Gilberto Cavallini

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Gilberto Cavallini

Gilberto Cavallini, detto Gigi oppure il Negro (Milano, 26 settembre 1952), è un ex terrorista italiano, ed esponente del gruppo eversivo d'ispirazione neofascista Nuclei Armati Rivoluzionari.

Arrestato il 12 settembre 1983 a Milano e accusato di vari reati, perlopiù riguardanti l'attività terroristica del gruppo, tra cui l'uccisione del sostituto procuratore Mario Amato, assassinato a Roma il 23 giugno 1980, venne condannato a diversi ergastoli. Attualmente è detenuto a Terni, in regime di semilibertà provvisoria.

Biografia e ideologia

Nato a Milano e proveniente da una famiglia fascista, Cavallini - che è stato, secondo il libro autoprodotto dalla Curva Nord interista, in gioventù uno dei fondatori Boys SAN dell'Inter[1] e ha abbandonato la vita di curva in seguito alla preminenza della militanza politica[2] - comincia la sua militanza politica nelle file della destra sin da giovane, prima nella Giovane Italia e poi nel Movimento Sociale Italiano. Si iscrive a un corso di perito elettrotecnico all'Istituto Feltrinelli che però dovrà abbandonare per le sue idee politiche, trasferendosi quindi in una scuola privata per poter prendere il diploma.[3] Anche per età, destino personale e formazione, possiede una visione del mondo più solida e definita rispetto agli altri NAR. Si dichiara fascista, ben più che di destra o "anticomunista".

«Siamo di fronte a una personalità capace di grandi gesti e altrettanto clamorose cadute. Quante volte ha sentito quel racconto dei partigiani vigliacchi che in venti contro uno massacravano lo zio del padre, aprile 1945 a Milano[4]»

Il pensiero di Cavallini emerge nel corso dell'intervista a Radio Popolare e nell'introduzione a un libro sul fascismo milanese della Legione Ettore Muti, Franco Colombo, ex squadrista rionale, prima ancora sindacalista rivoluzionario, Mazziniano, Corridoniano. Nel corso dell'intervista a Radio Popolare, Cavallini ribadisce sempre, in chiara rottura con la storia della destra italiana del dopoguerra, la specificità assoluta e l'originalità del fascismo italiano, la sua superiorità di modello spirituale e politico di radice latina e italiana, rispetto a fenomeni come il nazionalsocialismo tedesco forse nel complesso ben più considerati e stimati da passate generazioni di evoliani dell'estrema destra e della giovane destra missina italiana. Il fascismo viene considerato, da certe correnti neofasciste universitarie approssimativamente vicine al MSI almirantiano o alla sua "sinistra" (es L'Orologio, Proposta Italia, Andare Oltre ecc), un fenomeno rivoluzionario di superamento, non statica negazione, della rivoluzione francese e del materialismo sovietico, grazie alla genesi dal mazzinianesimo e all'influsso dell'attualismo gentiliano[5]; si finisce così per vedere comunque nel fascismo, dalle varie correnti del neofascismo più sensibili alla lezione mussoliniana, un modello politicamente più equilibrato e, nel concreto realismo politico mussoliniano, storicamente e spiritualmente ben più interessante e concreto, in senso anticapitalista ed antiplutocratico, rispetto al nazionalsocialismo o a certe varianti nazimaoiste della sinistra nazista, molto ben studiate e coltivate da vari intellettuali della destra radicale italiana, come il defunto ricercatore toscano Carlo Terracciano (già animatore della rivista Quex) o il gruppo milanese d'Orion,di cui il Terracciano fu collaboratore organico, che pubblicò sulla questione un testo specifico che fece molto scalpore anche a sinistra (E. Muller, C. Terracciano:"Nazionalbolscevismo", Edizioni Barbarossa 1989). Tale era anche la prospettiva emersa dall'analisi di Giovanni Gentile e nello studio sui "Profeti del Risorgimento" e nella sua analisi dell'ideologia fascista. Tutto sommato, la prospettiva di De Felice con i monumentali studi e libri su Mussolini il duce, risorgimentalista-giacobino, ha confermato dinamiche e orizzonti di tali ricerche, che già l'intellettuale pisano Missino P. Niccolai aveva disvelato in studi purtroppo mai pubblicati (se non conferenze su Berto Ricci e Ideologia italiana nazionalpopolare)[6].

Gilberto Cavallini scrive nel 2007 che i valori della Repubblica Sociale Italiana rimandano "dal punto di vista metapolitico alla mistica fascista del dovere e del sacrificio per l'onore e la salvaguardia della Patria, mentre dal punto di vista meta-storico si collocano (come Luca sottolinea opportunamente) nel solco della tradizione spirituale esclusivamente mediterranea-latina-italiana, che viene sottovalutata e dimenticata anche dalla storiografia e dalla pubblicistica neofascista afflitta da un fastidioso complesso di inferiorità nei confronti del germanesimo e di infatuazioni nordiciste"[7]. A differenza del libro, comunque ben documentato, di Luca Fantini, dove emerge un Colombo più attento alla fase della contro-guerriglia anti-partigiana e comunque interno a certi orizzonti di destra tradizionalista e da "fascismo regime" per dirla con il De Felice, è paradigmatico il riferimento del Cavallini, milanese doc, al Franco Colombo, di provenienza sindacalista milanese, e alla Legione Ettore Muti in quanto nella dialettica della RSI, il posizionamento di "sinistra", sindacale e politica, della formazione è ben sottolineato con mole di documenti soprattutto dallo storico Stefano Fabei (con tesi dunque divergente da quelle di Renzo De Felice, per il quale Colombo era semplicemente un militante squadrista nazionalpopolare, non di sinistra attualista gentiliana, da P. Milza, da E. Nolte, da Massimiliano Griner, dallo stesso Luca Fantini, dal Pierangelo Pavesi che intervistò il vecchio ardito della Muti Carlo Rivolta e Giorgio Bocca, partigiano che combatté la Muti del Colombo)[8], con tanto di stretta connessione con il Raggruppamento socialista di Cione (RNRS) - che vedeva il battesimo nella sede dell'Ufficio Stampa della Legione Muti - con una ipotesi di alleanza seppur di orizzonte tattico con quei gruppi partigiani detti "non eterodiretti" da Mosca o dagli USA o da Londra, la decisa convergenza con le posizioni del Mussolini ultimo, che pensava al disegno finale risolutivo di dileguare il movimento in un nuovo movimento sociale repubblicano italiano, un Partito neofascista del lavoro anticapitalista, sintesi delle fasi di Movimento-Regime[9],dava alla sinistra della Repubblica saloina la centralità rispetto agli intransigenti della Destra neo-regime (almeno per il Parlato)[10] per i quali doveva restare centrale il partito o comunque lo Stato (Farinacci, Mezzasoma, Pavolini) ed alla componente statale dei tecnici (Tarchi, Pisenti, Pellegrini Giampietro). Mussolini dice infatti ai reparti della Muti il 14 ottobre 1944: "La socializzazione altro non è se non l'attuazione nostra, latina-italiana, del socialismo; dico nostra in quanto fa del Lavoro il soggetto unico dell'economia ma respinge le livellazioni di tutti i tipi: livellazioni inattuabili e inesistenti nella storia". Dunque il fascismo come momento della ideologia mazziniana italiana, socialista e lavoristica. Rimane comunque incerto e non possibile da decifrare in senso definitivo l'autentico posizionamento interno del Colombo (Destra o Sinistra della Rsi) in quanto lo stesso Giuseppe Parlato non dà una risposta alla questione. Quel che è certo è la relazione diretta tra Mussolini e Colombo. E il fatto che Colombo si adoperò contro la guerra civile antifascista, di cui a godere erano a suo avviso, americani, inglesi e non ultimi i tedeschi, per i quali Colombo fu sempre un alleato scomodo, essendo anzitutto un "superitaliano" e un populista ultranazionalista[11].

A tal riguardo, il fondamento ideologico di questo anticapitalismo mussolinista, particolarmente caldeggiato dalla Legione Muti, sicuramente il reparto saloino più politicizzato, si poteva ben rintracciare nell'ultima fatica di Giovanni Gentile, Genesi e struttura della società, che introduceva nella storia la figura del lavoratore rivoluzionario come agente morale e soggetto spirituale del processo organico di produzione sganciato dal profitto, correttore e volontario elemento di rottura rispetto all'abnorme peso che il subumano macchinismo tecnoscientifico di taglio capitalistico o capitalistico di stato sovietico aveva assunto[12]. Ideologia chiaramente integrabile, quella dell'ultimo Gentile, in una elaborazione della più matura Sinistra fascista, in continuità con certi argomenti portati da Arnaldo Volpicelli, Amintore Fanfani e da Riccardo Del Giudice in pieno regime in vista del superamento della logica capitalistico-marxista fondata su profitto, teoria del valore e salario.

Venivano anche rigettate, dal neofascismo saloino di Franco Colombo, facili soluzioni di natura razzista naturalistica, divenendo ormai centrale, nella logica neofascista ed iperpupolista (quasi peronista si può dire) di cui la Muti sarebbe stato(secondo Cione e il vice-comandante Spadoni) reparto armato, l'esigenza del superamento radicale del capitalismo privato o di stato, della mercificazione tecnicistica dell'uomo, dello spirito borghese in un progetto compiuto di Comunità corporativa, popolare e totale, sociale e organica, antitetica alla Società oligarchica e liberale della rappresentatività parlamentare di radice atomistica individualistica. La creazione di un Ministero del Lavoro, la priorità politico ideologica accordata da Mussolini (di contro all'intransigentismo di destra neototalitario) alla prassi organica dello Stato del Lavoro, i decreti legge ormai definitivi sull'identità di fascismo e Socializzazione totale (con esclusione di diritto giuridico alla figura del Capitalista), ponevano la Muti, quale guardia armata della Sinistra, al centro strategico della repubblica di Mussolini[13]. Secondo Griner, invece, a prescindere dall'attività di volontariato civile e solidarismo sociale, senza dubbio presenti, la maggiore caratteristica della Muti era rappresentata - in città come in campagna - da pattugliamenti, rastrellanti, azioni di controguerriglia insomma[14]. Scrive il Griner che "il rastrellamento, cioè l'operazione di polizia che consiste nella ricerca sistematica e organizzata per catturare individui ritenuti pericolosi e recuperare le loro armi, è una delle attività peculiari svolte dalla Legione. Nel corso della sua esistenza, ne compie non meno di 36...una media di 3 al mese. 19 rastrellamenti riguardano la città di Milano....e la sua provincia, 12 interessano il Piemonte e la Val d'Aosta"[15]. Ciò veniva sottolineato in più casi anche dallo stesso storico emiliano Franco Morini e da Roberto Occhi, studioso emiliano della sinistra fascista e dell'ideologia di Colombo e della Muti, vista come un fascismo d'avanguardia per il dopoguerra. Tali studiosi, sulla falsariga di De Felice e Zev Sternhell[16], integrano la visione di un fascismo universalista e mediterraneo in una continuità ideale con un filone italiano, autonomo e per vari versi contrapposto al razzismo e all'antisemitismo nazionalsocialisti, a cui non era nemmeno estraneo, secondo lo stesso filosofo pistoiese Augusto Del Noce, come secondo lo storico della chiesa Malgieri, il filone tradizionale del Corporativismo cattolico anticapitalistico ed antiprotestante. Nel corso del 2015, AGA Editrice di Milano ha stampato un libro di Cavallini, Vademecum del detenuto. Manuale per sopravvivere in un carcere italiano, scritto con Erminio Colanero.

L'eversione nera

Frequentando l'area più estremista dell'ambiente missino milanese si rende responsabile di varie risse e pestaggi nei confronti di militanti di sinistra. La sua prima denuncia arriva nel 1974 per aver sparato a un benzinaio che si era rifiutato di fargli il rifornimento.[3]

Si rende poi responsabile del primo grave reato partecipando all'uccisione del giovane studente di sinistra Gaetano Amoroso, militante ventunenne del Comitato Antifascista. La sera del 27 aprile 1976, nel primo anniversario della morte del giovane di destra Sergio Ramelli, assieme ad altri due compagni del Partito Marxista-Leninista (Carlo Palma e Luigi Spera), Amoroso fu aggredito e accoltellato in via Uberti, a Milano da un gruppo di neofascisti provenienti dalla vicina sede del MSI di via Guerrini: Gian Luca Folli, Marco Meroni, Angelo Croce, Luigi Fraschini, Antonio Pietropaolo, Danilo Terenghi, Walter Cagnani, Claudio Forcati e Gilberto Cavallini. Mentre gli altri due restano lievemente feriti, Amoroso morirà due giorni dopo in ospedale per le ferite subite, il 30 aprile. Gli otto responsabili furono arrestati poche ore dopo il fatto, pare per una soffiata di un dirigente missino, e l'iniziale accusa di aggressione venne poi trasformata in omicidio premeditato (per la successiva morte di Amoroso) e tentato omicidio pluriaggravato (per il ferimento degli altri due militanti). Cavallini venne condannato a 13 anni e mezzo in primo grado per concorso in omicidio.[17]

Riesce però ad evadere in circostanze rocambolesche durante un trasferimento al carcere di Brindisi: il 14 agosto del 1977, durante il viaggio in autostrada e all'altezza di Roseto degli Abruzzi, gli agenti addetti alla sua scorta fermano il cellulare per consentirgli di fare un bisogno ma, sfruttando un momento di distrazione dei militari, Cavallini si rotola nella scarpata ai bordi della strada e fa perdere le sue tracce.[18]

Latitante, riesce a raggiunge fortunosamente Roma dove si procura un falso documento ma, non avendo contatti sicuri, si affida allora a Massimiliano Fachini, leader di Ordine Nuovo in veneto che lo sistema a Treviso, ospite di uno dei suoi luogotenenti, Roberto Raho. Per due anni vive lì sotto falso nome, Gigi Pavan, e di tanto in tanto viene mandato in missione a Roma dove stabilisce dei contatti con Sergio Calore, Paolo Aleandri e Bruno Mariani, tutti appartenenti alla neonata formazione creata da Paolo Signorelli, Costruiamo l'azione.[19]

Nel 1978, a Treviso, si fidanza con una ragazza, Flavia Sbroiavacca, figlia del titolare di una grossa agenzia di viaggi cittadina. Cavallini riesce a nascondere alla ragazza e ai conoscenti il suo stato di latitante, finanziato grazie a contributi raccolti tra i camerati e raccontando a tutti di essere un lavoratore pendolare alla Total, fabbrica di Padova. Solo nel 1980, quando la donna gli darà un figlio (Federico, in onore dell'imperatore ghibellino), Cavallini le confida di essere un evaso.[19]

Negli ultimi mesi del 1979 viaggia spesso tra Roma ed il Veneto, per riciclare dell'oro rapinato da Egidio Giuliani l'8 ottobre ai danni di un gioielliere ebreo-libico, un certo Fadlun Mardochai, che verrà ucciso anni dopo dai killer di Gheddafi.[20]

La lotta armata con i NAR

Lo stesso argomento in dettaglio: Nuclei Armati Rivoluzionari.

Nei suoi trasferimenti a Roma, che si protrassero fino al mese di febbraio del 1980, Cavallini ha modo di stringere rapporti con il gruppo dei NAR di Valerio Fioravanti. Il primo incontro tra i due avviene l'11 dicembre del 1979, in occasione della sua prima rapina, consumata a Tivoli ai danni dell'Oreficeria D'Amore, e a cui partecipano anche Sergio Calore e Bruno Mariani.[21]

Una settimana dopo quel colpo, la sera dell'omicidio del giovane Antonio Leandri, ucciso da Fioravanti e da un gruppo di altri neofascisti per uno scambio di persona[22], Cavallini incontra di nuovo Valerio e lo porta con sé in Veneto per sfuggire alle forze dell'ordine, ospitandolo nella casa dove vive con Flavia Sbroiavacca, allora incinta al terzo mese. I due hanno sei anni di differenza e due caratteri agli antipodi ma si integrano alla perfezione: entrambi delusi dall'ambiente dei vecchi fascisti, affascinati dalla figura di Che Guevara, entrambi hanno dentro il fuoco sacro dell'azione sul campo che si tradurrà "proprio nell'arco di tempo che copre la fase più tumultuosa della vita della banda armata (e anche successivamente), in un regime di vera e propria comunione di vita e nel concorso, nella progettazione ed esecuzione di molteplici e gravissime attività delittuose."[23]

Durante il soggiorno veneto, il gruppo approfitta per compiere un'azione per impadronirsi di armi. A Padova, il 30 marzo 1980, Cavallini, Fioravanti e la Mambro assaltano i locali del distretto militare di via Cesarotti, e si portano via 4 mitragliatrici, 5 fucili automatici, pistole e proiettili. Prima di darsi alla fuga, sul muro della caserma la Mambro firma la rapina con la sigla BR per depistare le indagini.[24]

La prima azione omicida con il gruppo di Fioravanti, i Nuclei Armati Rivoluzionari, avviene il 28 maggio 1980. Quel giorno l'obiettivo è quello di disarmare alcuni agenti davanti al Liceo ginnasio statale Giulio Cesare e di schiaffeggiarli, in modo da ridicolizzare la crescente militarizzazione del territorio da parte delle forze dell'ordine. Valerio, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Giorgio Vale partecipano all'azione mentre Cavallini, Mario Rossi e Gabriele De Francisci hanno solo compiti di copertura. La reazione dei poliziotti, in servizio di vigilanza davanti al liceo, scatenò un conflitto a fuoco con la conseguente morte dell'appuntato Franco Evangelista (detto Serpico) e il ferimento di altri due agenti.[25]

La volta dopo sarà lui a sparare. Il 23 giugno 1980, infatti, uccide a Roma il sostituto procuratore Mario Amato che, mentre aspetta l'autobus 391 per recarsi al lavoro, alla fermata di Viale Jonio, Cavallini raggiunge alle spalle e colpisce sparandogli alla nuca, per poi fuggire in sella alla moto Honda 400 guidata da Luigi Ciavardini. Da circa due anni Amato conduceva le principali inchiesta sui movimenti eversivi di destra in assoluto isolamento e aveva da poco annunciato sviluppi clamorosi nella sua indagine, prossime «alla visione di una verità d'assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori degli atti criminosi».[26] La sua euforia è una reazione nervosa. Racconta dell'emozione quasi mistica che ha avuto quando ha sparato, rievoca la vampata della pistola, i capelli della vittima che si sono aperti volando via. "Ho visto il soffio della morte" dice.[27] Il giorno seguente, i NAR fecero ritrovare un volantino di rivendicazione dell'omicidio: «Oggi 23 giugno 1980 alle ore 8:05, abbiamo eseguito la sentenza di morte emanata contro il sostituto procuratore Mario Amato, per le cui mani passavano tutti i processi a carico dei camerati. Oggi egli ha chiuso la sua squallida esistenza imbottito di piombo. Altri, ancora, pagheranno».[28]

Nei mesi successivi la banda fa la spola tra Milano e il Veneto e, il 31 ottobre 1980, Fioravanti e Cavallini rapinano una gioielleria a Trieste. Il 26 novembre, Gigi è a Milano assieme a Stefano Soderini nella carrozzeria di Cosimo Simone, storica base della mala milanese. Quella mattina ha bisogno di un'auto pulita ma, all'arrivo di una pattuglia per un controllo via radio dei documenti personali dei presenti, apre il fuoco uccidendo il brigadiere Lucarelli e, nella fuga, dimentica i documenti in mano ai carabinieri ed è quindi costretto a lasciare in tutta fretta la casa di Treviso.[29]

Qualche giorno dopo, il 19 dicembre 1980, Cavallini, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Giorgio Vale, Pasquale Belsito, Stefano Soderini e Andrea Vian svaligiano la gioielleria Giraldo a Treviso portandosi via un bottino di tre miliardi. Alla rapina partecipa anche il veneto Fiorenzo Trincanato, un malavitoso comune conosciuto da Cavallini e a cui Gigi affida qualche giorno dopo un borsone di armi. Trincanato però, dopo l'arresto della moglie, trovata in possesso di una pistola, per paura di essere anch'egli catturato nasconde il borsone nello Scaricatore, un canale alla periferia di Padova.[30]

Quando la sera del 5 febbraio 1981, Valerio Fioravanti, il fratello Cristiano, Francesca Mambro, Cavallini, Giorgio Vale e Gabriele De Francisci vanno a cercare di ripescare le armi, vengono colti sul fatto da due carabinieri: Enea Codotto di 25 anni e Luigi Maronese di 23 anni. Nel conflitto a fuoco che segue, Valerio spara uccidendo i due agenti che, prima di morire riescono a colpire lo stesso Fioravanti, il quale, gravemente ferito ad entrambe le gambe, verrà riportato dal resto del gruppo nell'appartamento usato come base e, poco dopo, arrestato.[31][32]

Il 30 settembre 1981 partecipa all'uccisione di Marco Pizzari, estremista di destra che, secondo molti neofascisti, aveva collaborato con la polizia e che era ritenuto responsabile dell'arresto di Ciavardini e di Nanni De Angelis (e quindi anche della morte di quest'ultimo). Viene freddato da Cavallini e Alibrandi che lo colpiscono tre volte, due alla testa e uno al torace, nei pressi di piazza Medaglie d'Oro, a Roma.[33]

Il 21 ottobre 1981, assieme ad Alessandro Alibrandi, Francesca Mambro, Giorgio Vale, Stefano Soderini e Walter Sordi, Cavallini uccide in un agguato nei pressi di Acilia il capitano della Digos Francesco Straullu, di 26 anni, che aveva lavorato per smascherare i membri dell'eversione nera. Nell'azione rimane ucciso anche l'agente Ciriaco Di Roma[34]

Il 24 giugno del 1982 partecipa, con Walter Sordi e due giovanissimi militanti (Vittorio Spadavecchia e Pierfrancesco Vito) ad un disarmo di una pattuglia di polizia in servizio di vigilanza nella sede dell'Olp di Roma. Gli agenti Antonio Galluzzo e Giuseppe Pillon sono raggiunti da numerosi colpi d'arma da fuoco che uccidono il primo e feriscono il secondo.[35]

Cavallini sarà l'ultimo dei NAR ad essere catturato: il suo arresto avviene il 12 settembre del 1983, in un bar di corso Genova a Milano, dove era rientrato per soccorrere Soderini rimasto senza soldi e senza appoggi. Viene individuato pedinando un fiancheggiatore, Andrea Calvi, responsabile della rivista Movimento.[36]

Trasferito nel carcere di Ascoli Piceno, inizia il suo percorso processuale in cui dovrà rispondere di vari omicidi, banda armata, furto e rapina, violazione di domicilio, detenzione illegale di armi, ricettazione e altri ancora. Il suo primo ergastolo risale al 12 gennaio 1984, quando venne condannato al carcere a vita assieme a Stefano Soderini per l'assassinio del brigadiere Ezio Lucarelli. Al processo Nar2, poi, cumulerà sei ergastoli, che si andranno ad aggiungere a quelli per gli omicidi Evangelista e Amato.

È attualmente detenuto nel carcere di Terni in regime di semiliberta provvisoria già revocata, il 19 dicembre del 2002, per essere stato trovato in possesso di una pistola Beretta con la matrice cancellata, di 50 proiettili e per avere utilizzato un appartamento, un'auto e uno scooter invece di recarsi al lavoro presso la Cooperativa PromozioneUmana, comunita terapeutica con sede a san Giuliano Milanese tutte azioni incompatibili con le sue restrizioni di semilibero. Agli agenti che gli stringevano le manette ai polsi, dopo averlo pedinato disse: “Ringraziate Dio che la pistola l'avevo nello zaino, perché non vi avrei mai permesso di rimettermi in galera per altri 10 anni”[37]

Processo per la strage di Bologna

Nel 2017 in relazione alla strage di Bologna del 2 agosto 1980 viene rinviato a giudizio con l'accusa di concorso in strage[senza fonte], pur essendo già stato processato e condannato per lo stesso reato con altra imputazione (banda armata), e nel caso specifico accusato di essere il fornitore dei documenti falsi per Francesca Mambro e Giusva Fioravanti, ruolo che confligge con la sentenza definitiva di condanna, che attribuiva ciò al collaboratore di giustizia Massimo Sparti, per propria ammissione (anche se poi ritrattata è comunque tuttora valida e passata in giudicato)[38]. Se Cavallini venisse ritenuto colpevole, anche se per ipotesi non più processabile, secondo l'avvocato dell'ex NAR questo potrebbe, assieme ad altre incongruenze emerse negli anni, consentire la revisione del processo per Mambro e Fioravanti per contrasto di giudicato (articolo 630, comma 1, lettera a)[39]. Il nuovo processo si basa anche su una frase scritta su un foglietto, ritenuta attendibile e attribuita a Carlo Maria Maggi, il leader di Ordine Nuovo veneto condannato come mandante della strage di piazza della Loggia[40].

Note

  1. ^ Su Cavallini fondatore dei Boys San si rimanda al libro fatto dai Boys stessi: "Curva Nord dal 1969 una leggenda" senza data né edizione, p. 5, o pag. 12 e 14 dove compaiono foto di Gilberto cavallini con striscioni "Boys Le furie nerazzurre".
  2. ^ Inter, il portavoce degli ultrà Caravita: «In Curva non si spaccia», lettera43.it.
  3. ^ a b Gavazzeni, 2007, p. 204.
  4. ^ M. Caprini e G. Semprini, Destra estrema, Milano 2007
  5. ^ L. Lucci Chiarissi, Esame di coscienza di un fascista, IRSE Roma 1978
  6. ^ http://www.beppeniccolai.org/missino_e_eretico.htm
  7. ^ G. Cavallini, Introduzione in L. Fantini, Gli ultimi fascisti
  8. ^ S. Fabei, I rossi e i neri, Mursia Milano 2011.
  9. ^ E. Amicucci, I 600 giorni di Mussolini, Edizioni Faro, 1948.
  10. ^ G. Parlato, Sinistra fascista. Storia di un progetto mancato, Edizioni Il Mulino 2008.
  11. ^ http://www.ilgiornale.it/news/duce-trasformista-che-fece-tutto-riconciliare-fascisti-e.html
  12. ^ C. Silvestri, Mussolini, Graziani e l'antifascismo, Longanesi 1949.
  13. ^ S. Fabei, Ivi, Op. Cit.
  14. ^ M. Griner, La pupilla del Duce. La Legione autonoma mobile Ettore Muti, Bollati Boringhieri 2004, p. 146 e seguenti
  15. ^ Ibidem.
  16. ^ https://eia-italianamente.blogspot.it/2008/06/il-libro-nascita-dell-ideologia.html
  17. ^ Gaetano Amoroso 27 aprile 1976 su Pernondimenticare.net
  18. ^ Melchionda, 2010, p. 129.
  19. ^ a b Gavazzeni, 2007, p. 205.
  20. ^ La banda Giuliani e il sequestro di Aleandri su Fascinazione.info
  21. ^ Melchionda, 2010, p. 206.
  22. ^ Omicidio di Antonio Leandri su Rete degli Archivi
  23. ^ La vicenda politico-giudiziaria della strage di Bologna Archiviato il 24 settembre 2015 in Internet Archive. su Stragi.it
  24. ^ Bianconi, 2007, p. 227.
  25. ^ Schede: Evangelista Francesco su Cadutipolizia.it
  26. ^ L'editorialista del 2 agosto è il terrorista su Ilcannocchiale.it
  27. ^ Bianconi, 2007, p. 201.
  28. ^ Alla sbarra i killer di Amato su La Repubblica
  29. ^ Schede: Ezio Lucarelli Archiviato il 30 aprile 2012 in Internet Archive. su Vittimeterrorismo.it
  30. ^ Il piombo e la celtica - Nicola Rao - Google Libri, pp.316
  31. ^ Schede: Enea Codotto Archiviato il 7 maggio 2012 in Internet Archive. su Vittimeterrorismo.it
  32. ^ Schede: Luigi Maronese Archiviato il 16 aprile 2012 in Internet Archive. su Vittimeterrorismo.it
  33. ^ L'attentato a Marco Pizzari Archiviato il 25 marzo 2016 in Internet Archive. su L'Unità
  34. ^ Tassinari, 2008, p. 175.
  35. ^ Tassinari, 2008, p. 223.
  36. ^ Arrestato a Milano l'ex terrorista dei Nar Archiviato il 6 ottobre 2014 in Internet Archive. su Osservatorio Democratico
  37. ^ Arrestato Gilberto Cavallini ex terrorista di destra su La Repubblica
  38. ^ Massimiliano Mazzanti, Strage Bologna, acrobazie giudiziarie per processare (di nuovo) Cavallini, in Secolo d'Italia, 26 ottobre 2017. URL consultato il 13 novembre 2017.
  39. ^ Massimiliano Mazzanti, Si apre un nuovo processo per la strage di Bologna: su Cavallini si decide il 25, in Secolo d'Italia, 5 ottobre 2017. URL consultato il 13 novembre 2017.
  40. ^ Andrea Priante, Strage Bologna, il pizzino di Maggi: «Date i detonatori agli amici di Cavallini», in Corriere del Veneto, 29 ottobre 2017. URL consultato il 13 novembre 2017.

Bibliografia

  • Giovanni Bianconi, A mano armata. Vita violenta di Giusva Fioravanti, Baldini Castoldi Dalai, 2007, ISBN 978-88-6073-178-4.
  • Giovanni Gavazzeni, Gluck, Orphée et Eurydice, Edizioni Pendragon, 2007, ISBN 88-8342-618-5.
  • Achille Melchionda, Piombo contro la giustizia. Mario Amato e i magistrati assassinati dai terroristi, Edizioni Pendragon, 2010, ISBN 88-8342-864-1.
  • Riccardo Bocca, Tutta un'altra strage, Milano, Rizzoli, 2007, ISBN 88-586-0278-1.
  • Mario Caprara, Gianluca Semprini, Destra estrema e criminale, Newton Compton, 2007, ISBN 88-541-0883-9.
  • Ugo Maria Tassinari, Fascisteria, Sperling & Kupfer, 2008, ISBN 88-200-4449-8.
  • Gilberto Cavallini, Introduzione, in Luca Fantini Gli ultimi fascisti, Selecta 2007
  • Gilberto Cavallini, Erminio Colanero, Vademecum del detenuto. Manuale per sopravvivere in un carcere italiano, Aga Editrice 2015
  • Valerio Cutonilli, Rosario Priore, I segreti di Bologna. La verità sull'atto terroristico più grave della storia italiana. Chiarelettere 2016.
  • Achille Melchionda, Piombo contro la Giustizia. Mario Amato e i magistrati assassinati dai terroristi, Edizioni Pendragon, 2010.

Voci correlate

Collegamenti esterni