Fucino: differenze tra le versioni

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=== Storia del lago ===
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Il Fucino era un sistema lacustre carsico, il cui unico vero [[immissario]] è il [[fiume Giovenco]], che entra nella piana da Nord Est, costeggiando l'abitato di [[Pescina]]. Il lago inoltre raccoglie acque dal massiccio del Velino-Sirente a Nord e dai [[Monti della Marsica]] a Sud. Il regime idrico del bacino è regolato dall'attività degli sfiatatoi carsici, localizzati soprattutto a meridione, ai piedi delle montagne. Il non avere emissari importanti ha determinato un'alta variabilità del livello del lago. Tali fluttuazioni sono attribuibili non tanto al drenaggio carsico o ai [[tettonica|movimenti tettonici]] che interessano la zona, quanto alle variazioni climatiche, in particolare ai cambiamenti stagionali delle precipitazioni e dell'[[insolazione]] prodotti dai parametri orbitali della [[Terra]] ([[precessione]] degli [[equinozi]] e obliquità dell'[[eclittica]]).
Il Fucino era un sistema lacustre carsico, il cui unico vero [[immissario]] è il [[fiume Giovenco]], che entra nella piana da Nord Est, costeggiando l'abitato di [[Pescina]]. Il lago inoltre raccoglie acque dal massiccio del Velino-Sirente a Nord e dai [[Monti della Marsica]] a Sud. Il regime idrico del bacino è regolato dall'attività degli inghiottitoi carsici, localizzati soprattutto a meridione, ai piedi delle montagne. Il non avere emissari importanti ha determinato un'alta variabilità del livello del lago. Tali fluttuazioni sono attribuibili non tanto al drenaggio carsico o ai [[tettonica|movimenti tettonici]] che interessano la zona, quanto alle variazioni climatiche, in particolare ai cambiamenti stagionali delle precipitazioni e dell'[[insolazione]] prodotti dai parametri orbitali della [[Terra]] ([[precessione]] degli [[equinozi]] e obliquità dell'[[eclittica]]).
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Coordinate: 42°00′N 13°30′E / 42°N 13.5°E42; 13.5
Altopiano del Fucino
Il Fucino in una foto dell'Osservatorio della Terra della NASA
StatiBandiera dell'Italia Italia
Regioni  Abruzzo
Province  L'Aquila
Località principaliAvezzano, Celano, Luco dei Marsi, Ortucchio, Pescina, San Benedetto dei Marsi, Trasacco
Superficiecirca 150 km²
Altitudine650-680 m s.l.m.
Coordinate: 42°00′29.6″N 13°28′48.2″E / 42.008222°N 13.480056°E42.008222; 13.480056

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Il Fucino (AFI: /ˈfuʧino/[1], Fùcino) è un altopiano della Marsica, in Provincia dell'Aquila, in Abruzzo situato tra i 650 e i 680 m s.l.m., endoreico, cioè in una situazione per cui le acque del territorio circostante confluirebbero naturalmente verso la piana, senza sbocco al mare, contornato da rilievi montuosi, quali quelli della Vallelonga a sud, del gruppo Sirente-Velino a nord, nord-est e il Monte Salviano ad ovest.

Etimologia

Il lago Fucino si chiamava, secondo il poeta greco Licofrone, lago Forco (Φόρκος Phórkos, 'lucente'); per altri autori antichi era il lago dei Volsci, in memoria della sconfitta inflitta dai Romani a tremila Volsci presso le rive del lago; fino al secolo scorso si conosceva anche col nome di lago di Celano.

Il nome attuale Fucino derivebbe dal latino Fūcinus che si collega all'etnico Fūcentēs, associato da Plinio[2] ai Mārsī che abitavano lungo le sponde orientali del lago. Fūcinus è ricondotto a una base *fūk- (da *feuk-, che alterna con *peuk-) che si ritrova anche nel nome Peucetia, in Puglia, col significato probabile di "luogo melmoso"[3].

Un'altra ipotesi lo fa derivare da "Bocca d'acqua", in accadico pû-ini in cui sta per "bocca" o "apertura" ed ini, genitivo di inu ed enu, sta per "sorgente" o "acqua". Fra i due termini, per eufonia, s'inserisce l'affricata prepalatale sorda "c". Inoltre le lettere labiali "p" ed "f", scambiandosi frequentemente fra loro, avrebbero dato origine al nome "Fucino"[4].

Descrizione

Foto aerea del Fucino

La piana è una fossa tettonica formatasi durante l'orogenesi appenninica tra Pliocene e Quaternario[5].

L'altopiano prende il nome dal preesistente lago carsico del Fucino, terzo d'Italia per estensione[6], che a causa dell'irregolare livello delle acque fu oggetto di numerosi tentativi di regimazione fin dall'epoca romana, fino al prosciugamento del XIX secolo.

Lungo il perimetro del Fucino, oltre ad Avezzano che è il comune più importante, sorgono numerosi altri centri quali: Luco dei Marsi, Trasacco, Ortucchio, Lecce nei Marsi, Gioia dei Marsi, Venere dei Marsi, San Benedetto dei Marsi, Pescina, Collarmele, Cerchio, Aielli e Celano, nonché quattro frazioni del capoluogo (Paterno, San Pelino, Borgo Via Nuova e Borgo Incile).

La piana, a prevalente destinazione agricola, ospita il centro spaziale "Piero Fanti", il teleporto costruito a cominciare dal 1963 dalla Telespazio Spa ed adibito alla gestione da terra delle telecomunicazioni satellitari con i rispettivi satelliti artificiali in orbita per telecomunicazioni.

Storia del lago

Il Fucino era un sistema lacustre carsico, il cui unico vero immissario è il fiume Giovenco, che entra nella piana da Nord Est, costeggiando l'abitato di Pescina. Il lago inoltre raccoglie acque dal massiccio del Velino-Sirente a Nord e dai Monti della Marsica a Sud. Il regime idrico del bacino è regolato dall'attività degli inghiottitoi carsici, localizzati soprattutto a meridione, ai piedi delle montagne. Il non avere emissari importanti ha determinato un'alta variabilità del livello del lago. Tali fluttuazioni sono attribuibili non tanto al drenaggio carsico o ai movimenti tettonici che interessano la zona, quanto alle variazioni climatiche, in particolare ai cambiamenti stagionali delle precipitazioni e dell'insolazione prodotti dai parametri orbitali della Terra (precessione degli equinozi e obliquità dell'eclittica).

Anno Profondità (m) Volumi (m³)
1783 13,49
1787 17,36
1816 23,01 (massima conosciuta)
1835 10,23 (minima conosciuta) 715.757.300
1852 14,05 1.123.224.800
1853 16,18 (accrescimento avvenuto in 40 giorni) 1.430.928.500
1859 17,78 1.818.113.500
1861 19,44 2.500.000.000
1877 prosciugamento completato
1878 dichiarazione ufficiale del prosciugamento

Nel XIX secolo il lago ha presentato le massime variazioni che si conoscano (12,69 m di escursione in vent'anni). Durante episodi di piena il lago invadeva in genere solo alcune aree pianeggianti a bassa quota, come la zona tra Ortucchio e Venere dei Marsi, a sud est, e non i conoidi e i terrazzi posti a quota superiore, seppur di pochi metri, a nord e ad est. Gli studi del Giraudi permettono di localizzare la linea di riva nei periodi immediatamente precedenti l'ultima bonifica all'isoipsa 660.

Non è possibile stabilire con precisione le variazioni durante la protostoria, ma probabilmente non si doveva discostare di molto da quella del secolo XIX. Secondo Giraudi[7] tra 33 000 e 18-20 000 anni fa ci fu un generale aumento del livello lacustre, probabilmente il massimo livello mai raggiunto, seguito, fino a 7 500-6 500 anni fa, da un abbassamento, un successivo rialzo fino a 5 000 anni fa, un abbassamento fino a 2 800 anni fa, un innalzamento fino a 2 300 anni fa, un abbassamento fino a 1 800 anni fa, che è continuato fino al XVII secolo della nostra era, raggiungendo limiti storici. Durante la piccola era glaciale, nel periodo 1750-1861, si ebbe l'ultimo importante rialzo.

Attualmente le acque sono drenate da un sistema di numerosi canali di scolo, costruiti nella piana durante la bonifica, che afferiscono alla galleria principale di drenaggio che, sotto il monte Salviano, scarica nel fiume Liri.

Storia della bonifica

Lo stesso argomento in dettaglio: Cunicoli di Claudio.
Lac Fucino et les montagnes des Abruzzes, Jean-Joseph-Xavier Bidauld (1789, Metropolitan Museum of Art)
Il Lago Fucino e la regione dei Marsi, come appare raffigurato nella Galleria delle carte geografiche dei Musei Vaticani

Nonostante i Romani avessero scelto il Fucino come luogo di villeggiatura, fu proprio al loro tempo che si iniziò a parlare di bonificare il lago. Le zone meridionali del lago erano quelle più soggette alle inondazioni e quindi, oltre agli ovvi problemi stagionali per gli agricoltori, altro grosso problema di queste zone paludose era la malaria.

La bonifica claudiana

Interno del cunicolo del Ferraro
L'emissario claudio-torloniano di Borgo Incile

Dei tentativi romani di bonifica sappiamo da Plinio il vecchio, Svetonio, Tacito e Dione Cassio.

Il primo che volle tentare il prosciugamento del lago fu Cesare, che però venne ucciso prima che adempisse al suo proposito. Fu quindi Claudio che si adoprò in tal senso. Secondo Svetonio vennero utilizzate 30.000 persone tra schiavi e operai, lungo undici anni di incessanti lavori: si lavorava anche di notte, su tre turni di 8 ore, in squadre, sparse lungo il tragitto del canale (da considerare anche i lavori collaterali, preparatori e connessi). Il risultato fu un canale di 5,6 km che attraversava in parte il Monte Salviano, per poi drenare nel fiume Liri.

L'esito però non fu quello voluto, date le numerose frane del monte già durante la costruzione e, soprattutto, nei periodi successivi, per le quali la semplice manutenzione ordinaria non bastava. Terminati i lavori Claudio volle celebrare l'opera con fasto, e organizzò dunque una naumachia, una battaglia navale sul lago. Al termine, venne aperta la diga, ma l'acqua non scolò a causa di una piccola frana avvenuta poco prima. Purgato il canale e riaperte le chiuse, un'ulteriore frana causò una grossa ondata di ritorno che si abbatté sul palco dove la famiglia imperiale banchettava. Di questi accadimenti vennero incolpati i liberti Narciso e Pallante, che non erano architetti, ma prefetti dei lavori.

Restaurazioni successive

Non tanto l'inadeguatezza tecnica (altre opere di uguale complessità erano state costruite dal genio romano) quindi, quanto proprio il tipo di roccia scavata portò ben presto e ripetutamente il canale a colmarsi, così da rendere troppo dispendiosa la manutenzione che, sul far del tramonto dell'Impero, venne del tutto abbandonata. Infatti dopo Traiano e Adriano pochi altri tentarono un approccio, come Federico II di Svevia e Alfonso I d'Aragona, dei quali però non conosciamo l'esito dell'impresa, sebbene sia ipotizzabile: Filippo I Colonna per esempio abbandonò per mancanza di denaro.

Carlo III caldeggiò una riapertura del canale. Ferdinando I organizzò uno studio sul territorio e dal 1790 fece incominciare i lavori, che terminarono dopo due anni. Tali lavori, condotti esclusivamente da galeotti, risultarono del tutto inadeguati, essendo costellati di frane, smottamenti e continue infiltrazioni di acqua. Lo stesso re sostenne confronti e dispute tra vari architetti e ingegneri, fino a che, nel 1826 non iniziò un decennale intervento ad opera dei signori Giura (ispettore di acque e strade) e de Rivera (commendatore). Nel 1835 fu compiuta la restaurazione, ma non terminarono le discussioni, dato che nei 20 anni successivi vi furono continui crolli.

La bonifica di Torlonia

Piano del prosciugamento del lago Fucino stampato nel 1875

«O Torlonia asciuga il Fucino, o il Fucino asciuga Torlonia»

Il 26 aprile 1852, con Regio Decreto borbonico, fu accordata la concessione dello spurgo e delle restaurazione del canale claudiano a una società anonima napoletana nel tentativo di un prosciugamento del Fucino. Il compenso era naturalmente in parte costituito dalle stesse terre bonificate.

Non si intendevano comprese in tale concessione "le mura e i ruderi di antiche città, gli anfiteatri, i tempii, le statue, e generalmente gli oggetti di antichità e belle arti di qualunque sorta", che sarebbero state offerte alle "solerti cure dell'Instituto de' Regii Scavi" e all'insigne Real Museo Borbonico[9].

Poiché nella Società figurava il banchiere romano Alessandro Torlonia (col suo ingegnere svizzero, e l'agente francese Léon de Rotrou), il re Ferdinando II fu accusato di aver concesso il prosciugamento ad "alcuni stranieri per rimeritare segreti e sinistri servigi alla propria causa"[10]. La Compagnia era invece composta anche dal principe di Camporeale, dal marchese Cicerale, amministratori delegati della Società di cui Torlonia era fondatore assieme ai signori Degas padre e figlio, banchieri di Napoli.

Filare di pioppi di strada 38
Panorama fucense

Abbisognando la Società di nuovi fondi, e poiché tutti si tirarono indietro, Torlonia ne acquistò le azioni diventando unico proprietario. Successivamente però, nel 1863, dovette chiudere la sua banca.

I lavori per il prosciugamento iniziarono nel 1855 sotto la direzione dell'ingegnere svizzero Franz Mayor de Montricher, morto nel 1858 e furono continuati dall'ingegner Enrico Samuele Bermont, al quale nel 1869 successe l'ingegner Alessandro Brisse, che li portò a termine nel 1877[11] anche se il prosciugamento fu ufficialmente dichiarato il 1º ottobre 1878[12].

L'emissario di Claudio era lungo 5630 m e, considerando i canali collaterali, l'opera raggiungeva i 7 km. L'attuale lavoro, che tra l'altro prevedeva anche il prosciugamento e la bonifica del territorio, contava una fitta rete di canali per una lunghezza complessiva di 285 km (e, in più, 238 ponti, 3 ponti canali e 4 chiuse). Il canale claudiano attraversava il piano dei campi Palentini a una profondità che variava dagli 85 m ai 120 m (alla sommità del monte Salviano si misuravano 400 m circa). L'apertura variava dai 4,11 m² ai 14,80 m², con alzata di 7,14 m. Il canale torloniano segue la direzione dell'antico, con sezione costante di 19,99 m², ma solaio da 2,39 m all'ingresso a 0,79 m all'uscita, per un flusso ordinario all'uscita di 28 m³, che può salire fino a 67 m³.

La piana così prosciugata doveva essere quindi resa lavorabile e abitabile, e per tal motivo occorreva costruire case, fattorie e strade. Una strada di 52 km ora circonda il bacino (ex-proprietà Torlonia) e 46 strade rettilinee, parallele e perpendicolari, per un totale di 272 km. Oltre ai 24 milioni di lire spesi per il solo prosciugamento, quindi, ne vennero impiegati altri 19[13].

L'impegno profuso, le risorse economiche e i 4.000 operai al giorno utilizzati per 24 anni, spinsero il nuovo re Vittorio Emanuele a conferire a Torlonia il titolo di principe e una medaglia d'oro, e all'ingegner Alessandro Brisse l'onore di un monumento al cimitero del Verano di Roma.

Nuove problematiche

Foto dalla via dei Marsi, sul monte Salviano. Illusione ottica del lago nei giorni di nebbia
Ortucchio: lotte contadine nel 1950

«In capo a tutti c'è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch'è finito.»

Sebbene la gloria di Torlonia e del suo operato ebbe echi anche fuori Italia, molti non erano contenti, e i problemi iniziarono ben prima del termine dei lavori: i paesi che giacciono sulla sponda del Liri intentarono una lite contro la Società perché, aumentando la portata del loro fiume, erano peggiorate le inondazioni in inverno[14]. I proprietari terrieri che avevano visto inondare le proprie terre con le piene degli ultimi vent'anni volevano rientrarne in possesso. Torlonia fece collocare numerose statue della Madonna in ghisa per segnare i limiti del lago e quindi della proprietà. 2.501 dei 16.507 ettari conquistati furono dati ai Comuni rivieraschi, mentre il resto fu proprietà dei Torlonia, divisa in 497 appezzamenti di 25 ettari ciascuno.

I pescatori dei paesi che si affacciavano sul lago erano ora rimasti senza lavoro, con un inevitabile incremento delle famiglie povere. Occorreva convertire le realtà di pescatori in comunità contadine. Molti abitanti di tali luoghi inoltre non volevano coltivare il fondo del lago rubato alle acque, nella paura della malaria e di nuove e più aggressive inondazioni: in effetti si dovette sfruttare manodopera immigrata proveniente da Romagna e Marche.

11.248 affittuari si divisero le terre e le subaffittarono. Nel 1930 la piana accoglieva 8.507 proprietà, molte delle quali (77,48%) di meno di 3 ettari, utilizzando solo il 27,10% del terreno. Le proprietà oltre i 10 ettari (fino oltre i 50) coprivano meno del 2% della piana. Nel 1947 le microproprietà (95% del totale) coprivano il 17,5%, mentre l'insieme dei più grandi proprietari (0,15%) ne occupavano il 68%[15].

A seguito delle lotte contadine del secondo dopoguerra, le note riverse o scioperi alla rovescia, la riforma agraria del 1950 portò alla formazione, il 28 febbraio 1951 all'Ente per la Colonizzazione della Maremma Tosco-Laziale e del territorio del Fucino, più tardi chiamato Ente Fucino e quindi Agenzia Regionale per i Servizi di Sviluppo Agricolo (ARSSA). Durante le lotte contadine del secondo dopoguerra, a Celano la sera del 30 aprile 1950, vennero uccisi due braccianti che stavano manifestando in piazza. Si trattava di Agostino Paris e Antonio Berardicurti. Tale evento venne nominato Eccidio di Celano. L'espropriazione terriera fatta ai danni dei Torlonia dovette essere condotta con cautela, poiché l'Ente dovette portare i 15.800 affittuari a 9.918. I circa 29.000 appezzamenti originari furono aggregati in 10.000 unità.[16].

Gli esiti furono un miglioramento della produzione: in dieci anni (dal 1948 al 1958) il grano passò da 26 q/ha a 36 q/ha, le patate da 140 q/ha a 230 q/ha e la barbabietola da 260 q/ha a 388 q/ha.

Tra gli effetti a lungo termine si può segnalare la scomparsa della malaria, accompagnata però da un aumento dell'industria dell'allevamento che si associò, sul piano epidemiologico, alla comparsa della brucellosi animale e umana[17][18].

Tutto ciò non fu sostenuto da un regolamentato consumo idrico. Già i romani avevano ipotizzato, in caso di successo della bonifica, di mantenere un Bacinetto di raccolta dell'acqua meteorica. Nel progetto originale di Torlonia il Bacinetto fu pianificato e costruito, anche come raccolta delle acque in caso di riparazioni da eseguire all'emissario. Questi casi non si verificarono mai, a causa di un aumento del consumo idrico, peggiorato dal successivo sviluppo industriale della regione (Consorzio Industriale Avezzano) e dall'incrementato uso domestico (Consorzio Acquedottistico Marsicano)[19].

Idrometeorologia e clima

Campi innevati del Fucino

Il clima dell'altopiano del Fucino, data la sua conformazione a conca con fondo piatto, è caratterizzato dalle forti escursioni tipiche delle doline e delle conche soggette a intense inversioni termiche, e in condizioni di cielo sereno con neve al suolo e vento debole/assente vi si possono raggiungere temperature minime estremamente basse data la quota. Il prosciugamento del lago ha infatti trasformato il fondo del bacino in un altopiano depresso di circa 160 km² con una profondità di una quarantina di metri, capace dunque di produrre localmente temperature minime particolarmente basse; in alcune occasioni nel Fucino si sono raggiunte temperature minime estreme come nel gennaio 1985 quando si rilevarono −26,5 °C a Telespazio e a Borgo Ottomila[20]. Si presentano di seguito i dati ARSSA, registrati nel periodo 1951-2000, relativi alla stazione meteorologica di Borgo Ottomila[21].

Borgo Ottomila (1951-2000) Mesi Stagioni Anno
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic InvPriEst Aut
T. max. media (°C) 6,69,213,116,722,026,029,129,024,718,812,27,37,717,328,018,617,9
T. min. media (°C) −3,5−2,5−0,42,56,19,010,39,87,23,80,9−2,0−2,72,79,74,03,4
Precipitazioni (mm) 6366535744383036557510388217154104233708
Giorni di pioggia 88898544671092525132386

Nella tabella climatica Arssa di Borgo Ottomila compare anche un dubbio estremo assoluto di −32 °C[22] non pubblicato sugli annali idrologici del quale non esistono prove attendibili. Il bacino usato dai romani come località di villeggiatura, era ornato da olivi e vigne. Attualmente è una piana dedita all'agricoltura, dove fondamentale ruolo ha avuto la barbabietola da zucchero. La supposta inesauribilità della risorsa idrica ha portato a uno sfruttamento incontrollato delle acque, senza alcuna forma di pianificazione.

Prima del drenaggio il clima della conca era più mite rispetto alle presenti condizioni. I dati osservati di temperatura e precipitazioni prima della bonifica sono abbastanza sparsi e non collegabili, mentre vi fu una registrazione giornaliera nel periodo 1854-1873, e ogni dieci giorni dal 1866 al 1906. I dati indicano anche un apparente incremento di fenomeni meteorologici estremi dopo il drenaggio, con precipitazioni più intense d'inverno ed estati più secche, non solo nel bacino ma in un'area più estesa[23].

Geologia

Antenne paraboliche di Telespazio nella piana del Fucino

Il bacino del Fucino è oggetto di numerosi studi geologici di tipo neotettonico, paleosismologico, archeosismologico e paleoambientale per la sua peculiare "visibilità" dei sedimenti e delle strutture relative alla formazione ed evoluzione del bacino stesso. Queste caratteristiche hanno consentito inoltre nel tempo di interpretare altri settori appenninici meno chiari.

Il Fucino è un'ampia depressione tettonica circondata da faglie normali e transtensive attive nel Pliocene superiore-Quaternario. È presente anche una fase deformativa compressiva tardo messiniano-pliocenica inferiore schematicamente attribuita a quattro principali unità, a direzione grossolanamente NNO-SSE, convergenti a levante: "Costa Grande-Monte d'Aria", "Monte Cefalone-Monti della Magnola", "Altopiano delle Rocche-Gole di Celano" e "Monte Sirente". Queste strutture compressive deformano sottostanti strati mesozoico-terziarie appartenenti a due domini deposizionali. Il primo raggruppa una sedimentazione persistente di piattaforma annegata nel Miocene e il secondo delle aree annegate nel Mesozoico con sedimentazione persistente di scarpata e di bacino, quest'ultima immediatamente a NE del Fucino. In corrispondenza del primo dominio poggiano le calcareniti a briozoi del Langhiano-Tortoniano, mentre vi è una lacuna tra il Cretacico superiore e la fine del Miocene inferiore. Nel secondo dominio invece vi è una maggior continuità fino al Miocene medio. Questa discrepanza potrebbe essersi creata in concomitanza alla fase disgiuntiva legata al rifting liassico che si è mantenuta fino al Miocene medio.

Affiorano depositi continentali alluvio-colluviali attribuibili al Plio-Pleistocene e, in particolare in corrispondenza dell'antico fondo lacustre (sedimenti limosi), all'Olocene.

L'evoluzione quaternaria del bacino è legata all'attività di due principali faglie, una in direzione NO-SE e immersione occidentale, tangente l'ex lago a SudEst, e l'altra, tangene a Nord, in direzione OSO-ENE e immersione meridionale.

Il territorio abruzzese è caratterizzato da una notevole attività sismica, legata prevalentemente a processi di distensione crostale. Il campo deformativo plio-quaternario è tuttora attivo.

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La piana del Fucino dal monte Sirente

Il terremoto del 1915

Lo stesso argomento in dettaglio: Terremoto della Marsica.
Il castello Orsini-Colonna di Avezzano dopo il terremoto

Il 1915 non fu solo l'anno in cui l'Italia entrò in guerra, ma si annovera tra i tristi ricordi anche un drammatico terremoto che il 13 gennaio colpì l'intera area della Marsica, con epicentro nell'area fucense, uno dei più catastrofici terremoti avvenuti sul territorio italiano: causò più di 30.000 vittime (30.519 secondo gli ultimi dati) su un totale di circa 120.000 persone residenti nelle aree disastrate. Nella città di Avezzano perirono 10.700 persone (più dell'80% dei residenti).

Avvenne alle ore 07:52:48 (dato INGV) raggiungendo l'undicesimo grado della scala Mercalli (Magnitudo scala Richter 7.0) e nei mesi successivi ci furono almeno un migliaio di repliche. La scossa fu avvertita dalla Pianura Padana alla Basilicata[24].

Il terremoto isolò completamente la zona e la notizia del disastro fu segnalata solamente nel tardo pomeriggio; i soccorsi, partiti nella tarda serata del 13 gennaio arrivarono solamente il giorno dopo a causa dell'impraticabilità delle strade provocata da frane, macerie e per le avverse condizioni meteorologiche. Nei mesi successivi l'Italia inoltre entrò in guerra.

L'evento sismico mise in evidenza l'impreparazione dello Stato. Erminio Sipari, deputato del collegio di Pescina, portò la protesta per quelle vittime che probabilmente si sarebbero potute salvare[25].

Si formarono scarpate di faglia (fagliazione principalmente olocenica), spaccature del terreno, vulcanelli di fango, frane, variazioni della topografia e cambiamenti chimico-fisici delle acque.

L'impianto di drenaggio dell'ex lago sembrò non risentirne molto, ma nel 1920 si decise il rifacimento completo dei tratti di galleria minacciati, mediante tecniche più evolute rispetto al secolo precedente[26].

Comuni della piana del Fucino

Note

  1. ^ Bruno Migliorini et al., Scheda sul lemma "Fucino", in Dizionario d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, 2010, ISBN 978-88-397-1478-7.
  2. ^ Naturalis Historia, III, 106.
  3. ^ Giovanni Alessio, Marcello De Giovanni, Preistoria e protostoria linguistica dell'Abruzzo, Lanciano, Itinerari, 1983, p. 82-83.
  4. ^ Il corno del Fucino, su terremarsicane.it, TerreMarsicane (Berardo Ettorre). URL consultato il 3-3-2016.
  5. ^ Cavinato e De Celles 1999
  6. ^ Fucino: storia di un lago, su terremarsicane.it, TerreMarsicane (Roberta De Santi). URL consultato il 28-3-2016.
  7. ^ Giraudi C Lake levels and climate for the last 30,000 years in the Fucino area (Abruzzo-Central Italy) — A review Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology vol. 70, aprile 1989, pp 249-260
  8. ^ Un eccesso di risparmio da canalizzare per finanziare infrastrutture e imprese, su repubblica.it, La Repubblica, 6 ottobre 2014. URL consultato il 5 ottobre 2016.
  9. ^ Rocco G. Delle antichità del lago Fucino.
  10. ^ de la Varenne L. Dello scaricatoio di Claudio: interramento del lago di Fucino in Rivista contemporanea vol. 31, Torino 1862
  11. ^ Cesare Letta, "Fucino cento anni", atti del centenario 1877-1977 - Avezzano 1977
  12. ^ Il prosciugamento del Fucino, su comune.avezzano.aq.it, Comune di Avezzano.
  13. ^ Abruzzo e Molise, Touring Club, pp. 261-264
  14. ^ Rivista contemporanea
  15. ^ Cantarano Giuseppe Alla riversa: per una storia degli scioperi a rovescio, 1951-52 ed. Dedalo 1989
  16. ^ Pag 195 di "La Geografia. Per la scuola Media, Volume n°1; G. Bacchi, A. Londrrillo; Editore Bulgarini; Firenze 1983"
  17. ^ Giarrizzo A. La piana del Fucino dopo il prosciugamento Boll. Soc. Geogr. It. XII(10-12),619-666,1971.
  18. ^ Mancini M. La brucellosi nella Marsica Atti del Primo Seminario Internazionale di Geografia Medica 333-365, ed RVX Perugia 1983.
  19. ^ Burri E, Petitta M. Water for agriculture, environment and human needs in the Fucino area (central Italy) in The basis of Civilization - Water Science? UNESCO/IAHS/IWHA symposium, Roma dicembre 2003
  20. ^ Clima en FUCINO Enero de 1985 (Fonte: NOAA-CDO / GSOD), su tutiempo.net, TuTiempo.
  21. ^ Dati ARSSA (PDF), su arssa.abruzzo.gov.it, Regione Abruzzo.
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