Nel caso di due spazi vettoriali V e W sul campo K, il prodotto tensoriale V⊗W, o V⊗KW se si vuole sottolineare il campo degli scalari, è ancora uno spazio vettoriale su K. Si può pensare ad una applicazione bilineare
ossia ad un'applicazione su una coppia di vettori, costituita da un vettore di V e uno di W, come a un prodotto · tra i vettori in questione a valori in un terzo spazio vettoriale L (sebbene non necessario, è utile vederla in questo modo). Dato un altro spazio M e un omomorfismo
si ha che φ(v·w) è un prodotto su V×W a valori in M (in quanto v·w è un prodotto su V×W a valori in L). Si può dimostrare che esiste un "prodotto universale" ⊗ a valori in un certo spazio V⊗W con la proprietà che tutti i possibili prodotti su V×W si possono ottenere, in modo unico, trasformando linearmente il codominio V⊗W. Se v e w sono rispettivamente elementi di V e W si denota con v⊗w il prodotto di v e w in V⊗W. Per dimostrarne l'esistenza lo si costruisce come spazio quoziente dello spazio vettoriale libero su V×W imponendo le relazioni ovvie per far sì che la proiezione dopo l'immersione sia bilineare.
Prendendo spazi quozienti del prodotto tensoriale si possono aggiungere proprietà a ottenendo, ad esempio, il prodotto universale simmetrico che si ottiene imponendo la relazione
cioè prendere il quoziente
dove è il sottospazio generato da tutti gli elementi del tipo ; o antisimmetrico imponendo la relazione
Partendo con degli -moduli e (strutture che generalizzano gli spazi vettoriali prendendo gli scalari in un anello invece che in un campo), e supponendo commutativo per semplicità, si può dare la stessa definizione che per il caso degli spazi vettoriali di (anche in questo caso si può omettere il pedice a se è evidente dal contesto l'anello rispetto al quale si stanno considerando i moduli). Anche la dimostrazione dell'esistenza rimane la stessa. Nonostante le similitudini iniziali con il caso degli spazi vettoriali il prodotto tensoriale tra moduli può riservare delle sorprese. Ad esempio
Riprendendo quanto detto nell'introduzione, si definisce prodotto tensoriale di due spazi vettoriali, uno spazio assieme ad una applicazione bilineare
per cui data una qualsiasi operazione bilineare esiste un unico omomorfismo
che fattorizza tramite (vedi il primo diagramma a destra), cioè tale che
Un altro modo di scrivere la stessa cosa (vedi il secondo diagramma a destra) è che la coppia è un elemento universale per il funtore dalla categoria degli spazi vettoriali a quella degli insiemi che manda nella famiglia delle funzioni bilineari
facendo corrispondere ad un omomorfismo
la funzione che associa ad un prodotto
il prodotto . In figura
Si dirà anche che , o semplicemente , gode della proprietà universale per i prodotti tensoriali.
Se esistono due prodotti e che soddisfano la definizione allora esiste un unico isomorfismo tra e tale che per ogni coppia . Per la dimostrazione di questo e dell'esistenza di un prodotto tensoriale si rimanda alle relative sottosezioni.
Il codominio contiene tutti gli elementi del tipo , che sono immagini tramite delle coppie , ma l'elemento generico di non è di questa forma, è piuttosto una somma finita di tali termini (vedi Coordinate), cioè, se è finito, sarà del tipo
Se e hanno dimensione ed con basi e rispettivamente, i vettori per e formano una base di (vedi Coordinate).
Sempre in dimensione finita, esiste un isomorfismo naturale tra lo spazio delle forme bilineari e (vedi Proprietà), che in geometria differenziale è spesso sfruttato per definire (e usando l'isomorfismo canonico dei due spazi con e rispettivamente). Per una trattazione più completa rispetto a questo punto di vista si rimanda alla voce Tensore.
Si è definito il prodotto tensoriale dicendo che è una coppia con una certa proprietà. In questa sezione si dimostrerà che una tale coppia effettivamente esiste.
L'idea di base è che tra gli elementi di uno spazio vettoriale candidato a "codominio universale" per un prodotto, non deve sussistere nessuna relazione ulteriore a quelle necessarie per rendere il prodotto bilineare. Quindi si parte da uno spazio libero, senza relazioni, e poi si pone uguale ciò che si vuole sia uguale (il che significa prendere quozienti, vedi il libro di Artin Algebra capitoli sugli anelli e sui moduli).
Sia lo spazio vettoriale libero su . Si ricorda che è lo spazio vettoriale che come base ha tutte le coppie . Sia il sottospazio generato da tutti i vettori del tipo
Mandando a zero i vettori di , per esempio prendendo il quoziente , la proiezione dopo l'immersione diventa bilineare. La coppia , dove è la proiezione canonica ed l'immersione di in , soddisfa le richieste ed è un prodotto tensoriale di e . La situazione può essere riassunta dal diagramma commutativo
La dimostrazione è immediata, infatti è una base di quindi esiste un'unica estensione lineare di su , e visto che il nucleo di contiene (perché è bilineare) la proprietà caratteristica della proiezione nello spazio quoziente ci dà l'unica applicazione lineare per cui , cioè esiste un'unica tale che (chiamando la funzione )
L'unicità del prodotto tensoriale, nel senso indicato sopra, è una proprietà di tutti gli elementi universali.
L'unico punto non banale della dimostrazione è notare che se è un prodotto tensoriale, e la funzione
è lineare e lascia fissi tutti i vettori della forma allora è l'identità. L'idea è fattorizzare tramite . Infatti per ipotesi è bilineare su quindi esiste un'unica tale che
e dato che l'applicazione identità soddisfa queste condizioni, deve essere
Ora si supponga che e soddisfino entrambi la proprietà universale, allora esistono
e
tali che per ogni coppia si ha
Sostituendo l'una nell'altra si ha
da cui, per quanto detto all'inizio, è l'identità su mentre è l'identità su . In altre parole è un isomorfismo, ed è l'unico per cui valga
Di seguito , e saranno spazi vettoriali su un campo, ed , e dei loro rispettivi elementi.
Associatività:
con
L'applicazione è ben definita perché è assegnato il valore ad un insieme di generatori. Fissiamo . Sia
la funzione bilineare
Se la fattorizziamo tramite il prodotto tensoriale (applichiamo la proprietà universale) abbiamo l'applicazione lineare
che manda in . Anche la funzione
che manda in è bilineare e fattorizzandola abbiamo l'omomorfismo voluto. Possiamo costruire in modo analogo l'inversa ottenendo l'isomorfismo.
Commutatività:
con
Per dimostrarlo è sufficiente fattorizzare tramite il prodotto tensoriale la funzione bilineare
con
In modo analogo possiamo ottenere l'inversa.
Attenzione: questo non vuole in alcun modo suggerire che in i due vettori e sono uguali, semmai è vero il contrario.
Questa volta non conviene usare il tipo di dimostrazione dei casi precedenti perché non riusciremmo a costruire l'inversa. Dimostriamo allora che ogni prodotto su si fattorizza in modo unico tramite . L'applicazione
che manda in è bilineare. Se è uno spazio vettoriale e un'applicazione bilineare da in , possiamo scrivere
questo ci dà la fattorizzazione tramite .
Tensorizzare con il campo degli scalari:
con
Intuitivamente è quasi ovvio, formalmente dimostriamo che e la mappa bilineare
soddisfano la proprietà universale. Se
è bilineare, allora
fattorizzando in modo unico tramite .
. Segue dalle precedenti.
. Segue dalle precedenti.
Se e hanno dimensione finita esiste un isomorfismo canonico
che associa a (che calcolata nella coppia vale ). Infatti
è bilineare, quindi possiamo fattorizzarla tramite il prodotto tensoriale per ottenere un omorfismo che è suriettivo e quindi anche iniettivo perché i due spazi hanno la stessa dimensione.
di tipo come l'unione disgiunta dei vari per tutti i punti di , cioè:
assieme alla proiezione canonica (si ricorda che se è una famiglia di insiemi indicizzata da la loro unione disgiunta è ).
Più in generale, sia in geometria differenziale che in topologia algebrica sono ricorrenti i fibrati tensoriali, cioè fibrati vettoriali che hanno per fibra un prodotto tensoriale. In particolare, se e sono due fibrati vettoriali, si indica con il fibrato tensoriale che ha come fibra il prodotto tensoriale delle fibre dei fattori e struttura di fibrato indotta nel modo ovvio.
In topologia algebrica, e più precisamente nella K-teoria, per studiare la struttura geometrica di uno spazio topologico si costruisce un certo anello partendo dall'insieme dei fibrati vettoriali su . Le informazioni geometriche interessanti possono essere contenute solo in fibrati non banali (cioè in fibrati che non si spezzano globalmente nel prodotto cartesiano dello spazio di base con la fibra), quindi si considerano equivalenti due fibrati vettoriali e quando esistono due interi , tali che la somma di Whitney
è isomorfa a
dove
è il fibrato banale su con fibra -dimensionale. L'insieme modulo questa relazione di equivalenza forma un anello, indicato con , rispetto alla somma
In geometria differenziale, fra i vari modi di definire una connessione su un fibrato vettoriale c'è quello di considerarla come una mappa che ad ogni sezione di associa una sezione del fibrato tensoriale
che ha per fibra su un punto lo spazio vettoriale , in modo che
se e sono sezioni di allora
se è una sezione di ed una funzione liscia su allora
Se è un'estensione di possiamo cambiare il campo dei coefficienti di da a prendendo il prodotto tensoriale (il a pedice di significa che abbiamo considerato come spazio vettoriale su ), che infatti è un -spazio vettoriale in modo canonico:
per ogni e appartenenti ad . Nel caso particolare con e il processo si dice di complessificazione ed è utile per studiare la struttura degli endomorfismi di con autovalori complessi.
Siano e due spazi vettoriali con basi e rispettivamente.
Si consideri il prodotto tensoriale costruito sopra. È chiaro che
è un insieme di generatori per . Un qualsiasi altro prodotto che goda della proprietà universale deve (vedi Definizione) essere isomorfo a con che corrisponde a , quindi si può affermare che genera .
Per un generico sia
e
Grazie alla bilinearità di possiamo espandere come
per esempio, bastano i vettori con e per generare .
Nelle proprietà si è visto che ha dimensione , quindi i , che in totale sono , formano una base.
Fissata la base , come accade per tutti gli spazi vettoriali, ogni elemento di è unicamente determinato dalle sue coordinate. Più esplicitamente se appartiene a , esiste un unico insieme di numeri tale che
Tensori covarianti, controvarianti e misti in coordinate
Per alleggerire la notazione, in questa e nelle prossime due sezione si userà la convenzione di Einstein. In poche parole, quando un indice appare sia a pedice che ad apice in una formula si sottintende la sommatoria su quell'indice. Ad esempio
dove è lo spazio tangente ad un punto di una varietà differenziale e è il suo duale. Se i fattori sono mentre i sono , i vettori di questo prodotto tensoriale si dicono tensori (misti) di tipo .
Nel caso particolare in cui cambiano nome in tensori controvarianti di ordine , mentre se ci sono solo fattori diventano i tensori covarianti di ordine .
Si fissi una base per e la duale su , per esempio
dove il termine di destra è il delta di Kronecker. Un tensore di tipo in componenti si scrive (adottando la convenzione di Einstein)
con ogni ed ogni sommato tra e (la dimensione di e ).
Cambiamenti di base e trasformazione delle componenti
Nel contesto della sezione precedente, siano e due basi di , e
la matrice di cambiamento di base che porta le coordinate di un vettore rispetto a a quelle rispetto a { fi }. Si ricorda che la -esima colonna di è formata dalle componenti di rispetto alla base , cioè
Si fissino su le basi e duali di quelle prese in . Sia la matrice di cambiamento di base da a . In questo caso, perché gli indici dei covettori sono scritti in alto, la -esima riga di è data dalle componenti di rispetto a . Per definizione il prodotto ha in posizione il prodotto tra la -esima riga di e la -esima colona di . Come ricordato queste sono l'espressione in componenti di e di rispetto a due basi una duale all'altra, quindi farne il prodotto riga per colonna equivale a calcolare
cioè, è la matrice identica, e è l'inversa di .
Trovare le leggi secondo cui variano le componenti di un tensore di tipo è solo questione di estendere per bilinearità un'espressione. Infatti, partendo dalle basi e su e rispettivamente, un tensore si scrive in componenti
La definizione di fibrato tensoriale di tipo su una varietà si trova negli esempi.
Si vedrà ora come la scelta di un sistema di coordinate locali per una varietà di dimensione determini una base per gli spazi tangenti ai, e quindi per le fibre nei, punti nel dominio delle coordinate locali.
Si fissi una carta , cioè, si scelga un sistema di coordinate locali sull'aperto . Se è un punto di , di solito si indica con la -esima coordinata di .
Tra le quattro definizioni (equivalenti) di spazio tangente ad un punto che si trovano in letteratura prendiamo quella in cui i vettori tangenti sono derivazioni. Si dimostra (vedi, ad esempio, Warner paragrafi da 1.13 a 1.19) che i vettori
formano una base di . Gli indici posti, come in questo caso, all'apice di una quantità a denominatore sono da considerarsi come a pedice. La base duale in si indica con
Ricapitolando, la scelta di un sistema di coordinate locali identifica delle basi per gli spazi tangenti ai punti appartenenti ad , e le corrispettive duali sugli . Una fibra , è, come segue direttamente dalla definizione, un prodotto tensoriale
che quindi ha come base tutti i tensori di tipo della forma
Un elemento di si scrive in coordinate come
Sfruttando queste "trivializzazioni" si può indurre una struttura di varietà differenziale su (vedi, ad esempio, Warner paragrafo 2.14).
Una funzione liscia da su tale che si dice sezione o campo tensoriale, ed equivale ad assegnare ad ogni punto di un elemento della fibra in modo che le componenti di in un (e quindi per ogni) sistema di coordinate locali contenente siano funzioni lisce di . Spesso, nei libri di fisica, viene usata la parola "tensore" per indicare un campo tensoriale.
Simboli di Christoffel, notazione matriciale e curvatura
con l'insieme delle sezioni del fibrato, che soddisfa le due proprietà elencate sopra ha il vantaggio di avere una espressione estremamente elegante in coordinate, usando la notazione matriciale.
Sia una carta locale di ed sezioni di che formano una base in ogni punto di . Si ha che , con , sono una base di quindi si scrive in coordinate come
per ogni appartenente ad , che d'ora in poi si darà per sottinteso e quindi si smetterà di scriverlo, e dove le sono funzioni lisce di chiamate simboli di Christoffel. Per rendere elegante la notazione si definiscono la matrice , con l'indice in alto che varia sulle colonne e l'indice in basso sulle righe (mentre di solito è il contrario), a coefficienti in
ed il vettore colonna a coefficienti nelle sezioni sopra ad . Allora
sono equazioni che si sintetizzano per convenzione in
dove non è un prodotto tensoriale ma sta ad indicare che si deve usare la regola di moltiplicazione riga per colonna delle matrici, solo che al posto del classico prodotto tra scalari (che in questo contesto non ha palesemente senso perché i coefficienti delle matrici coinvolte non sono scalari, quindi non c'è pericolo di confusione) si usa il prodotto tensoriale; e l'operatore va applicato ad ogni singola componente di . La matrice è detta matrice di transizione.
Fissato , le quantità non sono dei tensori perché dipendono dalla scelta delle . Questo significa che la geometria del fibrato vettoriale non è codificata nella matrice . Nonostante ciò, manipolando la formula del cambiamento di coordinate di , si vede facilmente che la matrice , detta matrice di curvatura, si trasforma nel modo corretto, ed è proprio questa che contiene le informazioni geometriche. Nei prossimi due paragrafi saranno dati ulteriori dettagli.
Sia un vettore colonna con componenti n sezioni di che formano una base ad ogni punto di . Se appartiene ad allora esistono scalari tali che
o, posto (come prima, varia sulle colonne mentre l sulle righe), in notazione matriciale . Le sono delle funzioni di transizione per , e per definizione di fibrato sono lisce in . Per legare la matrice di trasferimento rispetto a , , a quella rispetto a , , si noti che (usando la seconda proprietà della connessione)
dove , in ogni , è la matrice inversa di che ovviamente esiste perché manda una base in una base, e è la matrice che ha per componenti i differenziali delle componenti di . Quindi il cambio di coordinate per è dato dalla formula
Il primo addendo di destra è proprio il motivo per cui le componenti di non sono tensori.
Per vedere che la matrice di curvatura è invariante bastano due passaggi ulteriori. Si moltiplica a destra l'ultima equazione per , poi si fa la derivata esterna ottenendo
dove è, come nel caso di tra due matrici, da considerasi come una moltiplicazione riga per colonna con le componenti moltiplicate tramite il prodotto esterno. Ora si noti che
La definizione universale del prodotto tensoriale è abbastanza recente. I tensori sono nati nel contesto della geometria differenziale e della rappresentazione dei gruppi come insiemi di numeri che al cambio di base si trasformano secondo la legge
Questa definizione è tutt'oggi la più usata nei corsi e nei testi di fisica introduttivi sulla relatività generale.
Possiamo estendere la definizione di prodotto tensoriale anche ai moduli. Se è un anello commutativo la costruzione per due -moduli , è praticamente identica a quella per gli spazi vettoriali. Se invece non è commutativo ma (rispettivamente. ) è un -bimodulo (rispettivamente ) allora si può aggiustare la costruzione ed il prodotto tensoriale risulta essere un -modulo destro (rispettivamente sinistro). In generale quando non è commutativo ed , sono due -moduli possiamo pretendere solamente la struttura di gruppo abeliano su .
Può accadere che ci siano dei collassamenti nel prodotto tensoriale fra moduli. Prendiamo ad esempio e come -moduli con , coprimi. Visto che possiamo scrivere l'unità come combinazione lineare di ed
abbiamo
e siccome è generato dagli elementi concludiamo che
Siano e due spazi di Hilbert con prodotti interni e rispettivamente. Si costruisca il prodotto tensoriale di spazi vettoriali come spiegato sopra. Si può dotare questo prodotto tensore di spazi vettoriali di un prodotto interno definendo
dove
mentre
ed estenderlo per linarità. Infine, si prenda il completamento rispetto a questo prodotto interno. Il risultato è il prodotto tensore di e come spazi di Hilbert.
I seguenti esempi mostrano come i prodotti tensori emergano naturalmente.
Assegnati due spazi di misura e , con misure e rispettivamente, si può studiare lo spazio Lp chiamato , lo spazio delle funzioni su che sono a quadrato sommabili rispetto alla misura prodotto . Se e sono funzioni a quadrato sommabili su ed rispettivamente, si può definire una funzione su ponendo . La definizione della misura prodotto assicura che tutte le funzioni con questa forma sono a quadrato sommabili, cosicché definisce una mappa bilineare.
Anche le combinazioni lineari di funzioni della forma appartengono a . Risulta infatti che l'insieme delle combinazioni lineari è denso in , se e sono separabili. Questo mostra che è isomorfo a , e spiega perché si debba prendere il completamento nella costruzione del prodotto tensore fra spazi di Hilbert.
Analogamente, si può mostrare che , lo spazio delle funzioni a quadrato sommabili , è isomorfo a se lo spazio è separabile. L'isomorfismo manda in . Possiamo combinare ciò con il precedente esempio e concludere che e sono entrambi isomorfi a .
Il prodotto tensore di spazi di Hilbert ricorre nella meccanica quantistica. Se una particella è descritta dallo spazio di Hilbert , ed un'altra particella da , allora il sistema composto dalle due particelle è descritto dal prodotto di e . Per esempio, lo spazio necessario a descrivere un oscillatore armonico quantistico è , e per descrivere due oscillattori armonici si userà , che è isomorfo a . Quindi il sistema a due particelle è associato ad una funzione d'onda della forma . Un esempio più generale è fornito dagli spazi di Fock, che descrivono un sistema con un numero variabile di particelle.
Come detto sopra, uno degli assiomi della meccanica quantistica moderna è che se due sistemi sono descritti dagli spazi di Hilbert e allora il sistema complessivo è descritto dal prodotto tensore .
Una conseguenza diretta di questo assioma è il fenomeno dell'entanglement : l'esistenza di stati del sistema complessivo che non sono direttamente interpretabili a partire dagli stati delle sue componenti e .
Per essere più precisi, supponiamo che i sistemi rappresentati da e siano qubit, e quindi che (ma la situazione si generalizza immediatamente a qualsiasi dimensione finita).
Scegliamo una base in ed una in , indicandole con , allora il generico vettore nel prodotto tensore si scrive come
Come si vede il generico vettore è allora sovrapposizione di vettori fattorizzabili, ossia corrispondenti ad una elemento in . A prima vista, questo, potrebbe sembrare la manifestazione dell'entanglement, ma non è così: si tratta semplicemente della conseguenza dell'assioma della meccanica quantistica che impone di usare gli spazi di Hilbert per rappresentare gli stati di un sistema.
Il fenomeno dell'entanglement è qualcosa di diverso: per il generico vettore non è detto che esista un vettore in ed uno in che fattorizzano , ossia per i quali valga .
Bisogna fare attenzione al fatto che un vettore potrebbe non sembrare fattorizzato per una certa scelta di basi in e , ma esserlo per un'altra scelta di basi.
In genere, se nessuno dei due spazi ha dimensione , esistono vettori non fattorizzabili per alcuna base e questi vengono chiamati stati entangled.
I linguaggi di programmazione possono avere questa applicazione predefinita. Ad esempio, in APL il prodotto tensore è espresso come :
oppure .
In J il prodotto tensore è la forma diadica; per esempio
oppure .
Si noti che il trattamento con J permette la rappresentazione di alcuni campi tensoriali (così e possono essere funzioni invece che costanti -- il risultato è allora una funzione derivata, e se e sono differenziabili allora anche è differenziabile).
Comunque questo tipo di notazione non è universalmente presente nei linguaggi per la manipolazione di vettori. Alcuni linguaggi richiedono l'esplicito trattamento degli indici (per esempio, MATLAB) e possono supportare o meno funzioni di ordine più elevato come lo jacobiano (per esempio, Fortran/APL).
In relazione a geometria e topologia differenziali (alcuni di questi testi, più orientati alla geometria, presentano il prodotto tensoriale solo con le forme multilineari):
(EN) John Lee, Introduction to Smooth Manifolds, Springer, 2002, ISBN0-387-95448-1.
(EN) Frank Warner, Foundations of Differentiable Manifolds and Lie Groups, Springer, 1983, ISBN0-387-90894-3.
(EN) Michael Spivak, A Comprehensive Introduction to Differential Geometry, Volume 1, Publish or Perish, Inc., 2005, ISBN0-914098-70-5.
(EN) Klaus Jänich, Vector Analysis, Springer, 2001, ISBN0-387-98649-9.
(EN) C. T. J. Dodson, Tim Poston, Tensor Geometry. The Geometric Viewpoint and its Use, Springer, 1991, ISBN3-540-52018-X.
(EN) Shiing-shen Chern, W. H. Chern; K. S. Lam, Differential Geometry, World Scientific Publishing, 2000, ISBN981-02-4182-8.
(EN) Richard Bishop, Samuel Goldberg, Tensor Analysis on Manifolds, Dover, 1980, ISBN0-486-64039-6.
(EN) James Munkres, Analysis on Manifolds, Westview Press, 1990, ISBN0-201-31596-3.
Per vedere il prodotto tensoriale usato in altri ambiti matematici:
(EN) P. J. Hilton, U. Stammbach, A Course in Homological Algebra, Springer, 1997, ISBN0-387-94823-6.
(EN) David Eisenbud, Commutative Algebra: with a View Toward Algebraic Geometry, Springer, 1999, ISBN0-387-94269-6.
(EN) Michael Atiyah, K-theory, Westview Press, 1994, ISBN0-201-40792-2.