Fondazione dei Fasci italiani di combattimento

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Fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento
Sala riunioni del Circolo dell'Alleanza Industriale
TemaFondazione del nuovo movimento e linee programmatiche
Apertura23 marzo 1919
Chiusura23 marzo 1919
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàSala riunioni del Circolo dell'Alleanza Industriale
piazza San Sepolcro, Milano

Il termine sansepolcrismo è utilizzato per riferirsi al periodo storico delle origini del fascismo in Italia, ispirato ai principi enunciati da Benito Mussolini il 23 marzo 1919 all'atto di fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento durante l'adunata di piazza San Sepolcro a Milano e poi pubblicati l'indomani su Il Popolo d'Italia.

Il Fascio "primigenio"

Il 2 marzo 1919 apparve su Il Popolo d'Italia un comunicato in cui si indiceva una riunione programmatica per il 23 dello stesso mese[1] e le prime adesioni giunsero già il 4 marzo da Genova da parte del Fascio dei Reduci di guerra "Italia Redenta" e del circolo "Pensiero e Azione"[2]. In seguito da parte di diverse associazioni combattentistiche sparse in tutta Italia[1] e circa 500 adesioni a titolo individuale[1]. Il comunicato fu rinnovato il successivo 9 marzo sul Popolo d'Italia: «Il 23 marzo sarà creato l'"antipartito" sorgeranno cioè i Fasci di Combattimento, che faranno fronte contro due pericoli: quello misoneista di destra e quello distruttivo di sinistra»[3].

La sera del 21 marzo 1919, nei locali dell'Associazione Commercianti ed Esercenti[4], in piazza San Sepolcro fu ufficialmente fondato il Fascio di Combattimento di Milano[1], il cosiddetto "Fascio primigenio". Al termine della prima riunione fu formata la Giunta del Fascio di Combattimento milanese composta da: Benito Mussolini, Ferruccio Vecchi, Enzo Ferrari, Michele Bianchi, Mario Giampaoli, Ferruccio Ferradini, e Carlo Meraviglia[5]. Si stabilì inoltre che l'adunata del 23 sarebbe stata presieduta dal capitano degli arditi Ferruccio Vecchi e segretario della giunta esecutiva fu nominato Michele Bianchi[6].

La fondazione dei Fasci di combattimento

Lo stesso argomento in dettaglio: Fasci italiani di combattimento.

Nei giorni precedenti si susseguirono voci che imputavano alle Guardie Rosse l'intenzione di impedire l'adunata[7] e la sera precedente iniziarono a confluire parte dei convenuti a Milano, quasi tutti ex combattenti[7], ma il mattino del 23 marzo piazza San Sepolcro fu trovata tranquilla da Giampaoli e Meraviglia che erano appositamente arrivati in anticipo per vagliare la situazione.

La riunione del 23 marzo, inizialmente destinata a svolgersi al Teatro Dal Verme, vista la partecipazione inferiore alle aspettative, si tenne nella sala riunioni del Circolo dell'Alleanza Industriale, in piazza San Sepolcro a Milano, messa a disposizione dal presidente dell'Alleanza Industriale, l'interventista e massone Cesare Goldmann[8], che aveva già finanziato Il Popolo d'Italia e prese parte al convegno. Il primo a prendere la parola fu Ferruccio Vecchi, che in qualità di presidente dell'assemblea aprì la riunione, seguito dal tenente Enzo Agnelli che porse i saluti del Fascio di Milano fondato appena due giorni prima.

Mussolini nel 1919

Il primo intervento programmatico fu di Mussolini che espose a grandi linee i tre punti fondanti del nuovo movimento, furono riassunti il giorno seguente dal Il Popolo d'Italia:

«I. L'adunata del 23 marzo rivolge il suo primo saluto e il suo memore e reverente pensiero ai figli d'Italia che sono caduti per la grandezza della Patria e per la libertà del Mondo, ai mutilati e invalidi, a tutti i combattenti, agli ex prigionieri che compirono il loro dovere, e si dichiara pronta a sostenere energicamente le rivendicazioni d'ordine materiale e morale che saran propugnate dalle associazioni dei combattenti
II. L'adunata del 23 marzo dichiara di opporsi all'imperialismo degli altri popoli a danno dell'Italia e all'eventuale imperialismo italiano a danno di altri popoli; accetta il postulato supremo della Società delle Nazioni e presuppone l'integrazione di ognuna di esse, integrazione che per quanto riguarda l'Italia deve realizzarsi sulle Alpi e sull'Adriatico colla rivendicazione e annessione di Fiume e della Dalmazia
III. L'adunata del 23 marzo impegna i fascisti a sabotare con tutti i mezzi le candidature dei neutralisti di tutti i partiti»

Dopo Mussolini intervenne Filippo Tommaso Marinetti che invitò gli intervenuti a contrastare il Partito socialista che accusò di sferrare un assalto alla Nazione (era il periodo del biennio rosso) sfruttando «la necessità di maggior giustizia sociale» delle folle operaie[9]. Seguì un breve intervento di Mario Carli che portò l'adesione di alcuni Fasci futuristi come quello di Roma, Firenze, Perugia e Taranto[10]. Le linee guida di Mussolini, messe ai voti, furono approvate all'unanimità dall'assemblea.

L'assemblea fu sospesa per riprendere i lavori nel pomeriggio. Celso Morisi presentò un ordine del giorno, approvato per acclamazione, a favore degli operai della Dalmine e di Pavia[11] che pur essendo entrati in sciopero e avendo occupato le fabbriche avevano continuato ugualmente a lavorare[12]. Seguirono poi gli interventi di Malusardi e di Giovanni Capodivacca che richiese di «dare un contenuto esatto all'azione fascista» e in particolare di «fare propri i problemi urgenti dell'assistenza ai danneggiati della guerra». L'intervento di Capodivacca provocò ulteriori precisazioni di Mussolini che prese nuovamente la parola gettando le basi del Corporativismo e anticipando la costituzione della Camera dei Fasci e delle Corporazioni.

«L'attuale rappresentanza politica non ci può bastare; vogliamo una Rappresentanza diretta dei singoli interessi, perché io come cittadino, posso votare secondo le mie idee, come professionista devo poter votare secondo le mie caratteristiche professionali. Si potrebbe dire contro questo programma che si ritorna alle corporazioni, non importa. Si tratta di costituire dei Consigli di categoria che integrino la rappresentanza sinceramente politica.»

Intervennero numerosi altri convenuti tra cui Luigi Razza e Giovanni Marinelli. Michele Bianchi fece l'unico intervento in parte critico della giornata sottolineando che «Tutto ciò che la società attuale contiene di ostacoli per il mantenimento sociale sarà da eliminarsi. Perfettamente d'accordo. Soltanto che, prima ancora dell'eliminazione, dovremo creare l'organismo, il sistema, l'ingranaggio da mettere al posto di quello di cui intendiamo disfarci»[14].

Le basi ideologiche

Fin dai propositi dichiarati da Mussolini si vede l'obiettivo di creare la "terza via" fra i due opposti poli al di sopra delle divergenti opinioni dei partiti, e sviluppandosi nell'ambito delle teorie moderniste sull'Uomo nuovo:

«Noi ci permettiamo di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari, legalisti e illegalisti, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo e di ambiente»

Piazza San Sepolcro, riunione celebrativa di Mussolini con camicie nere, militari e balilla

Lo storico Emilio Gentile evidenzia come la stessa espressione "movimento fascista", espressione già utilizzata nel 1915 su Il Popolo d'Italia definisca «un'associazione di tipo nuovo, l'antipartito, formato da spiriti liberi di militanti politici che rifiutavano i vincoli dottrinari e organizzativi di un partito»[15]. Il movimento fascista di Mussolini propugnava una rivoluzione nazionale che portasse al governo della nazione una nuova classe dirigente formata principalmente dai reduci della Grande guerra delusi dalla "Vittoria mutilata" presenti in maniera trasversale in tutti i partiti[15]. Accanto a rivendicazioni radicali come il repubblicanesimo, l'antiparlamentarismo e l'anticlericalismo che volevano scavalcare a sinistra il Partito Socialista Italiano[16], obiettivo immediato dei fasci di combattimento erano le rivendicazioni irredentiste di Fiume e della Dalmazia[16] e la contrapposizione, anche violenta, ai socialisti e in generale al bolscevismo[17][18] che si erano posti alla guida degli scioperi e delle agitazioni operaie, spesso violente, degli anni 1919-1920, periodo noto come Biennio rosso che toccò buona parte dell'Europa. Contrapposizione che diede vita al fenomeno dello squadrismo.

Destinatari del messaggio fascista furono in primo luogo ricercati nella sinistra, la quale lungi dal voler sovvertire lo Stato, vi portasse le proprie istanze e lo "socializzasse" dall'interno. I Fasci di Combattimento sarebbero serviti a legare alcuni di questi mondi non omogenei come gli interventisti di sinistra, i futuristi, gli ex arditi, i repubblicani e i sindacalisti rivoluzionari[19]. La maggior parte degli Arditi si schierò con il fascismo fin dall'inizio, infatti a presiedere l'assemblea vi era il capitano Ferruccio Vecchi il quale come molti capi fascisti, tra cui Giuseppe Bottai[19] e Mario Carli, proveniva dall'arditismo.

Riferendosi al fascismo delle origini, Renzo De Felice ha ritenuto di poter distinguere tra la politica di Mussolini («ciò che il Fascismo effettivamente fu»), determinata in larga misura, a suo modo di vedere, dalle necessità contingenti di adattamento alle situazioni del momento - e per questo spesso incoerente - e le aspirazioni di buona parte dei fascisti, che sarebbero invece rimasti legati al "sansepolcrismo" («ciò che il Fascismo si era proposto di essere»).[senza fonte]

Il programma di San Sepolcro

Manifesto dei Fasci Italiani di Combattimento pubblicato su "Il Popolo d'Italia" del 6 giugno 1919

Il programma di San Sepolcro, pubblicato su "Il Popolo d'Italia" del 24 marzo 1919[20] si caratterizzò per le tematiche nazionaliste:

  • «Se noi abbiamo scelto questa strada è segno che ci sono nella nostra storia, nel nostro sangue, degli elementi e dei fermenti di grandezza, poiché se ciò non fosse noi oggi saremmo l'ultimo popolo del mondo [...]»
  • «dichiara di opporsi all'imperialismo degli altri popoli a danno dell'Italia e all'eventuale imperialismo italiano a danno di altri popoli [...]»

e sindacaliste (UIL), questo per l'apporto di Alceste De Ambris e Mussolini[21] e in parte ricavato dal manifesto del Partito Politico Futurista[22]:

  • «se la borghesia crede di trovare in noi dei parafulmini, s'inganna».
  • «Bisogna perciò accettare i postulati delle classi lavoratrici...anche perché vogliamo abituare le classi operaie alla capacità direttiva delle aziende».
  • «Per quello che riguarda la democrazia economica, noi ci mettiamo sul terreno del sindacalismo nazionale e contro l'ingerenza dello Stato».

Nel 1936 il Partito Comunista d'Italia tentando di recuperare i "fratelli in camicia nera" si dichiarò disposto a farlo proprio[23].

Il manifesto dei Fasci

Il 6 giugno 1919 fu pubblicato sul Popolo d'Italia il Manifesto dei Fasci Italiani di Combattimento[24] alla cui stesura aveva collaborato attivamente Alceste De Ambris[25]. Qui vengono avanzate numerose proposte di riforma politica e sociale in senso progressista[26], solo parte delle quali vennero realizzate durante il periodo del Regime (1922-1943), e che pur riprese successivamente durante la Repubblica Sociale Italiana come la socializzazione delle imprese e dei mezzi di produzione rimasero sostanzialmente inapplicate a causa degli eventi bellici.

I partecipanti

In ricordo dell'adunata del 23 marzo Marinetti scrisse nel 1939 Il poema dei sansepolcristi

Assieme a Mussolini si trovano riunite dalle cento alle trecento persone[27][28], tra cui Italo Balbo, Emilio De Bono, Michele Bianchi e Cesare Maria De Vecchi, futuri protagonisti della Marcia su Roma; Manlio Morgagni, futuro presidente-direttore generale dell'Agenzia Stefani e personaggi di diversa formazione ed esperienza culturale e politica i cui i nuclei più compatti erano formati da reduci della Grande Guerra, Arditi e futuristi[29] cui si aggiungevano nazionalisti, sindacalisti rivoluzionari, anarchici e repubblicani. Secondo un rapporto di polizia non furono più di trecento a rispondere all'appello di Mussolini intervenendo di persona all'adunata. Ma in seguito, quando Mussolini divenne Capo dello Stato, migliaia di persone rivendicarono l'onore di aver partecipato a quella riunione fondativa del fascismo e ottennero, in qualche modo, un riconoscimento ufficiale.[30]. Secondo Mussolini la riunione non colse i successi sperati[25], d'altronde nei mesi successivi i Fasci, con l'eccezione di Milano, pur avendo aperto sezioni in diverse città[31] non ottennero adesioni massicce[32] e alle elezioni politiche italiane del 1919 subirono una dura sconfitta.

Alcuni tra coloro che parteciparono alla riunione aderirono in seguito all'antifascismo.[33]

Componenti della giunta esecutiva del Fascio di Milano

Lista di sansepolcristi

Rappresentati e ritenuti presenti:

Note

  1. ^ a b c d Dino Zannoni, Marzo 1919, il primo Alalà, articolo su Storia Illustrata N°136, marzo 1969, pag.96
  2. ^ Mario Giampaoli, 1919, Libreria del Littorio, Roma-Milano, 1928, pag.81-82
  3. ^ Popolo d'Italia del 9 marzo 1919
  4. ^ Mario Giampaoli, 1919, Libreria del Littorio, Roma-Milano, 1928, pag.88
  5. ^ Dino Zannoni, Marzo 1919, il primo Alalà, articolo su Storia Illustrata N°136, marzo 1969, pag.96-97
  6. ^ Mario Giampaoli, 1919, Libreria del Littorio, Roma-Milano, 1928, pag.88-89
  7. ^ a b Dino Zannoni, Marzo 1919, il primo Alalà, articolo su Storia Illustrata N°136, marzo 1969, pag.97
  8. ^ Vittorio Gnocchini, L'Italia dei liberi muratori, Mimesis, Milano, 2005, pag. 148
  9. ^ Mario Giampaoli, 1919, Libreria del Littorio, Roma-Milano, 1928, pag.138
  10. ^ Precisamente furono Roma, Firenze, Perugia, Taranto, Cosenza, Ferrara, Genova, Palermo, e Zara. Mario Giampaoli, 1919, Libreria del Littorio, Roma-Milano, 1928, pag.138
  11. ^ Mario Giampaoli, 1919, Libreria del Littorio, Roma-Milano, 1928, pag.139
  12. ^ Dino Zannoni, Marzo 1919, il primo Alalà, articolo su Storia Illustrata N°136, marzo 1969, pag.99
  13. ^ Mario Giampaoli, 1919, Libreria del Littorio, Roma-Milano, 1928, pag.145
  14. ^ a b Dino Zannoni, Marzo 1919, il primo Alalà, articolo su Storia Illustrata N°136, marzo 1969, pag.101
  15. ^ a b Emilio Gentile, Fascismo storia e interpretazione, Editori Laterza, 2007, pag.9
  16. ^ a b Giordano Bruno Guerri, Fascisti, Le Scie Arnoldo Mondadori, 1995, pag 69
  17. ^ Emilio Gentile, Fascismo storia e interpretazione, Editori Laterza, 2007, pag.10
  18. ^ Antonio Spinosa, Mussolini il fascino di un dittatore, Oscar Mondadari, 1992, pag.76
  19. ^ a b Giordano Bruno Guerri, Fascisti, Le Scie Arnoldo Mondadori, 1995, pag 67-68
  20. ^ Testo del programma di Sansepolcro
  21. ^ Paolo Buchignani, La rivoluzione in camicia nera, Le Scie Mondadori, Milano, 2006, pag: 105
  22. ^ Paolo Buchignani, La rivoluzione in camicia nera, Le Scie Mondadori, Milano, 2006, pag: 105-106
  23. ^ Paolo Buchignani, La rivoluzione in camicia nera, Le Scie Mondadori, Milano, 2006, pag: 106
  24. ^ Testo del Manifesto dei Fasci di combattimento
  25. ^ a b Indro Montanelli, Mario Cervi, L'Italia in Camicia nera, Rizzoli, 1976, pag.82
  26. ^ Renzo De Felice, Breve storia del fascismo, Mondadori, Cles, 2009, pag. 9-10
  27. ^ Renzo De Felice, Breve storia del fascismo, Mondadori,, Cles, 2009, pag. 9
  28. ^ Roberto Vivarelli, Storia delle origini del fascismo, volume I, Il Mulino, 2012, pag 334: «... non sembra abbiano partecipato più di circa duecento persone, di cui oltre una cinquantina provenienti da fuori Milano»
  29. ^ Roberto Vivarelli, Storia delle origini del fascismo, volume I, Il Mulino, 2012, pag 334
  30. ^ Indro Montanelli, Mario Cervi, L'Italia in Camicia nera, Rizzoli, 1976, pag.81
  31. ^ Roberto Vivarelli, Storia delle origini del fascismo, volume I, Il Mulino, 2012, pag 363
  32. ^ Renzo De Felice, Breve storia del fascismo, Mondadori, Cles, 2009, pag. 11
  33. ^ Indro Montanelli, Mario Cervi, L'Italia in Camicia nera, Rizzoli, 1976, pag.81

Bibliografia

  • Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario, Einaudi, Torino, 1965, cap. 12 e passim;
  • Giorgio Rumi, ‘Mussolini e il “programma” di San Sepolcro', Il movimento di liberazione in Italia, aprile-giugno 1963, pp. 3–26;
  • Paul O'Brien, Mussolini in the First World War, Berg, Oxford e New York, 2005, cap. 1.
  • E. & D. Susmel (a cura di) Opera Omnia di Benito Mussolini, Vol. XII, La Fenice, Firenze, 1953, pp. 321–323.
  • Silvano Fasulo, Storia vissuta del socialismo napoletano (1896-1951), con prefazione ed a cura di Giuseppe Aragno, Bulzoni, Roma, 1991.

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