Dialetti umbri: differenze tra le versioni

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{{Nota disambigua|l'antica lingua indoeuropea|Lingua umbra}}
{{Nota disambigua|l'antica lingua indoeuropea|Lingua umbra}}
== Caratteristiche ==
{{lingua
[[File:dialettonorcia.jpg|thumb|sinistra|Scritta pubblicitaria in uno dei dialetti dell'Umbria sud-orientale]]
|nome = Dialetti Umbri
|nomenativo =
|colore = #ABCDEF
|stati = {{bandiera|ITA}} [[Italia]]
|regione = {{bandiera|IT-55}} [[Umbria]]<br />{{simbolo|Lazio Flag.svg}} [[Lazio]] ([[Provincia di Viterbo]], [[Provincia di Rieti]])<br />{{IT-MAR}} (i comuni di [[Cantiano]], [[Frontone (Italia)|Frontone]], [[Pergola (Italia)|Pergola]], [[Serra Sant'Abbondio]] in [[Provincia di Pesaro-Urbino]])
|persone = ~900.000
|classifica = Non tra i primi 100
|fam1 = [[Lingue indoeuropee|Indoeuropee]]
|fam2 = [[Lingue italiche|Italiche]]
|fam3 = [[Lingue romanze|Romanze]]
|fam4 = [[Italiano centrale|Italo-centrali]]
|fam5 = '''Dialetti umbri'''
|agenzia = ''nessuna regolazione ufficiale''
|estratto =
|mappa = Dialetti italiani centrali.jpg
}}
[[File:Dialetti_e_lingue_in_Italia.png|thumb|upright=1.6|Linguaggi e dialetti d'Italia]]
I '''[[Dialetto|Dialetti]] umbri'''{{ISO 639}} sono un [[Continuum dialettale|continuum linguistico]] di dialetti diffusi principalmente nella [[Regioni italiane|regione]] amministrativa [[italia]]na dell'[[Umbria]] ma anche in alcune zone del [[Lazio]] e delle [[Marche]]. Questi sono appartenenti in maggioranza al gruppo dialettale [[dialetti italiani mediani|mediano italiano]]. In alcune zone dell'Umbria sono parlati anche dialetti di influenza [[Dialetto toscano|toscana]] per ragioni di prossimità. Nelle zone settentrionali dell'Altotevere Umbro al confine con la [[provincia di Pesaro-Urbino]] sono presenti influenze [[Lingua romagnola|romagnole]]. In quest'area secondo alcuni studiosi c'è ancora il mediano umbro di base, mentre secondo altri si hanno già dialetti a sé stanti con forte influenza toscana e romagnola.<ref name="lettere">{{cita web |url=http://www.lettere.uniroma1.it/sites/default/files/686/PELLEGRINI%2C%20Carta%20dei%20dialetti%20d%27Italia_0.pdf |titolo=Copia archiviata |accesso=3 maggio 2016 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160507093102/http://www.lettere.uniroma1.it/sites/default/files/686/PELLEGRINI%2C%20Carta%20dei%20dialetti%20d%27Italia_0.pdf }}</ref><ref name="italica">[http://www.italica.rai.it/principali/lingua/bruni/mappe/mappe/f_dialetti.htm] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20051107211735/http://www.italica.rai.it/principali/lingua/bruni/mappe/mappe/f_dialetti.htm|data=2005-11-07}}</ref>


=== Fenomeni comuni a tutta la regione ===
==Divisioni e gruppi==
{{Vedi anche|Dialetti italiani mediani}}
II dialetti umbri possono essere approssimativamente raggruppati nelle seguenti aree:


* /λ/ passa a un'approssimante [jj] (spesso successivamente [j], o fino all'eliminazione); caratteristica tipica delle regioni centrali irradiata storicamente da Roma. Ad es. Perugino ''moje, vojo, fojo'' "moglie, voglio, foglio", Spoletino ''fiju, pijà'' "figlio, pigliare".
* dialetti della zona settentrionale ([[Città di Castello]] e la parte nord dell'Alto Tevere Umbro). Sono dialetti che presentano ampie similitudini con quelli parlati in [[Romagna]], dovute alla vicinanza delle [[Provincia di Pesaro-Urbino|Marche settentrionali]], tanto da poter essere considerati di transizione tra le parlate mediane e quelle galloitaliche.<ref name="lettere" /> Secondo altri studiosi invece i dialetti altotiberini settentrionali non sono più mediani né quindi umbri in quanto sé stanti, essendo fortemente legati al toscano ed al romagnolo.<ref name="italica" /><ref>{{Cita libro|titolo=Le origini delle lingue neolatine: introduzione alla filologia romanza|cognome=Tagliavini|nome=Carlo|anno=1962|editore=R. Patròn|url=http://www.atlantelinguistico.it/dialetti/DialettiItalia.html|accesso=25 gennaio 2018|dataarchivio=26 febbraio 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180226222406/http://www.atlantelinguistico.it/dialetti/DialettiItalia.html|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.maldura.unipd.it/romanistica/viale/lezione_diatopia/|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120216121815/http://www.maldura.unipd.it/romanistica/viale/lezione_diatopia/|titolo=La variazione diatopica}}</ref>
* Manca in genere l'anafonesi che in fiorentino, e dunque in italiano standard, ha innalzato le vocali prima di consonanti palatali (per cui ''lengua, ogne, fenta'' "ligua, unge, finta").
* dialetti delle zone nord-occidentale e nord-orientale ([[dialetto perugino e del Trasimeno|perugino]], [[Gubbio|eugubino]]). Il dialetto di [[Perugia]] presenta un progressivo influsso dei dialetti toscani, con i quali confina mediante una zona di transizione, nonché influenze galloitaliche come la palatalizzazione di ''a'' tonica in sillaba aperta e la mancanza del raddoppiamento fonosintattico. Il dialetto di [[Gubbio]], anch'esso dotato di cospicui influssi galloitalici, ha invece fortemente influenzato per motivi storici, i vicini centri marchigiani di [[Cantiano]], [[Pergola (Italia)|Pergola]], [[Serra Sant'Abbondio]] e [[Frontone (Italia)|Frontone]], cioè le uniche zone della Provincia di Pesaro-Urbino dove oggi si parlano dialetti di derivazione umbra invece che [[dialetto gallo-piceno|dialetti gallo-piceni]]<ref>{{Cita libro|nome=Bernardino|cognome=unknown library|titolo=Saggio sui dialetti gallo-italici|url=http://archive.org/details/saggiosuidialet02biongoog|accesso=2022-02-02|data=1853|editore=Milano, Bernardoni}}</ref>;
* /s/ affrica in /ts/ dopo una liquida (es. Perugino ''arzo, polzo, penzà'' o Ternano ''arzu, purzu, penzà'' "arso, polso, pensare"). Notabilmente assente però nella zona di Città di Castello.
* dialetti della zona centro-occidentale ([[Orvieto|orvietano]], [[Viterbo|viterbese]]). Sono entrambi dialetti umbri appartenenti alle varietà della [[Dialetti della Tuscia viterbese|Tuscia viterbese]], tutti e due storicamente influenzati dal [[Dialetti laziali centro-settentrionali|dialetto laziale]] parlato nella zona [[Falisci|falisca]] (imparentato con le [[Dialetti sabini|parlate sabine]]). Ma mentre l'orvietano presenta alcune affinità con il [[dialetto perugino]], il viterbese invece le possiede con i [[Dialetti toscani|dialetti toscani meridionali]] e, più di recente, è stato contaminato pure dal [[Dialetto romanesco|romanesco]]: il primo è parlato in Umbria (ad [[Orvieto]] e nelle sue zone limitrofe), mentre il secondo è parlato nel Lazio (nella citta' di [[Viterbo]] e nella maggior parte della sua provincia);
* /s/ manca di allofoni sonori come [z] in italiano (dunque rosa ['rɔsa], non ['rɔza]; la pronuncia sonora come [z] penetra parzialmente solo nella zona settentrionale dell'Alto Tevere, ad es. a Città di Castello.
* dialetti della zona centro-orientale e meridionale (tra [[Spoleto]], [[Foligno]], [[Terni]] e [[Narni]]). Si tratta di dialetti molto conservativi propriamente mediani, che presentano metafonesi di tipo sabino e distinzione tra o e u finali. Sono dialetti con forti influenze reciproche con i contigui [[dialetti marchigiani#Dialetti marchigiani centrali|dialetti marchigiani centrali]] (specialmente [[Dialetti marchigiani#Zona maceratese-fermana-camerte o marchigiana centro-meridionale|alto-maceratesi]]). Il dialetto ternano è anticipatore dell'[[Sabina|area dialettale sabina]], ed influenza molto, a livello linguistico, alcune zone del [[Provincia di Rieti|reatino]] settentrionale; ad esempio possiamo notare la sua diffusione nel paese di [[Lugnola]], situato ai confini sud della [[Conca ternana]] ed in altri comuni del [[Lazio]] al confine con l'[[Umbria]].
* Alcuni sviluppi comuni nella morfologia verbale: 1) Apocope degli infiniti (es. Perugino ''parlè, volé, gì'' "parlare, volere, andare (gire)"). 2) Estensione del suffisso di 3<sup>a</sup> p. pl. ''-ono'' a tutte le coniugazioni (es. Perugino ''magnono, currono, dormono''); spesso esteso anche ad altri tempi (es. Perugino ''cantavono, givono'' "cantavano, andavano", Spoletino ''erono, sariono/sarebbono'' "erano, sarebbero"). 3) Diffusione della forma in ''-onno'' per la 3<sup>a</sup> p. pl. indicativa di vari verbi (Perugino e Spoletino ''honno, donno, stonno'' "hanno, danno, stanno"). 4) Sostituzione delle forme di prima persona plurale del passato remoto con forme in ''-ss-'' (es. Perugino ''gisseme'' o Spoletino ''jessimo'' "andammo"), da qui poi anche forme simili nel condizionale (Perugino ''giresseme'', Spoletino ''jeressimo'' "andremmo"). 5) Molte forme verbali di 2<sup>a</sup> persona plurale sono marcate con un pronome enclitico ''-vo'', es. Perugino ''parlasseve, gisseve, fusseve'' o Spoletino ''jessivo, fussivo'' "andaste, foste").
* dialetti della zona meridionale ([[Norcia]] e [[Cascia]] ). Sono dialetti con influenze reciproche con la [[Sabina]];


=== Fenomeni settentrionali ===
Ci sono poi delle zone intermedie interne al sistema mediano:
* l'area [[Lago Trasimeno]]-[[Città della Pieve]]. E' un territorio che, linguisticamente parlando, funge da snodo tra i dialetti della Toscana orientale, quelli della zona perugina e quello orvietano;
* l'area [[Assisi]]-[[Gualdo Tadino]]-[[Bastia]]-[[Todi]]-[[Marsciano]], anche detta Scheggia-Todi. È una zona che si caratterizza per la mancanza di caratteristiche ascrivibili all’area nordoccidentale perimediana e a quella mediana sud-orientale. Infatti i dialetti di quest’area non presentano né la palatalizzazione di a in posizione tonica tipica del perugino in senso lato né la metafonesi conservata nel folignate, nello spoletino e nel ternano. Il dialetto assisano, originariamente più affine al folignate, è stato progressivamente influenzato dal perugino. Curioso infine è il caso del dialetto di Marsciano, che pur essendo in Provincia di Perugia, storicamente apparterrebbe all'area dialettale ternana, ma nel tempo ha subito una così forte influenza del dialetto perugino, tale da cambiarne radicalmente le caratteristiche, avvicinandolo sempre più a quello parlato nel capoluogo umbro.


* In una fascia settentrionale (Orvieto, Perugia, Assisi), /i/ > /e/ in posizione finale. Una delle conseguenze più evidenti è che i plurali maschili e femminili non sono di per sé distinguibili (Perugino ''i freghe, i chene'' "i ragazzi, i cani").
== Fonetica ==
* In questi dialetti è molto produttivo il plurale in -a per i maschili, proveniente dalla desinenza plurale neutra latina.
[[File:dialettonorcia.jpg|thumb|sinistra|Scritta pubblicitaria in uno dei dialetti dell'Umbria sud-orientale]]
* Nei dialetti di tipo perugino, le vocali atone tendono a rendersi come scevà.
Fra le caratteristiche fonetiche che contraddistinguono i dialetti umbri vi è, per quanto riguarda il [[dialetto perugino e del Trasimeno|perugino]], l'orvietano, il tudertino e l'assisiate, l'utilizzo della ''-e'' finale nei plurali maschili.
* Nella zona perugina è diffusa la retroflessione di /d, t/ in [ɖ, ʈ] se non geminati: ''tanto'' ['ʈanʈo].

=== Fenomeni meridionali ===
- Nella zona sudorientale (Spoleto, Foligno, Norcia, Terni, Narni), la differenza tra /u/ e /o/ romanzi viene conservata anche in posizione finale. L'esempio più riconoscibile è la conservazione di /u/ nel suffisso dell'accusativo maschile singolare -um (es. Spoletino ''lupu, bonu, ventu'' < lupum, bonum, ventum); al contrario -us > -o (es. Spoletino -āmus > ''-àmo'', come in ''cantàmo'').

- Metafonesi da /i, u/ finali sulle semichiuse /e, o/ e sulle semiaperte /ε, ɔ/. Nel primo caso, queste sono innalzate di un grado: Spoletino ''niru, niri'' ma ''nera, nere''; ''sulu, suli'' ma ''sola, sole''. Nel secondo caso, l'esito più antico, ancora conservato a Norcia, consisteva nella dittongazione: es. Nursino ''biellu, bielli'' ma ''bella, belle''; ''buonu, buoni'' ma ''bona, bone''. Questi dittonghi poi, contrattisi, hanno dato origine alle forme dei dialetti moderni di Spoleto, Terni, Foligno etc., ovvero ad es. Spoletino ''béllu, bélli'' ma ''bèlla, bèlle''; ''bónu, bóni'' ma ''bòna, bòne''. A Castelluccio di Norcia si è giunti alla monottongazione in /i, u/, es. Castellucciano ''bìllu/bèlla, bùnu/bòna''.


- In genere nei dialetti metafonetici la seconda e la terza coniugazione, specie nei tempi personali, si sono confuse: a Spoleto, Terni e Foligno ''morémo, sentémo, dormémo''; Spoletino ''piagnìa, currìa, partìa'' "piangeva, correva, partiva", Ternano ''piagnéa, curréa, sentéa'' "piangeva, correva, sentiva".
Per quanto riguarda invece i dialetti dell'area sud-orientale ([[Foligno]], [[Spoleto]], [[Terni]], ecc.), essi si contraddistinguono per l'impiego della ''-u'' finale nel maschile singolare.


Caratteristica del perugino è la "D" [[consonante retroflessa|retroflessa]] e la caduta delle vocali non accentate come, ad esempio, in ''dimm'lo'' (dimmelo) e ''ch'fè'' (che fai).


Nei comuni dell'Alto Tevere Umbro sono presenti almeno due sottovarietà dialettali principali che presentano differenze fonetiche considerevoli rispetto ad altri dialetti umbri:


- il [[Dialetto altotiberino|tifernate]], parlato a [[Città di Castello]] ed altri comuni limitrofi ([[Monte Santa Maria Tiberina]] e [[Citerna]]),
- il [[Dialetto altotiberino|tifernate]], parlato a [[Città di Castello]] ed altri comuni limitrofi ([[Monte Santa Maria Tiberina]] e [[Citerna]]),

Versione delle 02:45, 29 apr 2024

Disambiguazione – Se stai cercando l'antica lingua indoeuropea, vedi Lingua umbra.

Caratteristiche

Scritta pubblicitaria in uno dei dialetti dell'Umbria sud-orientale

Fenomeni comuni a tutta la regione

  • /λ/ passa a un'approssimante [jj] (spesso successivamente [j], o fino all'eliminazione); caratteristica tipica delle regioni centrali irradiata storicamente da Roma. Ad es. Perugino moje, vojo, fojo "moglie, voglio, foglio", Spoletino fiju, pijà "figlio, pigliare".
  • Manca in genere l'anafonesi che in fiorentino, e dunque in italiano standard, ha innalzato le vocali prima di consonanti palatali (per cui lengua, ogne, fenta "ligua, unge, finta").
  • /s/ affrica in /ts/ dopo una liquida (es. Perugino arzo, polzo, penzà o Ternano arzu, purzu, penzà "arso, polso, pensare"). Notabilmente assente però nella zona di Città di Castello.
  • /s/ manca di allofoni sonori come [z] in italiano (dunque rosa ['rɔsa], non ['rɔza]; la pronuncia sonora come [z] penetra parzialmente solo nella zona settentrionale dell'Alto Tevere, ad es. a Città di Castello.
  • Alcuni sviluppi comuni nella morfologia verbale: 1) Apocope degli infiniti (es. Perugino parlè, volé, gì "parlare, volere, andare (gire)"). 2) Estensione del suffisso di 3a p. pl. -ono a tutte le coniugazioni (es. Perugino magnono, currono, dormono); spesso esteso anche ad altri tempi (es. Perugino cantavono, givono "cantavano, andavano", Spoletino erono, sariono/sarebbono "erano, sarebbero"). 3) Diffusione della forma in -onno per la 3a p. pl. indicativa di vari verbi (Perugino e Spoletino honno, donno, stonno "hanno, danno, stanno"). 4) Sostituzione delle forme di prima persona plurale del passato remoto con forme in -ss- (es. Perugino gisseme o Spoletino jessimo "andammo"), da qui poi anche forme simili nel condizionale (Perugino giresseme, Spoletino jeressimo "andremmo"). 5) Molte forme verbali di 2a persona plurale sono marcate con un pronome enclitico -vo, es. Perugino parlasseve, gisseve, fusseve o Spoletino jessivo, fussivo "andaste, foste").

Fenomeni settentrionali

  • In una fascia settentrionale (Orvieto, Perugia, Assisi), /i/ > /e/ in posizione finale. Una delle conseguenze più evidenti è che i plurali maschili e femminili non sono di per sé distinguibili (Perugino i freghe, i chene "i ragazzi, i cani").
  • In questi dialetti è molto produttivo il plurale in -a per i maschili, proveniente dalla desinenza plurale neutra latina.
  • Nei dialetti di tipo perugino, le vocali atone tendono a rendersi come scevà.
  • Nella zona perugina è diffusa la retroflessione di /d, t/ in [ɖ, ʈ] se non geminati: tanto ['ʈanʈo].

Fenomeni meridionali

- Nella zona sudorientale (Spoleto, Foligno, Norcia, Terni, Narni), la differenza tra /u/ e /o/ romanzi viene conservata anche in posizione finale. L'esempio più riconoscibile è la conservazione di /u/ nel suffisso dell'accusativo maschile singolare -um (es. Spoletino lupu, bonu, ventu < lupum, bonum, ventum); al contrario -us > -o (es. Spoletino -āmus > -àmo, come in cantàmo).

- Metafonesi da /i, u/ finali sulle semichiuse /e, o/ e sulle semiaperte /ε, ɔ/. Nel primo caso, queste sono innalzate di un grado: Spoletino niru, niri ma nera, nere; sulu, suli ma sola, sole. Nel secondo caso, l'esito più antico, ancora conservato a Norcia, consisteva nella dittongazione: es. Nursino biellu, bielli ma bella, belle; buonu, buoni ma bona, bone. Questi dittonghi poi, contrattisi, hanno dato origine alle forme dei dialetti moderni di Spoleto, Terni, Foligno etc., ovvero ad es. Spoletino béllu, bélli ma bèlla, bèlle; bónu, bóni ma bòna, bòne. A Castelluccio di Norcia si è giunti alla monottongazione in /i, u/, es. Castellucciano bìllu/bèlla, bùnu/bòna.

- In genere nei dialetti metafonetici la seconda e la terza coniugazione, specie nei tempi personali, si sono confuse: a Spoleto, Terni e Foligno morémo, sentémo, dormémo; Spoletino piagnìa, currìa, partìa "piangeva, correva, partiva", Ternano piagnéa, curréa, sentéa "piangeva, correva, sentiva".


- il tifernate, parlato a Città di Castello ed altri comuni limitrofi (Monte Santa Maria Tiberina e Citerna), caratterizzato dall'isocronismo sillabico, in cui le vocali in sillaba complicata, cioè terminante per consonante, vengono pronunciate tutte aperte (strèt-to, quès-to, ròt-to, còr-so), mentre quelle in sillaba libera, cioè terminante per vocale, vengono pronunciate tutte chiuse (bé-ne, sé-dia, có-sa, stó-ria). È un fenomeno peculiare, costituente un unicum in tutta l'Italia centro-settentrionale, mentre non è dimostrabile la correlazione con fenomeni più o meno analoghi propri dell'area meridionale adriatica (tra Pescara in Abruzzo e Ostuni in Puglia). Altre caratteristiche sono tipicamente galloitaliche, quali il frequente scempiamento delle doppie ("castelano" per "castellano"), nonché la "s" cosiddetta "salata", ossia pronunciata in modo cacuminale (simile alla "š" o "sc" ma meno retratta), e la "z" con una componente affricata molto lenita e dentalizzata, fenomeni che portano gli altotiberini ad essere scambiati per romagnoli.

- una seconda sottovarietà parlata ad Umbertide, Montone, Pietralunga e Lisciano Niccone: essa si presenta foneticamente più prossima al perugino, in quanto le vocali vengono pronunciate in modo simile al capoluogo, con gli unici influssi galloitalici limitati all'apertura delle "e" toniche ("", "perchè"). Altri influssi galloitalici sono rinvenibili nella pronuncia della "s" e della "z", ed in parte nella cadenza, che risulta una via di mezzo tra quella tifernate e quella perugina.

Entrambe le parlate sono inoltre caratterizzate dalla lenizione della t e della c: ad esempio podé (verbo potere) e aguto (acuto); altra caratteristica comune a tutta l'area nord-occidentale è la palatalizzazione di a tonica in sillaba aperta che porta, con sfumature territoriali, ad una pronuncia che va dalla a turbata alla e aperta (cäne/chène per cane, cäsa/chèsa per casa): si tratta di un fenomeno ormai in regresso, ma che comunque presenta un'estensione notevole, giungendo fino a Perugia ed Arezzo.

Esempi

Per quanto riguarda la zona dell'alto orvietano noto è l'utilizzo della -e finale nei plurali maschili, caratteristica che comunque risulta assai regredita se non in alcuni casi addirittura scomparsa, tranne a Fabro e a Monteleone d'Orvieto, dove viene tuttora utilizzato.

L'esempio più utilizzato è il plurale di Camion: le Camie.

Diversamente, nel termine "cane" essa non subisce alcuna modifica se non nell'articolo iniziale: le cane.

Note


Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

Controllo di autoritàThesaurus BNCF 3616 · LCCN (ENsh2001007065 · BNF (FRcb11978584g (data) · J9U (ENHE987007544519405171