Befreiungsausschuss Südtirol

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Befreiungsausschuss Südtirol
Attiva1956 - (1969) oggi inattivo
NazioneBandiera dell'Italia Italia
Contestosecessione dell'Alto Adige dall'Italia annessione al Tirolo austriaco
Ideologiairredentismo
Componenti
FondatoriSepp Kerschbaumer
Attività
Azioni principaliatti di terrorismo
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Il Befreiungsausschuss Südtirol (abbreviato BAS, letteralmente: Comitato per la liberazione del Sudtirolo[1]) fu un'organizzazione terroristica irredentista fondata nel 1956 da Sepp Kerschbaumer. Scopo del movimento era l'autodeterminazione dell'Alto Adige,[2] attraverso la secessione dall'Italia e l'annessione all'Austria al fine di ottenere, sotto la sovranità di quest'ultima, l'unificazione politica del Tirolo,[3] regione storicamente facente parte dei domini asburgici.

Numerosi ex terroristi, condannati dalla magistratura italiana, non hanno mai scontato la propria pena, essendo fuggiti in Germania e Austria.

Contesto[modifica | modifica wikitesto]

Il processo per l'assassinio di Falqui, 1956/57

Come conseguenza della prima guerra mondiale l'Alto Adige (assieme al Trentino e alla Venezia-Giulia) fu ceduto al Regno d'Italia.

Con l'avvento del governo fascista in Italia iniziò in Alto Adige una intensa fase di italianizzazione forzata.[4][5] Venne favorita l'immigrazione di popolazione di lingua italiana, soprattutto verso Bolzano, e fu vietato l'uso del tedesco nella scuola dell'obbligo, in favore dell'italiano. Dopo la parentesi dell'occupazione nazista della Zona d'operazioni delle Prealpi, in cui le autorità tedesche si adoperarono per la rigermanizzazione, l'Alto Adige tornò sotto la sovranità italiana.

In seguito al secondo conflitto mondiale venne stipulato l'accordo De Gasperi-Gruber, sostenuto dal governo italiano con il ripristino dell'insegnamento del tedesco e l'introduzione della toponomastica bilingue. Venne inoltre approvato il primo statuto di autonomia della regione Trentino-Alto Adige, dove trentini e altoatesini di lingua italiana erano in maggioranza. La Democrazia Cristiana e il Südtiroler Volkspartei (SVP), il partito della minoranza tedesca e ladina, collaborarono nella gestione della regione, che riuscì a svilupparsi floridamente. Nel 1952 il reddito per abitante della provincia di Bolzano era di 211.012 lire, ossia il 130,4% della media nazionale.[6] Nel 1958 l'indice della disoccupazione era dell'1,25%.[7] Mentre il gruppo linguistico italiano controllava l'industria e il pubblico impiego, l'agricoltura e il turismo erano nelle mani del gruppo linguistico tedesco. La separazione economica tra la grande industria di Bolzano, di tipo moderno, costruita con capitali italiani, e l'attività agricola tradizionale, cui era dedita la popolazione di lingua tedesca (per ben il 74%), determinò una chiusura anche culturale e politica.[8][9]

La costruzione di zone industriali venne infatti particolarmente avversata dalla comunità di lingua tedesca, che vi vedeva un tentativo di attirare manodopera italiana al di fuori dell'Alto Adige. Il prete Michael Gamper si oppose pubblicamente all'immigrazione dal resto d'Italia, "da quel meridione che ci è estraneo", e accusò le autorità italiane di sottomettere la popolazione di lingua tedesca a una Todesmarsch (le marce della morte di epoca nazista).[10] I politici della Südtiroler Volkspartei e austriaci, sulla stessa linea, ritenevano che il governo italiano proseguisse in tal modo nell'intento di creare una maggioranza italiana in Alto Adige (cosiddetta "politica del 51%").[11][12] Alle cifre allarmanti di Gamper che indicavano "50 mila immigrati italiani negli ultimi sette anni" replicò uno studio del Commissariato del Governo e dell'Istituto Centrale di Statistica che quantificò l'aumento della popolazione italiana tra il 1947 e il 1953 nella cifra di poco più di 8.000 unità, legato alla riattivazione postbellica degli uffici statali e militari e alla risistemazione delle opere pubbliche.[13] Molte tensioni creò nel 1957 la sovvenzione per la costruzione di nuove case popolari,[14] per favorire l'immigrazione di operai dalle altre regioni d'Italia.[15]

Nel frattempo nel 1955 si era ricostruita la Repubblica Austriaca e la guida della SVP era stata assunta da estremisti etnici, alcuni con trascorsi nazisti.[16] Per essi, lo status degli altoatesini di lingua tedesca come minoranza in seno alla regione Trentino-Alto Adige era inaccettabile.[17]

Da allora si moltiplicarono le manifestazioni inneggianti al Tirolo unito e alla secessione dall'Italia, a cui le autorità governative italiane tentarono di reagire. Una signora di Bressanone fu così obbligata, ad esempio, a ridipingere le 38 ante delle finestre di casa, che erano colorate di bianco e rosso (i colori tirolesi); nel 1956 venne anche arrestato e processato un ferroviere austriaco, per aver diffuso materiale "eversivo". Alle manifestazioni di piazza della SVP cercò invece di opporsi il partito Movimento Sociale Italiano, allora partito insignificante in provincia, che programmò una contromanifestazione ad un'adunata dei popolari altoatesini prevista per il 30 settembre 1956, portando al divieto di entrambe le manifestazioni. Per protesta contro il governo italiano alcuni sudtirolesi accendevano inoltre dei fuochi sulle montagne attorno alle più grandi località della provincia.

La SVP fece dal canto suo una violenta campagna di propaganda contro lo Stato e contro l'inforestierimento dovuto all'immigrazione italiana, supportata dagli ambienti ecclesiastici di lingua tedesca. In tutti i comuni a maggioranza SVP (tutto l'Alto Adige tranne allora Bolzano, Bronzolo, Egna, Fortezza, Merano, Laives, Salorno e Vadena) venne sospeso il rilascio di nuove residenze per italiani e fu fatta una furibonda propaganda contro i matrimoni misti per preservare la "purezza" della stirpe tirolese, tanto che i politici della Südtiroler Volkspartei si spinsero a chiedere il divieto dei matrimoni misti con italiani.[18]

Il clima di forte ostilità creatosi portò dunque, ancor prima della fondazione ufficiale del BAS, ad atti di violenza contro le forze dell'ordine italiane. Il 15 luglio 1956 fu trovato agonizzante nel greto di un ruscello a Fundres il finanziere Raimondo Falqui, dopo un pestaggio condotto da ubriachi[19][20](tra cui il futuro marito della terrorista Karola Unterkircher) all'esterno di un'osteria.[21] Il finanziere morì poco dopo. Il processo ai cosiddetti Pfunderer Buibm (i ragazzi di Fundres, di età tra i 18 e 22 anni), accusati dell'omicidio, portò il 16 luglio 1957 alla condanna dei sette imputati ad un totale di 114 anni di carcere.[22][23] Mentre in Italia prevalse lo sdegno per la brutalità dell'aggressione,[24] in Austria si levarono proteste perché gli imputati, secondo la stampa austriaca, sarebbero stati condannati a pene così severe nonostante la mancanza di prove[25] ed i dubbi espressi dai giudici nella motivazione.[26]

Tra il 1956 e il 1957 si verificarono attentati dinamitardi, riconducibili al gruppo intorno ad Hans Stieler, tipografo presso il quotidiano Dolomiten. Il primo attentato ebbe luogo il 20 settembre 1956 a Settequerce di Terlano, con lo scoppio di una carica di dinamite a ridosso di un capannone della Caserma Huber. Si susseguirono altre esplosioni, che non risparmiarono nemmeno le istituzioni religiose di lingua italiana: il 6 ottobre 1956 un altro ordigno esplose nell'oratorio Don Bosco di Bressanone. Le sentenze nei confronti dei membri del gruppo Stieler furono piuttosto benevole, la pena per Hans Stieler fu di quattro anni e otto mesi di reclusione.[27]

Lo stesso argomento in dettaglio: Gruppo Stieler.

In questo clima venne fondato il BAS.[28]

Fondazione del BAS[modifica | modifica wikitesto]

Ai fini di ottenere l'autodeterminazione dell'Alto Adige e il distacco dall'Italia[29] a partire dal 1956 un gruppo di sudtirolesi, molti dei quali con trascorsi nazisti[30], si riunì intorno a Sepp Kerschbaumer, dando vita a un'organizzazione clandestina, il Befreiungsausschuss Südtirol: tra loro Jörg Pircher, Franz Muther, Martl Koch, Alfons Obermair, Luis Hauser, Anton Gostner, Karl Titscher e Luis Gutmann. Nel giro di breve tempo il gruppo si allargò, accogliendo tra le sue file anche Sepp Innerhofer. Dal punto di vista organizzativo il movimento era articolato in numerose cellule locali, che operavano in un modo autonomo, con ciascuna un capo al comando: ad esempio Luis Gutmann era responsabile della cellula di Termeno, nella Bassa Atesina, Martl Koch era il capo di una delle due cellule di Bolzano, Jörg Pircher comandava a Lana, Franz Muther in Val Venosta e Karl Titscher a Bressanone.[31] L'azione era inizialmente circoscritta a propaganda anti-italiana e alla distribuzione di volantini secessionisti.[32] Alla fine degli anni 50 il comitato iniziò a procurarsi materiale esplosivo.

Inizialmente l'obiettivo principale era di fare scalpore, senza ledere le persone, infatti gli attentati erano mirati a monumenti di epoca fascista e tralicci dell'alta tensione. Vennero però colpite anche le scuole italiane in provincia. Dopo che la guida del movimento venne assunta dal gruppo radicale intorno a Georg Klotz e dai neonazisti venuti dall'Austria, iniziarono gli attentati mirati a uccidere le forze dell'ordine italiane.

Tra i membri dell'organizzazione figuravano dunque non solo cittadini italiani (gli altoatesini di lingua tedesca, in maggioranza), ma anche austriaci (come Norbert Burger) ed alcuni cittadini della Repubblica Federale di Germania. A questi si affiancavano sul territorio austriaco gruppi di irredentisti, capeggiati da Franz Gschnitzer, ai tempi presidente del Bergisel-Bund (BIB, Lega del Monte Isel),[33] ed altri esponenti politici.[34]

Il BAS non fu la prima espressione di un movimento secessionista che riportasse l'Alto Adige nell'area tedescofona. Già nel 1933, era sorto il Völkischer Kampfring Südtirols[35] (di ispirazione nazista), che predicava l'annessione alla Germania.[36]

Attentati e stragi del BAS[modifica | modifica wikitesto]

La statua fatta saltare, con la sua scritta originaria del 1938 al Genio del Fascismo, vista di fronte; nel 1945 la statua fu ridedicata al Lavoro italiano.

Trascorsi 5 giorni dal raduno di Castel Firmiano (17 novembre 1957), ci fu la prima azione esplosiva del BAS. Il 22 novembre 1957 fu minata la tomba che conteneva la salma di Ettore Tolomei,[37] nel cimitero di Montagna, ed in seguito, il 1º febbraio 1961, venne praticamente distrutta, con una carica esplosiva ad alto potenziale, anche la sua casa. A seguire, e precisamente il 9 e il 12 dicembre, altre due esplosioni si ebbero a Laces, da parte del gruppo di Franz Muther.[28]

Il 29 gennaio 1961 a Ponte Gardena, presso la centrale idroelettrica della società Montecatini, l'austriaco Heinrich Klier, membro del Bergisel-Bund, fece esplodere il monumento equestre in alluminio eretto nel 1938, originariamente dedicato al "Genio del Fascismo" e nel 1945 ridedicato al "Lavoro italiano".[38] Oggi la testa originale del cavallo è esposta presso il museo Das Tirol Panorama sul Monte Isel a Innsbruck.[39]

La testa del cavallo della statua equestre al Lavoro italiano distrutta nel 1961, conservata al museo Das Tirol Panorama di Innsbruck.

Durante la Feuernacht (Notte dei fuochi, dove in Alto Adige ricorre la tradizione dei fuochi del Sacro Cuore in onore della battaglia di Andreas Hofer contro le truppe francesi di Napoleone), ovvero la notte tra l'11 e il 12 giugno 1961 furono compiuti diversi attentati terroristici che fecero saltare 42 tralicci dell'alta tensione mediante l'utilizzo di 350 ordigni, di cui il primo scoppiò a Bolzano.[40] In località Nassi di Faedo, presso la Stretta di Salorno (al confine tra la Provincia autonoma di Bolzano e quella di Trento), un ordigno inesploso posto su un albero che fiancheggiava la Strada statale 12 dell'Abetone e del Brennero causava la morte del cantoniere Giovanni Postal, che tentava di disinnescarla. Fu la prima vittima degli attentati altoatesini, nonostante la direttiva di Kerschbaumer di evitare vittime umane. Postal aveva già rinvenuto nello stesso posto un analogo ordigno esplosivo il 27 marzo 1961 ed era però riuscito a disattivarlo. Durante la Kleine Feuernacht (Piccola notte dei fuochi) del 13 luglio 1961 furono distrutti altri 8 tralicci, con lo scopo di paralizzare il traffico ferroviario. Dopo questa prima fase furono arrestati molti appartenenti al BAS, tra l'altro lo stesso Kerschbaumer.

Una delle 37 esplosioni compiute durante la Notte dei fuochi del '61

Da quel momento il movimento si radicalizzò e i suoi attentati si fecero cruenti: il 3 settembre 1964 nella caserma di Selva dei Molini venne ucciso il carabiniere Vittorio Tiralongo. Sei giorni dopo un sottufficiale e quattro militari furono feriti gravemente sulla strada presso Rasun Anterselva. Solo ventiquattr'ore più tardi la stessa sorte toccò a un altro militare. Il 26 agosto 1965 vennero uccisi all'interno della caserma dei carabinieri di Sesto Pusteria i carabinieri Palmerio Ariu e Luigi De Gennaro, colpiti da 33 proiettili a 3 metri di distanza.[41]

Il 24 maggio 1966 morì il finanziere Bruno Bolognesi, dilaniato da una mina che era attaccata alla porta del rifugio sul Passo di Vizze. Ancora non è certo se anche il rifugio Monza (oggi ricostruito nel rifugio Gran Pilastro) fu fatto saltare da un atto terroristico del BAS o da una valanga, nel 1967.[42][43]

Il 25 luglio 1966 morirono in un agguato a San Martino in Valle di Casies i finanzieri Salvatore Gabitta e Giuseppe D'Ignoti. In seguito il 9 settembre 1966 vi fu la strage di Malga Sasso, dove fu fatta saltare con esplosivo la caserma della guardia di finanza che successivamente crollò; qui morirono il vicebrigadiere Eriberto Volgger e il finanziere Martino Cossu, fu invece gravemente ferito il tenente Franco Petrucci, che decedette in seguito all'ospedale. Allora da parte italiana il 15 ottobre 1966 venne istituito dallo Stato Maggiore dell'Esercito un "Reparto speciale di rinforzo per l'Alto Adige" con compiti appunto di antiterrorismo, composta da Carabinieri, Alpini, Paracadutisti, Agenti di Pubblica Sicurezza e Finanzieri.

Il 1967 vide l'impiego massiccio di ordigni antiuomo. Nel rifugio Plan (Zwickauer Hütte), sulle Alpi Passirie, già danneggiato da precedenti azioni del BAS, vennero nascoste delle mine, ma fu possibile evitare una strage grazie all'intervento degli artificieri.[44] Il 25 giugno 1967, a seguito dell'esplosione di un traliccio a Cima Vallona (nel Bellunese), fu dilaniato da una mina uno degli alpini che sorvegliavano l'area, Armando Piva, che decedette in seguito all'ospedale di San Candido. A bonificare la zona e ad indagare sull'attentato fu inviata dall'aeroporto di Bolzano la Compagnia Speciale Antiterrorismo, dato che i terroristi avevano disseminato di mine antiuomo la zona attorno al traliccio. I militari dopo aver accuratamente setacciato tutta la zona palmo a palmo, alle due del pomeriggio, quando l'ispezione sembrava conclusa, si diressero sulla strada per il fondo valle, ma un bagliore li accecò: una seconda mina posta a Sega Digon dilaniò la pattuglia dei soccorritori, compiendo la tristemente nota "strage di Cima Vallona" e uccidendo sul colpo il capitano dei carabinieri Francesco Gentile e il sottotenente paracadutista Mario Di Lecce. Erano presenti sul posto anche il sergente paracadutista Olivo Dordi, che rimase ferito gravemente e morì in seguito, e il sergente paracadutista Marcello Fagnani, che invece fu l'unico del gruppo a salvarsi.

Il 30 settembre 1967 morirono in un'esplosione il brigadiere di polizia Filippo Foti e la guardia scelta Edoardo Martini, in servizio presso la stazione di Trento. Avevano ricevuto una segnalazione in cui si comunicava che a bordo del treno Alpen Express, proveniente da Innsbruck, vi fosse una valigia contenente una bomba. Una volta giunto il convoglio in stazione, Foti e il collega Martini spostarono la valigia sospetta in un luogo isolato; prima però che costoro potessero allontanarsi l'ordigno esplose, uccidendoli sul colpo.

Reazione italiana[modifica | modifica wikitesto]

A causa della struttura del BAS, i cui membri si reclutavano segretamente, ma anche per la connivenza di una parte della popolazione di lingua tedesca, fu assai arduo sgominare il movimento.

Ciò spinse il governo italiano a una ferma reazione. Il ministro degli interni Mario Scelba decretò il 16 giugno 1961 il coprifuoco tra le ore 21 e le ore 5. Durante la notte tra il 18 e il 19 giugno rimasero uccisi dal fuoco di militari di sentinella due cittadini in Val Sarentino e a Malles Venosta, apparentemente per errore.[45] La serie di incidenti continuò: sul Corno Bianco sarentino soldati spararono dall'elicottero a un uomo che perse la gamba. Anche i militari italiani furono vittime del fuoco amico o si ferirono con le proprie stesse armi.[46]

Molti arrestati e inquisiti di lingua tedesca denunciarono la brutalità delle forze dell'ordine italiane: si parlò anche di torture presso la caserma di Egna, alle quali sarebbe riconducibile la morte in carcere di Franz Höfler il 17 novembre 1961 e di Anton Gostner il 7 gennaio 1962.[32] La Corte d'Assise di Milano a proposito delle presunte sevizie rilevò che "dalle perizie necroscopiche eseguite da collegi di periti fosse risultato che entrambi i detenuti erano morti per cause naturali e che a tale giudizio avessero aderito senza riserve i consulenti tecnici nominati dai congiunti degli estinti nelle persone dei professori di medicina legale Franz Josef Holzer dell'università di Innsbruck e Wolfgang Laves dell'università di Monaco di Baviera".[47]

Il 23 luglio del 1964 la corte d'assise di Milano condannò gli autori della Notte dei fuochi a pene detentive, ma li prosciolse dalle accuse di alto tradimento e attentato all'integrità dello Stato (reato quest'ultimo introdotto nel Ventennio), mosse dalla pubblica accusa. Luis Amplatz fu condannato a 26 anni e 6 mesi, Georg Klotz a 18 anni e 2 mesi, mentre Sepp Kerschbaumer, il fondatore del BAS, fu condannato a 15 anni e 11 mesi di reclusione. Dei 91 imputati, 23 erano latitanti.

Il 20 aprile del 1966 si concluse il secondo processo di Milano contro 58 terroristi. Günther Andergassen, Alois Oberhammer del Bergiselbund e il professore austriaco Helmuth Heuberger furono condannati a trent'anni di carcere a testa, mentre Norbert Burger fu condannato in contumacia a 28 anni di reclusione.

Per la strage di Cima Vallona la corte d'assise di Firenze in data 14 maggio 1970 individuò quattro responsabili. Il medesimo Norbert Burger fu condannato all'ergastolo per strage continuata pluriaggravata, vilipendio di cadaveri, danneggiamento aggravato e banda armata; la stessa pena fu inflitta a Peter Kienesberger ed Erhard Hartung, mentre Egon Kuftner fu condannato a 24 anni. I condannati fuggirono in Austria e Germania e dunque non scontarono mai la pena.

Il 9 luglio 1971 la corte d'assise d'appello di Bologna condannò i responsabili dell'attentato di Selva dei Molini, in cui venne ammazzato il carabiniere Vittorio Tiralongo, a due ergastoli ciascuno per i reati di attentato alla integrità dello Stato e di strage,[48] ma la sentenza non poté essere eseguita, dal momento che i terroristi avevano trovato rifugio in Austria e Germania. Nel 2009 la magistratura ha riaperto le indagini sul caso Tiralongo, siccome sarebbero emersi nuovi elementi che avrebbero smentito la pista terroristica, indicando come colpevole un ex collega, scomparso dopo l'evento e ormai deceduto. Gli inquirenti non hanno trovato riscontri.[49] La riapertura dell'inchiesta non ha dunque portato a nessuna novità,[50] se non quella che ha accertato l'arma del delitto: un fucile Mauser calibro 7,62 ritrovato in un arsenale appartenente ai terroristi del BAS.[51]. Nel 2021 Mattarella ha concesso la grazia a Oberleiter (uno dei quattro ragazzi, che si sono sempre dichiarati innocenti), siccome "i suoi atti criminosi non hanno provocato decessi"[52].

Le azioni del BAS provocarono la reazione dei movimenti di estrema destra italiani. Una bomba collocata nella salina di Ebensee, in Alta Austria, provocò la morte del gendarme Kurt Gruber il 23 settembre 1963. Inizialmente si sospettò che l'attentato fosse stato opera del BAS, ma le indagini scoprirono una pista italiana, confermata dalle stesse autorità italiane. Nel 1969 il tribunale di Verona condannò a 9 anni e 4 mesi Giorgio Massara, a 6 anni e mezzo Maurizio Perito, a un anno a testa Sergio Tazio Poltronieri, Luciano Rolando e Franco Panizza.[53]

Reazione austriaca[modifica | modifica wikitesto]

A Linz il 31 maggio 1967 una giuria popolare assolse Norbert Burger e 14 complici, con un verdetto di assoluzione generale, dai reati di addestramento clandestino all'uso di armi, furto di esplosivo in Austria e trasporto, custodia, raccolta e distribuzione dello stesso in Alto Adige, nonostante avessero ammesso di averli compiuti; la motivazione della sentenza afferma che agirono "in stato di necessità" per la "difesa di interessi superiori"; al termine del processo gli assolti intonarono l'inno di Andreas Hofer (Das Andreas-Hofer-Lied) al loro canto subito si unì il pubblico presente in aula.[54] La sentenza venne negativamente commentata in Italia ed il giorno seguente il Corriere della Sera vi vide una "mancanza di giustizia e lealtà", e la giudicò pericolosa in quanto avrebbe legalizzato ed incoraggiato il terrorismo e messo in difficoltà il governo italiano nelle trattative con quello austriaco nel fare accettare alla pubblica opinione italiana le "concessioni" contenute nel "pacchetto" altoatesino. La sentenza, confermata in ultima istanza a Vienna il 14 novembre, provocò infatti le proteste ufficiali del governo italiano, che condannò pure la calorosa festa con cui il pubblico presente nell'aula giudiziaria accolse la liberazione degli imputati[55].

Il medesimo Norbert Burger, condannato dalla giustizia italiana per la strage di Cima Vallona, nel 1981 si candidò alla presidenza austriaca per il Partito Nazionaldemocratico, ricevendo 140.741 voti, pari al 3,2%[56]. Il Partito Nazionaldemocratico venne sciolto dalle autorità austriache nel 1988, in riferimento all'art. 9 del Trattato di Stato austriaco, che vieta la ricostituzione di organizzazioni neonaziste[57].

Fine del BAS[modifica | modifica wikitesto]

Il BAS fu attivo in Alto Adige fino al 1969. Molti appartenenti all'organizzazione rinunciarono già prima dell'approvazione del cosiddetto Pacchetto, base del secondo statuto d'autonomia, che prevedeva ampie tutele a garanzia della popolazione di lingua tedesca (e ladina). L'Austria si impegnò a controllare i propri confini, ma continuò a dare asilo ai terroristi condannati dalla magistratura italiana.

Altri movimenti terroristici[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Ein Tirol.

Dopo circa dieci anni senza attentati a seguito dell'introduzione del secondo statuto d'autonomia (1972) iniziò una nuova stagione di bombe: gli obiettivi furono in particolare il Monumento alla Vittoria di Bolzano, il monumento all'Alpino di Brunico (in ricordo alla guerra di Abissinia), il Sacrario militare di Passo Resia e la tomba del senatore Ettore Tolomei, l'ideatore del Prontuario dei nomi locali dell'Alto Adige. Gli autori di questi attacchi non divennero mai noti. Il loro movente potrebbe essere stata la lentezza con cui il governo italiano implementò l'autonomia altoatesina.

Nel 1986 comparve un nuovo gruppo terroristico, chiamato Ein Tirol (letteralmente: "un solo Tirolo"), fondato dal pregiudicato Karl Außerer, ex membro del BAS. Il gruppo fu sciolto con la cattura dello stesso Außerer, processato a Innsbruck. Ein Tirol colpì la sede RAI in Piazza Mazzini a Bolzano e la condotta forzata della centrale idroelettrica di Lana e organizzò attentati incendiari contro le abitazioni di politici di lingua italiana. Le azioni di Ein Tirol ebbero l'effetto di rallentare il processo d'autonomia e favorire i risultati elettorali del Movimento Sociale Italiano. Essi contribuirono inoltre a peggiorare sensibilmente i rapporti fra i due gruppi etnici italiano e tedesco.

Secondo più recenti indagini storiche i servizi segreti giocarono un ruolo decisivo nel fomentare le attività di Ein Tirol. Dopo l'incarceramento o la morte dei protagonisti della prima generazione degli attentatori BAS l'organizzazione paramilitare Gladio infiltrò sistematicamente il gruppo Ein Tirol usandolo per i suoi scopi nell'ambito della "strategia della tensione". Spesso gli attentati avvenivano alla vigilia di elezioni politiche.[58]

In risposta a queste attività si formarono due movimenti di estrema destra italiani, l'Associazione Protezione Italiani (Api) e il Movimento italiano Adige (MiA), che rispondevano a loro volta con la violenza, con diversi attentati incendiari, come quello alla casa del Presidente della Provincia Silvius Magnago. Secondo alcuni, anche questi gruppi potrebbero avere avuto contatti con i servizi segreti italiani.[59]

Bilancio del terrorismo in Alto Adige[modifica | modifica wikitesto]

Dal 20 settembre 1956 al 30 ottobre 1988 ci sono stati 361 attentati con dinamite, mitra, mine antiuomo. 21 morti, tra cui 15 appartenenti alle forze dell'ordine, 2 privati cittadini e 4 terroristi, deceduti per lo scoppio prematuro delle cariche che stavano predisponendo. 57 feriti: 24 membri delle forze dell'ordine, 33 civili.

La giustizia italiana ha condannato 157 persone: 103 italiani di lingua tedesca, 40 cittadini austriaci, 14 cittadini della Germania occidentale.[60]

Impunità ed attivismo dei terroristi[modifica | modifica wikitesto]

Il terrorista Alois (Luis) Larch, dopo essersi rifugiato a Graz in Austria, ha ottenuto la grazia nel 2007 (pochi mesi prima che la pena si estinguesse per prescrizione) e nel 2008 è tornato nel suo paese natale, Lana, accolto dalle associazioni Schützen locali in festa.[61] In un'intervista al settimanale in lingua tedesca ff del 2010 Larch ammette che quello che fino ad allora era considerato il vertice di Ein Tirol, Karl Außerer, non era in realtà il vero capo; vi erano altre persone sopra di lui.[62] Sempre Larch durante l'intervista ammette che a quei tempi "C'era una strategia per cacciare gli italiani".[63]

Anche altri terroristi non hanno mai scontato la propria pena. Tra questi Erhard Hartung, giudicato colpevole della strage di Cima Vallona, di recente eletto alla consulta locale per stranieri del comune di Meerbusch, in Germania.[64]

Il medesimo Hartung gestisce insieme a Peter Kiensberger, altro terrorista stragista, e ad altri membri della destra neonazista austriaca la fondazione Laurin di Bolzano, oggetto di indagini della magistratura italiana per il finanziamento dei partiti anti-italiani in Alto Adige e per violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete.[65][66]

Ricezione nella popolazione di lingua tedesca[modifica | modifica wikitesto]

La titolazione di una via di Appiano sulla Strada del Vino a Sepp Kerschbaumer.

Parte della popolazione di lingua tedesca non nasconde la propria approvazione per le azioni di quelli che vengono comunemente definiti "combattenti per la libertà" ("Freiheitskämpfer")[senza fonte].

In questo senso gli Schützen hanno lanciato nel 2004 la campagna "Il Sudtirolo ringrazia per la scuola tedesca, la forte economia, il benessere e molto altro!". Sullo sfondo del manifesto un traliccio divelto dalla dinamite, in primo piano il terrorista Sepp Kerschbaumer.[67] Ad Appiano sulla Strada del Vino, dove il 12,5% della popolazione è di lingua italiana, gli è stata anche dedicata una via. La RAI di lingua tedesca di Bolzano ha prodotto un documentario intitolato "Die Frauen der Helden" ("le donne degli eroi", riferito ai terroristi degli anni 60).[68]

Nel 2009 il consiglio provinciale di Bolzano ha approvato una mozione perché sia concessa la grazia ai terroristi del BAS, che vengono esplicitamente definiti "combattenti per la libertà".[69] La mozione è stata approvata anche dalla consigliera di lingua italiana del Partito Democratico Barbara Repetto.[70]

Nel dicembre 2010 sempre gli Schützen hanno allestito una mostra in celebrazione di questi terroristi. Tra i memorabilia esposti anche l'innesco di una bomba rudimentale e decorazioni militari con svastiche naziste.[71]

In memoria dei 50 anni trascorsi dalla Notte dei fuochi, il Südtiroler Heimatbund (Lega per la patria sudtirolese), ha fatto coniare un'apposita medaglia, con inciso il viso di Sepp Kerschbaumer.[72] Sempre per ricordare i terroristi che sarebbero stati torturati dai carabinieri in seguito alla Notte dei fuochi, il partito Südtiroler Freiheit ha lanciato una campagna di manifesti raffiguranti tra l'altro una macchia di sangue con un cappello d'ordinanza dei carabinieri.[73][74]

Ricezione nella cultura di massa italiana[modifica | modifica wikitesto]

La strage di Cima Vallona ispirò la canzone Cima Vallona, scritta da Francesco Guccini nel 1968 per Caterina Caselli.

I Pooh invece scrissero la canzone Brennero 66, in cui si fa generico riferimento ad un militare ucciso in Alto Adige. Tale brano venne presentato al concorso Festival delle Rose, ma venne bloccato dalla censura, probabilmente per non esacerbare gli animi. Seguendo le indicazioni della Commissione di Ascolto RAI, al fine di non essere estromessi dal festival, i Pooh eliminarono dal testo la frase "...t'hanno ammazzato quasi per gioco..." ed il titolo della canzone divenne, per quella kermesse, Le campane del silenzio.[75][76]

Canto popolare in lingua tedesca[modifica | modifica wikitesto]

A seguito degli atti di terrorismo fu modificato il testo di un canto popolare in lingua tedesca facendo riferimento agli attentati dinamitardi ai tralicci dell'alta tensione, al carattere tedesco dell'Alto Adige e al ricordo dei tempi dell'impero asburgico sotto Francesco Giuseppe.

(DE)

«Was ist das für ein schönes Land, wo Etsch und Eisack fließt. Wo jeder wahre Deutsche Mann auf Italiener schießt. Dies ist mein schönes Südtirol, umringt von Eis und Firn. Zum Schwur erheben wir die Hand: Italien soll krepier’n.[77]»

(IT)

«Che bel paese quello dove scorrono Adige e Isarco. Dove ogni vero tedesco spara sugli italiani. Questo è il mio bel Sudtirolo, circondato da ghiaccio e neve. Alziamo la mano in giuramento: L'Italia deve crepare.»

I testi tedeschi modificati sono oggi presenti nell'area di estrema destra austriaca.[78]

Membri del BAS[modifica | modifica wikitesto]

La tomba di Luis Amplatz, a Bolzano
  • Sepp Kerschbaumer
  • Sepp Innerhofer
  • Georg Klotz (padre di Eva Klotz), arrestato il 9 settembre 1964
  • Norbert Burger
  • Franz Höfler, morto in carcere il 22 novembre 1961[79]
  • Anton Gostner, morto in carcere il 7 gennaio 1962[79]
  • Josef Fontana
  • Peter Kienesberger
  • Luis Amplatz, ucciso il 7 settembre 1964 dall'agente italiano Christian Kerbler con una Beretta. In certi ambienti si disse che tale arma fosse stata fornita dai Carabinieri[80][81], ma una sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bolzano del 30 novembre 1992 escluse radicalmente questo fatto, in una sentenza definita di "archeologia giudiziaria"[82]
  • Siegfried Steger
  • Heinrich Klier
  • Wolfgang Pfaundler
  • Martin Koch
  • Karl Vinatzer
  • Jörg Pircher
  • Karl Tietscher
  • Franz Muther

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ archivio '900 "BAS, Comitato per la liberazione del Sudtirolo"
  2. ^ Rolf Steininger, Südtirol - Vom Ersten Weltkrieg bis zur Gegenwart, Innsbruck, StudienVerlag, 2003, pag. 82. ISBN 3-7065-1348-X
  3. ^ The radical right: a world directory, Ciarán Ó Maoláin, Longman, 1987, pag. 172
  4. ^ Copia archiviata (PDF), su emscuola.org. URL consultato il 28 ottobre 2011 (archiviato dall'url originale il 27 dicembre 2013). il quartiere delle "Semirurali" fu costruito dall'Istituto Fascista Autonomo per le Case Popolari, contemporaneamente alla realizzazione della zona industriale, le case furono assegnate agli iscritti al partito fascista, altrimenti non si lavorava e avevano precedenza le famiglie, preferibilmente quelle numerose
  5. ^ [1] Nel 1934 anche a Bolzano fu costituito uno IFACP allo scopo di costruire in Alto Adige gli alloggi per lavoratori dell'industria provenienti da altre province italiane
  6. ^ Regione Autonoma Trentino-Alto Adige, Consiglio Regionale, Seduta 176 - 19.7.1960 - [2] Archiviato il 27 dicembre 2013 in Internet Archive.
  7. ^ Gaetano Martino, Verso l'Avvenire, F. le Monnier, 1963, pag. 296
  8. ^ Intervento al VI Convegno amici e collaboratori del Mulino. Una politica per l’AA, Bologna, il Mulino, 1962.
  9. ^ Tirolesi, italiani, trentini: tre diversi approcci ad un unico territorio, su legnostorto.com. URL consultato il 14 dicembre 2013 (archiviato dall'url originale il 9 dicembre 2012).
  10. ^ La marcia della morte di Gamper, Il Trentino, 17 giugno 2013, pag. 11, http://ricerca.gelocal.it/trentinocorrierealpi/archivio/trentinocorrierealpi/2013/06/17/NZ_11_M.html
  11. ^ Rolf Steininger, Südtirol - Vom Ersten Weltkrieg bis zur Gegenwart, Innsbruck, StudienVerlag, 2003, pag. 76. ISBN 3-7065-1348-X "Wie neue italienische Dokumente belegen, betrieb Rom für Südtirol die "51%"-Politik, d.h. Unterwanderung." Traduzione: Come affermano nuovi documenti italiani, Roma praticava la "politica del 51%" nel Sudtirolo, cioè l'infiltrazione.
  12. ^ Sudtirolo, prima vittima della guerra fredda, L'Adige, 5 settembre 2006, Intervista con Rolf Steininger
  13. ^ Copia archiviata (PDF), su emscuola.org. URL consultato il 7 novembre 2011 (archiviato dall'url originale il 16 ottobre 2013)., pag. 18
  14. ^ Los von Trient, per non dimenticare
  15. ^ Rolf Steininger, Südtirol - Vom Ersten Weltkrieg bis zur Gegenwart, Innsbruck, StudienVerlag, 2003, pag. 76. ISBN 3-7065-1348-X "Um so mehr wurde die Wohnbaupolitik der italienischen Regierung kritisiert. Genauso [...] wollte Italien durch den massiven Bau von Volkswohnungen und die anhaltende Zuwanderung die Entnationalisierungspolitik des Faschismus fortsetzen." Traduzione: Tanto più veniva criticata la politica edificatoria del governo italiano. Proprio così [...] l'Italia voleva proseguire la politica della snazionalizzazione del fascismo tramite la massiccia costruzione di case popolari e l'immigrazione persistente.
  16. ^ Alois Pupp, già iscritto al NSDAP, presidente della provincia di Bolzano; Josef v. Aufschnaiter, già membro delle SS, consigliere comunale a Bolzano dal 1961; Norbert Mumelter, Bolzano, del Völkischer Kampfring Südtirol: cfr. Anton Holzer, Die Südtiroler Volkspartei. Kulturverlag, Thaur/Tirol 1991, ISBN 3-85395-157-0
  17. ^ [3] ... l'autonomia regionale fallisce. Nel 1957 la Südtiroler Volkspartei (SVP) lancia lo slogan «Los von Trient» («Via da Trento») con una affollata adunata a Castelfirmiano
  18. ^ Gianni Bianco, La guerra dei tralicci, Manfrini, Rovereto 1963, pp. 42-43.
  19. ^ die Geschichte der Pfundra Buibm ("la storia dei ragazzi di Funders") pubblicato in Der Gemeindebote - Vintl ("periodico informativo del comune di Vandoies"): im Blut Falquis am nächsten Morgen noch 1,7 Promille Alkohol gemessen worden waren ("il giorno dopo furono ancora misurati 1,7 promille di alcool nel sangue di Falqui")
  20. ^ Rolf Steininger, Südtirol zwischen Diplomatie und Terror 1947-1969: "Die Obduktionsergebnisse des Gerichtsmediziners Prof. Franchini, der 1,7 Promille Alkohol im Blut des Toten und neben geringfügigen anderen Verletzungen an Falquis Körper eine tödliche Kopfwunde festgestellt hatte, die vermutlich vom Sturz ins Bachbett herrührte" (traduzione: I risultati dell'autopsia del patologo forense Professor Franchini, che aveva trovato 1,7 promille di alcool nel sangue del morto, ed oltre ad altre lesioni non gravi al corpo di Falqui rilevò una ferita letale alla testa, che probabilmente derivava dalla caduta nel letto del torrente)
  21. ^ Arrestata un'austriaca per gli ultimi attentati, La Repubblica, 15 novembre 1988
  22. ^ Ridotte le pene agli altoatesini che uccisero la guardia di finanza, La Stampa, 17 gennaio 1960
  23. ^ Ricordi di un diplomatico: Alessandro Marieni Sariedo
  24. ^ Orrore per l'uccisione della guardia di Finanza, La Stampa, 17 agosto 1956
  25. ^ [4] Trotz fehlender Beweise wurden sie damals verurteilt (tradotto: allora furono condannati nonostante la mancanza di prove)
  26. ^ Zeit Online "Politica in aula - Austria scandalizzata dal giudizio di Trento" Bundeskanzler Raab bezeichnete das Urteil als unverständlich, denn die Bozener Richter hatten in ihrer Begründüng selbst erklärt sie seien sich über die Todesursache keineswegs im klaren (trad.: il cancelliere federale (austriaco) Raab definì il giudizio incomprensibile, siccome i giudici di Bolzano hanno constatato nella loro motivazione che non è assolutamente chiara la causa del decesso).
  27. ^ La Stampa, venerdì 10 agosto 1962: La Cassazione ha detto la parola definitiva Confermate le sei condanne ai dinamitardi altoatesini Pene da uno a quattro anni ai membri della banda che nel '56 e nel '57 compì una serie di attentati, tra cui quattro sulla ferrovia del Brennero.
  28. ^ a b Carlo Romeo, "Castel Firmiano 1957 e dintorni" Archiviato il 16 ottobre 2013 in Internet Archive.
  29. ^ Al processo gli imputati, su suggerimento della difesa, dichiararono che essi volevano solo l'autonomia, al fine di evitare l'accusa di attentato all'unità dello Stato, cosa che non era però vera. Cfr. Rolf Steininger, Archiv für Sozialgeschichte, Volume 40, pag. 218, Verlag für Literatur und Zeitgeschehen, 2000.
  30. ^ Steurer: sul nazismo c'è l'oblio, Alto Adige, 12 dicembre 2010 Archiviato il 6 gennaio 2012 in Internet Archive.
  31. ^ Manuel Fasser, Ein Tirol - zwei Welten. Das politische Erbe der Südtiroler Feuernacht von 1961. Innsbruck, StudienVerlag, 2009, pag. 42. ISBN 978-3-7065-4783-3
  32. ^ a b Martha Stocker, La storia della nostra terra. Il Sudtirolo dal 1914 al 1992. Cenni storici, Bolzano, Athesia, 2007.
  33. ^ Archivio del 900, BIB, su archivio900.it, URL visitato il 21 ott 2010. Era un'associazione pangermanista tirolese, fondata nel marzo 1954, che si proponeva di dare aiuto al gruppo germanofono "nella lotta per il diritto e la giustizia". Prendeva il nome dal Monte Isel, la collina nei pressi di Innsbruck dove Andreas Hofer sconfisse le truppe di Napoleone.
  34. ^ Rolf Steininger, Südtirol zwischen Diplomatie und Terror 1947-1969. Band 1: 1947-1959, Bolzano, Athesia, 1999, pp. 785-789. ISBN 88-7014-997-8
  35. ^ letteralmente "anello di combattimento del Tirolo meridionale"
  36. ^ Tirolesi, italiani, trentini: tre diversi approcci ad un unico territorio, su legnostorto.com, URL visitato il 16 feb 2010. URL consultato il 16 febbraio 2010 (archiviato dall'url originale il 9 dicembre 2012). "Fu fatta un'intensa opera di propaganda, richiamandosi al pangermanesimo (sin dal 1933 si era costituito clandestinamente il Völkischer Kampfring Südtirol, che predicava l'annessione alla Germania)."
  37. ^ Ettore Tolomei fu l'ideatore della toponomastica italiana nel periodo 1906-1916, poi ufficializzata dal regime fascista.
  38. ^ Vincenzo Ceppellini, Paolo Boroli, Lucio Lamarque, Storia d'Italia: cronologia 1815-1990, pag. 608
  39. ^ Articolo Messaggero Veneto, su diblas-udine.blogautore.repubblica.it.
  40. ^ Stasera su Raistoria le bombe in Alto Adige e l'utopia di Langer Archiviato il 9 giugno 2013 in Internet Archive. su Alto Adige
  41. ^ Carabinieri.it Archiviato il 9 giugno 2008 in Internet Archive.
  42. ^ Storia del rifugio Gran Pilastro, su enrosadira.it.
  43. ^ "Montagne senza confini" di Fausto Ruggera - Ed. CAI Bressanone
  44. ^ Atti parlamentari, Camera dei Deputati, IV LEGISLATURA — DISCUSSIONI — SEDUTA DEL 27 LUGLIO 1967, pag. 37294
  45. ^ Pagina web Fondazione Luigi Cipriani, su fondazionecipriani.it. URL consultato il 17 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 1º agosto 2012). "19 giugno 1961 - A Sarentino e Malles Venosta, entrambi in provincia di Bolzano, due cittadini vengono uccisi ‘per errore’ dal fuoco di militari in sentinella".
  46. ^ Peterlini, H.K., Südtiroler Bombenjahre. Von Blut und Tränen zum Happy End? Edition Raetia, Bolzano, 2005, pp. 135 e ss.
  47. ^ sentenza della Corte d'Assise di Milano n. 64 del 16 luglio 1964, pag. 96
  48. ^ La sentenza della corte d'assise d'appello di Bologna del 9 luglio 1971 indicò quali autori dell'attentato Josef Forer, Heinrich Oberlechner, Siegfried Steger e Heinrich Oberleiter, i cosiddetti "quattro bravi ragazzi della Valle Aurina", che si proclamarono invece innocenti Tiralongo Staatsanwalt sucht Mörder = Il pubblico ministerp del caso Tiralongo cerca l'assassino Archiviato il 17 luglio 2015 in Internet Archive., Stol.it
  49. ^ * Articolo su il Piccolo — 08 settembre 2009, su ricerca.gelocal.it, URL visitato il 26 feb 2010. "La procura ha riaperto il fascicolo, dopo un'intervista nella quale un ex carabiniere, Bruno Budroni, affaccia una nuova ipotesi. Budroni, in un'intervista alla tv regionale tedesca Bayrischer Rundfunk, ha avanzato l'ipotesi che all'origine dell'uccisione vi possa essere stato un diverbio fra Tiralongo e un altro milite dell'Arma."
    • (DE) Articolo dei media austriaci dell'8 settembre 2009, su tirol.orf.at, 8 settembre 2009. URL consultato il 17 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 16 luglio 2012). "Dopo la testimonianza del collega Bruno Budroni, il procuratore capo Guidi Rispoli volle esaminare i fascicoli degli anni '60 ed interrogare Budroni. Il procuratore volle anche tentare di rintracciare l'ex comandante dei carabinieri Giovanni De Lorenzo scomparso dopo l'omicidio di Tiralongo."
    • Articolo su la Nuova Sardegna dell'8 settembre 2009, su ricerca.gelocal.it, URL visitato il 28 apr 2011. URL consultato il 28 aprile 2011 (archiviato dall'url originale il 30 ottobre 2015). "Il consigliere provinciale del Pdl, Mauro Minniti. «Perché Budroni parla solo adesso, se sapeva tutti quei fatti e circostanze?»"; "Per Dina Tiralongo si tratta di riaprire una vecchia ferita. «Mio padre che aveva solo 24 anni venne ucciso sul ballatoio della caserma, da persone appostate nel fienile di fronte, che in tutta tranquillità presero la mira, spararono e lo lasciarono rantolare ferito, senza prestargli alcun aiuto», spiega Dina Tiralongo, secondo la quale non ci sono dubbi sul fatto che furono i terroristi altoatesini ad ucciderlo."
    • Susanna Petrone, Tiralongo, si cerca il bossolo - I carabinieri avranno accesso all'archivio dell'anatomopatologo, su altoadige.gelocal.it, Alto Adige, 6 ottobre 2010. URL consultato il 17 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2013). "Il procuratore capo Guido Rispoli ha dato il via libera per aprire l'archivio dell'anatomopatologo che all'epoca dei fatti effettuò l'autopsia sul corpo di Vittorio Tiralongo, un carabiniere di Selva dei Molini, ucciso da un colpo di fucile calibro nove. «Se ad uccidere Tiralongo fu un collega - precisa Rispoli - allora il bossolo, con le tecniche che ci sono oggi, potrà essere sottoposto ad ulteriori accertamenti. Inoltre non dovrebbe essere difficile capire se il bossolo è stato sparato da un fucile dell'Arma. Possiamo solo sperare che venga trovato per aggiungere un altro tassello»."
    • Carabiniere ucciso Le carte dell'indagine in tribunale a Milano, su altoadige.gelocal.it, Alto Adige, 9 novembre 2010. URL consultato il 17 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2013). "Dopo il tentativo fallito di trovare reperti e documentazione presso l'archivio dell'anatomopatologo che curò l'autopsia del carabiniere ucciso a Selva dei Molini negli anni Sessanta, ora il procuratore Guido Rispoli tenta un'ultima carta. Ora l'ultimo tentativo di recuperare materiale utile alle indagini è affidato al presidente del tribunale di Milano."
  50. ^ Tiralongo, resta l'ipotesi terrorismo, su altoadige.gelocal.it, Alto Adige, 13 dicembre 2011. URL consultato il 17 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 9 luglio 2012).
  51. ^ Articolo ANSA, su ansa.it.
  52. ^ https://www.ansa.it/trentino/notizie/2021/12/09/alto-adige-mattarella-concede-grazia-a-oberleiter_ed1fad69-a512-49d7-9d22-7ce208ea798a.html
  53. ^ Gianni Flamini, Brennero connection. Alle radici del terrorismo italiano, Editori Riuniti, 2003, pag. 89
  54. ^ Cfr. pag 610 in "La Civiltà cattolica", Volume 118, numero 2
  55. ^ La storia dell'Adige 1967, su ladige.it. URL consultato il 12 settembre 2011 (archiviato dall'url originale il 22 marzo 2016).
  56. ^ (DE) Bundespräsidentenwahlen [Elezioni presidenziali], su Bundesministerium Inneres (Ministero degli Interni della Repubblica Federale Austriaca). URL consultato il 16 novembre 2023.
  57. ^ (DE) Verfassungsgerichtshof (VfGH) [Corte Costituzionale], su Rechtsinfornationssystem des Bundes (Sistema informativo giuridico Federale). URL consultato il 16 novembre 2023.
  58. ^ (EN) Günther Pallaver, The South Tyrolean Minority and the Cold War Archiviato il 18 ottobre 2014 in Internet Archive., Third British Academy workshop on Ethnic Politics in the Cold War, Oldenburg, 14 – 15 March 2008
  59. ^ Peterlini, H.K.: Südtiroler Bombenjahre. Von Blut und Tränen zum Happy End?, Edition Raetia, Bolzano 2005.
  60. ^ Dati tratti da un elenco delle sentenze per fatti di terrorismo dal 1956 al 1988, con note esplicative, predisposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bolzano.
  61. ^ Homepage / Senderseiten - Videobolzano (IT)
  62. ^ http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/trentino/2010/12/15/visualizza_new.html_1669702385.html
  63. ^ Parla Larch intervistato da FF - Video 33 - la prima televisione locale della Provincia Autonoma di Bolzano, su vb33.it, 16 dicembre 2010. URL consultato il 17 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 15 luglio 2012).
  64. ^ Hartung si candida in Germania, Corriere delle Alpi, 5 febbraio 2010
  65. ^ La Fondazione «segreta» che finanzia gli anti-italiani, Corriere della Sera, 10 settembre 2011
  66. ^ Fondazione Laurin, sequestrati computer e documenti a Peter Kienesberger, su altoadige.gelocal.it, 5 settembre 2011. URL consultato il 17 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 7 luglio 2012).
  67. ^ Südtirol sagt Danke (JPG), su etika.com. URL consultato il 20 marzo 2011 (archiviato dall'url originale il 12 ottobre 2013).
  68. ^ Die Frauen der Helden, Rai, 45 min, Kamera Günther Neumair (2001)
  69. ^ Bolzano elogia i terroristi altoatesini, Corriere della Sera, 7 maggio 2009
  70. ^ Grazia, dopo il sì Repetto-Svp Tommasini duro: "Sbagliano", su Alto Adige, 8 maggio 2009. URL consultato il 17 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 21 luglio 2012).
  71. ^ Bolzano. I "memorabilia" dei terroristi sudtirolesi in una mostra allestita dagli Schuetzen Archiviato il 7 aprile 2014 in Internet Archive., Alto Adige, 10 dicembre 2010
  72. ^ Articolo Altoadige Archiviato il 30 ottobre 2011 in Internet Archive.
  73. ^ Mario Bertoldi, «Carabinieri torturatori»: indagati la Klotz e Knoll per il manifesto choc, su Alto Adige, 12 giugno 2011. URL consultato il 17 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale l'8 luglio 2012).
  74. ^ Manifesto contro i carabinieri: Knoll e Klotz soddisfatti per il "silenzio" del ministero, su altoadige.gelocal.it, Alto Adige, 29 ottobre 2011. URL consultato il 17 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 1º luglio 2012).
  75. ^ Fernando Fratarcangeli, Festival delle rose 1966, pubblicato su Raro!, n° 148, ottobre 2003
  76. ^ Bombe, i Pooh cantavano Brennero 66 Archiviato il 20 dicembre 2016 in Internet Archive., Alto Adige, 30 agosto 2015
  77. ^ Sulla melodia di "Ich schieß' den Hirsch im wilden Forst" Südtirolerlied
  78. ^ Si veda per esempio: oe24.at, APA, Anzeige wegen „Hitlergruß" (Denuncia per saluto romano), 23 giugno 2009 [5], URL visitato il 20 luglio 2011 che riporta brani modificati cantati sulle note del "Südtiroler Trutzlied"
  79. ^ a b Secondo la versione riportata nel libro della Stocker, probabilmente a causa delle torture subite in carcere; secondo le perizie medico-legali di una commissione internazionale, morì invece per cause naturali.
  80. ^ Peterlini, H.K., Südtiroler Bombenjahre. Von Blut und Tränen zum Happy End? Edition Raetia, Bolzano 2005, pag. 269
  81. ^ Secondo il documento presentato il 22 giugno 2000 dai capigruppo dei Democratici di Sinistra inerente alla strategia della tensione e allo stragismo in Italia, pag. 60, l'operazione venne decisa in accordo fra polizia, carabinieri e servizi segreti. Nell'operazione rimase anche ferito Georg Klotz. Per l'omicidio Christian Kerbler fu condannato in contumacia a 22 anni di reclusione.
  82. ^ Edoardo Mori, Enciclopedia delle armi, 18 aprile 2014, http://www.earmi.it/varie/klotz.html. URL consultato il 6 febbraio 2019.
    «Come risulta dalle informazioni ricevute dal SISMI in epoca non sospetta, una Beretta come quella usata dal Kerbler già girava in Austria tra i sudtirolesi. Va precisato inoltre che senz'altro non si trattava di un'arma in dotazione ai Carabinieri, poiché il suo numero di matricola sarebbe stato registrato nei registri dell'Arma e perché la pistola, come risulta dalla perizia, montava la canna di un'altra arma, il che non accade con le armi di servizio.»

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (DE) Rolf Steininger, Südtirol zwischen Diplomatie und Terror 1947-1969, 3 voll., Bolzano, Athesia, 2000. ISBN 9788870149975
  • (DE) Hans Karl Peterlini, Südtiroler Bombenjahre. Von Blut und Tränen zum Happy End?, Bolzano, Edition Raetia, 2005.
  • Martha Stocker, La storia della nostra terra. Il Sudtirolo dal 1914 al 1992 - cenni storici, Bolzano, Athesia, 2007, ISBN 978-88-8266-491-6.
  • Mauro Minniti, Martiri invisibili. Gli anni del terrorismo in Alto Adige, Bolzano, 2008.
  • (DE) Hans Karl Peterlini, Feuernacht. Südtirols Bombenjahre, Bolzano, Raetia, 2011, ISBN 978-88-7283-390-2.
  • (DE) Leopold Steurer, Propaganda im „Befreiungskampf“, in Regionale Zivilgesellschaft in Bewegung - Cittadini innanzi tutto. Festschrift für / Scritti in onore di Hans Heiss, a cura di Hannes Obermair, Stephanie Risse e Carlo Romeo, Vienna-Bolzano, Folio Verlag, 2012, ISBN 978-3-85256-618-4, pp. 386-400.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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