Arcidiocesi di Genova

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Arcidiocesi di Genova
Archidioecesis Ianuensis
Chiesa latina
Regione ecclesiasticaLiguria
 
Mappa della diocesi
Diocesi suffraganee
Albenga-Imperia, Chiavari, La Spezia-Sarzana-Brugnato, Savona-Noli, Tortona, Ventimiglia-San Remo
 
Sede vacante
Amministratore apostolicocardinale Angelo Bagnasco
Arcivescovo elettoMarco Tasca, O.F.M.Conv.
AusiliariNicolò Anselmi
Arcivescovi emeriticardinale Tarcisio Bertone, S.D.B.,
cardinale Angelo Bagnasco
Presbiteri493, di cui 273 secolari e 220 regolari
1.364 battezzati per presbitero
Religiosi280 uomini, 1.029 donne
Diaconi30 permanenti
 
Abitanti800.574
Battezzati672.482 (84,0% del totale)
StatoItalia
Superficie966 km²
Parrocchie278 (25 vicariati)
 
ErezioneIII secolo
Ritoromano
CattedraleSan Lorenzo
Santi patroniSan Giovanni Battista
IndirizzoPiazza Matteotti, 4 - 16123 Genova (GE)
Sito webwww.chiesadigenova.it
Dati dall'Annuario pontificio 2017 (ch · gc)
Chiesa cattolica in Italia
Il santuario della Madonna della Guardia.
Il santuario del Bambino Gesù di Praga ad Arenzano.

L'arcidiocesi di Genova (in latino: Archidioecesis Ianuensis) è una sede metropolitana della Chiesa cattolica in Italia appartenente alla regione ecclesiastica Liguria. Nel 2016 contava 672.482 battezzati su 800.574 abitanti. La sede è vacante, in attesa che l'arcivescovo eletto Marco Tasca, O.F.M.Conv., ne prenda possesso.

Territorio

Il territorio dell'arcidiocesi si estende su 966 km² e comprende in tutto o in parte i seguenti comuni:

Cattedrale e santuari

Sede arcivescovile è la città di Genova, dove si trova la cattedrale di San Lorenzo.

Nel territorio dell'arcidiocesi sorgono otto basiliche minori:

Parrocchie e vicariati

Lo stesso argomento in dettaglio: Parrocchie dell'arcidiocesi di Genova.

L'arcidiocesi consta di 278 parrocchie, 257 situate nella città metropolitana di Genova e 21 nella provincia di Alessandria, raggruppate in 27 vicariati:

La mappa dei vicariati

Provincia ecclesiastica

La provincia ecclesiastica di Genova comprende le seguenti suffraganee:

Istituti religiosi

Istituti religiosi maschili[2]
Istituti religiosi femminili[3]

Storia

Dalle origini al XV secolo

Incerte sono le origini del cristianesimo a Genova e nel suo entroterra. Una tardiva tradizione attribuisce l'evangelizzazione della città a san Nazario, il quale, al ritorno dalle Gallie dove papa Lino (67-76) lo aveva inviato, si fermò insieme a san Celso a Genova e qui vi annunciò il vangelo; secondo la tradizione approdarono sulla spiaggia di Albaro.

È plausibile che una comunità cristiana fosse presente nella città già prima dei tempi di Costantino a causa dei contatti marittimi e terrestri con le Gallie e con Milano. Di fatto la diocesi è attestata per la prima volta nel 381, quando il vescovo Diogene partecipò al concilio di Aquileia assieme ad Ambrogio, metropolita di Milano, di cui la diocesi genovese era suffraganea. Rimane oscura l'esistenza di alcuni protovescovi e la loro collocazione cronologica: si tratta dei santi Valentino, Felice, Siro e Romolo; tra questi spicca la figura di san Siro, venerato come patrono della cattedra dei vescovi di Genova.

Nel V secolo l'ambiente ecclesiastico genovese si dimostra molto vivace e teologicamente preparato. Le fonti letterarie hanno trasmesso le lettere di due preti genovesi che dibattevano sulla teologia della grazia con Prospero di Aquitania. Inoltre Pascasio, il secondo vescovo genovese storicamente documentato, partecipò al sinodo di Milano del 451, dove vennero affrontati temi teologici; lo stesso vescovo sottoscrisse la lettera sinodale diretta a papa Leone Magno.

Nel 568 i Longobardi, di religione cristiana ariana, occuparono Milano. L'arcivescovo Onorato, accompagnato dai suoi preti e dai laici più influenti della città, fuggirono e si rifugiarono a Genova, che divenne la sede dei metropoliti milanesi fino al 643, quando anche la zona costiera ligure fu occupata dai Longobardi. In questo periodo, durato oltre sett'anni, gli arcivescovi milanesi funsero anche da vescovi di Genova. Primo vescovo genovese, dopo il rientro dell'arcivescovo di Milano (all'epoca san Giovanni Bono) nella sua sede, fu Giovanni I, che nel 680 prese parte al sinodo romano indetto da papa Agatone contro il monotelismo.

Incerta è la cronologia dei vescovi genovesi dal VII a tutto il X secolo.[4] Tra i vescovi dell'alto medioevo, si distinsero: Pietro, che prese parte ad un sinodo milanese nell'864 per la riforma della disciplina ecclesiastica; Sabbatino, che accolse a Genova papa Giovanni VIII; Teodolfo, che restaurò molte chiese nella seconda metà del IX secolo dopo il sacco subito dagli arabi, istituì un gruppo di chierici che lo aiutavano nella cura d'anime e da cui derivò il capitolo, e che fondò il primo monastero benedettino del genovesato (Santo Stefano). All'inizio dell'XI secolo il vescovo Landolfo trasferì le reliquie di san Siro in San Lorenzo, divenuta ai tempi del predecessore Giovanni la nuova cattedrale della diocesi, consacrata da papa Gelasio II nel 1118.

Genova fu elevata al rango di arcidiocesi metropolitana il 19 marzo 1133 con la bolla Iustus Dominus di papa Innocenzo II; primo arcivescovo fu Siro II. Le vennero assegnate come diocesi suffraganee Mariana, Nebbio e Accia in Corsica, con Bobbio e Brugnato sul continente. Tra XII e XIII secolo vennero aggregate alla provincia ecclesiastica genovese la diocesi di Albenga e la neoeretta diocesi di Noli. Nel 1163 l'arcivescovo Ugone della Volta ricevette da papa Alessandro III il titolo di «legato transmarino».

A seguito del concilio lateranense del 1215, si celebrò a Genova il primo sinodo di cui si ha memoria, cui parteciparono i vescovi suffraganei. Il territorio diocesano era organizzato in pievi, da cui dipendevano molte cappelle rurali, successivamente organizzate in parrocchie; nel Trecento si contano 33 pievi. Tra 1200 e 1300 non di rado il desiderio di prevalenza e autonomia del capitolo della cattedrale portò a conflitti con gli arcivescovi; inoltre i disaccordi interni del capitolo furono spesso la causa dell'intervento della Santa Sede nelle nomine episcopali.

Tra gli arcivescovi di questo periodo si distinsero in particolare figure eminenti della Chiesa genovese. Jacopo da Varazze (1292-1298), dotto domenicano, scrittore ecclesiastico, fu ben presto venerato come beato. Guido Scetten (o Sette) (1358-1368), uomo di cultura, amico del Petrarca, è ricordato nella storiografia locale come «pastore diligente... e difensore... e guida severa del suo clero»; a lui si deve la fondazione del monastero benedettino di San Gerolamo della Cervara, dove fu accolto papa Gregorio XI durante il ritorno della curia papale da Avignone a Roma. All'arcivescovo Andrea della Torre (1368-1377) si deve la celebrazione di un sinodo di riforma e di riorganizzazione della chiesa genovese, che toccò i sacramenti, la liturgia, la moralità (con l'introduzione di norme contro l'usura).

Nel XV secolo si accentuarono gli intrecci ed insieme i contrasti tra l'autorità civile e quella ecclesiastica genovese. Nello scisma d'Occidente, la Chiesa genovese rimase fedele al papato di Roma, ma questa fedeltà fu compromessa dalla sottomissione di Genova alla Francia (1396-1409), fedele al papa avignonese. L'antipapa Benedetto XIII soggiornò in città e a lui aderì l'arcivescovo Pileo de Marini (1400-1429). Non era raro che le autorità cittadine intervenissero per forzare la mano nelle nomine dei prelati, con la conseguenza che questi spesso non erano all'altezza dell'ufficio ricevuto. È il caso per esempio dell'arcivescovo Paolo Fregoso (1453-1498), nipote del doge genovese: « Doge tre volte (una a danno di un parente), ammiraglio della flotta armata contro i turchi che avevano occupato Otranto, pirata a danno della patria quando era in disgrazia politica, cardinale, spregiudicato collezionista di benefici, non alieno da brillanti iniziative di intelligenza amministrativa e di cultura (monte di pietà, scuola musicale in cattedrale), la sua attività ecclesiastica ricalcò aspetti noti in prelati dall'accentuata caratterizzazione dinastica, enfatizzati dalla sua partecipazione alla vita politica in prima persona».[5]

Non è chiara l'estensione esatta dell'arcidiocesi. Nel XII secolo la fascia costiera andava dal torrente Lerone, che separava Genova dalla diocesi di Savona, ad Anzo (Framura), che la separava ad est dalla diocesi di Luni; l'entroterra era probabilmente delimitato dallo spartiacque appenninico. Dal XII al XV secolo furono effettuati alcuni cambiamenti territoriali, sanciti dai papi: nel 1133 alcune parrocchie della val Petronio e dell'alta val di Vara furono cedute alla diocesi di Brugnato; nel 1162 le parrocchie di Portovenere, tolte a Luni, e il monastero della Gallinaria, tolto ad Albenga, passarono all'arcidiocesi genovese, che, alla fine del XII secolo, ebbe anche il controllo su Bonifacio e alcune altre isole adiacenti, nel sud della Corsica; nel 1248 Genova si ingrandì con cinque pievi sottratte alla diocesi di Tortona; infine nel 1430 fu assegnata all'arcidiocesi anche l'isola di Capraia.

Dal XVI al XX secolo

La riforma protestante non ebbe alcun effetto a Genova, anche se forte era il bisogno di riforma della vita e delle strutture ecclesiali. I vescovi del primo Cinquecento non erano interessati ad alcun cambiamento; tra questi in particolare il cardinale Innocenzo Cybo, arcivescovo per trent'anni (1520-1550), ma che si distinse « per assenza e disinteresse».[5] Nel secondo Cinquecento, iniziarono le riforme, volute e stabilite dal concilio di Trento: nel 1574 Cipriano Pallavicino organizzò un sinodo provinciale, dove furono combattuti soprattutto la superstizione ed il malcostume; nel 1582 una visita apostolica, voluta da papa Gregorio XIII, evidenziò carenze e disfunzioni nell'organizzazione diocesana; tra il 1588 ed il 1619 furono celebrati tre sinodi diocesani per la riforma della vita ecclesiastica; importanti furono l'aggiornamento degli antichi istituti religiosi presenti in arcidiocesi e l'introduzione di nuovi ordini e congregazioni, tra cui le carmelitane riformate di santa Teresa d'Avila ed i gesuiti.

Grande figura di vescovo nel Seicento è quella di Stefano Durazzo (1635-1664), «la cui opera verteva sostanzialmente su quattro punti: l'evangelizzazione della città, dei borghi rivieraschi e dell'entroterra; la riforma del clero e del seminario; l'azione caritativo-assistenziale soprattutto nel periodo della peste; l'incremento e l'educazione della pietà popolare con il tentativo di regolamentare l'attività delle confraternite».[5] Numerose sono le opere da lui messe in atto: compì la visita pastorale dell'arcidiocesi per due volte; fondò l'istituto dei missionari urbani; celebrò un sinodo nel 1643; fondò un nuovo seminario nel 1656 e 34 nuove parrocchie; istituì le missioni popolari ed affidò la formazione dei chierici ai missionari di san Vincenzo de Paoli.

All'inizio del Settecento l'arcidiocesi contava circa trecento parrocchie; di queste tre si trovavano fuori dal territorio diocesano: Portovenere, Bonifacio in Corsica e Tabarca in Nordafrica.[5] Nel 1737 fu canonizzata, con solenni e sentite celebrazioni, Caterina Fieschi Adorno, laica vissuta nel Quattrocento, fondatrice del sodalizio caritativo-assistenziale del Divino Amore nel 1497. Tra gli arcivescovi del Settecento, si ricorda in particolare Giuseppe Maria Saporiti (1746-1767): fu il primo a scrivere lettere pastorali; rivide la formazione dei preti della sua arcidiocesi attraverso una più attenta spiritualità di ispirazione francese; diede alle stampe il primo catechismo della Chiesa genovese.

Sullo scorcio del XVIII secolo alla provincia ecclesiastica genovese furono assegnate le diocesi di Savona, Albenga, Ventimiglia e Tortona. Per un certo periodo, all'inizio dell'Ottocento, anche la diocesi di Nizza fece parte della metropolia di Genova. Infine, sul finire del secolo, la diocesi di Chiavari entrò a far parte della sede metropolitana genovese.

Durante il periodo dell'occupazione francese della repubblica di Genova, l'arcivescovo Giovanni Lercari subì l'esilio; il suo successore fu Giuseppe Maria Spina, diplomatico pontificio, che ebbe larga parte nel concordato napoleonico del 1801; per la sua politica filobonapartista, dovette fare pubblica ammenda in cattedrale l'8 dicembre 1814.

Nell'Ottocento, gli arcivescovi genovesi furono impegnati soprattutto a rinvigorire la vita della diocesi, con l'indizione di sinodi e le visite pastorali, cercando al contempo una conciliazione fra i cattolici intransigenti, che a Genova avevano un loro quotidiano, "Il Cattolico", e i cattolici più apertamente liberali; e cercando di smorzare i toni nella polemica fra i movimenti clericali e anticlericali. Durante l'episcopato di Andrea Charvaz si intensificarono le opere caritative di carattere sociale, la fondazione di scuole cattoliche per l'insegnamento primario e per l'avviamento professionale, l'istituzione di un seminario diocesano per le missioni estere. La fine del secolo vide a Genova due grandi vescovi. Salvatore Magnasco, che aveva partecipato al concilio Vaticano I, fece ricostruire il santuario della Madonna della Guardia, favorì notevolmente la stampa cattolica, pubblicò un catechismo per i bambini. A lui succedette il beato Tommaso Reggio, politicamente più conciliante e favorevole ad un riavvicinamento fra Stato e Chiesa, che si distinse per la creazione di numerose parrocchie, per la celebrazione di un sinodo diocesano (1896) e per aver visitato due volte la sua arcidiocesi.

Nella crisi modernista d'inizio Novecento, il barnabita di Genova Giovanni Semeria fu accusato ingiustamente, ed anche l'arcivescovo Edoardo Pulciano fu criticato per la sua debolezza nell'affrontare i modernisti; uomo austero e intransigente, fondò nuove parrocchie e soprattutto la rivista diocesana. Alla sua morte si aprì per l'arcidiocesi un periodo di crisi con ripercussioni politiche a livello nazionale. Infatti all'arcivescovo Andrea Caron, la cui nomina era in chiave antimodernista, fu negato l'exequatur governativo e non poté mai prendere possesso della sede genovese; l'arcidiocesi fu di fatto governata dal vicario generale Giacomo De Amicis, al quale però nel 1912 venne notificato l'interdetto di amministrare le cresime e conferire gli ordini sacri su tutto il territorio diocesano.

Dal 5 al 9 settembre 1923 Genova ospitò il settimo Congresso eucaristico nazionale italiano, a cui intervenne come legato pontificio il cardinale Gaetano De Lai.

Durante il periodo fascista emerse la figura del cardinale Carlo Dalmazio Minoretti, «considerato vescovo sociale e antifascista».[5] Riorganizzò le parrocchie del centro storico e ne fondò di nuove; operò per la funzione sociale della parrocchia, con teatri, oratori, circoli; si adoperò per lo sviluppo dell'Azione Cattolica e della FUCI; nel seminario arcivescovile intanto si formavano personalità significative della vita ecclesiale italiana del dopoguerra: Giacomo Lercaro, Emilio Guano, Giuseppe Siri, Franco Costa, Luigi Pelloux. Pietro Boetto, negli anni difficili della seconda guerra mondiale, si adoperò per la salvezza del porto e la resa delle truppe tedesche di stanza in città e nel genovesato; questo gli valse il riconoscimento del titolo di "difensore della città" da parte delle autorità civili cittadine. Il dopoguerra è segnato dall'episcopato di Giuseppe Siri, arcivescovo per oltre quarant'anni.

Il 7 ottobre 1975 cedette la parrocchia dell'isola di Capraia alla diocesi di Livorno, con effetto dal 1º gennaio 1977.[6]

L'arcidiocesi di Genova venne unita il 30 settembre 1986 alla diocesi di Bobbio, in forza del decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi; la plena unione portò alla costituzione dell'arcidiocesi di Genova-Bobbio. Già dal 1973 l'arcivescovo di Genova era amministratore apostolico della sede di Bobbio. Con questa unione l'arcidiocesi arrivava territorialmente fino alle province di Pavia e di Parma.

Tuttavia dal punto di vista pastorale questa unione non ebbe molta fortuna. Infatti il 16 settembre 1989, con il decreto Pastoralis collocatio della stessa Congregazione per i Vescovi, i territori dell'antica diocesi di Bobbio furono scorporati dell'arcidiocesi di Genova-Bobbio ed uniti a Piacenza andando a formare la diocesi di Piacenza-Bobbio. Contestualmente l'arcidiocesi di Genova riprese il nome primitivo.

Dal 15 al 18 settembre 2016 tornò a essere sede Congresso eucaristico nazionale italiano, per la XXVI edizione, in cui l'arcivescovo Angelo Bagnasco fu anche legato pontificio.

Cronotassi

Ottone Ghilini, arcivescovo di Genova dal 1203 al 1239
La carismatica figura del cardinale Giuseppe Siri, che resse l'arcidiocesi di Genova per quarantuno anni
Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova dal 2006 al 2020

Vescovi di Genova

Arcivescovi di Genova

Arcivescovi di Genova-Bobbio

Arcivescovi di Genova

Missioni

Due bambine ospiti del centro di nutrizione della Missione del Guaricano, in Repubblica Dominicana.
Repubblica Dominicana

Dal 1991 la diocesi iniziò l'esperienza missionaria con l'apertura della missione del Guaricano, nella Repubblica Dominicana, dove fino al 2008 sono stati presenti alcuni presbiteri in qualità di missionari fidei donum. La missione è stata portata avanti in collaborazione con le Suore di Nostra Signora del Rifugio in Monte Calvario, la cui presenza nel Paese continua.

Cuba

Dal 3 ottobre 2005 un sacerdote dell'arcidiocesi di Genova ed uno della diocesi di Chiavari sono al servizio della Chiesa cattolica cubana presso la diocesi di Santa Clara nella provincia di Villa Clara.

Statistiche

L'arcidiocesi nel 2016 su una popolazione di 800.574 persone contava 672.482 battezzati, corrispondenti all'84,0% del totale.

anno popolazione presbiteri diaconi religiosi parrocchie
battezzati totale % numero secolari regolari battezzati per presbitero uomini donne
1950 ? 758.422 ? 1.025 611 414 ? 600 235
1969 934.000 941.641 99,2 1.096 570 526 852 769 3.925 272
1980 987.000 1.038.000 95,1 1.062 552 510 929 1 699 2.750 274
1990 890.313 902.213 98,7 956 505 451 931 10 615 2.216 278
1999 784.588 843.644 93,0 778 405 373 1.008 16 486 1.630 278
2000 773.016 831.201 93,0 749 400 349 1.032 18 450 1.578 278
2001 773.325 831.533 93,0 729 391 338 1.060 21 441 1.560 278
2002 752.111 808.722 93,0 713 386 327 1.054 21 447 1.560 278
2003 690.133 726.093 95,0 682 370 312 1.011 23 409 1.498 278
2004 775.980 834.388 93,0 671 362 309 1.156 23 419 1.455 278
2006 671.423 721.960 93,0 655 348 307 1.025 29 416 1.365 278
2013 690.409 812.246 85,0 553 285 268 1.248 31 319 1.093 278
2016 672.482 800.574 84,0 493 273 220 1.364 30 280 1.029 278

Note

  1. ^ a b Fino al 29 giugno 2010 i vicariati di Quarto e Nervi formavano un unico vicariato denominato Quarto-Quinto-Nervi: Cancelleria Arcivescovile: Nomine 05 luglio 2010 [collegamento interrotto], su diocesi.genova.it, 5 luglio 2010. URL consultato il 26 luglio 2010.
  2. ^ Annuario arcidiocesi di Genova 2005, pp. 360-372.
  3. ^ Annuario arcidiocesi di Genova 2005, pp. 337-359.
  4. ^ Dopo Giovanni I, Cappelletti menziona 16 vescovi, fino a Giovanni (il quinto nella sua serie), all'inizio dell'XI secolo. Semeria invece ne documenta 12, e il vescovo Giovanni all'inizio dell'XI secolo è il terzo nella sua serie. Il canonico Luigi Grassi invece elenca una serie di soli 11 vescovi, con un ordine diverso da quello proposto da Cappelletti e Semeria: tra il X e l'XI secolo fu vescovo di Genova un Giovanni, il secondo nella sua serie.
  5. ^ a b c d e Dal sito Beweb.
  6. ^ (LA) Congregazione per i vescovi, Decreto Quo aptius, AAS 67 (1975), p. 678.
  7. ^ Secondo Lanzoni (op. cit., p. 835), circa i vescovi Valentino, Felice, Siro e Romolo non esistono dati certi e storicamente documentati; l'unica cosa che si può dire è che, secondo le fonti agiografiche, Valentino succedette ad un vescovo anonimo, Siro succedette a Felice e Romolo a Siro; è tuttavia difficile attribuire l'epoca in cui questi quattro vescovi hanno vissuto; alcuni autori collocano il vescovo Romolo al VII secolo, dopo la partenza dei vescovi milanesi.
    Semeria (op. cit., pp. 14-15) e Grassi (op. cit., p. 4) fanno precedere questi quattro nomi da un vescovo di nome Salomone, che in realtà fu vescovo di Ginevra e non di Genova. Altri vescovi ginevrini sono stati erroneamente attribuiti a Genova: Appellino all'inizio del VII secolo; e Federico a metà dell'XI secolo.
  8. ^ Alcuni autori inseriscono, con il beneficio del dubbio, un vescovo Eusebio nel 465.
  9. ^ L'elenco dei vescovi da Viatore (732) a Giovanni V è quello proposto da Cappelletti, con l'aggiunta dei vescovi Nazario e Massito, a lui ignoti, ma attestati da Semeria. Luigi Grassi invece propone e documenta una cronotassi diversa: san Romolo (fine VII secolo), Nazario (inizio IX secolo), Mansueto o Massito (circa 845), Pietro (863 o 864), Sabatino (nell'876 e nell'877), Viatore e Dionisio (fine IX secolo), Sigiberto (tra IX e X secolo), Raperto (916), Teodolfo I (documentato dal 946 al 981), Giovanni II (ca. 985 - ca. 1019).
  10. ^ Nel giugno 1019 era ancora vescovo Giovanni (Grassi, op. cit., p. 27.
  11. ^ La cronologia dei vescovi da Landolfo a Siro II è quella proposta da Grassi, op. cit., pp. 27 e seguenti.
  12. ^ Dei vescovi Ciriaco e Ogerio non esiste alcuna documentazione storica. Sono noti solo perché menzionati in una bolla di papa Innocenzo II del 1134 quali immediati predecessori di Airaldo (Grassi, op. cit., pp. 32-33).
  13. ^ Eletto nel 1097, venne consacrato due anni dopo, nel 1099.
  14. ^ Macchiavello, op. cit., pp. 241-242.
  15. ^ La nomina di questo arcivescovo in: Eubel, vol. II, p. 167, nota 4.
  16. ^ Secondo Gams muore nel 1513 e gli succede in questo stesso anno Innocenzo Cybo.
  17. ^ Secondo Eubel muore l'11 gennaio.
  18. ^ Il 5 luglio 1830 fu nominato arcivescovo titolare di Berito.
  19. ^ Non prese mai possesso dell'arcidiocesi per l'opposizione del governo italiano, e contestualmente alle dimissioni fu nominato arcivescovo titolare di Calcedonia. Dal 7 marzo 1914 al 22 gennaio 1915 fu amministratore apostolico dell'arcidiocesi il domenicano Tommaso Pio Boggiani.

Bibliografia

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