Utente:Simone Serra/Sandbox/A

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Sandbox A di Simone Serra.

Voce Storia italica in Abruzzo[modifica | modifica wikitesto]

Voce principale: Storia dell'Abruzzo.
Il Sannio abruzzese da Historical Atlas di William R. Shepherd, 1911
(LA)

«Samnitium, quos Sabellos et Graeci Saunitas dixere, coloniae Bovianum Vetus et alterum cognomine Undecumanorum, Aufidenates, Aesernini, Fagifulani, Ficolenses, Saepinates, Tereventinates.»

(IT)

«Dei Sanniti, che i Greci chiamarono Sabelli e Sauniti, le colonie di Boviano Vecchia e l'altra col soprannome degli Undecuminati, gli Aufidenati, gli Esernini, i Fagifulani, i Ficolensi, i Sepinati, i Tereventinati.»

Già da prima dell'arrivo dei Romani, l'Abruzzo era popolato da popolazioni italiche osco-umbre, che iniziarono a stanziarsi nei pressi degli Appennini, arrivando anche in regione, sostituendo le popolazioni pre-esistenti e colonizzando vaste aree di montagna.[2]

Le popolazioni italiche in Abruzzo[modifica | modifica wikitesto]

Nell'Abruzzo la popolazione emigrante colonizzò vaste aree montuose e collinari, che divennero pian piano dei piccoli regni a sé con una città capitale e altri piccoli villaggi sottoposti alle giurisdizioni varie. Non esisteva una capitale vera e propria dell'intero territorio abruzzese italico, ma un insieme di diverse unità, che però era in contatto tra loro mediante scambi commerciali, e in certi casi anche in situazioni belliche. Tali popolazioni occuparono non solo l'Abruzzo, e ovviamente anche la piccola porzione dell'attuale Molise, ma anche parte della Campania, del Lazio e della Lucania, e confinavano a nord con i Piceni, a ovest con i Sabini e i Latini, e a sud con i Dauni e i Lucani[3]. Questi popoli, suddivisi ovviamente in varie tribù territoriali, erano i Sanniti, "Sabelli" erano chiamati dai Romani, e il termine antico era Safinim, e l'ampia porzione territoriale occupata dell'Abruzzo, Molise e Campania nord-orientale divenne il cosiddetto "Sannio". Le diverse tribù stanziate tra Abruzzo e Molise erano:

Frontone semiricostruito di tempio della Triade Capitolina di Teate, conservato nel Museo archeologico La Civitella di Chieti

Carricini[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Carricini.

I Carricini furono una delle 4 tribù sannite, come testimoniano anche Tacito, Plinio il Vecchio, Strabone e Claudio Tolomeo. La denominazione tale, anziché "Carecini", è più corretta in merito a una lastra di bronzo ritrovata a San Salvo, che porta inciso un decreto del 384 d.C. relativo all'assemblea municipale del villaggio di Cluviae (Casoli, località Piano La Roma). Un'altra iscrizione che recita: "curator rei publicae Cluviensium Carricinorum" è stata rinvenuta presso un cippo a Isernia. Occupavano l'area del basso Abruzzo a confine col Molise, presso il Sangro, alle pendici della Majella, nel territorio delimitato a ovest dai Peligni, a nord dai Marrucini, a est dai Frentani e a sud dai Sanniti Pentri, e le città principali erano "Cluviae" di Casoli, sito posto in località Piano La Roma, "Trebula", località Madonna dello Spineto del comune di Quadri e "Juvanum" oppure Iuvanum di Montenerodomo, in località Abbazia. Abitando zone montuose, i Carricini praticavano l'allevamento di bovini e ovini sia in forma stanziale sia transumante. Attorno all'agricoltura e alla pastorizia, si svolgevano però anche le attività artigianali, sebbene in maniera limitata al sostentamento familiare, come la lavorazione di tessuti e pelli. La piccola comunità faceva parte della confederazione sannitica con al quale partecipò contro Roma alle guerre sannitiche, venendo poi assorbita nel potere dell'Urbe. Il capoluogo era Cluviae, in contrada Piano La Roma di Casoli, e dopo la romanizzazione la cittadella di Iuvanum prese più importanza, come testimonia l'ampio sito archeologico, che ha restituito in forma intatta il cardo e il decumano, il foro, la basilica, dei templi, e il teatro romano. Di Cluviae invece si conserva ben poco, tranne qualche sparuto mosaico dentro abitazioni nuove che hanno colonizzato la zona, e resti del teatro.

Rovine di Juvanum presso Montenerodomo

Equi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Equi.

Questi occupavano la piccola zona montuosa tra il Fucino e la valle dell'Aniene, confinando a nord-est con i Vestini Cismontani e i Sabini, a est coi Marsi, a sud coi Volsci. Gli Equi vivevano di caccia, pastorizia e agricoltura, e le loro unità abitative erano localizzate nell'area tra i Piani Palentini di Tagliacozzo e Alba Fucens, con città capitale Nersae (Nesce). Nell'età del ferro si disposero intorno a questi stati egemoni, e costituirono un punto di riferimento civico per l'amministrazione romana a confine tra il Lazio e il Sannio abruzzese. Gli Equi sono ricordati per la loro valenza militare, e per le forti opposizioni ai Romani tra la fine del V secolo e gli inizi del IV. Il territorio fu conquistato tra il 304 e il 303 a.C. da Roma, come ricordato dallo storico Tito Livio. Caratteristica che differenzia questa popolazione dalle altre è il rito della sepoltura, sin dalla fine dell'età del Bronzo essa utilizzò le tombe a tumulo con corredi austeri ed essenziali, limitandosi alle armi per gli uomini e alle fibule con bracciali per le donne. I siti archeologici di maggior interesse, nell'Abruzzo, sono stati rinvenuti presso Alba Fucens, Celano (contrada Paludi) e Scurcola Marsicana.

Il Ponte di Diocleziano a Lanciano, sotto la Cattedrale della Madonna del Ponte

Frentani[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Frentani.

Questo era antico popolo italico di lingua osca, stanziato nella valle del Sangro e nella fascia costiera dell'Adriatico centrale tra Ortona e Termoli, tra le foci del fiume Sangro, al confine con i Marrucini e del Biferno, al confine con l'area dei Dauni.[4] Il municipio maggiore era Anxanum (Lanciano),[5] seguito dalle città di Histonium (Vasto)[6], Ortona[7] e Larinum (Larino).[8] Altre città minori erano Buca presso Punta Penna del Vasto,[7] Cliternia Frentana (Campomarino),[9] Pallanum, antica città fortificata presso Atessa,[10] Uscosium presso San Giacomo degli Schiavoni[11] e Gerionum presso Provvidenti.[12][13] Entrati in conflitto con Roma alla fine del IV secolo a.C., i Frentani vennero sconfitti al termine della seconda guerra sannitica tra il 319 e il 304 a.C., e da quel momento Anxanum stabilì dei saldi rapporti di fratellanza con l'Urbe, venendo accettati come "soci" insieme a Peligni, Marsi e Marrucini. Il popolo frentano conservò a lungo un certo margine di autonomia sul territorio del Sangro. Nel I secolo a.C. dopo la guerra sociale, la "Lex Iulia" concesse Italici la cittadinanza romana, accelerando così il processo definitivo di romanizzazione.

Archeologia dei siti frentani[modifica | modifica wikitesto]

Dei Frentani oggi si trovano numerosi reperti, più che altro vasellame, armi e lapidi conservate nei vari musei, in particolare nel Museo civico dell'ex convento di Santo Spirito a Lanciano, e poca architettura, se non alcuni elementi simbolici a Lanciano, come il Ponte di Diocleziano del III secolo d.C., una lapide romana presso la torre campanaria (poi dopo il 1944 traslata dentro il palazzo comunale) della Cattedrale di Santa Maria del Ponte[14], dei cunicoli sotterranei che dalla Piazza del Plebiscito attraversano i principali assi viari del centro storico, e l'esempio più interessante della cittadella fortificata di Pallanum tra Atessa e Tornareccio, composta da mura di cinta in pietra incastrata, con tre porte di accesso. Gli elementi artistici che caratterizzarono il popolo frentano sono conservati nel Museo archeologico del Polo Santo Spirito a Lanciano, come il corredo funebre di due tombe di guerrieri del V secolo a.C., vasellame in ceramica nera, una collana in pasta vitrea, una testa in terracotta di Minerva del II secolo a.C. All'epoca della colonizzazione romana invece appartengono la lapide della torre campanaria, da parte dello storico locale Omobono Bocache, semi-danneggiata dal bombardamento nazista del 1944, e una testa marmorea di Diocleziano, rinvenuta proprio nei pressi del ponte sopra cui sorge la Basilica Cattedrale[15].

Altri piccoli insediamenti dei Frentani si trovavano nella piana tra Lanciano e Guardiagrele, molti di questi scavi sono stati effettuati di recente, e i reperti conservati nel Museo civico archeologico "Filippo Ferrari" di Guardiagrele. Lo stesso Ferrari nel 1913 aveva scoperto in località Comino di Guardiagrele un'importante necropoli usata sin dall'epoca del Neolitico.

Per quanto riguarda Ortona, poco è stato ritrovato, e conservato nel museo civico diocesano, poiché la città a più riprese è stata distrutta e ricostruita, specialmente dopo il saccheggio normanno del XII secolo. Presenze architettoniche di particolare interesse sono ancora la "pietra di Morrecine" nella contrada omonima, probabile monumento funebre d'epoca romana, e la Fontana del Peticcio, la cui leggenda vuole che esistesse già all'epoca della seconda guerra punica, quando vi passò Annibale Barca con il suo esercito. Nel 2018, dunque di recentissima scoperta, è una necropoli rinvenuta presso Crecchio, nella zona di confine con l'area dei Marrucini, dove sono stati ritrovati corredi funebri composti di armi e vasellame del VI-IV secolo a.C.[16]

Marrucini[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Marrucini.

Popolazione italica dell'area teatina, stanziatasi sin dal I millennio a.C. alle pendici della Majella, il cui esempio ancora oggi in parte visibile è il fortino di Danzica, presso Rapino, occupando anche una striscia litoranea dell'Adriatico alle foci del fiume Foro e l'Aterno. Confinavano con i Vestini a nord, con i Frentani e Carricini a sud, e con i Peligni a ovest. La capitale era Teate, che venne fondata intorno all'VIII secolo a.C., dopo la decadenza di Danzica, altre città erano "Interpromium" (nella zona di San Valentino in Abruzzo Citeriore, o secondo altri l'area dell'abbazia di San Clemente a Casauria, visti resti romani presso la cripta), e il villaggio marino di Aternum, poi rinominato dai romani "Ostia Aterni", ossia l'antica Pescara, mentre altri villaggi marinari si trovavano alle foci dell'Alento, dove nel IX secolo fu fondata Francavilla al Mare, e del Foro, dove si trovava una torre di controllo, fortificata poi dai Longobardi.

Anche i Marrucini nel 304 si sottomisero ai Romani, ma mantennero incontrollato il dominio sulla grande piana tra i due fiumi Aterno e Alento, nonché sui colli che dominavano le gole della piana Marrucina, che si collegava molto bene con l'area dei Frentani - Carricini. Infatti la città, per la ricchezza e lo sviluppo urbano, fu una delle poche in Abruzzo a mantenersi intatta per lunghi secoli, prima delle distruzioni longobarde, beneficiando dei rapporti fruttuosi con Roma, sia per l'agricoltura, sia per il commercio, dacché aveva il controllo sul tratturo della "via Marrucina", che collegava fino a Anxanum (Lanciano) e Cluviae (Casoli, loc. Piano La Roma) la montagna, e fino ad Aternum il mare. Benché nell'epoca delle guerre sannitiche Teate si distinse per valore di alcuni condottieri citati anche nei trattati di storia romana del I secolo a.C., come il condottiero Asinio Herio che combatté nella guerra sociale contro Silla, nell'epoca imperiale divenne influente al livello politico grazie al riadattamento della gens Asinia, grazie alla figura di Asinio Pollione, e nel I secolo d.C. per mezzo della gens dei Vezii.

Benché tale argomento sia ancora prematuro, parlando dell'epoca italica prima dei contatti con Roma, di grande importanza è la tavola del "bronzo di Rapino", utile per conoscere la lingua osca del dialetto marrucino, e il nome delle divinità ivi pregate e venerate.

Marsi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Marsi.

Questi abitavano la riva sud-orientale del lago del Fucino, estendendosi nelle vallate del Giovenco (Pescina), di Ortucchio e di Trasacco, confinando a nord con i Vestini Cismontani, a est coi Peligni e a sud con i Pentri d'Isernia, a ovest con gli Equi e i Volsci. Il territorio ancora oggi è nominato "Marsica", con la popolazione dedita all'agricoltura, alla pastorizia e alla pesca, poiché fino al XIX secolo esisteva il bacino lacustre Fucense. Le origini sono avvolte nella leggenda, e si racconta che la stirpe iniziò da Marsi giglio della maga Circe, che regnò anche insieme al figlio di Medea; oppure che sarebbe sorta da Marsia, massima divinità del popolo, sorella di Angizia, dea del culto delle serpi, ancora praticato oggi a Cocullo nella festa di San Domenico dal Foligno. Proprio su insegnamento di Angizia i Marsi si sarebbero dedicati alla magia e alla medicina, utilizzando erbe per curare diversi mali.

Fatto sta che la presenza di popolazioni nel territorio marsicano risalgono al I millennio a.C., e furono colonizzate successivamente dai Marsi, tribù della popolazione di lingua osco-umbra, che emigrò in Abruzzo.[17] La capitale era Marruvium, presso il Giovenco, dove oggi sorge San Benedetto dei Marsi, di cui si vedono ancora oggi imponenti vestigia come le due tombe funebri, le terme romane e l'anfiteatro fuori dalle mura. Altri principali centri fortificati erano Antinum (Civita d'Antino), Lucus Angitiae (Luco dei Marsi, ritenuto il principale luogo sacro dove venerare la dea, Supinum (Trasacco), Cerfennia (Collarmele) e Hortucla (Ortucchio). Dagli storici quali Livio, Plinio e Tacito, i Marsi sono definiti come uomini "fieri e indipendenti, dotati di virtù guerriere". Nel 304 a.C. conclusero un trattato di alleanza con Roma, dopo le varie guerre sannitiche, dove i Marsi videro capitolare la roccaforte di Milonia (Ortona dei Marsi), ma nel I secolo a.C. durante la guerra sociale combatterono una vera e propria "guerra marsicana" contro Roma, poiché essi stessi guidarono al rivolta italica. Dopo la sconfitta, i Marsi furono i più penalizzati da Roma, perdendo diversi poteri sul territorio e sulla semi-autonomia concessa dall'Urbe.

Il territorio montuoso era aspro, difficilmente colonizzabile, anche per via delle varie inondazioni del lago Fucino, per cui nell'epoca dell'imperatore Claudio ci furono dei progetti di prosciugamento. A causa di carenze di reperti archeologici, della tradizione funebre della sepoltura all'epoca italica poco si sa, poiché i due monumenti funebri di Marruvio sono d'epoca più tarda. Non si attestano sepolture a tumuli né a menhir, ma si ipotizza l'uso della stele antropomorfa in pietra, come dimostrano gli esempi della Valle d'Amplero e di Collelongo. Specializzate erano le officine della lavorazione del bronzo, della creazione di armi e armature, come i dischi a corazza.

Peligni[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Peligni.

Era una tribù di dialetto osco-umbro, si stanziò nell'area occidentale della Majella, e ai confini della catena del Sirente-Velino, che li divideva dai Marsi a ovest; la Majella divideva i Peligni invece dai Marrucini a est, mediante il corso del fiume Aterni dai Vestini a nord, e presso l'altopiano delle Cinquemiglia dai Sanniti Pentri a sud. Benché montuoso, il territorio peligno era molto più fortunato di quello marsicano, per la ricca presenza di falde acquifere, grotte fluviali e fiumi. Si suppone che la città capitale fosse Sulmo (Sulmona), e per breve periodo dal 90 all'88 a.C., durante la rivolta sociale, Corfinium assunse il ruolo principale amministrativo dell'area. Altri centri abitati erano Ocriticum (Cansano), Pagus Lavernae (Prezza), Pagus Fabianus (Popoli), Pagus Betifulum (Scanno) e Koukulon (Cocullo). Secondo il poeta sulmonese Ovidio, nell'opera dei Fasti, i Peligni sarebbero di origine sabina, ma il loro progenitore leggendario era Solimo, compagno di Enea, il quale avrebbe fondato Sulmona; mentre lo storico romano Festo pone le origini dei Peligni nell'Illiria, attuale penisola balcanica.

Come le altre popolazioni italiche, nel 304 a.C. furono assoggettati a Roma con un patto, rotto durante la guerra sociale. Nel momento in cui Corfinio stava per capitolare, i sulmonesi si arresero già a Roma, stabilendo degli accordi di pace, e non subendo il saccheggio, venendo iscritti alla tribù Sergia. Da allora iniziò un florido periodo commerciale, politico e culturale, favorito anche dal fatto che Sulmona si trovava lungo la grande via Tiburtina Valeria, che collegava Roma, mediante Amiternum e la Marsica direttamente al mare Adriatico, passando sotto Teate, e sboccando presso Ostia Aterni. A causa di terremoti e successive ricostruzione della città, oggi dell'epoca romana al livello architettonico, ben poco rimane a Sulmona, se non l'antico impianto a castrum quadrangolare che ricopre la parte nord del centro storico, quella dove inizia da Piazzale Tresca il Corso Ovidio che sfocia in Piazza Garibaldi, all'altezza della Fontana del Vecchio. Il resto consiste nei reperti vari di statuette e lapidi, conservate nel museo civico "Santissima Annunziata" di Sulmona, ma anche nel santuario di Ercole Curino, uno dei templi più conservati dell'Abruzzo, situato sotto l'eremo di Sant'Onofrio. Il nome "Curino" proviene dalla sovrintendenza del semidio greco delle "curie" popolari, fase finale di un processo di unificazione della triade capitolina di Giove, Cerere e Venere che avvenne a Sulmona grazie a Roma.

Il teatro sannitico di Pietrabbondante

Pentri[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Pentri.

Questa è una delle quattro popolazioni dei Sanniti, nonché tra le più importanti, che abitavano il "Sannio" settentrionale, ossia il confine attuale tra Abruzzo e Molise lungo i valichi del Sangro, tra Alfedena, Castel di Sangro e Pietrabbondante, fino a giungere a Isernia, la loro città principale insieme a Bojano. Le loro origini sono fatte risalire ai Celti, in quanto la parola "pen" significherebbe "sommità", dacché la popolazione abitava vaste alture. La loro capitale era "Bovianum Vetus", ossia Bojano, mentre il luogo sacro maggiore era l'area italica di Pietrabbondante, oggi composta da gruppo di templi e di teatro all'ellenistica. Altre città erano, Alifae (Alife), Aquilonia, Fagifulae (Montagano), Altilia-Saepinum (Sepino), Terventum (Trivento) e Venafrum (Venafro). Molte di queste città, con la definitiva suddivisione territoriale del 1963, sono comprese nelle regioni del Molise e della Campania, nella provincia di Benevento, tradizionalmente legata alla presenza sannita, e nella provincia di Avellino, per quanto concerne i siti fondati dagli Irpini.

L'organizzazione del territorio si basava sui pagi, le unità territoriali, e sui vici, i villaggi di piccola proporzione che uniti insieme costituivano il "pagus", una circoscrizione territoriale rurale di case lignee, ma non mancavano i luoghi fortificati di montagna, come gli "oppida", e i "peschi", da cui i toponimi di Pescocostanzo, Pescopennataro, Pescolanciano, Sant'Angelo del Pesco. Nella zona abruzzese importanti resti della popolazione Pentra si trovano sull'acropoli di Aufidena, nella zona del castello medievale di Alfedena, nell'antica città di Trebula a Quadri, dove restano il teatro e un tempio successivamente trasformato nella chiesa di Santa Maria dello Spineto, e nell'area sacra dei templi italici di Schiavi d'Abruzzo.

Il guerriero di Capestrano scoperto ad Aufinum (Ofena), opera massima della scultura dei Vestini

Pretuzi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Pretuzi.

Questi erano un popolo italico esistente già dal I millennio a.C., e costituitosi saldamente con città durante la penetrazione degli osco-umbri. La popolazione era stanziata tra i fiumi Salinello e Vomano; agli inizi del V secolo a.C. anche i Pretuzi rientrarono in quel fenomeno storico che vede i popoli passare da un governo monarchico a un ordinamento repubblicano con nuove figure del potere, tra le quali il meddix touticus, capo politico e sacerdotale. La presenza storica risalente al Neolitico è testimoniata dalla necropoli di Campovalano (Campli), e con il nuovo ordinamento sociale moderno italico, vennero bandite le monumentali sepolture degli antichi sovrani, e ciò si vede dalla differenza di ornamenti. Grande rilevanza assumono i santuari, usati anche per indicare i confini territoriali con i Piceni a nord, e a sud con i Vestini: dal tempio di Monte Giove di Penna Sant'Andrea proviene una preziosa iscrizione che recita Safin, da cui il nome "Safini" per indicare i Sanniti. Analizzando i corredi funebri di Campovalano, si può dedurre che i Pretuzi erano uno dei popoli italici che usava ancora le armi per il corredo funebre, segno che la vecchia cultura neolitica non era stata del tutto soppiantata.

La città maggiore era Interamnia, poi durante il governo romano Urbs Interamnia Praetutiorum, oggi Teramo, e tale nome proviene dalla posizione della città tra due fiumi, il Tordino e il Vezzola. Altre città sorgevano presso Montorio al Vomano, Giulianova, Bisenti, Atri, che aveva il porto presso Torre di Cerrano; quest'ultimo era il porto romano dell'antica Hatria ossia Atri, le altre sorsero dal 304 a.C. in poi come nuove colonie romane, in particolar modo Castrum Novum (Giulianova), dotata di un bacino portuale preso il fiume Tordino che serviva come sbocco al mare della via Cecilia.

Incisione ottocentesca dell'anfiteatro di Amiternum

Sabini[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Sabini.

Questi occupavano un vasto territorio al centro della Penisola, tra il Lazio reatino e l'Abruzzo aquilano. Da Amiternum, antica città sabina che precedette L'Aquila (fondata nel 1254 dagli amiternini e dagli abitanti delle altre aree della conca aquilana), il territorio si estendeva fino a Roma e comprendeva le città di Reate (Rieti), Norcia, Trebula Mutiesca (Monteleone Sabino) e Curi di Fara in Sabina. Il popolo costituì uno stato esteso e forte, che dai monti Reatini arrivava fino al Gran Sasso d'Italia e formarono, con i Sanniti, gli Umbri, il blocco etnico più potente dell'Italia centrale, dopo quello etrusco: ancora oggi la zona territoriale degli antichi stanziamenti è detta "Sabina".

La colonizzazione dei nuovi siti avvenne alla maniera cara dei Sanniti, attraverso il "Ver Sacrum", ossia la "primavera sacra", in cui dopo il giuramento al dio Sanco, lo spostamento annuo delle tribù in primavera, formate da giovani, davano vita a nuove città e piccole colonie. La Sabina rappresentò il centro culturale dei Sabelli, così come i Sanniti venivano definiti da Roma, e molti sono i siti archeologici, e le testimonianze storiche tra le quali Livio e Varrone. Nella guerra sannitica del 290 a.C. il console Manio Curio Dentato con le sue legioni sconfisse i ribelli, sottoponendo al controllo romano la Sabina. In Abruzzo il massimo esempio architettonico ancora esistente del popolo sabino è la città aquilana di "Amiternum", che conserva l'anfiteatro, il teatro, una domus dei gladiatori.

Vestini[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Vestini.

Questa è una tribù di origini osche, suddivisibile nello stanziamento abruzzese in Vestini Cismontani e Trasmontani. Le notizie ufficiali risalgono al 324 a.C., periodo della seconda guerra sannitica, durante la quale i Vestini si allearono con i Sanniti contro Roma. Subirono un processo di romanizzazione in due fasi: la fascia interna fu annessa a Roma già nel III secolo, mentre quella costiera rimase indipendente sino alla guerra sociale. Il loro nome deriva dalla dea Vesta, divinità protettrice del popolo, oppure da Vestico, una divinità umbra. I principali centri erano Aveia (Fossa), Forcona (L'Aquila), Peltuinum (Prata d'Ansidonia), Aufinum(Ofena) per quanto riguarda i Cisalpini, i Transalpini invece popolavano le città di Angulum (Città Sant'Angelo) e Pinna (Penne, insieme a tanti altri vici e piccoli pagi. L'economia si basava sulla coltivazione dei cereali, olive, frutta e zafferano, insieme al latte e formaggio. Praticata era anche la pastorizia, perché da Amiternum partiva il grande tratturo che conduceva nella Puglia foggiana.

Ricerche archeologiche hanno evidenziato sepolture a tumulo, come nella necropoli di Vestea a Civitella Casanova, mentre altre grandi testimonianze provengono dalle necropoli di Montebello di Bertona, con 163 sepolture, la necropoli di contrada Farina a Loreto Aprutino, che ha evidenziato presenza di statue antropomorfe, e tombe femminili con ricchi corredi, la necropoli di Penne, con tomba a camera costruita in laterizi, al cui interno è stato trovato un letto funebre in legno e ferro, rivestito con appliques in osso di animali, con raffigurazioni antropomorfe e zoomorfe. Questo letto è bene visibile nel corridoio di accesso al Museo Archeologico Nazionale di Chieti a Villa Frigerj.

Altre scoperte rinvenute nell'area di Penne e della provincia pescarese sono conservate al Museo civico archeologico "Giovan Battista Leopardi" di Penne, presso il palazzo vescovile, ed a Pescara nel Museo delle Genti d'Abruzzo.

Un altro insediamento di cui si ignora il nome, ma che era in rapporti con Aufinum è il sito di Capestrano, dove nel 1934 è stata trovata la famosa statua del "guerriero Nevio Pompuledio, capolavoro dell'arte scultorea italica. I confini dei Vestini Trasmontani erano segnati più o meno da quelli attuali della provincia di Teramo con Pescara nella zona di Silvi Marina, e uno dei porti principali era proprio Ostia Aterni. Quello dei Cismontani invece era attraversato dai fiumi Raiale, e confinava a nord-ovest con quello dei Sabini, a sud con quello dei Marsi, separato dalla catena del Sirente-Velino, mentre le sorgenti del Pescara a Popoli sancivano il confine con i Peligni.

Le principali città italiche[modifica | modifica wikitesto]

Il Samnium romano[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Regio IV Samnium.

Intorno al 7 a.C., agli inizi del periodo imperiale, nel riordinamento dei territori effettuato da Augusto, con cui la penisola fu divisa in 11 regiones, il Sannio, unito ai territori di Frentani, Marrucini, Vestini, Marsi, Peligni, Sabini ed Equi, costituì la Regio IV Samnium. I suoi confini non cambiarono quando Adriano portò il numero delle regioni a 17; fu compreso nel 3° dei 4 Consulares in cui Adriano divise la penisola, insieme alla Campania.

L'imperatore Costantino I conservò le regioni di Adriano, solo che pose quelle del nord, sotto la direzione del Vicario d'Italia e quelle del sud sotto il Vicario della città di Roma.

I centri principali del Samnium, oltre ai già citati Bovianum e Beneventum, erano:

Città sabine[modifica | modifica wikitesto]

Reate[modifica | modifica wikitesto]

Il primo centro della regio IV importante lungo la via Salaria era Reate (Rieti). Era situata sotto l'odierna Rieti, vicino alla Regio VI Umbria, al margine meridionale di una vasta piana (Piana Reatina) sorta a seguito della bonifica del lacus Velinus, operata dal console romano Mario Curio Dentato, dopo che nel 290 a.C. strappò la città ai Sabini.

Amiternum[modifica | modifica wikitesto]

Uno dei centri sabini più importanti, era situato ai piedi del Gran Sasso nei pressi della attuale città dell'Aquila (San Vittorino). Fu romana si dal III secolo a.C., sede di un'importante industria laniera che si sviluppava in vici e fori nella attuale conca aquilana (Foruli, Forcona) e nel vicino municipio vestino di Peltuinum.

Res publica Aequiculorum, mura ciclopiche (Civitella di Nesce)

Città eque[modifica | modifica wikitesto]

Alcune colonie latine (Carsioli e Alba Fucens) si insinuarono fra i territori equi e marsi costituendo i primi centri urbani. Gli equi non ebbero mai una città come quelle dei municipia confinanti, ma i villaggi che fino ad allora avevano goduto dell'autonomia concessa ai federati in età augustea furono riuniti in un nuovo municipium detto res publica Aequiculorum che non costituì mai una città ma solo un accentramento amministrativo con forum, acropoli e santuario, probabilmente qualche piccola basilica, cui facevano riferimento i villaggi sparsi dell'attuale Cicolano (CICOLANO < (AE)QUICULANUM AGER).

Carseoli[modifica | modifica wikitesto]

Altro importante centro pastorale nella regione era Carseoli (o Carsioli), nei pressi dell'attuale Carsoli (precisamente in località Civita, in comune di Oricola). Situato lungo la via Valeria, nacque come colonia latina nel 304 a.C.[18], al centro del territorio degli Equi, quattro anni dopo la fondazione di Alba Fucens. La posizione strategica fra il Latium ed il Fucino ne fece il centro di riferimento per le popolazioni dei monti Simbruini e del Cicolano (Equicoli).

Alba Fucens, decumano

Alba Fucens[modifica | modifica wikitesto]

Alba Fucens è la seconda colonia latina in territorio equo, fondata tra il 304 e il 303 a. C.[19][20][21]. Sorgeva su un ripiano del colle dell'attuale Massa d'Albe, e insieme a Sora nella Regio I rappresentò il primo tentativo di arginare l'espansione dei marsi accerchiandone il territorio. Le attività economiche della città, oltre che legate alla pastorizia, erano incrementate dal microclima del lago Fucino che permetteva l'insediamento sporadico di colture mediterranee sulle colline circostanti, specialmente dopo la regimentazione del livello delle acque operata da Nerone [senza fonte], che favorì anche la pesca e l'itticoltura.

Città marse[modifica | modifica wikitesto]

Le due città dei Marsi più importanti sono Marruvium e Antinum.

Marruvium[modifica | modifica wikitesto]

Marruvium era ubicata nella zona di San Benedetto dei Marsi (dove tuttora è possibile ammirare i resti), città che sorge sulle sponde dell'antico lago Fucino; economicamente affine ad Alba Fucens rappresentò la più interna sistemazione urbanistica romana in territorio marso, precedentemente costituito da villaggi e centri fortificati.

Antinum[modifica | modifica wikitesto]

Antinum è invece la città che ha lasciato il maggior numero di testimonianze della vita civile. Ubicata nell'attuale Valle Roveto, laddove oggi sorge il centro di Civita d'Antino, di essa restano le tracce di mura poligonali e ville rustiche, nonché una corposa documentazione epigrafica che testimonia un'economia pastorale legata a Sora e alla Regio I[22]. Valle Roveto deriva da Vallis Urbis Veteris, ovvero valle della vecchia città, (con riferimento ad Antinum quando perse la diocesi e il titolo di civitas).

Lucus Angitiae[modifica | modifica wikitesto]

Presso l'attuale Luco dei Marsi era Lucus Angitiae, un centro urbano legato a un importante santuario, probabilmente il santuario etnico marso principale, dove è attestato il culto di Angizia come divinità ctonia e dei serpenti, o come maga figlia del Sole, sorella di Circe e Medea.

Città peligne[modifica | modifica wikitesto]

Corfinium[modifica | modifica wikitesto]

Sulmona oggi (in fondo a sinistra Corfinio)

Per importanza storica Corfinium è stato il primo centro della regio IV e di tutta l'Italia centrale dopo Roma. Si trova al centro della conca peligna, a 345 m s.l.m., vicino all'attuale Sulmona. Con il nome di Italia fu capitale della vasta lega degl'italici nel 90 a.C. che insorse contro Roma reclamando i diritti di cittadinanza per tutti i municipia federati. La città che era il fulcro economico del circondario pastorale peligno, aveva anche importanti attività agricole ancora testimoniate dalle vistose tracce di centuriazione e regimentazione delle acque in tutta la bassa valle del Gizio fino alle sorgenti del Pescara. In questo contesto agricolo Ovidio cita [senza fonte] più volte la sua città natale, Sulmo (oggi Sulmona), per le interessanti opere di regimentazione delle acque d'irrigazione.

Città adriatiche[modifica | modifica wikitesto]

La zona adriatica era la parte della regione economicamente più unitaria, benché culturalmente variegata. La vicinanza della costa adriatica premetteva l'insediamento delle più comuni colture mediterranee, e dal punto di vista commerciale, la costruzione di una rete di porti discretamente attiva. Le popolazioni ivi insediate appartenevano ai gruppi sabellici e non avevano sviluppato un sistema urbano raffinato come quello latino (campano ed etrusco), per cui, prima della dominazione romana, le città erano molto simili a quelle dell'interno appenninico in linea con la distribuzione territoriale delle popolazioni interessate che occupavano indistintamente i territori della costa e degli altipiani interni.

Pinna[modifica | modifica wikitesto]

Odierna Penne in provincia di Pescara. La città, insieme a Peltuinum era il centro più importante dei Vestini. Raggiunge un discreto assetto urbano solo dopo la guerra sociale quando la vicinanza politica con Roma, insieme al prolungamento della Via Valeria nel 49 d.C., ne fecero un municipium di discreta importanza locale, sede di una importante diocesi cristiana nel medioevo.

Samnium Frentani e Sabina

Teate Marrucinorum[modifica | modifica wikitesto]

Odierna Chieti. Il nome Teate M. deriva da touta marouca, ovvero "amministrazione (capitale, governo) dei Marrucini", ne era infatti l'unica città vera e propria. Le numerose testimonianze archeologiche attestano una radicata vita civile già a partire dalla fine della guerra sociale, che si innesta sul precedente status di touta (capitale); i monumenti più significativi sono il foro, le terme, il teatro e l'anfiteatro risalenti al I-II secolo d.C.

Anxanum[modifica | modifica wikitesto]

Odierna Lanciano. Capitale dei Frentani, in epoca augustea dovette conoscere una buona prosperità grazie alle sue fiere, dette nundinae. Vicino a un'antichissima rotta commerciale che collegava la Puglia all'Italia settentrionale già in età preromana in epoca romana divenuta via Traiana da (Hostia Aterni 'Pescara' a Barium 'Bari'), fu un centro commerciale di notevole importanza per i collegamenti con il Sannio.

Ortona[modifica | modifica wikitesto]

Odierna Ortona, era con tutta evidenza il porto della popolazione frentana.

Histonium[modifica | modifica wikitesto]

Odierna Vasto. Importante per l'artigianato e commercio della lana. Fu distrutta da Silla nella battaglia contro Mario, e non si riuscì a ricostruirla prima del 117.

Aree archeologiche Sannitiche[modifica | modifica wikitesto]

Fontana del Grifo a Saepinum (Sepino)
Teatro romano di Bovianum Vetus a Pietrabbondante

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Plinio il Vecchio, III, 104-127
  2. ^ Popoli e culture dell'Italia preromana. L'Italia e i popoli italici, su treccani.it. URL consultato il 10 dicembre 2022.
  3. ^ G. Tagliamonte, 1997
  4. ^ FRENTANI, su treccani.it.
  5. ^ D. Romanelli, 1805, pag. 82
  6. ^ D. Romanelli, 1805, pag. 173
  7. ^ a b D. Romanelli, 1805, pag. 315
  8. ^ D. Romanelli, 1805, pag. 124
  9. ^ D. Romanelli, 1805, pag. 120
  10. ^ D. Romanelli, 1805, pag. 18
  11. ^ D. Romanelli, 1809, pag. 168
  12. ^ D. Romanelli, 1805, pag. 113
  13. ^ D. Romanelli, 1818
  14. ^ Nella lapide si parla di un certo Antonio Iustiniano rector provinciae (III secolo), citato anche da Theodor Mommsen e incluso nel Corus Inscriptiorum Latinarum
  15. ^ L'iscrizione dice "Divio Nostro Diocleziano Iovio / Augustus Senatus Populusque Anxanensis / Devotus Numini Majestatisque Eius / Pontem Faciendum curavit".
  16. ^ A CRECCHIO TORNA ALLA LUCE LA NECROPOLI DEI FRENTANI, su abruzzoweb.it.
  17. ^ Marsi (Nemici di Roma), su romanoimpero.com.
  18. ^ Carseoli, su regione.abruzzo.it, Regione Abruzzo (archiviato dall'url originale il 2 aprile 2015).
  19. ^ Strabone, Geografia, V, 3,7.
  20. ^ Atlante di Archeologia, Utet, Torino, 1998, pag. 222
  21. ^ Alba Fucens, su regione.abruzzo.it, Regione Abruzzo (archiviato dall'url originale l'8 marzo 2016).
  22. ^ Safini, Marsi ed Equi, su comune.avezzano.aq.it, Comune di Avezzano.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Bibliografia sull'Abruzzo.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]