Sbarco a Salerno: differenze tra le versioni

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[[File:German 88FlaK Salerno.gif|miniatura|sinistra|Batteria da 88 mm FlaK usati con notevole successo anche per il tiro anticarro. In primo piano le strisce bianche, indicanti il numero degli aerei e carri nemici distrutti]]
[[File:German 88FlaK Salerno.gif|miniatura|sinistra|Batteria da 88 mm FlaK usati con notevole successo anche per il tiro anticarro. In primo piano le strisce bianche, indicanti il numero degli aerei e carri nemici distrutti]]


I giorni immediatamente successivi all'8 settembre furono un periodo di estrema tensione peri tedeschi, e specialmente per Kesselring che dal suo quartier generale di Frascati, doveva ora fronteggiare una triplice invasione. La minaccia più immediata proveniva da Saleno, dove uno sbarco su larga scala era stato appena effettuato dagli Alleati, e ciò fu complicato dal fatto che ora i tedeschi stavano combattendo su un territorio di un paese alleato che improvvisamente li aveva abbandonati. Inoltre a peggiorare la situazione c'era anche il previsto arrivo nella testa di sbarco di Salerno delle divisioni dell'8ª Armata britannica, che seppur lentamente, minacciava le truppe tedesche in risalita dalla Calabria. Per Kesselring fu quindi molto difficile pianificare l'arrivo nella zona di Salerno dei rinforzi; i collegamenti telefonici (che utilizzavano la rete telefonica italiana ormai quasi del tutto interrotta) con la 10ª Armata era molto complicati, e sia [[Alfred Jodl]] (capo di stato maggiore dell'OKW) che l'[[Heeresgruppe B]] non concessero le due divisioni corazzate richieste sia da Kesselring che dal suo capo di stato maggiore [[Siegfried Westphal]]<ref>{{cita|Hart|pp. 408-409}}.</ref>.
I giorni immediatamente successivi all'8 settembre furono un periodo di estrema tensione peri tedeschi, e specialmente per Kesselring che dal suo quartier generale di Frascati, doveva ora fronteggiare una triplice invasione. La minaccia più immediata proveniva da Salerno, dove uno sbarco su larga scala era stato appena effettuato dagli Alleati, e ciò fu complicato dal fatto che ora i tedeschi stavano combattendo su un territorio di un paese alleato che improvvisamente li aveva abbandonati. Inoltre a peggiorare la situazione c'era anche il previsto arrivo nella testa di sbarco di Salerno delle divisioni dell'8ª Armata britannica, che seppur lentamente, minacciava le truppe tedesche in risalita dalla Calabria. Per Kesselring fu quindi molto difficile pianificare l'arrivo nella zona di Salerno dei rinforzi; i collegamenti telefonici (che utilizzavano la rete telefonica italiana ormai quasi del tutto interrotta) con la 10ª Armata era molto complicati, e sia [[Alfred Jodl]] (capo di stato maggiore dell'OKW) che l'[[Heeresgruppe B]] non concessero le due divisioni corazzate richieste sia da Kesselring che dal suo capo di stato maggiore [[Siegfried Westphal]]<ref>{{cita|Hart|pp. 408-409}}.</ref>.


L'Heeresgruppe B rispose che le due divisioni (che in quel momento erano di stanza a [[Mantova]]) servivano a nord e che comunque sarebbero arrivate troppo tardi. Al contrario Kesselring calcolò che i 700 chilometri tra Mantova e Salerno sarebbero stati coperti in tempo per permettere ai rinforzi di arrivare il 13 settembre, quando le sorti del combattimento sarebbero state ancora in equilibrio. Secondo Westphal, considerata l'inferiorità della Luftwaffe e la mancanza di armi che potessero rispondere al fuoco delle navi al largo, la scarsità di forze terrestri causò grossi danni, infatti secondo Westphal «quelle due divisioni, mandate in tempo, avrebbero volto a nostro favore la situazione a Salerno», concetto confermato anche dal rincrescimento che in seguito Jodl espresse a Westphal, in merito al mancato invio di rinforzi a Kesselring. Lo stesso Kesselring si disse fiducioso di poter sopperire all'inadeguatezza dei mezzi di ricognizione a sua disposizione e ai lacunosi rapporti informativi, prevedendo i piani alleati. Il feldmaresciallo osservò infatti che «I piani alleati dimostrano sempre che la preoccupazione dominante [...] era di garantirsi il successo al cento per cento, il che lo portava a ricorrere a sistemi e mezzi ortodossi» e la possibilità di avere forze terrestri più abbondanti, avrebbe forse permesso a Kesselring di prendere contromisure più efficaci<ref>{{cita|Hart|pp. 410-411}}.</ref>.
L'Heeresgruppe B rispose che le due divisioni (che in quel momento erano di stanza a [[Mantova]]) servivano a nord e che comunque sarebbero arrivate troppo tardi. Al contrario Kesselring calcolò che i 700 chilometri tra Mantova e Salerno sarebbero stati coperti in tempo per permettere ai rinforzi di arrivare il 13 settembre, quando le sorti del combattimento sarebbero state ancora in equilibrio. Secondo Westphal, considerata l'inferiorità della Luftwaffe e la mancanza di armi che potessero rispondere al fuoco delle navi al largo, la scarsità di forze terrestri causò grossi danni, infatti secondo Westphal «quelle due divisioni, mandate in tempo, avrebbero volto a nostro favore la situazione a Salerno», concetto confermato anche dal rincrescimento che in seguito Jodl espresse a Westphal, in merito al mancato invio di rinforzi a Kesselring. Lo stesso Kesselring si disse fiducioso di poter sopperire all'inadeguatezza dei mezzi di ricognizione a sua disposizione e ai lacunosi rapporti informativi, prevedendo i piani alleati. Il feldmaresciallo osservò infatti che «I piani alleati dimostrano sempre che la preoccupazione dominante [...] era di garantirsi il successo al cento per cento, il che lo portava a ricorrere a sistemi e mezzi ortodossi» e la possibilità di avere forze terrestri più abbondanti, avrebbe forse permesso a Kesselring di prendere contromisure più efficaci<ref>{{cita|Hart|pp. 410-411}}.</ref>.

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Sbarco a Salerno
parte della campagna d'Italia della seconda guerra mondiale
Sbarco di truppe americane sulle spiagge di Laura, nel golfo di Paestum, il 9 settembre 1943
Data9 - 18 settembre 1943
LuogoSalerno
EsitoVittoria alleata
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
Sei divisioni in totale[1]170.000 uomini circa, suddivisi in sette divisioni
(16 settembre)[2]
Perdite
Circa 3500 perdite[3]
(630 morti)[N 1]
Circa 9000 perdite suddivise in[3]:
Bandiera del Regno Unito 5500
Bandiera degli Stati Uniti 3500
(circa 1200 morti totali)[N 2]
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Template:Campagnabox Invasione dell'Italia 1943

Lo sbarco a Salerno (nome in codice operazione Avalanche), fu un'operazione militare di sbarco anfibio messa in atto dagli Alleati lungo le coste del golfo della città di Salerno il 9 settembre 1943, nel corso della campagna d'Italia della seconda guerra mondiale. Con questa operazione, gli alti comandi Alleati intendevano costituire un'importante testa di ponte nel territorio dell'Italia continentale, il cui obiettivo era di creare un trampolino di lancio per la conquista di Napoli e il suo fondamentale porto, utile per rifornire le truppe alleate impegnate sul fronte italiano. Le forze statunitensi della 5ª Armata statunitense del generale Mark Clark, impegnate nello sbarco, sarebbero state successivamente raggiunte dalle forze dell'8ª Armata di Bernard Montgomery provenienti da sud (operazione Baytown), assieme alle quali avrebbero poi attaccato le postazioni difensive tedesche del Volturno e della Gustav nell'Italia centrale.

Nonostante alcuni limitati successi iniziali, le truppe del generale Clark vennero violentemente contrattaccate dalle forze tedesche che il feldmaresciallo Albert Kesselring era riuscito a concentrare sulle alture dominanti il golfo di Salerno; gli anglo-americani si trovarono in grande difficoltà e il generale Clark temette un disastro. Attaccando lungo il corridoio del fiume Sele, che rappresentava uno spartiacque naturale tra i due corpi d'armata sbarcati nel golfo di Salerno, i tedeschi arrivarono molto vicini allo sfondamento, ma la tenace resistenza anglo-americana e il supporto dell'artiglieria alleata scongiurarono il pericolo.

Dopo dieci giorni di aspri combattimenti, gli alleati, che avevano subito perdite molto più elevate dei tedeschi, riuscirono a uscire dalla testa di ponte e a riorganizzarsi in vista dell'avanzata verso Napoli, che venne conquistata il 1º ottobre 1943. I tedeschi, al contempo, preferirono ripiegare ordinatamente verso nord in direzione della linea fortificata, denominata linea del Volturno, arroccata nell'impervio territorio appenninico a nord del capoluogo campano, dove si prepararono ad affrontare gli Alleati in avanzata.

Premesse e preparativi

Durante la terza conferenza interalleata di Washington, nel maggio 1943, gli Alleati decisero di comune accordo la continuazione della campagna di bombardamento contro la Germania e l'incremento delle operazioni nel Pacifico, ma lasciarono la pianificazione dei dettagli della strategia nel Mediterraneo al comandante in capo di quel teatro, Dwight D. Eisenhower, il quale avrebbe dovuto decidere come proseguire la campagna d'Italia dopo l'operazione Husky[4]. Gli americani, che tenevano decisamente di più alla programmata invasione dell'Europa nordoccidentale, e nel contempo consideravano le esigenze nel Pacifico più impellenti, erano consapevoli del costo che il secondo teatro d'operazioni in Italia comportava in termini di impegno bellico ed economico e di come questo condizionava e procrastinava le questioni da loro ritenute più importanti. Mentre la campagna di Sicilia si avviava alla sua inevitabile conclusione, iniziarono molti dibattiti su dove si sarebbe dovuto attaccare nella fase successiva[5]. Un'opzione che fu presa seriamente in considerazione fu l'invasione della Sardegna, caldeggiata da Eisenhower e dall'ammiraglio Andrew Cunningham, ma non da Winston Churchill, il quale propendeva per un attacco nei Balcani. Secondo lui una campagna in quel settore avrebbe impedito ai tedeschi di utilizzare significative materie prime, minacciando nel contempo le linee di comunicazione dell'Asse col fronte russo. A Washington non ne erano convinti, ma nessuno propose delle alternative, l'unica cosa di cui erano certi gli americani era che non dovevano esserci nuove campagne che intaccassero le risorse già destinate al secondo fronte o che minassero la campagna di guerra contro il Giappone[6].

I vertici militari alleati riuniti in Italia, in primo piano da sinistra Eisenhower, Churchill e Maitland-Wilson

Il 24 luglio, dopo il drammatico bombardamento di Roma, il dittatore italiano Benito Mussolini ricevette il voto di sfiducia del Gran consiglio del fascismo, e l'autorità politica e governativa tornò nelle mani del re Vittorio Emanuele III. Da quel momento partirono le trattative segrete con gli Alleati, che il 3 settembre portarono alla firma dell'armistizio, che venne annunciato alla nazione da Pietro Badoglio l'8 settembre 1943[6]. Nel contempo Albert Kesselring convinse Adolf Hitler che vi erano serie motivazioni per tentare una difesa della penisola a sud di Roma; in primo luogo a causa dell'impossibilità di evacuare le forze tedesche non senza dover rinunciare ad un grande quantitativo di uomini e materiali, e in secondo luogo, considerando l'importanza strategica del complesso di aeroporti nei dintorni di Foggia[7]. Questa decisione fece scattare i preparativi tedeschi di mobilitazione dei reparti che sarebbero stati destinati alla difesa della penisola, e quando l'armistizio entrò in vigore, prese il via l'operazione Achse, ossia il piano elaborato già nel maggio 1943 dall'Oberkommando der Wehrmacht (OKW) per controbattere un'eventuale uscita dell'Italia dalla guerra, neutralizzare le sue forze armate schierate nei vari teatri bellici del Mediterraneo ed occupare militarmente la penisola[8].

Durante il periodo di trattative con gli italiani, il 14 agosto Churchill e Roosevelt si incontrarono a Québec, con i loro stati maggiori e i loro consiglieri. La conferenza confermò il 1º maggio 1944 come data dell'invasione della Normandia, e fu deciso che tutte le operazioni in Europa dovessero essere subordinate a questo scopo. Eisenhower ricevette l'ordine di accettare solo una resa incondizionata dell'Italia, conquistare la Sardegna e la Corsica e continuare a premere contro i tedeschi. In questo contesto, i comandi riuniti a Québec diedero l'assenso all'operazione «Avalanche»[9], ossia il piano d'invasione dell'Italia continentale elaborato da Eisenhower e dallo staff della 5ª Armata statunitense. L'operazione fu confermata per il 9 settembre nel golfo di Salerno[N 3], ad una settantina di chilometri a sud di Napoli. L'obiettivo di questo sbarco era quello di permettere agli Alleati di schierare bombardieri strategici a Foggia (in subordine quindi all'operazione Pointblank, che nel vertice a Québec fu deciso che sarebbe stata parte integrante della più vasta strategia di bombardamento aereo della Germania in vista di Overlord[10]), e per consentire ai numerosi stormi di bombardieri di operare dal sud Italia sarebbe stato necessario un grande porto dal quale dovevano passare uomini e materiali; la scelta più ovvia cadde su Napoli[11].

Il generale Mark Clark a bordo dell'USS Ancon e il generale Von Vietinghoff

Gli Alleati erano pronti a rischiare nove divisioni per tenere l'Italia e permettere quindi alle forze aeree di schierarsi, ma né gli americani né i britannici consideravano Avalanche come il preludio per la conquista dell'intero paese; gli americani chiedevano solo basi sicure per i loro bombardieri mentre i britannici credevano che un impegno in Italia avrebbe continuato a tenere aperto lo spiraglio per un successivo intervento nei Balcani[9].

Il 26 luglio il generale Mark Clark, comandante della neo costituita 5ª Armata allora schierata in Nordafrica, ricevette i piani per lo studio dei preparativi dello sbarco anfibio nel golfo di Salerno, da effettuarsi inizialmente con il VI Corpo d'armata americano[12]. Il 3 agosto Clark si trasferì a Mostaganem - tra Orano e Algeri - per poter assistere alle fasi finali dell'addestramento, ma i preparativi arrivarono al termine non senza molte incomprensioni tra statunitensi e britannici, e anche all'interno della 5ª Armata stessa. Il comandante del XV Gruppo d'armata Harold Alexander e il generale Montgomery fecero molta pressione su Eisenhower perché le operazioni Buttress e Goblet, che erano di competenza esclusivamente britannica, fossero considerate l'attacco principale contro l'Italia[13]. Il primo passo per l'invasione, ossia l'operazione Baytown, prevedeva l'attacco immediato dell'Italia attraverso lo stretto di Messina non appena la campagna di Sicilia si fosse conclusa, e ciò doveva essere inizialmente seguito dall'operazione Buttress, ossia lo sbarco del X Corpo britannico a Gioia Tauro, sulla costa settentrionale della Calabria. Il 17 agosto però i capi di stato maggiore nel Mediterraneo pianificarono che Avalanche doveva essere effettuata da due corpi d'armata, e di conseguenza il X Corpo britannico di sir Brian Horrocks fu designato per lo sbarco a Salerno a fianco del VI Corpo statunitense. L'operazione Buttress fu annullata e tutta l'operazione Baytown fu declassata ad un'operazione di sbarco di una sola brigata rinforzata da quattro battaglioni, con l'inevitabile grande irritazione di Bernard Montgomery[14]. Il generale britannico, sfruttando la sua influenza, protestò energicamente con Alexander evocando lo spettro di massicci contrattacchi tedeschi e la prospettiva di uno sbarco destinato alla sconfitta, riuscendo a spuntarla. Così per Baytown venne assegnato il XIII Corpo che comprendeva la 5ª Divisione di fanteria britannica, la 1ª Divisione di fanteria canadese e la 231ª Brigata indipendente[15].

Scelte tattiche e operative

Le tre principali direttrici d'invasione degli Alleati dell'Italia continentale

Pochissimi consideravano il golfo di Salerno come una scelta ideale per uno sbarco anfibio: vi erano infatti spiagge molto più adatte a nord di Napoli e nel golfo di Gaeta, ma furono scartate perché fuori dal raggio d'azione degli Spitfire di stanza in Sicilia. Anzi, i caccia sarebbero a malapena riusciti a coprire il golfo di Salerno, così l'aeroporto di Montecorvino divenne uno degli obiettivi da conquistare al più presto dopo gli sbarchi. Solo apparentemente, però, il golfo di Salerno presentava caratteristiche morfologiche favorevoli ad uno sbarco. La visibilità era apparentemente ottima e la costa sabbiosa, tagliata in mezzo dal fiume Sele, era ampia e stretta, dominata però da pericolose alture che permettevano ad eventuali difensori di tenere sotto tiro le spiagge, i mezzi da sbarco e le navi rimaste in rada: un vantaggio tattico di non poco conto per i tedeschi. Durante il ventennio fascista, inoltre, la piana del Sele era stata bonificata con l'utilizzo di canali che durante le operazioni costituirono un ostacolo per il traffico alleato. Il capoluogo di provincia campano vedeva, tuttavia, confluire verso di esso diverse vie di comunicazione: la statale n.18 che unisce Napoli con Reggio Calabria; la statale n.88 Salerno-Morcone, che passa per Avellino; la statale n.19 che dalla limitrofa Battipaglia passa per Eboli e Potenza, per giungere infine a Catanzaro; attraverso il valico di Chiunzi, infine, si può raggiungere Napoli da Maiori e lo stesso era possibile da Sorrento attraverso il passo di Agerola. Si trattava, tuttavia, di strade che correvano nei fondovalle e potevano essere facilmente difese e interrotte[16].

Parte della flotta Alleata che si dirige verso le coste di Taranto in vista dell'operazione Slapstick

Per i pianificatori Alleati era indispensabile che vi fosse una strategia coordinata tra Avalanche e Baytown. I mezzi da sbarco disponibili erano pochi; in caso di resistenza (inizialmente Montgomery e Clark non erano informati sui negoziati in corso con l'Italia) vi sarebbe stato solo un ristretto margine di superiorità nei confronti dei nemici, e con le riserve stanziate in Africa settentrionale e Sicilia, i tedeschi e gli italiani avrebbero avuto possibilità di collegamento più immediate. In questo contesto fu molto delicato il ruolo giocato dalle condizioni dell'armistizio, dall'82ª Divisione aviotrasportata e quello dell'8ª Armata, considerata il punto di appoggio più vicino per le forze di sbarco[15].

Solo il 3 settembre, dopo la firma dell'armistizio, il generale Clark fu informato da Eisenhower della resa dell'Italia, della fine dell'alleanza italo-tedesca e della volontà dell'alto comando di lanciare l'82ª Divisione nei pressi di Roma (operazione Giant 2). Tale operazione era però condizionata alla cooperazione delle forze italiane, infatti l'esercito italiano avrebbe avuto il compito di occupare gli aeroporti di Guidonia, Littoria, Cerveteri e Furbara, e metterli a disposizione dei paracadutisti. Inoltre le condizioni della resa prevedevano la totale disponibilità nell'utilizzo dei mezzi di trasporto italiani per trasferire gli americani in città, in vista di una difesa coordinata di Roma con le forze di Badoglio. Un Regimental Combat Team (RCT) dell'82ª sarebbe arrivato nella notte di Avalanche D+1, il resto sarebbe arrivato nei giorni seguenti a seconda delle esigenze. Gli italiani si sarebbero poi impegnati ad aprire agli Alleati i porti di Taranto e Brindisi, nel primo dei quali sarebbe arrivata la 1ª Divisione aviotrasportata britannica, a bordo di incrociatori e caccia[17].

La HMS Warspite apre il fuoco contro le coste calabresi come preparazione all'operazione Baytown

Il generale Clark protestò con Eisenhower perché secondo lui l'82ª doveva essere destinata ad essere lanciata lungo il Volturno (operazione Giant 1) con il compito di occuparne tutti i passaggi, e impedire così alle forze tedesche schierate a sud di Roma di avanzare verso la testa di ponte[17]. Ma l'operazione era subordinata ad implicazioni politiche, per cui Clark fu costretto ad accettare la decisione, e il 179º gruppo reggimentale della 45ª Divisione andò a sostituire il reggimento dell'82ª che fungeva da riserva galleggiante. A tal proposito scrisse in seguito Mark Clark sul suo libro di memorie: «Rimanevo senza paracadutisti per far saltare i ponti sul Volturno, ma il nostro attacco sarebbe stato meno aspro di quel che ci si aspettava se gli italiani rifiutavano di resistere», e riteneva l'operazione Giant 2 «futile, perché non riuscivo a capire come i paracadutisti potessero aver successo nella loro impresa, di fronte al forte concentramento tedesco vicino alla capitale, [...] né riuscivo a capire come avremmo potuto aiutarli dal mare [...]»[18].

Nel frattempo, alle 03:45 dello stesso giorno Montgomery diede inizio all'operazione Baytown. Esattamente quattro anni dopo la dichiarazione di guerra, seicento cannoni dell'8ª Armata annunciarono il ritorno degli Alleati in Europa scaricando quattrocento tonnellate di proiettili sulla costa italiana, appoggiate dalle corazzate Nelson, Warspite e Valiant, il monitore Erebus, caccia, unità minori e tutta l'artiglieria americana piazzata in Sicilia[19]. Montgomery però non mise mai particolare impegno in Baytown. Era un generale che non amava correre rischi, e la sua attenzione era soprattutto rivolta alle nomine di Overlord, e secondo lo storico Morris, non aveva nessuna voglia di rovinarsi la reputazione con eventuali fallimenti in un fronte ritenuto secondario. Così la risalita lungo la Calabria della sua 8ª Armata fu spesso lenta e incostante. Montgomery considerava Avalanche un errore, era preoccupato dei contrattacchi tedeschi contro le sue forze (nonostante l'intelligence dell'8ª Armata gli riferì che le forze tedesche in Calabria fossero irrisorie), ed era deluso che la secondaria Baytown fosse stata affidata a lui piuttosto che ad un generale americano non collaudato, quale era Clark[20].

Piano d'invasione Alleato durante il D-Day del 9 settembre

Sebbene avesse perso l'appoggio della sua divisione aerotrasportata, Clark elaborò un piano considerato audace e fantasioso. Le lezioni imparate da Husky avevano sottolineato ancora una volta la necessità di occupare in pochi giorni dallo sbarco un grosso porto, e Clark contava di ottenere la resa di Napoli il D+5, sfruttando il fattore sorpresa. Per questo escluse l'utilizzo di un bombardamento preliminare sulle spiagge, e incaricò la sua armata di occupare il più velocemente possibile le gole che dominavano la statale n.18 "Tirrenica", impedendo ai tedeschi di impadronirsene[16]. Il Sele, inoltre, andava a formare un confine naturale tra i due corpi della 5ª Armata, le spiagge a sud sarebbero spettate agli americani che dovevano proteggere il lato destro dei britannici, con i quali dovevano congiungersi ad una quindicina di chilometri nell'interno, a Ponte Sele (passando da Altavilla, mentre i britannici avrebbero completato il movimento a tenaglia passando da Battipaglia e Eboli), occupare il terreno sopraelevato e congiungersi con l'8ª Armata proveniente da sud. Tre battaglioni ranger sarebbero poi sbarcati a Maiori, sul fianco sinistro del X Corpo, per impadronirsi della strada costiera e avanzare verso l'interno fra i monti fino a Nocera, che dominava il percorso verso la piana di Napoli. A Vietri (ad una ventina di chilometri a destra dei ranger), sarebbe sbarcato il commando n.2 dell'esercito britannico assieme al commando n.41 dei Royal Marines che attaccando attraverso le colline sopra l'abitato di Salerno avrebbero dovuto rendere sicuro il percorso della statale n.88 e la valle chiamata La Molina, nella quale passava la statale n.18 che collegava Salerno a Cava de' Tirreni[16]. Se tutto avesse funzionato, queste forze speciali avrebbero lasciato il passo alla 46ª Divisione di fanteria, che a sua volta avrebbe tenuto aperti i passi per la 22ª Brigata corazzata della 7ª Divisione corazzata britannica, la quale doveva sbarcare il D+1, sfondare e lanciarsi verso Napoli[21]. I comandi alleati comunque rimasero preoccupati dal potenziale tedesco, e dalla possibilità dei nemici di schierare in breve tempo forze equivalenti nel settore; l'unica cosa che faceva pendere l'ago della bilancia a favore degli Alleati era la tempestività dell'arrivo di Montgomery sulla testa di ponte. Ma era una possibilità tutt'altro che sicura. Anzi, il fatto che entrambi i generali tentassero in qualche modo di soddisfare le proprie ambizioni, fece in modo che le campagne delle due armate furono combattute separatamente; e mentre la 5ª Armata sperava di anticipare i tempi, l'8ª Armata fece in modo di dilatarli per consentire ai suoi uomini di riposare dopo le lunghe campagne che avevano dovuto affrontare[22].

Trattative e reazioni all'armistizio

Lo stesso argomento in dettaglio: Armistizio di Cassibile.

Alexander riteneva che la conclusione dell'armistizio con l'Italia il 3 settembre fosse un risultato importante, e se in Sicilia le truppe italiane non si erano distinte in combattimento, Alexander temeva che senza l'armistizio lo avrebbero fatto sul territorio continentale. Il comandante del XV Gruppo d'armate riteneva poi che se gli italiani si fossero arresi sarebbe stato un colpo durissimo per i tedeschi, e contribuito a disorganizzare la resistenza tedesca in Italia[23].

File:Armistizio-1943-Castellano-Eisenhower-Cassibile.jpg
Il generale Giuseppe Castellano ed il generale Eisenhower si stringono la mano dopo la firma dell'armistizio a Cassibile, il 3 settembre 1943

Fu deciso che l'armistizio sarebbe stato annunciato in contemporanea dal generale Eisenhower e dal maresciallo Pietro Badoglio (il capo del nuovo governo dopo la caduta di Mussolini) alle 18:30 ora locale, lo stesso giorno del lancio dei paracadutisti americani. Quel giorno, chiamato X-Day, sarebbe stato comunicato agli italiani da una trasmissione in codice dell'Italian Service della BBC. Restavano quindi solo cinque giorni per coordinare i piani, soprattutto quello dell'82ª Divisione, e Clark fu convocato in Sicilia per apprendere la notizia da Eisenhower in persona. Ma i piani erano ormai decisi, ed era troppo tardi per il comandante della 5ª Armata tentare di modificarli: i porti nella costa nordafricana traboccavano di navi, e i primi convogli sarebbero salpati entro ventiquattr'ore. La sorpresa dell'operazione sarebbe stata quindi fondamentale per Clark[24].

Ma a poche ore dall'arrivo a Roma delle forze aviotrasportate, gli italiani ebbero un ripensamento, e Badoglio trasmise agli Alleati un messaggio che diceva: «In seguito ai cambiamenti della situazione, nettamente peggiorata, e per la presenza di forze tedesche nell'area di Roma, non è più possibile dare l'annuncio dell'armistizio perché la capitale verrebbe occupata e il potere assunto con la forza dei tedeschi. L'operazione non è più possibile, perché non dispongo di forze necessarie a mantenere gli aeroporti». La realtà era che gli italiani non avevano fatto nulla di quanto in loro potere per facilitare le operazioni che gli Alleati volevano compiere; la catena di comando dell'esercito italiano era in totale confusione e se da una parte alcuni generali appoggiavano gli Alleati, altri non erano molto convinti di ciò che li aspettava[25]. Alle 8 del mattino dell'8 settembre Eisenhower ricevette il messaggio di Badoglio, con annessa la richiesta del maresciallo di rinviare l'annuncio. Eisenhower reagì con fermezza telegrafando ai capi di stato maggiore congiunti che: «[...] ho deciso di non accettare il cambiamento chiesto dagli italiani. Intendiamo procedere con il piano e annunciare l'armistizio e avviare la successiva propaganda e le altre misure»[26].

Ufficiali della Divisione Sassari mentre discutono a Roma delle condizioni di resa con i tedeschi

Il generale Maxwell Taylor, arrivato il 7 settembre a Roma con il colonnello Gardiner, per coordinare l'operazione aviotrasportata, poté constatare di persona la situazione, e inviò un messaggio quella stessa sera ad Eisenhower chiedendo la cancellazione dei lanci aviotrasportati. Taylor nel timore che il suo messaggio non fosse stato ricevuto, re-inviò lo stesso messaggio nel pomeriggio dell'8 settembre. Il messaggio arrivò proprio pochi minuti prima che i primi aerei pieni di uomini decollassero, salvando la situazione ed evitando che l'operazione aviotrasportata finisse in un disastro. Alla fine, secondo i piani, Eisenhower alle 18:30 trasmise via radio l'annuncio dell'armistizio, e dato che la radio di Roma rimase zitta, la radio di Algeri trasmise il messaggio in italiano poche ore dopo[27]. In serata anche Badoglio si recò negli studi radio di Roma, dove secondo gli accordi annunciò il proclama concordato, e le forze tedesche accerchiarono la capitale, e in nottata, la famiglia reale, Badoglio e alcuni esponenti militari del governo e vari funzionari, lasciarono Roma diretti a Brindisi, lasciando quindi la capitale in mano ai tedeschi[28].

La notizia dell'armistizio fu appresa anche dagli uomini stipati sulle navi della flotta che componevano il corpo di sbarco: essa suscitò grandi manifestazioni di gioia ed ebbe sfortunate conseguenze psicologiche, in quanto i soldati si erano convinti che a Salerno avrebbero trovato folle in festa. Furono gli ufficiali ad attenuare lo smisurato e fuori luogo calo di tensione, che avrebbe potuto causare conseguenze inimmaginabili al momento dello sbarco[29]. Gli uomini però non sapevano che unità della 16ª Divisione corazzata tedesca stavano assumendo il controllo delle ottime postazioni difensive offerte da Salerno. Il comandante della divisione, Generalmajor Rudolf Sieckenius, divise le sue forze in quattro gruppi, ognuno con il nome del proprio comandante, per coprire il fronte del golfo di Salerno, utilizzando anche le armi sottratte alla 222ª Divisione costiera italiana che si era arresa appena saputo dell'armistizio[30].

Albert Kesselring, a destra con il bastone da feldmaresciallo, a colloquio con i suoi ufficiali sul fronte italiano.

Albert Kesselring, né i suoi luogotenenti avevano creduto che lo sbarco di Montgomery in Calabria significasse che gli anglo-americani avrebbero percorso l'Italia in tutta la sua lunghezza per aprirsi la via per Roma. Anzi, negli ultimi giorni si erano convinti che gli Alleati avrebbero tentato proprio a Salerno di aprirsi un varco per Napoli e Roma. Il 6 settembre ricognitori della Luftwaffe segnalarono che portaerei britanniche si stavano radunando, e un rapporto della marina sostenne che un attacco verso il golfo di Salerno non era da escludere. Il 7 i tedeschi individuarono un convoglio a nord di Palermo e nel pomeriggio del giorno successivo avevano lanciato l'allarme. Lo stesso giorno, tre ore dopo l'annuncio di capitolazione dell'Italia, Kesselring diede ancora una volta prova di agilità nel comando, e alle ore 20:00, ottenuta l'autorizzazione di Hitler, diede il via all'operazione Achse, messa a punto ad agosto con l'intento di disarmare le forze italiane e occupare le roccaforti principali. L'avvistamento della flotta al largo di Salerno fu poi, in un certo senso, un vantaggio per Kesselring, il quale, se non altro non avrebbe dovuto combattere contro gli Alleati vicino a Roma proprio mentre stava assoggettando la capitale[31]. Già da metà agosto le forze tedesche in Italia si riunirono con quelle provenienti dalla Sicilia, formando la 10ª Armata, sotto il comando del generale Heinrich von Vietinghoff, veterano delle campagne di Francia, Jugoslavia e Russia, che poteva ora contare su circa 135 mila uomini comprendenti la 26ª Panzer-Division di Smilo von Lüttwitz, forse la meglio equipaggiata divisione tedesca in quel momento in Italia[31].

Le forze in campo

Lo stesso argomento in dettaglio: Ordine di battaglia dell'invasione Alleata d'Italia.

Gli Alleati

Addetti alle comunicazioni del VI Corpo americano sistemati all'interno di un tempio greco a Paestum, quello di Nettuno

I particolari di Avalanche vennero discussi il 23 agosto ad Algeri, quando Eisenhower, Alexander, Cunnigham, Tedder, Spaatz e Montgomery si incontrarono per completare i piani. In questa riunione tutti convennero che la puntata dell'8ª Armata sarebbe stata una "diversione", e che lo sforzo principale sarebbe stato compiuto dalla 5ª Armata a Salerno[32]. La forza da sbarco sarebbe stata composta dal VI Corpo statunitense del maggior generale Ernest Dawley, composto dalla 34ª e dalla 36ª Divisione di fanteria, dalla 1ª Divisione corazzata e dalla 82ª Divisione aviotrasportata (destinata inizialmente a Giant 2); e con il X Corpo britannico al comando del tenente generale Sir Richard McCreery (che aveva sostituito Horrocks dopo che questi rimase ferito durante un attacco aereo tedesco a Biserta nel giugno 1943), che comprendeva la 46ª e la 56ª Divisione di fanteria, la 7ª Divisione corazzata e la 1ª Divisione aviotrasportata (destinata all'operazione Slapstick). Queste forze avrebbero dovuto conquistare Napoli e congiungersi con le forze dell'8ª Armata britannica di Bernard Law Montgomery, che sarebbero sbarcate il 3 settembre in Calabria per poi dirigersi verso nord per prendere contatto con la 5ª Armata[12]. L'ammiraglio Henry Hewitt avrebbe comandato le due squadre navali destinate all'operazione, l'una delle quali appoggiava l'armata di Clark, mentre l'altra appoggiava le truppe di Montgomery, con lo stesso Hewitt che avrebbe accompagnato di persona le forze americane sulla nave ammiraglia USS Ancon, che sarebbe stata anche il quartier generale di Clark finché non fosse potuto scendere a terra[13]. Inoltre lo stesso Clark si prodigò per creare quella che lui stesso definì una «riserva galleggiante», ossia una forza di appoggio composta da nove LST, sei LCI e quarantotto DUKW che avrebbe fatto parte della flotta di Hewitt, e che avrebbe imbarcato la 45ª Divisione di Troy Middleton, che sarebbe stata in grado di raggiungere Salerno ove e se necessario[33].

In tutto le forze Alleate potevano contare su circa 30.000 soldati britannici e 25.000 americani per attaccare le posizioni tedesche, difese da circa 20.000 uomini, già schierati nella zona di Salerno, mentre altri 100.000 erano i nemici che gli Alleati credevano potessero convergere nella zona degli sbarchi in breve tempo[34]. L'assalto nel settore statunitense nella zona tra Paestum e Agropoli, sarebbe stato condotto dalla 36ª Divisione americana, formata da soldati texani, comandati da Fred Walker, un vecchio insegnante proprio di Clark a Fort Lewis, che avrebbero avuto la prova del fuoco proprio a Salerno. Clark decise di impiegare per l'assalto la 36ª, piuttosto che la già collaudata 34ª, a causa della fiducia che egli riponeva sia in Walker, sia nei vari comandanti, sia nel personale della divisione[35]. Da parte britannica, l'assalto iniziale sarebbe stato sferrato da entrambe le divisioni disponibili, la 46ª agli ordini del maggior generale John Hawkesworth[N 4] che avrebbe attaccato lungo la parte più a ovest dello schieramento, presso l'abitato di Salerno, e dalla 56ª ("i Gatti Neri") di Douglas Graham, che avrebbe attaccato lungo la costa di fronte alla piana antistante Battipaglia, in direzione dell'aeroporto di Montecorvino[36].

I tedeschi

Batteria da 88 mm FlaK usati con notevole successo anche per il tiro anticarro. In primo piano le strisce bianche, indicanti il numero degli aerei e carri nemici distrutti

I giorni immediatamente successivi all'8 settembre furono un periodo di estrema tensione peri tedeschi, e specialmente per Kesselring che dal suo quartier generale di Frascati, doveva ora fronteggiare una triplice invasione. La minaccia più immediata proveniva da Salerno, dove uno sbarco su larga scala era stato appena effettuato dagli Alleati, e ciò fu complicato dal fatto che ora i tedeschi stavano combattendo su un territorio di un paese alleato che improvvisamente li aveva abbandonati. Inoltre a peggiorare la situazione c'era anche il previsto arrivo nella testa di sbarco di Salerno delle divisioni dell'8ª Armata britannica, che seppur lentamente, minacciava le truppe tedesche in risalita dalla Calabria. Per Kesselring fu quindi molto difficile pianificare l'arrivo nella zona di Salerno dei rinforzi; i collegamenti telefonici (che utilizzavano la rete telefonica italiana ormai quasi del tutto interrotta) con la 10ª Armata era molto complicati, e sia Alfred Jodl (capo di stato maggiore dell'OKW) che l'Heeresgruppe B non concessero le due divisioni corazzate richieste sia da Kesselring che dal suo capo di stato maggiore Siegfried Westphal[37].

L'Heeresgruppe B rispose che le due divisioni (che in quel momento erano di stanza a Mantova) servivano a nord e che comunque sarebbero arrivate troppo tardi. Al contrario Kesselring calcolò che i 700 chilometri tra Mantova e Salerno sarebbero stati coperti in tempo per permettere ai rinforzi di arrivare il 13 settembre, quando le sorti del combattimento sarebbero state ancora in equilibrio. Secondo Westphal, considerata l'inferiorità della Luftwaffe e la mancanza di armi che potessero rispondere al fuoco delle navi al largo, la scarsità di forze terrestri causò grossi danni, infatti secondo Westphal «quelle due divisioni, mandate in tempo, avrebbero volto a nostro favore la situazione a Salerno», concetto confermato anche dal rincrescimento che in seguito Jodl espresse a Westphal, in merito al mancato invio di rinforzi a Kesselring. Lo stesso Kesselring si disse fiducioso di poter sopperire all'inadeguatezza dei mezzi di ricognizione a sua disposizione e ai lacunosi rapporti informativi, prevedendo i piani alleati. Il feldmaresciallo osservò infatti che «I piani alleati dimostrano sempre che la preoccupazione dominante [...] era di garantirsi il successo al cento per cento, il che lo portava a ricorrere a sistemi e mezzi ortodossi» e la possibilità di avere forze terrestri più abbondanti, avrebbe forse permesso a Kesselring di prendere contromisure più efficaci[38].

A favorire i tedeschi fu il fatto che lo sbarco principale degli Alleati avvenne esattamente dove Kesselring aveva previsto, nel golfo di Salerno, dove i tedeschi erano disposti in una buonissima posizione. Pur non essendo numericamente sufficienti per ricacciare in mare le truppe alleate, le forze tedesche riuscirono a contenerle e a impedire che lo sbarco si traducesse in una minaccia immediata, mentre le minacce rappresentate in Calabria e a Taranto erano secondarie, infatti le truppe in Calabria avanzavano molto lentamente, mentre quelle sbarcate a Taranto erano talmente inadeguate e prive di mezzi di trasporto, che la minaccia si riduceva non rappresentando un problema urgente[39]. La situazione permise quindi ai tedeschi di distaccare da Roma le forze presenti e, grazie all'azione decisa di von Senger, di trasferire dalla Corsica oltre 30.000 uomini con tutto il loro equipaggiamento, tra cui la 90ª Panzergrenadier, che si riorganizzò nei pressi di Pisa e ben presto fu nuovamente pronta all'azione. Il suo ritorno in combattimenti sarebbe stato di notevole importanza nel prosieguo della campagna d'Italia[40].

Gli sbarchi

Il fuoco di contraerea della HMS Warspite durante le fasi notturne degli sbarchi

Poco prima della mezzanotte dell'8 settembre, la flotta di Hewitt con le sue 642 navi distribuite su oltre 1500 chilometri quadrati di mare[41], si disposero da meno di venti chilometri dal litorale e Clark assunse a tutti gli effetti il comando delle operazioni, dando l'avvio alle procedure di preparazione allo sbarco. Alle 02:00 Clark trasmise ad Alenxader «Arrivato zona trasbordo come stabilito. Barche calate in mare e ora in posizione. Mare calmo. Sbarco previsto in orario»[42]. Alle 03:30, all'estrema destra dello schieramento navale, i battaglioni d'assalto della 36ª Divisione americana[N 5] sbarcarono senza l'ausilio di fuoco preparatorio lungo le quattro spiagge designate nella zona di Paestum, sperando di cogliere i difensori di sorpresa. Ben presto i razzi illuminanti tedeschi comparvero nel cielo sovrastante le spiagge, seguiti dal crepitio delle mitragliatrici, dalle granate dei mortai e la potenza di fuoco di alcuni pezzi del temibile FlaK da 88 mm[43]. Nel frattempo una voce rimbombò da un altoparlante sulla spiaggia, ruggendo in inglese: «Venite avanti e arrendetevi. Siete sotto tiro!»[44] Le prime ondate si susseguirono con grande difficoltà, a distanza di otto minuti l'una dall'altra, ma il fuoco dei difensori crebbe d'intensità, e le successive ondate trovarono enormi difficoltà a sbarcare; in alcuni momenti il fuoco dell'artiglieria fu così fitto da costringere i mezzi da sbarco a tornare indietro senza aver scaricato gli uomini, e riprovare[43].

Gli artiglieri tedeschi appostati fra le mura di Paestum facevano fuoco con continuità, mentre, nascosti dentro i granai e in ogni edificio vicino alla costa, i panzer sparavano ad alzo zero contro le truppe che riuscivano ad inoltrarsi nelle dune appena dietro le spiagge. Alle prime luci dell'alba arrivarono gli aerei della Luftwaffe che compirono furiosi mitragliamenti e lancio di bombe contro le truppe sulla spiaggia e contro gli LST al largo[45]. Nella confusione decine di LST fecero sbarcare le truppe in settori sbagliati ma fortunatamente più tranquilli, e molti soldati rimasero separati dalle loro armi d'accompagnamento con le comunicazioni che furono in molti casi furono difficili, sia per la perdita dell'equipaggiamento sia per l'intenso fuoco nemico[46]. Le truppe d'assalto resistettero, e iniziarono ad avanzare nell'entroterra, insinuandosi e strisciando fra i reticolati, le mitragliatrici e i carri armati nemici, aprendo i primi varchi verso l'interno diretti alla linea ferroviaria che correva parallela alla costa, ossia il primo obiettivo degli sbarchi americani. Alle 06:00 i DUKW riuscirono a sbarcare le prime armi pesanti, gli obici da 155 mm del 133º e del 151º Battaglione d'artiglieria campale, mentre i bulldozer iniziarono ad aprire i varchi per i mezzi corazzati attesi sulle spiagge[47].

Uomini e materiali vengono sbarcati sulle spiagge

Nel settore settentrionale i commandos britannici e i rangers americani guidati dal tenente colonnello William Darby, riuscirono a prendere di sorpresa le difese nemiche, e si impadronirono delle alture vicino a Maiori, che servivano ad "ancorare a terra" il fianco sinistro dello schieramento, affidato alle forze britanniche[48]. Inizialmente Darby incontrò pochissima resistenza e avanzò con il 1º e 2º Battaglione verso il valico di Chiunzi, sulla sommità della dorsale montuosa che sovrasta la penisola di Sorrento, lasciando il 3º Battaglione sulla costa. Il terreno accidentato e la vegetazione rallentarono l'avanzata, ma poco dopo il sorgere del sole le avanguardie dei ranger raggiunsero la sommità e si trincerarono, lasciandosi di fronte a circa un chilometro e mezzo, la gola di Nocera. I ranger vennero poco dopo raggiunti dal grosso dei battaglioni, e Darby si mise per la prima volta dopo lo sbarco in contatto con Clark (scavalcando la catena di comando che gli imponeva di riferire a McCreery) comunicandogli il successo della missione. Purtroppo però Darby si trovava nella posizione sbagliata, dato che i rinforzi tedeschi destinati alla testa di sbarco si sarebbero diretti a Salerno attraverso la gola di Nocera, non attraverso il valico[49]. Darby quindi, peraltro privo delle armi pesanti necessarie ad affrontare le forze corazzate nemiche, fu costretto a rimanere inattivo e limitarsi ad osservare le truppe tedesche dirette al fronte. I ranger di fatto non portarono affatto a termine la loro missione[50].

Un LST sbarca il suo carico di uomini e mezzi, precisamente Universal Carrier, sulle spiagge di Salerno

Alla destra dei ranger, i commandos britannici sbarcarono a Vietri sul mare, circa undici chilometri a est di Salerno, con due commandos (che formavano la Layforce), il n.2 (esercito) e il n.45 (Royal Marines). A nord di questo villaggio si trovavano Cava de' Tirreni e la gola, o valle, di Molina, che era l'obiettivo principale dei commandos. Questi avrebbero dovuto impedire alle truppe tedesche di poter utilizzare il valico che da Cava portava a Vietri attraverso la gola, e prendere il controllo di un ponte stradale che scavalca la gola, il quale, se distrutto dai tedeschi avrebbe imbottigliato la testa di ponte e isolato i ranger a Nocera. Gli sbarchi dei commandos furono però molto più difficoltosi e sanguinosi di quelli dei ranger; la resistenza che incontrarono a Vietri fu tenace, e quando i commandos misero le mani sull'abitato, la resistenza tedesca fu via via più forte mentre avanzavano nell'entroterra. Giunti nella gola di Molina si resero conto che i tedeschi erano trincerati i posizioni ben difese e che potevano ricevere rinforzi dato che i ranger non si trovavano a Nocera[50]. Il loro equipaggiamento leggero era inoltre insufficiente per sostenere una lunga battaglia difensiva, e l'unico supporto su cui potevano contare per scacciare i tedeschi dalla gola, ossia i mezzi corazzati della 46ª Divisione, ritardavano ad arrivare[51].

La 46ª e la 56ª Divisione sbarcarono alla destra della Layforce, in due punti fiancheggianti l'aeroporto di Montecorvino, distante poco meno di cinque chilometri, e verso Battipaglia. In questo settore i britannici non fecero a meno del bombardamento preparatorio, e in questo modo riuscirono a sgombrare le spiagge dal grosso delle prime linee di resistenza[52]. I britannici della 46ª Divisione che dovevano ricongiungersi con i commandos furono comunque accolti da un violento fuoco nemico sulla spiaggia, che li costrinse a combattere metro per metro con l'appoggio dell'artiglieria navale contro l'ostinato 64º Reggimento panzergrenadier[48]. Globalmente però la resistenza tedesca sulle spiagge britanniche fu saltuaria, ma per il terreno che contava davvero, la 16ª Panzer-Division si batté con tenacia e successo[51]. La conquista di Salerno fu ritardata dalle efficaci azioni di retroguardia e dalle demolizione compiute dai nemici, e la città dovette essere conquistata casa per casa. Ciò rallentò i mezzi della 46ª Divisione che avrebbero dovuto ricongiungersi con i commandos, e solo nel tardo pomeriggio un reparto di fanteria raggiunse le truppe speciali nell'entroterra di Vietri. Alla 56ª Divisione non andò meglio, e a Montecorvino la difesa tedesca ebbe successo; i reparti dei Royal Hampshire incaricati di impossessarsi dell'aeroporto che avrebbe consentito un solido appoggio aerea della testa di ponte, dopo molti attacchi e contrattacchi da entrambe le parti, non riuscirono nell'intento. Battipaglia, posta all'incrocio delle due fondamentali strade statali, la n.18 e n.19, fu occupata ben presto dal 9º Battaglione Royal Fusiliers, che però si ritrovò pericolosamente esposto all'artiglieria tedesca e senza l'appoggio dei mezzi corazzati, fu costretto alla difensiva[51].

Panzer IV della 16. Panzer-Division in marcia nell'Italia meridionale

Nonostante tutto, al termine della giornata il X Corpo britannico sbarcò a terra circa 23.000 uomini, 80 carri armati, 235 cannoni e circa 2000 veicoli di ogni tipo. Questo corpo, che aveva come obiettivo di stabilire una testa di ponte che comprendesse Salerno, l'aeroporto di Montecorvino, i valichi che conducevano fuori dalla pianura, Battipaglia e il nodo stradale di Eboli, fallì praticamente tutti gli obiettivi nonostante i feroci combattimenti, mentre gli americani più a sud se la passarono anche peggio[51]. I tedeschi nel settore americano avevano due compagnie di panzergrenadier per coprire quattro spiagge, ma la loro potenza di fuoco fu in grado di inchiodare i texani sulle spiagge e nell'immediato entroterra. Solo verso le 09:00, l'intervento dei pezzi da 381 mm del monitore britannico Abercrombie, e dei pezzi da 152 mm dell'incrociatore statunitense Savannah e del gemello Philadelphia riuscirono a sbloccare la situazione[53]. I dragamine erano infatti riusciti finalmente a bonificare un canale attraverso il quale le navi da guerra poterono avvicinarsi alla costa, portandosi in tarda mattinata addirittura ad un centinaio di metri dal litorale, dove riuscirono a colpire i panzer tedeschi[54].

Truppe britanniche in marcia, superano due panzer messi fuori combattimento nei pressi di Fasanara

Al largo poi c'erano altri problemi; il dragaggio delle mine nel settore americano era stato effettuato in modo sbagliato, e gli attacchi della Luftwaffe rendevano ancor più difficili le operazioni. Il generale Walker toccò terra solo alle 08:00 del mattino, dopo che la sua imbarcazione impiegò più di cinque ore per coprire i diciannove chilometri che la separavano dalla costa[55]. In generale però i contrattacchi tedeschi favoriti dall'assenza di mezzi corazzati Alleati, divennero sempre più intesi nel prosieguo della giornata, ma furono spesso scoordinati e privi di consistenza. Secondo lo storico Morris, se questi contrattacchi fossero stati gestiti al meglio, la testa di ponte americana si sarebbe trovata in serie difficoltà. Comunque sia, entro sera gli americani si erano insediati più o meno saldamente, sebbene solo due delle quattro spiagge erano in grado di accogliere i mezzi da sbarco[53].

Purtroppo però il piano di battaglia prevedeva entro la fine del D-Day il ricongiungimento tra gli anglo-americani lungo il fiume Sele; invece il vuoto tra loro andava lungo il fiume fino al mare, e in certi punti misurava circa sedici chilometri. Inoltre la prevista conquista di Napoli entro pochi giorni andò in fumo già il primo giorno: le truppe sbarcate non riuscirono a conquistare gli obiettivi minimi nonostante la superiorità navale, e l'operazione Slapstick, che secondo i piani avrebbe dovuto distogliere forze tedesche da Salerno, non raggiunse lo scopo, e la 1ª Divisione aviotrasportata sbarcata a Taranto non incontrò nessuna resistenza. I tedeschi al contrario inviarono il grosso delle loro truppe contro i britannici a Salerno, in vista di un'offensiva che avrebbe messo in seria difficoltà la testa di sbarco[56]. Mark Clark però considerava la situazione ancora buona, tanto da considerare il varco lungo il Sele come un fattore «non troppo serio», a anzi, considerava che le spiagge erano ormai saldamente in mano alle sue truppe e appena possibile avrebbe lanciato le sue truppe per ricucire la breccia tra i due corpi d'armata, e iniziato una puntata per puntare i colli che gli avrebbero consentito di marciare verso Napoli[57]. Purtroppo però Clark era troppo ottimista: non si rese subito conto dell'importanza del corridoio del Sele e si lasciò attrarre verso posizioni elevate, lasciando un considerevole vantaggio ai tedeschi[58].

La reazione tedesca

«Devono essere annientati completamente e ricacciati in mare. Devono capire che non hanno nessuna speranza contro la potenza concentrata della Germania»

Un Flak 88 camuffato nella vegetazione

Erano ormai parecchi giorni in cui i tedeschi sul territorio italiano ricevevano segnalazioni circa la probabilità di sbarco alleato in Italia meridionale. Alle ore 14:00 dell'8 settembre, il comando della 16ª Divisione panzer trasmise a tutti i sottufficiali il primo messaggio «operazione Feuerbrunst» che mise in pre-allarme gli uomini, seguito alle 16:30 da un secondo annuncio «Attenzione operazione Orkan», che comunicava che il convoglio alleato era ormai in vista. Il reggimento da ricognizione del tenente Rocholl, che doveva pattugliare Salerno, inviò altre pattuglie a Castellammare e Vietri, e poche ore dopo fu resa nota la notizia della resa italiana[59]. Verso sera i genieri tedeschi fecero saltare il molo del porto di Salerno, mentre le posizioni difensive venivano occupate dai soldati della Wehrmacht e gli aerei della Luftwaffe iniziavano le prime sortite contro il convoglio[60].

Il comandante della 16ª Divisione panzer, Sieckenius, aveva disposto i suoi quattro gruppi di combattimento lungo la spiaggia da Salerno a nord fino ad Agropoli a sud, posizionandoli a circa dieci chilometri di distanza l'uno dall'altro e concentrando le sue truppe su otto punti fortificati, larghi 400 metri ed equipaggiati con palizzate difensive, armi automatiche, mortai, cannoni pesanti e mine[61].

Fallschirmjäger a bordo di un Sd.Kfz. 231 8 rad della 15. Panzer-Division in marcia verso il fronte

Inoltre le posizioni d'osservazione allestite dai tedeschi su monte Soprano consentirono ai difensori di controllare tutti i movimenti delle truppe sulle spiagge, e dirigendo di conseguenza il tiro degli 88 mm dalle alture sulla testa di sbarco e sugli LST. Ciò vanificò in parte i tentativi delle navi Alleate al largo, e degli uomini sulle spiagge, di stendere una densa cortina fumogena a protezione degli sbarchi. Ma probabilmente i maggiori pericoli in cui incorsero le forze anglo-americane durante il 9 settembre furono rappresentati dalla Luftwaffe, che fin dalle prime ore causò non pochi problemi alle forze da sbarco. Per tutto il giorno gli LST e le navi ancorate al largo furono martellate dall'aviazione e dagli 88 mm[45]. A tal proposito scrisse il corrispondente di guerra John Steinbeck, allora imbarcato su una nave della flotta d'invasione: «Quando si accende la luce rossa dell'allarme aereo, i cacciatorpedinieri cominciano a muoversi in cerchio intorno alle navi più grosse, eruttando un fumo biancastro e soffocante che puzza di zolfo. Continuano a serpeggiare avanti e indietro fino a nascondere l'intera flotta con la loro nebbia artificiale. [...] Poi attraverso il fumo, si cominciano a sentire i tonfi sordi delle bombe. [...] E le esplosioni delle bombe squarciano l'acqua e raggiungono la nave. Le senti vibrare sotto i piedi»[62].

I tedeschi analizzarono la situazione e reputarono la situazione di Salerno come molto delicata, ma anche un'occasione per tentare di sferrare un duro colpo agli Alleati. Le truppe britanniche sbarcate a Taranto e Brindisi erano poco armate e prive di mezzi di trasporto, mentre Montgomery era ancora a Nicastro, a circa 320 chilometri dalla testa di ponte; per cui Kesselring dopo essersi reso conto della confusione che regnava nella testa di ponte alleata e del fatto che questa mancava di profondità (per cui i rinforzi in mare non riuscivano a sbarcare), ordinò a Von Vietinghoff di lasciare in Calabria le forze minime e concentrare su Salerno tutto quello che aveva a disposizione[63]. Per rinforzare la 16ª Panzer-Division, von Vietinghoff disponeva di quattro divisioni, tutte a breve distanza dalla testa di ponte: infatti dopo l'esperienza in Sicilia, von Vietinghoff decise di non battersi sulle spiagge, bensì potenziare le sue forze e attaccare fruttando le posizioni più elevate. Così fu deciso che il XIV Panzerkorps si sarebbe schierato a nord contro le forze britanniche del X Corpo, mentre il LXXVI Panzerkorps avrebbe ingaggiato gli americani a sud del Sele. La divisione corazzata "Hermann Göring" reduce dalla Sicilia e rinforzata da elementi della 1ª Divisione paracadutisti, con la 15ª Divisione Panzergrenadier schierata a nord sul golfo di Gaeta, ma fortemente a corto di mezzi corazzati, ricevettero l'ordine di muoversi verso la testa di ponte già alla sera del 9 settembre[64]. Le divisioni tedesche da sud avrebbero impiegato più tempo per arrivare a Salerno; la 29ª Divisione Panzergrenadier rimase inoltre ferma due giorni nei pressi del golfo di Policastro per mancanza di carburante, mentre la 26ª Divisione Panzer, che aveva agito come retroguardia contro i canadesi in Calabria, senza il supporto dei suoi carri lasciati in precedenza a Roma impiegò una settimana per raggiungere il fronte[65].

La battaglia per la testa di ponte

Carri M4 Sherman inglesi avanzano attraverso le vie di Salerno, accolti positivamente dalla popolazione

Il giorno seguente fu subito chiaro che il grosso delle forze tedesche era ammassato contro il X Corpo britannico, il quale, tentando di spingersi da Salerno verso la statale che conduce direttamente a Napoli, incontrò una grossa resistenza. Gli americani d'altro canto, furono in grado di spingersi più avanti e di occupare un'importante catena di colline tra Altavilla e Ogliastro Cilento, dato che tedeschi dopo il fallito tentativo di contrattacco del giorno precedente, si erano ritirati da quel settore, salvo che dal corridoio formato dai fiumi Sele e Calore, corridoio che conteneva l'obiettivo principale del 179º Reggimento della 45ª Divisione appena sbarcato, ossia Ponte Sele, dove passava la statale n.19[57].

Al mattino Clark scese a terra per decidere dove sbarcare il 157° RCT che costituiva la riserva galleggiante, e per comunicare con i comandanti e ispezionare la testa di sbarco. Il generale Walker gli comunicò che la situazione era «sotto controllo»; lo spazio vuoto tra i due corpi non era stato colmato, ma i tedeschi sembrava si stessero ritirando e la discesa a terra del 179° procedeva bene[66]. Successivamente Clark si recò da McCreery, e il cauto ottimismo che incontrò nel settore americano, scomparve all'improvviso. Il comandante del X Corpo riferì che le truppe britanniche si trovavano in difficoltà crescente; Montecorvino non era ancora in mano alleata, e quella stessa mattina i tedeschi avevano contrattaccato a Battipaglia, dove il centro dell'attenzione era divenuta la manifattura tabacchi, dove il 9º Battaglione "Royal Fusiliers" era rimasto tagliato fuori e senza appoggio. L'artiglieria tedesca aveva messo fuori uso i cannoni contraerei del reparto e vari reparti della 26ª Panzer-Division con l'ausilio di panzer IV e paracadutisti, lanciarono una serie di contrattacchi che penetrarono nelle linee nemiche, facendo centinaia di prigionieri. Anche il contrattacco del 3º Battaglione dei granatieri della guardia messo in atto per appoggiare i Fusiliers risultò inefficace e venne respinto, segnando il destino del 9º Battaglione[67]. McCreery si disse anche preoccupato per la situazione dei ranger di Darby e per il corridoio tra i due corpi, e preso atto della situazione, i due generali concordarono nell'utilizzare i due battaglioni del 157º Reggimento per tappare la breccia, e spostare il 143º Reggimento di riserva della 36ª Divisione verso Maiori a supporto di Darby[68].

Alle 13:00 circa Clark tornò sull'Ancon dove comunicò ad Alexander: «Rientrato ora da ricognizione personale settore VI Corpo. Situazione buona»[66], e dove apprese che il 157° RCT era già stato sbarcato a sud del Sele nel settore americano. Hewitt gli spiegò che aveva ricevuto ordine dal quartier generale alleato ad Algeri di liberare le navi da sbarco che servivano in Gran Bretagna, e in assenza di Clark, l'unica cosa che poté fare fu sbarcare le truppe della riserva con relativo materiale sulla spiaggia più vicina. Solo all'alba successiva il 157° RCT riuscì ad arrivare nel settore britannico, mentre il 143° RCT impiegò quasi tre giorni per arrivare a Maiori[69].

Il Savannah colpito dall'aviazione tedesca l'11 settembre mentre si trovava nelle vicinanze dell'Ancon, presumibilmente il vero obiettivo dell'aviazione tedesca[70]

Clark aveva effettuato alcuni spostamenti necessari, ma non era ancora convinto che i tedeschi avrebbero contrattaccato in forze: considerava McCreery troppo pessimista. Ordinò quindi a Walker di portare le sue truppe sulle colline circostanti, dove però rimasero inchiodate per un furioso scontro a fuoco nei pressi di Altavilla, tralasciando ancora il corridoio del Sele[71]. Nel frattempo il 179° RCT verso sera mosse verso Ponte Sele, lungo Persano, ma vennero ricacciati indietro da decisi contrattacchi tedeschi, i quali, sempre in serata attaccarono i britannici presso l'aeroporto di Montecorvino e Battipaglia, e gli americani ad Altavilla. I combattimenti proseguirono fino al giorno successivo, quando ormai divenne chiaro a tutti che l'aspra lotta per la testa di ponte era cominciata[72].

L'11 settembre il comandante del VI Corpo, Dawley assunse il comando; il generale era sbarcato con molte difficoltà a Paestum nella tarda mattinata del 10, dopo che la sua nave, la Funston, dovette affrontare diverse vicissitudini a causa degli attacchi aerei nei giorni precedenti[N 6]. Al mattino anche Clark ritornò sulla testa di sbarco dove scelse di installare il proprio quartier generale vicino all'estuario del Sele, a Villa Rossa, in un luogo abbastanza vicino al comando britannico, ma soprattutto nel settore americano, quindi vicino a Dawley, per il quale Clark nutriva forti dubbi e pensava che avrebbe avuto bisogno di supporto se le operazioni non fossero andate secondo i piani[73][74]. Entro fine giornata i tedeschi scacciarono i britannici da Battipaglia, mentre i reparti americani a Ponte Sele incontravano sempre più difficoltà nel tenere le posizioni. Clark dispose con Dawley di spostare truppe da sud per far fronte alla pressione nemica nel settore nord lungo il Sele. Resosi conto di non poter impiantare il comando, Clark tornò sull'Ancon, dove ricevette notizia che la missione di lancio su Roma dell'82ª Divisione aviotrasportata era stata annullata, e Alexander gli comunicò che ora la divisione era tornata a sua disposizione[70].

Il contrattacco tedesco

Situazione nel settore della testa di sbarco alle 24:00 dell'11 settembre

Nonostante le pressioni di Alexander, Montgomery non accelerò la sua avanzata attraverso la Calabria, anzi l'11 settembre concesse due giorni di riposo alla 5ª Divisione giunta tra Nicastro e Catanzaro, mentre sulla testa di sbarco la 5ª Armata aveva ormai sbarcato tutte le truppe a sua disposizione e i tedeschi stavano ammassando truppe contro le forze d'invasione. I rinforzi tedeschi andavano radunandosi nelle valli strette a est di Salerno, e Vietinghoff calcolò di poter circondare con cinque divisioni la testa di ponte non più tardi del 13 settembre[75]. Nei tre giorni successivi al D-Day le spiagge anglo-americane risultavano sempre più congestionate, e gli enormi mucchi di materiale scaricato sulle spiagge rappresentavano un bersaglio ideale per le artiglierie tedesche[76]. La vera crisi per gli Alleati sulla testa di ponte iniziò domenica 12 settembre, quando von Vietinghoff comprese che un attacco in forze contro gli americani avrebbe offerto buone possibilità di successo data l'importanza strategica del corridoio del Sele, che «puntava come un pugnale verso il cuore della testa di ponte»[77]. La situazione che si stava andando a creare avrebbe permesso alle forze tedesche non solo di scacciare dalle spiagge le forze Alleate, ma di infliggere loro una sconfitta umiliante, annientando la 5ª Armata sulle spiagge e impedendole di fuggire. La lezione avrebbe inoltre potuto procrastinare ulteriormente la prevista invasione attraverso la Manica[78].

Artiglieri tedeschi mentre posizionano i loro pezzi

Quello stesso giorno Clark trasferì il comando della 5ª Armata nella testa di sbarco e si recò da Dawley, dove si rese subito conto della criticità della situazione. Il fianco destro sembrava sicuro, ma il centro preoccupava non poco Clark: ad Altavilla i granatieri tedeschi avevano praticamente annientato il 142º fanteria (ridotto a 162 uomini) e occupato la cittadina, mentre il corridoio del Sele (chiamato in codice "Bryan") era ormai in mano tedesca. Il 179° RCT fu definitivamente ricacciato indietro da Ponte Sele, e i britannici persero il controllo di Eboli (che cadde per mano dei panzer della 16ª Divisione) e di Battipaglia. Ora i tedeschi controllavano il corridoio, e Clark si rese conto che se i tedeschi avessero seguito il corso d'acqua, avrebbero potuto aggirare ai fianchi sia il X che il VI Corpo passando dall'interno[76].

Una colonna corazzata tedesca in movimento verso la testa di sbarco

Clark si recò quindi da McCreery, dove constatò che le cose andavano anche peggio. Nella sola giornata di sabato i tedeschi avevano fatto più di 1500 prigionieri, che tra morti e feriti portavano la cifra a circa 3000 unità britanniche perse. La 56ª Divisione attaccata dai panzer si era ritirata esausta su una nuova linea difensiva a tre chilometri a ovest di Battipaglia in direzione Persano, e addirittura i Coldstream giunsero a circa seicento metri dalla spiaggia. Alcuni ufficiali diedero alle fiamme documenti e mappe nel timore cadessero in mano nemica. Clark tornò a Paestum dove ordinò di evacuare immediatamente il posto di comando alla foce del Sele, e trasferirlo in un boschetto nel settore del VI Corpo. Clark diede istruzione a Dawley di spostare la 45ª Divisione a nord del Sele, con due battaglioni schierati all'estrema sinistra del settore, allungando la linea americana tra il Bivio Cioffi fino a Santa Lucia, alle porte di Battipaglia, con lo scopo di chiudere la breccia col X Corpo[79]. Il comandante americano ordinò inoltre di inviare altre truppe a difendere Persano[77], mentre Dawley nel frattempo, ancora attaccato alle tradizioni militari che consideravano il possesso del terreno sopraelevato come chiave per la vittoria, ordinò alla 36ª Divisione di Walker di attaccare Altavilla per riconquistarla[77].

Soldati americani in azione tra le macerie di Persano (Salerno)

Nonostante gli sforzi, gli uomini che combattevano nella testa di ponte non riuscivano a trovare il modo di lasciare le spiagge; ormai i soldati sapevano di essere in una condizione critica, e ciò fu confermato dalle trasmissioni dell'Overseas Service della BBC, dove i soldati ascoltarono i bollettini che descrivevano la battaglia come «disperata»[80]. Clark considerava l'avanzata tedesca in direzione Persano come la chiara manifestazione delle intenzioni nemiche, e finché gli americani fossero riusciti a tenere Persano, che rappresentava l'imboccatura del corridoio, la loro posizione era abbastanza sicura. L'abitato era ancora in mano al malconcio 1º Battaglione del 179° RCT, mentre Altavilla e le colline circostanti avevano ormai perso importanza, ma Clark non pose il divieto a Dawley di continuare il suo piano di riconquista di Altavilla[77]. Le due divisioni americane, con truppe appena sufficienti per difendere il terreno già occupato, si trovavano ora nella condizione di dover assumersi la difesa di un'area ancor più vasta e marciare in tre direzioni (Persano, Bivio Cioffi/Santa Lucia e Altavilla) per obbedire agli ordini: ciò provocò non poche tensioni tra i comandanti americani[81].

Walker inviò a Persano il 2º Battaglione del 143° RCT, un'unità senza appoggio di artiglieria pesante, né carri né altro, ma solo le batterie di cannoni che avevano avuto il compito di sostenere l'attacco ad Altavilla. Ma nelle prime ore di lunedì mattina 13 settembre, i tedeschi fecero irruzione nel settore di Persano: un gruppo di combattimento appoggiato da una dozzina di panzer IV e da truppe d'assalto a bordo di semicingolati attaccò gli americani senza preavviso. I difensori, senza armi d'appoggio, furono travolti e non poterono contare sul supporto dell'artiglieria navale, che in quel momento stava coprendo la ritirata della 36ª Divisione dopo il contrattacco di Altavilla ordinato da Dawley. Fu il 1º Battaglione del 142º fanteria a ricevere l'ordine di attaccare Altavilla, ma le precise cannonate tedesche impedirono alle colonne americane di avvicinarsi alla cittadina. La colonna si sgretolò e i soldati si dispersero nella campagna; nessuno pensava più di conquistare Altavilla, e Walker si assunse il compito di spostare le sue truppe e accorciare la linea. Il torrente La Cosa, poco più di un rigagnolo che scorreva parallelo al mare per circa otto chilometri nel settore americano, divenne la nuova linea del fronte[82].

Paracadutisti tedeschi in azione nelle trincee contro la testa di ponte

Clark nel frattempo si recò nella linea di confluenza tra il Sele e il Calore, dove si rese conto che i carri tedeschi avevano spazzato via i difensori da Persano e giunti in vicinanza della confluenza tra i due fiumi, si dispiegarono a ventaglio sulla riva nord del Calore e aprirono il fuoco contro i depositi e le retrovie americane. In quel momento ci fu il panico: i reparti corazzati tedeschi erano a meno di tre chilometri dal mare, il quartier generale della 5ª Armata era in serio pericolo; Clark poteva vedere i carri nemici col binocolo, e ordinò ai membri dello stato maggiore di uscire e portarsi sulla linea dei combattimenti. Il generale non aveva dubbi, i tedeschi erano ora in grado di ammassare sufficienti truppe per attraversare il corridoio, e lui non avrebbe potuto impedirglielo. Le uniche truppe che si contrapponevano tra i tedeschi e il mare erano rappresentate dall'artiglieria di supporto della 45ª Divisione, e furono quegli gli uomini che probabilmente salvarono la situazione. I carri tedeschi si trovarono di fronte ai cannoni da campagna americani, e questi ultimi non poterono contare sul supporto navale, dato che i calibri della flotta avrebbero causato danni ad entrambe le linee che si fronteggiavano a meno di due chilometri di distanza. Gli obici da 155 mm furono messi in posizione anticarro, e tutti i pezzi di artiglieria disponibili furono ammassati nei punti di maggior pericolo, con l'ordine di sparare ad oltranza contro i nemici. Gli artiglieri spararono fino a sera, quanto i panzer si ritirarono da Persano, e poco prima della mezzanotte decine di Dakota iniziarono a sorvolare le spiagge lanciando i primi elementi di rinforzo del 504º Reggimento paracadutisti (Reuben Tucker) della 82ª Divisione aviotrasportata che Clark aveva richiesto il 13 mattina[83].

Clark considera il reimbarco

Soldati americani che mettono in salvo i fusti di carburante sotto il fuoco tedesco

In attesa che arrivasse il grosso delle forze aviotrasportate, Clark aveva in precedenza convocato una conferenza con i suoi comandanti per quella stessa sera. Poco dopo le 19:30 i generale Dawley, Middleton, Walker e Gruenther (capo di stato maggiore della 5ª Armata) si riunirono per discutere la situazione. Clark temeva che Salerno potesse diventare un'altra Gallipoli o un'altra Dunkerque, e da comandante d'armata si sentì il dovere di preparare piani per ogni evenienza, tra cui un'eventuale evacuazione della testa di sbarco. Clark mise dunque i suoi collaboratori di fronte al fatto compiuto: aveva già dato ordine allo stato maggiore di preparare due piani, indicati con i nomi in codice di Sealion e Seatrain, e ognuno si basava sulla premessa che un corpo fungesse da padrone di casa per accogliere l'altro in ritirata[84].

Artiglieri statunitensi con un obice da 155/23 in piena azione contro i reparti tedeschi

I comandanti in campo non furono d'accordo coi piani e Dawley protestò ufficialmente, senza peraltro trovare alcun attenzione da parte di Clark. Walker si disse fiducioso che un attacco tedesco verso la linea La Cosa, avrebbe costretto i nemici a scoprirsi per un ampio tratto, e ciò avrebbe comportato il fallimento del loro attacco; e quando Clark gli offrì elementi dell'82ª come rinforzi, Walker li accettò come riserva tanto era la sua fiducia. Anche Middleton era certo del fatto suo, e ribadì che le posizioni della 45ª a nord del Sele erano solide, ma Clark continuò la pianificazione dei piani di evacuazione. Comunque i comandanti di divisione ignorarono le disposizioni, e Middleton emanò un ordine che avrebbe reso di fatto impossibile l'evacuazione: «Mettete viveri e acqua dietro la 45ª. Resteremo qui.»[85] Nessuno però si preoccupò di contattare McCreery, nonostante i lavori di pianificazione si concentrarono su Sealion , ossia il ritiro degli americani nel settore britannico. L'urgenza del momento tagliò le comunicazioni interalleate e la catena di comando, e dopo la riunione l'unico ad essere informato fu Hewitt, che nonostante le evidenti difficoltà dovette iniziare i preparativi per un eventuale reimbarco. La nave comando Ancon, in quel momento ad Algeri, ricevette l'ordine di recarsi a Salerno, e tutte le operazioni di scarico sulle spiagge tenute dagli americani furono interrotte. Hewitt convocò il commodoro Geoffrey Oliver (l'ufficiale navale di grado più alto nel settore britannico) per una riunione, dove l'ammiraglio chiese il permesso di utilizzare la nave comando britannica Hilary, per imbarcare Clark in caso di necessità prima dell'arrivo dell'Ancon. Oliver comunicò con McCreery, il quale fu sorpreso della richiesta: il generale non era stato avvertito di nulla, e appena ricevuti i primi ragguagli comunicò a Malta con l'ammiraglio Andrew Cunningham, chiedendo il suo appoggio per bloccare quella che giudicava un'assurdità. Cunnigham ricevette anche un messaggio da Hewitt, dove veniva richiesto supporto navale, e la sera stessa la Valiant e la Warspite furono messe in navigazione per raggiungere la testa di ponte, assieme alla Nelson e alla Rodney[86].

Un Nebelwerfer si appresta a lanciare i suoi micidiali razzi da 150 mm contro le linee nemiche

Il mattino seguente i tedeschi rinnovarono l'attacco contro il 179° RCT di Middleton a nord del fiume Sele: verso le 08:00 del mattino dieci carri armati precedettero un battaglione di fanteria, ma l'attacco fu respinto dalla difesa combinata di due battaglioni americani di fanteria integrati da carri armati e semoventi anticarro. I tedeschi continuarono a sondare il terreno alla ricerca di un qualche punto debole, ma la fanteria si ritirò dopo che non riuscirono a trovare alcun varco. Furono poi effettuati altri tentativi contro le posizioni occupate dal 157° RCT, ma anche questa volta l'intervento dell'incrociatore Boise risolse la situazione[87]. I tedeschi fecero un altro tentativo contro la 45ª Divisione, ma inutilmente, e il temuto attacco contro la linea La Cosa, svolto a mezzogiorno, venne vanificato dall'appoggio dell'artiglieria alleata che decimò gli attaccanti tenendoli a distanza, prima che questi ripiegassero. I tedeschi riattaccarono la linea La Cosa altre due volte in quel pomeriggio, ma i texani di Walker tennero la situazione sotto controllo. Il generale McCreery da parte sua non aveva nemmeno considerato i piani di evacuazione, e il suo fronte, nonostante qualche momento d'ansia, resse bene durante tutto il giorno[88]. Quella sera iniziarono ad arrivare i rinforzi della 82ª Divisione aviotrasportata, ma ancor prima dell'inizio dei lanci, Hitler ordinò un ripiegamento graduale verso nord e l'attuazione della strategia della «terra bruciata». Kesselring comunicò con von Vietinghoff, e questi, già resosi conto dell'imminente arrivo dell'8ª Armata, iniziò i preparativi per una ritirata combattuta[88].

Consolidamento e rinforzi

Soldati britannici sotto il fuoco di mortaio

Appreso della criticità della situazione il 14 Alexander ordinò a Montgomery di intervenire a Salerno avanzando il più rapidamente possibile, indipendentemente dai rischi logistici. Il comandante Alleato si imbarcò quindi sul cacciatorpediniere Offa per recarsi personalmente sulla testa di sbarco, dove arrivò il 15 settembre[89]. Prima di partire Alexander contattò Patton, che si trovava ancora in Sicilia con la 7ª Armata, chiedendogli rinforzi, e il generale americano scelse la 3ª Divisione di fanteria di Lucian Truscott[90]. Nel frattempo la macchina logistica britannica si mise in moto per far affluire dai campi di transito in Nordafrica i rinforzi per le divisioni britanniche a Salerno, e quella stessa sera 120 Dakota lanciarono 2100 uomini del 505º Reggimento paracadutisti Usa nella zona a sud di Paestum, che furono trasferiti in fretta ad Agropoli come riserva. Più rischiosa fu la missione di lancio del 509º Reggimento dietro le linee tedesche nei pressi di Avellino. Clark sosteneva che anche in questo modo i paracadutisti, operando in piccoli gruppi, sarebbero riusciti ad attaccare efficacemente i convogli tedeschi diretti al fronte. Così 46 aerei lanciarono su venticinque chilometri quadrati di campagna, 600 uomini; però è difficile giudicare se questa operazione ebbe qualche effetto[91]. Ma Clark, nonostante fosse consapevole dei rischi, valutò a posteriori l'azione del 509° come un successo; secondo il generale i paracadutisti effettuarono numerose incursioni che «scompigliarono seriamente le comunicazioni germaniche». Nelle spazio di due mesi, l'80 percento del reparto era al sicuro nelle linee americane, per cui considerando che in quel periodo il solo resistere nella testa di sbarco rappresentava un grosso rischio, secondo il generale si poté dire che «la missione del 509° abbia dato grossi dividendi»[92].

Una Jeep e un mezzo corazzato statunitense distrutti dai tedeschi

La battaglia si stava andando esaurendo. La notte del 14, dopo una pesante incursione aerea alleata contro le immediate linee tedesche davanti alla testa di sbarco[93], Clark ricevette una lettera da Eisenhower in cui veniva informato del grande impegno con cui i comandi alleati si stavano prodigando per l'invio di rinforzi. La mattina successiva Alexander, accompagnato dal maresciallo dell'aria Arthur Coningham, giunse a Salerno, mentre ad Agropoli alcune jeep di corrispondenti di guerra britannici ormai spazientiti dalla lentezza dell'avanzata di Montgomery, percorsero in solitaria il terreno che li separava dalla testa di sbarco congiungendosi con gli esploratori americani a sud di Agropoli[94]. Alexander si disse soddisfatto che la testa di sbarco avesse superato la crisi, e dopo aver cestinato ogni piano di evacuazione, partì assieme a Clark in visita al generale Dawley e quindi da McCreery. Da quest'ultimo i comandanti si attardarono a osservare la aspra zona di combattimento dove la 46ª Divisione di Hawkesworth, era ancora duramente impegnata[95]. Dopo la visita al settore americano la preoccupazione maggiore per Alexander divenne il generale Dawley. Dopo essere usciti dal posto di comando del VI Corpo, Alexander disse a Clark: «Non voglio intromettermi nelle vostre faccende [...] ma posso dirle con certezza che quest'uomo è come una canna al vento e suggerisco che venga immediatamente sostituito». Clark si disse consapevole della situazione e pregò Alexander di riferire a Eisenhower ciò che aveva visto. Ciò non fu necessario dato che lo stesso Eisenhower, dopo aver ricevuto alcuni messaggi confortanti, decise di far visita personalmente alla testa di ponte[94].

Intanto i rinforzi continuavano ad arrivare: elementi della 3ª Divisione di Truscott e della 7ª Divisione corazzata britannica erano giunti alla testa di ponte, e la mattina seguente la 5ª Armata arrivò a contare un totale di 170.000 uomini. In pratica sette divisioni ora fronteggiavano le forze di von Vietinghoff, che al contrario stava già raschiando sul fondo del barile delle sue riserve, e che poteva contare su appena una ventina di carri armati contro i 200 a disposizione di Clark[2]. Solo Montgomery sembrava insensibile alle esortazioni di Alexander e alla tragica situazione in cui era trovata la 5ª Armata. Il 15 Montgomery telegrafò a Clark di essere ormai in procinto di arrivare sulla testa di sbarco, anche se in realtà si trovava ancora a 80 chilometri da Paestum. Montgomery nelle ultime due settimane aveva catturato appena 85 tedeschi senza aver mai seriamente tallonato i nemici in ritirata, e perso 62 uomini dall'arrivo in Italia[94].

Gli ultimi combattimenti

Fante tedesco ucciso nella sua buca mentre attendeva al varco i carri armati nemici. Notare in primo piano, accanto al fucile Mauser, due Panzerfaust per l'azione anticarro

Parallelamente si registrarono alcune sollevazioni da parte della popolazione civile e di alcuni militari del Regio Esercito dopo l'armistizio dell'8 settembre che però vennero duramente repressi, come nel caso dell'eccidio di Nola. La mattina del 16 settembre ci fu un ultimo attacco tedesco; i panzer della 26ª Divisione uscirono da Battipaglia e imboccarono la statale n.18 per congiungersi con la "Hermann Göring", ma il tentativo fu bloccato fin dal principio, quando la violenta reazione dell'artiglieria alleata scompaginò le colonne tedesche, che si ritirarono a metà mattinata. La potenza di fuoco alleata era ormai praticamente imbattibile, e Eisenhower, quando arrivò alla testa di ponte il pomeriggio del giorno successivo, si trovò dinnanzi ad una situazione relativamente favorevole[96]. Dopo una visita ai comandi della 36ª Divisione (dove era presente anche Dawley) e della 45ª, ordinò a Clark di sollevare Dawley dall'incarico, mentre John Lucas fu designato al VI Corpo. Ciò creò ulteriori attriti tra i comandanti: Walker, che si considerava il più logico sostituto di Dawley, rimase profondamente deluso e divenne sospettoso nei confronti di Clark; il generale Ernest Harmon (che si apprestava a portare a Salerno la sua 1ª Divisione corazzata) scrisse a Clark che la sostituzione di Dawley aveva avuto un effetto piuttosto deprimente sui generali[97], mentre anche a cinque comandanti di battaglione fu tolto il comando[98].

Panzer IV messo fuori combattimento nella battaglia di Salerno

Nel tardo pomeriggio di giovedì 16 settembre von Vietinghoff concluse che «non si poteva più sperare nel successo completo a Salerno», mentre Kesselring, prendendo atto delle gravi perdite della 10ª Armata, autorizzò la ritirata, purché le truppe tenessero il fiume Volturno, trentacinque chilometri a nord di Napoli, almeno fino al 15 ottobre. I soldati del Reich se ne andarono in silenzio durante la notte del 17 settembre, lasciando una retroguardia di 2500 uomini per scoraggiare l'inseguimento[99]. La mattina del 18 settembre un lungo convoglio tedesco si snodò su per la strada di Eboli, e iniziò a praticare la tattica della "terra bruciata" effettuando una serie di saccheggi per impadronirsi, oltre che di viveri e metalli preziosi, anche di materiale rotabile, utensili, macchine da scrivere, automobili, autobus, cuscinetti a sfera, torni e strumenti di misurazione. Le truppe requisivano o abbattevano cavalli e muli e bruciavano persino selle e zoccoli, abbattevano sistematicamente tutti gli ovini, i bovini e il pollame, sradicavano le traversine ferroviarie e demolivano le abitazioni lungo le strade per ritardare l'avanzata degli alleati.[100].

Si concluse così la prima battaglia in territorio continentale europeo dopo l'evacuazione di Dunkerque, e i tedeschi poterono dirsi soddisfatti di quei dieci giorni di battaglia a Salerno. Kesselring riferì a Berlino di aver catturato tremila soldati alleati, inferto almeno diecimila perdite e reso gli invasori «incapaci di attaccare per molto tempo [...] Ma soprattutto quel per noi più conta è il tempo guadagnato, che ci consente di rimetterci in forze». Il generale Sieckenius giunse alla conclusione che i combattenti alleati non erano all'altezza dei tedeschi e privi di «spirito offensivo» con una «dipendenza eccessiva dall'artiglieria e riluttanti al contatto ravvicinato». E dello stesso parere si disse Hitler, che esortò «Niente più invasioni per loro! Sono troppo vigliacchi. Sono riusciti a fare quella di Salerno soltanto perché gli italiani gli hanno dato la benedizione»[101]. Von Vietinghoff elogiò le sue truppe e riferì a Berlino che la 10ª Armata aveva fatto cinquemila prigionieri e inflitto perdite gravissime[102].

Prigionieri tedeschi sulle spiagge

Il 18 settembre l'intelligence della 5ª Armata confermò il generale ripiegamento dei tedeschi; pattuglie del 179° Regimental Combat Team attraversarono il corridoio e a fine giornata giunsero a Ponte Sele, mentre una pattuglia della 36ª Divisione scese le colline sopra Altavilla e fu raggiunta da alcune autoblindo della 56ª Divisione britannica. Finalmente la 5ª Armata aveva conquistato gli obiettivi del D-Day, mentre il grosso delle truppe di Montgomery stavano percorrendo la statale n.19 e il quel momento si trovava a Montesano, a circa quaranta chilometri a sud del settore americano[103]. Il pomeriggio precedente alcune pattuglie della 5ª Divisione di fanteria britannica arrivarono al quartier generale di Walker per concordare il coordinamento per il rendezvous. A quel tempo i media britannici diedero molta importanza all'intervento dell'8ª Armata, sopraggiunta all'ultimo momento «come il 7º cavalleria», ma lo stesso generale Francis de Guingand, capo di stato maggiore di Montgomery scrisse: «Alcuni vorrebbero credere [...] che fossimo stati utili o che avessimo salvato la situazione a Salerno» ma la verità fu che «Il generale Clark aveva tutto sotto controllo prima che l'8ª Armata comparisse sulla scena»[102]. Tutto ciò incrinò i rapporti tra i comandanti; Montgomery si considerava il salvatore, e Mark Clark si risentiva profondamente di vedersi assegnare un ruolo subordinato, e durante il prosieguo della campagna cercò in ogni modo di promuovere la propria immagine[102]. Quel 18 settembre Montgomery inviò a Clark un messaggio nel quale si diceva lieto che le sue forze avessero raggiunto la 5ª Armata. Clark rispose laconicamente: «Ricevuto suo messaggio. Non ho sentito niente», a riprova che il contatto delle due armate non aveva sortito alcun effetto sulla testa di ponte.[103][N 7]

L'avanzata verso Napoli

Le direttrici dell'avanzata alleata verso il Volturno

Il generale Alexander tornò sulla testa di ponte il 21 settembre, dove delineò a Clark i piani futuri del 15º Gruppo d'armate. La 5ª Armata doveva prendere Napoli e, senza sostare, attraversare il Volturno e avanzare sul versante occidentale degli Appennini mentre Montgomery sarebbe avanzato lungo il versante orientale. Ma l'avanzata verso Napoli fu tutt'altro che facile. Il fango e la pioggia rallentarono la marcia, mentre Kesselring, esperto in tattiche dilatorie, utilizzò al meglio le sue truppe per rallentare l'avanzata alleata. Piccole retroguardie tedesche di fanteria motorizzata si trinceravano con le mitragliatrici sui pendii dominanti, mentre i fucilieri sistemati più in alto, costringevano le forze alleate a compiere continuamente manovre d'aggiramento che rallentavano di molto la marcia. E mentre manovravano le colonne alleate venivano bersagliate dall'artiglieria tedesca[104]. Il fango aumentava notevolmente le difficoltà, e siccome gli autocarri si impantanavano, toccò a soldati e muli l'ingrato compito di trasportare i rifornimenti attraverso le colline. I ponti distrutti e le mine terrestri rappresentarono un problema costante, facendo sì che ogni pendio o attraversamento divenisse un problema militare di piccola entità ma difficile da risolvere, se non per mezzo di fatica e perdite umane. Nel corso di questa avanzata Montgomery fece visita a Clark comunicandogli che la vastità della zona d'operazioni dell'8ª Armata e la difficoltà dei rifornimenti avrebbe provocato rallentamenti tali che l'avanzata verso gli aeroporti di Foggia sarebbe avvenuta solo dal 1º ottobre[105].

Fanti britannici attraversano Salerno dopo la fine dei combattimenti

Il 28 settembre i preparativi della 5ª Armata per l'avanzata finale verso Napoli erano ormai conclusi. La dorsale Salerno-Sorrento dove avrebbero operato i rangers di Darby fu rafforzata dall'82ª Divisione aerotrasportata, e sotto il comando del generale Rigdway l'intera formazione entrò nella piana di Napoli. Al contempo il X Corpo penetrò a Castellammare, sulla costa meridionale del golfo di Napoli, e il giorno seguente si aprì un varco sulle pendici del Vesuvio[106]. Il 29 settembre Clark fu raggiunto dal colonnello Frank Knox, giunto dagli Stati Uniti per volere dello stesso Roosevelt per complimentarsi con Clark e i suoi uomini. Successivamente anche il generale Alphonse Juin, comandante del corpo di spedizione francese in procinto di congiungersi alla 5ª Armata, raggiunse Clark, e i due il 1º ottobre raggiunsero il fronte. Quel giorno i due generali percorsero la statale n.18 verso Napoli aspettandosi scontri in atto nella periferia, ma inaspettatamente giunsero fino a San Giovanni a Teduccio, nella periferia meridionale, dove incontrarono Rigdway, il quale comunicò loro che le avanguardie americane erano già entrate a Napoli. Clark salì su un autoblindo (senza Juin che non aveva partecipato ai combattimenti) e con una scorta dell'82ª Divisione si avviò verso il centro della città[106]. Il generale si recò subito in piazza Garibaldi dove lo accolse il reggimento King's Dragoon Guards del X Corpo britannico, che fu il primo ad entrare a Napoli verso le 09:30. L'82ª iniziò fin da subito ad assumere il compito della sicurezza e con la sua MP il servizio di polizia, mentre Clark comunicò via radio a Gruenther di essere giunto nel centro della città[107].

Colonna motorizzata americana attraversa il lungomare di Napoli il 1º ottobre 1943

Gli alleati entrarono in una città martoriata dai bombardamenti alleati e dalle azioni distruttive compiute dai tedeschi in ritirata. Kesselring aveva occupato la città due settimane prima e aveva incominciato fin da subito all'arruolamento coatto di giovani nei battaglioni di lavoro. La violenza dell'occupazione tedesca provocò in poco tempo la reazione della popolazione, prima con sporadici scontri a fuoco, e quindi con una vera e propria insurrezione, (le quattro giornate di Napoli) che a giudizio dell'Office of Strategic Services costrinse le truppe della Wehrmacht ad abbandonare la città un paio di giorni prima del previsto[108]. La «vendetta» tedesca per il tradimento dell'Italia lasciò presagire la violenza che si sarebbe abbattuta sulle città durante la campagna. A Napoli i genieri tedeschi avevano distrutto ogni impianto cittadino e industriale; furono distrutti acquedotti, fognature, fabbriche, mezzi di trasporto, depositi di carbone, e vennero minati decine e decine di edifici e caserme (anche con bombe a tempo che esplosero anche distanza di diversi giorni). Fu data alle fiamme la biblioteca della Società Reale Italiana. Ma la cosa peggiore per gli alleati fu il sabotaggio del porto, che oltre alla furia dei bombardamenti alleati dovette subire la rappresaglia dei tedeschi. Questi affondarono tutti i rimorchiatori e i natanti, minarono alcune imbarcazioni e distrussero tutti i montacarichi e le gru. Distrussero tutte le banchine e fecero saltare gli edifici intorno ai moli, cosicché le macerie li ostruissero e gli alleati non potessero utilizzare il porto. Infine i genieri tedeschi sparsero mine e bombole d'ossigeno nelle macerie rendendo ancor più caotiche e sofferenti le operazioni di bonifica degli Alleati[109].

Analisi e conseguenze

Considerazioni generali sull'operazione

Squadriglia di Spitfire a Foggia

Dopo lo sbarco in Sicilia, sia i tedeschi che gli italiani si aspettavano che gli Alleati rivolgessero i loro sforzi verso l'occupazione della Sardegna e della Corsica. L'isola sarda era nel raggio operativo dei caccia che decollavano dalle basi nordafricane e dalla Sicilia, e dopo la resa dell'Italia, l'occupazione dell'isola sarebbe potuta avvenire quasi senza combattere. Le forze tedesche presenti in Sardegna e in Corsica non raggiungevano le due divisioni, e nonostante fossero in grado di mettere fuori combattimento gli italiani, non avrebbero potuto contrastare uno sbarco alleato. Dalla Sardegna le squadriglie aeree anglo-americane avrebbero quindi potuto raggiungere ogni parte dell'Italia centrale, e dalla Corsica addirittura tutta la Toscana e una buona parte della pianura padana[110]. A rigor di logica la scelta delle isole sarebbe stata più appetibile per gli Alleati, i quali sapevano bene fin dall'inizio della pianificazione dello sbarco di Salerno, che il raggio d'azione dei caccia di stanza i Sicilia consentiva loro di volare sulla testa di ponte per soli quindici minuti. Ma furono molteplici i motivi che spinsero gli Alleati a sbarcare sull'Italia continentale. Innanzitutto preferirono questa alternativa alla conquista delle isole perché credevano di ottenere un maggiore effetto propagandistico e una più rapida uscita dalla guerra dell'Italia, e speravano addirittura che questo avrebbe potuto comportare un crollo stesso dell'Asse. In secondo luogo, la presenza di basi aeree in Sardegna e Corsica non era bilanciata dalla presenza di porti abbastanza grandi per preparare contemporaneamente un'invasione del continente[111]. Secondo gli Alleati, una eventuale invasione dell'Italia dalle due isole, ad esempio verso la zona di Livorno, li avrebbe portati troppo vicini ai numerosi campi d'aviazione tedeschi nella pianura del Po (sopravvalutati in quanto a operatività effettiva) e li avrebbe costretti a neutralizzare il porto di La Spezia, ancora molto forte e ben difeso, il che li avrebbe probabilmente costretti ad ingaggiare in combattimento la flotta italiana che in quel momento era l'unica in grado di impensierirli[112].

Un ufficiale del 40 Squadrone della RAF all'aeroporto di Foggia. La base fu successivamente utilizzata dagli Alleati anche per colpire i Balcani

Queste motivazioni furono evidentemente subordinate alla teoria operativa che attribuiva molta importanza all'intervento dell'aviazione tattica nelle battaglie terrestri. In questo contesto, molto esplicativa fu la relazione compilata nell'immediato dopoguerra dal generale George Marshall al segretario di guerra americano, che diceva: «Da Foggia i nostri bombardieri pesanti potevano con estrema facilità colpire i passi alpini, attaccare le installazioni dell'aviazione tedesca in Austria e le fabbriche nella Germania meridionale ed effettuare incursioni contro i centri industriali e delle comunicazioni nei Balcani, alleggerendo in tal modo la pressione contro l'Armata Rossa»[113]. La stessa relazione riferiva inoltre che le operazioni di rifornimento del fronte che combatteva nella testa di ponte, avrebbero dovuto cedere il passo alle esigenze poste dall'allestimento di un complesso di grandi basi aeree nell'area di Foggia. Le truppe anglo-americane a Salerno soffrirono di questa decisione tattica, che parallelamente non ostacolò particolarmente le truppe tedesche, dato che i tentativi di interruzione delle linee di rifornimento attraverso il Brennero ad opera dell'aviazione alleata non riuscirono ad imporre ai tedeschi la cessazione dei combattimenti. A tal proposito le ricognizioni aeree Alleate riferivano che la distruzione delle linee di collegamento interne veniva sistematicamente riparata dai tedeschi[114]. Lo stesso generale Mark Clark, nel suo libro Calculated Risk definisce questa tattica come wishful thinking tactics, cioè «tattica del pio desiderio», in quanto basata su ipotetiche previsioni per le quali i tedeschi sarebbero stati messi in ginocchio grazie al massiccio impiego dell'aviazione, la quale mediante l'interruzione delle linee di rifornimento sulle Alpi e nella dorsale dell'Italia continentale avrebbe costretto le armate tedesche in Italia ad arrendersi[115].

A tal proposito Clark scrisse: «[...] mentre ci avvicinavamo alle spiagge italiane, credevamo ad un certo numero di teorie che andarono in frantumi quando cominciavano i combattimenti. Secondo una di queste teorie, sostenuta in particolare dagli inglesi, se noi fossimo sbarcati in Italia con forze sufficienti e ci fossimo assicurati porti e aerodromi adatti ad operazioni su grande scala, i tedeschi avrebbero deciso di non dar battaglia, ma di ripiegare nell'Italia settentrionale»[116]. Ma questa teoria messa alla prova dagli Alleati senza risparmio di risorse, non si rivelò particolarmente efficace nemmeno secondo il giudizio di Clark, il quale notò che nonostante l'incessante attività aerea contro le linee di rifornimento nemiche, «i tedeschi continuarono ad aumentare le loro forze in Italia fino alla fine della guerra e furono in grado di contrastarci ogni palmo del territorio italiano»[44].

Secondo il generale tedesco Fridolin von Senger, gli Alleati diedero troppa importanza alle operazioni puramente terrestri, senza fornirle di un adeguato supporto strategico aero-navale, e sopravvalutarono l'efficacia dell'aviazione tattica. Fedeli a questa concezione, non diedero adeguata importanza alla Sardegna e alla Corsica (che peraltro rappresentavano il punto più debole dei tedeschi). Da queste due portaerei naturali avrebbero potuto coprire efficacemente eventuali sbarchi più a nord, con cui avrebbero probabilmente tagliato fuori una grande massa di forze tedesche e abbreviato decisamente la campagna d'Italia, permettendo così agli Alleati di far valere efficacemente la loro totale superiorità aerea e navale. Gli Alleati si limitarono invece ad un bluff, trasferendo il solo comando della 7ª Armata di Patton in Corsica, senza però trarre in inganno i tedeschi, i quali poterono spostare le loro truppe nel sud Italia, contrastando efficacemente gli Alleati durante lo sbarco a Salerno, e poi durante il tentativo di aggiramento della linea Gustav con lo sbarco di Anzio[115].

Lo storico britannico Basil Liddell Hart nel dopoguerra ebbe modo di intervistare il generale Westphal, il quale si disse molto critico riguardo alla strategia Alleata di invasione dell'Italia. Secondo Westphal, se le forze impiegate a Salerno fossero state impiegate a Civitavecchia, i risultati sarebbero stati probabilmente più decisivi. Gli Alleati sapevano che a Roma erano dislocate appena due divisioni tedesche, e uno sbarco combinato tra cielo e mare effettuato in collegamento con le cinque divisioni italiane di stanza nella capitale, avrebbe portato alla conquista della città in meno di 72 ore. Ciò, in concomitanza con l'avanzata lungo la Calabria, avrebbe inoltre permesso agli Alleati di conquistare praticamente tutto il territorio fino alla linea Roma-Pescara[39]. Westphal si disse molto critico anche nei confronti dell'azione di Montgomery, dato che la conquista della Calabria non aveva alcuna importanza strategica, anzi, l'8ª Armata sarebbe stata meglio impiegata se avesse colpito nel tallone dello stivale, o ancor meglio nel tratto Pescara-Ancona. In questo modo i tedeschi non avrebbero potuto distaccare forze da Roma e non sarebbe stato possibile far affluire rinforzi attraverso la Pianura padana. Sia Westphal che Kesselring ritennero che gli Alleati avessero pagato un duro scotto strategico per il loro desiderio di assicurarsi la sicurezza tattica con la forza aerea; secondo i tedeschi questo fu un eccesso di cautela se si tiene conto di quanto fossero esigue le forze tedesche in Italia, e l'abitudine dell'alto comando Alleato di compiere ogni sua azione solo subordinatamente alla copertura aerea, aveva semplificato il lavoro dei difensori[117]. Senza dover preoccuparsi di contrastare gli Alleati al di fuori della portata della loro copertura aerea, i tedeschi poterono trasferire i contingenti di occupazione dalla Sardegna e dalla Corsica facendoli evacuare soprattutto via aerea verso gli aeroporti della pianura padana. A proposito di questo Westphal disse: «Al comandante in capo appariva fin troppo chiaro che la piena riuscita dell'evacuazione sarebbe stata assai problematica data la superiorità aeronavale del nemico. Ma la reazione alleata venne inspiegabilmente a mancare.»[117]

Considerazioni sulla battaglia

La flotta al largo di Salerno durante una delle innumerevoli azioni di fuoco a supporto delle truppe di terra

Secondo lo storico e giornalista Rick Atkinson lo sbarco a Salerno fu fin da subito penalizzato dalla decisione di Clark di non utilizzare il bombardamento preparatorio nel settore americano. Gli alleati non sapevano fino a che punto i difensori erano a conoscenza dei piani alleati per cui secondo Clark gli alleati non potevamo «aspettarsi una sorpresa strategica», ma al massimo sperare di «raggiungere un certo livello di sorpresa tattica». I britannici avevano comunque previsto un quarto d'ora di bombardamento, mentre Walker, convinto che i tedeschi fossero sparsi sul territorio per usufruire di un efficace contributo dal tiro dei calibri navali, decise di fare a meno del supporto del tiro di sbarramento nel tentativo di sorprendere i nemici. Così la potenza che i bombardamenti navali avevano dispiegato in Nordafrica, in Sicilia e nel Pacifico, fu «follemente» ignorata[118]. Le previsioni di Walker furono però del tutto scorrette. I tedeschi già allertati resistettero tenacemente nel settore americano, e le truppe americane che secondo i piani avrebbero dovuto penetrare di circa quattro chilometri prima dell'alba, a mezzogiorno erano ancora inchiodate a meno di 400 metri dalla spiaggia[119]. Per i britannici il bombardamento preliminare diede i suoi frutti, e le truppe scesero a terra su tre spiagge che erano già state ripulite dai bombardamenti. Le prime fasi dello sbarco sembrarono molto più promettenti che nel settore americano, e anche se il prosieguo della battaglia non si svolse secondo le aspettative, i britannici inizialmente avanzarono verso tutti gli obiettivi[119].

Ma gli errori compiuti a Salerno furono molti, ed inficiarono pesantemente lo svolgimento della battaglia. I tedeschi non furono affatto presi alla sprovvista e avevano ben chiara la situazione in Italia. Kesselring valutava Montgomery incapace di sortite rischiose e le forze in Calabria vennero velocemente spostate a Salerno, mentre la situazione a Taranto non rappresentava una preoccupazione immediata, cosicché Kesselring decise di schierare a Salerno tutte le sue forze per non dare profondità al nemico, e impedire ai rinforzi in alto mare di sbarcare e schierarsi. Parallelamente la 5ª Armata era in grosso deficit di mezzi da sbarco, per cui l'azione di Kesselring fu facilitata dal fatto che eventuali rinforzi avrebbero dovuto comunque aspettare prima di essere sbarcati. Il tutto fu poi complicato dall'assenza di impianti portuali: gli uomini dovettero quindi sobbarcarsi anche l'onere di spostare i materiali dalle spiagge e i rapidi rinforzi che avrebbero permesso di liberarsi dalla morsa dei tedeschi, arrivarono in ritardo. I tedeschi invece potevano contare sul vantaggio delle linee interne e dovevano spostare le truppe in un percorso più breve, così von Vietinghoff poté spostare con facilità elementi di quattro divisioni direttamente sulla testa di sbarco[120]. In questo contesto fu grave l'errore degli alleati di non fornire ai ranger di Darby un supporto d'artiglieria tale da poter ostacolare l'arrivo dei rinforzi tedeschi attraverso Nocera, e così per alcuni giorni i ranger furono poterono solo assistere passivamente all'arrivo dei panzer tedeschi[50].

A sinistra Fred Walker, a destra il generale Dawley

Ci furono inoltre molti intralci nel corso delle operazioni a Salerno. Il comando delle truppe americane era soggetto a forti attriti tra Clark, Walker e Dawley, e il comandante della 5ª Armata si trovò nella non facile situazione di dover comandare due generali più anziani di lui. Walker fu suo insegnante a West Point mentre Dawley era un "protetto" di Marshall; e se col primo, nonostante le diffidenze, intercorreva un senso di rispetto reciproco, Dawley appariva spesso indeciso e confuso durante le fasi critiche della battaglia, e non godette mai della fiducia di Clark. Ma lo stesso Clark, seppur di carattere risoluto e fiducioso, non fu esente da errori. L'errore più grave a lui imputabile è probabilmente il fatto che non considerò il varco tra i due corpi d'armata con la giusta importanza. Il primo giorno Clark ammise l'esistenza di questo varco, ma non ne riconobbe la vulnerabilità, fatto confermato dalla comunicazione con Hewitt in cui disse: «Il varco non è una cosa molto grave»[121]. Questa considerazione è in parte giustificabile dal fatto che quando scese a terra il 10 settembre Clark trovò una situazione, a suo dire, abbastanza tranquilla, che peggiorò solo in seguito, quando i tedeschi, che in un primo tempo sembravano ritirarsi, tornarono alla carica nel settore del Sele[122]. Un ultimo intralcio è riconducibile alla mancata conquista dell'aeroporto di Montecorvino, che non permise alle forze aeree alleate di poter usufruire di una importante base nella testa di ponte. La 5ª Armata fu così costretta a dover affidarsi agli aerei provenienti dalla Sicilia o dalle piccole portaerei di scorta britanniche (che per giunta dovevano essere ritirate entro il 10 settembre); ma entrambe le soluzioni non permettevano una copertura molto efficace[123]. Salerno era al limite dell'autonomia degli Spitfire che partivano dalla Sicilia, mentre i Seafire che partivano dalle portaerei, avevano bisogno di decollare con almeno 10 nodi di vento a favore mentre la nave doveva essere lanciata a 20 nodi. E ciò provocò moltissimi incidenti che inficiarono l'efficacia dell'aviazione navale alleata[124].

Prigioniero tedesco ferito

Naturalmente anche da parte tedesca errori e imprevisti caratterizzarono la battaglia. Due terzi dei panzer del generale von Vietinghoff furono messi fuori combattimento nei primi due giorni di battaglia, e la richiesta di rinforzi, respinta da Berlino, ebbe notevoli conseguenze. Per il resto della battaglia von Vietinghoff poté contare su solo circa 30 panzer in buono stato, mentre la notevole quantità di artiglieria terrestre e navale alleata, non permetteva agli esploratori tedeschi di trovare varchi utili, e questo fu uno dei motivi per cui i tedeschi si concentrarono solo sul varco del Sele, dove gli alleati poterono concentrare tutta la loro potenza di fuoco durante la fase critica della battaglia[75]. La 10ª Armata aveva poi grossi problemi di approvvigionamento e comunicazioni, il carburante scarseggiava (una petroliera tedesca nella paura di essere catturata dal nemico riversò il suo carico in mare)[75], e anche gli uomini scarseggiavano. Il rifiuto di Berlino non permise di sostituire gli uomini ormai esausti, i rimpiazzi arrivavano col contagocce e spesso gli uomini appena arrivati venivano mandati subito in prima linea, in modo tale che i tedeschi non riuscirono mai a costituire una massa critica d'attacco[125]. Per gli alleati, a salvare la situazione a Salerno fu probabilmente il supporto dell'artiglieria. Dello stesso parere si dichiarò von Vietinghoff nel dopoguerra, e tale tesi venne sostenuta anche dalla Royal Navy, anche se è giusto ricordare che le grandi corazzate arrivarono solo il 15 settembre, mentre la Warspite, colpita da una bomba tedesca, partecipò poco alle operazioni[126]. Comunque sia i caccia, gli incrociatori, i monitori e le altre imbarcazioni diedero un enorme contributo nel respingere l'attacco tedesco, e quello che non colpivano le navi, lo colpivano gli aerei[125]. Centinaia di bombardieri disintegrarono nodi stradali e ferroviari intorno a Eboli e Battipaglia, mentre i caccia mitragliavano le colonne e i ricognitori della RAF indicavano alle artiglierie alleate ogni movimento tedesco nell'entroterra, immobilizzando di fatto gli avversari[127]. La difesa risoluta e il supporto dell'artiglieria dimostrarono come si poteva resistere ai tedeschi, soprattutto se questi commettevano errori evitabili, come quelli che lo storico Morris riporta nei confronti di von Vietinghoff. Il generale tedesco, in alcuni momenti, poté contare su elementi di sei divisioni, ma si ostinò ad effettuare piccole scorrerie non coordinate e addirittura opportunistiche che coinvolgevano forze della quantità di un battaglione. Se avesse effettuato un attacco in massa contro la 36ª Divisione americana, von Vietinghoff avrebbe forse potuto sopraffare i difensori nonostante la superiorità aerea e navale degli alleati. Ma nonostante gli errori degli invasori, e nonostante il fatto che dopo gli sbarchi furono i tedeschi a imporre il ritmo dei combattimenti, i tedeschi non furono in grado di sfondare le difese della testa di sbarco, e dopo una serie di sanguinosi tentativi furono costretti a ritirarsi sulla linea del Volturno[126].

Note

Esplicative

  1. ^ Lo storico Morris riporta 3472 perdite, suddivise in 2002 feriti, 840 morti e 630 dispersi. Vedi: Morris, p. 228
  2. ^ Il generale Clark nel suo libro Calculated Risk riporta che il X Corpo aveva avuto 531 morti, 1915 feriti e 1561 dispersi, mentre il IV Corpo contava 225 morti, 853 feriti e 589 dispersi. Clark afferma anche che la maggior parte dei dispersi per entrambi i corpi d'armata tornarono successivamente in linea. Vedi: Clark, p. 230. Lo storico Morris riporta dati leggermente superiori; per il X Corpo vengono citati 725 morti, 2734 feriti e 1800 dispersi, mentre per il VI Corpo i dati sono i medesimi anche se il dato dei feriti è indicato in 835 (quindi forse si tratta di un refuso [ndr]). Vedi: Morris, p. 228
  3. ^ La scelta del luogo dello sbarco fu condizionata dalla decisione presa durante la conferenza di ritirare dal teatro del Mediterraneo sei gruppi di bombardieri pesanti e trasferirli in Gran Bretagna. Per poter quindi contare su un supporto aereo adeguato, Eisenhower fu obbligato a scegliere zone di sbarco più vicine alla Sicilia e al Nordafrica, come appunto Salerno o Taranto, invece di obiettivi più a lungo raggio come il golfo di Genova. Vedi: Morris, pp. 123-124
  4. ^ Hawkesworth sostituì Freeman-Atwood pochi giorni prima dello sbarco. Freeman-Atwood, all'epoca uno dei più giovani generali dell'esercito, spedì incautamente una lettera alla moglie che rivelava la destinazione degli sbarchi, e dopo un controllo casuale della censura, fu sollevato dall'incarico. Vedi: Morris, p. 146
  5. ^ Il generale Clark nel suo libro di memorie riferisce che i primi reparti a toccare terra sulle spiagge del settore americano furono, il 142º gruppo reggimentale da combattimento (regimentale combat team RCT) condotto dal colonnello John D. Forsythe, e il 141° RCT del colonnello Richard J. Werner, entrambi appartenenti alla 36ª Divisione. Vedi: Clark, p. 208
  6. ^ Benché le forze aeree anglo-americane fossero superiori per qualità e quantità, la Luftwaffe, che tra il 10 e l'11 settembre compì 450 sortite contro la testa di sbarco, ebbe una combattività molto superiore che in Sicilia, causando danni alla flotta d'invasione e agli uomini a terra. Addirittura il 10 settembre ben quattro bombe tedesche avevano colpito la Ancon, che con le sue antenne radio e la sua mole sembrava secondo Hewitt: «un pollice gonfio», che appunto, venne presto individuato e preso di mira dai tedeschi. Vedi: Atkinson, pp. 252-255
  7. ^ Montgomery aveva ormai raggiunto una grande fama in patria e ciò gli consentì più volte di comportarsi in modo insubordinato nei confronti dei suoi superiori, tra cui Alexander, che egli sapeva avere una volontà a volte debole. Per correttezza però, secondo lo storico Morris è giusto ricordare che la lenta avanzata di Montgomery non fu del tutto ingiustificata. Montgomery sapeva che la sua 8ª Armata contava meno di tre divisioni, ed era debole, e se i tedeschi avessero contrattaccato in Calabria, i britannici sarebbero stati facilmente battuti sul campo. Infine Avalanche era considerata da Montgomery come «un'operazione inutile e rischiosa», e sapeva che la 5ª Armata avrebbe dovuto vedersela con le migliori divisioni panzegrenadier tedesche in Italia. Secondo lui il risultato migliore che si sarebbe potuto ottenere a Salerno era una vittoria di Pirro, e non aveva senso esporre al pericolo anche i suoi. Questo giudizio si rivelò quantomai profetico quando l'intensità dei contrattacchi tedeschi, causò quasi il disastro per la testa di ponte il 13 settembre. Vedi: Morris, pp. 192-193

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Bibliografia

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