Eugenio Scalfari

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Eugenio Scalfari
Eugenio Scalfari nel 2016

Deputato della Repubblica Italiana
Durata mandato5 giugno 1968 –
24 maggio 1972
LegislaturaV
Gruppo
parlamentare
Socialista
CoalizionePSI-PSDI Unificati
CircoscrizioneTorino-Novara-Vercelli
CollegioTorino
Incarichi parlamentari
  • Componente della quinta commissione (Bilancio e partecipazioni statali) (10 luglio 1968 – 24 maggio 1972)
  • Componente della dodicesima commissione (Industria e commercio) (27 marzo 1970 – 24 maggio 1972)
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPNF (1942-1943)
PLI (1945-1955)
PR (1955-1962)
PSI (1962-1972)
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza
UniversitàUniversità degli Studi di Genova
Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
ProfessioneGiornalista

Eugenio Scalfari (Civitavecchia, 6 aprile 1924Roma, 14 luglio 2022) è stato un giornalista, scrittore e politico italiano.

Considerato uno dei più grandi giornalisti italiani del XX secolo,[1][2][3] contribuì, con altri, a fondare il settimanale l'Espresso ed è stato fondatore del quotidiano la Repubblica. I campi principali dell'analisi di Scalfari sono stati l'economia e la politica; la sua ispirazione politica era socialista liberale, azionista e radicale. I temi dominanti nei suoi ultimi articoli erano la laicità, la questione morale e la filosofia.[4]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Scalfari nacque a Civitavecchia, in provincia di Roma, il 6 aprile 1924 [5] da genitori calabresi. Iscrittosi dapprima al liceo classico "Terenzio Mamiani" di Roma, passò poi al liceo classico "Gian Domenico Cassini" di Sanremo - dove intanto si era trasferito con la famiglia per via del lavoro del padre, chiamato a svolgervi l'attività di direttore artistico del locale casinò - nel quale compì fino alla fine il suo ciclo di studi liceali, avendo come suo compagno di banco il futuro scrittore Italo Calvino.[6]

Esordi giornalistici durante il fascismo[modifica | modifica wikitesto]

Tra le prime esperienze giornalistiche di Scalfari c'è Roma Fascista[7], organo ufficiale del GUF (Gruppo Universitario Fascista), mentre era studente di giurisprudenza. Negli anni successivi Scalfari continua a collaborare con riviste e periodici legati al fascismo, come Nuovo Occidente, diretto dall'ex squadrista e fascista cattolico Giuseppe Attilio Fanelli. Nel 1942 Scalfari sarà nominato caporedattore di Roma Fascista.[8]

All'inizio del 1943[9] scrive una serie di corsivi non firmati sulla prima pagina di Roma Fascista in cui lancia generiche accuse verso speculazioni da parte di gerarchi del Partito Nazionale Fascista sulla costruzione dell'EUR. Questi articoli portarono alla sua espulsione dai GUF e dal Partito per opera di Carlo Scorza, allora vicesegretario del PNF. Di fronte al gerarca, intenzionato a perseguire i presunti speculatori, il giovane Scalfari aveva ammesso come i suoi corsivi fossero basati su voci generiche. Il gerarca accusò poi il giovane di essere un imboscato, e lo prese materialmente per il bavero strappandogli le mostrine dalla divisa del partito.[9]

Carriera giornalistica nel dopoguerra[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la fine della seconda guerra mondiale entra in contatto con il neonato Partito Liberale Italiano, conoscendo giornalisti importanti nell'ambiente. Nel 1950, mentre lavora presso la Banca Nazionale del Lavoro, diventa collaboratore, prima a Il Mondo e poi a L'Europeo, di due personalità che spesso richiama nei suoi scritti: Mario Pannunzio e Arrigo Benedetti. Ricorderà poi, con orgoglio, di essere stato licenziato dalla BNL per una serie di articoli sulla Federconsorzi non graditi alla direzione.[10]

Nel 1955 partecipa all'atto di fondazione del Partito Radicale, cui è vicesegretario fino allo scioglimento nel 1961. Nello stesso anno nasce il settimanale L'Espresso: Scalfari è direttore amministrativo e scrive articoli di economia.

Nel 1963 somma la carica di direttore responsabile de L'Espresso a quella di direttore amministrativo. Il settimanale arriva in cinque anni a superare il milione di copie vendute. Il successo giornalistico si fuse con il piglio imprenditoriale, dato che Scalfari continuò a gestire anche la parte organizzativa e amministrativa.

Eugenio Scalfari nella foto da deputato

Sempre nel 1967 Scalfari pubblica insieme a Lino Jannuzzi l'inchiesta sul SIFAR che fa conoscere il tentativo di colpo di Stato chiamato piano Solo. Il generale De Lorenzo li querela e i due giornalisti vengono condannati rispettivamente a 15 e a 14 mesi di reclusione, malgrado la richiesta di assoluzione fatta dal Pubblico Ministero Vittorio Occorsio, che era riuscito a leggere gli incartamenti integrali prima che il governo ponesse il segreto di Stato.[11]

Scalfari e Jannuzzi evitano il carcere grazie all'immunità parlamentare offerta loro dal Partito Socialista Italiano:[12] alle elezioni politiche del 1968 Scalfari viene eletto deputato, come indipendente, nelle liste del PSI, segreteria Mancini, mentre Jannuzzi diviene senatore. Scalfari, che era stato eletto sia nella circoscrizione di Torino che in quella di Milano, opta per la seconda e aderisce al gruppo del PSI. Resta deputato fino al 1972.[13] Nel 1968, dopo la candidatura al Parlamento, aveva lasciato la direzione de L'Espresso.

Nel 1971 sottoscrive la lettera aperta a L'Espresso contro il commissario Luigi Calabresi. Nel 2017, dopo 45 anni, ammette che "quella firma era stata un errore".[14]

In quegli anni critica accanitamente le manovre di Eugenio Cefis, prima presidente dell'Eni e poi di Montedison, appoggiando spesso chi gli si opponeva; tra questi vi fu nel 1971 Sindona nel suo scontro con Mediobanca per il controllo di Bastogi.[15] Soprattutto contro Cefis è indirizzato il celebre libro-inchiesta pubblicato da Scalfari e da Giuseppe Turani nel 1974, Razza padrona.

Fondazione e direzione de la Repubblica[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1976 dopo aver già tentato (inutilmente) di varare un quotidiano insieme a Indro Montanelli, che aveva respinto la proposta definendola piuttosto azzardata,[16] Scalfari fonda il quotidiano la Repubblica, che debutta nelle edicole il 14 gennaio di quell'anno. L'operazione, attuata con il Gruppo L'Espresso e la Arnoldo Mondadori Editore, apre una nuova pagina del giornalismo italiano. Il quotidiano romano, sotto la sua direzione, compie in pochissimi anni una scalata imponente, diventando per lungo tempo il principale giornale italiano per tiratura.

Eugenio Scalfari riceve dal Presidente della Repubblica Giovanni Leone il Premio Saint Vincent per il giornalismo nel 1974

L'assetto proprietario registra negli anni ottanta consolidamenti della posizione dello stesso Scalfari e l'ingresso di Carlo De Benedetti, nonché un vano tentativo di acquisizione da parte di Silvio Berlusconi in occasione della "scalata" del titolo Arnoldo Mondadori Editore, finito con il "lodo Mondadori", resosi necessario a causa del fatto che (come accertato dalla magistratura in seguito) Berlusconi, a capo della Fininvest, aveva corrotto uno dei tre giudici per avere un pronunciamento favorevole nella disputa con De Benedetti per il controllo della Mondadori: tale accordo fu fortemente voluto da Giulio Andreotti, grazie all'intermediazione di Giuseppe Ciarrapico. Sotto la guida di Scalfari, "Repubblica" apre il filone investigativo sul caso Enimont, che dopo due anni verrà in buona parte confermato dall'inchiesta di "Mani pulite".

Contro Craxi, a differenza che con Spadolini e con De Mita,[17] Scalfari si era speso sin dall'inizio del decennio precedente, considerandolo l'archetipo della questione morale[18] contro cui si scagliava l'anima della sinistra rappresentata da Berlinguer. Di questi invece elogiò lo "strappo" con l'Unione Sovietica in occasione del golpe polacco, pur restando essenzialmente estraneo alla tradizione comunista e rimanendo su posizioni legate all'intellettualità laica e alla tecnocrazia. In tal senso vanno lette alcune sue importanti iniziative, tutte sostenute per il tramite di "Repubblica": sponsorizza il "governo del Presidente", candidandovi il governatore della Banca d'Italia Carlo Azeglio Ciampi, già negli anni ottanta; indica al presidente Oscar Luigi Scalfaro il commissario PSI a Milano Giuliano Amato come viatico per la sua scelta a premier nel 1992; apprezza Guido Rossi come commissario delle aziende travolte nel turbine di Tangentopoli. Il 27 gennaio 1994 incomincia, dapprima in solitaria, la sua ventennale battaglia contro Silvio Berlusconi.[19] Sconfitto Vittorio Sgarbi,[20] il 7 maggio 2008 è il primo a percepire e ad avvertire il pubblico circa la potenziale discesa in politica di Beppe Grillo.[21][22] Il 9 gennaio 2018 rompe definitivamente con il suo ex editore Carlo De Benedetti.[23] Il 13 aprile 2019 è il primo a preconizzare una possibile, futura alleanza d'intesa fra Matteo Renzi e Matteo Salvini.[24]

Ritiro dalla direzione de la Repubblica[modifica | modifica wikitesto]

Scalfari nel 2011

Scalfari, padre del quotidiano la Repubblica e della sua ascesa editoriale e politico-culturale, abbandona il ruolo di direttore nel 1996, dopo che già da tempo aveva ceduto, insieme a Caracciolo, la proprietà a Carlo De Benedetti; gli subentra Ezio Mauro. Non scompare dalla testata del giornale, poiché continua a svolgere il ruolo di editorialista dell'edizione domenicale. I suoi editoriali entrarono nella consuetudine del giornale, tanto da essere soprannominati - anche per la loro lunghezza - "la messa cantata della domenica".[25] Cura altresì una rubrica su L'Espresso (Il vetro soffiato). Il 6 luglio 2007 sul Venerdì di Repubblica (il magazine settimanale che esce dal 1987), annuncia di voler abbandonare dopo l'estate la sua storica rubrica Scalfari risponde, ringraziando i lettori per l'affetto ricevuto e gli stimoli da loro pervenuti per le sue riflessioni. Gli subentra Michele Serra.

Su RaiSat Extra è andato in onda per qualche tempo, ogni giovedì, un programma dal titolo La Scalfittura, in cui Scalfari teneva colloqui politici con Giovanni Floris.

Morte[modifica | modifica wikitesto]

La tomba di Eugenio Scalfari nel cimitero di Rosta.

Dopo aver lasciato anche la sua rubrica domenicale su la Repubblica (il suo ultimo editoriale, datato 6 marzo 2022, aveva come tema il conflitto russo-ucraino), Eugenio Scalfari muore a Roma il 14 luglio 2022, all'età di 98 anni.[26] La camera ardente si è tenuta il 15 luglio e il funerale laico il 16 luglio, entrambi nella sala della Protomoteca del Campidoglio a Roma. Le ceneri, per espressa volontà testamentaria, riposano nel cimitero di Rosta (TO), accanto alla prima moglie. L'ultima sua intervista televisiva risale al 20 settembre 2020.[27]

Vita privata[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1950 si sposò con la figlia del giornalista Giulio De Benedetti, Simonetta, dalla quale ebbe le due figlie Enrica e Donata.

Dalla fine degli anni settanta, Scalfari era sentimentalmente legato a Serena Rossetti, già segretaria di redazione dell'Espresso (e poi di Repubblica), che avrebbe sposato dopo la scomparsa della moglie Simonetta, avvenuta nel 2006.[28]

Scalfari, pur essendo un laico dal punto di vista religioso, si è sempre interessato di tematiche spirituali e non si è mai definito ateo, dal momento che credeva nell'esistenza di un "essere" che nel momento della morte riceveva energia per poi cederla creando altre forme di vita[29]. Inoltre negli ultimi anni della sua vita nacque un'amicizia con Papa Francesco, con cui parlava di tematiche religiose.

Controversie[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2013 e nel 2014, le sue "interviste" con Papa Francesco[30] hanno causato per due volte la smentita da parte della sala stampa vaticana in relazione alle parole attribuite da Scalfari al Pontefice. Scalfari ha ribattuto di aver scritto virgolettati "come se fossero usciti dalla bocca del Papa", senza aver preso appunti o registrato durante i colloqui, sostenendo che quello era stato il suo metodo di lavoro per quasi cinquant'anni.[31][32] Il 29 marzo 2018 il Vaticano ha smentito un’altra intervista di Eugenio Scalfari a papa Francesco, a seguito della pubblicazione di un suo articolo su Repubblica, negando che il Papa avesse rilasciato un’intervista a Scalfari e sostenendo che il contenuto dell’articolo fosse il frutto di una sua ricostruzione.[33][34] Scalfari ha ammesso di aver manipolato il contenuto degli articoli, affermando che «Sono dispostissimo a pensare che alcune delle cose scritte da me e a lui attribuite, il Papa non le condivida, ma credo anche che ritenga che, dette da un non-credente, siano importanti per lui e per l’azione che svolge».[35]

Nel 2019 il Vaticano ha smentito nuovamente un'intervista di Scalfari a Papa Francesco, affermando che i contenuti dell'articolo "non possono essere considerate come un resoconto fedele di quanto effettivamente detto, ma rappresentano piuttosto una personale e libera interpretazione di ciò che ha ascoltato". In seguito a ciò, il Pontefice non ha rilasciato ulteriori interviste a Scalfari.[36]

Premi e onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Scalfari ha ricevuto varie onorificenze. A livello giornalistico ha vinto nel 1988 il Premio Internazionale Trento per "Una vita dedicata al giornalismo", nel 1996 il Premio Ischia alla carriera, nel 1998 il Premio Guidarello al giornalismo d'autore e, nel 2003, il Premio Saint-Vincent. Il 2 maggio 1996 è stato nominato Cavaliere di gran croce dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro mentre nel 1999 ha ricevuto una delle più prestigiose onorificenze della Repubblica francese diventando Cavaliere della Legion d'onore (successivamente è stato promosso ufficiale). Era cittadino onorario di Velletri, città in cui risiedeva. Il 5 maggio 2007 ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Vinci e il 23 ottobre 2008 gli è stata conferita la cittadinanza benemerita di Sanremo. Nel 2019 vince il prestigioso Premio Viareggio[37].

Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria
Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria
Ufficiale della Legion d'onore - nastrino per uniforme ordinaria

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Vittorio Feltri, il ritratto indiscreto di Eugenio Scalfari: "Il fuoriclasse re dei giornalisti diversi da noi", su liberoquotidiano.it. URL consultato il 7 settembre 2021 (archiviato il 28 aprile 2020).
  2. ^ Benvenuti al Grand Hotel Scalfari, splendida vista sul secolo di carta, su ilfoglio.it. URL consultato il 7 settembre 2021 (archiviato il 5 novembre 2019).
  3. ^ "Da Montanelli e Scalfari ho imparato che bisogna scrivere per farsi capire": Marco Travaglio, su la7.it. URL consultato il 4 luglio 2022 (archiviato il 27 luglio 2021).
  4. ^ Angelo Cannatà, Eugenio Scalfari e il suo tempo, Mimesis, 2010, diviso in quattro capitoli: la Politica, l'Arte, la Religione, la Filosofia.
  5. ^ Scheda sul Portale storico della Camera dei deputati, su storia.camera.it. URL consultato il 20 marzo 2014 (archiviato il 25 aprile 2015).
  6. ^ Sull'amicizia tra Scalfari e Calvino leggiamo: "Caro Eugenio, le tue lettere sono come manate sulla schiena e io ne ho bisogno di manate sulla schiena, specie di questi tempi."(...) Mi viene l'acquolina in bocca pensando alle ghiotte discussioni che faremo quando ci ritroveremo insieme", cfr. Angelo Cannatà "Eugenio Scalfari e il suo tempo", Mimesis, 2010, p. 105.
  7. ^ La Repubblica.it : Gli 80 anni di Eugenio Scalfari, su repubblica.it. URL consultato il 17 aprile 2010 (archiviato il 28 gennaio 2011).
  8. ^ Mirella Serri, I redenti. Gli intellettuali che vissero due volte 1938-1948, Milano, Corbaccio, 2005.
  9. ^ a b Ero giovane, fascista e felice, intervista a Eugenio Scalfari apparsa su Il Foglio del 29 maggio 2008 [1] Archiviato il 13 dicembre 2013 in Internet Archive.
  10. ^ Copia archiviata (PDF), su pasqualericcio.it. URL consultato il 28 marzo 2009 (archiviato dall'url originale il 13 dicembre 2013).
  11. ^ Nel corso dell'inchiesta Scalfari riferisce di un colloquio avuto col generale Aurigo: "Mi disse che gli ordini (le disposizioni relative al 'Piano Solo') contemplavano anche l'ipotesi di una eventuale resistenza da parte del prefetto (...) gli ordini dicevano che bisognava mettere il prefetto, qualora avesse resistito a questa iniziativa dei carabinieri, in condizioni di non nuocere". Fonte: Angelo Cannatà, "Eugenio Scalfari e il suo tempo", Mimesis, 2010, p. 42.
  12. ^ Partito con il quale Scalfari professava rapporti di "amichevole franchezza" sin dal 1957: v. lettera a Nenni del 24 luglio 1957, in Archivio storico del Senato, fondi federati, Pietro Nenni, 1.1.3.1850, pagina 5. Archiviato il 13 settembre 2022 in Internet Archive.
  13. ^ Eugenio Scalfari / Deputati / Camera dei deputati - Portale storico, su storia.camera.it. URL consultato il 20 marzo 2014 (archiviato il 25 aprile 2015).
  14. ^ Il commissario Calabresi e quella firma del 1971, su la Repubblica, 20 maggio 2017. URL consultato il 21 novembre 2022.
  15. ^ Fabio Tamburini, Un siciliano a Milano, Longanesi, da ultimo citato da Ferruccio de Bortoli su ((http://www.corriere.it/politica/09_ottobre_14/debortoli-attacchi-corriere_401507c8-b888-11de-9ba8-00144f02aabc.shtml Archiviato il 17 ottobre 2009 in Internet Archive.)).
  16. ^ Franco Recanatesi, La mattina andavamo in piazza Indipendenza, Milano, Cairo, 2016 e Alberto Mazzuca, Penne al vetriolo, Bologna, Minerva, 2017
  17. ^ Nei cui confronti Carlo Caracciolo e Carlo De Benedetti dicono che Scalfari ebbe un "innamoramento", in seguito non più condiviso dallo stesso editore della Repubblica che ormai non lo considerava "un grande politico": intervista alla Stampa del 10 gennaio 2008, p. 23.
  18. ^ Scrive Scalfari: Gelli è Belfagor, il messaggero del diavolo; ma il diavolo, cioè Belzebù, chi è? (...) "Belzebù è, in una certa misura, lo stesso partito socialista, elemento importante di quel quadro politico e di quella inamovibilità". Fonte: Eugenio Scalfari e il suo tempo, di Angelo Cannatà, Mimesis, 2010, p. 61. L'articolo di Scalfari, Caro Craxi tu lo sai chi è Belzebù, è apparso su Repubblica il 5 giugno 1981.
  19. ^ Repubblica.it/politica: Scende in campo il ragazzo coccodè, su www.repubblica.it. URL consultato il 21 novembre 2022.
  20. ^ la7.it, https://www.la7.it/le-invasioni-barbariche/video/lintervista-a-eugenio-scalfari-13-11-2010-93904.
  21. ^ Voto Renzi perché l'avversario è Grillo, su youtube.com.
  22. ^ youtube.com, https://www.youtube.com/watch?v=5KBNeT6Dr4Y. URL consultato il 5 marzo 2020 (archiviato il 12 marzo 2018).
  23. ^ #cartabianca 2017/18 - Eugenio Scalfari ospite a #cartabianca del 09/01/2018 - Video, su RaiPlay. URL consultato il 21 novembre 2022.
  24. ^ Renzi e Salvini, la strana alleanza fra i due Mattei, su la Repubblica, 13 aprile 2019. URL consultato il 21 novembre 2022.
  25. ^ Ezio Mauro dal pulpito di Repubblica officia la democrazia e aspira a diventare papa, su blog.panorama.it, Panorama. URL consultato il 3 gennaio 2011 (archiviato dall'url originale il 14 luglio 2011).
  26. ^ È morto Eugenio Scalfari, il fondatore di Repubblica. Una vita da giornalista patriarca, su repubblica.it. URL consultato l'11 settembre 2022 (archiviato il 18 luglio 2022).
  27. ^ la7.it, https://www.la7.it/atlantide/video/eugenio-scalfari-racconta-la-sua-amicizia-con-papa-bergoglio-si-chiama-francesco-perche-adora-i-30-09-2020-342395.
  28. ^ Paolo Guzzanti, Guzzanti vs De Benedetti. Faccia a faccia fra un gran editore e un giornalista scomodo, Aliberti editore, 2010
  29. ^ Cfr. Corriere della Sera, 21/03/1996
  30. ^ youtube.com, https://www.youtube.com/watch?v=5LnxV8NAuQs.
  31. ^ Come è stata fatta l'intervista di Scalfari al Papa, su ilpost.it, 22 novembre 2013. URL consultato il 7 settembre 2021 (archiviato dall'url originale il 25 dicembre 2015).
  32. ^ "Le interviste vanno comunque reinterpretate", su youtube.com.
  33. ^ ll Vaticano ha smentito un’altra intervista di Eugenio Scalfari a papa Francesco, su Il Post, 29 marzo 2018 (archiviato il 1º aprile 2018).
  34. ^ Franca Giansoldati, Il Vaticano smentisce Eugenio Scalfari che fa dire al Papa che l'inferno non esiste, su Il Messaggero, 29 marzo 2018 (archiviato il 31 marzo 2018).
  35. ^ Gelsomino del Guercio, Scalfari e il Papa: un’amicizia segnata da fraintendimenti e smentite, su Aleteia, 14 luglio 2022.
  36. ^ Gelsomino del Guercio, Eugenio Scalfari ci ricade: smentito il virgolettato attribuito al Papa, su Aleteia, 9 ottobre 2019.
  37. ^ Premio Viareggio 2019, su repubblica.it (archiviato il 25 agosto 2019).
  38. ^ Dettaglio Sito web del Quirinale: dettaglio decorato., su quirinale.it. URL consultato il 19 febbraio 2012 (archiviato il 24 settembre 2015).
  39. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato., su quirinale.it. URL consultato il 29 giugno 2013 (archiviato il 24 settembre 2015).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Claudio Mauri, Il cittadino Scalfari, prefazione di Ruggero Guarini, Milano, SugarCo, 1983, SBN IT\ICCU\RAV\0062015.
  • Giancarlo Perna, Eugenio Scalfari, una vita per il potere, Milano, Leonardo Editore, 1990, ISBN 88-355-0049-4.
  • Angelo Cannatà, Eugenio Scalfari e il suo tempo, Milano-Udine, Mimesis, 2010, ISBN 978-88-575-0027-0.
  • Francesco Bucci, Eugenio Scalfari. L'intellettuale dilettante, Roma, Società Editrice Dante Alighieri, 2013, ISBN 978-88-534-3750-1.
  • Giampaolo Pansa, La Repubblica di Barbapapà, Milano, Rcs Libri, 2013. ISBN 978-88-17-06446-0.
  • Giovanni Valentini, La Repubblica tradita, Roma, PaperFirst, 2016. ISBN 978-88-99784-08-9
  • Franco Recanatesi, La mattina andavamo in piazza Indipendenza, Milano, Cairo Editore, 2016. ISBN 978-88-6052-740-0.
  • Alberto Mazzuca, Penne al vetriolo. I grandi giornalisti raccontano la Prima Repubblica, Bologna, Minerva, 2017. ISBN 978-8873818496.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Direttore de L'Espresso Successore
Arrigo Benedetti 9 giugno 1963 - 24 marzo 1968 Gianni Corbi
Predecessore Direttore de la Repubblica Successore
nessuno 14 gennaio 1976 - 6 maggio 1996 Ezio Mauro
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