Operazione Kugelblitz
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Operazione Kugelblitz parte del fronte jugoslavo della seconda guerra mondiale | |||
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Data | 2-17 dicembre 1943 | ||
Luogo | Montenegro settentrionale, Sandžak, la Dalmazia meridionale e la Bosnia orientale | ||
Esito | limitati successi tedeschi | ||
Schieramenti | |||
Comandanti | |||
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L'operazione Kugelblitz (traducibile in italiano come "fulmine globulare") fu una grande offensiva anti-partigiana condotta da forze tedesche tra il 2 e il 17 dicembre del 1943 sul fronte jugoslavo durante la seconda guerra mondiale.[1]
Storia[modifica | modifica wikitesto]
I tedeschi attaccarono le forze partigiane di Josip Broz Tito nella parte orientale dello Stato indipendente di Croazia, nel tentativo di circondarle e distruggerle, impedendo in tal modo l'ingresso dei partigiani in Serbia. L'operazione Kugelblitz fu seguita immediatamente dall'operazione Schneesturm che aveva l'obiettivo di capitalizzare il successo iniziale dell'operazione Kugelblitz. Entrambe le operazioni sono associate alla Sesta Offensiva Nemica (in lingua serbo-croata: Šesta neprijateljska ofenziva/ofanziva), come viene definito questo ciclo di operazioni nella storiografia partigiana jugoslava.
Questa fu la prima delle offensive tedesche il cui scopo era di distruggere le unità partigiane nella Bosnia orientale. Il piano però era troppo ambizioso, e le truppe tedesche impegnate in questa azione furono incaricate di coprire un'area troppo grande. La maggior parte della forza partigiana fu in grado di oltrepassare la linea del nemico attraverso le vaste aree vuote presenti nell'anello di accerchiamento.
Preparazione per l'operazione[modifica | modifica wikitesto]
Il comando dei partigiani era presso la città di Pljevlja.
In seguito alle ricognizioni della Luftwaffe, che rivelarono la presenza di soldati nemici nella regione della Bosnia occidentale, fu organizzata una grande operazione. Qui furono utilizzate le forze appartenenti al 5. SS-GebirgsKorps:[2]
- 7. SS-Freiwilligen-Gebirgs-Division "Prinz Eugen" che partiva da sud;
- 1. Gebirgs-Division che partiva da sud-est;
- 24. divisione di fanteria bulgara che partiva da oriente;
- 187. Infanterie-Division e 1. divisione da montagna croata che invece partiva da nord;
- 369. (kroatische) Infanterie-Division da Travnik, Zenica e Sarajevo verso ovest.
L'SS-Obergruppenführer Artur Phleps ebbe un incontro personale con Adolf Hitler per discutere i piani della battaglia ma soprattutto per decidere la data d'inizio dell'operazione, fissata per il 2 dicembre 1943.[2]
Il conflitto[modifica | modifica wikitesto]
La prima divisione che prese parte all'operazione fu la 369. questa partì verso la linea Zenica-Busovaca in direzione est ovvero verso la regione bosniaca. La divisione croata venne in aiuto della precedente perché vi era presenza di partigiani che erano riusciti a entrare a Travnik. Mentre la 187. si mosse verso la linea Kladanj-Vlasenica partendo dalla linea Tuzla-Zvornik. La divisione bulgara aveva invece il compito di controllare la vasta area del fiume Drina, tra le località di Višegrad e Banja Basta.[2]
Dopo appena due giorni dall'avvio dell'operazione tedesca, le difese partigiane del Sangiaccato furono superate dalla 1. Gebrigs-Division, andando a conquistare la strategica posizione di Pljevlja, dove vi era il comando partigiano.
Le forze della Prinz Eugen si separarono in tre colonne:[2]
- colonna di destra con il compito di attraversare l'area innevata del monte di Čemerno;
- colonna di sinistra che passò su una via con molti ponti distrutti dal nemico;
- colonna dei rifornimenti al seguito delle prime due , che seguiva con 3 giorni di ritardo.
Per non dare al nemico la possibilità di riorganizzare una efficiente ed efficace strategia difensiva, l'avanzata tedesca riuscì nel suo intento di impedire tale riorganizzazione .
Tale operazione causò circa 1.500 morti oltre a numerosi feriti tra le forze partigiane. Altri riuscirono a sfuggire alla manovra a tenaglia, ma dovettero marciare per giorni nella neve, sprovvisti di cibo e senza calzature adeguate, con conseguenti numerosi casi di congelamento.[3][4]
Nonostante il non pieno raggiungimento degli obiettivi pianificati, l'operazione finì il 17 dicembre ed il comando tedesco si accontentò di un gran numero di armi recuperate e del numero di perdite inflitte ai partigiani in questa battaglia.[2]
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Alessandro Giorgi, Cronaca della Seconda Guerra Mondiale 1939-1945, 26 agosto 2015, pagine 374, ISBN 9786050408539
- ^ a b c d e Massimiliano Afiero, Ritterkreuz nr. 10, Soldier Publishing, 24 gennaio 2017
- ^ Augusto Di Sano, Partigiani!
- ^ E. Aga Rossi e M.T. Giusti, Una guerra a parte, Bologna, Il Mulino, 2011
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Gino Bambara, La guerra di liberazione nazionale della Jugoslavia (1941-1943), Mursia, 1988
- Frederick William Deakin, La montagna più alta. L'epopea dell'esercito partigiano jugoslavo, Club degli editori, 1972
- Eric Gobetti, L'occupazione allegra. Gli italiani in Jugoslavia (1941-1943), Carocci, 2006
- Eddy Bauer, Storia controversa della seconda guerra mondiale, vol. VII, De Agostini 1971
- Milovan Gilas, La guerra rivoluzionaria jugoslava. 1941-1945. Ricordi e riflessioni, LEG, 2011, ISBN 978-88-6102-083-2.
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