Manlio Morgagni

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«La mia prima lettura del mattino sono le cartelle della Stefani. Inoltre, io vedo Morgagni sovente e volentieri.»

Manlio Morgagni

Manlio Morgagni (Forlì, 3 giugno 1879Roma, 26 luglio 1943) è stato un giornalista italiano, fratello di un altro noto giornalista, Tullo, l'ideatore del Giro d'Italia.

Monumento a Morgagni, Cimitero Monumentale di Milano

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Figlio di un agente d'assicurazioni di tendenze mazziniane, Andrea Morgagni, e di una maestra elementare, Giuditta Monti, dopo aver ottenuto il diploma di scuola commerciale si trasferì a Milano col padre nel 1897 alla ricerca di un lavoro; nel 1912 divenne ispettore generale delle Messaggerie italiane (di cui era stato, in precedenza, "viaggiatore") e nel 1918 si sposò con Luigia Pozzoli (detta Bice), dopo dodici anni di fidanzamento[2]

Dapprima socialista e sindacalista, nel 1914 si era schierato a favore dell'intervento nella prima guerra mondiale. Iniziò l'attività giornalistica nel quotidiano Il Popolo d'Italia, fondato da Benito Mussolini, di cui Morgagni rimase sempre grande ammiratore: in quel periodo cominciò a frequentare spesso la casa del futuro Duce e nel suo libro di memorie Rachele Guidi lo definì "sempre indaffarato per trovare quattrini"[3].

Già nel 1919 un rapporto inoltrato alla Presidenza del Consiglio indicava Morgagni come uno dei principali intermediari tra Mussolini e gli ambienti politici francesi che contribuirono al finanziamento del giornale[4]. Dal 15 novembre 1914 al 1919 fu direttore amministrativo del quotidiano; poco dopo la fondazione dei Fasci italiani di combattimento l'incarico passò ad Arnaldo Mussolini mentre Morgagni si dedicò alla raccolta pubblicitaria[5]. A proposito della fondazione dei Fasci, Morgagnì asserì nelle sue memorie di essere stato tra i fondatori del movimento[6]; altre fonti invece sostengono che egli non partecipò alla prima assise del gruppo ma che, grazie all'intervento di Mussolini, ottenne il permesso di essere inserito tra i "sansepolcristi"[7].

A Milano fu consigliere comunale (1923-1926) e vicepodestà (1927-1928), nonché presidente della Commissione per l'abbellimento della città. Fu cofondatore, con Arnaldo Mussolini, e direttore, della Rivista illustrata del Popolo d'Italia (1923-1943); fondò con Luigi Poli la rivista agraria Natura (1928-1932). È soprattutto noto come presidente e direttore generale dell'Agenzia Stefani, incarico che ricoprì a partire dal 1924: sotto la sua guida l'agenzia venne potenziata e ottenne importanza anche internazionale, tanto che Morgagni venne definito "il megafono del fascismo"[8].

Grazie al ruolo rivestito alla Stefani, la posizione di Morgagni andò sempre più rafforzandosi all'interno del regime, causandogli ovviamente l'ostilità di molti gerarchi che mal sopportavano la sua smaccata esaltazione del Duce: ad esempio il 16 aprile 1943, dalle colonne del Regime fascista, Roberto Farinacci descrisse la Stefani come «un'agenzia personale d'affari»[5]. Il 12 ottobre 1939 venne nominato senatore del Regno[9] in base alla 21ª categoria dell'art. 33 dello Statuto Albertino («le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni»)[2].

Il 25 luglio 1943 si diffuse a Roma la notizia che Mussolini non era più capo del governo. Morgagni, amico, ammiratore e fedele collaboratore di Mussolini, alla notizia dell'arresto del Duce, si tolse la vita nella sua villa romana, sita in via Nibby 20[2]. Prima di togliersi la vita lasciò il seguente messaggio:

«Mio Duce! L'esasperante dolore di italiano e di fascista mi ha vinto! Non è atto di viltà quello che compio; non ho più energia, non ho più vita. Da più di trenta anni tu, Duce, hai avuto tutta la mia fedeltà. La mia vita era tua. Ti ho servito, un tempo, come amico, ho proseguito a farlo, con passione di gregario sempre con devozione assoluta. Ti domando perdono se sparisco. Muoio col tuo nome sulle labbra e un'invocazione per la salvezza dell'Italia»

Mussolini apprese del suicidio di Morgagni solamente il 13 settembre, quando era in Germania, dov'era stato condotto dopo essere stato prelevato dai tedeschi al Gran Sasso[2].
Al Cimitero Monumentale di Milano gli è dedicato, col fratello, un artistico monumento funebre[10], realizzato da Enzo Bifoli[11], monumento su cui spicca l'epigrafe dettata dallo stesso Mussolini:

«Qui / nel sonno senza risveglio / riposa / Manlio Morgagni / giornalista / presidente della Stefani / per lunghi anni / Uomo di sicura integra fede / ne diede - morendo - testimonianza / nel torbido XXV luglio MCMXLIII»

Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • M. Morgagni, L'agenzia Stefani nella vita nazionale, Alfieri e Lacroix, Milano 1930.
  • M. Morgagni, Il Duce in Libia, Alfieri & Lacroix, Milano 1937.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze italiane[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Grand'Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Grande ufficiale dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Grande ufficiale dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia
Croce al merito di guerra - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915 – 18 (4 anni di campagna) - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa dell'Unità d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa italiana della vittoria - nastrino per uniforme ordinaria

Onorificenze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere di I classe dell'Ordine della Corona di Jugoslavia - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ R. Canosa, La voce del Duce. L'agenzia Stefani: l'arma segreta di Mussolini, Mondadori, Milano 2002, p. 149.
  2. ^ a b c d Sergio Lepri, Le macchine dell'informazione. Ieri, oggi, domani delle agenzie di stampa, ETAS Libri, 1982.
  3. ^ R. Mussolini, La mia vita con Benito, Mondadori, Milano, 1948, p. 42
  4. ^ R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario. 1883-1920, Torino, Einaudi, 1995, pp. 723-737
  5. ^ a b MORGAGNI, Manlio in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 76 (2012)
  6. ^ F. Arbitrio, "L'agenzia Stefani e l'OVRA. M. M. nome in codice «Carlo»", in Nuova Antologia, 2000, vol. 584, n. 2213, p. 326
  7. ^ S. Luconi, La città della grande depressione: M. M. a New York, 1932, in "Storia urbana", 2005, n. 109, p. 35
  8. ^ Il megafono del fascismo Archiviato il 17 maggio 2014 in Internet Archive., storialibera.it, tratto da un articolo di Avvenire del 16 marzo 2002
  9. ^ Scheda senatore MORGAGNI Manlio, su notes9.senato.it. URL consultato il 26 settembre 2020.
  10. ^ Edicola Tullio e Manlio Morgagni.[collegamento interrotto]; Edicola Morgagni, particolare.
  11. ^ Francesco Flores d'Arcais, Il genio nella cenere (PDF), su psicoterapia.name. URL consultato il 15 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 27 marzo 2016).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • R. Canosa, La voce del Duce. L'agenzia Stefani: l'arma segreta di Mussolini, Mondadori, Milano 2002.
  • Luigi Orsini, In memoria di Manlio Morgagni, Imola 1944.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Presidente dell'Agenzia Stefani Successore
Pio Piacentini dal 1924 al 25 luglio 1943 Adelfo Luciani
Controllo di autoritàVIAF (EN302872331 · ISNI (EN0000 0003 9828 3573 · SBN CUBV059353 · LCCN (ENno2014026197 · GND (DE128513276 · WorldCat Identities (ENlccn-no2014026197