Relazioni bilaterali tra Giappone e Italia: differenze tra le versioni

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[[File:Hiroyasu Ando and Gianni Alemanno cropped Hiroyasu Ando and Gianni Alemanno 20110320.jpg|thumb|left|L'ambasciatore giapponese in [[Italia]] Hiroyasu Ando (al centro) con l'allora [[sindaco di Roma]] [[Gianni Alemanno]] (a destra) nel 2011.]]
[[File:Hiroyasu Ando and Gianni Alemanno cropped Hiroyasu Ando and Gianni Alemanno 20110320.jpg|thumb|left|L'ambasciatore giapponese in [[Italia]] Hiroyasu Ando (al centro) con l'allora [[sindaco di Roma]] [[Gianni Alemanno]] (a destra) nel 2011.]]


Nello stesso periodo i due Paesi furono interessati entrambi da una fase di forte crescita economica, che permise loro di risollevarsi dalla situazione disastrosa degli anni immediatamente successivi alla fine della guerra. L'Italia, grazie al suo ruolo di nazione cerniera fra l'[[Europa occidentale]], la [[Penisola balcanica]], l'[[Europa centrale]] e l'[[Africa settentrionale]], beneficiò a partire dal [[1947]] di consistenti aiuti da parte del [[Piano Marshall]]<ref>{{Cita libro|autore=Michael J. Hogan|titolo=The Marshall Plan: America, Britain, and the reconstruction of Western Europe, 1947-1952| editore = Cambridge University Press|anno= 1987|pagine = 44-45| isbn = 0-521-37840-0|lingua=en}}</ref>. Questi, sommati al basso costo del lavoro, determinarono una [[Miracolo economico italiano|grande espansione]] nell'economia del Paese tra gli anni cinquanta e sessanta<ref>{{Cita libro|autore = Nicholas Crafts|coautore= Gianni Toniolo| titolo = Economic growth in Europe since 1945| editore = Cambridge University Press| anno= 1996|pagina = 428| isbn = 0-521-49627-6|lingua=en}}</ref>. Allo stesso modo il Giappone, grazie all'assistenza degli [[Stati Uniti d'America]] e la concomitanza di alcuni fattori favorevoli (come il prezzo accessibile del petrolio, l'intervento del governo giapponese volto a sostenere le imprese nipponiche e la determinazione della gente nell'uscire in fretta dalla situazione deficitaria), [[Miracolo economico giapponese|riuscì a risolleverarsi]] velocemente imponendosi, già negli anni sessanta, come terza potenza economica al mondo<ref>{{cita web|url=http://seieditrice.com/chiaroscuro/files/2010/03/V3_U12-ipertestoA.pdf|formato=pdf|titolo=Il Giappone nel dopoguerra|accesso=24 dicembre 2014}}</ref>. Così, da Paesi prevalentemente rurali, Italia e Giappone si ritrovarono a essere grandi potenze industriali e, benché il [[Made in Italy]] differisse notevolmente dai prodotti elettronici giapponesi, entrambi i Paesi riuscirono ad affermarsi in modo simile nel settore automobilistico<ref name="century"/>. Proprio il successo del marchio Made in Italy negli anni novanta portò in quel periodo a un aumento considerevole dell'apprezzamento dei giapponesi per la [[Cultura italiana|cultura e tradizione italiana]]<ref name="boomitalia">{{cita pubblicazione|url=http://ojs.unica.it/index.php/between/article/view/100|autore=Toshio Miyake|titolo=Il boom dell’Italia in Giappone: riflessioni critiche su Occidentalismo e Italianismo|rivista=Rivista dell'Associazione di Teoria e Storia Comparata della Letteratura|volume=1|numero=1|data=2011|doi=10.13125/2039-6597/100|issn=2039-6597|abstract=x|accesso=26 dicembre 2014|lingua=en}}</ref><ref name="economia">{{cita web|url=http://www.ambtokyo.esteri.it/Ambasciata_Tokyo/Menu/I_rapporti_bilaterali/Cooperazione_economica/Scheda_Paese/Quadro+macroeconomico/|titolo=Interscambio commerciale|editore=Ambasciata d'Italia a Tokyo|accesso=26 dicembre 2014}}</ref>.
Nello stesso periodo i due Paesi furono interessati entrambi da una fase di forte crescita economica, che permise loro di risollevarsi dalla situazione disastrosa degli anni immediatamente successivi alla fine della guerra. L'Italia, grazie al suo ruolo di nazione cerniera fra l'[[Europa occidentale]], la [[Penisola balcanica]], l'[[Europa centrale]] e l'[[Africa settentrionale]], beneficiò a partire dal [[1947]] di consistenti aiuti da parte del [[Piano Marshall]]<ref>{{Cita libro|autore=Michael J. Hogan|titolo=The Marshall Plan: America, Britain, and the reconstruction of Western Europe, 1947-1952| editore = Cambridge University Press|anno= 1987|pagine = 44-45| isbn = 0-521-37840-0|lingua=en}}</ref>. Questi, sommati al basso costo del lavoro, determinarono una [[Miracolo economico italiano|grande espansione]] nell'economia del Paese tra gli anni cinquanta e sessanta<ref>{{Cita libro|autore = Nicholas Crafts|coautore= Gianni Toniolo| titolo = Economic growth in Europe since 1945| editore = Cambridge University Press| anno= 1996|pagina = 428| isbn = 0-521-49627-6|lingua=en}}</ref>. Allo stesso modo il Giappone, grazie all'assistenza degli [[Stati Uniti d'America]] e la concomitanza di alcuni fattori favorevoli (come il prezzo accessibile del petrolio, l'intervento del governo giapponese volto a sostenere le imprese nipponiche e la determinazione della gente nell'uscire in fretta dalla situazione deficitaria), [[Miracolo economico giapponese|riuscì a risolleverarsi]] velocemente imponendosi, già negli anni sessanta, come terza potenza economica al mondo<ref>{{cita web|url=http://seieditrice.com/chiaroscuro/files/2010/03/V3_U12-ipertestoA.pdf|formato=pdf|titolo=Il Giappone nel dopoguerra|accesso=24 dicembre 2014}}</ref>. Così, da Paesi prevalentemente rurali, Italia e Giappone si ritrovarono a essere grandi potenze industriali e, benché il [[Made in Italy]] differisse notevolmente dai prodotti elettronici giapponesi, entrambi i Paesi riuscirono ad affermarsi in modo simile nel settore automobilistico<ref name="century"/>. Proprio il successo del marchio Made in Italy negli anni novanta portò in quel periodo a un aumento considerevole dell'apprezzamento dei giapponesi per la [[Cultura italiana|cultura e tradizione italiana]]<ref name="boomitalia">{{cita pubblicazione|url=http://ojs.unica.it/index.php/between/article/view/100|autore=Toshio Miyake|titolo=Il boom dell’Italia in Giappone: riflessioni critiche su Occidentalismo e Italianismo|rivista=Rivista dell'Associazione di Teoria e Storia Comparata della Letteratura|volume=1|numero=1|data=2011|doi=10.13125/2039-6597/100|issn=2039-6597|abstract=x|accesso=26 dicembre 2014|lingua=en}}</ref><ref name="economia">{{cita web|url=http://www.ambtokyo.esteri.it/Ambasciata_Tokyo/Menu/I_rapporti_bilaterali/Cooperazione_economica/Scheda_Paese/Quadro+macroeconomico/|titolo=Interscambio commerciale|editore=Ambasciata d'Italia a Tokyo|accesso=26 dicembre 2014}}</ref>. Tuttavia, dopo circa trent'anni di crescita, entrambi i Paesi sperimentarono una lunga fase di recessione economica, aggravata dal comune fenomeno dell'invecchiamento della popolazione che a sua volta portò all'esplosione del [[debito pubblico]] e alla perdita di produttività e competitività nei sistemi di produzione delle due nazioni<ref>{{cita|Beretta, Berkofsky e Rugge, 2012|p. 5}}.</ref>.


Nel [[2002]] l'allora [[presidente della Repubblica italiana]] [[Carlo Azeglio Ciampi]] descrisse i rapporti tra i due Paesi come fondati su una base di «un'ormai antica e salda amicizia, alimentati da una continua tradizione di scambio e collaborazione»<ref>{{cita web|url=http://www.quirinale.it/qrnw/statico/ex-presidenti/Ciampi/dinamico/discorso.asp?id=20435|titolo=Intervento del
Nel [[2002]] l'allora [[presidente della Repubblica italiana]] [[Carlo Azeglio Ciampi]] descrisse i rapporti tra i due Paesi come fondati su una base di «un'ormai antica e salda amicizia, alimentati da una continua tradizione di scambio e collaborazione»<ref>{{cita web|url=http://www.quirinale.it/qrnw/statico/ex-presidenti/Ciampi/dinamico/discorso.asp?id=20435|titolo=Intervento del
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== Dati comparati ==
== Dati comparati ==
Nonostante appaiano piuttosto differenti sia etnicamente che culturalmente, Giappone e Italia hanno in comune alcuni aspetti: per entrambi i Paesi le [[piccole e medie imprese]] rappresentano un'importante fetta del [[Prodotto interno lordo|PIL]]<ref name="business"/>, benché il [[Lista di stati per debito pubblico|debito pubblico]] del Giappone risulti essere quasi il doppio di quello italiano (226% contro 133% nel 2014) e il tasso di disoccupazione sia molto più basso in Giappone rispetto all'Italia (4% contro 12,2% nel 2014)<ref>{{cita news|url=http://www.repubblica.it/economia/2014/03/24/news/renzi_abe_riforme_economia-81753721/|titolo=Dall'Abenomics alla Renzinomics, Palazzo Chigi sogna il Giappone|pubblicazione=[[la Repubblica]]|autore=Giuliano Balestreri|data=24 marzo 2014|accesso=26 dicembre 2014}}</ref>. Inoltre Italia e Giappone entro il 2050 risulteranno essere due delle nazioni più "vecchie" al mondo, con una percentuale di anziani sopra i 65 anni che raggiungerà il 36% e il 33% rispettivamente<ref>{{cita news|url=http://www.unipd.it/ilbo/content/uno-tsunami-demografico-investe-italia-e-giappone|titolo=Uno tsunami demografico investe Italia e Giappone|pubblicazione=Il bo|editore=[[Università degli studi di Padova]]|autore=Monica Panetto|data=11 febbraio 2014|accesso=27 dicembre 2014}}</ref>. Oltre questo entrambi i Paesi dimostrano una certa predisposizione ai disastri naturali, soprattutto [[terremoti]]<ref name="business"/>.
Nonostante appaiano piuttosto differenti sia etnicamente che culturalmente, Giappone e Italia hanno in comune alcuni aspetti: per entrambi i Paesi le [[piccole e medie imprese]] rappresentano un'importante fetta del [[Prodotto interno lordo|PIL]]<ref name="business"/>, benché il [[Lista di stati per debito pubblico|debito pubblico]] del Giappone risulti essere quasi il doppio di quello italiano (226% contro 133% nel 2014) e il tasso di disoccupazione sia molto più basso in Giappone rispetto all'Italia (4% contro 12,2% nel 2014)<ref>{{cita news|url=http://www.repubblica.it/economia/2014/03/24/news/renzi_abe_riforme_economia-81753721/|titolo=Dall'Abenomics alla Renzinomics, Palazzo Chigi sogna il Giappone|pubblicazione=[[la Repubblica]]|autore=Giuliano Balestreri|data=24 marzo 2014|accesso=26 dicembre 2014}}</ref>. Inoltre Italia e Giappone entro il 2050 risulteranno essere due delle nazioni più "vecchie" al mondo, con una percentuale di anziani sopra i 65 anni che raggiungerà il 36% e il 33% rispettivamente<ref>{{cita news|url=http://www.unipd.it/ilbo/content/uno-tsunami-demografico-investe-italia-e-giappone|titolo=Uno tsunami demografico investe Italia e Giappone|pubblicazione=Il bo|editore=[[Università degli studi di Padova]]|autore=Monica Panetto|data=11 febbraio 2014|accesso=27 dicembre 2014}}</ref><ref>{{cita|Beretta, Berkofsky e Rugge, 2012|pp. 3-4}}.</ref>. Oltre questo entrambi i Paesi dimostrano una certa predisposizione ai disastri naturali, soprattutto [[terremoti]]<ref name="business"/>.


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== Note ==
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== Bibliografia ==
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== Voci correlate ==
== Voci correlate ==

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Relazioni tra Italia e Giappone
Bandiera dell'Italia Bandiera del Giappone
Mappa che indica l'ubicazione di Italia e Giappone
Mappa che indica l'ubicazione di Italia e Giappone

     Italia

     Giappone

Le relazioni bilaterali tra il Giappone e l'Italia sono iniziate formalmente nel 1866, ma i primi contatti tra i due Paesi risalgono almeno al XVI secolo, quando la prima missione giapponese in Europa giunse a Roma nel 1585 guidata da Mancio Itō.

Nel IX secolo Italia e Giappone videro grandi cambiamenti nella loro struttura politica e sociale, con la prima che conquistò la sua unità nazionale nel 1861 e il secondo che entrò, a partire dal 1868, in un processo di profonda modernizzazione su linee occidentali che prese il nome di Restaurazione Meiji. In questo stesso periodo i rapporti si fecero via via sempre più stretti, culminando con la partecipazione dei due Paesi a entrambe le guerre mondiali in qualità di alleati. Nel secondo dopoguerra Italia e Giappone furono interessati entrambi da un periodo di forte crescita economica, che permise loro di risollevarsi dalla situazione disastrosa in cui si erano ritrovati dopo la fine del conflitto e di stringere rinnovati accordi economici e commerciali, nonché attivi rapporti di collaborazione scientifica per lo sviluppo tecnologico.

Le relazioni moderne sono buone e l'Italia risulta essere uno dei Paesi più amati in Giappone e una delle destinazioni turistiche europee più gettonate, grazie soprattutto al successo del marchio Made in Italy che ha contribuito, fin da gli anni novanta del XX secolo, ad accrescere l'apprezzamento dei giapponesi per la cultura italiana. D'altra parte anche gli italiani dimostrano di apprezzare la cultura giapponese, e sono molti gli eventi in Italia dedicati alla cultura di massa e alla tradizione e arte del Paese nipponico.

Storia

Primi contatti

La delegazione giapponese inviata in Italia nel 1585. In alto da sinista a destra: Giuliano Nakaura, Diogo de Mesquita, Mancio Itō; in basso da sinistra a destra: Martino Hara e Michele Chijiwa.

Benché le relazioni tra Giappone e Italia siano iniziate formalmente con la firma del primo trattato di amicizia nel 1866, i primi rapporti tra le due nazioni possono essere fatti risalire a quando Marco Polo visitò il Paese nipponico tra il 1271 e il 1288. Fino ad allora nessun europeo aveva mai avuto notizie dell'esistenza del Giappone, e per questo motivo Polo ne Il Milione lo identifica con il nome Cipango (o Zipangu), descrivendolo come una grande isola indipendente piena di ricchezze[1].

Il Giappone rimase relativamente isolato e per questo immune all'influenza occidentale almeno fino al 1542, quando nel Paese asiatico sbarcò la prima nave europea insieme ai primi gesuiti portoghesi e italiani[1]. La prima missione giapponese in terra straniera partì invece nel 1582 su iniziativa del missionario Alessandro Valignano e di alcuni daimyō convertiti al Cattolicesimo. La delegazione, passata alla storia come Ambasciata Tenshō, era costituita da quattro giovani dignitari: Mancio Itō, Giuliano Nakaura, Martino Hara e Michele Chijiwa, ai quali si unì il padre gesuita Diogo de Mesquita che fece loro da interprete e ispiratore[2][3]. Essi giunsero in Italia nel 1585 venendo ricevuti a Roma da Papa Gregorio XIII e soprattutto dal suo successore Papa Sisto V[4], il quale fece loro dono della Chiesa di Santa Maria dell'Orto, che da allora rappresenta il luogo di culto di riferimento per la comunità cattolica giapponese della capitale italiana[1]. Nel 1615 il daimyō di Sendai, Date Masamune, inviò un'ulteriore delegazione alla cui testa vi era il samurai Hasekura Tsunenaga. Quest'ultimo incontrò Papa Paolo V[5], a cui fece formale richiesta di un trattato commerciale tra Giappone e Messico (allora Vicereame della Nuova Spagna), oltre che l'invio di missionari cristiani in Giappone[6].

Inizio dei rapporti ufficiali

Nel corso del IX secolo Italia e Giappone vissero periodi storici simili[1], caratterizzati da enormi cambiamenti della loro struttura politica e sociale. L'Italia infatti conseguì la propria unità nazionale nel 1861 durante il periodo noto come Risorgimento, mentre il Giappone vide la fine del sistema Bakufu e l'inizio nel 1868 di un processo di profonda modernizzazione su linee occidentali che prese il nome di Restaurazione Meiji.

Questo periodo coincise anche con l'inizio delle relazioni formali tra i due Paesi: nel 1860 attraccò a Nagasaki la prima nave mercantile italiana[1], mentre l'arrivo della pirocorvetta militare Magenta nel porto di Yokohama (27 maggio 1866) portò alla firma del Trattato di amicizia e commercio il 25 agosto dello stesso anno[7], ratificato a Edo dal capitano Vittorio Arminjon[8]. Di conseguenza le navi italiane poterono espandere le loro attività anche ai porti di Kanagawa, Nagasaki e Hakodate[1]. Un anno più tardi Tokugawa Akitake, fratello minore dello shōgun Tokugawa Yoshinobu, si recò in Italia nell'ambito del primo viaggio ufficiale giapponese nel Paese europeo, che corrispose altresì all'ultimo viaggio ufficiale organizzato dallo shogunato Tokugawa, ormai prossimo alla sua caduta[9].

Poster teatrale di Madama Butterfly di Puccini. L'opera, ambientata a Nagasaki, debuttò alla Scala di Milano nel 1904.

Nei primi anni del periodo Meiji (1868-1912) giunse in Italia la missione Iwakura, organizzata dal nuovo governo nell'ambito della serie di misure prese dallo stesso volte a rinnovare il Giappone. Figura chiave delle relazioni tra i due Paesi fu il conte Alessandro Fe' d'Ostiani, designato ministro plenipotenziario per la Cina e il Giappone nel 1870, il quale accompagnò i membri della missione durante la loro visita. La missione visitò città quali Firenze, Napoli, Venezia e Roma, dove venne ricevuta da Vittorio Emanuele II. L'interesse principale per l'Italia fu diretto all'artigianato[10] e ai diversi aspetti della modernizzazione nel Paese[11].

Nel frattempo alcuni italiani ottennero importanti cariche pubbliche e onorevoli all'interno del governo giapponese, a testimonianza della crescente influenza dell'Italia nel Paese nipponico. Edoardo Chiossone divenne nel 1872 direttore dell'Officina Carte e Valori del Ministero delle Finanze, Alessandro Paternostro fu consigliere giuridico per il Ministero della Giustizia dal 1885 al 1890, il generale Pompeo Grillo lavorò invece alla fonderia di Osaka dal 1884 al 1888[1][5], seguito dal maggiore Quaratezi dal 1889 al 1890[12]. Anche l'arte e la cultura giapponese finirono per subire l'infuenza dell'Italia[1]: il pittore Antonio Fontanesi, lo scultore Vincenzo Ragusa e l'architetto Giovanni Vincenzo Cappelletti giunsero in Giappone nel 1876 invitati dal governo di Tokyo[13], nell'ambito del processo di occidentalizzazione fortemente voluto dell'imperatore Mutsuhito. In particolare Fontanesi partecipò alla ristrutturazione dell'edificio che andò a ospitare la Scuola tecnica di belle arti (工部美術学校?, Kōbu bijitsu gakkō) di Tokyo, dove lo stesso pittore vi insegnò per un anno[14], Ragusa introdusse in Giappone le tecnologie di fusione del bronzo e altre tecniche europee di scultura con armature e modellato[15], esercitando un ruolo significativo nello sviluppo delle moderne arti scultoree giapponesi, mentre Cappelletti progettò il museo militare Yūshūkan del santuario Yasukuni[16]. La popolarità dell'opera lirica in Italia invece portò allo sviluppo di un inedito genere musicale chiamato "opera giapponese", il quale a sua volta influenzò l'opera italiana, come nel caso di Madama Butterfly di Giacomo Puccini[1].

Nel 1894 venne stipulato un ulteriore accordo tra i due Paesi che andò a rafforzare quello del 1866, mentre nel 1912 fu siglato un trattato di commercio e di navigazione[5]. Italia e Giappone fecero altresì parte dell'Alleanza delle otto nazioni che sedò la ribellione dei Boxer in Cina tra il 1899 e il 1901.

Durante prima e seconda guerra mondiale

"Buoni amici in tre paesi" (1938): cartolina di propaganda giapponese per celebrare la partecipazione dell'Italia al patto anticomintern il 6 novembre 1937. In alto, Hitler, Konoe e Mussolini sono ritratti in ciascun medaglione.

Durante la prima guerra mondiale i due Paesi si ritrovarono alleati nella vittoria contro gli Imperi centrali. Dopo la guerra, il Regno d'Italia risultò essere una delle nazioni favorevoli alla clausola sull'uguaglianza razziale proposta dall'Impero giapponese durante la conferenza di pace di Parigi del 1919[17]. Le relazioni militari tra i due Paesi proseguirono anche in occasione dell'intervento in Siberia (1918-1922), operazione che avvenne nel quadro generale di un più vasto piano di intervento delle potenze occidentali e del Giappone a sostegno delle forze dell'Armata Bianca contro l'Armata Rossa durante la guerra civile russa. Intanto, nel 1920, il pilota Arturo Ferrarin aveva portato a termine con successo il raid Roma-Tokyo, la cui realizzazione fu auspicata da Gabriele D'Annunzio e Harukichi Shimoi[18], e che rappresentò il primo collegamento aereo tra l'Europa e il Giappone[5].

La situazione venutasi a creare dopo il termine della prima guerra mondiale e il malcontento maturato in seguito al trattato di Versailles del 1919 spinsero l'Italia ad aderire nel 1937 al patto anticomintern[19] (accordo stretto un anno prima tra Giappone e Germania nazista con lo scopo di contrastare l'opera dell'Internazionale Comunista), il quale originò il primo embrione dell'alleanza tripartita che sarebbe poi stata formalizzata il 27 settembre 1940 a Berlino. Nel periodo intercorso tra questi due accordi Giappone e Italia allacciarono importanti contatti politici e diplomatici che sfociarono in vari accordi commerciali ed economici, agevolati dal riconoscimento della sovranità italiana sull'Africa orientale da parte del Paese nipponico[20]. Ciò permise l'apertura di importanti rotte commerciali tra quest'ultimo e le nuove colonie italiane[21]. Nel 1923 Keizō Shibusawa, che negli anni seguenti diverrà prima governatore della Banca del Giappone e poi ministro delle finanze, visitò l'Italia in occasione di uno dei suoi viaggi d'affari, soggiornando a Roma, Firenze e Milano[22].

Successivamente anche altri Stati entrarono a far parte della coalizione aderendo al patto tripartito (soprattutto nazioni insoddisfatte dell'assetto geopolitico venutosi a creare in seguito alla prima guerra mondiale), andando a formare le cosiddette potenze dell'Asse, le quali presero parte alla seconda guerra mondiale in contrapposizione ai Paesi alleati. Tuttavia, con la firma dell'armistizio di Cassibile nel 1943, le relazioni tra Giappone e Italia subirono un brusco arresto: gli italiani che in quel momento si trovavano impegnati in operazioni militari in Giappone vennero infatti internati e richiusi in diversi campi di prigionia sparsi per il Paese nipponico[23]. L'impero giapponese mantenne comunque relazioni politico-economiche con la Repubblica Sociale Italiana per tutta la durata di quest'ultima (1943-1945), benché i rapporti tra i due Stati non furono mai idilliaci a causa di basilari divergenze di scopi bellici durante gli anni conclusivi del conflitto[24].

Rapporti dal secondo dopoguerra a oggi

Durante la guerra fredda il Giappone e l'Italia, entrambe uscite sconfitte dal secondo conflitto mondiale, ripresero a collaborare entrando a far parte del cosiddetto blocco occidentale (guidato dagli Stati Uniti d'America) che per circa mezzo secolo si contrappose politicamente e ideologicamente al blocco orientale (Unione Sovietica, alleati del patto di Varsavia e Paesi amici).

L'ambasciatore giapponese in Italia Hiroyasu Ando (al centro) con l'allora sindaco di Roma Gianni Alemanno (a destra) nel 2011.

Nello stesso periodo i due Paesi furono interessati entrambi da una fase di forte crescita economica, che permise loro di risollevarsi dalla situazione disastrosa degli anni immediatamente successivi alla fine della guerra. L'Italia, grazie al suo ruolo di nazione cerniera fra l'Europa occidentale, la Penisola balcanica, l'Europa centrale e l'Africa settentrionale, beneficiò a partire dal 1947 di consistenti aiuti da parte del Piano Marshall[25]. Questi, sommati al basso costo del lavoro, determinarono una grande espansione nell'economia del Paese tra gli anni cinquanta e sessanta[26]. Allo stesso modo il Giappone, grazie all'assistenza degli Stati Uniti d'America e la concomitanza di alcuni fattori favorevoli (come il prezzo accessibile del petrolio, l'intervento del governo giapponese volto a sostenere le imprese nipponiche e la determinazione della gente nell'uscire in fretta dalla situazione deficitaria), riuscì a risolleverarsi velocemente imponendosi, già negli anni sessanta, come terza potenza economica al mondo[27]. Così, da Paesi prevalentemente rurali, Italia e Giappone si ritrovarono a essere grandi potenze industriali e, benché il Made in Italy differisse notevolmente dai prodotti elettronici giapponesi, entrambi i Paesi riuscirono ad affermarsi in modo simile nel settore automobilistico[1]. Proprio il successo del marchio Made in Italy negli anni novanta portò in quel periodo a un aumento considerevole dell'apprezzamento dei giapponesi per la cultura e tradizione italiana[28][29]. Tuttavia, dopo circa trent'anni di crescita, entrambi i Paesi sperimentarono una lunga fase di recessione economica, aggravata dal comune fenomeno dell'invecchiamento della popolazione che a sua volta portò all'esplosione del debito pubblico e alla perdita di produttività e competitività nei sistemi di produzione delle due nazioni[30].

Nel 2002 l'allora presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi descrisse i rapporti tra i due Paesi come fondati su una base di «un'ormai antica e salda amicizia, alimentati da una continua tradizione di scambio e collaborazione»[31]. Nel 2009 il governò giapponese donò all'Italia più 6 milioni di euro nell'ambito del progetto di assistenza e ricostruzione della città dell'Aquila, colpita da un terremoto nell'aprile di quell'anno[32]. Allo stesso modo l'Italia, nel 2011, si pose in prima linea per quanto riguarda la fornitura di aiuti umanitari verso il Giappone in seguito al terremoto e maremoto del Tōhoku, oltre a prodigarsi negli anni successivi in iniziative di solidarietà, provenienti soprattutto dal settore privato[33]. Nel 2014 il primo ministro italiano Matteo Renzi descrisse le relazioni con il Giappone come «assolutamente importanti e cruciali»[34].

L'Italia è uno dei Paesi più amati dalla donne e dai giovani giapponesi[28] e una delle destinazioni turistiche europee più gettonate[35], mentre la lingua italiana è una delle lingue più studiate[36][37]. In Italia hanno molto successo manifestazioni ed eventi dedicati alla cultura giapponese, soprattutto quelle incentrate sulla cultura di massa (anime, manga, cinematografia) e quelle dedicate alla gastronomia, all'arte e alla tradizione del Giappone[38].

Relazioni economiche e commerciali

Le relazioni economiche e commerciali tra le due nazioni nel complesso sono buone[39]. A partire dal 2011 le esportazioni italiane in Giappone hanno conosciuto una notevole accelerazione, grazie principalmente al rafforzamento dello yen e alla netta flessione delle importazioni dal Giappone, che ha determinato il primo avanzo commerciale a favore dell'Italia nella storia delle relazioni commerciali tra i due Paesi. Negli anni precedenti infatti gli scambi commerciali tra Italia e Giappone avevano denotato una dinamica piuttosto stabile e costante, che rispecchiava in qualche modo la crescita limitata delle rispettive economie, con tassi decisamente inferiori alla media mondiale ed europea[29].

Al 2012 i principali prodotti esportati dal Giappone verso l'Italia erano automobili (14,9%), motocicli (7,3%), motori (5,5%) e composti chimico-organici (4,3%), mentre l'Italia esportava soprattutto medicinali (21,6%), pelletteria (10,0%), abbigliamento (9,8%) e composti chimico-organici (5,0%)[39], oltre a macchinari per l'industria e beni agro-alimentari[29]. Sempre nel 2012 le aziende giapponesi inserite nel mercato italiano erano 217, concentrate principalmente nel settore meccanico, elettronico, chimico e tessile, oltre che in ambito commerciale. Le aziende italiane in Giappone erano invece 68 e attive, oltre che nell'abbigliamento, anche nel settore settore automobilistico, motociclistico e alimentare, nonché nel settore della ristorazione e dell'import-export, soprattutto di prodotti alimentari[29][39].

Relazioni politiche

Yasuo Fukuda e Silvio Berlusconi rappresentano rispettivamente il Giappone e l'Italia al 34º G8, tenutosi a Hokkaido nel 2008.

Le relazioni politiche tra Giappone e Italia sono buone[32]: entrambi i Paesi fanno parte dell'esecutivo dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ed entrambi sono membri del G7 (rispettivamente in seconda e sesta posizione[40]) e del G8. Per questo motivo nel corso degli anni vi sono state numerose visite ufficiali di personalità giapponesi in Italia e viceversa[32][41]:

Dal Giappone in Italia
Anno Visitatore
1993 Imperatore Akihito e imperatrice Michiko
1994 Primo ministro Tsutomu Hata
Primo ministro Tomiichi Murayama
Ministro degli esteri Yōhei Kōno
ministro delle finanze Masayoshi Takemura
Ministro dell'industria e del commercio internazionale Ryūtarō Hashimoto
1995 Principe Takamado e principessa Takamado
1996 Ministro dell'agricoltura, dei beni forestali e della pesca Takao Fujimoto
1999 Primo ministro Keizō Obuchi
Ministro del lavoro Akira Amari
2000 Primo ministro Yoshirō Mori
Ministro degli esteri Yōhei Kōno
2001 Primo ministro Jun'ichirō Koizumi
Ministro degli esteri Makiko Tanaka
Ministro delle finanze Masajūrō Shiokawa
Ministro della riforma amministrativa Shintarō Ishihara
2002 Ministro dell'agricoltura Tsutomu Takebe
Ministro del welfare e del lavoro Chikara Sakaguchi
Ministro dell'economia Heizō Takenaka
Ministro di Stato per Okinawa e i territori settentrionali Kōji Omi
Ministro dell'interno e delle comunicazioni Yoshihiro Katayama
Principessa Sayako
2003 Presidente della Camera dei rappresentanti Tamisuke Watanuki
Principe Hitachi e principessa Hitachi
Ministro dell'ambiente Yuriko Koike
Ministro dell'agricoltura Yoshiyuki Kamei
2004 Ministro dell'economia Heizō Takenaka
Ministro del territorio, delle infrastrutture e dei trasporti Shintarō Ishihara
Primo ministro Yasuhiro Nakasone
2006 Presidente della camera dei rappresentanti Tarō Kōno
2007 Ministro della difesa Fumio Kyūma
Ministro della giustizia Kunio Hatoyama
2008 Primo ministro Yasuo Fukuda
Ministro dell'economia, del commercio e dell'industria Akira Amari
Ministro dell'agricoltura, dei beni forestali e della pesca Masatoshi Wakabayashi
Presidente della Camera dei rappresentanti Tarō Kōno
2009 Primo Ministro Tarō Asō
Ministro degli esteri Yasuhiro Nakasone
Ministro delle finanze Kaoru Yosano
Ministro delle finanze Shōichi Nakagawa
Ministro dell'economia, del commercio e dell'industria Toshihiro Nikai
Ministro dell'agricoltura, dei beni forestali e della pesca Shigeru Ishiba
Ministro dell'ambiente Tetsuo Saitō
2010 Principe Haruhito
2011 Ministro degli esteri Yutaka Banno
Vice ministro degli esteri Chizuko Takahashi
2012 Ministro dell'agricoltura, dei beni forestali e della pesca Akira Gunji
Presidente della commissione nazionale per la pubblica sicurezza Tadamasa Kodaira
Dall'Italia in Giappone
Anno Visitatore
1993 Ministro degli esteri Emilio Colombo e ministro del tesoro Piero Barucci
Primo ministro Carlo Azeglio Ciampi
Ministro degli esteri Beniamino Andreatta
1994 Ministro dell'università e della ricerca scientifica Stefano Podestà
1997 Ministro degli esteri Lamberto Dini
Primo ministro Romano Prodi
Ministro dell'ambiente Edoardo Ronchi
Ministro del lavoro Tiziano Treu
1998 Primo ministro Oscar Luigi Scalfaro
2000 Primo ministro Giuliano Amato
Ministro degli esteri Lamberto Dini
Ministro delle finanze Vincenzo Visco
2001 Ministro degli esteri Lamberto Dini
Ministro delle attività produttive Antonio Marzano
2002 Ministro delle politiche agricole e forestali Gianni Alemanno
Ministro delle attività produttive Antonio Marzano
2003 Presidente della camera dei deputati Pier Ferdinando Casini
2004 Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Letizia Moratti
2005 Presidente del Senato Marcello Pera
Ministro delle attività produttive Claudio Scajola
Ministro per i beni e le attività culturali Rocco Buttiglione
2007 Primo ministro Romano Romano Prodi
Vice primo ministro e ministro degli esteri Massimo D'Alema
Vice primo ministro e ministro per i beni e le attività culturali Francesco Rutelli
Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Paolo De Castro
2008 Primo ministro Silvio Berlusconi
Ministro degli esteri Franco Frattini
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Stefania Prestigiacomo
Ministro dell'economia e delle finanze Giulio Tremonti
Ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola
2009 Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
2010 Sindaco di Roma Gianni Alemanno
2012 Primo ministro Mario Monti
Ministro della difesa Giampaolo Di Paola
Ministro dell'economia Vittorio Grilli
2013 Vice ministro degli affari esteri Marta Dassù

Dati comparati

Nonostante appaiano piuttosto differenti sia etnicamente che culturalmente, Giappone e Italia hanno in comune alcuni aspetti: per entrambi i Paesi le piccole e medie imprese rappresentano un'importante fetta del PIL[40], benché il debito pubblico del Giappone risulti essere quasi il doppio di quello italiano (226% contro 133% nel 2014) e il tasso di disoccupazione sia molto più basso in Giappone rispetto all'Italia (4% contro 12,2% nel 2014)[42]. Inoltre Italia e Giappone entro il 2050 risulteranno essere due delle nazioni più "vecchie" al mondo, con una percentuale di anziani sopra i 65 anni che raggiungerà il 36% e il 33% rispettivamente[43][44]. Oltre questo entrambi i Paesi dimostrano una certa predisposizione ai disastri naturali, soprattutto terremoti[40].

Bandiera dell'Italia Italia Bandiera del Giappone Giappone
Continente Europa Asia
Popolazione 60.783.711 (23º) (2013) 127.535.920 (10º) (2013)
Superficie 301.340 km² 372.824 km²
Densità di popolazione 201,71 ab./km² (39º) 337 ab./km² (24º)
Capitale Roma Tokyo
Città più popolata Roma – 2.870.528 ab. (2014) Tokyo – 8.956.000 ab. (2012)
Forma di governo Repubblica parlamentare Monarchia parlamentare
Lingua ufficiale Italiano Giapponese (de facto)
Religioni 91,6% Cristianesimo, 6,72% non religiosi,
2,01% Islam (2008, vedi Religioni in Italia)
67% non religiosi, 22% Buddhismo,
2% Cristianesimo (2011)[45]
Valuta Euro Yen giapponese
PIL (nominale) €2.014.382 milioni (pro capite $33.915) (2012) $5.960.269 milioni (pro capite $46.707) (2012)
Popolazione espatriata 2.789 italiani risiedono in Giappone (2012)[46] 12.563 giapponesi risiedono in Italia (2011)[47]

Note

  1. ^ a b c d e f g h i j (EN) Italy and Japan -- opposites attract!, su asiancenturyinstitute.com, Asian Century Institute, 25 marzo 2014. URL consultato il 24 dicembre 2014.
  2. ^ Maria Matilde Benzoni, Americhe e modernità. Un itinerario fra storia e storiografia dal 1492 ad oggi, Franco Angeli Edizioni, 2012, p. 133, ISBN 8820404087.
  3. ^ Il beato Nakaura, su Santamariadellorto.it. URL consultato il 22 dicembre 2014.
  4. ^ (EN) Dereck Massarella, The Japanese Embassy to Europe (1582–1590) (PDF), in The Journal of the Hakluyt Society, febbraio 2013. URL consultato il 27 dicembre 2014.
  5. ^ a b c d Giacomo Paolucci di Calboli, Amicizia italo-giapponese, in Sapere, vol. XII, anno VI - Serie Seconda - nº 23/143, 15 dicembre 1940. Riportato su Amicizia Italo-Giapponese - articolo dalla rivista Sapere, su Jappone.com, gennaio 2007. URL consultato il 22 dicembre 2014.
  6. ^ (EN) Rhiannon Paget, Hasekura Tsunenaga's portrait has a tale to tell, in The Japan Times, 12 marzo 2014. URL consultato il 26 dicembre 2014.
  7. ^ La sede, su ambtokyo.esteri.it, Ambasciata d'Italia a Tokyo. URL consultato il 22 dicembre 2014.
  8. ^ Domenico Marcianò, Cinquecento anni di storia: le relazioni tra l'Italia e le Filippine dai navigatori avventurosi ad oggi, Pellegrini Editore, 2006, p. 23, ISBN 8881013592.
  9. ^ Presentazione del libro di Lia Beretta, Il viaggio in Italia di Tokugawa Akitake (1867). La missione in Europa del fratello dell'ultimo shōgun, Centro interuniversitario di ricerche sul viaggio in Italia, 2008, ISBN 978-88-7760-084-4.
  10. ^ Shōko Iwakura, Itinerario della missione di Iwakura in Italia nel 1873, Roma, Istituto giapponese di cultura, 1992, p. 81, ISBN non esistente.
  11. ^ (EN) Ian Nish, The Iwakura Mission to America and Europe: A New Assessment, Taylor & Francis, 1998, p. 154, ISBN 1873410840.
  12. ^ (EN) Meirion Harries, Susie Harries, Soldiers of the Sun: The Rise and Fall of the Imperial Japanese Army, New York, Random House, 1994, p. 363, ISBN 0-679-75303-6.
  13. ^ Sergio Romano, La storia sul comodino: personaggi, viaggi, memorie, Greco & Greco Editori, 1996, p. 63, ISBN 8879800817.
  14. ^ Federica Mafodda, Antonio Fontanesi, pittore e maestro dall’animo giapponese, su giapponeinitalia.org, Associazione culturale Giappone in Italia, 1º novembre 2011. URL consultato il 24 dicembre 2014.
  15. ^ (EN) Kenjiro Kumamoto, Vincenzo Ragusa and his work, su tobunken.go.jp, National Research Institute for Cultural Properties, Tokyo. URL consultato il 24 dicembre 2014.
  16. ^ Naoyuki Kinoshita, Maria Alfonsa Suzuki (trad.), L'educazione artistica alla maniera italiana nel Giappone intorno al 1880, su fondazione-delbianco.org, Fondazione Romualdo Del Bianco. URL consultato il 24 dicembre 2014.
  17. ^ (EN) Paul Gordon Lauren, Power And Prejudice: The Politics And Diplomacy Of Racial Discrimination, Westview Press, 1988, p. 90, ISBN 0-8133-0678-7.
  18. ^ Il raid Roma-Tokio, su Ali e uomini. URL consultato il 5 febbraio 2014.
  19. ^ (EN) Robert Melvin Spector, World Without Civilization: Mass Murder and the Holocaust, History, and Analysis, Lanham, University Press of America, 2005, p. 257, ISBN 0761829636.
  20. ^ Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale - 3. La caduta dell'Impero, Edizioni Mondadori, 2014, ISBN 8852054960.
  21. ^ Maurizio Bertolotti, Introduzione: Cenni sui rapporti tra Giappone e Italia nel periodo 1937-1940, su Icoloridelbuio.com. URL consultato il 23 dicembre 2014.
  22. ^ Alan Christy, A Discipline on Foot: Inventing Japanese Native Ethnography, 1910–1945, Rowman & Littlefield Publishers, 2012, p. 179, ISBN 1442216492.
  23. ^ Mauro Conciatori, 1943: la diplomazia italiana dopo l'8 settembre. I diplomatici italiani di fronte alle conseguenze dell'annuncio dell'armistizio (PDF), in Storia delle relazioni internazionali, anno VI, n. 2, Leo S. Olshiki Editore, 1990, p. 210. URL consultato il 26 dicembre 2014.
  24. ^ Marino Viganò, Le ambasciate, le relazioni della R.S.I. con l'Impero del Giappone, in Il Ministero degli affari esteri e le relazioni internazionali della Repubblica sociale italiana (1943-1945), Editoriale Jaca Book, 1991, pp. 153-172, ISBN 8816950811.
  25. ^ (EN) Michael J. Hogan, The Marshall Plan: America, Britain, and the reconstruction of Western Europe, 1947-1952, Cambridge University Press, 1987, pp. 44-45, ISBN 0-521-37840-0.
  26. ^ (EN) Nicholas Crafts, Gianni Toniolo, Economic growth in Europe since 1945, Cambridge University Press, 1996, p. 428, ISBN 0-521-49627-6.
  27. ^ Il Giappone nel dopoguerra (PDF), su seieditrice.com. URL consultato il 24 dicembre 2014.
  28. ^ a b (EN) Toshio Miyake, Il boom dell’Italia in Giappone: riflessioni critiche su Occidentalismo e Italianismo (abstract), in Rivista dell'Associazione di Teoria e Storia Comparata della Letteratura, vol. 1, n. 1, 2011, DOI:10.13125/2039-6597/100, ISSN 2039-6597 (WC · ACNP). URL consultato il 26 dicembre 2014.
  29. ^ a b c d Interscambio commerciale, su ambtokyo.esteri.it, Ambasciata d'Italia a Tokyo. URL consultato il 26 dicembre 2014.
  30. ^ Beretta, Berkofsky e Rugge, 2012, p. 5.
  31. ^ Intervento del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi al ricevimento in occasione della conclusione della rassegna Italia in Giappone 2001-2002, su Quiriniale.it, Presidenza della Repubblica, 3 ottobre 2002. URL consultato il 26 dicembre 2014.
  32. ^ a b c Relazioni Italia Giappone/Relazioni politiche, su it.emb-japan.go.jp, Ambasciata del Giappone in Italia. URL consultato il 26 dicembre 2014.
  33. ^ Stefano Carrer, Più forti i legami tra Italia e Giappone, in Il Sole 24 ORE, 9 marzo 2012. URL consultato il 26 dicembre 2014.
  34. ^ Italia-Giappone: Renzi incontra Abe, nostre relazioni cruciali, in Adnkronos, 24 marzo 2014. URL consultato il 26 dicembre 2014.
  35. ^ Flussi turistici (Giappone), su Infomercatiesteri.it, Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, 10 gennaio 2014. URL consultato il 26 dicembre 2014.
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  37. ^ Lo studio della lingua e della cultura italiana in Giappone, su ambtokyo.esteri.it, Ambasciata d'Italia a Tokyo. URL consultato il 26 dicembre 2014.
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  40. ^ a b c Innovare per Competere: Quali Opportunità per Italia e Giappone - Le relazioni industriali e le collaborazioni bilaterali fra Italia e Giappone (PDF), su ijbg.ice.it, Italy-Japan Business Group, 2008. URL consultato il 23 dicembre 2014.
  41. ^ (EN) Japan-Italy Relations (Basic Data), su mofa.go.jp, Ministero degli affari esteri del Giappone, marzo 2012. URL consultato il 27 dicembre 2014.
  42. ^ Giuliano Balestreri, Dall'Abenomics alla Renzinomics, Palazzo Chigi sogna il Giappone, in la Repubblica, 24 marzo 2014. URL consultato il 26 dicembre 2014.
  43. ^ Monica Panetto, Uno tsunami demografico investe Italia e Giappone, in Il bo, Università degli studi di Padova, 11 febbraio 2014. URL consultato il 27 dicembre 2014.
  44. ^ Beretta, Berkofsky e Rugge, 2012, pp. 3-4.
  45. ^ (EN) Views on globalisation and faith (PDF), su fgi-tbff.org, Tony Blair Faith Foundation, 2011. URL consultato il 29 gennaio 2013.
  46. ^ Ripartizione Asia Africa Australia Oceania Antartide, su Infoaire.interno.it, Anagrafe degli italiani residenti all'estero, 31 dicembre 2012. URL consultato il 26 dicembre 2014.
  47. ^ Relazioni Italia Giappone/Presenza giapponese in Italia, su it.emb-japan.go.jp, Ambasciata del Giappone in Italia. URL consultato il 26 dicembre 2014.

Bibliografia

  • (EN) Silvio Beretta, Axel Berkofsky e Fabio Rugge (a cura di), Italy and Japan - How Similar Are They?: A Comparative Analysis of Politics, Economics, and International Relations, Springer, 2012, ISBN 8847025680.

Voci correlate

Collegamenti esterni