Disturbo depressivo: differenze tra le versioni

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L'efficacia dei [[farmaci antidepressivi]] è nulla o minima in quelli che presentano depressione lieve o moderata, ma significativa nei pazienti con malattia molto grave.<ref>{{cite journal |author=Fournier JC, DeRubeis RJ, Hollon SD, ''et al.'' |title=Antidepressant drug effects and depression severity: a patient-level meta-analysis |journal=JAMA |volume=303 |issue=1 |pages=47–53 |year=2010 |month=January |pmid=20051569 |doi=10.1001/jama.2009.1943 |url=}}</ref> Una [[metanalisi]] mostra una debole correlazione con le variazioni genetiche degli individui che contribuirebbero a determinare le differenze individuali nella risposta agli antidepressivi.<ref name="Uher-2013">{{Cita pubblicazione | cognome = Uher | nome = R. | coauthors = KE. Tansey; M. Rietschel; N. Henigsberg; W. Maier; O. Mors; J. Hauser; A. Placentino; D. Souery; A. Farmer; KJ. Aitchison | titolo = Common genetic variation and antidepressant efficacy in major depressive disorder: a meta-analysis of three genome-wide pharmacogenetic studies. | rivista = Am J Psychiatry | volume = 170 | numero = 2 | pagine = 207-17 | mese = Feb | anno = 2013 | doi = 10.1176/appi.ajp.2012.12020237 | id = PMID 23377640 }}</ref>
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Nei bambini e negli adolescenti un'indagine della [[Cochrane]] del 2012 non mostra superiorità della ''"efficacia relativa"'' della psicoterapia sulla terapia farmacologica o di una combinazione delle due.<ref name="Cox-2012">{{Cita pubblicazione | cognome = Cox | nome = GR. | coauthors = P. Callahan; R. Churchill; V. Hunot; SN. Merry; AG. Parker; SE. Hetrick | titolo = Psychological therapies versus antidepressant medication, alone and in combination for depression in children and adolescents. | rivista = Cochrane Database Syst Rev | volume = 11 | numero = | pagine = CD008324 | mese = | anno = 2012 | doi = 10.1002/14651858.CD008324.pub2 | id = PMID 23152255 }}</ref>


Gli effetti degli antidepressivi sono un leggermente superiori a quelli della psicoterapia, in particolare nei casi di depressione maggiore cronica. Tuttavia secondo studi effettuati a breve termine, specialmente su individui con forme meno gravi di depressione, il trattamento farmacologico viene abbandonato a favore delle terapie psicologiche, molto probabilmente a causa degli [[effetti collaterali]] dei farmaci.<ref name=Cuijpers2008b>{{cite journal |author=Cuijpers P, van Straten A, van Oppen P, Andersson G |title=Are psychological and pharmacologic interventions equally effective in the treatment of adult depressive disorders? A meta-analysis of comparative studies |journal=Journal of Clinical Psychiatry |volume=69 |issue=11 |pages=1675–85 |year=2008 |pmid=18945396 |doi=10.4088/JCP.v69n1102}}</ref><ref name=Cuijpers2010>{{cite journal |author=Cuijpers P, van Straten A, Schuurmans J, van Oppen P, Hollon SD, Andersson G. |title=Psychotherapy for chronic major depression and dysthymia: a meta-analysis. |journal=Clinical Psychology Review |volume=30 |issue=1 |pages=51–62 |year=2010 |pmid=19766369 |doi=10.1016/j.cpr.2009.09.003}}</ref>
Gli effetti degli antidepressivi sono un leggermente superiori a quelli della psicoterapia, in particolare nei casi di depressione maggiore cronica. Tuttavia secondo studi effettuati a breve termine, specialmente su individui con forme meno gravi di depressione, il trattamento farmacologico viene abbandonato a favore delle terapie psicologiche, molto probabilmente a causa degli [[effetti collaterali]] dei farmaci.<ref name=Cuijpers2008b>{{cite journal |author=Cuijpers P, van Straten A, van Oppen P, Andersson G |title=Are psychological and pharmacologic interventions equally effective in the treatment of adult depressive disorders? A meta-analysis of comparative studies |journal=Journal of Clinical Psychiatry |volume=69 |issue=11 |pages=1675–85 |year=2008 |pmid=18945396 |doi=10.4088/JCP.v69n1102}}</ref><ref name=Cuijpers2010>{{cite journal |author=Cuijpers P, van Straten A, Schuurmans J, van Oppen P, Hollon SD, Andersson G. |title=Psychotherapy for chronic major depression and dysthymia: a meta-analysis. |journal=Clinical Psychology Review |volume=30 |issue=1 |pages=51–62 |year=2010 |pmid=19766369 |doi=10.1016/j.cpr.2009.09.003}}</ref>

Versione delle 10:14, 29 mar 2013

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.
Depressione
Sulla soglia dell'eternità di Vincent van Gogh
Specialitàpsichiatria
Eziologiagenetica e fattori ambientali
Classificazione e risorse esterne (EN)
ICD-9-CM296
ICD-10F32, F33
OMIM608520 e 608691
MeSHD003865
MedlinePlus003213
eMedicine286759
Sinonimi
Depressione clinica
Depressione maggiore
Depressione unipolare

Il disturbo depressivo maggiore (noto anche come depressione clinica, depressione maggiore, depressione unipolare, disturbo unipolare o depressione ricorrente, nel caso di ripetuti episodi) è una patologia dell'umore, tecnicamente un disturbo dell'umore, caratterizzata da episodi di umore depresso accompagnati da una bassa autostima e perdita di interesse o piacere nelle attività normalmente piacevoli. Questo gruppo di sintomi (sindrome) è stato identificato, descritto e classificato come uno dei disturbi dell'umore nell'edizione del 1980 del manuale diagnostico edito dall'American Psychiatric Association.

Il termine "depressione" è di per sè ambiguo e a volte generico nel linguaggio comune, essendo spesso usato per indicare questa sindrome, ma anche altri disturbi dell'umore o stati d'animo transitori e del tutto normali privi dunque di significato clinico. Il disturbo depressivo maggiore è invece una malattia invalidante che colpisce negativamente la vita familiare, la vita lavorativa e lo studio della persona colpita, le abitudini riguardo al sonno e al mangiare e la salute generale. Negli Stati Uniti, circa il 3,4% delle persone con depressione maggiore si suicidano e fino al 60% delle persone che si suicidano ha sofferto di depressione o altri disturbi dell'umore.[1]

La diagnosi di disturbo depressivo maggiore si basa sulle esperienze auto-riferite dal paziente, il comportamento riportato da parenti o amici e un esame dello stato mentale. Non esiste un test di laboratorio per la sua diagnosi, tuttavia i medici in genere richiedono test per le condizioni fisiche che possono causare sintomi simili. Il momento più comune di esordio è tra i 20 e i 30 anni, con un picco tra i 30 e i 40 anni.[2]

Tipicamente, i pazienti sono trattati con farmaci antidepressivi e, in molti casi, anche con la psicoterapia, anche se l'efficacia di farmaci per i casi lievi o moderati è discutibile.[3] L'ospedalizzazione può essere necessaria nei casi associati ad auto-abbandono o in quelli in cui esiste un significativo rischio di danno per sé o per altri. Una minoranza vengono trattati con la terapia elettroconvulsivante (ECT). Il decorso della malattia è molto variabile, da un episodio della durata di alcune settimane, a un disordine perdurante per tutta la vita con ricorrenti episodi di depressione maggiore. Gli individui depressi hanno un'aspettativa di vita più breve rispetto a quelli senza depressione, in parte a causa di una maggiore suscettibilità alle malattie mediche e al suicidio. Non è chiaro se i farmaci influenzino il rischio di suicidio. Gli attuali pazienti e i passati, possono essere oggetto di stigmatizzazione sociale.

La comprensione della natura e delle cause della depressione si è evoluta nel corso dei secoli, anche se questa comprensione è tuttora incompleta e ha lasciato molti aspetti come oggetto di discussione e di ricerca. Le cause proposte includono fattori psicologici, psico-sociali, ambientali, ereditari, evolutivi e biologici. Un uso a lungo termine e l'abuso di alcuni farmaci e/o sostanze, è noto per causare e peggiorare i sintomi depressivi. Trattamenti psicologici sono basati sulle teorie della personalità, sulla comunicazione interpersonale e l'apprendimento. La maggior parte delle teorie biologiche si concentrano sui neurotrasmettitori monoamine come la serotonina, la norepinefrina e la dopamina, che sono naturalmente presenti nel cervello per facilitare la comunicazione tra le cellule nervose.

Cenni storici

Le prime diagnosi di depressione risalgono ai tempi di Ippocrate.

Nella antichità, il medico greco Ippocrate di Coo descrisse la condizione di melanconia (in greco μελαγχολία) come una malattia distinta con particolari sintomi mentali e fisici e caratterizzò tutte le "paure e scoraggiamenti, che durano a lungo" come sintomatici di essa.[4] Questa descrizione è simile al concetto, tuttavia più ampio, che si attribuisce alla depressione oggigiorno, a cui sono stati inclusi un raggruppamento di sintomi di tristezza, sconforto e scoraggiamento, e spesso paura, rabbia, delusioni e ossessioni.[5]

Il termine "depressione" è stato derivato dal verbo latino "deprimere", che significa "premere verso il basso".[6] Fu utilizzato fin dal XIV secolo e nel 1665 l'autore inglese Richard Baker lo utilizza nelle sue Chronicle per far riferimento a qualcuno che ha "una grande depressione di spirito". Anche Samuel Johnson gli attribuisce un simile significato, nel 1753.[7] Il termine viene utilizzato anche nel campo della fisiologia e dell'economia. Un primo utilizzo come riferimento a un sintomo psichiatrico, fu per opera del psichiatra francese Louis Delasiauve nel 1856 e, a partire dal 1860, il termine compare nei dizionari medici per far riferimento a un abbassamento fisiologico e metaforico della funzione emotiva.[8] A partire da Aristotele, la melanconia era vista, per gli uomini di scienza e dotati di brillantezza intellettuale, come un pericolo nello studio e nella creatività.[5]

Anche se "melanconia" è rimasto il termine dominante nella diagnostica, il termine "depressione" è cresciuto d'utilizzo nei trattati di medicina e, lo psichiatra tedesco Emil Kraepelin potrebbe essere stato il primo ad usarlo come termine generale, facendo riferimento ai diversi tipi di malincnonia, come stati depressivi.[9]

Sigmund Freud, paragonò lo stato di melanconia al lutto, negli suoi scritti Lutto e Melanconia del 1917. Egli teorizzò che la perdita di un "oggetto", come ad esempio la perdita di un rapporto a causa della morte o dell'interruzione di un rapporto amoroso, si traduce in una perdita del "soggetto" e l'individuo depresso ha identificato con l'oggetto di affetto attraverso un inconscio processo narcisistico chiamato "investimento libidico dell'ego". Il risultati di tale perdita comporta gravi sintomi malinconici più profondi del lutto, non solo il mondo esterno viene visto negativamente, ma l'Io stesso viene compromesso.[10] Il declino della perecezione di sè da parte del paziente si rivela nel convinzione della sua colpa e della propria inferiorità e indegnità.[11] Egli ha anche sottolineato che le prime esperienze di vita siano un fattore predisponente.[12]

Meyer ha proposto un quadro misto di fattori sociali e biologici, sottolineando le reazioni di un individuo nel contesto della vita e ha sostenuto che il termine di "depressione a lungo termine" dovrebbe essere usato al posto di "malinconia".[13] La prima versione del DSM (DSM-I, 1952) parlava di "reazione depressiva", mentre il DSM-II (1968) di "nevrosi depressiva", definita come una reazione eccessiva al conflitto interno o a un evento identificabile. Esso includeva anche la psicosi maniaco-depressiva all'interno dei maggiori disturbi affettivi.[12]

A metà del XX secolo, i ricercatori hanno ipotizzato che la depressione fosse causata da uno squilibrio chimico nei neurotrasmettitori del cervello, una teoria basata sulle osservazioni fatte nel 1950 sugli effetti della reserpina e dell'isoniazide nel modificare i livelli dei neurotrasmettitori della famiglia delle monoamine che riguardano i sintomi depressivi.[14]

Il termine "disturbo depressivo maggiore" è stato introdotto da un gruppo di medici statunitensi a metà degli anni 1970 come parte delle proposte di criteri diagnostici basati su modelli di sintomi (chiamati "Research Diagnostic Criteria", strutturati sulla base dei precedenti "criteri di Feighner"),[15] che poi hanno costituito il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DMS-III) del 1980.[16] Per mantenere la coerenza, l'ICD-10 utilizza gli stessi criteri, con modifiche solo minori, ma utilizzando la soglia diagnostica riportata nel DSM per segnare un episodio depressivo lieve, con l'aggiunta di categorie soglia più elevate per episodi moderati e gravi.[16][17]

Le nuove definizioni di depressione sono state ampiamente accettate, anche se con alcuni punti di vista contrastanti. Vi sono state alcuen argomentazioni, basate su teorie empiriche, che proponono un ritorno alla diagnosi di malinconia.[18][19] Vi sono state, inoltre, alcune critiche alla facilità dei criteri che portano a tale diagnosi, per una presunto legame alla promozione di antidepressivi.[20]

Classificazione

La depressione fa parte dei disturbi dell'umore, insieme ad altre patologie come la mania e il disturbo bipolare. Essa può assumere la forma di un singolo episodio transitorio (si parlerà quindi di episodio depressivo) oppure di un vero e proprio disturbo (si parlerà quindi di disturbo depressivo). L'episodio o il disturbo depressivo sono a loro volta caratterizzati da una maggiore o minore gravità. Quando i sintomi sono tali da compromettere l'adattamento sociale si parlerà di disturbo depressivo maggiore, in modo da distinguerlo da depressioni minori che non hanno gravi conseguenze e spesso sono normali reazioni ad eventi luttuosi.

L'episodio depressivo maggiore è caratterizzato da sintomi che durano almeno due settimane causando una compromissione significativa del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti.[21] Fra i principali sintomi si segnalano:

  1. Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno.
  2. Marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno (anedonia).
  3. Significativa perdita di peso, in assenza di una dieta, o significativo aumento di peso, oppure diminuzione o aumento dell'appetito quasi ogni giorno.
  4. Insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno.
  5. Agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno.
  6. Affaticabilità o mancanza di energia quasi ogni giorno.
  7. Sentimenti di autosvalutazione oppure sentimenti eccessivi o inappropriati di colpa quasi ogni giorno.
  8. Diminuzione della capacità di pensare o concentrarsi, o difficoltà a prendere decisioni, quasi ogni giorno.
  9. Ricorrenti pensieri di morte, ricorrente ideazione suicida senza elaborazione di piani specifici, oppure un tentativo di suicidio o l'elaborazione di un piano specifico per commettere suicidio.

Per parlare di episodio depressivo maggiore è necessaria la presenza di almeno cinque dei sintomi sopra elencati.

Nella maggior parte dei casi però la depressione si configura come disturbo depressivo maggiore, cioè un decorso clinico caratterizzato da più episodi depressivi maggiori; nel 50-60% dei casi, infatti, un episodio depressivo maggiore sarà seguito da un ulteriore episodio depressivo, portando quindi alla formazione di un disturbo depressivo.[22]
L'episodio depressivo non trattato ha una durata media di 6-8 mesi ed è caratterizzato, nella maggior parte dei casi, da una graduale remissione. Talvolta, alla fine di un episodio, può permanere una sintomatologia depressiva residua: si parlerà in tal caso di remissione parziale dell'episodio. Oltre alla depressione esistono altri disturbi dell'umore di tipo depressivo. Fra i principali:

  • distimia (o disturbo distimico): presenza di umore cronicamente depresso, per un periodo di almeno due anni. In questo caso i sintomi depressivi, nonostante la loro cronicità, sono meno gravi e non si perviene mai a un episodio depressivo maggiore.[23]
  • disturbo dell'adattamento con umore depresso: è conseguenza di uno o più fattori stressanti e si manifesta in genere entro tre mesi dall'inizio dell'evento con grave disagio psicologico e compromissione sociale. Solitamente eliminato il fattore di stress, tale depressione scompare entro 6 mesi.[24]
  • depressione secondaria: depressione dovuta a malattie psichiatriche, organiche o a farmaci. Spesso infatti alcune malattie mostrano come primi sintomi variazioni del tono dell'umore, fra le quali: sclerosi multipla, disturbi neurologici degenerativi (Alzheimer e malattia di Parkinson), tumore cerebrale, malattia di Cushing, lupus eritematoso sistemico, disturbi della tiroide (ipotiroidismo, ipertiroidismo)[25] ecc..[26]
  • depressione reattiva: depressione dovuta ad un evento scatenante come un lutto, una separazione, un fallimento i cui sintomi però si dimostrano eccessivamente intensi e prolungati rispetto alla causa scatenante. Al suo interno si possono collocare i disturbi dell'adattamento e le reazioni da lutto.[27]
  • depressione mascherata: depressione che si manifesta principalmente con sintomi cognitivi, somatici o comportamentali, a dispetto di quelli affettivi. In realtà vengono semplicemente amplificati aspetti non affettivi della depressione.[28]

Infine, fra gli altri disturbi dell'umore che includono sintomi depressivi, si possono citare la disforia (un'alterazione dell'umore con caratteristiche depressive contrassegnate da agitazione e irritabilità) e i disturbi bipolari, ossia quelle patologie dove vi è alternanza di episodi depressivi maggiori o minori con episodi maniacali o ipomaniacali.

La classificazione non si riduce semplicemente a queste poche categorie, in quanto esistono varie sottocategorie per i tipi elencati, oppure depressioni tipiche di alcuni eventi particolari, come ad esempio la depressione post-partum.

Epidemiologia

Attesa di vita corretta per disabilità (DALY) per il disturbo depressivo unipolare (per 100.000 abitanti) nel 2004.[29]

Dal punto di vista epidemiologico la depressione è la prima causa di disfunzionalità nei soggetti tra i 14 e i 44 anni di età, precedendo patologie quali le malattie cardiovascolari e le neoplasie.[30] La depressione e la distimia sono maggiormente presenti nelle donne in un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini, ma solo dopo l'età puberale.[31] Il tasso di prevalenza del disturbo depressivo maggiore in età prescolare è attorno allo 0,3%; valore che tende a salire con l'età, arrivando al 2-3% in età scolare e al 6-8% in età adolescenziale.[31] Secondo il DSM IV la prevalenza del disturbo depressivo maggiore in età adulta è del 10-25% nelle donne e del 5-12% negli uomini, mentre quella del disturbo distimico è nel complesso del 6%.

La probabilità di avere un episodio depressivo maggiore entro i 70 anni è del 27% negli uomini e del 45% nelle donne; cifre che dimostrano in modo chiaro l'ampia diffusione di questa patologia. Inoltre dal 1940, nei paesi industrializzati, tende costantemente ad aumentare la prevalenza di tale disturbo e ad abbassarsi l'età media d'insorgenza.[31]

Molti studi dimostrano anche una sostanziale continuità della depressione lungo l'intero arco di vita; infatti circa l'80% dei bambini con disturbo depressivo tende a presentare la stessa patologia anche in età adulta,[32][33] oltre al fatto che un disturbo depressivo precoce possa rappresentare un fattore di rischio per la comparsa di patologie come il disturbo bipolare o l'abuso di sostanze.

Secondo ricerche epidemiologiche recenti, l'incidenza di stati depressivi è correlata anche con l'eventuale presenza di allergie alimentari o intolleranze come la celiachia.[34][35][36]

Eziologia

Le cause che portano alla depressione sono ancora oggi poco chiare. Inizialmente vi erano due correnti opposte di pensiero, una che attribuiva maggiore importanza alle cause biologiche, l'altra a quelle psicologiche. Oggi i dati disponibili suggeriscono che la depressione sia una combinazione di fattori genetici, ambientali e psicologici.[37]

Fattori familiari e genetici

Gli studi sui gemelli monozigoti e dizigoti e sui soggetti adottati hanno dimostrato una certa ereditabilità dei disturbi depressivi, anche se in modo meno consistente rispetto al disturbo bipolare.[38] Il tasso di ereditabilità per i sintomi depressivi si attesta attorno al 76%.[39] La depressione, quindi, come molte altre malattie psichiatriche, non segue un modello di trasmissione diretta, bensì un modello dove sono coinvolti più geni.[40] L'ereditarietà è comunque meno probabile per le forme di depressione lievi, mentre sembra incidere più fortemente nelle depressioni ad esordio precoce: il 70% dei bambini depressi hanno, infatti, almeno un genitore che presenta un disturbo dell'umore.[39][41] Questo dato può essere dovuto in parte anche al fatto che un genitore depresso instaura una relazione non favorevole con il proprio figlio, già geneticamente vulnerabile, che aumenta la probabilità, per il bambino, di sviluppare un disturbo dell'umore.[40] L'influenza genetica nella depressione si evidenzia anche in altre ricerche: figli di genitori biologici depressi, ma cresciuti in famiglie adottive dove non sono presenti genitori depressi, dimostrano una probabilità 8 volte maggiore di sviluppare la depressione, rispetto a figli di genitori biologici non depressi.

Fattori biologici

Una delle prime indicazioni che la depressione avesse anche delle basi biologiche si ebbe negli anni cinquanta. Durante quel periodo venne introdotto un farmaco, la reserpina, utilizzato per controllare la pressione sanguigna, che però aveva ingenti effetti collaterali, tra cui l'insorgenza di una depressione nel 20% dei pazienti.[42] Tale farmaco diminuiva la quantità di due neurotrasmettitori appartenenti alla famiglia delle monoammine: la serotonina e la noradrenalina. In seguito fu scoperto che un altro farmaco, utilizzato per curare la tubercolosi (l'isoniazide), provocava un miglioramento dell'umore. Questo farmaco, al contrario della reserpina, inibiva la monoaminossidasi, cioè quell'enzima che elimina la noradrenalina e la serotonina, provocando cioè un aumento di tali neurotrasmettitori.[42] Era quindi chiaro come la depressione, e l'umore in generale, fossero legati ai livelli dei neurotrasmettitori monoaminici. Nacque così l'idea, definita ipotesi monoaminica dei disturbi dell'umore o ipotesi delle ammine biogene, che la depressione fosse una conseguenza di uno squilibrio di alcuni neurotrasmettitori.

In realtà questa era una spiegazione troppo semplicistica e, infatti, non è possibile stabilire una relazione diretta tra umore e uno specifico neurotrasmettitore.[43] Altri fattori neurobiologici rivestono un ruolo fondamentale nell'eziologia dei disturbi dell'umore e di particolare importanza risulta essere l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, cioè l'asse ormonale che mette in comunicazione le strutture limbiche, l'ipotalamo, e l'ipofisi, con il surrene.[44] Questo asse regola la risposta a lungo termine allo stress, inducendo il surrene al rilascio di ormoni glucocorticoidi, in particolare il cortisolo. Nei pazienti depressi si è riscontrata una iperattività dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene e, di conseguenza, elevati dosi di cortisolo nel sangue. Elevati livelli di cortisolo provocano effetti dannosi per tutto l'organismo, tra cui: insonnia, diminuzione dell'appetito, diabete mellito, osteoporosi, diminuzione dell'interesse sessuale, aumento dell'espressione comportamentale dell'ansia, immunosoppressione, danni a vasi cerebrali e cardiaci.[45][44] Quando è esclusa una componente di natura psicologica (conscia o inconscia) la depressione appare quindi come un'incapacità dell'encefalo di reagire di fronte a un cambiamento di vita o più in generale ad una qualsiasi fonte di stress oltre i limiti di tolleranza tipici del soggetto. La minor o maggior risposta allo stress da parte dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene in un individuo sarebbe dovuta a influenze genetiche ed ambientali. Secondo questa ipotesi, detta ipotesi della diatesi da stress, i disturbi dell'umore (così come altri disturbi mentali) avrebbero dunque una causa prima su base biologica (ad es. ipersensibilità) ed ereditaria con i geni che ci predisporrebbero quindi a questo tipo di malattia a sua volta innescata, sui tali soggetti predisposti, da cause scatenanti o concause di tipo ambientale e psicologico-traumatiche come appunto eccessive dosi di stress cioè sotto forma di una risposta prolungata di disadattamento dell'individuo alla causa scatenante.[46]

I vari studi effettuati hanno infatti confermato che eventi stressanti, soprattutto se prolungati, sono in grado di ridurre il tasso di alcuni neurotrasmettitori come la serotonina e la noradrenalina e di iperattivare l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene con conseguente aumento del cortisolo nel sangue.[44]Questo però è evidente soprattutto in soggetti adulti depressi, mentre nei bambini tale associazione non è confermata, visto che nella popolazione di bambini depressi il livello di cortisolo nel sangue sembra essere nella norma.[47]

È quindi chiaro come la depressione sia una malattia complessa, dovuta a più cause e legata a una complessa rete di sistemi neurali. Ad esempio ulteriori studi hanno evidenziato anche una compromissione metabolica che include la corteccia paralimbica prefrontale orbitofrontale, il giro cingolato anteriore e la corteccia temporale anteriore, i gangli della base, l'amigdala e il talamo. L'utilizzo di tecniche di neuroimaging ha inoltre rivelato una riduzione della grandezza dei lobi frontali[48] e dei lobi temporali.[49] Quindi non solo modificazioni dei sistemi neurochimici, ma anche di quelli neuroanatomici. Il fatto che la depressione influisca anche sulla struttura fisica del cervello, è da tenere in forte considerazione, poiché una grave depressione che non venga curata può provocare alterazioni fisiche non reversibili all'encefalo.

Fattori ambientali

Un ruolo chiave sembra svolto, anche se non sempre come già accennato, dai fattori ambientali con ripercussioni sulla sfera psichica dell'individuo. Ricerche hanno dimostrato che c'è interazione fra ambiente e fattori genetico-biologici: la depressione in età adulta è strettamente correlata con esperienze di vita negative[44]: la malattia, infatti, si può innescare dopo alcune fasi importanti della vita: un cambiamento, un lutto, un licenziamento, un grande dispiacere, ma anche un abbandono della persona amata, perfino una grossa vincita; in generale qualsiasi cambiamento rilevante nella vita del soggetto può indurre in esso la manifestazione del disturbo, se particolarmente predisposto, potendosi dunque vedere come un disturbo di disadattamento dovuto a mancata/insufficiente elaborazione. Si è notato, ad esempio, che l'abuso e l'abbandono durante l'infanzia sono fattori di forte rischio per lo sviluppo dei disturbi dell'umore, proprio perché il forte stress produce influenze non solo psicologiche, ma anche fisiche e biologiche (in particolare sull'asse ipotalamo-ipofisi-surrene).[50]

Sempre restando in tema di depressione generata da fattori esterni si può citare la depressione negli anziani: in questo caso c'è una difficoltà ad accettare il decadimento fisico e psicologico come fenomeni naturali, anzi si tende a vederli come un abuso, un'ingiustizia. Oppure chi è vittima effettivamente di un abuso o ingiustizia che non viene riconosciuta come tale (es. una truffa) può cadere in depressione.

Come già detto, la depressione sembra correlata agli eventi di vita stressanti. In realtà, però, tale tipo di correlazione non è molto elevata.[51] Alcuni studi attuali di neuroscienze svolti con le tecniche di brain imagining hanno evidenziato che ci sono ad es. dei neurotrasmettitori chiamati GABA che sono alla base della depressione post-partum; ad esempio, soggetti con il gene trasportatore della serotonina, con entrambe due copie corte dell'allele, saranno maggiormente predisposti all'ansia e di fronte ad eventi stressanti svilupperanno più facilmente depressione o tendenza al suicidio, rispetto alle persone che posseggono invece due copie lunghe dell'allele. Fra questi fattori vi sono ad esempio la personalità, il coping (cioè l'abilità di fronteggiare le situazioni stressanti) e il significato stesso che ognuno di noi dà agli eventi stressanti.[52] Secondo questo modello, quindi, la depressione non sarebbe dovuta solo a cause meramente psicologiche e/o ambientali, ma anche favorita o inibita da fattori più strettamente neurobiologici. Questa, inoltre, sarebbe un'altra spiegazione del perché alcune persone reagiscono con la depressione e altre no agli stessi eventi stressanti.

Fattori psicologici

Infine vi sono correnti di pensiero che vedono la depressione strettamente collegata a fattori interni di tipo psicologico. Si tratta, in particolare, di correnti psicoanalitiche, dove la causa della depressione è solitamente da ricercarsi in fattori inconsci ovvero nelle relazioni del soggetto con l'ambiente di vita e di crescita (es. educazione familiare). Ad esempio, la depressione endogena è spiegata, dal punto di vista psicodinamico di alcuni autori, come il risultato di una mancata elaborazione di vissuti emotivi profondi, verosimilmente traumatici, depositatesi nell'inconscio a causa di processi difensivi come ad esempio la rimozione; o anche, secondo altri, con la persistenza strutturata nel tempo di un Super-io persecutorio che dà origine a conflitti psichici inconsci. In tutti questi casi la teoria psicodinamica indica nella risoluzione del conflitto o della rimozione attraverso prese di coscienza e successive elaborazioni la strada verso la guarigione della componente psicologica del disturbo passando attraverso una ristrutturazione della personalità.

Nel 1945, René Árpád Spitz (uno psicanalista americano di origine ungherese) evidenziò una forma di depressione nei bambini orfani, precocemente ospedalizzati, che chiamò "depressione anaclitica" (dal greco stendersi, appoggiarsi sopra). Secondo le osservazioni di Spitz, la sindrome segue invariabilmente una sequela tipica di fasi:[53]

  • primo mese: fase di protesta, in questo primo periodo il bambino appare angosciato, piange frequentemente e ricerca il contatto con la madre o con la precedente figura di maternage;
  • secondo mese: fase di disperazione, il pianto diventa più concitato ed è accompagnato da grida e rifiuto del cibo, con conseguente calo ponderale;
  • terzo mese: fase del rifiuto, il bambino sembra perdere interesse per le persone e l'ambiente che lo circonda, rimane sempre più tempo disteso a letto o rannicchiato in posizione fetale;
  • dal terzo mese in poi: fase del distacco, il bambino appare triste e distaccato dall'ambiente circostante, il viso è inespressivo e senza pianto.

Se la situazione di separazione si protrae ulteriormente, il bambino acquisirà una forma sempre più marcata di disturbo depressivo, se invece vi sarà, almeno entro il quinto-sesto mese, una ricongiunzione con una figura stabile di accudimento, si potrà verificare una celere ripresa dello sviluppo ponderale e psicomotorio, e una rapida riacquisizione del contatto con l'ambiente circostante.[54]

Cause multifattoriali

In virtù di quanto detto il modello eziologico più evoluto tende ora a considerare il disturbo depressivo come causato da più fattori (multifattorialità): genetici, biologici, ambientali e psicologici. In sostanza fattori ambientali e psicologici si innestano spesso su un substrato genetico-biologico che predispone la persona alla malattia dove i fattori ambientali e psicologici fungono da fattori scatenanti nel tempo e/o come feedback amplificatori[55].

Cause organiche e farmaci

Come detto precedentemente sintomi depressivi di vario livello possono essere causati da malattie organiche e neurologiche: sclerosi multipla, disturbi neurologici degenerativi (Alzheimer e Parkinson), tumore cerebrale, malattia di Cushing, lupus eritematoso sistemico, disturbi della tiroide (ipotiroidismo, ipertiroidismo), intossicazione da metalli pesanti ecc...[25]. Vari studi scientifici hanno evidenziato correlazioni statistiche fra alcuni pesticidi agricoli e depressione[56][57][58][59][60][61]. Anche taluni farmaci possono indurre sintomi depressivi. È dunque opportuno escludere cause organiche/farmaci prima di indagare su altre possibili cause.

Parto

Lo stesso argomento in dettaglio: Depressione post-partum.

In genere dopo il parto la puerpera sperimenta un periodo di stanchezza che può presentare piccoli disturbi fisici, ma anche psicologici. Si parla in questi casi di depressioni puerperali: depressione post-partum o post partum blues (da non confondere con le psicosi puerperali)

Segni e sintomi

La depressione maggiore influenza in modo significativo l'ambito famigliare di chi ne soffre, così come le sue relazioni personali, di lavoro o la vita scolastica, le abitudini di sonno e di mangiare e la salute in generale.[62] Il suo impatto sulla vita e sul suo benessere è stato paragonato a quello di patologie croniche come il diabete.[63]

Un paziente che sperimenta un episodio depressivo maggiore in genere mostra un umore molto basso, che pervade tutti gli aspetti della vita, e l'incapacità di provare piacere nelle attività che in precedenza gli suscitavano godimento (anedonia). Le persone depresse possono apparire preoccupate, avere pensieri e sentimenti di inutilità, senso di colpa inappropriato o rammarico, impotenza, disperazione e odio di sé.[64] Nei casi più gravi, le persone depresse possono avere sintomi di psicosi. Questi sintomi comprendono deliri o, meno frequentemente, allucinazioni, di solito spiacevoli.[65] Altri sintomi della depressione includono scarsa concentrazione e memoria (in particolare in quelli con caratteristiche melanconiche o psicotiche),[66] ritiro sociale e dalle attività, riduzione del desiderio sessuale e pensieri di morte o di suicidio. L'insonnia è comune tra i depressi. Nel caso tipico, una persona si sveglia molto presto e non può tornare a dormire.[67] L'insonnia colpisce almeno l'80% delle persone depresse.[67] L'ipersonnia, dormire troppo, può anche essere presente.[68] Alcuni farmaci antidepressivi possono causare insonnia a causa del loro effetto stimolante.[69]

Una persona depressa può riferire più sintomi fisici come stanchezza, mal di testa o problemi digestivi. Secondo i criteri dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, i disturbi fisici sono il problema più comune che si presenta nei paesi in via di sviluppo, a causa della depressione.[70] L'appetito diminuisce spesso, con conseguente perdita di peso. Tuttavia, di tanto in tanto, può aumentare l'appetito con conseguente aumento di peso.[64] La famiglia e gli amici possono notare che il comportamento di una persona sia agitato o letargico.[67] Le persone anziane depresse possono avere sintomi cognitivi di recente insorgenza, come ad esempio la perdita di memoria[66] e un rallentamento più evidente dei movimenti.[71] La depressione spesso coesiste con disturbi fisici più comuni tra gli anziani, come ictus, malattie cardiovascolari, malattia di Parkinson e broncopneumopatia cronica ostruttiva.[72]

I bambini depressi spesso mostrano un umore irritabile piuttosto che uno stato d'animo depresso,[64] e evidenziano sintomi che variano a seconda dell'età e della situazione.[73] La maggior parte perde interesse per la scuola e mostra un calo nel rendimento scolastico. Essi possono essere descritti come aderenti, esigenti, dipendenti o insicuri.[9] La diagnosi può essere ritardata o non fatta quando i sintomi vengono interpretati come sbalzi d'umore normale.[64] La depressione può anche coesistere con la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), complicando così la diagnosi e il trattamento di entrambi.[74]

Comorbidità

La depressione maggiore spesso si co-verifica con altri problemi psichiatrici. Il National Comorbidity Survey del 1990-1992 riporta che il 51% di quelli con depressione maggiore possano soffrire di ansia per tutta la vita.[75] I sintomi di ansietà possono avere un grande impatto sul corso di una malattia depressiva, con recupero ritardato, aumento del rischio di recidiva, disabilità più significativa e un aumeno di tentativi di suicidio.[76] Il neuroendocrinologo statunitense Robert Sapolsky sostiene allo stesso modo che il rapporto tra stress, ansia e depressione può essere misurata e dimostrata biologicamente.[77] Vi sono un aumento dei tassi di abuso di alcool e droga e in particolare la dipendenza.[78] Circa un terzo delle persone con diagnosi di ADHD sviluppano depressione in comorbidità.[79] Il disturbo post traumatico da stress e la depressione spesso si verificano insieme.[62]

La depressione e il dolore spesso si hanno in contemporanea. Uno o più sintomi di dolore è presente nel 65% dei pazienti depressi, mentre dal cinque all'85% dei pazienti con dolore soffre di depressione. La diagnosi di depressione è spesso ritardata o non viene formulata comportando un peggioramento del risultato. Ciò avviene anche se la depressione viene notata, ma completamente fraintesa.[80]

La depressione è anche associata con un aumento del rischio di 1,5 a 2 volte di malattie cardiovascolari, indipendentemente da altri fattori di rischio noti, ed è a sua volta legata direttamente o indirettamente a fattori di rischio come il fumo e l'obesità. Le persone con depressione maggiore sono meno propense a seguire le raccomandazioni mediche per il trattamento dei disturbi cardiovascolari, aumentandone così ulteriormente il rischio. Inoltre, i cardiologi spesso non riconoscono la depressione di fondo che complica il problema cardiovascolare sotto la loro cura.[81]

Diagnosi

Valutazione clinica

Una valutazione diagnostica può essere effettuata da un medico di medicina generale adeguatamente formato, o da uno psichiatra o psicologo,[62] valutando la situazione attuale della persona, la storia biografica, i sintomi attuali e la storia familiare. L'obiettivo generale è quello di avere una anamnesi clinica dei fattori biologici, psicologici e sociali rilevanti che possono influire sull'umore dell'individuo. Il valutatore può anche discutere le modalità della persona per regolare il suo umore (sano o meno), come il ricorrere ad alcool e droghe. La valutazione comprende anche un esame dello stato mentale, che è una valutazione dello stato d'animo attuale della persona e del suo contenuto di pensiero, in particolare la presenza di temi di disperazione o pessimismo, di autolesionismo o ideazioni suicidarie e l'assenza di pensieri positivi o piani per il futuro.[62] I servizi specialisti di salute mentale sono rari nelle zone rurali e, quindi, la diagnosi e la gestione è affidata in gran medici di medicina generale.[82] Questo problema è ancora più evidente nei paesi in via di sviluppo.[83] Il solo punteggio su una scala di valutazione non è sufficiente per diagnosticare la depressione secondo i criteri del DSM o dell'ICD, ma fornisce un'indicazione della gravità dei sintomi per un periodo di tempo, quindi una persona che punteggi sopra un dato valore soglia devono essere valutati più accuratamente per una diagnosi di disturbo depressivo.[84] Diverse scale di valutazione vengono utilizzate per questo scopo.[84] Programmi di screening sono stati proposti per migliorare la rilevazione della depressione, ma non vi è prova che essi siano efficaci o possano influire positivamente sul successivo trattamento o sul risultato finale.[85]

I medici di medicina generale e altri medici non psichiatri hanno difficoltà a diagnosticare la depressione, in parte perché sono addestrati a riconoscere e trattare i sintomi fisici e la depressione può causarne una quantità (psicosomatica). I non-psichiatri non riescono ad individuare i due terzi dei casi e trattano inutilmente altri pazienti.[86][87]

Prima di formulare una diagnosi di disturbo depressivo maggiore, in generale, un medico effettua una visita medica e indagini selezionate per escludere altre cause dei sintomi. Questi comprendono esami del sangue per la di misura dei valori di TSH e tiroxina per escludere l'ipotiroidismo, livelli di elettroliti e di calcio sierico per escludere un disturbo del metabolismo. Un emocromo completo, compreso di VES per escludere la presenza di una infezione sistemica o di una malattia cronica.[87] Le reazioni avverse ai farmaci o gli effetti dell'abuso di alcol, devono essere escluse. I livelli di testosterone possono essere valutati per diagnosticare l'ipogonadismo, una causa della depressione negli uomini.[88]

Deficit cognitivi appaiono nelle persone anziane depresse, ma possono anche essere indicativi di un'insorgenza di una demenza, come la malattia di Alzheimer.[89][90] Test cognitivi e di imaging del cervello possono aiutare a distinguere la depressione dalla demenza.[91] La tomografia computerizzata può escludere la patologia cerebrale nei soggetti con psicosi.[92] Non vi sono prove biologiche che confermano la depressione maggiore.[93] In generale, le indagini non si ripetono per un episodio successivo a meno che non vi si una indicazione medica.

Biomarcatori per la depressione sono stati cercati al fine di tentare di fornire un metodo oggettivo per la diagnosi. Vi sono diversi potenziali biomarcatori, tra cui il Brain-Derived Neurotrophic Factor e varie tecniche di risonanza magnetica funzionale (fMRI). Uno studio ha messo a punto un modello di albero decisionale da seguire con una serie di acquisizioni fMRI durante varie attività. Nei soggetti, gli autori di questo studio, sono stati in grado di ottenere una sensibilità dell'80%. Tuttavia, vi è la necessità di molti ulteriori studi, prima che questi test possano essere utilizzati nella pratica clinica.[94]

Criteri DSM-IV-TR e ICD-10

I criteri più utilizzati per la diagnosi della condizione di depressione si trovano nella quarta edizione riveduta del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV-TR) edito dall'American Psychiatric Association e nella Classificazione ICD dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che utilizza il nome di episodio depressivo per un singolo episodio e disturbi depressivi ricorrenti per episodi ripetuti.[95] Quest'ultimo sistema è in genere utilizzato nei paesi europei, mentre il primo è più popolare negli Stati Uniti e in altre nazioni non europee.[96] Gli autori di entrambi hanno, tuttavia, lavorato in direzione conforme uno con l'altro.[97]

Sia il DSM-IV-TR che l'ICD-10, descrivono i principali sintomi depressivi. L'ICD-10 definisce tre sintomi depressivi tipici: l'umore depresso, l'anedonia e perdita di interessi, due dei quali dovrebbero essere presenti per formulare una diagnosi di disturbo depressivo.[98] Secondo il DSM-IV-TR, vi sono due principali sintomi depressivi: l'umore depresso e l'anedonia. Almeno uno di questi deve essere presente per fare una diagnosi di episodio depressivo maggiore.[99]

Episodio depressivo maggiore

Un episodio depressivo maggiore è caratterizzato dalla presenza di uno stato d'animo gravemente depresso che persiste per almeno due settimane.[64] Gli episodi possono essere isolati o ricorrenti e sono classificati come lievi (pochi sintomi al di sopra di criteri minimi), moderati o gravi (forte impatto sulla vita sociale e lavorativa). Un episodio con caratteristiche psicotiche - comunemente indicato come depressione psicotica - viene automaticamente classificato come grave. Se il paziente ha avuto un episodio maniacale o di umore marcatamente elevato, potrebbe invece essere formulata una diagnosi di disturbo bipolare.[100] La ​​depressione senza episodi maniacali è a volte indicata come unipolara, perché il paziente rimane in un unico stato emotivo o "polo".[101]

DSM-IV-TR esclude i casi in cui i sintomi siano il risultato di un lutto, anche se è possibile che tale evento possa evolversi in un episodio depressivo.[102][103] I criteri sono stati, tuttavia, criticati poiché non tengono conto di eventuali altri aspetti del contesto personale e sociale in cui la depressione si può verificare.[104] Inoltre, alcuni studi hanno criticato i criteri del DSM-IV che escludono una serie di diagnosi correlate, ivi incluse la distimia, che comporta un disturbo dell'umore cronico ma più mite,[105] la depressione ricorrente breve, composta da brevi episodi depressivi,[106][107] il disturbo depressivo minore, per cui solo alcuni dei sintomi della depressione maggiore sono presenti,[108] e il disturbo dell'adattamento con umore depresso, che denota l'umore basso risultante da una reazione psicologica ad un evento stressante o identificabile.[109]

Diagnosi differenziale

Lo stesso argomento in dettaglio: Diagnosi differenziale.

Per identificare un disturbo depressivo maggiore, come diagnosi più probabile, devono essere considerate altre possibili patologie, tra cui la distimia, il disturbo dell'adattamento con umore depresso o il disturbo bipolare. La distimia è una malattia cronica, in cui vi sono disturbi dell'umore più miti, ma che si presentano quasi ogni giorno in un arco di almeno due anni. I sintomi non sono così gravi come quelli della depressione maggiore, anche se le persone con distimia sono vulnerabili a episodi secondari di depressione maggiore (ciò a volte viene indicato come depressione doppia).[105] Il disturbo dell'adattamento con umore depresso, è un disturbo dell'umore che appare come una risposta psicologica ad un evento stressante o identificabile, in cui i sintomi emotivi o comportamentali risultanti sono significativi ma che non soddisfano i criteri per la definizione di un episodio depressivo maggiore.[109] Il disturbo bipolare, conosciuto anche come malattia maniaco-depressiva, è una condizione in cui le fasi depressive si alternano a periodi di mania o ipomania.[110]

Altre malattie devono essere escluse prima di diagnosi di disturbo depressivo maggiore. Esse comprendono depressioni dovute a malattia fisica, l'assunzione di particolari farmaci e l'abuso di sostanze. La depressione a causa di malattia fisica viene diagnosticata come un disturbo dell'umore dovuto ad una condizione medica. Questa condizione viene determinata sulla base della storia, dei test di laboratorio o da una visita medica. Quando la depressione è causata dall'abuso di una sostanza, da un farmaco, o dall'esposizione ad una tossina, viene diagnosticata disturbo dell'umore indotto da sostanze.[111]

Trattamento

I tre più comuni trattamenti per la depressione sono la psicoterapia, la somministrazione di farmaci e la terapia elettroconvulsivante. La psicoterapia è il trattamento di scelta per le persone sotto i 18 anni, mentre la terapia elettroconvulsivante è utilizzata solo come ultima risorsa. La cura è di solito su una base ambulatoriale, mentre il trattamento in un reparto di degenza viene considerato solo se vi è un rischio significativo per se stessi o per gli altri.

Le opzioni terapeutiche sono molto più limitate nei paesi in via di sviluppo, dove l'accesso ai trattamenti è spesso difficile. In molti paesi, lo sviluppo dei servizi di salute mentale è minimo. La depressione viene vista come un fenomeno tipiacamente del mondo sviluppato, nonostante vi siano prove del contrario, e non come una condizione intrinsecamente pericolosa per la vita.[112] Per la gestione della depressione lieve è raccomandato l'esercizio fisico,[113] ma ciò ha solo un moderato effetto statisticamente significativo sui sintomi nella maggior parte dei casi di disturbo depressivo maggiore.[114]

Trattamento farmacologico

Lo stesso argomento in dettaglio: Farmaci antidepressivi.
I tre principali mediatori chimici coinvolti nella depressione e come essi interagiscono nella patogenesi depressiva

L'efficacia dei farmaci antidepressivi è nulla o minima in quelli che presentano depressione lieve o moderata, ma significativa nei pazienti con malattia molto grave.[115] Una metanalisi mostra una debole correlazione con le variazioni genetiche degli individui che contribuirebbero a determinare le differenze individuali nella risposta agli antidepressivi.[116] Nei bambini e negli adolescenti un'indagine della Cochrane del 2012 non mostra superiorità della "efficacia relativa" della psicoterapia sulla terapia farmacologica o di una combinazione delle due.[117]

Gli effetti degli antidepressivi sono un leggermente superiori a quelli della psicoterapia, in particolare nei casi di depressione maggiore cronica. Tuttavia secondo studi effettuati a breve termine, specialmente su individui con forme meno gravi di depressione, il trattamento farmacologico viene abbandonato a favore delle terapie psicologiche, molto probabilmente a causa degli effetti collaterali dei farmaci.[118][119]

Per trovare il farmaco antidepressivo più efficace con minimi effetti collaterali, i dosaggi possono essere regolati, e se necessario, possono essere provate combinazioni di diverse classi di antidepressivi. I tassi di risposta alla prima somministrazione di antidepressivi varia dal 50 al 75%, e possono essere necessarie almeno sei-otto settimane dall'inizio del farmaco fino alla remissione dei sintomi.[120] Il trattamento con farmaci antidepressivi viene di solito continuato per 16-20 settimane dopo la remissione, per ridurre al minimo il rischio di sviluppo recidiva,[120] e talvolta viene raccomandato anche per un anno.[121] Alle persone che accusano una depressione cronica può essere necessario prescrivere farmaci a tempo indeterminato al fine di evitare ricadute.[62]

Gli antidepressivi hanno il compito di normalizzare l'equilibrio alterato dei neurotrasmettitori.[52] Come detto, infatti, i principali neurotrasmettitori implicati nella malattia depressiva sono stati identificati in serotonina, noradrenalina e dopamina e, secondo i fautori della matrice biologica della malattia, sembra esservi una corrispondenza accertata fra depressione e insufficiente disponibilità di uno o più di questi tre neurotrasmettitori.

I termini "depressione refrattaria" e "depressione resistente al trattamento" vengono utilizzati per descrivere i casi che non rispondono ad adeguati cicli di almeno due antidepressivi.[122] In molti studi importanti, solo circa il 35% dei pazienti rispondono bene al trattamento medico. Può essere difficile per un medico decidere quando un paziente presenta depressione resistente al trattamento o se il problema è dovuto a disturbi coesistenti, che sono comuni tra i coloro affetti da depressione maggiore.[123]

Un team di psicologi provenienti da diverse università americane, ha scoperto che i farmaci antidepressivi difficilmente hanno effetti migliori di un placebo nei casi di depressione lieve o moderata. Lo studio si è concentrato sulla paroxetina e sulla imipramina.[124]

I farmaci per curare la depressione si possono, in generale, dividere in tre grandi categorie:

Antidepressivi triciclici

Lo stesso argomento in dettaglio: Antidepressivi triciclici.

I primi ad essere usati, a partire dagli anni Cinquanta, sono stati gli antidepressivi triciclici, che hanno mostrato chiaramente la loro efficacia.[52] Essi vanno ad influire sui livelli di serotonina e noradrenalina e hanno un'attività anti-colinergica.[125] Questo tipo di antidepressivi hanno un'efficacia del 70% rispetto ad un placebo.[126] Tuttavia questi antidepressivi hanno alcuni effetti collaterali non del tutto trascurabili (legati soprattutto all'azione anticolinergica) fra i quali: tachicardia, aritmie, arresto cardiaco (per questo sconsigliati a pazienti che soffrono di malattie cardiache) secchezza delle fauci, stipsi, ritenzione urinaria, offuscamento della vista, talora ansia o confusione mentale, disturbi della memoria, astenia, alterazioni ECG, e più raramente aumento di peso, alterazioni ematochimiche, ittero epato-cellulare o colostatico, eiaculazione ritardata nell'uomo, reazioni cutanee.[127]

Inibitori della monoaminossidasi

Lo stesso argomento in dettaglio: Inibitore della monoamino ossidasi.

L'altra categoria di antidepressivi, i cosiddetti "anti-MAO" (o I-MAO), agiscono come inibitori della monoaminossidasi (da cui la sigla), enzima che metabolizza serotonina e catecolamine (adrenalina, noradrenalina e dopamina). Gli IMAO comportano pertanto un aumento della concentrazione di questi neurotrasmettitori nel sistema nervoso centrale. Non presentano un'efficacia maggiore o particolari “vantaggi” rispetto agli antidepressivi triciclici, mentre hanno alcuni effetti collaterali maggiori rispetto ad essi. Fra gli effetti collaterali si riscontra: eccitamento, insonnia, tremori, allucinazioni, ipotensione, sudorazione ridotta, ritardo dell'eiaculazione, ritenzione urinaria, reazioni cutanee, aumento di peso.[128] In alcuni casi gravi gli I-MAO possono causare crisi ipertensive con emorragia cerebrale anche fatale, preceduta da forti mal di testa, vomito, dolore toracico.[128] Inoltre producono effetti tossici in interazione con sostanze contenti elevate dosi di tiramina (formaggi, alcuni vini e birre, fegato, trippa, aringhe, fagioli, banane, fave, fichi).[129][128]

Antidepressivi di seconda generazione

Lo stesso argomento in dettaglio: Antidepressivo di seconda generazione.

Gli antidepressivi di seconda generazione sono una classe di antidepressivi caratterizzati principalmente dalla epoca della loro introduzione (circa coincidente con anni 1970 e 1980), piuttosto che per la loro struttura chimica o per il loro effetto farmacologico. Di conseguenza, vi è una certa polemica su cui i trattamenti in realtà appartengono a questa classe.

Tra di essi, gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) sono un gruppo di farmaci che vengono prescritti frequentemente per i loro relativamente lievi effetti collaterali e perché sono meno tossici in caso di sovradosaggio, rispetto ad altri antidepressivi.[130] I pazienti che non rispondono agli SSRI possono passare ad un altro antidepressivo, ciò comporta, in quasi il 50% di casi, in un miglioramento.[131] Un'altra opzione è quella di passare al bupropione.[132][133][134] La venlafaxina, un antidepressivo con un diverso meccanismo d'azione, può essere modestamente più efficace degli SSRI.[135] Tuttavia, la venlafaxina, nel Regno Unito. non è raccomandata come un trattamento di prima linea per via di alcuni studi che suggeriscono che i suoi rischi possano superare i benefici,[136] ed inoltre è specificatamente sconsigliata nei bambini e negli adolescenti.[137][138] Per la depressione adolescenziale, la fluoxetina[137] e l'escitalopram[139] sono o due farmaci di elezione. Gli antidepressivi non sono stati mai dimostrati utili nei bambini.[140] Non vi sono nemmeno prove sufficienti per determinare l'efficacia nei pazienti con depressione complicata da demenza.[141] Tutti i farmaci antidepressivi possono causare bassi livelli di sodio nel sangue (iponatriemia),[142] tuttavia ciò è stato èiù spesso rilevato con gli SSRI.[130] Non è raro per gli SSRI possano provocare o peggiorare l'insonnia. La mirtazapina, un antidepressivo sedativo, può essere utilizzato in questi casi.[143][144]

Per i bambini, adolescenti, giovani adulti e probabilmente nella fascia di età tra i 18 ei 24 anni, trattati con SSRI, vi è un rischio maggiore di ideazione e comportamenti suicidari.[145][146][147][148][149] Non è chiaro se, negli adulti, gli SSRI possano influenzare il rischio di suicidio.[150] Dal 2005 in paesi quali gli Stati Uniti o la Gran Bretagna, i rispettivi ministeri della salute hanno imposto ai produttori di esporre in grande evidenza ("black box warning") il rischio di commettere suicidio, che in alcuni soggetti predisposti (in particolare quelli più giovani) sembrerebbe aumentare, in particolare durante le prime settimane della terapia; durante questa fase iniziale, viene quindi raccomandato ai medici di seguire attentamente i pazienti.[208] Avvisi cautelativi simili sono stati attuati anche dal ministero giapponese della sanità.[151]

Altre sostanze

L'acido folico ha nella terapia della depressione un ruolo confermato da recente ed autorevole letteratura scientifica. L'acido folico, infatti è noto, essere fondamentale per la sintesi dei principali neurotrasmettitori: Noradrenalina, Serotonina e Dopamina, che sono carenti in corso di depressione. La carenza di Acido folico è associata con le manifestazioni della depressione[152], specie quella caratterizzata da deficit cognitivi.[153]. L'uso dell'Acido Folico secondo diversi autori può trovare un vantaggioso utilizzo nei casi di: sintomi iniziali, in caso di remissione parziale, in pazienti con sintomatologia residua, o come terapia di potenziamento[154]. insieme alle terapie farmacologiche a base di antidepressivi[155].

Vi sono alcune prove che gli integratori di olio di pesce ad alto contenuto di acido eicosapentaenoico e di acido docosaesaenoico possono essere efficaci contro il disturbo depressivo maggiore,[156] ma una meta-analisi ha concluso che gli effetti positivi possono essere dovuti a bias di pubblicazione.[157] Non vi sono evidenze che gli inibitori selettivi della COX-2 abbiano un effetto benefico sulla depressione maggiore.[158]

Terapia elettroconvulsivante

Lo stesso argomento in dettaglio: Terapia elettroconvulsivante.
Macchina per terapia elettroconvulsivante degli anni sessanta.

Nei casi di depressione farmacoresistente o di impossibilità di somministrazione di antidepressivi, un modello di trattamento discusso è rappresentato dalla terapia elettroconvulsivante (ECT). Essa è una procedura per mezzo della quale vengono inviati impulsi di energia elettrica attraverso il cervello per mezzo di due elettrodi per indurre una crisi convulsiva, mentre il paziente è in un breve periodo di anestesia generale. Gli psichiatri ospedalieri possono raccomandare l'ECT per i casi più gravi di depressione maggiore che non hanno risposto ai farmaci antidepressivi o, meno spesso, alla psicoterapia e agli interventi di supporto.[159] L'ECT può avere un effetto più veloce della terapia antidepressiva e quindi potrebbe essere il trattamento di scelta in caso di emergenza, come nella depressione catatonica quando il paziente ha smesso di mangiare e di bere, o quando un paziente ha forti tendenze suicide.[159]

L'ECT è probabilmente più efficace, nel breve termine, della terapia farmacologica per la depressione,[160] anche se uno studio ha evidenziato tassi di remissione molto più bassi, in pratica, di routine.[161] Quando l'ECT viene usata da sola, il tasso di recidiva entro i primi sei mesi è molto elevata. I primi studi evideziavano un tasso intorno al 50%,[162] mentre una analisi più recente ha trovato tassi dell'84% anche con placebo.[163] Il tasso di recidiva precoce può essere ridotto con l'uso di farmaci psichiatrici o ulteriori sedute di ECT[164][165] (anche se quest'ultima strategia non è stata raccomandata da alcuna autorità in materia)[166], ma tuttavia rimane elevato.[167] Gli effetti collaterali più comuni derivanti dall'ECT includono perdita di memoria a breve e a lungo termine, disorientamento e mal di testa.[168] Nonostante che i disturbi della memoria dopo l'ECT solitamente si risolvono entro un mese, tale terapia rimane un trattamento controverso e il dibattito sulla sua efficacia e la sicurezza continua.[169][170]

Fototerapia

Esistono molte ricerche internazionali[171][172][173] e altrettanti nazionali che evidenziano l'effetto antidepressivo della terapia della luce[174][175]. Gli studi sulla terapia della luce dimostrano che la somministrazione della luce ad un orario specifico della mattina, calcolato attraverso il Morningness-Eveningness Questionnaire[176] (questionario sviluppato per valutare la nostra circadianità definita "cronotipo"), permette di potenziare l'effetto antidepressivo del farmaco ottenendo una più rapida risoluzione dell'episodio depressivo.

Psicoterapia

La psicoterapia può essere eseguita su singoli individui, su gruppi (terapia di gruppo) o sui nuceli famigliari da parte dei professionisti della salute mentale, come psicoterapeuti, psichiatri, psicologi clinici e assistenti sociali. Nelle forme più complesse e croniche di depressione, una combinazione di farmaci e psicoterapia può essere una scelta opportuna.[177]

La terapia cognitivo-comportamentale (TCC) attualmente ha fornito le maggiori prove di efficacia nel trattamento della depressione nei bambini e negli adolescenti, mentre la psicoterapia interpersonale è da preferire nella sola depressione adolescenziale.[178] Negli individui sotto i 18 anni, secondo il National Institute for Health and Clinical Excellence, il trattamento farmacologico dovrebbe essere offerto solo in combinazione con una terapia psicologica, come la tarapia cognitivo-comportamentale, la terapia interpersonale o la terapia familiare.[179]

La psicoterapia ha dimostrato, inoltre, di essere efficace nelle persone anziane.[180][181] Un'intervento di psicoterapia di successo sembra ridurre il ripetersi della depressione, anche dopo che l'evento acuto è stato risolto o che le sedute sono state sostituite da incontri di richiamo occasionali.

La forma più studiata di psicoterapia per la depressione è la TCC, che tende a insegnare ai pazienti di abbandonare pensieri e pratiche autolesioniste e di cambiare i comportamenti controproducenti. Studi clinici, effettuai a metà degli anni 1990 hanno suggerito che la TCC potrebbe essere efficace quanto o meglio della somministrazione di antidepressivi nei pazienti con depressione da moderata a grave.[182][183] La TCC può essere efficace negli adolescenti depressi,[184] anche se i suoi risultati sugli episodi gravi devono ancora esseere determinati con precisione.[185] Diverse variabili determinano il successo della terapia cognitivo-comportamentale negli adolescenti: aumento dei pensieri razionali, meno disperazione, meno pensieri negativi e meno distorsioni cognitive.[186] La TCC è particolarmente utile nel prevenire le ricadute.[187][188] Numerose varianti della terapia cognitivo-comportamentale sono state utilizzate nel trattamento dei pazienti depressi, la più famosa è la terapia comportamentale razionale emotiva[189] e più recentemente la terapia cognitiva basata sulla mindfulness.[190]

La psicoanalisi è una scuola di pensiero, fondata da Sigmund Freud, che tratta la risoluzione dei conflitti inconsci mentali.[191] Le tecniche psicoanalitiche vengono utilizzati da alcuni operatori per trattare i pazienti affetti da depressione maggiore.[192] La tecnica più largamamente utilizzata è la psicoterapia psicodinamica, parzialmente basata sulla psicoanalisi e con importanti aspetti sulla vita sociale e interpersonale.[193] In una meta-analisi effettuata su tre studi controllati su interventi di breve psicoterapia psicodinamica di supporto, questa tecnica è stata dimostrata efficace come la terapia farmacologica nella depressione da lieve a moderata.[194]

La logoterapia, una forma di psicoterapia esistenziale sviluppata dallo psichiatra austriaco Viktor Frankl che tende a colmare il "vuoto esistenziale" associato ai sentimenti di inutilità e insensatezza. È dimostrato che questo tipo di intervento psicoterapico possa essere utile per la depressione negli adulti.[195]

Altri tipologie di psicoterapia sono: la terapia cognitiva, la terapia comportamentale, la psicoterapia adleriana, la Psicoterapia ericksoniana, il training autogeno e la psicoterapia cognitiva post-razionalista

Terapie nuove e sperimentali

Approvato nel 2009 dall'EMEA[196], nel 2010 è entrato in commercio l'agomelatina, principio attivo con una struttura simile alla melatonina che propone un nuovo approccio alla cura della malattia agendo da agonista sui recettori della melatonina e da antagonista sui recettori della serotonina.

La Food and Drug Administration nel 2005 ha approvato la stimolazione cerebrale profonda (DBS) come terapia per quei soggetti che non hanno risposto almeno a tre cicli di farmaci. Si tratta di elettrodi impiantati che fanno fluire una continua ma impercettibile scossa al cervello favorendo una maggiore concentrazione dei neurotrasmettitori deficitari. In Italia tale metodologia non è attualmente in uso per la depressione, se non per alcuni casi specifici sperimentali, mentre è usata per curare alcuni casi di parkinsonismo e cefalea a grappolo. Tuttavia in casi del tutto speciali ai depressi "non responder" viene praticata la stimolazione chirurgica del nervo vago, attraverso cui passano i neurotrasmettitori la cui deficienza porta a disturbo depressivo. Un'altra terapia sperimentale ma non ancora approvata, è lo shock magnetico (simile all'elettroshock ma la convulsione viene provocata da campi magnetici e non campi elettrici, con minori effetti collaterali).

Un altro filone di ricerca clinica è relativo alla cosiddetta "cronoterapia". Infatti, recenti studi[197][198] hanno dimostrato che la depressione, ed in particolare quella stagionale e quella bipolare, sarebbe correlata ad un significativo sfasamento del ritmo sonno-veglia. Per tale motivo si sono sperimentate terapie come la "Dark Therapy" o la "terapia della luce", che mirano a regolarizzare il ritmo sonno-veglia. Recentemente, sarebbe stato dimostrato un importante effetto antimaniacale della "Dark therapy"[199], ed un effetto antidepressivo della "terapia della luce"[200].

Prevenzione

Interventi comportamentali, come la psicoterapia interpersonale e la terapia cognitivo-comportamentale, sono efficaci nel prevenire la depressione di nuova insorgenza.[201] Poiché tali interventi sembrano essere più efficaci quando vengono offerti ai singoli individui o a piccoli gruppi, è stato suggerito che possano essere in grado di raggiungere un vasto pubblico in modo più efficiente attraverso Internet.[202] Tuttavia, una precedente meta-analisi ha dimostrato che i programmi che meglio avevano impedito la depressione comprendevano più di otto incontri, ciascuno della durata variabile tra i 60 e i 90 minuti.[203]

Il servizio sanitario di salute mentale dei Paesi Bassi, offre interventi di prevenzione, come ad esempio il corso "Fronteggiare la depressione" (in lingua inglese Coping with Depression - CWD) per le persone che presentano una depressione sotto-soglia. Il corso è affermato per essere il più efficace tra gli interventi psicoeducativi per il trattamento e la prevenzione della depressione (sia per la sua adattabilità alle diverse popolazioni e per via dei risultati), con una riduzione del rischio del 38% di andare in contro alla depressione maggiore.[204] Gli interventi di prevenzione possono portare ad un calo dei tassi della condizione di tra il 22 e il 38%.[201][205]

Prognosi

Gli episodi di depressione maggiore spesso si risolvono nel tempo, anche se non vengono trattati. I pazienti mostrano una riduzione del 10-15% dei sintomi nel giro di pochi mesi, con circa il 20% che non soddisfa completamente i criteri completi per un disturbo depressivo.[206] La durata media di un episodio è stimato in 23 settimane, con il più tasso più alto di recupero che si registra nei primi tre mesi.[207]

Gli studi hanno dimostrato che l'80% di coloro che soffrono del loro primo episodio depressivo maggiore, ne soffrirà di almeno uno ulteriore,[208] con una media di 4 episodi nel corso di tutta la sua vita.[209] Altri studi effettuati sulla popolazione generale, indicano che circa la metà dei pazienti che hanno un episodio (sia trattato o no) si avrà un buon recupero e duraturo, mentre l'altra metà avrà almeno un altro episodio, e circa il 15% sperimenterà croniche recidive.[210] Indagini effettuate su dati ospedalieri selettivi, suggeriscono un recupero inferiore e una maggiore cronicizzazione, mentre gli studi effettuati per lo più su pazienti ambulatoriali, mostrano un recupero in quasi tutti i casi, con una durata mediana dell'episodio di 11 mesi. Circa il 90% di quelli con depressione grave o psicotica, la maggior parte dei quali soddisfa i criteri per altri disturbi mentali, soffre di episodi ricorrenti.[211][212]

La ricorrenza è più probabile se i sintomi non sono completamente risolti con il trattamento. Le attuali linee guida consigliano l'assunzione continuativa di antidepressivi per quattro-sei mesi dopo la remissione, per prevenire le ricadute. Prove rilevate in molti studi randomizzati controllati, indicano che l'assunzione continua dei farmaci antidepressivi dopo il recupero, è in grado di ridurre il rischio di recidiva del 70% (41% nel gruppo placebo contro il 18% del gruppo con antidepressivi). L'effetto preventivo dura probabilmente per almeno i primi 36 mesi.[213]

Le persone che soffrono di ripetuti episodi di depressione, richiedono un trattamento in corso al fine di evitare una depressione a lungo termine. In alcuni casi, le persone hanno bisogno di prendere farmaci per lunghi periodi di tempo o per il resto della loro vita.[214]

Casi in cui il risultato è scadente, sono associati con un trattamento non appropriato, con gravi sintomi iniziali che possono includere la psicosi, precoce età di insorgenza, più episodi precedenti, recupero incompleto dopo 1 anno, preesistente grave disturbo mentale o medico e la disfunzione dell'ambiente famigliare.[215]

Gli individui depressi hanno un'aspettativa di vita più breve rispetto a quelli senza depressione, parzialmente perché sono a rischio di suicidio.[216] Tuttavia, essi hanno anche un più alto tasso di morte per altre cause.[217] Risultano infatti più suscettibili alle condizioni mediche, come le malattie cardiache.[218] Fino al 60% delle persone che si suicidano hanno un disturbo dell'umore come la depressione maggiore e il rischio è particolarmente elevato se una persona ha uno spiccato senso di disperazione o soffre sia di depressione che di disturbo borderline di personalità.[1] Il rischio di suicidio associato a una diagnosi di depressione maggiore, negli Stati Uniti, è stimato al 3,4%, con una media molto differente tra i due sessi, con quasi il 7% per gli uomini e l'1% delle donne[219] (anche se i tentativi di suicidio sono più frequente nelle donne).[220] La stima è sostanzialmente inferiore a quella accettata in precedenza del 15%, che era stata derivata da vecchi studi di pazienti ospedalizzati.[221]

La depressione è spesso associato con la disoccupazione e la povertà.[222] La depressione maggiore è attualmente la principale causa di malattia in Nord America e in altri paesi ad alto reddito e la quarta causa di disabilità in tutto il mondo. Nel 2030, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, prevede che possa essere la seconda causa di malattia in tutto il mondo dopo l'HIV.[223]

Società e cultura

L'ex presidente americano Abraham Lincoln soffriva di "malinconia", una condizione che ora può essere indicato come depressione clinica.[224]

L'impatto della depressione sulla societò, caria ampiamente tra le varie culture. Un commentatore ha osservato che "a causa della mancanza di una certezza scientifica, il dibattito sulla depressione si accende su questioni inerenti alla lingua. Ciò che noi chiamiamo "malattia" o "disturbo", influenza il modo in cui la visualizziamo, diagnostichiamo e trattiamo".[225] Vi sono differenze culturali nella misura in cui la depressione è considerata una malattia che richiede il trattamento di personale professionale, o sia un indicatore di qualcosa d'altro.[226][227]

La diagnosi di depressione è meno comune in alcuni paesi, come la Cina. Si è sostenuto che i cinesi tradizionalmente negano o somatizzano la depressione emotiva (anche se sin dal 1980, il rifiuto della popolazione cinese alla depressione sembra essere drasticamente diminuito).[228] Un professore australiano, Gordon Parkeri, sostiene che il concetto occidentale di depressione "medicalizza" il senso di tristezza o di miseria.[229][230] Allo stesso modo, lo psichiatra Thomas Szasz sostiene che la depressione sia una malattia metaforica che viene impropriamente considerata come un malattia vera e propria.[231] Vi è stata anche la preoccupazione che il DSM, così come il campo della psichiatria che se ne occupa, tenda a identificare fenomeni astratti come depressione.[232] Lo psicanalista americano James Hillman scrive che la depressione può essere salutare per l'anima.[233] Hillman sostiene che i tentativi terapeutici per eliminare la depressione fanno eco sul tema cristiano della risurrezione, ma hanno l'effetto perverso di demonizzare uno stato dell’anima.

Storicamente, i medici, si sono dimostrati spesso riluttanti a discutere o cercare un trattamento per la depressione, a causa dello stigma sociale ad essa correlato o per via dell'ignoraza sulla diagnosi o sul trattamento. Tuttavia, l'analisi o l'interpretazione di lettere, diari, opere d'arte, scritti o dichiarazioni di familiari e amici di alcuni personaggi storici, hanno portato alla conclusione che essi potessero aver sofferto di una qualche forma di depressione. Tra di essi si possoo ricordare la scrittrice inglese Mary Shelley,[234] lo scrittore Henry James[235] e il presidente americano Abraham Lincoln.[236] Alcuni contemporanei noti per essere probabilmente soggetti alla depressione sono, ad esempiol il cantautore canadese Leonard Cohen[237] e il drammaturgo americano Tennessee Williams.[238] Alcuni psicologi d'avanguardia, come ad esempio gli americani William James[239][240] e John B. Watson,[241] hanno affrontato la propria depressione.

Si è spesso dibattuto se i disturbi neurologici e i disturbi dell'umore possono essere legata alla creatività, una discussione che risale fin ai tempi di Aristotele.[242][243] La letteratura britannica fornisce molti esempi di riflessioni sulla depressione.[244] Il filosofo inglese John Stuart Mill ha sperimentato un periodo di alcni mesi che ha definito come "uno stato sordo di nervi", ovvero "uno di quegli stati d'animo quando ciò che è da piacere in altri momenti, diventa insipido o indifferente". Egli ha citato il poeta inglese Samuel Taylor Coleridge "Dejection" come una perfetta descrizione del suo caso: "Un dolore senza una fitta, vuoto, buio e tetro, una sonnolenza, soffocata, di dolore che non trova sbocco naturale o sollievo".[245][246] Lo scrittore inglese Samuel, nel 1780, ha usato il termine "cane nero" per descrivere la propria depressione,[247] e successivamente è stato reso popolare come malato di depressione l'ex primo Ministro britannico Sir Winston Churchill.[247]

Lo stigma sociale associato alla depressione maggiore è molto diffuso e il contatto con i servizi sanitari per la salute mentale lo riduce solo leggermente. L'opinione pubblica in materia di trattamento differisce notevolmente da quelle degli operatori sanitari. Trattamenti alternativi sono ritenuti essere più utili di quelli farmacologici, che vengono considerati poco.[248] Nel Regno Unito, il Royal College of Psychiatrists e il Royal College of General Practitioners ha condotto una campagna per informre e ridurre lo stigma tra il 1992 e il 1996.[249] Uno studio condotto successivamente dalla Ipsos MORI ha dimostrato un piccolo cambiamento positivo nella comprensione pubblica della depressione e sul trattamento.[250]

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