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Versione delle 17:58, 2 gen 2015

Disambiguazione – Se stai cercando il brano omonimo di David Bowie, vedi The Man Who Sold the World (brano musicale).

«È più che un disco. È un’esperienza. Un’espressione della vita come gli altri la vedono. I testi sono pieni della grandeur di ieri, dell'immediatezza di oggi e della frivolezza di domani.»

The Man Who Sold the World è il terzo album discografico del cantante inglese David Bowie, pubblicato nel 1970 dalla Mercury Records e ristampato su compact disc per la prima volta nel 1985.

Il disco

The Man Who Sold the World è un viaggio musicale sospeso tra un vigoroso hard rock ed ambigui riferimenti più sfuggenti. «Con The Man Who Sold the World volevo lavorare in una specie di strano microcosmo da cui l'elemento umano era stato escluso» ha dichiarato Bowie, «dove si aveva a che fare con una società tecnologica. Quel mondo era un territorio sperimentale in cui poter fare cose pericolose senza che nessuno corresse troppi rischi, a parte i rischi delle idee». In un'altra occasione il cantante descrisse i contenuti dell'album come «molto significativi per me, tutti problemi familiari ed analogie espresse in forma di fantascienza». In effetti, i testi sono più complessi e meno lineari rispetto al passato e Bowie comincia a sperimentare tecniche di scrittura meno narrative, che continuerà ad utilizzare negli anni successivi.[2] I temi affrontati sono i più profondi e ricorrenti dell'opera di Bowie: l'ambiguità sessuale e lo sdoppiamento di personalità (The Width of a Circle e The Man Who Sold the World), l'isolamento e la pazzia (All the Madmen), i falsi guru e i totalitarismi (The Supermen e Saviour Machine).

Anche se alternati ad atmosfere più dolci e malinconiche, gli arrangiamenti hard rock e le frenetiche chitarre che caratterizzano gran parte delle tracce fanno di The Man Who Sold the World l'album più duro di Bowie fino a Tin Machine del 1989 e, stilisticamente, rappresentano una deviazione dalle atmosfere prevalentemente folk e acustiche del precedente Space Oddity e del successivo Hunky Dory. La chitarra elettrica tagliente di Mick Ronson, al primo album con Bowie, è da questo punto di vista uno dei capisaldi dell'album. «Gli idoli di Mick erano i Cream», disse il bassista e produttore Tony Visconti, «faceva suonare Woody come Ginger Baker e me come Jack Bruce. A David piaceva il suono del suo nuovo gruppo».[3] Oltre a Ronson, il disco vede la partecipazione anche di un altro membro dei futuri Spiders from Mars, il batterista Mick "Woody" Woodmansey.

The Man Who Sold the World è uno dei migliori album degli anni settanta secondo la rivista americana Trouser e si trova al 57º posto nella classifica dei 100 migliori album di tutti i tempi di New Musical Express, mentre in quella del magazine norvegese Panorama si trova al quarto posto nel periodo 1970-1998. Curiosamente, l'album si trova anche alla decima posizione nella classifica dei 50 dischi a orientamento omosessuale della rivista Attitude.[4]

Influenze

Considerati gli standard di Bowie il disco esplora un territorio piuttosto intimo e, sebbene i testi siano meno autobiografici di quelli di Space Oddity, il materiale sembra risentire dei turbamenti che affliggevano il suo mondo personale durante il 1969. La morte di suo padre, il fallimento del Becknham Arts Lab, il logoramento di alcune amicizie e soprattutto il peggioramento della salute mentale del fratellastro Terry Burns, affetto da schizofrenia, vengono rappresentate in The Man Who Sold the World attraverso un immaginario fatto di paranoia, depressione e allucinazioni schizoidi. Trent'anni dopo lo stesso Bowie spiegava: «Vedevo piuttosto sovente il mio fratellastro in quel periodo e credo che ciò, ovviamente, abbia avuto un certo effetto su di me… Credo che in un certo senso il suo spirito aleggi in gran parte di quel materiale… Conoscendo la fragile stabilità mentale della mia famiglia in generale, e nel ramo materno in particolare, penso che fossi terribilmente preoccupato di stabilire esattamente quale fosse la mia condizione mentale e dove potesse condurmi».

Un aspetto che contribisce a rendere canzoni come All the Madmen, After All o la stessa title track così angoscianti è che sono prive dell'intensa lucentezza fantascientifica che caratterizzerà album come Ziggy Stardust. Piuttosto, in queste tracce così come in Saviour Machine e The Supermen, l'ascoltatore viene guidato nelle profondità di un inconscio oscuramente nietzschiano. Il consueto scenario fiabesco viene invaso dalle dolorose introspezioni del filosofo tedesco, che Bowie aveva letto all'inizio del 1970 e del quale conosceva le teorie riguardanti il superuomo e la dottrina del potere, dando origine a incontri con quelli che il cantante avrebbe poi chiamato i suoi "diavoli e angeli". Ciò introduce un altro tema ricorrente e connesso al titolo dell'album. La maggior parte delle canzoni includono infatti l'immagine centrale del narratore che si pone in una posizione di vantaggio e passa attraverso esperienze inattese e spiacevoli. È probabile che nel 1970 i "demoni" interiori di Bowie combattessero su un piano quasi apocalittico e, in effetti, il trait d'union che lega le varie tracce dell'album potrebbe essere individuato nel passaggio del Vangelo in cui Cristo è tentato dal Demonio che lo induce a diventare, in effetti, "l'uomo che ha venduto il mondo":

«Poi il Diavolo lo portò sulla cima di una montagna altissima e gli mostrò tutti le nazioni del mondo e la loro gloria. "Le darò tutte a te", disse, "se t'inginocchierai per adorarmi". "Vattene, Satana!" disse Gesù»

Dal punto di vista strettamente musicale, l'album presenta un carattere piuttosto sinistro e inquietante, e rispecchia le tematiche di paranoia, cinismo e depressione tipiche del nichilismo imperante nella società. Tra i riferimenti che hanno ispirato Bowie, un ruolo importante spetta a Syd Barrett («lui e l'attore Tony Newley erano gli unici due a tentare di cantare con un forte accento londinese» disse lo stesso Bowie) e i Velvet Underground anche se, come rivelò in un'intervista, non era (ancora) Lou Reed ad attrarre la sua attenzione: «Per me, il suono del gruppo, era John Cale… John era l'elemento sovversivo del gruppo, uno dei musicisti più sottostimati della storia del rock».[6]

Registrazione

Nei primi mesi del 1970, Tony Visconti e Mick Ronson (che con John Cambridge formavano gli Hype, il gruppo che accompagnava David Bowie) avevano costruito uno studio di registrazione sotto la tromba delle scale di Haddon Hall, a Beckenham, dove Bowie si era trasferito l'anno precedente. Il gruppo realizzò in questa sede buona parte del materiale di quel periodo: «scrivemmo il materiale originale per The Man Who Sold the World in quella piccola stanza sotto le scale», confermava Bowie molti anni dopo. Le sessioni vere e proprie iniziarono agli studi Trident il 18 aprile 1970 e proseguirono ad intermittenza fino al 1º maggio. In seguito continuarono agli studi Advision dal 12 al 22 maggio.

Secondo Tony Visconti, che oltre a produrre il disco suonava il basso, The Man Who Sold the World sarebbe dovuto essere «il nostro Sgt. Pepper, tutto può servire, non importa se appare inverosimile».[3] In realtà, stando alle sue dichiarazioni il produttore avrebbe trascorso la maggior parte delle sessioni cercando di scuotere il novello sposo Bowie (da poco convolato a nozze con Angela Barnett) dalla sua apparente apatia per il progetto. Il cantante a quanto pare «non aveva proprio nessuna voglia di uscire dal letto e scrivere una canzone», raccontò in seguito Visconti, «…noi buttavamo giù gli accordi, gli arrangiamenti, gli assolo di chitarra, i sintetizzatori e David se ne stava nel corridoio degli Advision, mano nella mano con Angela a tubare».[3]

Il coinvolgimento del batterista degli Hype, che non viene citato nei crediti del disco, fu di breve durata. John Cambridge fu infatti licenziato dopo aver avuto difficoltà con le percussioni in The Supermen e rimpiazzato da Mick "Woody" Woodmansey, un altro membro dei Rats, il precedente gruppo di Ronson. «Mick era un batterista fondamentale», ricordava Bowie molti anni dopo, «piuttosto aperto alle indicazioni, si può dire che realizzò ciò che avevo in mente, più di quanto abbiano fatto la maggior parte dei batteristi con cui ho suonato. Il suo forte era il rock britannico e il rhythm & blues britannico».

Gli elementi del gruppo diventarono cinque con l'arrivo del tastierista Ralph Mace, un dirigente della Philips che era diventato il riferimento di Bowie all'interno dell'etichetta al tempo della registrazione di The Prettiest Star. «Ralph era un virtuoso, oltre che un caro amico che ci appoggiava», disse Visconti. Mace definiva le sessioni «una costruzione creativa, una sintesi» e dissentiva con Visconti riguardo all'approccio di Bowie alle prove. «David tirava fuori le idee alle persone» disse ai biografi Peter e Leni Gillman, «avevo l'impressione che David sapesse esattamente ciò che voleva o non voleva».

Riguardo alle voci sul fatto che Mick Ronson avrebbe scritto alcuni dei brani dell'album e che She Shook Me Cold sarebbe una composizione di Ronson in cui Bowie avrebbe aggiunto il testo più tardi, Tony Visconti ha dichiarato sulla Bowie Zone Fanzine nel febbraio 2007: «C'è una linea sottile tra l'arrangiamento e la scrittura. Ronson ha scritto la maggior parte delle proprie parti di chitarra e anche David ne ha scritte alcune, che Mick ha suonato. Io ho scritto le parti per il basso (Black Country Rock, The Man Who Sold the World) e David ha suggerito alcune modifiche. Ma questo è l'arrangiamento. Ciò che costituisce davvero una canzone è la melodia, gli accordi e le parole. Mick non ha scritto niente di tutto ciò».[7]

Uscita e accoglienza

Recensioni professionali
RecensioneGiudizio
Ondarock[8]
Allmusic[9]
Piero Scaruffi[10]
Rolling Stone[11]

«Ciò che accade a un figlio dei fiori, quando tutto il mondo intorno a lui diventa leggermente folle e lotte di potere si impadroniscono di tutto, inclusa la sua musica, è che sfrutta il suo genio, si adegua alla pazzia, sconfigge il gruppo più forte sulla piazza e fa tutto ciò un po' meglio di chiunque altro.»

La versione americana di The Man Who Sold the World uscì il 4 novembre 1970 mentre in Gran Bretagna l'album vide la luce solo nell'aprile 1971, quasi un anno dopo la fine delle registrazioni. Pur non riscuotendo inizialmente un gran successo, le vendite andarono meglio in America che nel Regno Unito, grazie anche al lancio pubblicitario della Mercury. A proposito di questo, Bowie spiegava in un'intervista per Disc & Music Echo: «Innanzitutto ho goduto di una massiccia programmazione radiofonica, inoltre immagino che risultasse in un certo senso più gradito di cose che avevo fatto in passato, grazie al suo accompagnamento piuttosto "pesante"». Il disco ricevette una buona accoglienza anche da parte della critica statunitense, il che diede origine, nel febbraio 1971, al primo tour promozionale di Bowie in America. Sul Los Angeles Free Press, Chris Van Ness dichiarava che «C'è una sottile vena di follia che corre lungo l'album… I concetti espressi dal brano che gli dà il titolo, da The Supermen o da Saviour Machine non sono normali temi di canzoni ma David Bowie non è un autore normale». La rivista Rolling Stone considerò l'album «uniformemente eccellente» e «un'esperienza stuzzicante quanto emozionante, ma solo per un ascoltatore sufficientemente integro da fronteggiare la sua schizofrenia… L'uso di eco, riverbero e altri effetti applicati da Tony Visconti sulla voce di Bowie per ottenere un timbro strano e sovrannaturale… serve ad accentuare il carattere scabroso delle parole e della musica, suonata con stile minaccioso da un quartetto, a tratti magnifico, guidato dai maniacali glissati del basso di Visconti».[13]

Nonostante le critiche favorevoli ricevute, alla fine del giugno 1971 negli Stati Uniti erano state vendute meno di 1400 copie, nonostante alcuni riferimenti a vendite massicce all'approssimarsi dell'uscita del disco in Gran Bretagna che si rivelarono una montatura pubblicitaria. Michael Watts dichiarava ad esempio sul numero di Melody Maker del 22 gennaio 1972 che The Man Who Sold the World aveva venduto 50.000 copie in America e non più di 5 in Gran Bretagna (aggiungendo anche che era stato lo stesso Bowie a comprarle…).[14] Le vendite della prima edizione britannica furono in effetti disastrose, ciò nonostante anche in patria l'album ottenne recensioni discrete. Melody Maker lo definì «un disco sorprendentemente ottimo», con «alcuni formidabili lampi di splendore» nella scrittura «insolita e inventiva». Il New Musical Express rilevava «un pizzico d'orrore in All the Madmen, un tranquillo andamento folk in After All e una notevole spinta in The Width of a Circle», ma considerava il tono generale «piuttosto isterico».

Nel novembre 1972, la Mercury Records ripubblicò The Man Who Sold the World e in questa occasione l'album riuscì ad entrare nelle classifiche sia in patria che oltreoceano. Nel Regno Unito rimase nelle classifiche per 22 settimane raggiungendo la posizione n. 26, mentre negli Stati Uniti rimase in classifica una settimana in più ma non andò oltre la posizione n. 105.[15] Pubblicato di nuovo nel 1983 e nel 1990, l'album è rientrato nelle classifiche inglesi non andando oltre il 64o e 66o posto, rispettivamente.[15]

Con gli anni The Man Who Sold the World ha smentito l'accoglienza iniziale sostanzialmente indifferente per diventare uno degli album meglio considerate fra tutti quelli di Bowie. «Solamente dopo alcuni anni il disco ebbe il meritato riconoscimento per il suono e la concezione compositiva d'avanguardia», ha detto Tony Visconti, che lo ha definito «quasi un manuale su come fare un disco alternativo», citandolo spesso come la sua collaborazione con Bowie preferita insieme a Scary Monsters. Artisti di orientamenti musicali assai diversi come Boy George e Kurt Cobain lo hanno spesso citato come fonte d'ispirazione e Gaz Coombes, cantante dei Supergrass, ha dichiarato nel 2003: «Potrei dire che è il mio album preferito di tutti i tempi… Bowie dimostra come sia possibile suonare con una band di hard rock ed avere comunque idee sofisticate».[2]

Copertina

Negli ultimi giorni del suo rapporto professionale con David Bowie, il manager Kenneth Pitt aveva pianificato di contattare un grande artista per disegnare la copertina dell'album (la sua lista includeva Andy Warhol, David Hockney e Patrick Procktor). Il progetto svanì e Bowie chiese a Michael Weller, un frequentatore abituale del Beckenham Arts Lab il cui lavoro riecheggiava lo stile pop art di Warhol e Roy Lichtenstein, di disegnare una copertina che rispecchiasse l'atmosfera sinistra dell'album. Weller propose un dipinto del Cane Hill Hospital, dove oltre a Terry Burns era ricoverato un suo amico, e Bowie accolse l'idea con entusiasmo. Il disegno a fumetti di Weller, intitolato "Metrobolist" (dal classico Metropolis di Fritz Lang) consisteva in una tetra veduta dell'ingresso principale del Cane Hill, con la torre dell'orologio diroccata. In primo piano c'era una figura di cowboy copiata da una fotografia di John Wayne con in mano un fucile, un riferimento a Running Gun Blues. Anche se, come riportato in David Robert Jones Alias David Bowie di Peter e Leni Gillman, Bowie era molto soddisfatto del disegno ultimato, pare che non molto tempo dopo abbia cambiato idea. In ogni caso il fumetto fu cancellato dalla Mercury e Bowie chiese al dipartimento artistico della Philips di commissionare a Keith Macmillan un servizio fotografico nel soggiorno di Haddon Hall. Il cantante si sistemò su una sedia a sdraio con un vestito di satin crema e blu (un vestito da uomo, precisò in seguito) comprato alla boutique londinese "Mr. Fish", con una mano che lasciava cadere l'ultima carta di un mazzo sparso per terra e l'altra che giocava con i suoi nuovi fluenti riccioli "post-hippy". In seguito spiegò che la foto, la più audace rappresentazione dell'ambiguità sessuale che Bowie già perseguiva, intendeva riprodurre lo stile del pittore preraffaellita Dante Gabriel Rossetti.

Quando la RCA ripubblicò The Man Who Sold the World nel 1972, sia nel Regno Unito che in America, in copertina apparve una foto in bianco e nero di Brian Ward raffigurante David nella sua prima acconciatura alla Ziggy Stardust nell'atto di dare un calcio.[2] Così come la riedizione di Space Oddity dello stesso anno, la versione RCA uscì con una serie di note di copertina che informavano l'ascoltatore che la musica di Bowie non era «né metafora né analogia... la fantasmagoria è la sua realtà; lo straordinario la sua straniante verità». La foto del calcio rimase la copertina ufficiale del disco fino alla riedizione del 1990, che ripropose quella con l'abito e incluse nella confezione le copertine alternative, compreso il disegno della pubblicazione originale tedesca che era totalmente diversa: una curiosa vignetta di un Bowie alato sul frontespizio ed un androgino ritratto con berretto sul retro. Più di recente, il libretto della riedizione EMI 1999 includeva scatti del servizio fotografico con l'abito.

Tracce

Testo e musiche di David Bowie.

Lato A
  1. The Width of a Circle – 8:05
  2. All the Madmen – 5:38
  3. Black Country Rock – 3:32
  4. After All – 3:51
Lato B
  1. Running Gun Blues – 3:11
  2. Saviour Machine – 4:25
  3. She Shook Me Cold – 4:13
  4. The Man Who Sold the World – 3:55
  5. Memory of a Free Festival – 7:07
  6. The Supermen – 3:38

Tracce bonus della riedizione 1990

Testo e musiche di David Bowie.

  1. Lightning Frightening - 3:38 (inedito del 1970)
  2. Holy Holy - 2:20 (versione registrata nel 1973 con gli Spiders from Mars)
  3. Moonage Daydream - 3:52 (versione "Arnold Corns", 1971)
  4. Hang Onto Yourself - 2:51 (versione "Arnold Corns", 1971)

Formazione

Descrizione dei brani

The Width of a Circle

La forma originaria di questo brano, più breve rispetto alla versione dell'album in quanto mancante dei passaggi strumentali e dell'impetuosa seconda sezione, fu eseguita nella sessione BBC del 5 febbraio 1970. In una registrazione effettuata il mese successivo, sempre alla BBC, cominciava ad emergere il nuovo stadio di sviluppo della canzone, ancora priva della portata epica che la caratterizzerà in seguito ma con impresso chiaramente il marchio della chitarra di Mick Ronson. Durante le registrazioni dell'album, alla canzone fu infine aggiunta quella che Tony Visconti ha definito "la parte col ritmo boogie".[3] Lo stesso Visconti aveva modificato significativamente la composizione insieme a Mick Ronson, inserendo una gran quantità di feedback e facendo avvicinare la musica a quella dei Deep Purple o dei Black Sabbath. Ciò nonostante, la presenza della chitarra folk, l'ambientazione melodica e la narrazione enigmatica portano il marchio inconfondibile di Bowie.

Il brano si apre con lo stesso rifiuto delle dottrine e dei guru che aveva caratterizzato l'album precedente, soprattutto in Cygnet Committee, dopodiché Bowie affronta il primo di una serie di incontri allegorici che confermano Friedrich Nietzsche come uno dei suoi filosofi di riferimento all'inizio del 1970 e rimandano ad un passaggio di Al di là del bene e del male («Chi lotta con i mostri deve stare attento a non diventare lui stesso un mostro»[16]):

(EN)

«Then I ran across a monster who was sleeping by a tree,
and I looked and frowned and the monster was me.»

(IT)

«Poi m'imbattei in un mostro che dormiva presso un albero,
lo guardai e mi accigliai ed il mostro ero io.»

Il viaggio nella profondità personale ed emotiva di Bowie, che caratterizza l'intero album, è stato collegato dai biografi Peter e Leni Gillman alle visioni schizofreniche del fratellastro e a quella che hanno definito "la danza con gli spettri della malattia mentale di David". A tale proposito, nel 1993 il cantante rievocava uno degli attacchi epilettici di Terry («È caduto a terra, diceva che la terra si apriva sotto di lui e che dal pavimento uscivano fiamme e materia») in termini che rimandano proprio a The Width of a Circle:

(EN)

«He struck the ground, a cavern appeared,
and I smelled the burning pit of fear.»

(IT)

«Si è abbattuto sul terreno, si è aperta una caverna,
e ho sentito l'odore dell'ardente fossa della paura.»

Il brano ebbe un ruolo chiave nello Ziggy Stardust Tour, nel corso del quale il break strumentale situato a metà della canzone veniva dilatato, dando la possibilità a Bowie di lasciare il palco per cambiarsi il costume e agli Spiders from Mars di lanciarsi in feedback sfrenati, luci stroboscopiche e fragorosi assoli di batteria. Il lungo assolo di chitarra di Mick Ronson era stato adattato da quello che aveva già usato precedentemente per le performance live di I Feel Free, una reinterpretazione dei Cream. Nel 1973, The Width of a Circle uscì per ben due volte come 45 giri nell'Europa dell'est, con Soul Love e Cygnet Committee come lato B, diventando nel secondo caso la prima hit di Bowie nella ex Unione Sovietica.[17] Il brano è stato eseguito anche durante il Diamond Dogs Tour del 1974, mentre la lenta introduzione è tornata brevemente alla ribalta nel 1997 in alcuni concerti dell'Earthling Tour, nei quali è stata utilizzata come preludio a The Jean Genie.

The Width of a Circle venne eseguita nelle sessioni BBC del 5 febbraio 1970 (versione presente in Bowie at the Beeb) e del successivo 25 marzo.

Presente in David Live e Live Santa Monica '72, The Width of a Circle è stata eseguita dal vivo soprattutto tra il 1972 e il 1974 e alcune performance sono reperibili in bootleg come Ziggy's Invasion of America, The Ziggy Stardust Japan Tour e Subway, mentre la versione di Santa Monica del 1972 è stata inserita in I Miti del Rock Live, uscito in Italia nel 1992. Una versione live di 14 minuti è contenuta nel video Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, mentre per la colonna sonora la stessa performance è stata mixata in modo da essere ridotta a nove minuti e mezzo.

The Width of a Circle, eseguita da The Spurge nell'album di artisti vari Crash Course for the Ravers del 1996 e The Cybernauts in Cybernauts Live del 2000.

All the Madmen

Con una successione di bizzarre parole bisbigliate ed esplosioni di chitarra rock, All the Madmen rivela il suo tema centrale sia attraverso la schizofrenia musicale dell'arrangiamento di Mick Ronson (che suona chitarra e sintetizzatore), sia con il testo che dipinge un'atmosfera da film horror attraverso librium, lobotomia e elettroshock. Come dichiarato dallo stesso Bowie nel 1972, il personaggio del narratore si ispira a al fratellastro Terry, che due anni prima era stato confinato nel Cane Hill Hospital di Londra[18] (un austero edificio come il "palazzo freddo e grigio" evocato nel verso di apertura del brano). Durante un'intervista con Jean-Daniel Beauvallet, nell'estate 1993 il cantante ha confermato: «ero molto preoccupato dallo stato di sanità mentale del mio fratellastro Terry, che era a quel tempo in ospedale in un istituto psichiatrico… Era spaventoso perché riconoscevo in lui alcuni tratti della mia personalità. Avevo paura di sprofondare a mia volta nella malattia, nella follia….Il mio modo di scrivere ne ha fortemente risentito».[6] Come già accaduto in precedenza, Bowie si dichiara contrario all'establishment in favore della libertà individuale e della virtù di essere differente, schierandosi ancora una volta con coloro che non si conformano alle regole della società, con gli esclusi e i disadattati:

(EN)

«'Cause I'd rather stay here with all the madmen
than perish with the sadmen roaming free»

(IT)

«Perché preferirei stare qui con tutti i pazzi
piuttosto che morire con gli uomini tristi che vagano liberi»

Un'altra influenza citata spesso da Bowie proviene dal classico della letteratura beat Sulla strada, scritto nel 1957 da Jack Kerouac (fu proprio Terry a farglielo conoscere) che dichiarava: «… le uniche persone che esistono per me sono i pazzi, i pazzi di voglia di vivere, di parole, di salvezza, i pazzi del tutto e subito, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai banalità, ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi d'artificio gialli».[19] Così All the Madmen non ha per argomento solo la pazzia e l'esclusione sociale, ma anche una potenziale dichiarazione d'intenti che si tradurrà nella frenesia creativa e spirituale di Bowie all'inizio degli anni settanta.

Il canto finale "Zane, zane, zane, ouvrez le chien" fa riferimento al film surrealista Un chien andalou di Luis Buñuel e Salvador Dalí, famoso anche per la scena d'apertura in cui lo stesso Buñuel taglia con un rasoio l'occhio di una donna ("Zane" è invece una storpiature di "sane", sano di mente).[20] Tra l'altro, lo stesso film venne usato da Bowie come "intro" a tutti i concerti dello Station to Station Tour del 1976.[20] Il delirante verso fu ripreso 23 anni dopo in The Buddha of Suburbia, mentre una gigantesca scritta mobile "Ouvrez le chien" incombeva sul palco dell'Outside Tour del 1995, anche se All the Madmen non era in scaletta. L'unica importante esecuzione dal vivo del brano è stata effettuata durante il Glass Spider Tour del 1987.

Nel dicembre 1970, un singolo promozionale fu stampato dalla Mercury e fatto circolare in America in occasione della prima visita promozionale di Bowie, durante la quale l'artista tenne alcune performance improvvisate della canzone accompagnandosi con la chitarra folk. Venne stampato anche un singolo con Janine sul lato B, ma venne subito ritirato e ora è estremamente raro.

Versioni live di All the Madmen si trovano in molti bootleg, tra cui A Night With the Duke e Goodbye Europe in cui sono presenti, rispettivamente, le performance di San Siro e dello stadio Comunale di Torino durante il Glass Spider Tour 1987. L'unica versione "ufficiale" dal vivo di All the Madmen, relativa alla performance all'Stade Olympique di Montreal del 30 agosto 1987, è apparsa nel CD dell'edizione speciale del 2007 di Glass Spider, comprendente anche un DVD.[18] Il brano è incluso anche nella colonna sonora del film Mayor of the Sunset Strip del 2004, documentario dedicato al DJ di Los Angeles Rodney Bingenheimer, in cui compare anche Bowie. Il primo minuto del brano è tratto da una esibizione live acustica registrata durante il viaggio promozionale negli Stati Uniti del 1971.[18][21]

All the Madmen, eseguita da Jeannie Lewis in Till Time Brings Change del 1980, dagli Alien Sex Fiend nell'album di artisti vari Goth Oddity del 1999 e dai Brainstorm Troopers in United We Divide, Fallen We Stand del 2006.

Black Country Rock

Lo stesso argomento in dettaglio: Holy Holy § Il lato B.

After All

Piuttosto distante dai suoni hard rock del resto dell'album, After All è un malinconico valzer che evoca un'atmosfera da luna park, con un testo che esplora i consueti territori della prima produzione di Bowie, paranoia, isolamento e repressione suburbana. In quella che è stata definita dal biografo David Buckley "la gemma nascosta dell'album" e da Nicholas Pegg "una delle più sottovalutate registrazioni di Bowie", ci sono gli echi dell'innocenza presente in una delle prime canzoni di Bowie, There Is a Happy Land. Stavolta però il "paradiso" è dipinto con toni più cupi e, come suggerito da Buckley, il verso «Live till your rebirth and do what you will» («vivi fino alla tua rinascita e fai quello che vuoi») richiama alla mente il mistico inglese Aleister Crowley e il suo credo «l'unica legge è: fai quello che vuoi».

La registrazione inizia con la voce di Bowie che si accompagna con la chitarra folk, mentre la traccia ritmica e la linea di basso entrano solo in un secondo momento. Tony Visconti ha rivelato che lui e Mick Ronson sono intervenuti pesantemente su After All in fase di mixaggio: «La struttura base della canzone e il verso "oh, by jingo" sono idee di David. Il resto è il risultato di una gara tra me e Ronno a chi face più sovrapposizioni». Il coro su più ottave da cartone animato del controcanto «oh, by jingo» (traducibile con «oh, perbacco») è un'altra ripresa dei brani sperimentali del periodo Deram (vedi The Laughing Gnome) e ricorda i sinistri effetti vocali presenti anche nella precedente All the Madmen nonché, più avanti, in The Bewlay Brothers.

Così come quella della traccia precedente, l'atmosfera gotica di After All è stata citata come un'importante influenza per band come Siouxsie and the Banshees, i Cure e i Bauhaus.

After All, nelle versioni degli Human Drama (in Pinups del 1993, da non confondersi con il "quasi" omonimo Pin Ups dello stesso Bowie), dei Ventilator e dei The Mission UK (rispettivamente negli album di artisti vari Crash Course for the Ravers del 1996 e Goth Oddity del 1999) e di Tori Amos, che ha pubblicato il brano come singolo nel 2001.

Running Gun Blues

Con la sua struttura da tipica canzone di protesta alla Bob Dylan, compreso un assolo di armonica, è il brano che mostra le più evidenti analogie con lo stile del precedente album di Bowie. Il cantante usa un testo insolitamente diretto e assume le sembianze di un alienato veterano del Vietnam che, una volta tornato a casa, si trasforma in un sanguinario assassino. Oltre che lo spirito antimilitarista, è probabile che una fonte d'ispirazione di questo brano sia stato il processo che nel 1969 portò davanti alla corte marziale il tenente William Calley, accusato del massacro di My Lai durante il quale vennero uccisi gli oltre 300 abitanti del villaggio vietnamita. Anche se il testo sembra richiamare l'album Space Oddity, Running Gun Blues anticipa anche cose che verranno. Dal punto di vista vocale Bowie fornisce un esempio del falsetto ricorrente in Hunky Dory e Ziggy Stardust , mentre la stretta relazione tra chitarra, basso e voce prefigura il sound dei futuri Spiders from Mars.

Saviour Machine

Col suo ricco arrangiamento quasi orchestrale e l'inizio sfumato in stile cinematografico, Saviour Machine si pone in una zona intermedia tra l'impostazione da canzone di protesta che aveva caratterizzato l'album (e la traccia) precedente e la fantascienza assolutistica che emergerà successivamente in Diamond Dogs. Già in un'intervista rilasciata alla fine del 1969 a Music Now!, il cantante aveva espresso la sua condanna verso coloro che sono «contenti della loro predisposizione a lasciarsi guidare da altri». In questa canzone Bowie ribadisce il concetto con un racconto allegorico in cui il protagonista compie la scalata al potere ma rimette ogni responsabilità a un immaginario super computer che si ribella agli stessi uomini che l'hanno creato:

(EN)

«A plague seems quite feasible...
...or maybe a war, or I may kill you all!»

(IT)

«Una calamità sembra abbastanza probabile…
…o forse una guerra, o forse potrei uccidervi tutti!»

Come ha suggerito Nicholas Pegg nella sua "enciclopedia", la fonte d'ispirazione era probabilmente il thriller Colossus: The Forbin Project, diretto da Joseph Sargent nel 1969, in cui gli Stati Uniti costruiscono un super computer per controllare le armi nucleari dell'Unione Sovietica, finendo per lottare contro la "creatura" per impedirgli di impadronirsi del mondo. Ancora una volta Bowie propone il pericoloso fascino della leadership e l'ingerenza profana nella dimensione spirituale, temi che verranno ulteriormente sviluppati nelle sue opere degli anni settanta. Il break di chitarra di Saviour Machine è ripreso dal ritornello dell'inedito brano folk Ching-A-Ling, scartato solamente un anno prima (è presente comunque in Love You Till Tuesday) ma già molto lontano sotto il profilo strettamente musicale. Nell'edizione originale tedesca di The Man Who Sold the World, alla fine dell'album c'è una ripresa dell'introduzione di Saviour Machine in dissolvenza incrociata col finale di The Supermen.

Saviour Machine, eseguita dai Redd Kross in Teen Babes from Monsanto del 1984, dai Vice Squad in The BBC Sessions del 1998 e dagli Sheriff Scabs in .2 Contamination del 2006.

She Shook Me Cold

Tony Visconti ha definito questa traccia uno dei "momenti classici" di The Man Who Sold the World[3] e in effetti si tratta di un brano in linea col rock dei primi anni settanta, «un blues alla Cream, paragonabile per l'atteggiamento solo a Dolly Dagger di Hendrix» come venne definito da Ron Ross sulla rivista Words & Music nel 1972.[22] Proprio per questo, She Shook Me Cold risulta difficilmente identificabile come canzone di Bowie. L'arrangiamento prog rock in stile Cream è in effetti opera di Mick Ronson anche se, senza la mediazione più delicata di Bowie, il tentativo del chitarrista di allinearsi a modelli come Jeff Beck e Jimmy Page genera un risultato meno efficace rispetto ai suoi arrangiamenti contenuti negli album successivi. In un periodo in cui i Led Zeppelin e i Black Sabbath anticipavano quello che di lì a breve sarebbe stato, rispettivamente, l'hard rock e l'heavy metal, l'assolo di chitarra di Mick Ronson risulta comunque molto incisivo.

She Shook Me Cold, nella versione dei Pain Teens del 1990.

The Man Who Sold the World

Lo stesso argomento in dettaglio: The Man Who Sold the World (brano musicale).

La title track venne eseguita nella sessione BBC del 7 gennaio 1997.

The Supermen

La prima versione in studio di The Supermen, caratterizzata da alcune parti del testo leggermente differenti, fu registrata il 25 marzo 1970 durante una sessione BBC precedente alle registrazioni dell'album. Quella versione rappresenta l'ultimo episodio della collaborazione con il batterista John Cambridge, che venne "allontanato" perché incapace di cavarsela con un breve passaggio della complessa partitura ritmica. L'incisione contenuta nell'album, caratterizzata da un'imponente parte di batteria opera del successore di Cambridge, Mick "Woody" Woodmansey e da frenetiche rullate di timpani che richiamano Also sprach Zarathustra, è intrisa ancora una volta delle influenze Nietzschiane che pervadono tutto l'album. Nella prima parte del 1970, Bowie si era dedicato alla lettura di Al di là del bene e del male e Così parlò Zarathustra, e alcune osservazioni derivate da entrambi i testi si possono trovare sia in questo album sia nel successivo Hunky Dory. In The Supermen, Bowie sovrappone la drammatica allegoria delle "tragiche vite senza fine" di esseri immortali "incatenati alla vita" al rifiuto della morale terrena da parte del superuomo. «Avevo immaginato The Supermen come brano caratteristico di una certa epoca», disse Bowie nel 1973, «ma penso che riguardi il futuro piuttosto che il passato». Tre anni dopo dichiarò ad un altro intervistatore che all'epoca si trovava «ancora nella fase in cui pretendevo di avere capito Nietzsche… e per capirlo avevo cercato di tradurlo secondo la mia sensibilità, quindi The Supermen era il risultato di questo atteggiamento».

In Strange Fascination di David Buckley, Tony Visconti descrive la canzone come «uno dei paesaggi sonori più oltraggiosi» di The Man Who Sold the World, «qualcosa che prefigura il suono al quale i Queen arriveranno molto più tardi, non solo per quanto riguarda lo stile vocale, ma anche per le voci d'accompagnamento trasportate a una tonalità molto acuta e per l'assolo di chitarra».

Nel 1971, una versione riarrangiata con strofe acustiche alternate ai dirompenti ritornelli di Ronson, fu registrata agli studi Trident durante le sessioni di Hunky Dory. Fu inclusa nella compilation del 1972 Glastonbury Fayre (in seguito anche nella riedizione del 1990 dello stesso Hunky Dory, come bonus track) e venne eseguita durante lo Ziggy Stardust Tour. Una ripresa acustica, più fedele alla versione originale, fu inclusa nel 1997 nello speciale della BBC ChangesNowBowie. «Il riff che ho usato in quella occasione, effettivamente l'ho riesumato sull'album Earthling», confessò David in quell'occasione (in seguito The Supermen apparve nell'Earthling Tour). Il riff in questione, riciclato per Dead Man Walking, a quanto pare fu "regalato" a Bowie da Jimmy Page nel 1965, durante la registrazione di I Pity the Fool.

The Supermen venne eseguita nella sessione BBC del 25 marzo 1970. Apparve poi in altre sessioni BBC, in particolare quelle del 3 giugno e 21 settembre 1971 (la seconda performance si trova in Bowie at the Beeb) e del 7 gennaio 1997.

The Supermen è stato un classico in tutto lo Ziggy Stardust Tour fino al 1973 (la versione del Civic Auditorium di Santa Monica si trova anche in I Miti del Rock Live e Il Dizionario del Rock), ed è stata ripresa dal vivo 24 anni dopo nelle date americane dell'Earthling Tour e, successivamente, in quelle del Reality Tour del 2004.[23] La performance unplugged del Bridge Benefit Show di San Francisco (19 ottobre 1996), è presente nel bootleg Divine Symmetry, mentre quella del concerto di Port Chester durante l'Earthling Tour 1997 (trasmessa da MTV all'interno del programma "Live at 10 spot"), si trova in The Capitol '97, nel quale c'è anche una versione suonata prima della messa in onda dello show.[24] La versione dell'album si trova invece in Live Santa Monica '72 e Sound+Vision, mentre una versione registrata durante una pausa nelle sessioni dell'album Ziggy Stardust è presente in Revelations, compilation degli artisti che si esibirono al Glastonbury Festival del 1971, e nella riedizione della Rykodisc di Hunky Dory come bonus track.[25][26]

The Supermen, eseguita dai Cybernauts in Cybernauts Live del 2000.

Riedizioni e raccolte

A partire dal 1972, sulla scia del successo di The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars e della crescente fama internazionale di David Bowie, Space Oddity è stato ripubblicato diverse volte in molti Paesi e nel 1984 è uscita la prima versione in compact disc. L'ultima edizione è quella rimasterizzata del 2014 mentre nel 2009 è uscita la "40th Anniversary Edition", che includeva un booklet con molti riferimenti e informazioni sul periodo 1968-1970 di Bowie e un bonus disc con canzoni pubblicate come 45 giri, brani inediti e registrazioni effettuate nella sessione BBC dell'ottobre 1969.

  • 1972 – LP, RCA Victor, UK, USA, Canada, Grecia, Francia, Germania, Australia, Nuova Zelanda, Australia, Argentina, Filippine, Sud Africa
  • 1973 – LP, RCA Victor, Spagna, Italia, Giappone, Venezuela, Corea, Turchia, Uruguay
  • 1984 – CD, RCA Victor, Europa, USA
  • 1990 – LP, EMI, UK, Italia, Germania, Grecia
  • 1990 – CD, EMI/Rykodisc, UK, Europa, USA, Canada, Brasile, Corea, edizione rimasterizzata
  • 1999 – CD, EMI/Virgin, Australia, UK, Europa, USA, Argentina, Canada
  • 2000 – LP, Simply Vinyl, Europa
  • 2004 – CD, Gruppo Editoriale L'Espresso, Italia, edizione rimasterizzata
  • 2007 – CD, EMI, USA, Giappone, edizione rimasterizzata
  • 2009 – LP, EMI, UK, Europa
  • 2009 – CD, EMI/Virgin, UK, Europa, 40th Anniversary Edition
  • 2014 – CD, Parlophone, Europa, edizione rimasterizzata

Ad eccezione della title track e di Wild Eyed Boy from Freecloud (rintracciabile in Sound + Vision), nessuna delle altre tracce dell'album è presente nelle raccolte di David Bowie, con l'unica eccezione di Bowie at the Beeb che include versioni live anche di Unwashed and Somewhat Slightly Dazed, Cygnet Committee, Janine, God Knows I'm Good e Memory of a Free Festival.

Note

  1. ^ Music Now!, 1969, su bowiewonderworld.com, www. bowiewonderworld.com. URL consultato il 13 dicembre 2014.
  2. ^ a b c Recensione su xoomer.virgilio.it, su xoomer.virgilio.it. URL consultato il 21 marzo 2009.
  3. ^ a b c d e Tony Visconty, su tonyvisconti.com, www.tonyvisconti.com. URL consultato il 21 marzo 2009. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "visconti" è stato definito più volte con contenuti diversi
  4. ^ Classifiche, su acclaimedmusic.net. URL consultato il 17 gennaio 2011.
  5. ^ Matteo 4: 8-10, su www.biblegateway.com. URL consultato il 26 marzo 2009.
  6. ^ a b Les Inrockuptibles, su velvetgoldmine.it, www.velvetgoldmine.it. URL consultato il 21 marzo 2009.
  7. ^ Bowie Zone Fanzine, su bowiezone.net. URL consultato il 21 marzo 2009.
  8. ^ Recensione Ondarock, su ondarock.it, www.ondarock.it. URL consultato il 4 ottobre 2014.
  9. ^ Recensione AMG, su allmusic.com, www.allmusic.com. URL consultato il 4 ottobre 2014.
  10. ^ Recensione Piero Scaruffi, su scaruffi.com, www.scaruffi.com. URL consultato il 4 ottobre 2014.
  11. ^ Recensione Rolling Stone, su rollingstone.com, www.rollingstone.com. URL consultato il 4 ottobre 2014 (archiviato dall'url originale il 10 novembre 2013).
  12. ^ Nicholas Pegg - David Bowie - L'Enciclopedia. Arcana, Roma, 2002.
  13. ^ Rolling Stone, su rollingstone.com, www.rollingstone.com. URL consultato il 27 marzo 2009.
  14. ^ Melody Maker, su bowiewonderworld.com, www.bowiewonderworld.com. URL consultato il 21 marzo 2009.
  15. ^ a b Classifiche, su teenagewildlife.com, www.teenagewildlife.com. URL consultato il 21 marzo 2009.
  16. ^ Friedrich Nietzsche - Al di là del bene e del male. Fabbri, Milano, 1996.
  17. ^ The Width of a Circle, su www.allmusic.com. URL consultato il 21 marzo 2009.
  18. ^ a b c All the Madmen, su bowiezone.net. URL consultato il 21 marzo 2009.
  19. ^ On the Road, su clubautori.it, www.clubautori.it. URL consultato il 21 marzo 2009.
  20. ^ a b Un Chien Andalou, su www.velvetgoldmine.it. URL consultato il 21 marzo 2009.
  21. ^ Mayor of the Sunset Strip, su xoomer.virgilio.it. URL consultato il 21 marzo 2009.
  22. ^ She Shook Me Cold, su bowiewonderworld.com, www.bowiewonderworld.com. URL consultato il 21 marzo 2009.
  23. ^ The Supermen live, su illustrated-db-discography.nl, www.illustrated-db-discography.nl. URL consultato il 21 marzo 2009.
  24. ^ The Supermen live 2, su www.velvetgoldmine.it. URL consultato il 21 marzo 2009.
  25. ^ Revelations, su xoomer.virgilio.it. URL consultato il 21 marzo 2009.
  26. ^ Revelations 2, su illustrated-db-discography.nl, www.illustrated-db-discography.nl. URL consultato il 21 marzo 2009.

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni

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