Storia del Bologna Football Club 1909: differenze tra le versioni

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Voce principale: Bologna Football Club 1909.

Questa pagina tratta la storia del Bologna Football Club 1909.

Gli albori

La fondazione

Il Resto del Carlino del 4 ottobre 1909

Il fondatore del Bologna calcio fu Emilio Arnstein, austriaco di origine, innamoratosi del football durante gli studi universitari a Praga ed a Vienna.[1] Nella Trieste asburgica aveva già fondato col fratello, altri boemi e qualche inglese il Black Star F.C.. Arnstein giunse a Bologna nel 1908 e subito s'informò dove si giocasse a football da queste parti. Dopo alcune informazioni imprecise, finalmente si fece vivo un tranviere. Gli disse che se alludeva a "quei matti che corrono dietro a un pallone" li avrebbe trovati in Piazza d'Armi, ai cosiddetti campi di Caprara, fuori Saffi. In questo ambiente Arnstein conobbe i fratelli Gradi, Nanni, Vincenzi, Rauch, Puntoni, Cavazza, Lambertini, Martelli, Berti, Della Valle, Savonazzi e altri. Essi avevano già disputato una partita contro i rivali ferraresi, il 4 novembre 1906. Sarebbe dunque questa, per la storia, la prima vera partita di calcio disputata a Bologna.

Prima formazione del Bologna F.C.

Dovettero passare anni prima che si decidesse di istituire una vera e propria società. Della cosa si interessasse il cav. Carlo Sandoni, presidente del Circolo Turistico Bolognese.[2] Dopo alcune riunioni, il 3 ottobre 1909, una domenica mattina, i pionieri vennero convocati in assemblea. Sandoni si dichiarò disposto a patrocinare la loro iniziativa, venne redatto uno statuto e così nacque il Bologna Football Club, sezione del Circolo Turistico.[3] Così, "il Resto del Carlino" del 4 ottobre 1909 annunciava dalle colonne della cronaca cittadina, in breve trafiletto, la nascita del Bologna:

«"Ieri mattina, al Circolo Turistico Bolognese, venne costituita la sezione per le esercitazioni di sport in campo aperto e precisamente il Foot Ball Club. Era desiderata da molti giovani questa iniziativa per il football, per la palla vibrata, pel tennis, e mentre già alcune esercitazioni si svolgevano da qualche settimana, ora si è fissato un ordinamento preciso, costituendo la sezione presso il Circolo Turistico che già ha acquistato la maggiore importanza sportiva"[4]

La notizia non passò inosservata nemmeno in ambito nazionale; così Erardo Mandrioli sulla "Gazzetta dello Sport" commentava:

«"Il nome e la serietà delle persone che sono state chiamate a dirigere le sorti della novella società ci fanno sperare che finalmente anche questo bellissimo esercizio sportivo sarà introdotto proficuamente presso di noi, e nessun dubbio quindi che anche nel football Bologna saprà portarsi in breve all'altezza delle altre città che da tempo lo praticano. Attendiamo quindi il Football Club Bologna alla prova"[5]

Presidente fu eletto Louis Rauch, un giovane odontoiatra svizzero stabilitosi a Bologna, Guido Della Valle come vice, Enrico Penaglia segretario, Sergio Lampronti cassiere, Emilio Arnstein e Leone Vincenzi consiglieri (Emilio aveva anche la direzione del campo). La carica di capitano della squadra venne affidata ad Arrigo Gradi, essendo l' unico giocatore con un pò più di esperienza rispetto agli altri compagni di squadra, in virtù dell'esperienza acquisita giocando nelle fila del Schönberg di Rossbach, in Svizzera. La sede era quella stessa del Circolo Turistico Bolognese, ovvero l' antica Birreria Ronzani, al numero 6 di via Spaderie; il campo da gioco erano i campi di Caprara; colori sociali: il rosso ed il blu, a larghi scacchi, secondo il modello delle casacche che Gradi si era portato dietro dalla Svizzera.[6] Mutandoni neri o bianchi.

Le prime partite e i primi campionati

Il 20 marzo 1910 venne organizzato il Campionato Emiliano, qualificato come di Terza Categoria per le squadre agonistiche del tempo. Vi si iscrissero solo le tre squadre della città di Bologna: la Sempre Avanti, la Virtus e il Bologna Football Club. Si contesero il titolo in due partite, giocate una dopo l' altra: il Bologna surclassò prima la Sempre Avanti per 10-0, poi, dopo un riposo di una decina di minuti, inflisse un 9-1 alla Virtus.[7]
Con l' intenzione di iscriversi al campionato di Prima Categoria della stagione 1910-11, il Bologna dovette rivoluzionarsi in ambito economico: con la nomina a presidente di Domenico Gori, finanziò la società (pagando l' iscrizione al campionato di massima serie), trasferì la sede da Via Spaderie presso il Bar Libertas, in Via Ugo Bassi, e infine individuò un terreno, che poteva fare al caso del Bologna; quel terreno prenderà il nome di "Cesoia", dal nome della trattoria proprietaria del campo.[7] Cambiarono anche le divise: da quelle rosso e blu a larghi scacchi si passò a maglie a strisce rossoblu con scollatura e stringa di chiusura.
Nella stagione 1910-11 e nelle due successive il Bologna non brillò, concludendo negli ultimi posti del girone veneto-emiliano.

Inaugurazione dello Sterlino, il 30 novembre 1913.

Alla fine di quest' ultimo campionato, il Bologna dovette lasciare il campo della Cesoia per trasferirsi nello Stadio Sterlino;[8] sorse quindi, fuori Porta Santo Stefano sul declivio di Villa Ercolani, un impianto finalmente degno di un club in ascesa. Lo stadio non era il massimo della regolarità: da una porta all’altra c’era un dislivello di un metro, si giocava un tempo in salita e uno in discesa. Venne inaugurato in occasione della prima sfida interna al Brescia: era la sesta giornata del girone Veneto-Emiliano di Prima Divisione, 1-1 con reti di Angelo Badini per i rossoblù e Simonini per i lombardi, che giocarono in dieci per quasi tutta la partita.[8] I campionati di calcio continuarono fino al 21 maggio 1915, giorno in cui la Federazione sospese il torneo, a causa dello scoppio imminente della Prima Guerra Mondiale. Tre giorni dopo, infatti, l' Italia dichiarò guerra all' Austria-Ungheria, e il calcio dovette lasciare spazio al rombo del cannone.

Il Bologna durante e dopo la guerra

Per sopperire al calcio, la FIGC nel 1916 decise di organizzare un torneo sostitutivo, la Coppa Federale. Il Bologna, incluso nel raggruppamento Emilia con Modena e Audax Emilia, giunse secondo alle spalle dei canarini, perdendo così la possibilità da partecipare alla fase finale. A causa dell' inasprimento del conflitto, il torneo non venne più ripetuto. Allora in Comitato Regionale Emiliano organizzò sia nel 1916 che nel 1917 la Coppa Emilia, di cui il Bologna vinse la prima edizione, piazzandosi in testa con 14 punti davanti al Reggio Emilia, mentre perse la seconda allo spareggio con il Modena.[7] Oltre a queste manifestazioni, a Bologna vennero organizzate numerose amichevoli.[7]

La targa commemorativa che venne affissa sotto la tribuna dello Sterlino, nel 1920.

Quando si ritorna alo sport, la situazione del Football Club è semplicemente disastrosa: ridotto in misere condizioni il campo, crollata la tribuna, scomparso lo steccato, dispersi i soci, vuote le casse sociali.[8] E questo non sarebbe niente: 7 giocatori di prima squadra non rispondono all'appello: Guido Alberti [9] (fratello maggiore di Cesare Alberti, sfortunato campione di Bologna e Genoa), Agostino Bianchi, Aldo Brivio,[10] Guido Della Valle (socio fondatore del Bologna e fratello maggiore di Giuseppe Della Valle, uno dei più grandi rossoblu di tutti i tempi), Lazzaro Antonio Fontana, Guido Pifferi,[11] e Lino Sala Rosa [12] (quest'ultimo una tra le medaglie d'argento al valor militare con cui vennero decorati alcuni tra i caduti del Bologna F.C.). Insieme a loro, erano caduti anche i soci Rinaldo Balestra, Mario Bonvicini,[13] Mario Cordara,[14] Modesto Laffi, Silvio Presi e Giorgio Ridolfi.[15] Il sacrificio di tutti loro fu ricordato il 19 settembre 1920, con una lapide posta a perenne ricordo sotto la nuova tribuna.[8] L'epigrafe, dettata dal poeta Giuseppe Lipparini, recitava:

«Animatore delle più fiere energie -- il nobile gioco -- li temprò all'entusiasmo e all'azione -- così in faccia al nemico -- donarono generosi le giovani vite -- perché fosse salva e grande la patria -- il Bologna F.B.C. volle qui incisi i nomi dei caduti gloriosi -- a render sacra la memoria -- del dovere compiuto e del sacrificio.»

L'arrivo di Felsner

«Ho avuto la ventura di trovare a Bologna quanto di meglio si potesse desiderare per un lavoro serio: materiale, uomo, ambiente, atleti che dal connubio delle doti tecniche e morali ricavano un potenziale di illimitato valore. »

Il campionato del Bologna riparte il 12 ottobre 1919, con la vittoria contro la GS Bolognese; il campionato di Prima Categoria 1919-1920 restò nei ricordi dei bolognesi perchè per la prima volta esordì un giocatore acquistato da un' altra squadra: il calciatore era Bernardo Perin, comprato dal Modena per 2 lire.[7] La squadra era ormai competitiva nel suo girone, tranne una figura che si stava delineando nel corso degli anni: quella del coach.

Hermann Felsner, primo allenatore del Bologna FC

Da Vienna arrivò Hermann Felsner, il primo vero allenatore del Bologna. Giunto nell'ottobre del 1920 vi sarebbe rimasto ininterrottamente fino al gennaio 1931 stabilendo un record di oltre 11 anni. In quel periodo egli seppe rapidamente ed abilmente amalgamare, fondere, istruire i giocatori messi a sua disposizione.[7] Nel primo anno di Felsner come allenatore, la stagione 1920-1921, l' austriaco postò il Bologna a vincere il titolo emiliano, battendo in 3 partite in finale i rivali del Modena, passò le semifinali, fino ad arrivare in finale contro il favorito Pro Vercelli, dove il Bologna trovò la sua prima sconfitta in campionato. Nelle due stagioni successive il Bologna si piazzò sempre al terzo posto, tranne per la stagione 1923-1924, dove i rossoblù arrivarono in finale, perdendo contro il Genoa all' andata per 1-0; al ritorno, in una giornata di pioggia, la partita terminò 1-1, prima che la gara fu sospesa: prima venne data la motivazione di "impraticabilità del campo" (quindi la gara si sarebbe dovuta ripetere), ma, dopo il ricorso della squadra ligure, si scoprì che l' arbitro aveva sospeso la gara non per le condizioni meteorologiche, bensì per "evitare maggiori incidenti in campo e sulle tribune".[7] Il giudice sportivo quindi concesse la vittoria a tavolino al Genoa per 2-0.

Di questa stagione rimase memorabile la vittoria contro il Pro Vercelli, rimasto imbattuto da dieci anni, sconfitto per 2-1 nello stadio dei piemontesi.


Dagli anni Venti allo scoppio della guerra

Il primo scudetto

Bologna F.C. - Genoa C. & F.C 1-2, 24 maggio 1925, Stadio Sterlino, finale Lega Nord.

Nella stagione 1924-1925, il Bologna parte da favorita per il titolo italiano, insieme al Pro Vercelli e al Genoa. Inserita nel Lega Nord-girone B, i rossoblu terminano il campionato al primo posto, superando in classifica la Juventus e la Pro Vercelli di due soli punti. Di nuovo il Bologna si trova in finale davanti al Genoa, trionfatore del girone A. Per decretare il vincitore, ci vollero 5 finali.[16]
La prima venne giocata a Bologna il 24 maggio 1924; il Bologna, in maglia bianca con una banda rossoblu orizzontale, venne sconfitto per 2-1 dal Genoa, con un goal dell' ex bomber dei felsinei Cesare Alberti; accorcia le distanze per il Bologna un giovane attaccante bolognese, Angelo Schiavio. Il ritorno si giocò a Genova il 31 maggio; la partita terminò ancora 2-1, ma questa volta a favore del Bologna, in una partita molto accesa e con varie interruzioni per scontri in campo e sugli spalti.[7]

A causa delle vittorie di ambo le squadre, fu necessaria una terza finale, giocata nel campo neutrale di Milano il 7 giugno; il flusso di sostenitori accorsi nel capoluogo lombardo fu così alto da rendere il pur capiente impianto di Viale Lombardia assolutamente inadatto a contenere l'enorme folla, che si accalcò così ai margini del campo. In questa partita il Bologna non giocò con la classica maglietta da trasferta (maglia bianca con una banda rossoblu orizzontale), considerata sfortunata dai tifosi e dalla società: infatti in questa partita la squadra giocò con una maglia verde e pantaloncini neri, per ricordare la divisa da gioco del Rapid Vienna, che aveva giocato tempo fa allo Sterlino, lasciando a tutti una grande impressione di possanza e di invincibilità. Il primo tempo è un duro calvario per i bolognesi; gli uomini di Felsner infatti vanno al riposo con due reti al passivo. Nella ripresa infatti avviene l'imprevisto: la clamorosa resurrezione del Bologna dato ormai da tutti come spacciato. Si arriva al fatale 16° minuto, quando un tiro del bolognese Muzzioli lambì il palo della porta difesa da Giovanni De Prà su deviazione dello stesso. L'arbitro indicò l'angolo, ma i sostenitori bolognesi, tra cui si segnalavano noti dirigenti federali e varie camice nere[17] , entrarono in campo accerchiando il direttore di gara, sostenendo che la palla fosse entrata in porta e uscita attraverso uno squarcio nella rete; dopo tredici minuti di sospensione l'arbitro, che infruttuosamente aveva tentato di darsi alla fuga, convalidò la rete.[18] Mauro assicurò al capitano genoano De Vecchi che avrebbe fatto rapporto dell'accaduto agli organismi giurisdizionali federali, al fine di assegnare la vittoria a tavolino ai Grifoni. In un clima pesante, partita si trascinò tra continue sospensioni e, a sette minuti dalla fine il Bologna pareggiò con un gol di Pozzi, viziato però, riportano le cronache dell'epoca, da un evidente fallo sul portiere.[18] L'ennesima invasione di campo rese difficoltosa la disputa degli eventuali supplementari, tanto che i genoani, viste le rassicurazioni dell'arbitro, non ritornarono più sul terreno di gioco. Mauro non seppe però dare seguito alla parola data e la Federazione, il cui vicepresidente era il noto gerarca fascista bolognese Leandro Arpinati, dopo il reclamo dei felsinei, i quali chiedevano a loro volta la vittoria per la mancata disputa dei supplementari, indisse, dopo una lunga bagarre legale, un nuovo spareggio, da disputare questa volta sul campo di Torino, il 5 luglio.[18]

La formazione del Bologna che vinse lo scudetto nel 1924-25.

Nella quarta finale non furono registrati scontri o invasioni di campo durante la partita, che terminò 1-1. Gli scontri però si registrarono dopo la partita, ovvero alla stazione di Porta Nuova, dove i treni che riportavano le tifoserie nelle loro città si trovarono vicini, tanto che due genoani furono feriti addirittura da colpi di pistola.[18] Dopo insulti e battibecchi tra la dirigenza del Bologna e quella del Genoa, il Consiglio Federale decide di far disputare la quinta finale il 19 luglio ancora a Torino. Interviene allora il Prefetto della città che dichiara apertamente di averne avuto abbastanza e vieta l'incontro. Passa un'altra burrascosa settimana prima che torni la pace tra le due società e possa venire stabilita la data decisiva.

Il 9 agosto 1925 viene giocata la quinta e ultima finale del campionato, sul campetto milanese della "Forza e Coraggio" a Vigentino, semi-deserto. Presenziano soltanto dirigenti, giornalisti, qualche tifoso locale, e il campo è circondato da uno squadrone di carabinieri a cavallo. Il Bologna, che gioca in verde, passa in vantaggio prima con una prodezza di Pozzi, poi allo scadere Perin arrotonda il risultato a 2-0.[16] Mentre il Bologna ha scritto la prima pagina del periodo d' oro della propria storia, si chiude quello del Genoa, resterà fermo a 9 scudetti.

Il campionato però non è concluso, e non si può ancora considerare vinto dal Bologna: resta la doppia sfida contro i romani dell'Alba Roma; i due match furono vinti entrambi dal Bologna, il primo per 4-0, il secondo per 2-0. Per la prima volta i rossoblu sono campioni d' Italia.

La stagione successiva, il Bologna si mostra degno del suo titolo. I rossoblu viaggiano imbattuti e solo all'ultima giornata vengono sconfitti dai granata. In finale la Juventus batté il Bologna, concludendo quindi la stagione al secondo posto.

Il secondo tricolore e il bis europeo

Lo stesso argomento in dettaglio: Caso Allemandi.
Stadio "Littoriale", 1928

Per contenere le ormai migliaia di tifosi rossoblu, il 31 ottobre 1926 venne inaugurato il nuovo Stadio del Littoriale, dovuto all'iniziativa ed all'impulso di Leandro Arpinati, fervente tifoso dei colori rossoblu. Il grande Stadio, completo di piscine e di campi da tennis, rappresentava al tempo stesso un premio ed un simbolo.

Nella stagione 1926-27 la sfida per lo scudetto si concentra tra Bologna e Torino. Entrambe le squadre si qualificano al girone finale, i granati si piazzano primi e i felsinei secondi. Ma sullo scudetto si abbattè il "Caso Allemandi": revocato il titolo, Leandro Arpinati preferì evitare sospetti di favoritismi e non lo assegnò, come sarebbe stato più logico, al Bologna.[19] Quello scudetto rimase tutt'ora non assegnato.[19] Intanto in estate cambia l'assetto societario: sempre Arpinati decide di creare la "Bologna Sportiva", società polisportiva con sezioni dedicate ai vari sport tra cui la scherma, atletica, tennis e ovviamente il calcio.[20]

Il secondo tricolore arriva nel 1928-29, ultimo torneo prima del girone unico. In questo campionato il ruolino dl Bologna è impressionante: 24 risultati utili, 20 vittorie e 4 pareggi, 86 goal fatti di cui 29 solo di Schiavio.[21] La finale vide il Bologna di nuovo contro il Torino: l'andata viene vinta dai rossoblu, il ritorno dai granate e infine il 7 luglio i rossoblu vinsero la terza partita e incero il loro secondo scudetto. Il Bologna sarebbe qualificato alla Coppa dell'Europa Centrale ma preferisce rinunciare e imbarcarsi per una tournée in Sudamerica; il Bologna era così la seconda squadra a provare questa esperienza dopo il Torino. Questa esperienza però si fa sentire nella stagione successiva, che vide i rossoblu arrivare solo sesti. La stagione successiva è importante perchè vengono rassegnate le dimissioni di Felsner; al suo posto arriva Guyla Lelovich, ungherese.

Renato Dall'Ara, il presidente più vittorioso della storia del Bologna

Se la prima stagione con il nuovo allenatore si conclude al terzo posto, quella successiva fu un trionfo: se in Italia inizia ad affermarsi al Juventus, che di li a poco avrebbe incominciato il suo quinquennio d'oro, in Europa il Bologna approdò in finale nella Mitropa Cup.[22] Finale che non si disputò: gli incidenti fra la Juventus e lo Slavia Praga nell'altra semifinale portarono all'esclusione di entrambe. Il Bologna divenne quindi campione d'Europa a tavolino.[22] Il bis europeo arriva due stagioni dopo: il Bologna con il terzo posto dell'anno passato si qualifica ancora alla Mitropa, che vince battendo l'Admira Vienna per 5-1 laureandosi per la seconda volta campione d'Europa.[21] Tre mesi prima l'Italia si era laureata campione del mondo sulla Cecoslovacchia proprio con un goal dell'attaccante del Bologna Angelo Schiavio. E intanto il Bologna cambia proprietario: il 26 gennaio a causa del confino di Arpinati tutti i suoi uomini al Bologna spariscono di scena, Bonaveri compreso; la società passa quindi in mano all'imprenditore tessile Renato Dall'Ara, inaugurando così il suo trentennio di presidenza, il più glorioso della storia del Bologna.[21]

col Bologna prima di morire a causa
Árpád Weiszungherese di origine ebrea, vinse due campionati. A lui è intitolata la curva Sud del Bologna

La nascita e la fine dello "squadrone che tremare il mondo fa"

Dal 1934 al 1945 si registrò in Italia e in Europa un netto dominio rossoblu: in sei anni, dal '35 al '41 la squadra vinse ben 4 scudetti. Il fautore di questo dominio è il nuovo allenatore, l'ungherese Arpad Weisz, di origine ebraica;[21] i suoi frutti si videro dal 1936 con la vittoria del terzo scudetto, riuscendo a vincerlo nonostante una rosa molto corta (appena 14 giocatori), l'anno successivo con il bis tricolore e inoltre con la vittoria del prestigioso Torneo dell'Esposizione di Parigi, una competizione che riuniva tutte le squadre che avevano vinto il campionato la stagione passata, quindi una sorta di Mondiale per club europeo.[23] Nonostante la stagione successiva dove il Bologna si classifica quinto, nella stagione 1938-39 arriva l'ennesimo scudetto.[21] A vincerlo non sarà Weisz, che è costretto a lasciare l'Italia a causa delle promulgazioni delle leggi razziali, bensì Hermann Felsner, già allenatore dei rossoblu nei primi anni della fondazione del club. L'anno successivo si contesero lo scudetto i rossoblu e l'Ambrosiana, squadra di Milano che iniziava ad affacciarsi nel calcio che conta; dopo un campionato combattuto tra le due squadre, proprio all'ultima di campionato si ritrovano a giocare contro le due squadra appaiate entrambe in testa, con i milanesi con un punto in più del Bologna. La partita venne vinta dall'Ambrosiana e si laureò campione d'Italia.

La stagione successiva, nonostante la guerra fosse incominciata quattro mesi prima, il Bologna la conclude con la vittoria del sesto scudetto; un'aura di imbattibilità circonda il Bologna, tanto che i tifosi rispolverano un vecchio inno del tempo dei pionieri "È il Bologna lo squadrone / che tremare il mondo fa". La vittoria dello scudetto sarà l'ultima gioia del Bologna per i futuri anni: l'anno successivo si piazza al settimo posto e poi, complice la guerra incalzante, il campionato di calcio viene sospeso. All'indomani della fine del campionato, Felsner torna in patria e non si può non pensare a un ciclo che si chiude definitivamente.

Gli anni della crisi

1942-1952: gli anni della mediocrità

Partito Felsner, Dall'Ara chiama Montesanto come neoallenatore, che porterà la squadra al sesto posto finale. Ma la guerra arriva anche in Italia e la Serie A è costretta a fermarsi: la passione per il calcio è dura a morire e viene quindi organizzato un campionato di guerra, a cui partecipano solo le squadre del Nord e Centro-Italia.[24] Il Bologna arriva in semifinale perdendo contro lo Spezia, che vincerà poi la competizione (che però non verrà mai pienamente riconosciuta dalla Figc) . Ma l'anno successivo il campionato italiano ritorna, e i rossoblu, nonostante avesse perso giocatori importanti come Puricelli e Andreolo, vince la Coppa Alta Italia. Nonostante questo premio, in campionato si continua a faticare e si finisce di nuovo sesti.[24] Da questo campionato il Bologna visse momenti molto bui, che non lo riportarono più ad essere competitivo in Italia e in Europa, tanto che nelle stagioni 1949-50 e 1951-52 i rossoblu rischiano seriamente la retrocessione. Tutto ciò era dovuto specialmente al tramonto del "Metodo", il modulo di gioco che negli anni Trenta e Quaranta aveva regalato sei scudetti al Bologna ma che ormai era scalzato da Sistema, e Dall'Ara, ancora attaccato a questa antica tattica, chiamò allenatori che ancora la usavano, con la conseguenza di campionati disastrosi dal punto di vista della tattica e delle vittorie. Alla fine con l'arrivo dell'inglese Edmund Crawford anche il Bologna passò ufficialmente al "Sistema".[24][7]

1952-1963: la lenta rinascita

Fulvio Bernardini, l'allenatore dello scudetto della stagione1963-1964

A seguito del sedicesimo posto in classifica, che al tempo era il peggior piazzamento della storia del Bologna, Dall'Ara cambiò ancora tecnico, puntando su Giuseppe Viani. Nonostante la squadra non contasse su giocatori affermati in ambito nazionale, Viani nei tre anni in cui allenò il club lo portò in ottimi piazzamenti: nel 1952-53 ottenne il quinto posto finale, che andava al di là delle aspettative, poi un sesto e infine il quarto posto, con 13 risultati utili consecutivi e miglior piazzamento del dopoguerra.[7] Ma l'anno dopo il Bologna ripiomba nel caos: la squadra non ingrana, Viani rassegna le dimissioni e al suo posto arriva Aldo Campatelli, ex giocatore del Bologna. Alla fine però il piazzamento finale è il quinto posto, inimmaginabile per come si erano messe le cose. Le stagioni a venire sono contraddistinte da alti e bassi, ma già in questi anni vengono acquistati i giocatori che poi comporranno la futura squadra titolare che vincerà lo scudetto nel 1964; nella stagione 1956-57 arrivò a Bologna Mirko Pavinato, l'anno dopo Paride Tumburus e Giacomo Bulgarelli e quello dopo ancora Romano Fogli, Marino Perani e Carlo Furlanis. Ma soprattutto alla fine del campionato 1960-61 arrivò Fulvio Bernardini, l'allenatore che vincerà lo scudetto.

La vittoria del settimo scudetto

«Beh, signori della stampa, mi pare che così si giochi solo in Paradiso...»

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Il Bologna campione d'italia nella stagione 1963-1964. Dall'alto, a sinistra: Franco Janich, Romano Fogli, Furlanis, Paride Tumburus, Capra, Negri, Marino Perani, Giacomo Bulgarelli, Harald Nielsen, Helmut Haller, Mirko Pavinato.

Fulvio Bernardini arrivò a Bologna con la voglia di confezionare un'altra impresa come quella con la Fiorentina, quando vinse lo scudetto nel 1956. Al suo arrivo il nuovo allenatore chiese e ottenne due giocatori che si sarebbero rivelati fondamentali: dalla Lazio giunsero Franco Janich e Bruno Franzini, rispettivamente centrocampista e difensore. Per l'attacco arriva dalla Danimarca Harald Nielsen, su consiglio dell'ex calciatore rossoblu Axel Pilmark. La prima stagione parte a rilento, tanto che il presidente Dall'Ara comincia già a contattare diversi allenatori per sostituire Bernardini, tra cui l'ex Viani, al quale il presidente era rimasto legato. Nonostante le critiche la squadra finisce al quarto posto e rappresentava il miglior piazzamento degli ultimi 20 anni, assieme a quello del '54-'55 (ottenuto sotto la guida dello stesso Viani). In più era arrivato il successo nella Mitropa Cup, non più prestigiosa come prima della guerra, ma pur sempre importante. Il 1962 sono anche gli anni dei mondiali in Cile; i rossoblu che prendono parte alla spedizione sono Tumburus, Bulgarelli, Janich e Pascutti, ma l'avventura degli azzurri si rivelerà fallimentare. La stagione successiva alla squadra si aggiunge un ultimo tassello: dai mondiali si prende dalla nazionale tedesca Helmut Haller; tale inserimento portò un'ulteriore ventata di freschezza e di inventiva in una squadra che già produceva gioco di prim'ordine. Infatti il Bologna continua sulla falsariga della passata stagione, al punto da far esclamare all'allenatore rossoblu, al termine di una partita vinta per 7-1 sul Modena: "Così si gioca solo in Paradiso!".[25] Alla fine però sarà ancora quarto posto, ma per tutta la stagione è centrale il problema del portiere: alcune incertezze costarono il posto ad Attilio Santarelli, sostituito da Cimpiel, e questi da Rado. Ma dalla stagione successiva tale problema viene risolto con l’acquisto del nazionale William Negri.

Stagione 1963-64: il settimo scudetto.

Lo spareggio scudetto

Serie A 1963-1964

Roma, 7 giugno 1964
Stadio Olimpico (Roma)


BolognaInter
2 – 0[26]


Negri
Furlanis
Pavinato
Tumburus
Janich
Fogli
Perani
Bulgarelli
Nielsen
Haller
Capra

L'inizio della stagione si notò come la squadra era cambiata, era diventata più concreta: continuava a segnare tanto, ma ormai subiva poco. Così la marcia cominciò a essere impressionante, dieci vittorie consecutive che catapultano il Bologna in testa alla classifica insieme al Milan. Ma dopo la vittoria proprio contro i rossoneri per 2–1 che porta i rossoblu al comando, pochi giorni dopo scoppia il caso-doping.[27]

Il caso-doping

Il 4 marzo 1964 in seguito ad alcuni controlli antidoping effettuati due giorni prima dopo Bologna-Torino (4-1), risultò che cinque giocatori rossoblu (Pavinato, Fogli, Tumburus, Perani e Pascutti) vengono trovati positivi.[27] Le provette contenenti il "materiale incriminante" furono messe sotto sequestro dalla magistratura, e la FIGC formalizzò il provvedimento: 3 punti di penalizzazione al Bologna, 18 mesi di squalifica all'allenatore Bernardini e al medico sociale Igino Poggiali, assolti i giocatori incriminati perchè assunsero sostanze dopanti inconsapevolmente.[28] La reazione della città è quella di chi sa di subire un’ingiustizia da parte dei potenti; diversi si lamentano infatti che questa decisione sia arrivata per fermare il cammino del Bologna e favorire invece squadra più blasonate come Inter o Milan, molto più ben viste dalla Lega Calcio.[29]

Subito dopo la decisione della Figc il Bologna chiede le controanalisi, ovvero far esaminare anche il secondo campione delle urine. Il regolamento infatti prevede che al momento del prelievo, il campione venga diviso in due flaconi, proprio per riservarsi la possibilità di una eventuale verifica.[7] Le controanalisi dimostrarono però l'innocenza dei giocatori: nelle provette furono registrati livelli di anfetamine in quantità eccessive per un essere umano, quindi difficilmente potevano essere state somministrate ai giocatori incriminati.[7][30] Accertata la mancanza di prove circa l'assunzione da parte dei giocatori di sostanze proibite, il 16 maggio la Corte d'Appello federale assolve il Bologna, il medico sociale Poggiali e Bernardini, cancellando i tre punti di penalizzazione.[31]

Lo spareggio-scudetto

Il campionato finì così con le due squadre appaiate al primo posto, Bologna e Inter: per la prima volta nella storia della Serie A si rese necessario uno spareggio, che si giocò a Roma il 7 giugno 1964. Ma tre giorni prima della gara una terribile notizia colpì i giocatori rossoblu: mentre si trovava nella sede della Lega con Angelo Moratti, proprietario dell’Inter, per definire i dettagli organizzativi per lo spareggio, era morto improvvisamente di infarto il presidente Renato Dall’Ara.[32] Il Bologna giocò con il lutto nel cuore la partita perfetta, accorta tatticamente e assai cinica, vincendo 2-0 con reti di Fogli e Nielsen, mettendosi così in tasca dopo 23 anni il settimo scudetto.[33] Con la vittoria del campionato si chiude la presidenza Dall'Ara, il presidente più vittorioso della storia del Bologna: cinque scudetti, una Coppa Media Europa, il Torneo dell’Esposizione di Parigi, una Mitropa Cup, una Coppa Alta Italia. Nel trentennale della morte, gli verrà intitolato lo stadio Comunale.[34]

Dal doposcudetto alla fine degli anni settanta

A sostituire Dall'Ara fu il vicepresidente Luigi Goldoni, già da anni nel consiglio d'amministrazione della società. L'annata successiva alla vittoria del settimo scudetto vede la squadra partecipare alla Coppa dei Campioni 1964-1965 ma venire subito eliminata al turno preliminare contro l'Anderlecht, risolto a favore dei belgi nello spareggio di Barcellona per lancio della monetina. In campionato il Bologna chiude al sesto posto, deludendo molti tifosi.[35] Dopo questa stagione la società decise di dare una scossa alla squadra: Goldoni diede il benservito a Fulvio Bernardini (a anche al d.s. Antonio Bovina) e al suo posto arrivò prima Manlio Scopigno poi Luis Carniglia. L'allenatore argentino portò il Bologna ad un paio di eccellenti piazzamenti: prima un secondo posto che qualificò il Bologna alla Coppa delle Fiere (arrivando fino ai quarti e uscendo contro il Leeds per lancio della monetina) e terzo posto.[36] Intanto Goldoni nel 1966 aveva richiamato come direttore generale Viani, già ex allenatore dei rossoblu negli anni 50. Con il suo arrivo però nacquero dei contrasti fra lui e Carniglia, e dopo una violenta lite durante un ritiro nel campionato 1997-98 la società decise di esonerare l'allenatore argentino e di prendere Cesare Cervellati, bandiera del Bologna degli anni 50 e 60.[36] Col passare del tempo comunque vengono ceduti diversi pezzi del Bologna scudettato, prima Harald Nielsen, poi Helmut Haller, mentre Ezio Pascutti si ritira e William Negri trascorre un anno inattivo per infortunio, prima di essere ceduto pure lui. La vendita di Haller fu l'ultima azione da presidente di Goldoni: gli subentrò Raimondo Venturi, imprenditore del settore tubolari, terzo presidente del dopoguerra.

Giacomo Bulgarelli, il giocatore con il maggior numero di presenze nella storia del club

Nel 1969 viene chiamato ad allenare prima Oronzo Pugliese poi nella stagione 1970-71 Edmondo Fabbri.[37] Al primo anno l'ex CT della Nazionale italiana conquista la Coppa Italia: nella partita decisiva la squadra sconfigge il Torino per 2-0 con doppietta di Giuseppe Savoldi. Nelle stagioni successive la squadra continuò a non raggiungere le posizioni di vetta. Uniche consolazioni di quegli anni furono le vittorie della Coppa di Lega Italo-Inglese nel 1970 e quella della seconda Coppa Italia nella stagione 1973-1974, battendo ai rigori il Palermo nella finale di Roma. L'allenatore di questa vittoria era Bruno Pesaola, subentrato nel 1972 a Fabbri e chiesto espressamente dal nuovo presidente Luciano Conti, un industriale con interessi diversificati - dall'elettricità all'editoria (Guerin Sportivo e Autosprint) alla meccanica - che per 400 milioni di lire divenne il quinto presidente del dopoguerra.[38]

Nel 1975 chiuse la sua carriera a 35 anni Giacomo Bulgarelli, bandiera della squadra.[38] La fascia di capitano passò al romagnolo Eraldo Pecci, un altro centrocampista di regia cresciuto nel vivaio. I tifosi però lo poterono vedere solo per poche stagioni: lo stesso venne ceduto al Torino, insieme al centravanti titolare e cannoniere Giuseppe Savoldi che, sempre nell'estate 1975, venne ceduto al Napoli per la cifra record di due miliardi. I tifosi non perdonarono al Presidente Conti la politica della cessione dei pezzi migliori, contestandolo duramente. Dopo una serie di stagioni tra il 5° e l’8° posto iniziarono i brividi, con salvezze in extremis di cui era artefice Cesarino Cervellati, chiamato spesso a risollevare le sorti del Bologna quando tutto sembrava ormai compromesso, come nel 1978-79 quando si salvò all'ultima giornata, nell'ultima uscita di un altro elemento simbolo dopo Bulgarelli: il terzino Tazio Roversi.[36]

Dalla Serie A al fallimento

Il caso calcioscommesse del 1980

Lo stesso argomento in dettaglio: Scandalo italiano del calcioscommesse del 1980.

Nel 1979-80, subentrato Tommaso Fabbretti a Conti, la stagione partì con allenatore l'ex calciatore Marino Perani e il ritorno di Savoldi, ma quel campionato fu macchiato dal coinvolgimento dei rossoblù nella vicenda del calcioscommesse. Il Bologna subì la pesante penalizzazione di 5 punti, Savoldi e Petrini vennero squalificati per 3 anni e 6 mesi e Colomba solo per 3 mesi.[39] La squadra durante il campionato non risentì dei punti di penalità, anzi accrebbe i meriti dell'allenatore Luigi Radice, che condusse i rossoblù al 7° posto finale dopo tante vittorie importanti.

Roberto Mancini fece il suo esordio in Serie A con la maglia rossoblù

La doppia retrocessione e il ritorno in Europa

Nonostante il buon campionato, la società non riuscì a trattenere Radice che firmò con il Milan.[40] Il Bologna ripiegò quindi su Tarcisio Burgnich, grande protagonista dell'Inter euro-mondiale di Herrera ma tecnico con poca esperienza in A. All'inesperienza dell'allenatore si sommavano gli squilibri di un ambiente non del tutto risanato dallo scandalo del calcio-scommesse, che generò malumori tra i giocatori.[40] Tutti questi fattori portarono la squadra alla prima retrocessione nella storia del club, con la sconfitta in rimonta contro l'Ascoli. All'indomani della retrocessione, Fabbretti decise di richiamare Luigi Radice, tecnico ancora molto amato dai tifosi e appena liberatosi dal Milan; ma il 6 luglio con una conferenza stampa Radice annunciò che non avrebbe guidato un Bologna privo del suo giocatore più forte e più rappresentativo, il giovane Roberto Mancini, ormai venduto dal presidente alla Sampdoria per quattro miliardi. In campionato la squadra, prima allenata da Alfredo Magni poi da Paolo Carosi e infine dal solito Cervellati, deluse le aspettative di tutti, e non solo non lottò mai per risalire in A ma addirittura retrocedette per la seconda volta nella storia del club in appena dodici mesi.[40]

Verso la fine del campionato Fabbretti cedette le sue quote al veronese Giuseppe Brizzi. Smantellò la formazione del doppio tonfo riallestendola per un campionato di C1 di vertice, riuscendoci al primo anno: il 3 giugno del 1984, il ventennale della scomparsa di Renato Dall'Ara, al quale con una breve e suggestiva cerimonia venne intitolato l'ex Stadio Littoriale ed ex Comunale, il Bologna centrò la promozione in B.[41] Allenatore era Giancarlo Cadé, che però non fu riconfermato per la stagione successiva. Al suo posto Santin, che fu esonerato dopo un duro contrasto con Domenico Marocchino, migliore acquisto per la stagione 1984-85 di Serie B. Quell'anno il Bologna riuscì a salvarsi con uno stentato nono posto e nelle ultime determinanti giornate Recchia e Brizzi lasciarono il timone della presidenza a Luigi Corioni, industriale bresciano che preparò con cura il rilancio rossoblù.[37] Dopo qualche stagione dove il Bologna fallì la risalita in A, il campionato 1987-88 riportò i felsinei nella massima serie grazie ad un allenatore emergente, Gigi Maifredi, che vincendo lo scetticismo generale portò un gioco spumeggiante Bologna in serie A.[42] E come se non bastasse, dopo una stagione tranquilla dove il Bologna si posizionò a metà classifica, Maifredi nel 1990 conquistò addirittura la qualificazione in Uefa prima di lasciare Bologna, per rispondere al richiamo della Juventus.[42]

La seconda doppia retrocessione e il fallimento

Partito Maifredi e diversi giocatori cardine della squadra come Pecci, Marocchi, Luppi e De Marchi, il Bologna si appresta ad iniziare la stagione con molte incognite e diversi dubbi.  E infatti l'allenatore Franco Scoglio venne esonerato dopo sole sei giornate nelle quali aveva racimolato solo due punti. La squadra si ritrovò come prosciugata nei momenti cruciali del campionato a causa dell'impegno di Coppa Uefa, dove vennero spese le risorse fisiche e nervose più rilevanti. Così, mentre si gioiva per le belle prestazioni fornite in Europa, non ci si preoccupò sufficientemente delle difficoltà che si incontrano in campionato, tanto che infatti in questa stagione il Bologna retrocesse in B ma sorprendentemente arrivo ai quarti, venendo fermata dallo Sporting Lisbona. Dopo questa retrocessione, Corioni decise di vendere le sue quote ai bolognesi Pietro Gnudi e Valerio Gruppioni, fiaccato anche dalle contestazioni seguite alla retrocessione. In realtà dietro i due c'era Pasquale Casillo, il quale era interessato al Bologna per motivi non ben precisati.

La successiva stagione in Serie B venne chiusa solo al tredicesimo posto con salvezza agguantata in extremis, mentre quella successiva, la 1992-1993, si rivelò drammatica. Dopo il disimpegno dei soci Vanderlingh e Gruppioni, rimase al timone del Bologna Piero Gnudi e Casillo. Il club concluse la stagione in diciottesima piazza, il che equivalse alla seconda retrocessione in Serie C1 in undici anni. Il 19 giugno 1993, a causa dei problemi economici di cui già da diversi mesi soffriva la società, lo storico Bologna Football Club andò incontro al fallimento.

La presidenza Gazzoni

Dalla Serie C alla semifinale di Marsiglia

Giuseppe Gazzoni Frascara, presidente del Bologna nel periodo 1994-2005

Dalla sentenza del tribunale la società fu rifondata alla fine di giugno sotto la denominazione Bologna Football Club 1909 (venne semplicemente aggiunta la data di fondazione per cambiare il nome del club), e riuscì a garantire abbastanza agevolmente l'iscrizione al successivo campionato di Serie C1, con un ambizioso progetto di rilancio. Giuseppe Gazzoni Frascara diventò il nuovo presidente, mentre come allenatore fu chiamato Alberto Zaccheroni e come direttore sportivo Eraldo Pecci.[43] Le ambizioni sportive si infransero ai play-off contro la Spal con tante recriminazioni, ma al secondo tentativo, guidata prima da Edy Reja e Pecci e poi da Renzo Ulivieri e Gabriele Oriali come direttore sportivo, il club compì il suo primo passo verso la resurrezione col ritorno in B terminando l'anno al primo posto con 81 punti ed una sola sconfitta. Solo 12 mesi dopo, nel giugno 1996, si festeggiò anche l’immediata promozione in A con il goal di Giorgio Bresciani in Bologna – Chievo a tempo scaduto e il secondo campionato consecutivo vinto dai rossoblù.

La formazione del Bologna che arrivò in semifinale di Coppa UEFA

Il torneo 1996-97 riproponeva finalmente il Bologna nella massima categoria. Dal mercato arrivarono Marocchi, Fontolan e i colpi grossi Andersson (dal Bari) e Kolyvanov (dal Foggia).[43] Proprio questi due stranieri consentirono alla squadra di fare un salto di qualità ulteriore, sostanziata da una serie di vittorie esterne di prestigio come quelle contro Inter e Lazio, dal 7° posto finale e dalla semifinale di Coppa Italia perduta contro il Vicenza, destinato a conquistare il trofeo.[43] L’anno seguente, il quarto consecutivo di Ulivieri, si chiuse all’8° posto col diritto a partecipare al torneo Intertoto; ma fu anche l’anno di Roberto Baggio al Bologna, ingaggiato a sorpresa con un’abile operazione di mercato da Oriali e Gazzoni. Il Divin Codino fu protagonista di una marcia memorabile a livello personale verso l’obiettivo della convocazione ai Mondiali con la Nazionale azzurra, mentre trascinava i rossoblù con un girone di ritorno, realizzando 22 reti, insieme ai compagni di reparto Andersson e Kolyvanov, che in soli due anni erano già considerati gli stranieri del Bologna più amati di ogni tempo. L'avventura di Baggio durò solo una stagione, poi verrà ceduto all'Inter. Anche Oriali e Ulivieri lasceranno il club per accasarsi rispettivamente a Parma e Napoli. Per sostituirli Gazzoni puntò su Oreste Cinquini come direttore sportivo, Carlo Mazzone come allenatore e Giuseppe Signori come attaccante di punta della squadra. La squadra vinse la Coppa Intertoto battendo in finale i polacchi del Ruch Chorzow, aggiornando così la bacheca con un titolo che mancava dalla Coppa Italia del 1974. In campionato la squadra arrivò al nono posto, a cui si aggiunse la vittoria nello spareggio con l'Inter valido per l'ingresso in Europa.

Il contemporaneo percorso in Coppa UEFA è anch'esso positivo: la squadra eliminò in successione Sporting, Real Betis, Slavia Praga e Olympique Lione, prima di arrendersi a sua volta in semifinale contro l'Olympique Marsiglia, poi finalista perdente con il Parma. Questa semifinale su al centro di numerose polemiche a causa di un rigore assegnato ai transalpini nei minuti finali e che permise a loro di passare il turno, tanto che dopo la partita ci fu una violenta rissa tra i giocatori.[44] Anche in Coppa Italia i bolognesi uscirono in semifinale, stavolta per mano della Fiorentina.

Gli anni del declino

Per la stagione 1999-2000 la dirigenza affida la squadra a Sergio Buso, già allenatore della Primavera ed ex portiere rossoblu negli anni settanta.[45] La sua avventura in panchina però dura appena sette giornate e al suo posto viene allora ingaggiato Francesco Guidolin, anch'egli ex calciatore del Bologna. La squadra chiude il campionato all'undicesimo posto, mentre in Coppa UEFA viene eliminata al terzo turno dai turchi del Galatasaray, poi vincitori del trofeo. La seconda stagione di Guidolin si conclude con un nono posto a pari punti con la Fiorentina.

Nell’estate 2001 Guidolin, spronato dal vento delle contestazioni da parte della tifoseria nei confronti della dirigenza,[46] relative alla campagna acquisti. Questo fatto induce Gazzoni a dare le dimissioni da presidente ed a nominare al suo posto Renato Cipollini, suo uomo di fiducia.[45]L'annata è comunque positiva e la squadra lotta fino all'ultimo per un posto importante in Europa; ma per una serie concatenata di risultati avversi, tra cui la famosa vittoria della Lazio sull'Inter e la sconfitta del Bologna col Brescia, sia la Champions che la Uefa svanirono al fotofinish. Ai rossoblù rimase solo la possibilità di partecipare di nuovo alla Intertoto Cup, peraltro beffarda con la finale persa a Londra contro il Fulham.[45] Questa è per il momento l'ultima partita in una competizione europea da parte del Bologna.

Dopo questo campionato infatti il club andò incontro ad un nuovo declino, culminato purtroppo, dopo un paio di salvezze, con una bruciante retrocessione fra i cadetti dopo un drammatico spareggio con il Parma nel giugno del 2005. Con lo scoppio di Calciopoli si venne a scoprire che le partite del Bologna contro Fiorentina, Juventus e Lazio furono truccate per sfavorire i rossoblu;[47] in quelle gare infatti il Bologna usci sconfitto.

La presidenza Cazzola

Con la discesa in B Carlo Mazzone lascia il Bologna, che si affida nuovamente al tecnico Renzo Ulivieri, già allenatore tra il 1994 ed il 1998. Dopo le prime giornate del campionato 2005-2006 l'ex presidente e principale azionista, Giuseppe Gazzoni Frascara, esce di scena cedendo la sua quota all'imprenditore bolognese Alfredo Cazzola, noto imprenditore del territorio a spiccata vocazione sportiva, che diventa socio di maggioranza e nuovo presidente.[48] La squadra procede in maniera altalenante ed in gennaio 2006 Ulivieri viene sostituito da Andrea Mandorlini, che però dopo poche giornate viene esonerato e rilevato da Ulivieri stesso. Terminato il girone d'andata a metà classifica, mancando l'accesso ai playoff promozione. Nella stagione successiva l'allenatore è ancora Renzo Ulivieri ma, come per l'anno passato, viene esonerato dopo un campionato incolore e sostituito da Luca Cecconi, suo vice; la mossa però non ottiene gli effetti desiderati e i rossoblu terminano solo settimi, dopo essere stati per tutto il girone d'andata nella zona promozione. Per guidare la squadra nel campionato 2007-2008 viene ingaggiato il tecnico cesenate Daniele Arrigoni. L'organico comprende giocatori di livello per la categoria come AdaíltonMassimo MarazzinaDavide Bombardini e Cristian Bucchi. Al terzo anno di serie B alla fine il Bologna riesce ad arrivare al secondo posto grazie alla vittoria in casa contro il Pisa, garantendosi la promozione in A.[49]

2008-2014: l'incertezza societaria

Francesca Menarini

Marco Di Vaio, arrivato al Bologna nell'estate 2008, totalizzerà con la maglia rossoblu 66 goal in 148 presenze

Riportato il Bologna in serie A, Cazzola trova l'accordo per venderlo al socio di minoranza Renzo Menarini, che il 2 agosto 2008 ufficializza l'acquisto. Cazzola rimane presidente fino al 12 settembre, quando gli subentra Francesca Menarini, figlia di Renzo.[48] Nel campionato 2008-2009 è confermato come allenatore Daniele Arrigoni, che però il 3 novembre, dopo la sconfitta sul campo del Cagliari per 5 a 1, viene esonerato e sostituito dal debuttante Siniša Mihajlović. Dopo un buon inizio, il 14 aprile 2009, a 7 giornate dal termine del campionato, Mihajlović viene a sua volta sollevato dall'incarico[50] ed il suo posto è affidato a Giuseppe Papadopulo, un tecnico esperto nelle salvezze delle squadre e che nel campionato precedente aveva riportato il Lecce in serie A. Il 31 maggio 2009, grazie al successo per 3-1 sul Catania, il Bologna si assicura la quart'ultima piazza del campionato, e di conseguenza la permanenza nella massima serie. La stagione è caratterizzata dalla straordinaria prolificità del centravanti Marco Di Vaio, autore di 24 reti arrivando al secondo posto nella classifica marcatori del campionato all'ottavo posto in quello della Scarpa d'oro.[51]

Nella stagione successiva il Bologna festeggia il centesimo anniversario della propria fondazione.[52] Vengono organizzate varie manifestazioni e mostre, e numerose sono le iniziative editoriali.[53] I festeggiamenti culminano nel Gran Galà del centenario nella notte del 2 ottobre 2009. Nella successiva partita contro il Genoa del 4 ottobre il Bologna, per deroga della federazione, indossa una riproduzione fedele della sua prima divisa ufficiale.[54] Nonostante i festeggiamenti, la stagione calcistica non parte affatto bene, e di conseguenza dopo 9 giornate l'allenatore Papadopulo viene esonerato e la guida tecnica affidata a Franco Colomba, ex-calciatore dei rossoblu negli anni 80. La squadra ha un grande recupero, a cui fa seguito una nuova crisi di risultati, ma la salvezza viene comunque raggiunta alla penultima giornata e la squadra si piazza di nuovo al diciassettesimo posto.

Sergio Porcedda, Massimo Zanetti e Marco Pavignani: tre presidenti in una stagione

A fine campionato la famiglia Menarini, a lungo contestata dalla piazza e dalla tifoseria, intavola varie trattative finalizzate alla vendita della società e trova un accordo con l'imprenditore sardo Sergio Porcedda, il quale il 7 luglio 2010, rilevate le quote di maggioranza, assume la carica di presidente.[48] La nuova proprietà rinnova completamente lo staff dirigenziale insediando uomini di sua fiducia. Viene invece inizialmente confermato l'intero staff tecnico, ma il 29 agosto, alla vigilia della prima di campionato, l'allenatore Franco Colomba viene sorprendentemente esonerato. Inizialmente sostituito ad interim dall'allenatore della Primavera Paolo Magnani per la prima di campionato, al suo posto arriva Alberto Malesani.

La gestione Porcedda, pur avendo dato corso ad un profondo rinnovamento e ringiovanimento del parco giocatori, dopo pochi mesi si rivela totalmente insolvente sul piano finanziario, al punto da causare una penalizzazione di 3 punti, da scontare nel campionato in corso, per inadempienze finanziarie.[55] A metà novembre la società dichiara default ed è sull'orlo del fallimento, essendo stata pure messa in mora dai tifosi che da mesi non ricevevano più alcun stipendio.[56]

In soccorso dell’agonizzante società intervenne a dicembre 2010 il Comitato Bologna 2010, organizzata dal banchiere Giovanni Consorte e capitanata da Massimo Zanetti, proprietario della Segafredo Zanetti, riesce in dicembre a rilevare interamente le quote della società da Porcedda e Menarini.[48] Massimo Zanetti è il nuovo presidente ma la sua prima mossa fa discutere molti: come direttore generale chiama Luca Baraldi, che già aveva ricoperto tale ruolo ai tempi dei Menarini ma che non lasciò ottimi ricordi a causa di alcuni diverbi con i giocatori.[57] La sua nomina genera quindi disappunto tra i giocatori e tra i nuovi soci, temendo un tracollo dei risultati. Il 21 gennaio 2011, proprio a causa di questi diverbi, rimette la carica, che viene assunta dal vicepresidente Marco Pavignani.[58] La presidenza di Pavignani è dichiaratamente di transizione ed il 7 aprile 2011, eseguite le necessarie ricapitalizzazioni societarie, in accordo coi soci viene nominato presidente l'imprenditore bolognese Albano Guaraldi, che il 21 maggio 2011 assume anche la carica di amministratore delegato.[59]

Stefano Pioli, allenatore del Bologna, prima della partita di Serie A, Siena - Bologna del 25 aprile 2012.

Nonostante la situazione societaria di straordinaria incertezza e difficoltà la squadra realizza un buon campionato, compattandosi intorno al proprio allenatore Malesani ed all'attaccante Marco Di Vaio, autore di 19 reti. La squadra si salva facilmente a metà girone di ritorno ma a causa di un tracollo di risultati si classifica solamente al 16º posto.[48]

Albano Guaraldi

Terminato il campionato viene scelto un nuovo allenatore nella persona del bolognese Pierpaolo Bisoli. Viene ingaggiato come consulente tecnico Salvatore Bagni. A poco meno di due mesi dall'assunzione del nuovo incarico, il 25 luglio viene reso noto il licenziamento di quest'ultimo a causa di divergenze per il budget del mercato estivo; nel ruolo di direttore generale viene scelto Roberto Zanzi, che in seguito assumerà anche il ruolo di direttore sportivo.

Le stagioni sotto la presidenza Guaraldi furono caratterizzate da salvezze raggiunte nelle ultime giornate e dalle ambizioni contenute, ad eccezione del campionato 2011-12 che fu terminato al 9° posto grazie soprattutto alla conduzione tecnica dell'allenatore Stefano Pioli, e del solito Di Vaio, che visse a Bologna una seconda giovinezza coi fiocchi, prendendosi con pieno merito l’esclusiva nei cuori dei tifosi rossoblù in anni altrimenti assai poco soddisfacenti.[48]

E infatti quando il calciatore romano lasciò Bologna per chiudere la carriera al Montreal Impact di Joey Saputo la squadra piombò in crisi. Dopo una stagione terminata al tredicesimo posto grazie alle giocate e ai goal di Alessandro Diamanti e Panagiothis Kone, quella successiva fu un disastro su tutti i fronti: la squadra terminò al penultimo posto con solo 29 punti e soli 28 goal fatti.[60]

La rinascita con l'acquisizione nordamericana

Joe Tacopina, presidente del Bologna a capo della cordata nordamericana

Il campionato 2014-15 iniziò nel segno di Diego Lopez, l’allenatore uruguayano in passato allenatore del Cagliari. E durante il girone di andata, in ottobre, si concretizzò anche, dopo una lunga trattativa partita addirittura verso la fine del campionato precedente, un ulteriore passaggio di mano ai vertici del club.[61]

Il nuovo corso, di respiro internazionale, vide l’arrivo di un gruppo di investitori nord-americani rappresentati dall'imprenditore canadese Joey Saputo (già presidente del Montreal Impact dove Marco Di Vaio andò a giocare: pare che infatti a convincere il tycoon canadese ad investire sul Bologna fu proprio lui[62]) e dall'avvocato newyorkese Joe Tacopina, con la nomina a nuovo Amministratore Delegato di Claudio Fenucci, e l’area tecnica affidata a Pantaleo Corvino.[61] Nel ruolo di Club Manager un gradito ritorno per tutta la piazza, quello di Marco Di Vaio, appese le scarpe al chiodo dopo avere concluso la carriera in Canada. Dopo un campionato di serie B con alti e bassi, affidata nel finale di stagione la squadra alla conduzione di Delio Rossi, il Bologna si qualificò ai playoff, che vinse battendo il Pescara per 1-0 con la rete di Gianluca Sansone.

Poco dopo l'inizio della stagione in A Joe Tacopoina lascia la carica di presidente dopo alcune divergenze con Saputo.[63] Quest'ultimo diventerà poi presidente della squadra, mentre invece l'avvocato americano lascerà il Bologna e acquisisce il Venezia .Dopo un avvio complicato con Rossi, il tecnico romagnolo viene esonerato e viene chiamato al suo posto Roberto Donadoni, per ottenere la garanzia della permanenza nella massima serie, che arriva a inizio maggio con la vittoria contro l'Empoli, dopo una stagione dove i rossoblu si sono tolte molte soddisfazioni, come battere il Napoli e fermare la striscia di quindici vittorie consecutive della Juventus in casa e battere il Milan in trasferta.

La stagione successiva parte bene per i rossoblu ma a causa dei giocatori e della scarsa competitività delle squadre invischiate nella lotta salvezza (che porta ad avere dieci punti di vantaggio sulla terzultima in classifica a fine girone d'andata), il Bologna inizia ad avere una crisi di risultati che porta la squadra ad alternare vittorie poco convincenti a sconfitte pesanti, come quella contro il Napoli per 7-1. Alla fine però grazie alla vittoria contro l'Udinese alla 34ª giornata di campionato il Bologna si salva.

Bibliografia

Storia

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Stadio

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Note

  1. ^ Arnstein Emilio - presidente, su percorsodellamemoriarossoblu.it.
  2. ^ La Birraria Ronzani, prima sede del Bologna Football Club, su archiviotimf.blogspot.it.
  3. ^ La nascita del Bologna, su bolognafc.it.
  4. ^ [1]
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  6. ^ Arrigo Gradi, l'inventore del rosso-blu, su archiviotimf.blogspot.it.
  7. ^ a b c d e f g h i j k l Carlo F. Chiesa, La storia dei cento anni. 1909-2009: Bologna football club il secolo rossoblù, Bologa, Minerva Editore, 2009, ISBN 9788873812777.
  8. ^ a b c d Stadio Sterlino, su archiviotimf.blogspot.it.
  9. ^ Guido Alberti, su certosa.cineca.it. URL consultato l'08-12-2011.
  10. ^ Aldo Brivio, su certosa.cineca.it. URL consultato l'08-12-2011.
  11. ^ Guido Pifferi, su certosa.cineca.it. URL consultato l'08-12-2011.
  12. ^ Emilio (Ernesto) Sala Rosa, su certosa.cineca.it. URL consultato l'08-12-2011.
  13. ^ Mario Bonvicini, su certosa.cineca.it. URL consultato l'08-12-2011.
  14. ^ Mario Cordara, su certosa.cineca.it. URL consultato l'08-12-2011.
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  22. ^ a b 1932: la prima vittoria della Coppa dell'Europa Centrale., su archiviotimf.blogspot.it.
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  31. ^ Il Bologna è innocente, su badigit.comune.bologna.it.
  32. ^ La morte del presidente, su badigit.comune.bologna.it.
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  34. ^ Dall'Ara Renato - presidente, su percorsodellamemoriarossoblu.it.
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  41. ^ BOLOGNA FESTEGGIA LA PROMOZIONE 'MA SIAMO ANCORA IN PURGATORIO', su ricerca.repubblica.it.
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  58. ^ Bologna, si dimette Zanetti. Pavignani nuovo presidente, su sport.sky.it.
  59. ^ Nuovo cambio nel Bologna Guaraldi è il nuovo presidente, su bologna.repubblica.it.
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  63. ^ Bologna Fc, finisce l’era del presidente Joe Tacopina. Addio da tre milioni di euro, su ilfattoquotidiano.it.

Voci correlate

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