Operazione Slapstick

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Operazione Slapstick
parte della campagna d'Italia
Data9-13 settembre 1943
LuogoTaranto, Brindisi e Bari
EsitoVittoria britannica
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
1st Airborne Division
12th Cruiser Squadron ~20.000 soldati
1. Fallschirmjäger-Division ~5000 soldati
Perdite
246 morti
554 feriti
HMS Abdiel affondata
720 tra morti, feriti e prigionieri nell'operazione complessiva
Le unità mediche britanniche trattarono 2 150 vittime durante gli sbarchi. Nessuno di questi era della 1st Airborne Division.[1]
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Veduta aerea di Taranto

Operazione Slapstick era il nome in codice alleato di una delle tre operazioni militari d'invasione dell'Italia peninsulare durante la seconda guerra mondiale, eseguita dalla 1ª Divisione Aviotrasportata britannica nel settembre 1943.

"Slapstick" si può tradurre come "spatola" o "bastone di arlecchino", ossia lo strumento musicale detto "frusta". Lo storico inglese Basil Liddell Hart ne sottolinea un altro significato ovvero una tipologia di commedia, con un'accezione fortemente critica riguardo alla pianificazione e all'esecuzione dell'operazione.

Pianificata in breve tempo, la missione seguì il suggerimento del nuovo governo italiano di aprire il porto di Taranto e Brindisi agli Alleati. Per l'operazione venne scelta l'unità aviotrasportata britannica che era, all'epoca, dispiegata in Nord Africa. A causa della mancanza di aerei e alianti, tutti impegnati nell'assalto a Salerno e nello sbarco in Calabria, i paracadutisti furono trasportati a Taranto dalla Royal Navy. Lo sbarco avvenne senza resistenza nemica e il porto di Taranto fu presto liberato, come accadde per Brindisi poco tempo dopo.

Le sole forze tedesche nell'area erano alcuni elementi della 1ª Divisione Paracadutisti tedesca,[note 1] che attaccarono i britannici in avanzata con imboscate e con posti di blocco, durante la ritirata verso nord, particolarmente nelle zone dei comuni Mottola, Noci e Castellaneta. In conclusione, a fine settembre, la 1ª Divisione Aviotrasportata britannica avanzò prima nella Murgia per poi proseguire di 100 km fino a Foggia. Nel frattempo giunsero in rinforzo due divisioni di fanteria che diedero il cambio ai paracadutisti inglesi, inviati ben presto nel Regno Unito per prepararsi all'invasione della Francia.

Antefatti[modifica | modifica wikitesto]

Nel maggio 1943, le potenze dell'Asse furono sconfitte nella campagna del Nordafrica. Due mesi dopo gli anglo-americani sbarcarono con successo in Sicilia, che fu completamente occupata alla fine di agosto, quando gli Alleati spostarono l'attenzione sull'Italia peninsulare.[3]

Dopo che il governo italiano ebbe firmato l'armistizio di Cassibile con gli Alleati, il 3 settembre, l'VIII Armata britannica, partendo da Santa Teresa di Riva[4], attraversò lo stretto di Messina e sbarcò in Calabria, nell'operazione Baytown, per prendere il porto di Reggio e Villa San Giovanni.[5] L'invasione principale fu pianificata per il 9 settembre e prevedeva che la V Armata statunitense sbarcasse a Salerno, nell'operazione Avalanche che aveva Napoli tra gli obiettivi prioritari. Gli Alleati speravano che l'invasione avrebbe persuaso le forze italiane ad arrendersi; se fosse accaduto i tedeschi avrebbero dovuto rimpiazzare le sei divisioni italiane in Francia e le ventinove nei Balcani togliendo le proprie dal fronte russo o da punti strategici della Francia occupata.[6]

Durante i negoziati segreti con gli Alleati, gli italiani offrirono di consegnare il porto di Taranto e Brindisi senza opposizione.[7] Le forze tedesche nell'area erano molto deboli e si sarebbero ritirate in caso di attacco.[7] Il generale Dwight D. Eisenhower, Comandante supremo delle forze alleate, pianificò rapidamente un terzo sbarco sulla penisola, in Puglia, nome in codice Slapstick.[7]

Principalmente l'operazione doveva essere un diversivo per disorientare i tedeschi e spostarli dagli sbarchi principali a Salerno, ma doveva anche portare alla conquista di Brindisi e Taranto senza combattimenti.[8] La cattura dei porti di Taranto e di Napoli avrebbe permesso agli Alleati di portare rifornimenti alle proprie truppe su entrambe le coste italiane.[9]

L'operazione militare ebbe inoltre un ruolo politico. Brindisi, all'epoca, era sotto il controllo dell'Esercito italiano e lì, il giorno stesso dello sbarco, erano presenti il re Vittorio Emanuele III e la regina Elena, l'erede Umberto e il Primo Ministro Badoglio dopo la fuga da Roma. Liberata quindi dagli inglesi, Brindisi divenne il punto di contatto diretto tra il Comando alleato e il nuovo Governo italiano facilitando gli accordi per la successiva dichiarazione di guerra italiana alla Germania.

Forze in campo[modifica | modifica wikitesto]

Britannici[modifica | modifica wikitesto]

I piani furono pronti il 6 settembre e prevedevano di trasportare la 1ª Divisione Aviotrasportata a Taranto direttamente dalla sua base in Nordafrica.[10] Gli inglesi avrebbero sfruttato il vantaggio dalla resa italiana che avrebbe permesso loro di prendere liberamente il porto e installarvi le difese contraeree. Era inoltre previsto che ciò che restava della flotta italiana avrebbe dovuto lasciare il porto prima dell'arrivo dei britannici.[9] Gli Alleati prevedevano di incontrare poca resistenza e che il supporto necessario ai paracadutisti l'avrebbe fornito la Royal Navy, poiché Taranto era fuori portata dei caccia stanziati in Sicilia.[11]

Paracadutista britannico

Nonostante fosse nata appena nel 1941, la 1ª Divisione Aviotrasportata, comandata dal generale George F. Hopkinson, non aveva mai combattuto interamente come divisione. Le uniche unità ad avere esperienza sul campo erano la 1ª Brigata Paracadutista, che aveva operato in Nordafrica e in Sicilia,[12][13] e la 1ª Brigata Aviotrasportata, che combatté anch'essa in Sicilia.[13] Lì, entrambe le brigate subirono pesanti perdite e non erano ancora in condizioni di effettuare un ulteriore assalto aviotrasportato.[14]

Il numero di velivoli a disposizione degli Alleati erano sufficienti a trasportare solo l'82ª Divisione Aviotrasportata statunitense in Campania,[15] perciò venne stabilito che gli inglesi sarebbero giunti via mare.[8] Il 12º Squadrone Incrociatori (12th Cruiser Squadron) era comandato dal commodoro W. G. Agnew[16] e composto dagli incrociatori HMS Aurora, Penelope, Dido e Sirius,[17] accompagnate dal posamine HMS Abdiel, anch'esso britannico, e dall'incrociatore statunitense USS Boise. Se gli sbarchi avessero avuto successo, la 78ª Divisione di Fanteria britannica e l'8ª Divisione di Fanteria indiana sarebbero state inviate come rinforzo.[10][18]

Tedeschi[modifica | modifica wikitesto]

Il Comando tedesco si era aspettato la resa italiana e, segretamente, formò un Gruppo d'Armata comandato dal generale Erwin Rommel per gestire il fronte italiano. Il gruppo era composto da sei divisioni trasferite dal fronte orientale, due divisioni provenienti dalla Francia e due divisioni paracadutiste con base in Germania. L'arrivo di queste unità tedesche sul suolo italiano fu però ritardato a causa di un'offensiva sovietica e, per allora, Adolf Hitler era inoltre giunto alla conclusione che, senza l'aiuto delle forze italiane, era impossibile per gli uomini di Rommel e di Albert Kesselring tenere il controllo dell'Italia intera.[19]

Paracadutisti tedeschi

In Italia, il generale Kesselring, non a conoscenza di queste ultime decisioni prese in Germania, organizzò le sue forze nel modo migliore possibile,[19] disponendo anche di tre divisioni aggiuntive, riuscite a fuggire dalla Sicilia, prima di essere circondati.[20] In agosto, cinque divisioni di fanteria e due panzer giunsero nel nord Italia,[21] mentre a sud fu ordinate a cinque divisioni di fanteria di tenere l'area di Salerno e Napoli e alla divisione paracadutista fu affidata la Puglia.[10]

Comandata dal generale Richard Heidrich, la 1ª Divisione Paracadutista era composta dal 1º, 3º e 4º Reggimento Paracadutista, con un reggimento d'artiglieria, battaglioni anticarro, contraerei e di genieri, oltre ad altre unità di supporto.[22][note 1]

Gli sbarchi[modifica | modifica wikitesto]

Soldati britannici liberano Massafra

Prima di lasciare la Tunisia, la 1ª Divisione Aviotrasportata inglese fu divisa a metà. La prima, composta dal Quartier Generale di divisione, dalla 1ª e dalla 4ª Brigata Aviotrasportata e dalla 9ª Compagnia da Campo dei Royal Engineers, sarebbe salpata dal porto di Biserta[16] alle ore 17:00 dell'8 settembre.[17] La seconda metà sarebbe giunta una volta presa la città di Taranto. L'ammiraglio Andrew Cunningham riteneva che la flotta italiana avrebbe potuto attaccare gli incrociatori britannici, i quali non erano in grado di difendersi adeguatamente essendo sovraccarichi di uomini e materiali per l'invasione. Di conseguenza, ordinò all'HMS Howe e all'HMS King George V, con i loro sei cacciatorpediniere di scorta e sotto il comando dell'ammiraglio Arthur Power, di salpare da Malta e unirsi alla flotta d'invasione.[23] Alle 18:30 dell'8 settembre, mentre il convoglio era in mare aperto, il generale Eisenhower comunicò i dettagli della resa italiana.[24]

Truppe aviotrasportate britanniche in avvicinamento a Taranto, 9 settembre 1943.

Come supporto agli sbarchi, all'alba del 9 settembre, il comune di Scanzano venne bombardato dai B-26 Marauder statunitensi del 17º e del 319º Gruppo Bombardieri.[25] Quando la flotta alleata fu in vista di Taranto, i britannici videro le navi da battaglia italiane Andrea Doria e Duilio assieme a tre incrociatori lasciare il porto della città e si prepararono alla battaglia. Tuttavia gli italiani fecero rotta verso Malta, per arrendersi agli inglesi come da accordi tra il Governo italiano e gli Alleati.[26] Alle ore 15:00, la flotta inglese raggiunse il campo minato posto a protezione del porto di Taranto. Ad attraversarlo, fu il cacciatorpediniere di scorta HMS Javelin, che entrò nel porto per fare ritorno due ore dopo con un marinaio italiano a bordo, il quale aveva ricevuto l'ordine di indicare agli Alleati il passaggio per evitare le mine. L'HMS Penelope e la USS Boise giunsero così sane e salve al molo dove fecero sbarcare le truppe, mentre le altre navi rimasero al largo da dove i loro soldati furono portati a terra da piccole imbarcazioni.[17] Le installazioni portuali erano in funzione e sbarcarono i rifornimenti dalle navi in breve tempo.[27]

Le prime unità a sbarcare furono la 4ª Brigata e il 10º Battaglione di paracadutisti che si diressero nell'entroterra, pronti a combattere in caso di attacco tedesco.[28] Quando i paracadutisti entrarono in città, furono ben accolti dai difensori italiani e informati che i tedeschi se n'erano già andati;[27] quindi si diressero verso nord e prepararono le difese.[17] Nel frattempo, Hopkinson stabilì il Quartier Generale della divisione all'Hotel Albergo Europa e accettò la resa italiana da parte del Governo militare.[17]

Completata questa parte dell'operazione, il 12º Squadrone Incrociatori tornò a Biserta per imbarcare il resto delle truppe, ossia la 2ª Brigata Paracadutista, la 1ª Brigata Aviotrasportata e il Reggimento Piloti Alianti.[16] Le uniche vittime dello sbarco vi furono il 10 settembre quando l'HMS Abdiel mentre manovrava vicino al molo, colpì una mina subacquea ed affondò. I morti tra l'equipaggio furono 48,[29] mentre tra i soldati a bordo del 6º Battaglione Paracadutista Royal Welch vi furono 58 morti e 154 feriti.[28] La nave trasportava anche dodici cannoni anticarro da 6 libbre della 2ª Batteria Anticarro e l'intera riserva di munizioni della divisione.[17]

La notte sempre del 10 settembre, la 4ª Brigata Paracadutista iniziò l'avanzata nell'entroterra.[17] All'alba, la brigata raggiunse Massafra, dove ricevette il benvenuto dalla popolazione, e il giorno dopo arrivò a Mottola, ancora occupata dai tedeschi. Questi fecero resistenza all'assalto del 156º Battaglione Paracadutista, ma ben presto si ritirarono. I feriti furono evacuati a Taranto dove le unità mediche britanniche avevano organizzato ottanta posti letti all'ospedale cittadino di Rendinella.[30]

La retroguardia dei paracadutisti tedeschi cercò di rallentare l'avanzata britannica con imboscate e posti di blocco. In uno di questi, presso Castellaneta, Hopkinson fu colpito dal fuoco di una mitragliatrice tedesca mentre stava osservando l'attacco del suo 10º Battaglione. Il generale morì per le ferite il giorno seguente.[31] Il comando della divisione fu quindi affidato al generale Ernest Down, che prima guidava la 2ª Brigata Paracadutista.[32]

Obice da 75 mm del 1º Reggimento Aviotrasportato Artiglieria Leggera in azione in Italia.

A settantadue ore dallo sbarco, la divisione aviotrasportata raggiunse e occupò i porti di Brindisi e Bari, lungo la costa adriatica, senza opposizione italiana.[16][27] L'11 settembre, il fianco sinistro della divisione si incontrò con la 1ª Divisione di Fanteria canadese, l'avanguardia dell VIII Armata britannica, sbarcata in Calabria[33] e per la sera del 12 settembre, la 1ª Divisione Aviotrasportata aveva percorso in tutto 32 km a piedi.[34]

L'obiettivo successivo era il campo d'aviazione di Gioia del Colle. La Royal Air Force necessitava di aeroporti per spostare i caccia dalla Sicilia, per poi supportare lo sbarco a Salerno che non stava proseguendo come previsto.[35] In Puglia i tedeschi continuarono la loro ritirata e Gioia del Colle fu raggiunta nella notte tra il 16 e il 17 settembre, dal 10º e dal 156º Battaglione Paracadutista.[36] Due giorni dopo giunsero dalla Sicilia sei squadroni di aerei da caccia.[36][37] Tra il 20 e il 24 settembre, la 1ª Divisione Aviotrasportata ricevette l'ordine di fermarsi e consolidare le difese, consci che i tedeschi potevano contrattaccare in ogni momento lungo un fronte già troppo esteso perché una sola divisione potesse difenderlo adeguatamente.[36]

Il Quartier Generale del V Corpo d'Armata britannico sbarcò a Taranto il 18 settembre e preparò l'arrivo delle sue due divisioni.[38] La prima fu la 78ª Divisione di Fanteria britannica, che giunse a Bari il 22 settembre,[39] seguita dall'8ª Divisione di Fanteria indiana, sbarcata a Taranto il giorno seguente.[40] Il 24 settembre, la 1ª Brigata Paracadutista e la 1ª Brigata Aviotrasportata cominciarono una nuova avanzata.[37] Il 27 settembre, le due brigate e la 78ª Divisione raggiunsero Foggia, a 200 km da Taranto.[39] Da lì, la divisione aviotrasportata fu fatta rientrare a Taranto, da cui partì per il Regno Unito entro novembre.[37]

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

L'Operazione Slapstick non fornì il diversivo su cui Eisenhower sperava e gli statunitensi ebbero grosse difficoltà in Campania. La decisione di ritirarsi senza opporsi troppo ai britannici fu presa da Heidrich senza consultare il Quartier Generale di Kesselring e credendo inoltre di doversi opporre ad una soverchiante superiorità numerica degli Alleati.[27] L'aver ripiegato sostanzialmente senza lottare permise però alla divisione tedesca di dare il proprio contributo nella battaglia di Montecassino l'anno successivo.[22]Tuttavia la Puglia e più in particolare i suoi aereoporti furono di fondamentale importanza per gli Alleati per il proseguo della Campagna d'Italia.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Il 9 settembre, il Quartier Generale della 1ª Divisione Paracadutista aveva sotto di sé il 1º Reggimento Paracadutista (tranne un battaglione) più un battaglione del 4º Reggimento Paracadutista. Il 3º e 4º Reggimento Paracadutista erano in Calabria sotto il comando della 26ª Divisione Panzer mentre il 3º Battaglione del 1º Reggimento era a Napoli sotto il comando della Divisione Hermann Göring.[2]

Riferimenti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Cole, pp.55–56
  2. ^ Molony, p. 243 (Note 1).
  3. ^ Blumenson, p.23
  4. ^ SikilyNews.it - Lo sbarco degli Alleati in Sicilia e l'importante ruolo di Santa Teresa Riva -FOTO e VIDEO, su Sikily News. URL consultato il 23 ottobre 2022.
  5. ^ Blumenson, pp. 30–31.
  6. ^ Blumenson, p. 26.
  7. ^ a b c Blumenson, p. 60.
  8. ^ a b Blumenson, p. 94.
  9. ^ a b Blumenson, p. 113.
  10. ^ a b c Blumenson, p. 86.
  11. ^ Blumenson, p. 33.
  12. ^ Ferguson, p. 9.
  13. ^ a b Ferguson, p. 11.
  14. ^ Ferguson, p. 13.
  15. ^ Tugwell, p. 168.
  16. ^ a b c d Chant, p. 254.
  17. ^ a b c d e f g Cole, p. 52.
  18. ^ Blumenson, p. 95.
  19. ^ a b Blumenson, p. 79.
  20. ^ Cole, p. 51.
  21. ^ Blumenson, p. 82.
  22. ^ a b Mitcham, p. 281.
  23. ^ Morison, pp. 235–236.
  24. ^ Blumenson, p. 73.
  25. ^ Styling, p. 25.
  26. ^ Morison, p. 256.
  27. ^ a b c d Blumenson, p. 114.
  28. ^ a b Reynolds, p. 37.
  29. ^ Lamb, p. 49.
  30. ^ Cole, p. 53.
  31. ^ Harclerode, p. 262.
  32. ^ Otway, p. 133.
  33. ^ Blumenson, p. 172.
  34. ^ Cole, p. 54.
  35. ^ Cole, pp. 54–55.
  36. ^ a b c Cole, p. 55.
  37. ^ a b c Reynolds, p. 38.
  38. ^ Blumenson, p. 173.
  39. ^ a b Cavendish, p. 17.
  40. ^ Prasad, p. 368.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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