Walter Veltroni

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Walter Veltroni

Sindaco di Roma
Durata mandato1º giugno 2001 –
13 febbraio 2008
PredecessoreEnzo Mosino
(commissario prefettizio)
SuccessoreMario Morcone (commissario prefettizio)

Segretario del Partito Democratico
Durata mandato15 ottobre 2007 –
17 febbraio 2009
PresidenteRomano Prodi
PredecessoreCarica creata
SuccessoreDario Franceschini

Segretario dei Democratici di Sinistra
Durata mandato6 novembre 1998 –
18 novembre 2001
PresidenteMassimo D'Alema
PredecessoreMassimo D'Alema
SuccessorePiero Fassino

Vicepresidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana
Durata mandato18 maggio 1996 –
21 ottobre 1998
Capo del governoRomano Prodi
PredecessoreRoberto Maroni
Giuseppe Tatarella
SuccessoreSergio Mattarella

Ministro per i beni e le attività culturali
con deleghe per lo spettacolo e lo sport
Durata mandato18 maggio 1996 –
21 ottobre 1998
Capo del governoRomano Prodi
PredecessoreAntonio Paolucci
SuccessoreGiovanna Melandri

Deputato della Repubblica Italiana
Durata mandato2 luglio 1987 –
30 maggio 2001

Durata mandato29 aprile 2008 –
14 marzo 2013
LegislaturaX, XI, XII, XIII, XIV, XVI
Gruppo
parlamentare
X: PCI/PDS
XI: PDS
XII: Progressisti-Federativo
XIII-XIV: DS-L'Ulivo
XVI: Partito Democratico
CoalizioneProgressisti (XII)
L'Ulivo (XIII, XIV)
PD-IdV (XVI)
CircoscrizioneX: Roma
XI: Perugia
XII: Umbria
XIII; XVI: Lazio 1
XIV: Lazio 2
CollegioXII: Gubbio
XIII: Roma Centro
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPartito Democratico (dal 2007)
In precedenza:
PCI (1970-1991)
PDS (1991-1998)
DS (1998-2007)
Titolo di studioDiploma di istituto professionale per
la cinematografia
e la televisione
ProfessioneGiornalista
FirmaFirma di Walter Veltroni

Walter Veltroni (Roma, 3 luglio 1955) è un politico, giornalista, scrittore e regista italiano. Eletto sindaco di Roma una prima volta nel 2001, è stato poi riconfermato nel 2006 e si è dimesso da tale carica il 13 febbraio 2008 per candidarsi alle elezioni politiche dell'aprile successivo.

Dopo aver trascorso parte della sua carriera politica nella Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI) e poi nel Partito Comunista Italiano (PCI), il 14 ottobre 2007 diviene il primo segretario politico nazionale del nascente Partito Democratico, incarico da cui si è dimesso il 17 febbraio 2009 in seguito alla sconfitte elettorali alle elezioni generali dell'aprile 2008 e a quelle regionali del 2009 in Sardegna. Era stato eletto con le elezioni primarie dal 76% dei votanti. Prima della caduta del secondo governo Prodi, dichiarò che il Partito Democratico avrebbe corso alle successive elezioni politiche da solo, candidandosi pertanto alla presidenza del Consiglio dei ministri[1]. In seguito derogò in parte al proposito di corsa solitaria con l'accettazione dell'alleanza con il partito di Antonio Di Pietro e della confluenza nelle liste del PD dei candidati dei Radicali Italiani, i quali poi confluirono nei gruppi parlamentari del PD per la XVI Legislatura.

È stato vicepresidente del Consiglio e Ministro per i beni culturali e ambientali del governo Prodi I e segretario dei Democratici di Sinistra dall'ottobre 1998 all'aprile 2001.

Dopo la sconfitta alle elezioni del 13 e 14 aprile 2008, ripropose, sul modello anglosassone dello shadow cabinet, il governo ombra del PD, il secondo di questo tipo in Italia, dopo quello del PCI con a capo Achille Occhetto.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Gli studi[modifica | modifica wikitesto]

Veltroni con Pier Paolo Pasolini e Ferdinando Adornato negli anni '70

È figlio di Vittorio Veltroni, radiocronista EIAR e poi dirigente della RAI, che morì all'età di soli 37 anni quando Walter aveva un anno, e di Ivanka Kotnik; suo nonno materno fu lo sloveno Ciril Kotnik, ambasciatore della Jugoslavia presso la Santa Sede, che dopo l'armistizio del 1943 aiutò numerosi ebrei romani a scappare dalla persecuzione nazifascista[2]. Secondogenito, ha un fratello maggiore di nome Valerio.

Si avvicinò al mondo del cinema e successivamente maturò le prime esperienze politiche.

Bocciato in quarta ginnasio al liceo Torquato Tasso di Roma[3], ha conseguito nel 1973 il diploma di istruzione secondaria superiore rilasciato dall'Istituto statale di Cine-Tv Rossellini.

Nel 1982 ha sposato Flavia Prisco ed hanno avuto 2 figlie: Martina e Vittoria[4]; suo testimone di nozze è stato il cantautore Francesco De Gregori[5].

Prime esperienze politiche[modifica | modifica wikitesto]

Walter Veltroni assieme ad Achille Occhetto negli ultimi anni del PCI

Ha cominciato a dedicarsi all'attività politica nel 1970, militando tra le file della FGCI, l'organizzazione giovanile del Partito Comunista Italiano, ai tempi della scuola e alle amministrative del 1976, a soli ventuno anni, fu eletto consigliere comunale di Roma nelle liste del PCI, mantenendo quest'incarico fino al 1981.

Alle elezioni politiche del 1987 fu eletto per la prima volta deputato alla Camera nella circoscrizione Roma-Viterbo-Latina-Frosinone. Un anno dopo entrò nel comitato centrale del PCI, e in questa veste si dichiarò favorevole alla svolta della Bolognina di Achille Occhetto e alla nascita del Partito Democratico della Sinistra.

Direttore de L'Unità[modifica | modifica wikitesto]

Pubblicista dal 1983, divenne giornalista professionista nel luglio 1995, mentre dirigeva l'Unità: non potendo infatti, in quanto parlamentare[6], essere direttore responsabile del giornale (all'epoca era Giuseppe Federico Mennella), poté esserne praticante (condizione anch'essa incompatibile con il direttore responsabile, che dev'essere o professionista o pubblicista).

Veltroni fu l'ultimo direttore “politico” del quotidiano: nessuno dei successori fu parlamentare durante l'incarico, quindi con lui terminò la prassi dell'Unità – e di tanti giornali di partito – dei due direttori, quello d'indirizzo e quello responsabile davanti alla legge.

Nel suo periodo (1992-1996), l'Unità fu caratterizzata da importanti novità quali la riduzione del formato, l'aumento della foliazione - dividendo il giornale in due dorsi, con "l'Unità due" che si occupava approfonditamente di cultura e società - e la pubblicazione in allegato di libri e videocassette, per la prima volta con continuità tra i quotidiani italiani. Negli anni della sua direzione l'Unità registrò un incremento di diffusione, passando dalle 124 000 copie del 1992 alle 157.000 del 1995.[7]

Vicepresidente e Ministro nel governo Prodi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Governo Prodi I.
Walter Veltroni nel 1996

Durante la campagna elettorale delle elezioni politiche del 1996, è stato chiamato da Romano Prodi a condividere la leadership della coalizione di centro-sinistra L'Ulivo, dove si è candidato nel collegio uninominale di Roma Centro per la Camera dei deputati, sostenuto dall'Ulivo di Prodi in quota PDS, dove viene rieletto deputato con il 49,91% dei voti contro i candidati del Movimento Sociale Fiamma Tricolore Isabella Rauti (4,29%), figlia dell'ex segretario del MSI Pino, e del Polo per le Libertà Filippo Mancuso (45,85%), ministro di grazia e giustizia nel governo Dini.

Veltroni con il presidente dell'Argentina Carlos Menem presso la Quinta de Olivos nel 1997

Dopo la vittoria de L'Ulivo di Prodi alle politiche del '96, e il successivo incarico di formare un esecutivo presieduto da Prodi stesso, Veltroni viene proposto da Prodi come suo vicepresidente del Consiglio e ministro per i beni culturali e ambientali con deleghe per lo spettacolo e lo sport. Il giorno successivo, il 18 maggio 1996, giura nelle mani del Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro come vice-premier e ministro per i beni culturali e ambientali nel primo governo Prodi, incarico che mantiene fino alla fine del suo esecutivo.

Da ministro per i beni culturali si impegna per i restauri e le riaperture di importanti monumenti nazionali come la Galleria Borghese, Palazzo Altemps e Palazzo Massimo a Roma e la reggia di Venaria Reale in Piemonte. Introduce il meccanismo di assegnazione delle risorse provenienti dalle estrazioni del Lotto per finanziare il restauro dei beni culturali; lancia l'apertura serale dei musei. I risultati ottenuti nella valorizzazione e nel recupero dei beni culturali gli sono riconosciuti in Francia, dove viene insignito, nel maggio 2000, della Legion d'Onore.

Segretario dei Democratici di Sinistra[modifica | modifica wikitesto]

Agli inizi del 1998 aderisce alla svolta in chiave moderna di Massimo D'Alema dal PDS ai Democratici di Sinistra (DS), trasformazione per unificare il PDS con altre formazioni della sinistra italiana di varie ispirazioni laiche e cattoliche (Sinistra repubblicana, Cristiano Sociali, Comunisti unitari, Federazione Laburista) ed "ammainare" definitivamente il simbolo di falce e martello, riferimento al comunismo, sostituendolo con la rosa della socialdemocrazia. Nello stesso anno, dopo la caduta del governo Prodi, tornò a concentrarsi sul partito. Sotto la sua guida, i DS arrivano al minimo storico, con il 16,6% dei voti alle elezioni politiche del 2001 (5 anni prima il PDS da solo era al 21%). Si dimette dalla segreteria (anche a causa dell'elezione a Sindaco di Roma) e nell'autunno del 2001 viene sostituito da Piero Fassino.

Sindaco di Roma[modifica | modifica wikitesto]

Elezione al Campidoglio[modifica | modifica wikitesto]

In vista delle elezioni amministrative del 2001, viene scelto dalla coalizione di centro-sinistra come candidato a sindaco di Roma e si presenta con le liste che lo sosterranno: DS, Lista Civica Roma per Veltroni, La Margherita, Partito della Rifondazione Comunista, Federazione dei Verdi, Partito dei Comunisti Italiani, Socialisti Democratici Italiani. Al primo turno ottiene il 48,35% dei voti, accedendo al ballottaggio contro lo sfidante della Casa delle Libertà, il forzista Antonio Tajani, fermo al 45,12% dei voti. Al ballottaggio Veltroni vince e fu eletto con il 52,17% dei voti, battendo Tajani al 47,83% dei voti.

Il 29 maggio 2006 è riconfermato sindaco della capitale al primo turno con il 61,45% dei voti, risultato grazie al quale batte il candidato della Casa delle Libertà Gianni Alemanno.

Amministrazione della città[modifica | modifica wikitesto]

Veltroni sindaco di Roma nel 2007

Nel 2005 si reca negli Stati Uniti per incontrare il senatore democratico dell'Illinois Barack Obama[8], di cui è stato uno dei primi sostenitori fuori dagli Stati Uniti e per il quale ha scritto la prefazione all'edizione italiana del libro autobiografico L'audacia della speranza nel 2007[9]. Nel 2008 il Los Angeles Times scrisse che Veltroni si presentava, in vista delle elezioni, come l'"Obama italiano" e come tale era visto da commentatori quali Lucia Annunziata.[10]

Pur essendo non credente ("credo di non credere"[11]), da sindaco di Roma conferisce la cittadinanza onoraria a papa Giovanni Paolo II e propone di intitolargli, subito dopo la sua morte, la stazione Termini. La proposta non viene raccolta né dalla Chiesa cattolica né da altri.

Alcuni suoi provvedimenti e dichiarazioni in qualità di sindaco suscitano perplessità e polemiche, tra gli altri: l'aver promosso la costruzione di un parcheggio multipiano interrato al Pincio, da molti giudicato incompatibile coi beni artistici di Roma.[12][13][14] Nel campo dell'edilizia urbana, la giunta Veltroni conferma e parzialmente attua le cubature dal nuovo PRG della giunta precedente, previsti in 70 milioni di metri cubi di nuovo cemento, segnando il decennio con la nascita dei maggiori centri commerciali della cintura periferica[15].

Segretario del Partito Democratico[modifica | modifica wikitesto]

Elezione a segretario[modifica | modifica wikitesto]

Walter Veltroni a Trento durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del 2008

Dal 23 maggio 2007 entra a far parte del Comitato nazionale per il nascente Partito Democratico che riunisce 45 membri, i leader delle componenti del PD[16]. A seguito di una serie di confronti tra le anime del nascente PD, viene individuato in Walter Veltroni il candidato designato alla guida del nuovo partito, sostenuto dalla larga parte della Quercia e da ampi settori della Margherita, affiancato in ticket da Dario Franceschini, capogruppo dei parlamentari dell'Ulivo a Montecitorio. Il 20 giugno 2007, Piero Fassino e Massimo D'Alema si dichiarano favorevoli a candidare Veltroni come segretario del PD.

Veltroni presenta la sua candidatura alle primarie del Partito Democratico il 27 giugno in un discorso al "Lingotto" di Torino, sottolineando i quattro temi chiave del nuovo partito: ambiente, patto generazionale, formazione, sicurezza[17]. Gli altri concorrenti alla Segreteria sono Rosy Bindi, Enrico Letta, Mario Adinolfi, Pier Giorgio Gawronski e Jacopo G. Schettini. La nascita del Partito Democratico è avvenuta ufficialmente il 14 ottobre 2007 con le primarie del Partito Democratico, alle quali parteciparono oltre tre milioni di cittadini. Veltroni fu eletto segretario con il 75% dei consensi: la sua nomina fu ratificata dai membri dell'Assemblea Costituente Nazionale il 27 ottobre seguente.

Elezioni politiche del 2008[modifica | modifica wikitesto]

Walter Veltroni con Marco Filippeschi a Pisa nel 2008

Prima della caduta del secondo governo Prodi, Veltroni aveva annunciato che il Partito Democratico avrebbe corso da solo alle elezioni politiche, fissate per il 13 e 14 aprile 2008. Per poter presentare la propria candidatura alle elezioni, in base alla legislazione vigente, Veltroni rassegnò le dimissioni da sindaco il 13 febbraio trasmettendo le proprie funzioni al Commissario prefettizio Mario Morcone nell'attesa delle nuove elezioni comunali. Alle elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008 il partito guidato da Veltroni ottenne circa il 33% dei consensi, mentre la coalizione opposta (escludendo la Lega Nord che si attestò quasi all'8,5% su scala nazionale) lo superò di circa 5 punti.

Veltroni (al centro) assieme ai capigruppo PD Antonello Soro e Anna Finocchiaro per le consultazioni al Quirinale del 2008

Su sua specifica iniziativa diventa Presidente del Consiglio dei Ministri nel Governo ombra del Partito Democratico, ruolo che ricopre dal 9 maggio 2008 al 21 febbraio 2009 quando si dimette da segretario del PD. Il Governo ombra, composto per di più dai responsabili nazionali del PD della segreteria Veltroni, non ha alcun valore giuridico ma nasce come iniziativa politica di alternativa alle proposte presentate dal Governo Berlusconi IV.

All'indomani della vittoria del centrodestra anche nelle elezioni amministrative di Roma, il nuovo sindaco Gianni Alemanno (AN) dichiarò che a Roma era venuto a cadere il sistema di potere instaurato da Veltroni. Nel giugno del 2008 il governo nazionale e lo stesso Alemanno insieme resero nota l'esistenza di un grave indebitamento del Comune di Roma, ammontante a circa 8,1 miliardi di euro, che sarebbe stato ereditato dall'amministrazione veltroniana[18]. Veltroni respinse ogni accusa, dichiarando che il presunto buco di Roma era una bufala politica, dato che il debito pubblico della città era cresciuto negli ultimi anni meno che nello Stato o in altre grandi città ed era comunque imputabile a mancati trasferimenti dalla Regione: «È inferiore, per fare un esempio, a quello di Milano», affermò il leader del PD[19]. La cifra citata da Alemanno fu poi ridotta dall'agenzia di rating Standard & Poor's del 20% circa, a 6,9 miliardi di euro.[20]

Dimissioni da segretario[modifica | modifica wikitesto]

Il 17 febbraio 2009, a seguito della pesante sconfitta del PD alle elezioni regionali in Sardegna, si dimette dall'incarico di segretario del PD e, anche se la segreteria del PD respinse le dimissioni[16], conferma l'irrevocabilità delle proprie dimissioni in un discorso il giorno successivo al Tempio di Adriano a Roma[16][21]. Durante il suo discorso, disse che il PD non era nato come un «partito-Vinavil» capace di «tenere incollata qualsiasi cosa», e che al contrario era un progetto ambizioso finalizzato a «far diventare il riformismo maggioranza nel Paese. Io non ci sono riuscito, ed è per questo che lascio e chiedo scusa. Posso dire "quello che non vorresti fatto a te non farlo agli altri", io non lo farò. Il PD è stato il sogno della mia vita, non bisogna tornare indietro e pensare che ci sia uno ieri migliore dell’oggi. Non chiedete a chi verrà dopo di me con l’orologio in mano di ottenere dei risultati. Il nostro è un grande progetto, e riguarda gli anni, non si consuma in 18 mesi».[16]

A Veltroni verrà sostituito come segretario il suo vicesegretario Dario Franceschini[16], che guiderà il partito durante le elezioni europee di quell'anno e lo scandalo Marrazzo fino alle primarie per la scelta del segretario, dove Franceschini si candiderà, ma perderà in favore di Pier Luigi Bersani.

Conclusione della carriera politica[modifica | modifica wikitesto]

Nel febbraio 2010 tiene a battesimo la fondazione "Democratica", di cui diventa il primo presidente. Alle attività di questa fondazione, che Veltroni ribadì non essere una corrente del Partito Democratico, parteciparono alcuni politici vicini all'ex sindaco di Roma: Enrico Morando, Salvatore Vassallo, Marco Minniti, Giorgio Tonini, Walter Verini, Andrea Martella e Roberto Morassut.

Il 14 ottobre 2012, durante un'intervista al programma televisivo Che tempo che fa condotto da Fabio Fazio, annunciò che non si sarebbe ricandidato alle elezioni politiche del 2013, come da tempo in molti chiedono a lui e ad altri leader del PD con diversi mandati alle spalle, spiegando che «non è un cedimento alla rottamazione» e che «continuerà comunque a fare politica in altre forme».[22][23][24]

Sviluppi recenti[modifica | modifica wikitesto]

Walter Veltroni con la presidente del Cile Michelle Bachelet

Dal 9 ottobre 2014 è membro del Consiglio Direttivo di Unicef-Italia.

In seguito alla riapertura del quotidiano l'Unità, da lui diretto in passato, nel giugno 2015, Veltroni torna a collaborarvi, firmando l'articolo dell'edizione domenicale della rubrica La domenica di Walter Veltroni[25].

Il 14 ottobre 2017 apre la cerimonia al Teatro Eliseo di Roma per i 10 anni del PD, di cui era stato il primo segretario proprio da quel giorno, e dichiara che il governo Prodi I fu il migliore della storia della Repubblica, auspica che si possano superare le divisioni nella sinistra e, rivolgendosi al premier Paolo Gentiloni e al segretario Matteo Renzi, seduti in prima fila, dice che vorrebbe che la legislatura si concludesse con l'approvazione dello ius soli.[26]

Durante la campagna elettorale delle elezioni politiche del 2018, chiese pubblicamente all'allora segretario del PD Renzi di rinunciare al ruolo di candidato premier della coalizione del centro-sinistra e di indicare Gentiloni in quel ruolo. In risposta a questa proposta Renzi ha sempre smentito, affermando che la legge elettorale non prevedeva la nomina di un candidato alla presidenza del Consiglio e che era stato eletto segretario del partito con quasi il 70% dei voti, quindi per statuto del partito il candidato premier era lui.

Nel settembre 2020, in vista del referendum costituzionale sulla riduzione dei parlamentari legato alla riforma Fraccaro avviata dal governo Conte I guidato dalla Lega assieme al Movimento 5 Stelle e concluso dal governo Conte II guidato dalla coalizione M5S e PD, annuncia di votare "No", in dissidenza con la linea ufficiale del suo partito schierato per il "Sì"[27][28], affermando: «Se si tocca il Parlamento, bisogna farlo tenendo conto degli equilibri necessari. Il vero problema è il bicameralismo perfetto. Per questo voterò no»[28]. Successivamente Il Fatto Quotidiano ha evidenziato e fatto notare come nel 2008, quando era segretario del PD, sia stato proprio Veltroni, assieme al capogruppo PD al Senato Anna Finocchiaro e Felice Casson, a presentare un ddl «per tagliare gli eletti da 945 a 600».[29]

Ad oggi è editorialista per il Corriere della Sera e collaboratore occasionale della Gazzetta dello Sport, dove nei suoi articoli tratta principalmente argomenti politici e calcistici. A quanto riporta il Corriere dell'Umbria percepisce un vitalizio di oltre 9.000 euro dal 2004.[30][31][32]

Promozione di attività culturali e sportive[modifica | modifica wikitesto]

Quando ricopriva il ruolo di sindaco di Roma, Veltroni promosse attività culturali in collaborazione con le scuole della capitale: nel 2004, ad esempio, inaugurò con gli studenti delle scuole romane una serie di viaggi in paesi dell'Africa volti a sensibilizzare gli studenti sul tema della povertà nel Terzo Mondo e per donare, con i soldi raccolti dagli studenti, nuove strutture, specialmente scuole, ai paesi visitati. Il primo viaggio, svoltosi nel 2004, ebbe come meta il Mozambico; il secondo, del 2005, si svolse in Ruanda; il terzo, del 2007, fu in Malawi. Nel 2007 invece scrisse il soggetto di un corto per il programma ScreenSaver di Rai Tre che venne sviluppato con i ragazzi della sua ex-scuola media. Nello stesso periodo organizzò un ciclo di incontri sul tema "Che cos'è la politica".

Appassionato di pallacanestro e tifoso della Virtus Roma, il 7 novembre 2006 è stato nominato Presidente Onorario della Lega Basket. Ha inoltre appoggiato la costruzione di diversi nuovi impianti sportivi e la candidatura di Roma per i Giochi olimpici estivi del 2020 (inizialmente prevista per il 2016, poi posticipata). Sempre nel 2006 si è fatto promotore di CINEMA. Festa Internazionale di Roma, festival cinematografico della capitale la cui prima edizione si è tenuta a ottobre dello stesso anno. Per quel che concerne il calcio, non ha mai nascosto la sua simpatia per la Juventus.

Nel 2009 ha ricevuto il Premio America della Fondazione Italia USA.

Nel 2013 è commentatore di trasmissioni cinematografiche sul canale Iris di Mediaset.

Nel marzo 2014 Veltroni debutta come regista con Quando c'era Berlinguer, film documentario ispirato alla vita del segretario del PCI Enrico Berlinguer[33]. Per questo docufilm gli è stato assegnato il Premio penisola sorrentina Arturo Esposito 2014. Nel 2015 torna come regista del film I bambini sanno. Nel 2020 torna alla regia con il film documentario Fabrizio De André e PFM - Il concerto ritrovato.

Nel 2016 vince il Premio letterario La Tore Isola d'Elba, vinto tra gli altri da Camilleri, Faletti, Vitali e Daverio.

È co-presidente del Summit Mondiale dei Nobel per la Pace, oltre a scrivere su Sette, nel 2021 sarà opinionista dell’Europeo per La Gazzetta dello Sport.[34]

Aspetti controversi[modifica | modifica wikitesto]

Militanza nel PCI[modifica | modifica wikitesto]

Pur avendo militato per i primi 21 anni della sua carriera politica nel PCI ed essendo stato eletto consigliere comunale di Roma nelle sue liste, in più di un'occasione ha affermato pubblicamente di non essersi mai veramente riconosciuto nell'ideologia comunista. Una delle sue dichiarazioni più famose, infatti, recita: «Si poteva stare nel PCI senza essere comunisti. Era possibile, è stato così» (1995)[35]. Quattro anni dopo, in un articolo pubblicato sulla La Stampa (1999), dichiarò: «Comunismo e libertà sono stati incompatibili, questa è stata la grande tragedia europea del dopo-Auschwitz». E ancora: «Io ero ragazzo, allora, ma consideravo Breznev un avversario, la sua dittatura un nemico da abbattere»[36].

Decreto Berlusconi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Decreto Berlusconi.
Veltroni con Silvio Berlusconi e Sergio Zavoli nel 1986 alla Festa dell'Unità

Secondo il libro di Michele De Lucia Il Baratto[37], Veltroni, in quanto Responsabile Comunicazioni di massa del PCI e seguendo la linea del partito all'epoca, avrebbe aiutato a ratificare nel 1985 il decreto Berlusconi di Bettino Craxi che permetteva all'omonimo imprenditore di aggirare la decisione di tre pretori del 16 ottobre 1984 di procedere al sequestro nelle loro regioni di competenza del sistema che permetteva la trasmissione simultanea nel Paese di tre canali televisivi. Questo in cambio, sempre secondo il libro, di Rai 3 al PCI.[38][39]

Annunci di ritiro dalla politica[modifica | modifica wikitesto]

Intervistato da Panorama nel 2003[40] e ospite della trasmissione Che tempo che fa l'8 gennaio 2006, Veltroni dichiarò che, in caso di rielezione a sindaco di Roma, avrebbe concluso la sua carriera politica alla fine del mandato nel 2011[41], riconfermandolo ulteriormente il successivo 8 ottobre[42]. Nonostante queste dichiarazioni, non abbandonò la politica al termine del mandato da sindaco nel 2011, ma nel 2013, dopo aver concluso il mandato da deputato, essendo stato nel frattempo rieletto alla Camera alle politiche del 2008.

Concetto d'integrazione a Treviso[modifica | modifica wikitesto]

In un'intervista del settembre 2007 alla trasmissione televisiva Le invasioni barbariche, all'affermazione della conduttrice che a Treviso le strade sono più curate che a Roma, Veltroni rispose: «Sì, ma per niente al mondo scambierei il concetto di integrazione che c'è a Treviso con quello che abbiamo a Roma». Questa critica rivolta alla provincia veneta, prima in Italia nel 2006 in fatto di integrazione razziale secondo la Caritas[43], provocò reazioni bipartisan tra i politici locali[44]: il presidente della provincia Leonardo Muraro invitò Veltroni a scusarsi, mentre alcuni esponenti del Partito Democratico fecero notare che la frase, pur sbagliata fuori contesto, era riferita alla classe dirigente leghista, in particolare all'allora vicesindaco Giancarlo Gentilini, fautore della tolleranza zero.

Politica urbanistica di Roma[modifica | modifica wikitesto]

Aspetti controversi sono emersi anche in seguito a una puntata di Report, intitolata I re di Roma[45], avente per oggetto la politica urbanistica di Veltroni nel periodo in cui è stato sindaco della Capitale. La trasmissione riportò numeri e modalità con cui si sarebbe compiuto un vero e proprio "sacco urbanistico" ai danni della città, attraverso l'approvazione del nuovo Piano Regolatore, che aveva permesso ai costruttori di edificare ben 70 milioni di metri cubi di cemento, per un consumo di territorio naturale di almeno 15.000 ettari (una superficie più grande di quella del comune di Napoli).

Gestione del Partito Democratico[modifica | modifica wikitesto]

La scelta di Veltroni e della classe dirigente del Partito Democratico di non allearsi con l'area della sinistra radicale per le elezioni del 2008 fu oggetto di critiche da parte della sinistra radicale stessa, che attribuì la responsabilità della propria scomparsa dal Parlamento[N 1] e della sconfitta del centro-sinistra al cosiddetto "isolazionismo" di Veltroni[46]. D'altronde, la classe dirigente del Partito Democratico non era disposta a rischiare una coalizione che non fosse basata su un accordo programmatico di governo[47][48]. Parole di fuoco contro la sinistra massimalista e radicale sono state espresse da Eugenio Scalfari[49], secondo cui l'accusa contro Veltroni sarebbe «ai confini dell'assurdo». Lo stesso Romano Prodi, che nel dicembre 2007 aveva lanciato un ultimatum agli esponenti di spicco di Rifondazione Comunista Franco Giordano e Paolo Ferrero,[50], una settimana prima delle elezioni, si disse favorevole alla linea politica di Veltroni di "correre da soli"[51]. A due giorni dal voto Prodi osservò come i responsabili principali della caduta del suo governo, i partiti della sinistra radicale e l'UDEUR, fossero rimasti spazzati via dalle elezioni e commentò il fatto con le parole «si dorme nel letto che si è preparato».[52][53]

Accondiscendenza a Silvio Berlusconi[modifica | modifica wikitesto]

La linea politica di dialogo con le forze di maggioranza voluta e sostenuta da Veltroni, anche su temi come la giustizia, è stata spesso percepita, all'interno della sinistra e del partito stesso, come troppo debole; particolarmente critico nei suoi confronti fu il movimento dei girotondini, che lo accusò di essere eccessivamente accondiscendente con Berlusconi[54]. A tali critiche si sono associate voci autorevoli della sinistra, come Furio Colombo, Paolo Flores d'Arcais e Umberto Eco[55].

Per questi motivi, è stato più volte definito da Beppe Grillo «il miglior alleato di Berlusconi»[56]. D'altronde, sondaggi riportati dal Corriere della Sera già nel settembre 2007 sembrerebbero confermare che il clima protestatario innescato dal V-Day organizzato dal comico genovese avrebbe danneggiato l'immagine del governo guidato da Romano Prodi e dell'intero centro-sinistra. Secondo il quotidiano milanese, Silvio Berlusconi, riferendosi ai sondaggi, avrebbe ripetuto a più riprese ai suoi collaboratori «Grillo ci aiuta», «Grillo ci fa bene»[57]. In particolare, un effetto riscontrato nei sondaggi citati sarebbe stato l'aumento significativo dell'astensionismo tra gli elettori del centro-sinistra (Grillo stesso, in più occasioni, ha del resto invitato gli elettori a non recarsi alle urne[58]).

Anche Giulietto Chiesa, che dalle colonne de Il manifesto[59] aveva esortato la sinistra massimalista e antagonista a coalizzarsi contro il Partito Democratico e aveva poi fondato all'uopo il partito politico denominato Per il Bene Comune, commentò l'esito delle elezioni evocando la fine della democrazia in Italia e attribuendone la principale responsabilità a Veltroni e ai banchieri italiani che ne avrebbero sostenuto la campagna elettorale.[60][61]

In un'intervista al programma televisivo Che tempo che fa, condotto da Fabio Fazio, a marzo 2009, a un anno dal voto, Prodi attribuì parte della responsabilità della caduta del suo governo anche alla decisione di Veltroni di sganciarsi dalle ali estreme della coalizione de l'Unione. Secondo Prodi quella decisione causò infatti un'accelerazione della crisi in corso.[62]

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Veltroni imitato da Corrado Guzzanti

«(Alla domanda di Livia Turco sulla possibilità di candidare Leonardo DiCaprio alla carica di Presidente del Consiglio) Io Di Caprio l'ho chiamato, è lui che ha rifiutato, ha rifiutato perché ha detto: "Già ho fatto Titanic, non mi posso fossilizzare nella parte di quello che affonda!"»

Veltroni è stato spesso oggetto della satira del comico Corrado Guzzanti, dipinto come un "bambinone" attaccato ai ricordi dell'infanzia e inadatto a risolvere i problemi della politica, a cui non sembrava particolarmente interessato, preferendo le conferenze dove vertevano discussioni vertenti l'enologia e in particolare la sua passione per il cinema.

La prima imitazione risale al 1997, dove enfatizza i tipici comportamenti: la pacatezza, il sacro rispetto dell'avversario, la ricerca di un'armonia tra i partiti di centro-destra e centrosinistra e l'inclinazione a «comporre i contrasti», anche «a prezzo di vedere diminuiti i consensi dell'elettorato».

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

Regista[modifica | modifica wikitesto]

Televisione[modifica | modifica wikitesto]

Doppiatore[modifica | modifica wikitesto]

Voce narrante[modifica | modifica wikitesto]

  • Caro presidente - film documentario (2022), regia di Michele Truglio

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Walter Veltroni (al centro) con il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo nel 2007

Saggistica[modifica | modifica wikitesto]

Narrativa[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze e riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze italiane[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria
«Di iniziativa del Presidente della Repubblica»
— Roma, 21 dicembre 2005[64]

Onorificenze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Ufficiale dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia) - nastrino per uniforme ordinaria
Gran Decorazione d'Onore in Argento con Fascia (Austria) - nastrino per uniforme ordinaria
Gran Croce dell'Ordine pro merito Melitensi (SMOM) - nastrino per uniforme ordinaria

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Esplicative[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Alle elezioni politiche del 2008, infatti, la Sinistra Arcobaleno, che raggruppava Rifondazione Comunista, Partito dei Comunisti Italiani, Federazione dei Verdi, Sinistra Democratica, non ottenne seggi in Parlamento. Ugualmente negativi furono i risultati per gli altri partiti di sinistra che non strinsero alleanza con il PD: Sinistra Critica, Partito Comunista dei Lavoratori, Partito Socialista, Partito di Alternativa Comunista, Per il Bene Comune, Partito Comunista Italiano Marxista Leninista.

Bibliografiche[modifica | modifica wikitesto]

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  4. ^ “Il mio Walter”. Per la prima volta parla Flavia, la moglie di Veltroni
  5. ^ De Gregori: amico di Walter, non lo voterò
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Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]


Predecessore Sindaco di Roma Successore
Enzo Mosino
(commissario straordinario)
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Renzo Foa 1992 – 1996 Giuseppe Caldarola
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