svevia, che fece ricostruite le principali città di Termoli[25], dove figura la cattedrale di Santa Maria della Purificazione e Guglionesi, dove si conserva in perfetto romanico pugliese la chiesa di San Nicola e la cripta originale della collegiata di Santa Maria Maggiore, trasformata nella parte del tempio attuale in forme barocche[26].

Architettura romanica in Campania

Il chiostro del Paradiso, duomo di Amalfi

Uno dei più importanti cantieri in Campania in epoca romanica fu la ricostruzione, voluta dall'abate Desiderio (poi Papa Vittore III) dell'Abbazia di Montecassino, della quale oggi non resta niente. La basilica era stata ricostruita sul modello di quelle romane e l'unica eco che ne rimane è nella chiesa dell'Abbazia di Sant'Angelo in Formis, eretta sempre su commissione di Desiderio dal 1072.

La ripresa di motivi paleocristiani (navate divise da colonnati, presenza di transetto) si ebbe anche nella cattedrale di Sessa Aurunca (1103), nella chiesa del Crocifisso a Salerno (X-XI secolo), nel duomo di Benevento e nella chiesa di San Rufo a Capua.

Negli edifici del XII e XIII secolo si riscontrano invece forti influssi arabo-siciliani e moreschi diffusi a partire da Amalfi, come nel duomo di Casertavecchia (con archi acuti, finestre a ferro di cavallo nel transetto e archetti intrecciati poggianti su colonnine nel tiburio), nel duomo di Amalfi (1266-1268) ad con archi acuti intrecciati in facciata, sul campanile e nel chiostro; un intreccio reso ancora più complesso nel chiostro dei Cappuccini (1212). A Napoli invece il romanico è quasi del tutto scomparso, ciò a causa delle superfetazioni successive. Esso è riscontrabile nella zona centrale della Chiesa di San Giovanni a Mare e nel pregevole chiostro del Convitto Nazionale in Piazza Dante: particolarmente interessanti risultano i capitelli e le colonne zoomorfe e antropomorfe. A Salerno sono notevoli le opere di mosaici e intarsi cosmateschi con influenze islamiche.

Romanico pugliese

Lo stesso argomento in dettaglio: Romanico pugliese.
San Nicola, Bari

La Puglia e i suoi porti erano usati dai pellegrini diretti in Terrasanta e furono anche il punto di partenza per molti crociati nel 1090. Il gran flusso di persone determinò la ricezione di una grande varietà di influssi che si manifestò anche in architettura.

Uno degli edifici più rappresentativi è la basilica di San Nicola a Bari, iniziata nel 1087 e terminata verso la fine del XII secolo. Esternamente si presenta con un aspetto massiccio, come una fortezza, con una facciata a salienti chiusa ai lati da due torri incompiute. Il motivo delle doppie torri rimanda a esempi transalpini, ed è spiegabile anche con la presenza normanna degli Altavilla. La decorazione con archetti pensili e la presenza di un (poco pronunciato) protiro con leoni stilofori sulla facciata rimandano alle caratteristiche lombarde-emiliane.

Il duomo di Bitonto fu costruito tra l'XI e il XII secolo secondo il modello della basilica nicolaiana e presenta la facciata tripartita da lesene e decorata con archetti pensili. Il rosone a sedici bracci è fiancheggiato da due sfingi.

Importante è anche la cattedrale di Trani: conclusa verso la metà del XIII secolo, venne costruita anch'essa secondo il modello della basilica di San Nicola a Bari, in prossimità del mare, come un punto di riferimento luminoso grazie al chiarore del tufo calcareo impiegato. La facciata ricorda il profilo di quella di San Nicola, ma non è tripartita da lesene e non presenta le torri e il protiro.

Notevoli sono anche a Barletta la chiesa del Santo Sepolcro (di matrice borgognona) e la cattedrale (iniziata nel 1126).

Altre influenze si riscontrano nella chiesa dei Santi Niccolò e Cataldo a Lecce (con echi borgognoni, 1180) o nel duomo di Troia (con influssi pisani nel registro inferiore, armeni nei rilievi appiattiti sull'architrave, musulmani nei capitelli, bizantini nelle porte bronzee, terminata nel 1119).

Architettura romanica di Sicilia

Lo stesso argomento in dettaglio: Architettura normanna in Sicilia.
Il duomo di Cefalù, veduta aerea

La Sicilia e i territori confluiti nel Regno di Sicilia in generale risentirono in questo periodo di molte influenze diverse, dovute alle vicende storiche, politiche e religiose che accaddero in quei secoli: due secoli di emirato (IX-X secolo), la conquista normanna (1016-1091) e la nascita del Regno di Sicilia furono eventi che innescarono un processo di complessa stratificazione culturale.

Lo stile si formula già nei primi anni dalla conquista, con ampie citazioni dell'architettura cluniacense dovuta alla presenza sull'Isola di monaci e priori di origine bretone, uomini di fiducia del Granconte Ruggero. Da un timido accenno dello stile a Mazara ad una più sicura padronanza degli stilemi a Catania, dove peraltro viene fondato un monastero ad imitazione dell'abbazia di Cluny, l'architettura dell'XI secolo siciliano appare incentrato sul concetto di fortezza, lasciando poco spazio agli apparati decorativi. Sebbene rifatto in più epoche, il mastio eretto a Paternò costituisce il thopos del sistema di controllo e di difesa dei territori appena conquistati. L'aspetto massiccio tradisce una origine e uno scopo militare (come pure negli analoghi esempi, sebbene probabilmente più tardi, di Adrano, di Motta e probabilmente anche di Catania) e i rimaneggiamenti successivi non lasciano molti spunti per un confronto con altri linguaggi coevi. Tuttavia l'impianto del dongione è sinonimo della aderenza al sistema fortilizio francese.

Il fiorire dello stile tuttavia si deve spostare di quasi cento anni, a metà del XII secolo. Il ruolo dell'architettura campana, dove il linguaggio islamico è già inserito nel tessuto architettonico di città come Salerno o Amalfi, sembra non essere secondario per lo sviluppo del gusto in Sicilia. Edifici normanni con influenze arabe sono dunque a Palermo edifici come la Zisa (1154-1189 circa), ispirata concettualmente alle sale di rappresentanza fatimide e riccamente decorata da muqarnas; la Cuba (1180); l'impianto arabeggiante tanto della chiesa di San Giovanni degli Eremiti (1140 circa), a pianta cruciforme, quanto della San Cataldo (1161 circa). Elementi decorativi come cuscinetti, alfiz e mosaici rappresentanti stelle ad otto punte sono ben apprezzabili in molti monumenti, come la Martorana (1143). Quest'ultima è un importante sincresi stilistica con il bizantinismo coevo, insieme alla Cappella Palatina nel Palazzo dei Normanni (1143), citato tanto nei mosaici, quanto nei marmi intarsiati a cosmatesche nei pavimenti e nel primo registro delle pareti. Nella Cappella Palatina venne realizzato un felice connubio tra impianto a croce greca per il presbitero e il corpo basilicale nella navata. I mosaici presentano uno schema più originale rispetto all'"osservanza" di stretta della Martorana. Nella sala di Ruggero I al Palazzo dei Normanni si trova anche un unico ciclo profano con scene di giardini e di caccia, svaghi preferiti dei sovrani, che riprende un'iconografia tipica dei palazzi arabi.

Una ulteriore ispirazione avuta dall'architettura islamica è costituita dalla chiesa dei Santi Pietro e Paolo d'Agrò (1172), di cui è pervenuto fortunosamente il nome dell'architetto Gherardo il Franco e il mandante Teostericto Abate di Taormina che fece ricostruire l'edificio a sue spese (è probabile che la ricostruzione, data la vicinanza di date, sia dovuta ad un crollo avvenuto durante il terremoto del 1169). La chiesa presenta elementi di tradizione nord africane come gli archi intrecciati, elementi più tipicamente persiani come le cupole polilobate, insieme ad alcuni elementi più tipicamente bizantini come il riutilizzo delle colonne romane o la presenza del foro iconostasico.

Altri importanti esempi di edifici dell'epoca sono le cattedrali di Cefalù (1131-1170 circa) e di Monreale (1172-1189). In entrambi sono attestate più influenze, che vanno dalle esperienze cluniacensi nella zona dell'abside, agli archetti pensili tipicamente lombardi (a Cefalù), a quelli intrecciati (a Monreale) di influenza araba, alle due torri in facciata che ricordano modelli transalpini, introdotti dai Normanni.

L'estetica della Sicilia isolana si estese rapidamente anche nella Sicilia peninsulare, ossia alle attuali regioni di Calabria e Basilicata. Le influenze siciliane sono evidenti soprattutto nella resa dei dettagli negli esterni, ma in particolare nella distribuzione spaziale degli interni. Il duomo di Gerace (1045) costituisce un esempio efficace del gusto calabrese, dalla resa piuttosto semplice e spoglia, probabilmente perché appartenente alla prima fase dello stile. L'influenza cluniacense è palesata ancora una volta nella distribuzione dei volumi degli ambienti connessi, come nel sistema di illuminazione. A tal proposito risulta molto interessante il confronto tra l'impianto absidale di Gerace, tagliato da una cornice orizzontale che segue l'andamento curvilineo delle due absidi e sovrastato da finestre circolari a strombo, e l'analogo catanese dove per la prima volta sull'Isola si sperimenta la processione di archi a sesto acuto.

Architettura romanica in Sardegna e Corsica

Cattedrale di Sant'Antioco di Bisarcio, Ozieri
Lo stesso argomento in dettaglio: Architettura romanica in Sardegna.

L'architettura romanica in Sardegna ha avuto un notevole sviluppo e per un lungo periodo. Le sue espressioni furono influenzate, già dalle primi origini, dai contatti con Pisa ed in seguito dall'arrivo di numerosi ordini religiosi, provenienti da varie regioni italiane e dalla Francia. Nelle architetture isolane sono quindi riscontrabili influenze toscane, lombarde e transalpine.

Fra le architetture più interessanti, solo per citarne alcune, spiccano la basilica di San Gavino a Porto Torres (ante 1065), la cappella palatina di Santa Maria del Regno di Ardara (SS), la cattedrale di Sant'Antioco di Bisarcio a Ozieri, la basilica di San Simplicio a Olbia, la chiesa di San Nicola di Silanos a Sedini, la cattedrale di Santa Giusta dell'omonimo centro (OR), la chiesa di Santa Maria di Uta (CA), la basilica di Saccargia a Codrongianos e San Nicola a Ottana (NU).

Anche in Corsica vi furono interessanti manifestazioni del romanico, caratterizzate da contatti con ambienti soprattutto toscani come nel caso della (cattedrale di Santa Maria Assunta di Lucciana, chiesa di San Michele a Murato, Santa Maria Maggiore a Bonifacio, ecc.).

Note

  1. ^ Mario Salmi, Chiese romaniche della campagna toscana, Electa, 1958.
  2. ^ M. Salmi, Op. cit., 1958.
  3. ^ Giulio Carlo Argan, Op. cit, 1998.
  4. ^ G.C. Argan, L'architettura protocristiana, preromanica e romanica, 1936.
  5. ^ G.C. Argan, Op. cit., 1936.
  6. ^ Molise cuor di Medioevo, su pleinair.it.
  7. ^ Luigi Mammarella, Abbazie e monasteri cistercensi in Abruzzo, Cerchio (AQ), Adelmo Polla Editore, 1995, p. 148, ISBN 88-7407-027-6.
  8. ^ Rosoni, su regione.abruzzo.it.
  9. ^ Chiesa di San Pietro ad Oratorium, su regione.abruzzo.it. URL consultato il 17 maggio 2016.
  10. ^ Basilica di San Pelino a Corfinio, su regione.abruzzo.it.
  11. ^ Chiesa di Santa Maria del Lago, su medioevo.org.
  12. ^ Abbazia di Santa Maria del Lago a Moscufo, su abruzzando.com.
  13. ^ Chiesa di Santa Maria Assunta, su regione.abruzzo.it, Regione Abruzzo. URL consultato il 3/7/2013.
  14. ^ Oratorio di San Pellegrino, su regione.abruzzo.it, Regione Abruzzo. URL consultato il 3/7/2013.
  15. ^ cfr. Maria Rita Acone, I Quarti dell'Aquila
  16. ^ Chiesa di San Pietro a Coppito, su cultura.regione.abruzzo.it.
  17. ^ Arcidiocesi dell'Aquila, Santa Giusta intus, su culturaebeni.it. URL consultato il 02-02-2011.
  18. ^ Orlando Antonini, pag.137
  19. ^ San Clemente al Vomano, su valledelleabbazie.it.
  20. ^ Abbazia di San Giovanni in Venere, su conoscere.abruzzoturismo.it.
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Bibliografia

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