Umberto Bossi
Umberto Bossi | |
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Presidente federale della Lega Nord | |
In carica | |
Inizio mandato | 5 aprile 2012 |
Predecessore | Angelo Alessandri |
Segretario federale della Lega Nord | |
Durata mandato | 4 dicembre 1989 – 5 aprile 2012 |
Predecessore | - |
Successore | Roberto Maroni |
Ministro per le Riforme Istituzionali | |
Durata mandato | 8 maggio 2008 – 16 novembre 2011 |
Presidente | Silvio Berlusconi |
Predecessore | Vannino Chiti |
Successore | Gaetano Quagliariello |
Durata mandato | 11 giugno 2001 – 19 luglio 2004 |
Presidente | Silvio Berlusconi |
Predecessore | Antonio Maccanico |
Successore | Roberto Calderoli |
Deputato della Repubblica Italiana | |
Legislatura | XI, XII, XIII, XIV (fino al 19 luglio 2004) , XVI, XVII |
Gruppo parlamentare | Lega Nord Padania |
Coalizione | Coalizione di centro-destra |
Circoscrizione | IV Lombardia 2 (XIII); III (Lombardia 1) (XIV, XVI, XVII) |
Collegio | 3 - Milano 3 (XIV) |
Sito istituzionale | |
Senatore della Repubblica Italiana | |
Legislatura | X |
Gruppo parlamentare | Lega Lombarda |
Circoscrizione | Lombardia |
Collegio | Varese |
Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | Partito Comunista (1975-1976) Lega Lombarda (dal 1984) Lega Nord (dal 1989) |
Titolo di studio | perito elettronico |
Professione | Politico |
Umberto Bossi (Cassano Magnago, 19 settembre 1941) è un politico italiano, già senatore della Repubblica ed europarlamentare, ora deputato della Repubblica, fondatore del movimento politico Lega Nord per l'indipendenza della Padania (di cui è stato segretario federale fino al 5 aprile 2012),[1] è stato Ministro delle Riforme per il Federalismo.
È stato eletto per la prima volta al Senato nel 1987 (X legislatura), fatto per il quale ancora oggi è soprannominato, in lombardo, il Senatùr. Dal 1992 ha ricoperto per sette volte la carica di deputato (XI, XII, XIII, XIV e XVI e XVII). Per quattro volte ha ricoperto la carica di parlamentare europeo.
È entrato nel governo per la prima volta nel 2001, quando fu nominato Ministro per le Riforme Istituzionali e la Devoluzione nel Governo Berlusconi II.
Il 5 aprile del 2012, a seguito dello scandalo della distrazione di fondi del partito a favore della sua famiglia,[2][3] ha rassegnato le dimissioni da segretario della Lega Nord, carica che aveva assunto nel 1989. Dopo questi fatti ha ricoperto un ruolo più marginale all'interno del partito, del quale è comunque Presidente.
Biografia
Gli anni giovanili
Nasce da Ambrogio (1900-1989) e Ida Valentina Mauri (1918-2013[4]). Il padre faceva l'operaio tessile a Gallarate, la madre la portinaia. Umberto è il figlio primogenito: dopo di lui nascono Franco (1947) e Angela (1951).
In quegli anni consegue il diploma di perito tecnico elettronico presso la scuola per corrispondenza Radio Elettra.[5] Sul profilo pubblicato tanto sul sito della Camera dei Deputati[6] quanto sul sito ufficiale della Lega Nord Bossi dichiara di essere in possesso del Diploma di maturità scientifica. Questo è quanto scritto sul sito della Lega Nord: «Dopo aver conseguito la maturità scientifica, si iscrive alla facoltà di Medicina di Pavia, ove esercita anche la professione di tecnico elettronico applicato alla medicina.»[7] Cambia mestiere più volte. È lo stesso Bossi a dichiarare: «Ho fatto l'operaio, il perito tecnico, ho lavorato nell'informatica, ho studiato medicina a Pavia, ho insegnato matematica e fisica».[8]
Gli inizi dell'impegno in politica
Esistono diverse testimonianze della militanza a sinistra di Umberto Bossi negli anni giovanili, anche se non fu un sessantottino. Nei primi anni settanta ha militato, in rapida successione, nel gruppo comunista de il manifesto, nel Partito di Unità Proletaria per il comunismo, di estrema sinistra, nell'Arci e nei movimenti ambientalisti.[9]
Nel 1975 risulta iscritto al Partito Comunista Italiano, previo versamento di un contributo d'iscrizione presso la sezione locale di Verghera di Samarate. Dai registri ufficiali dell'organizzazione risulta essere registrato in qualità di medico, pur non avendo mai conseguito il titolo abilitante all'esercizio della professione[10][11] (al riguardo, alcuni articoli giornalistici, suffragati dalla dichiarazione della prima moglie Gigliola Guidali, suggeriscono che avrebbe lasciato credere di svolgere la professione medica per un certo lasso di tempo).[11][12][13][14][15]
Inizialmente negata la militanza comunista, lo stesso ammetterà che per alcuni mesi fra il 1974 e 1975 fu impegnato in un'iniziativa di solidarietà del Partito Comunista Italiano di Verghera di Samarate, collaborando all'organizzazione di una raccolta di fondi a sostegno dei dissidenti di Augusto Pinochet, il generale cileno che aveva instaurato nel Paese una dittatura militare,[10][13] il conferimento della tessera potrebbe essere stato il premio per l'impegno svolto a favore del partito.[16]
Il suo incontro con le idee autonomiste e federaliste avvenne per caso a 38 anni, nel 1979: un giorno, entrando in facoltà a Pavia, notò un avviso dell'Union Valdôtaine, movimento autonomista della Valle d'Aosta. Conobbe il leader Bruno Salvadori. Bossi decise immediatamente di unirsi alla sua causa e si attivò per la creazione di una rete di movimenti autonomisti dell'Italia settentrionale. Nello stesso anno conobbe Roberto Maroni, con cui cominciò un lungo sodalizio politico.
Umberto Bossi ebbe una breve esperienza come cantautore, col nome d'arte di Donato.
Nel 1961 Bossi partecipò insieme al suo complesso al Festival di Castrocaro dove venne bocciato in semifinale perché «troppo triste».[17]
Accompagnato dall'orchestra di D. U. Mazzucchelli sempre incise nel 1961 per la Caruso, l'etichetta del maestro Vitaliano Caruso, un disco 45 giri con i brani Ebbro (boogie woogie) e Sconforto (rock-slow), dei quali era autore con Mazzucchelli.[18][19]
Bossi è stato anche autore di poesie in dialetto. Una di queste, Scioperu in dur Baset (Sciopero alla Bassetti), fu pubblicata nel gennaio 1982 su Ul bartavèll, rivista politico-culturale varesina. Bossi frequentava gli incontri organizzati dal circolo filologico locale sulla storia e gli idiomi del territorio. In una conferenza, dove parlava di glottologia, conobbe Manuela Marrone, che divenne la sua seconda moglie.
Bossi partecipa, inviato da Salvadori, alle riunioni dell'Unione ossolana per l'autonomia (U.O.P.A.), movimento autonomista della Val d'Ossola. Ispirato dall'attività di tale movimento, nel 1980 Bossi crea la sua prima sigla politica: l'Unione Nord Occidentale Lombarda per l'Autonomia (U.N.O.L.P.A.); sceglie questo acronimo "anche per assonanza con la sigla UOPA"[20].
Insieme con Salvadori e Maroni fonda la società editoriale Nord Ovest, che edita la rivista Nord Ovest: «Mi misi con lui [Salvadori] a fare il giornale, però non avevo ancora deciso di dedicarmi solo al federalismo».[21]
L'8 giugno 1980 Salvadori muore in un incidente automobilistico, lasciando Bossi a ripianare da solo i debiti del giornale. «Mi mancava qualche esame alla laurea, ma decisi di buttare tutta la mia vita per togliermi quel chiodo».[8][22]
Nel 1982 Bossi crea assieme a Roberto Maroni e Giuseppe Leoni la Lega Autonomista Lombarda, di cui viene eletto segretario nazionale. Per diffondere le idee autonomiste crea un nuovo giornale: Lombardia Autonomista. Il primo numero esce nel marzo 1982 come supplemento di Rinascita Piemontese. Bossi si presenta alle elezioni politiche del 1983 in alcune circoscrizioni della Lombardia insieme ad altri autonomisti sotto il simbolo della Lista per Trieste, senza essere eletto (nella circoscrizione Varese-Como-Sondrio ottiene 157 preferenze: «Sapevo che lo facevo solo per portare la valigia e fare esperienza.»[8])
Il 12 aprile 1984 Bossi fonda la Lega Lombarda di cui sarà segretario fino al 1993, prima di dar vita al progetto della Lega Nord e lasciare la Lega Lombarda nelle mani del nuovo segretario Luigi Negri. Firmano l'atto di fondazione, davanti a un notaio di Varese: Umberto Bossi, la sua compagna Manuela Marrone, Pierangelo Brivio, Giuseppe Leoni, Marino Moroni ed Enrico Sogliano. Manuela Marrone mise a disposizione la propria abitazione per le riunioni del movimento[23]. La neonata formazione partecipa alle elezioni europee che si tengono in quell'anno in alleanza con altri movimenti regionali e autonomisti, quali la Liga Veneta, il Partito del Popolo Trentino Tirolese e il Moviment d'Arnàssita Piemontèisa, sotto il nome della coalizione Liga veneta - Unione per l'Europa Federalista. Bossi ottiene 1.630 preferenze.[8]
Alle elezioni amministrative del 1985 la Lega elegge i primi rappresentanti nei comuni di Varese e Gallarate e nella provincia di Varese.[senza fonte] Non ha successo invece alle elezioni regionali. Alle elezioni politiche del 1987 Bossi viene eletto per la prima volta al Senato della Repubblica, fatto che gli valse il soprannome di senatùr ("senatore" in dialetto varesotto).
La Lega Nord
Alla fine degli anni ottanta, visto anche il progressivo successo della Lega a livello regionale, porta avanti il suo progetto politico di unire i vari movimenti politici autonomisti dell'Italia settentrionale (Lega Lombarda, Liga Veneta, Piemont Autonomista, Partito Autonomista Trentino Tirolese, Uniùn Ligure, Lega Emiliano Romagnola, Alleanza Toscana), che si traduce nella creazione dell'Alleanza Nord alle elezioni europee del 1989. Il 4 dicembre di quell'anno Bossi fonda la Lega Nord, di cui è nominato segretario federale al raduno di Pontida[24][25].
Alle elezioni politiche del 1992 Bossi viene rieletto, questa volta alla Camera, con 240.523 preferenze, una delle cifre più alte di tutta Italia. Il 1992 è anche l'anno in cui esplode Tangentopoli, un evento epocale che vede Bossi inizialmente fra i più convinti sostenitori del "pool di Milano", cioè dei magistrati della Procura meneghina intenti a indagare sui fenomeni di corruzione. Ma anche Bossi in persona e la sua Lega vengono coinvolti nel 1993 per una questione legata a un finanziamento illecito di duecento milioni di lire, ricevuti dagli allora dirigenti del colosso chimico Montedison.[26] Fino ad allora Bossi sostenne la linea del Pool di Milano, partecipando a una manifestazione con MSI, PDS e Verdi. Emblematica fu, alla Camera dei deputati, l'agitazione di una corda a forma di cappio da parte di Luca Leoni Orsenigo.
Il 5 gennaio 1994, al processo Enimont, Bossi ammette il finanziamento illecito tramite una tangente ricevuta dalla Montedison[27][28]. Nel 1995 viene condannato per violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti a 8 mesi,[29] pena confermata in appello nel 1997[30] e Cassazione l'anno dopo.[28][31]. Nel 1995 viene condannato per violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti a 8 mesi,[29] pena confermata in appello nel 1997[30] e Cassazione l'anno dopo.[32]
La breve alleanza con Forza Italia (1994)
Nello stesso anno crea al Nord con Forza Italia (partito politico fondato nel 1994 dall'imprenditore milanese Silvio Berlusconi) la coalizione elettorale denominata Polo delle Libertà, che assieme al Movimento Sociale Italiano vince le elezioni.
Il 24 agosto 1994 Bossi appare in TV da Porto Cervo per rilasciare delle dichiarazioni politiche in canottiera.[33] L'inusualità della veste lo renderà molto popolare.[34][35]
Il governo Berlusconi viene sfiduciato il 22 dicembre 1994. In quell'occasione Bossi stacca il suo partito dalla coalizione presentando una mozione di sfiducia.[36] L'atto viene denominato dai mass media "ribaltone".
Gianfranco Miglio consigliere di Bossi
Nel 1990 cominciò un rapporto di collaborazione tra Umberto Bossi e Gianfranco Miglio, emerito professore dell'Università Cattolica di Milano e insigne studioso dei sistemi politici, convinto federalista. Nel 1992 Miglio fu eletto al Senato come indipendente nelle file della Lega. Il suo impegno politico fu finalizzato all'elaborazione di un progetto di riforma federale fondato sul ruolo costituzionale assegnato all'autorità federale e a quella delle macroregioni o cantoni (del nord o Padania, del centro o Etruria, del sud o Mediterranea, oltre alle cinque regioni a statuto speciale).
Miglio presentò i punti salienti del progetto al congresso del partito ad Assago nel 1993. Il Decalogo di Assago venne fatto proprio dalla Lega Nord solo marginalmente: Bossi preferì infatti seguire una politica di contrattazione con lo Stato centrale che mirasse al rafforzamento delle autonomie regionali. La crepa nei rapporti tra il Profesùr e il Senatùr si acuì dopo le elezioni del 1994, quando Miglio si mostrò contrario sia ad allearsi con Forza Italia, sia a entrare nel primo governo Berlusconi. Soprattutto Miglio non gradì che per il ruolo di ministro delle Riforme istituzionali fosse stato scelto Francesco Speroni al suo posto.[37] Bossi reagì spiegando: «Capisco che Miglio sia rimasto un po' irritato perché non è diventato ministro, ma non si può dire che non abbiamo difeso la sua candidatura. Il punto è che era molto difficile sostenerla, perché c'era la pregiudiziale di Berlusconi e di Fini contro di lui. Di fatto, il ministero per le Riforme istituzionali a lui non lo davano. (...) Se Miglio vorrà lasciare la strada della Lega, libero di farlo. Ma vorrei ricordargli che è arrivato alla Lega nel '90 e che, a quell'epoca, il movimento aveva già raggranellato un sacco di consiglieri regionali». In conclusione per Bossi, Miglio «pare che ponga solo un problema di poltrone e la difesa del federalismo non è questione di poltrone».[38] Bossi reagì spiegando: «Capisco che Miglio sia rimasto un po' irritato perché non è diventato ministro, ma non si può dire che non abbiamo difeso la sua candidatura. Il punto è che era molto difficile sostenerla, perché c'era la pregiudiziale di Berlusconi e di Fini contro di lui. Di fatto, il ministero per le Riforme istituzionali a lui non lo davano. (...) Se Miglio vorrà lasciare la strada della Lega, libero di farlo. Ma vorrei ricordargli che è arrivato alla Lega nel '90 e che, a quell'epoca, il movimento aveva già raggranellato un sacco di consiglieri regionali». In conclusione per Bossi, Miglio «pare che ponga solo un problema di poltrone e la difesa del federalismo non è questione di poltrone».[39]
Il giorno dopo, 16 maggio 1994, Miglio lascia la Lega Nord, a suo avviso responsabile di aver abbandonato la spinta federalista-secessionista per seguire una politica di contrattazione con lo Stato centrale, che di fatto la inserisce pienamente nel sistema di potere partitico “romano”.[40] Di Bossi dice esplicitamente: «Spero proprio di non rivederlo più. (...). Per Bossi il federalismo è stato strumentale alla conquista e al mantenimento del potere. L'ultimo suo exploit è stato di essere riuscito a strappare a Berlusconi cinque ministri. Tornerò solo nel giorno in cui Bossi non sarà più segretario».[41] Il giorno stesso Miglio uscì dal gruppo leghista e si iscrisse al Gruppo Misto. Il 1º giugno Miglio fondò un proprio partito, l'«Unione Federalista». Quell'anno il Profesùr pubblicò un libro in cui raccontò l'esperienza appena conclusasi nella Lega (Io, Bossi e la Lega, Mondadori, 1994).
Dall'opposizione al governo
Nel 1995 Bossi sceglie come inno della Lega il Va' pensiero di Verdi.[42] Da allora in poi il Va' pensiero viene eseguito in tutte le manifestazioni della Lega.
Bossi porta la Lega alle elezioni politiche del 1996 da sola, senza alleati. I voti salgono al 10,8% a livello nazionale (29% in Veneto, 26% in Lombardia, 18% in Piemonte). Il 15 settembre, forte del consenso elettorale, Bossi, libero dall'agenda del governo e pure da quella dell'opposizione, annuncia di voler perseguire il progetto della secessione delle regioni dell'Italia settentrionale (indipendenza della Padania). A tal fine organizza una manifestazione lungo il fiume Po, partendo dalla sua sorgente in Piemonte e arrivando a Venezia, in Riva degli Schiavoni, dove dopo aver ammainato la bandiera tricolore italiana, fa issare quella col Sole delle Alpi verde in campo bianco, e proclama provocatoriamente l'indipendenza della Repubblica Federale della Padania leggendo una dichiarazione che affermava «Noi Popoli della Padania, solennemente proclamiamo: la Padania è una Repubblica federale, indipendente e sovrana...».[43]
Nello stesso periodo crea un'assise politica a Mantova denominata Parlamento del Nord (e successivamente Parlamento della Padania) e l'anno successivo porta oltre 6 milioni di persone (cifra dichiarata da organi leghisti) a votare sotto i gazebo per il primo Governo della Padania. Durante questa fase, ritenendo opportuno dar voce e spazio alla cultura padana, fonda alcuni mezzi di comunicazione, come il quotidiano La Padania, Radio Padania e TelePadania. Bossi ricopre l'incarico di direttore politico del quotidiano.
I rapporti con Silvio Berlusconi continuano a essere tesi. Dalle pagine della Padania, il leader di Forza Italia viene accusato di collusione con la mafia.[44]
All'opposizione durante il governo di centro-sinistra (Prodi 1996-98; D'Alema I e bis 1998-2000 e Amato 2000-2001), Bossi riallaccia i rapporti col Polo di centro-destra in occasione delle elezioni regionali del 2000, costituendo l'anno successivo una nuova coalizione chiamata Casa delle Libertà. L'alleanza vince le elezioni politiche del 2001 (13 maggio), anche se i voti della Lega Nord scendono dal 10% al 3,9%.[45] Bossi entra nel governo assumendo l'incarico di Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione.
Umberto Bossi si è sempre schierato contro le adozioni gay. Nel settembre 2000 ha affermato che «la Lega Nord è assolutamente contraria alle adozioni artificiali che fanno parte della famiglia artificiale».[46]
Sempre nel settembre 2000, durante un comizio a Venezia, Bossi affermò:
«I poteri occulti hanno tentato di far passare in Europa, con l'appoggio dei comunisti e delle lobby gay, l'affidamento dei bambini in adozione alle coppie omosessuali. Non abbiamo niente contro gli omosessuali, ma lanciamo un monito alla nuova famiglia Addams. Guai, Europa! Giù le mani dai bambini, sporcaccioni!»
Successivamente Bossi tornò sull'argomento:
«I poteri forti sostengono la famiglia omosessuale. Non possono fare figli, e quindi si scardinano i valori. E la sinistra, i nazisti rossi, non amano la famiglia tradizionale. Alleati con i banchieri e i poteri forti, sognano l'utopia.»
Nei mesi successivi, la Lega Nord raccolse le firme contro il progetto europeo che voleva riconoscere le adozioni per i gay.
La malattia e il rientro in politica
La mattina dell'11 marzo 2004 è ricoverato in ospedale in gravi condizioni, colpito da un ictus cerebrale; le condizioni cliniche di Bossi destarono notevoli preoccupazioni fin dall'esordio (in urgenza fu portato nell'Ospedale Fondazione Macchi di Varese). Le circostanze in cui si è verificato l'ictus sono, tutt'oggi, fonte di discussioni e varie congetture mai, peraltro, verificate. La riabilitazione lo ha costretto a una lunga degenza ospedaliera presso la clinica Hildebrand di Brissago, nel Canton Ticino in Svizzera tenuta per lungo tempo (ben 51 giorni) segreta[47] e a una faticosa convalescenza, poi conseguentemente a una lunga interruzione dell'attività politica. Gli sono vicini la moglie Manuela e i figli, la segretaria del Sindacato Padano Rosy Mauro, l'allora Presidente della Provincia di Varese Marco Reguzzoni[48].
Nonostante le condizioni di salute (l'emiparesi, conseguenza dell'ictus, gli ha lasciato un braccio indebolito, difficoltà a camminare e parlare da cui si è successivamente ripreso, anche se non completamente) è candidato come capolista al Parlamento europeo alle elezioni di giugno, risultando eletto nelle due circoscrizioni del nord, con circa 285.000 voti. Per il seggio di Strasburgo ha lasciato la carica di deputato italiano.
Lo si rivedrà solo il 19 settembre nella sua casa a Gemonio[49] e tornerà in pubblico gradualmente[50] prima partecipando il 28 febbraio 2005 nella sede della Lega in via Bellerio a Milano all'inaugurazione dell'asilo nido interno,[51] poi il 6 marzo tiene il suo primo comizio dopo l'ictus nella casa dell'esilio di Carlo Cattaneo a Castagnola,[52] quindi il 19 giugno 2005 è in uno dei tradizionali raduni di Pontida[53][54], ma solo dal 15 novembre ritornerà a far politica a Roma ripresentandosi al Senato.[55][56]
Alla manifestazione di Castagnola (che ha fatto discutere nell'ambiente ticinese[senza fonte]) prende parte anche il ministro dell'Economia Giulio Tremonti (legato a Bossi da un patto di leale collaborazione chiamato dai media «asse del Nord»), il ministro Roberto Calderoli, il Ministro della Giustizia Roberto Castelli, il Ministro del Lavoro e politiche sociali Roberto Maroni e una delegazione della Lega dei Ticinesi, movimento politico localista a ispirazione cantonale elvetico guidato dall'imprenditore luganese Giuliano Bignasca[57]. Bossi parlerà tre volte per un totale di 15 minuti[58].
Nella primavera 2006, in occasione delle elezioni politiche, interviene personalmente a comizi e incontri pubblici a sostegno dei candidati leghisti al Parlamento e alle successive elezioni amministrative. Eletto deputato quale capolista della Lega Nord Padania-Movimento per l'Autonomia, rifiuta il posto per rimanere al Parlamento europeo.
Nel 2008 viene rieletto alla Camera e si dimette dal Parlamento Europeo. Nominato ministro delle Riforme istituzionali nel governo Berlusconi IV, Bossi nel 2009 presenta la legge delega per la riforma del federalismo fiscale.
Manifestazioni leghiste
Il 17 settembre del 2006, in occasione del decennale della dichiarazione d'indipendenza della Padania, dal palco galleggiante in Riva degli Schiavoni a Venezia, lancia l'idea di riaprire il Parlamento del Nord, quale punto di contatto fra il cittadino e le istituzioni centrali, e della necessità di un rinnovamento della classe dirigente leghista nella direzione dei giovani.
Il 2 febbraio del 2007 partecipa ai lavori di riapertura del Parlamento del Nord a Vicenza. L'assise padana è tornata a riunirsi mensilmente nella città veneta. Verso la fine dell'agosto 2007, è tornato a far parlare di sé a causa di una esternazione relativa alla protesta fiscale da lui stesso ideata per far cadere il governo Prodi, affermando: "C'è sempre una prima volta per prendere in mano i fucili", ma anche: "Se la Lombardia non paga, l'Italia muore in 5 giorni".
Il 5 gennaio del 2008, Bossi coglie l'occasione d'incontrare il presidente cantonale della Lega dei Ticinesi Giuliano Bignasca, dopo una visita al cardiocentro di Lugano, al fine di discutere delle problematiche politiche dell'area insubre. La riunione si tiene presso il Grott dal Prévat di Bosco Luganese. Alla riunione partecipano anche il Consigliere di Stato ticinese Marco Borradori e il deputato Norman Gobbi. Per la Lega Nord è presente il Presidente della Provincia di Como Leonardo Carioni.
Si parla soprattutto di trasporti e in particolare del prolungamento della NTFA oltre la frontiera e dei progetti per l'aeroporto lombardo della Malpensa. Gli Svizzeri decidono di partecipare con una delegazione della loro Lega alla manifestazione federale dei Lumbard programmata per il 10 febbraio contra la possibilità di declassamento dell'aeroporto e la vendita dell'Alitalia alla compagnia di bandiera francese Air France.
Il 20 luglio 2008, parlando al congresso della Liga Veneta a Padova, citando una traccia dell'inno di Mameli - dove si dice Ché schiava di Roma - punta a tal proposito il dito medio esprimendo il suo dissenso alla schiavitù della Padania. Inoltre, in riferimento anche alla bocciatura del figlio Renzo agli esami di maturità per il secondo anno consecutivo, esorta a una riforma scolastica, da fare dopo quella federalista, dove non sia previsto l'insegnamento da "Gente (gli insegnanti) non dal nord", accusata di "martoriare" gli studenti settentrionali.[59]
Il 13 settembre 2009 a Venezia, durante la festa dei popoli padani, annuale festa della Lega Nord, durante il comizio davanti a decine di migliaia di militanti, sostenitori e simpatizzanti, dice: "il federalismo non basta più, la Padania un giorno sarà uno stato libero, indipendente e sovrano; saremo liberi con le buone o con le meno buone. I padani non hanno paura del carcere per ottenere la loro libertà!"[60]
Le dimissioni da segretario federale della Lega
Il 5 aprile 2012 si dimette da segretario federale del partito dopo l'inchiesta delle Procure di Milano, Napoli e Reggio Calabria dalla quale parrebbe che parte dei soldi della Lega Nord siano stati utilizzati dalla famiglia Bossi[61][62]. Nel corso del medesimo Consiglio Federale durante il quale rassegna le proprie dimissioni, viene nominato Presidente della Lega Nord, succedendo a Angelo Alessandri. Nel ruolo di Segretario federale, gli succede un triumvirato composto da Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago[63], fino alla celebrazione del congresso federale svoltosi nelle giornate di sabato 30 giugno e domenica 1º luglio[64].
Il ritorno e la sconfitta contro Salvini
Dopo le dimissioni da segretario, Bossi si allontana dalla scena politica diradando le sue apparizioni pubbliche. Dopo quasi un anno di totale scomparsa, ritorna nella scena politica al Raduno di Pontida del 2013.
Candidatosi alle primarie della Lega Nord, il 7 dicembre viene sconfitto dall'avversario Matteo Salvini che ha ottenuto l'82% dei voti.[65]
Vita privata
Il 31 agosto 1975 Bossi si sposa con Gigliola Guidali, commessa di Gallarate, sua compagna da cinque anni. Bossi ha 34 anni e non ha, all'epoca, un lavoro fisso. È iscritto alla Facoltà di Medicina dell'Università di Pavia. Nel 1979 i coniugi Bossi hanno un figlio, Riccardo. La moglie dà al marito un ultimatum: un lavoro stabile è necessario per portare avanti la famiglia. Nel 1982, Gigliola Guidali chiede e ottiene la separazione. Più tardi, in un'intervista, raccontò di aver chiesto la separazione dopo aver scoperto che Umberto usciva tutte le mattine di casa con la valigetta del dottore, dicendole «ciao amore, vado in ospedale», senza essersi però mai laureato;[66] al marito mancano infatti sei esami.[67] Nel 1994 Bossi si è sposato in seconde nozze con Manuela Marrone, di origini siciliane,[68] cofondatrice della Lega Lombarda, dalla quale ha avuto tre figli: Renzo (1988) detto, suo malgrado, Il Trota da quando suo padre lo definì così nel 2008 in risposta a chi gli chiedeva se fosse il suo delfino,[69] Roberto Libertà (1990)[70] ed Eridano Sirio (1995).[71] Dal primogenito ha avuto nel 2004 la sua prima nipote.
Numerose polemiche hanno, negli ultimi anni, interessato i familiari di Umberto Bossi:
- la moglie Manuela Marrone, com'è stato rivelato da Mario Giordano nel suo libro Sanguisughe edito da Mondadori nel 2011, è titolare di una pensione dall'età di 39 anni, un fatto ricordato da Gianfranco Fini in televisione il 25 ottobre 2011[72].
- il fratello Franco Bossi, pur essendo in possesso solo del diploma di licenza media inferiore,[73] ha lavorato dal 2004 al 2009 come assistente parlamentare dell'eurodeputato leghista Matteo Salvini[74];
- il figlio Riccardo Bossi, primogenito di Umberto Bossi, è stato condannato a Milano per appropriazione indebita aggravata a 1 anno e 8 mesi di carcere per 158.000 euro sottratte ai fondi del Carroccio per spese personali. Processo con rito abbreviato. È stato denunciato da vari commercianti per truffa.[75]
- il figlio Renzo Bossi, secondogenito di Umberto Bossi, a gennaio 2009 venne nominato membro dell'Osservatorio sulla trasparenza e l'efficacia del sistema fieristico lombardo, organismo istituito su iniziativa della Lega.[76] La nomina sollevò un ampio dibattito e aspre polemiche; Vittorio Zucconi su Repubblica definì la nomina nepotista.[77] La polemica più aspra fu legata al suo stipendio di 12.000 euro mensili, notizia in seguito smentita dal presidente del consiglio regionale della Lombardia Davide Boni[78] e dal capogruppo della Lega Nord alla Camera Roberto Cota.[79] Renzo Bossi, a 21 anni e sei mesi, con 12.893 voti, fu il più giovane consigliere regionale mai eletto in Lombardia. Nelle elezioni regionali del 2010 infatti venne, infine, candidato nella provincia di Brescia ed eletto nelle liste della "Lega Lombarda - Lega Nord - Padania". Fu componente sia della Commissione I Programmazione e Bilancio sia della Commissione II Affari Istituzionali[80] e percepì un trattamento economico netto mensile tra 9.831 e 11.970 euro.[81] Rassegnò le dimissioni irrevocabili da consigliere regionale per motivi personali[82] dopo le inchieste delle procure di Napoli, Milano e Reggio Calabria secondo cui parte dei soldi dei rimborsi elettorali sarebbero stati distratti per pagare alcune spese di familiari o fedelissimi del Senatùr, il giorno 10 aprile 2012.
- il figlio Roberto Bossi, terzogenito di Umberto Bossi, il 2 aprile 2012 venne condannato dal giudice di pace a versare un risarcimento di 3800 euro in favore di un esponente di Rifondazione Comunista per un fatto risalente a marzo 2010; assieme a un amico, aveva preso di mira il militante di sinistra dapprima con offese, e infine lanciandogli contro un gavettone di candeggina.[83]
Procedimenti giudiziari e controversie
ENIMONT
Il 5 gennaio 1994, al processo ENIMONT[84], Umberto Bossi ha riconosciuto la colpevolezza dell'amministratore del movimento Alessandro Patelli[85] relativamente a un finanziamento illecito ricevuto dallo stesso da parte di Carlo Sama[86] della Montedison. Dopo aver restituito integralmente la somma di 200.000.000 di lire, raccolta dagli stessi militanti leghisti, e dopo l'allontanamento dal partito di Patelli, Umberto Bossi è stato condannato con sentenza definitiva dalla Cassazione a 8 mesi di reclusione per violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti, condanna definitiva[87].
Fatti di via Bellerio
Per i fatti di via Bellerio del 18 settembre del 1996, quando i leghisti opposero resistenza agli agenti di polizia che cercavano documentazione nella sede della Lega su ordine della magistratura di Verona, Bossi è stato condannato a 4 mesi, 20 giorni in meno rispetto a Roberto Maroni[88].
Vilipendio alla bandiera
Umberto Bossi è stato in seguito condannato in contumacia, un anno e quattro mesi di reclusione, per il reato di vilipendio alla bandiera italiana per averla in più occasioni, il 26 luglio e il 14 settembre 1997, pubblicamente offesa usando, nella prima occasione la frase "Quando vedo il tricolore mi incazzo. Il tricolore lo uso per pulirmi il culo", nel secondo caso, rivolto a una signora che esponeva il tricolore, "Il tricolore lo metta al cesso, signora", nonché di aver chiosato "Ho ordinato un camion di carta igienica tricolore personalmente, visto che è un magistrato che dice che non posso avere la carta igienica tricolore"[89]. Il Tribunale di Como concede all'imputato Umberto Bossi, il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale[90]. Il 15 giugno 2007 la Prima sezione penale della Cassazione, respingendo il ricorso presentato dalla difesa, lo ha condannato in via definitiva[91].
Per il secondo evento si è ricorso alla Camera, nel gennaio 2002, che non ha concesso l'autorizzazione a procedere nei confronti di Bossi, allora ministro delle Riforme per l'accusa di vilipendio alla bandiera, ma la Consulta ha annullato la delibera di insindacabilità parlamentare, nella sentenza 249 del 28 giugno 2006[92].
Grazie alle modifiche intervenute con l'art.5 della Legge 24 febbraio 2006, n. 85 "Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione" che all'art 5 modifica l'art. 292 del Codice Penale "Vilipendio o danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato" Bossi, originariamente condannato in via definitiva ad 1 anno e 4 mesi, ha visto la pena commutata nel pagamento di una sanzione di 3.000 euro. Aveva inizialmente chiesto che anche la multa gli venisse tolta, in quanto europarlamentare, ma la Cassazione aveva rigettato il ricorso confermando la condanna a pagare 3.000 euro di multa[93] sebbene poi la sanzione sia stata interamente coperta da indulto.
Vilipendio al Capo dello Stato
Bossi è stato processato per giudizi sul conto di Oscar Luigi Scalfaro espressi nel 1993; è stato assolto il 7 ottobre 1998 dal Tribunale di Milano, che ha riconosciuto l'insindacabilità delle opinioni espresse[88].
È stato poi condannato a 18 mesi dal tribunale di Bergamo nel 2015 per insulti al presidente Giorgio Napolitano espressi alla festa invernale del Carroccio ad Albino nel dicembre 2011.[94].
Diffamazione dei magistrati
Bossi è stato condannato a cinque mesi di reclusione nel novembre 1995 dal tribunale di Brescia, per diffamazione pluriaggravata nei riguardi del sostituto procuratore di Varese, Agostino Abate, insultato in occasione di alcuni comizi. Nel settembre del 1996 era stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Padova per le minacce rivolte alla magistratura in un comizio. Le cause, anche civili, intentate a Bossi dai magistrati sono numerose[88].
Attentato ai diritti politici dei cittadini
Il 7 maggio del 1999 i giudici della Corte d’Appello di Brescia lo hanno condannato a un anno per istigazione a delinquere ai danni di Gianfranco Fini e di altri esponenti di Alleanza Nazionale. I fatti si riferiscono al 4 agosto del 1995 quando Bossi, nel corso di due comizi a Brembate e ad Albano Sant'Alessandro, nel bergamasco, aveva invitato i leghisti a cercare “casa per casa i fascisti” e aveva specificato che per fascisti intendeva anche gli esponenti di Alleanza Nazionale che aveva definito, tra le altre cose, “il fetore peggiore del Parlamento”[88].
Centomila bergamaschi armati
Per avere dichiarato che centomila bergamaschi erano pronti con i fucili a fare la secessione, Bossi è stato condannato a un anno di reclusione in primo grado[88].
Scandalo dei rimborsi elettorali
Nel maggio 2012 Bossi è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Milano con l'accusa di truffa ai danni dello Stato a causa dello scandalo dei rimborsi elettorali, ossia danaro pubblico utilizzato per esigenze personali (nell'ambito del cosiddetto scandalo Belsito)[95][96][97].
Il 5 febbraio 2015 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova ha chiesto di rinviare a giudizio Bossi e Belsito per truffa sui rimborsi elettorali ai danni dello Stato (40 milioni di euro). L'inchiesta, da Milano, era stata trasferita a Genova per competenza territoriale.[98]
Opere su Bossi
- 1992, serie TV con Guido Buttarelli nei panni di Umberto Bossi (2015)
Opere
- Vento dal Nord, con Daniele Vimercati, Milano, Sperling & Kupfer, 1992. ISBN 88-200-1309-6
- La Rivoluzione, con Daniele Vimercati, Milano, Sperling & Kupfer, 1993. ISBN 88-200-1569-2
- Tutta la verità, Milano, Sperling & Kupfer, 1995. ISBN 88-200-1962-0
- Il mio progetto, Milano, Sperling & Kupfer, 1996. ISBN 88-200-2316-4
- La rivoluzione del sorriso. Le tappe dell'indipendenza della Padania. 15 settembre 1996-14 settembre 1997, Milano, Editoriale Nord, 1997.
- Processo alla Lega, con Daniele Vimercati, Milano, Sperling & Kupfer, 1998. ISBN 88-200-2763-1
- La Lega (1979-1989), Varese, «I Quaderni de la Padania», Editoriale Nord, 1999.
Note
- ^ Statuto Approvato nel corso del Congresso Federale Ordinario del 1 – 2 – 3 marzo 2002; dal sito ufficiale.
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- ^ "'Silvio' e alti Pd bloccarono fascicolo su Bossi jr". Telefonata Belsito-Degrada: "Dal Senatùr soldi in nero a Lega", in Quotidiano Nazionale, 5 aprile 2012. URL consultato il 10 aprile 2012.
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- ^ 'Umberto? Bugiardo e sfaticato', in la Repubblica, 19 ottobre 1994. URL consultato l'11 aprile 2012.«mi raccontò una clamorosa bugia, facendomi credere che si era laureato»
- ^ a b Bossi e il Pci. 'Attivista, senza tessera', in La Stampa, 29 settembre 1993. URL consultato l'11 aprile 2012.«annuncio alla moglie, poi verificatosi falso, di aver conseguito la laurea in medicina»
- ^ Giuseppe Giacovazzo, Se la Lega piange il governo non ride, in La Gazzetta del Mezzogiorno. URL consultato l'11 aprile 2012.«Tutte le mattina usciva di casa con la classica valigetta marrone da dottore della mutua. Finché un giorno Gigliola lo costrinse a confessare. E fu divorzio.»
- ^ Gian Antonio Stella, Bossi, in Europa il fratello e il figlio del Senatùr, in Corriere della Sera, 11 novembre 2004. URL consultato l'11 aprile 2012.«Gigliola Guidali, la prima moglie del segretario leghista ... raccontò in un'intervista di aver chiesto la separazione dopo aver scoperto che Umberto usciva tutte le mattine di casa con la valigetta del dottore ("ciao amore, vado in ospedale") senza essersi mai laureato.»
- ^ Nelle librerie l’unica biografia di Umberto Bossi, in Affaritaliani.it, 16 settembre 2011. URL consultato l'11 aprile 2012.
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- ^ Quando Nord Ovest chiuse, il deficit di bilancio ammontava a una ventina di milioni di lire.
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- ^ [1]
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- Giampiero Rossi, con Simone Spina, Lo spaccone. L'incredibile storia di Umberto Bossi, il padrone della Lega, Roma, Editori Riuniti, 2004. ISBN 88-359-5484-3
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- Leonardo Facco, Umberto Magno - La vera storia dell'imperatore della Padania, Aliberti editore, 2010
- Michele De Lucia (a cura di), Dossier Bossi - Lega Nord, Milano, Kaos Edizioni, 2011. ISBN 978-88-7953-220-4
- Giuseppe Baiocchi, Bossi, Torino, Lindau, 2011. ISBN 9788871809045
- Alessandro Da Rold, Lega SpA. I politici, la famiglia, il malaffare, Napoli, Edizioni Cento Autori, 2013. ISBN 978-88-97121-52-7
Voci correlate
- Padania
- Lega Nord
- la Padania
- Radio Padania
- Federalismo
- Indipendentismo padano
- Liga Veneta Repubblica
Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni di o su Umberto Bossi
- Wikinotizie contiene notizie di attualità su Umberto Bossi
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Umberto Bossi
Collegamenti esterni
- Umberto Bossi, su europarl.europa.eu, Parlamento europeo. URL consultato il 3 febbraio 2008.
- Chi è Umberto Bossi, su leganord.org, www.leganord.org. URL consultato il 3 febbraio 2008.
- Dati nella XIII legislatura, su legislature.camera.it, Camera dei Deputati. URL consultato il 3 febbraio 2008.
- Dati personali e incarichi nella XIV legislatura, su legxiv.camera.it, Camera dei Deputati. URL consultato il 3 febbraio 2008.
- Registrazioni audiovideo integrali di Umberto Bossi su Radio Radicale
- Umberto Bossi, su Openpolis, Associazione Openpolis.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 81668416 · ISNI (EN) 0000 0003 8523 5724 · SBN RAVV072209 · LCCN (EN) no92027245 · GND (DE) 119231034 · BNF (FR) cb123216755 (data) · J9U (EN, HE) 987007346550105171 |
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