Asia centrale
Asia centrale | |
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Stati | ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
Superficie | 4 002 000 km² |
Abitanti | 73 813 330 |
Densità | 18 ab./km² |
![]() Asia centrale (Macroregione ONU) |
L'Asia centrale è una regione interna dell'Asia che, convenzionalmente, si estende dalla sponda asiatica del mar Caspio fino alla Cina nord-occidentale. Conosciuta dai Romani con il nome di Transoxiana e attualmente chiamata anche Turkestan Occidentale, la regione comprende cinque Stati, un tempo parte dell'Unione Sovietica e indipendenti dal 1991, di cultura e lingua turca, ad eccezione del Tagikistan, di lingua e cultura persiana. Parte della popolazione pratica ancora oggi il nomadismo e la religione più diffusa è l'islam sunnita.[1]
L'area è caratterizzata da una variegata realtà etnica, geografica e culturale, dovuta al susseguirsi di invasioni, migrazioni, stanziamenti di tribù, formazione di città-Stato e vasti imperi. In tempi e geografie diverse, la regione fu dominata da Ciro il Grande, dall'Impero macedone di Alessandro Magno, dalle orde mongole di Gengis Khan e dalla dinastia timuride di Tamerlano, per poi passare infine sotto il dominio russo e successivamente sovietico. Situata al crocevia dell'antica Via della Seta, l'Asia centrale è stata nei secoli attraversata da mercanti, artisti, scienziati e intellettuali, che ne fecero una regione culturalmente ricca e stimolante, una grandezza che si può ancora percepire nelle storiche città di Samarcanda, Khiva e Bukhara.[2]
Recentemente, la regione è oggetto di un grande piano strategico di sviluppo cinese, chiamato Nuova Via della Seta, che mira a potenziare e creare infrastrutture di trasporto e logistica per collegare Asia, Europa e Africa.[3]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Dal neolitico al Medioevo
[modifica | modifica wikitesto]Il Neolitico in Asia centrale risale a periodi remotissimi; successivamente si trovano segni della presenza di agricoltori sedentari dal VII millennio a.C. nella regione del Kopet Dag, testimoniati dalla cultura di Geitun. A questa succede la cultura di Namazga a partire dal VI millennio a.C. L'Asia centrale fu un vero crocevia di civiltà. I suoi più antichi abitanti chiaramente identificati sono popoli indoeuropei provenienti da ovest: i Tocari, che vissero nel bacino del Tarim dal 2000 a.C., e gli Iranici, i quali occuparono, a partire dal I millennio a.C., l'intera regione tranne il bacino del Tarim e la Mongolia. Si possono citare anche gli Indoari, affini agli Iranici, che vissero in Battriana attorno al 2000 a.C. prima di spostarsi in India settentrionale alcuni secoli più tardi. Più a nord, in Siberia meridionale, fioriva la cultura di Andronovo.

Le regioni note ai Greci erano la Battriana (tra l'odierno Uzbekistan e l'Afghanistan), la Sogdiana (attorno a Samarcanda) e la Corasmia (a sud del lago d'Aral). I loro nomi sono tutti di origine iranica. In queste tre regioni sorsero civiltà sedentarie avanzate i cui popoli fondatori non sono ancora stati identificati con certezza. Stabilendosi qui, Iranici e Indoari assimilarono almeno in parte i costumi degli autoctoni, che erano sedentari e si dedicavano all'agricoltura e al commercio. Un popolo iranico, i Sogdiani, fondò Samarcanda, la cui bellezza fu esaltata anche da Alessandro Magno. Più a nord, gli Iranici rimasero nomadi e occuparono il Kazakistan e il nord dell'Uzbekistan, lasciando tombe risalenti al I millennio a.C.
Il conflitto tra nomadi e sedentari è una costante della storia dell'Asia centrale. I nomadi, di carattere guerriero, effettuavano razzie che costringevano i sedentari a rifugiarsi entro centri fortificati. A volte si riunivano per formare vasti imperi capaci di terribili distruzioni. I Tocari divennero sedentari e adottarono l'agricoltura di irrigazione. Una parte di loro rimase tuttavia nomade, si stabilì nel Gansu e fondò il primo impero dell'Asia centrale; i Cinesi li chiamarono Yuezhi. L'Asia centrale era attraversata dalla Via della Seta, la cui apertura risale a epoche molto antiche: la presenza di seta cinese è attestata in Battriana fin dal 1500 a.C. Nel 1918, fu ritrovata in Zungaria una moneta datata III secolo a.C. e proveniente da Panticapeo, una città greca a est della Crimea.
A partire dagli ultimi secoli a.C., la storia dell'Asia centrale fu segnata dall'avanzata dei popoli turchici e mongoli, originari della Siberia e della Mongolia orientale, che assimilarono progressivamente gli Indoeuropei o li spinsero a migrare. Fu in questo periodo che gli Xiongnu obbligarono i Yuezhi ad abbandonare il Gansu, e mezzo millennio più tardi sorse l'impero dei Turchi Celesti (Göktürk), che sottomise tutta l'Asia centrale fino alla Battriana e alla Sogdiana.
I Turchi Blu (o Celesti) furono seguiti dagli Uiguri nel 744; anch'essi turchi, vennero costretti dai Kirghizi a lasciare la Mongolia. Si diressero allora verso il Gansu e il bacino del Tarim, dove assimilarono i Tocari. A ovest, intanto, avanzavano gli Arabi, portatori dell'Islam. Ciò provocò la scomparsa dell'antica religione iranica (nata probabilmente in Battriana), lo zoroastrismo, e del buddhismo, arrivato in Asia centrale all'inizio dell'era cristiana. Più di Sogdiani e Battriani, i Tocari erano divenuti ferventi buddhisti.
Al loro arrivo nel bacino del Tarim, gli Uiguri si convertirono inizialmente al buddhismo, ma poi divennero musulmani, come quasi tutti i popoli turchi, in seguito alla conquista da parte dello Stato turco-islamico qarluq-karakhanide e poi del Khanato Chagatai, anch'esso musulmano, i quali islamizzarono completamente il bacino del Tarim.

Anche manicheismo e cristianesimo nestoriano si diffusero in Asia centrale durante il Medioevo: il khan degli Uiguri si convertì al manicheismo dopo aver conquistato Chang'an (Xi'an) nel 762, e preziosi manoscritti risalenti alla fine del I millennio sono stati ritrovati nello Xinjiang e nel Gansu, nel nord-ovest della Cina. Il nestorianesimo raggiunse la Mongolia e la Cina, e diverse principesse della famiglia di Gengis Khan furono nestoriane.
Dall'inizio del II millennio, l'Asia centrale fu il centro di vasti imperi formati da conquistatori come Gengis Khan e Tamerlano, che però durarono ben poco oltre la morte dei loro fondatori. I popoli turchi (Kirghizi, Uzbeki, Kazaki, Turkmeni, Uiguri) che oggi abitano la maggior parte dell'Asia centrale vi giunsero in epoca relativamente recente. Gli Uzbeki, per esempio, si insediarono in Uzbekistan a partire dal XIV secolo, dopo aver sconfitto i discendenti di Tamerlano. Gli Uiguri attuali non parlano più la lingua dei loro antenati arrivati nello Xinjiang dopo l'840, ma una lingua di ceppo karluk, strettamente imparentata con l'uzbeko e assai simile a quest'ultimo.
Della lingua sogdiana non resta che un dialetto parlato in qualche villaggio sulle rive del fiume Yaghnob. Molto del suo vocabolario è però stato assorbito dal persiano moderno, di cui il tagico è una variante. Un'altra lingua iranica, il pashto, è parlata in parte dell'Afghanistan. Il pashto è, inoltre, l'unica lingua iranica orientale attuale ad avere un numero considerevole di parlanti (tra i 50 e i 60 milioni), mentre l'osseto, la seconda lingua iranica orientale per diffusione, non arriva nemmeno a un milione di parlanti. Nello specifico, il pashto appartiene al ramo sudorientale delle lingue iraniche.[4]
Espansione russa
[modifica | modifica wikitesto]L'espansione russa in Asia centrale ebbe inizio con la sconfitta dei Tatari e la conquista di Kazan' nel 1552 da parte di Ivan il Terribile, per poi concludersi quattro secoli dopo con l’assoggettamento delle regioni centroasiatiche, che sarebbero diventate repubbliche dell'Unione Sovietica.

Dopo la caduta di Kazan', numerose spedizioni russe si spinsero in Asia centrale a scapito dei popoli turchi, fino alla definitiva conquista della regione tra il 1864 e il 1876. Sottomesso il Caucaso nel 1859, l'Impero zarista completò l'espansione a est con rapide vittorie: nel 1865 fu catturata Tashkent, destinata a diventare capitale della nuova provincia del Turkestan; tre anni dopo cadde Samarcanda (1868) e, nello stesso anno, l'emirato di Bukhara divenne un protettorato russo, mentre Khiva, che aveva rigettato le proposte russe, si arrese solo nel 1873.[5]
Le motivazioni che spinsero la Russia a cercare il dominio della regione furono di varia natura: imperativi economici – in primo luogo il rifornimento di materie prime, soprattutto cotone, e l'accesso a nuovi mercati per un'economia in espansione[6] – motivi strategici, volti a creare una zona cuscinetto meridionale per bloccare la penetrazione britannica e guadagnare una posizione di vantaggio da cui minacciare il subcontinente indiano nel caso di una nuova guerra di Crimea[7] - e infine una giustificazione di tipo morale, basata sulla presunta superiorità dei russi e sulla loro «missione civilizzatrice» in Asia.[8]
La rapida espansione zarista preoccupò tuttavia le altre potenze interessate all'area, in primo luogo la Gran Bretagna, che temeva per i propri territori nel subcontinente indiano. Si sviluppò così il cosiddetto «Grande Gioco», ovvero la competizione anglo-russa nell'area, che terminò nel 1907 con la firma di un'intesa tra Russia e Gran Bretagna, in cui venivano definite le rispettive sfere d'influenza.[9]
I territori conquistati dai russi furono amministrati in stile coloniale, attraverso la forma del protettorato, e «coloniale» fu anche la politica zarista nei confronti della popolazione musulmana della regione: questa non venne considerata cittadina dell'Impero, continuò a sottostare alla propria legge islamica e fu esentata dal servizio militare.[10]
Allo scoppio della Prima guerra mondiale, i protettorati centroasiatici si dichiararono inizialmente fedeli allo zar, ma quando i musulmani rifiutarono di arruolarsi nell'esercito, venne avviata una dura repressione[11] che rese evidente il fallimento del governo nel creare un rapporto di fiducia con le popolazioni dell'Asia centrale.[12]
Le richieste di autodeterminazione dei popoli musulmani della regione, i quali durante il colonialismo zarista avevano vissuto un periodo di fermento culturale grazie a movimenti riformisti islamici come lo jadidismo e stavano ora sviluppando un sentimento di nazionalismo pan-turco,[13] furono ignorate sia dal nuovo governo provvisorio sia da quello rivoluzionario. L'appello di Lenin, «A tutte le popolazioni musulmane di Russia e dell'Est», prometteva infatti alle minoranze solo l'autonomia, e non l'indipendenza, favorendo così la nascita di movimenti ribelli. Benché non organizzati in un vero e proprio movimento indipendentista per mancanza di una leadership unitaria, essi ebbero un ruolo di rilievo nelle rivolte contro il governo: molti aderirono alla guerriglia basmacia[14] o si unirono alle truppe Bianche.[15]
Terminata la guerra civile, le élite tradizionali furono cooptate nel sistema comunista e si procedette a una «bolscevizzazione» delle masse musulmane, affrontando al contempo la «questione nazionale» secondo il modello marxista, che prevedeva l'autodeterminazione dei popoli senza la disgregazione dello Stato.[16] Portavoce delle richieste dei comunisti dell'Asia centrale fu Mirsaid Sultan Galiev, il quale propose la creazione di un partito comunista musulmano e di un'Armata Rossa islamica indipendente: entrambe le istanze furono però respinte.[17]
Periodo sovietico
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Mentre la guerra civile era ancora in corso e la guerriglia dei basmaci continuava ad agire, in Asia centrale, nel 1921, fu creata la Repubblica Socialista Sovietica Autonoma del Turkestan (RSST). Tuttavia, tra il 1924 e il 1936 la regione assunse la forma con cui, negli anni Novanta, sarebbe giunta all'indipendenza. Nel 1924, infatti, la RSS del Turkestan fu divisa in cinque repubbliche, inizialmente non definitive, inquadrate nell'URSS (l'unione della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa e delle altre Repubbliche Socialiste Sovietiche), creando così, nel caso dell'Asia centrale, nazioni che non erano mai esistite prima, in un tipico stile coloniale, con le medesime conseguenze in termini di frammentazione etnica che si riscontrano anche nelle ex colonie africane.[18]
Questa divisione territoriale, che comportò la rottura dell'integrità culturale e sociale della regione e infranse le aspirazioni dei movimenti pan-islamici e pan-turchi, rispondeva a una politica delle nazionalità basata su una logica politico-strategica di divide et impera, mirante a indebolire le nuove repubbliche.[19]
L'influenza turca, che ipotizzava una lingua franca per unire le popolazioni turcofone dell'Asia centrale, fu ostacolata dalla divisione sovietica dei territori in stati, ciascuno con una propria lingua nazionale. Inoltre, la presenza di una scrittura comune che conservava il legame con l'islam preoccupava ancora Mosca: nel 1926 si passò quindi all'alfabeto latino e, poco dopo, a quello cirillico, mentre nel 1938 l'insegnamento del russo divenne obbligatorio in tutta l'Unione. A unire i popoli centroasiatici rimaneva comunque la comune identità religiosa, poiché l'islam, profondamente legato a ogni aspetto della vita quotidiana, era più difficile da estirpare. La destrutturazione della società tradizionale avvenne tramite una serie di leggi: nel 1921 fu emanata la norma contro i «costumi» (tra cui l'uso del velo), nel 1927 vennero soppressi i tribunali canonici islamici e tolti i diritti di proprietà dei waqf, mentre la modifica del Codice Penale del 1928 proibito diverse pratiche musulmane (ad esempio la poligamia). Queste iniziative furono accompagnate, nel periodo del Grande Terrore (1934-1938), dall'epurazione dell'intellighenzia]] locale appena formata, accusata di sostenere interessi nazionali anziché quelli dell'Unione, e dalle campagne anti-islamiche.

La collettivizzazione forzata mise infine fine alle forme di nomadismo e seminomadismo, ma i vecchi legami e le strutture di solidarietà si ricomposero all'interno dei kolchoz.[20]
Con la seconda guerra mondiale, l'equilibrio tra le popolazioni fu nuovamente sconvolto: da un lato, alcuni gruppi etnici vennero trasferiti a est poiché sospettati di poter fraternizzare con l'invasore tedesco; dall'altro, aumentò la migrazione di russi nelle repubbliche centroasiatiche, in parte a causa dello spostamento di numerose industrie in Asia centrale e in Siberia per sfuggire all'avanzata nazista, e in parte per ridurre la pressione demografica in Russia. L'industrializzazione, guidata dai russi più competenti in materia, consentì loro di monopolizzare il potere economico e politico della regione.[21]
Terminato il secondo conflitto mondiale – durante il quale si era tentato di mobilitare la popolazione contro i tedeschi – si assistette a un inasprimento delle politiche anti-islamiche, soorattutto nell'era di Chruščëv, quando molte scuole islamiche e moschee furono chiuse, i matrimoni e i funerali celebrati secondo il rito islamico vennero vietati e l'uso del velo fu definitivamente proibito. Solo negli anni Sessanta iniziò a riaffiorare il sentimento nazionalista e islamico.
Il riformismo di Gorbačëv, salito al potere nel 1985, non ebbe effetti particolarmente evidenti sull'Asia centrale. I presidenti dei partiti comunisti delle cinque repubbliche si ritirarono in quegli anni e vennero sostituiti da politici russi, aumentando il malcontento della popolazione in un periodo di fermento nazionalistico, alimentato anche da ciò che accadeva nel vicino Afghanistan con la lotta dei mujaheddin.
La questione afgana influenzò fortemente i sentimenti delle repubbliche centroasiatiche nei confronti di Mosca: l'invasione sovietica del 1979 aveva portato nella regione, grazie alla sua posizione strategica, notevoli benefici economici, ma ora preoccupava la prospettiva di un ritiro delle truppe deciso senza consultare i leader degli stati centroasiatici, dimostrando così che Mosca considerava ancora l'area come una colonia.
Il timore per la crescente diffusione del fondamentalismo islamico e del nazionalismo bloccò la via del riformismo, mentre rivolte e repressioni si susseguirono fino agli ultimi anni di vita dell'Unione.[22]
Indipendenza
[modifica | modifica wikitesto]Le cinque repubbliche centroasiatiche ottennero l'indipendenza nel 1991, nel quadro di un evento che scardinò un assetto internazionale esistente fin dal secondo dopoguerra: la dissoluzione dell'Unione Sovietica. Nacquero così Stati che non erano mai esistiti prima, almeno in questa forma. L'indipendenza fu un fenomeno peculiare, poiché derivò dall'implosione del centro più che da una volontà delle periferie; mancava infatti un reale coinvolgimento sia dal basso – non essendoci un movimento popolare che la rivendicasse – sia dall'alto, dal momento che le élite, perlopiù formate da quadri filosovietici, avevano votato nel referendum del marzo del 1991 affinché l'Unione Sovietica fosse mantenuta.[23]
Il passaggio all'indipendenza avvenne senza spargimento di sangue, con l'eccezione del Tagikistan, dove nel 1992 scoppiò una guerra civile tra forze governative, sostenute dalla Russia, e l'opposizione islamica, che causò quasi 100.000 morti.[24]
I leader delle nuove repubbliche si trovarono subito a fronteggiare problemi economici: la fine dei sussidi da parte di Mosca e dei privilegi fra le repubbliche dell'era sovietica, unita alle difficoltà della transizione verso un'economia di mercato in sistemi che per sessant'anni si erano basati sulla pianificazione centrale, ebbe come prima conseguenza un drastico calo degli standard di vita. Il deterioramento dei servizi di base e l'indebolimento del sistema di welfare contribuirono ulteriormente al peggioramento delle condizioni sociali.
La transizione politica verso una democrazia di tipo occidentale, sulla scia di quanto accaduto in Europa centrale, non si realizzò nell'Asia post-sovietica. Al contrario, si affermò un crescente accentramento del potere nelle mani dei presidenti, caratterizzato da ripetute modifiche costituzionali, referendum con conferme plebiscitarie e fenomeni di corruzione.[25]

Infine, il crollo del sistema ideologico marxista-leninista creò un vuoto sociale e culturale, suscitando forte spaesamento. Ci fu quindi una ricerca di legittimazione che si svincolasse dai legami con l'epoca sovietica, spesso orientata verso l'islam come nuova base morale e culturale, associata alla creazione di un intenso culto della personalità dei presidenti, divenuti dell’integrità nazionale.[26]
In tale panorama si inseriscono i problematici rapporti tra il gruppo titolare e le etnie minoritarie, danneggiate dall'instaurarsi di politiche che, esaltando i caratteri dell'etnia maggioritaria hanno finito per escludere alcuni gruppi dalla vita politica, economica e sociale del paese, creando così motivi di instabilità che spesso in Asia centrale sono sfociati in scontri di matrice etnica.[27][28] Il sistema tribale clanico, mai del tutto annullato nel periodo sovietico, è tornato così ad essere un elemento chiave nelle dinamiche politiche e sociali, grazie al quale sussistono forti reti di legami tramite cui l'individuo trova una propria collocazione.[29]
Il risultato di questa complessa transizione sono dei “regimi ibridi mescolanti qualche elemento (per lo più formale) di democrazia con un solido impianto autoritario”,[25] anche se con gradazioni più o meno forti, dalla relativa tolleranza del Kazakistan all’impostazione totalitaria del Turkmenistan.
Altri fattori tuttavia hanno contribuito all'instabilità della regione soprattutto dopo l'11 settembre 2001, in particolare le questioni legate alla sicurezza, a causa ad esempio delle incursioni della guerriglia dell'Islamic Movement of Uzbekistan (IMU) o la crescente popolarità del gruppo radicale islamico Hizb ut-Tahrir.[30]
In alcuni casi il dissenso ha seguito la strada percorsa da altri Stati ex sovietici, quello cioè delle rivoluzioni colorate,[31] come nel caso della “rivoluzione dei tulipani” in Kirghizistan nel 2005, mentre in Uzbekistan, a maggio dello stesso anno, le proteste sono state duramente represse con massacri di civili, come quello avvenuto nella città di Andijan.[32][33]
Descrizione
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Definizioni
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definizione dell'Unione Sovietica
definizione della Federazione Russa
definizione dell'UNESCO
I confini geografici dell'Asia centrale sono stati soggetti nel tempo a varie definizioni, anche se l'accezione più diffusa rimane quella che include le cinque repubbliche ex-sovietiche, ora indipendenti:
Kazakistan, con capitale Astana.
Kirghizistan, con capitale Biškek.
Tagikistan, con capitale Dušanbe.
Turkmenistan, con capitale Aşgabat.
Uzbekistan, con capitale Tashkent.
La definizione ufficiale di Asia centrale data dall'Unione Sovietica limitava la regione a soli Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan e Kirghizistan, senza includere il Kazakistan. La nuova definizione data dalla Federazione Russa include ora anche il Kazakistan.
L'UNESCO definisce invece i confini della regione in base a criteri storico-culturali includendo così anche altri Stati: la Mongolia, la Cina occidentale (incluso il Tibet), il nord-est dell'Iran, l'Afghanistan, parte della Russia e le parti settentrionali di India e Pakistan.[34] L'Asia centrale è delimitata a nord e nord-ovest dalla Russia, ad est dalla Cina, in particolare dalla Regione autonoma dello Xinjiang, a sud dall'Afghanistan e dall'Iran e ad ovest dal Mar Caspio. L'area, per le sue dimensioni, presenta una grande varietà di territori, prevalentemente pianeggianti ad esclusione delle catene montuose ad est. Nella sua parte settentrionale, dal Volga alla Mongolia passando per il Kazakistan, si stende una vasta steppa dove il nomadismo pastorale è stato sempre il sistema di vita più diffuso, anche se oggi in declino.
Geografia
[modifica | modifica wikitesto]La zona meridionale è caratterizzata da un paesaggio desertico, in particolare in Turkmenistan e in Uzbekistan, dove si trovano i deserti del Karakum (le Sabbie Nere) e del Kizilkum (le Sabbie Rosse). Nell'area che va dal Mar Caspio al Lago d'Aral si trova invece il bassopiano turanico.

A sud-est dell'Asia centrale, in particolare nei territori del Tagikistan e Kirghizistan, si ergono le alte catene montuose del Pamir, dello Tien Shan e dell'Hindu Kush: le vette principali sono il picco Ismail Samani (7495 m s.l.m.) e il Picco Ibn Sina (7134 m s.l.m.), rispettivamente noti come Picco del Comunismo e Picco di Lenin nella topografia sovietica.
La provincia cinese dello Xinjiang, regione autonoma abitata dagli uiguri, popolazione di origine turcofona, e spesso inglobata nella definizione di Asia centrale, è formata da due bacini idrografici separati da una catena di monti, il bacino del Tarim, in gran parte occupato dal deserto di Taklamakan, a sud e la Zungaria a nord. Più a est si estende il deserto di Gobi.[35]

Tre grandi fiumi attraversano la regione: ad est il fiume Ural, che sfocia nel Mar Caspio e i fiumi, ora in parte prosciugati, Syr Darya e Amu Darya che si immettono nel lago d’Aral, anch'esso vittima di una catastrofe ambientale che sta portando alla sua scomparsa. Altri laghi della regione sono il mar Caspio, il lago Balqaš (Kazakhistan), il lago Issyk-Kul' (Kirghizistan) nonché vari bacini artificiali come il Toktogul, creato da una diga idroelettrica o il lago Chagan, nato da un test nucleare nel 1965.[36]
Lontana dai mari, l'Asia centrale ha un clima continentale, con elevate escursioni termiche annue e scarse precipitazioni che hanno reso necessario un forte prelievo di acqua dai bacini idrici ai fini dell'agricoltura: a questo scopo e per la produzione di energia idroelettrica, a partire dagli anni 1960 si costruirono numerose dighe che, drenando le acque dei fiumi Syr Darya e Amu Darya, causarono un forte prosciugamento del lago d'Aral,[37] una vera catastrofe ecologica.[38] Il lago d'Aral, infatti, è un lago salato formatosi dopo lo scontro delle placche euro-asiatiche che hanno causato l'intrappolamento dell'acqua dell'oceano in questa conca. Con la riduzione dell'affluenza d'acqua dolce al lago la concentrazione di salinità è aumenta e il sale trasportato dai venti si è depositato nelle pianure circostanti rendendo improduttivo il terreno.[39]
Ambiente
[modifica | modifica wikitesto]Flora e fauna
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Le montagne del Kirghizistan, del Kazakistan, del Tagikistan, dell'Uzbekistan e dello Xinjiang sono l'ambiente ideale per le alte distese erbose chiamate jailoo. In estate i fiori di campo (tra cui gli iris e le stelle alpine) sono un tripudio di colori. Le trote si nascondono nei torrenti impetuosi; le marmotte e i pika sono cibo per le aquile e per i gipeti; lo schivo leopardo delle nevi caccia gli stambecchi con i quali divide la passione per i picchi rocciosi e i dirupi; qui troviamo anche la pecora svertsov che prende il nome dal padre russo della zoologia dell'Asia centrale. Le foreste di abete rosso, di larice e di ginepro del Tian Shan danno riparo alla lince, al lupo, al cinghiale e all'orso bruno.
Ad altitudini più elevate, nelle praterie della tundra, la pecora di Marco Polo vaga in gregge e nei pressi dei laghi di pianura e degli acquitrini si possono vedere i fenicotteri. I Kirghisi delle valli del Pamir, tra i 3 000 e i 4000 m di quota, pascolano mandrie di yak domestici. I pastori delle alte quote e gli scalatori raccontano storie di avvistamento dello yeti. Le cime del Pamir sono assolutamente prive di alberi.[40]
Più in basso, sui monti del Kirghizistan meridionale, dell'Uzbekistan, del Tagikistan e del Turkmenistan ci sono foreste di noci selvatici, pistacchi e ginepri, albicocchi e meli.
Le steppe - che sono rimaste dopo l'avvio delle coltivazioni intensive - sono ricoperte da erba e da arbusti bassi come il saxaul. Nelle zone in cui si innalzano fino alle pendici dei monti, le steppe producono grandi distese di papaveri selvatici (compresi quelli da oppio) e di tulipani. Il chiy, un'erba comune con steli biancastri simili a canne, è usata dai nomadi per fare tramezzi decorativi per le loro yurte. A volte i nomadi, oltre i cavalli e le pecore, allevano i cammelli a due gobbe, detti "battriani" dal nome con cui era conosciuta un tempo la regione.

I caprioli, i lupi, le volpi e i tassi dimorano nella steppa, così come la saiga, una specie di antilope. Il fagiano, ampiamente diffuso nell'America del nord e in Italia, è originario delle steppe dell'Asia centrale, e qui si incontrano molte specie di pernici, il gallo forcello, le otarde e i loro predatori, i falconi e gli sparvieri. Spesso il primo contatto con la natura da parte dei bambini avviene con le onnipresenti tartarughe e i porcospini.
In pianura i fiumi e le coste dei laghi propongono un mondo diverso, con folti boschi di olmo, di pioppo, i canneti e le macchie arbustive. In queste fasce di densa vegetazione dimorano il cinghiale, lo sciacallo e il cervo - l'Amu-Darya è l'habitat di una sottospecie endemica di cervo. Oche, anatre e numerose specie di uccelli acquatici migrano verso gli acquitrini. Un pesce simile alla carpa chiamato sazan è la preda più ambita.
Nel Karakum, nel Kizilkum, e nel Taklamakan, come in tutti i deserti, ci sono molte cose da vedere. La gazzella gozzuta (detta anche jieran, djeran e jeran) abita i deserti dell'Uzbekistan occidentale e del Turkmenistan. Tartarughe, topi del deserto e topi delle piramidi (piccoli roditori saltatori con lunghe zampe posteriori) abbondano ovunque sia possibile fare una buca nel terreno. Essi sono cibo per le volpi, le lucertole e le varie specie di serpenti. Il Turkmenistan è famoso per i grandi serpenti velenosi, tra cui vipere e cobra.
La natura del Turkmenistan comprende numerose specie tipiche del Medio Oriente, il che è comprensibile se considerate che la distanza da Baghdad di alcune località del paese è uguale a quella che le separa da Tashkent. I leopardi e i porcospini abitano le colline aride. Il varano o «coccodrillo di terra» è di fatto un tipo di grande lucertola della regione.
I monti Altaj sono ricchi di foreste di pino siberiano, betulle, larici e abeti. Il lago Hanas nello Xinjiang offre un raro esempio di taiga (foresta di conifere).[41]
Società
[modifica | modifica wikitesto]Popolazione
[modifica | modifica wikitesto]L'Asia centrale ha una popolazione di circa 74 milioni di abitanti, con una densità di quasi 18 abitanti per km quadrato.[42] La zona più popolata è la valle di Fergana, mentre le aree montuose e desertiche sono scarsamente abitate o disabitate.

Nome | Superficie (km2) |
Popolazione (2023) |
Capitale (abitanti; 2019) |
---|---|---|---|
![]() |
2 724 900 | 19 543 464 | Astana (1 029 556 ab.) |
![]() |
199 951 | 6 122 781 | Biškek (976 734 ab.) |
![]() |
144 100 | 9 245 937 | Dušanbe (778 500 ab.) |
![]() |
488 100 | 5 690 818 | Aşgabat (860 000 ab.) |
![]() |
447 400 | 31 360 836 | Tashkent (2 509 969 ab.) |
Asia centrale | 4 004 451 | 71 963 836 |
Etnie
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Le cinque repubbliche dell'Asia centrale sono multietniche: si contano infatti presenti nella regione più di 40 gruppi distinti, alcuni dei quali contano solamente un centinaio di individui.[43]
Le etnie principali sono quelle relative ai cinque gruppi nazionali titolari, ovvero kazachi, uzbeki, turkmeni, kirghisi e tagichi, maggioritari nei relativi stati e distribuiti anche negli stati vicini: si tratta infatti perlopiù di popolazioni un tempo nomadi, mentre la divisione territoriale in stati-nazione non ha seguito le linee etniche, creando una distribuzione molto frammentata soprattutto nelle regioni più ricche, come la valle di Fergana, e la creazione di parecchie enclavi. La presenza di molti altri gruppi fa sì che in alcuni casi l'etnia titolare superi di poco la metà degli abitanti, come ad esempio in Kazakhistan, dove i kazachi contano soltanto per circa il 53% del totale della popolazione. Gli uzbeki, maggioritari in patria, sono invece la seconda minoranza nazionale nei vicini Kazakhistan, Kirghizistan e Turkmenistan.[44]
Un'importante minoranza è quella russa che conta per il 20% della popolazione totale della regione: l'etnia è presente soprattutto in Kazakhistan dove i russi sono quasi 4 milioni, anche se in continua diminuzione.[45]
Dagli anni '20, quando Stalin ricopriva il ruolo di Commissario del Popolo per le Nazionalità, vennero organizzate deportazioni di tutte le minoranze percepite come pericolose ed ostili da varie parti dell'Unione Sovietica verso la Siberia e l'Asia centrale; in particolare con la seconda guerra mondiale le minoranze situate ai confini, come tedeschi o coreani, vennero spostate in altre regioni per impedire che fraternizzassero con il nemico tedesco e giapponese.[46]
I principali gruppi etnici presenti come minoranza nella regione sono quindi, oltre ai russi, gli uiguri, i mongoli, gli ucraini, i coreani, i tedeschi del Volga, i tatari, gli ingusci, i ceceni, i ciuvasci, i baschiri, i caracalpachi, i dungani, i polacchi, gli armeni e gli azeri.[47]
Lingue
[modifica | modifica wikitesto]Le principali lingue parlate in Asia centrale sono quelle nazionali dei cinque stati sovrani, quindi il kazako, l'uzbeco, il turkmeno, il kirghiso e il tagico: solo quest'ultima è una lingua di origine persiana, mentre le altre appartengono alla famiglia delle lingue turche.[48]
Anche il russo resta largamente diffuso ed è lingua co-ufficiale assieme a quella nazionale in Kazakistan e Kirghizistan. Nel Karakalpakstan, repubblica autonoma situata nella zona occidentale dell'Uzbekistan, il karakalpako è lingua ufficiale assieme all'uzbeco.
Altre lingue minoritarie, in molti casi frutto dello spostamento forzato di in epoca staliniana o semplicemente dovute a secoli di movimento delle tribù nomadi, sono il coreano, il tedesco, l'ucraino, il tataro, il parya, il pashtu e il dungano, nonché varie lingue diffuse nella zona del Pamir.[49]
La diffusione delle lingue difficilmente ricalca i confini politici degli Stati e sono diffuse, a volte in modo consistente, anche nei paesi limitrofi, come ad esempio il tagico, che ha un numero maggiore di parlanti nel vicino Afghanistan.[50]
Religioni
[modifica | modifica wikitesto]La religione più diffusa in Asia centrale è l'islam sunnita, in particolare la scuola hanafita; gruppi sciiti sono presenti in scarso numero in tutte le repubbliche, in particolare tra la minoranza azera.[51] Il cristianesimo è la seconda religione più diffusa, perlopiù con la Chiesa ortodossa russa.
Prima dell'arrivo dell'islam erano religioni diffuse lo zoroastrismo, culto monoteista nato in Iran e largamente presente in Asia centrale,[52] praticato oggi da un'esigua minoranza, soprattutto in Tagikistan,[53] e il buddismo, diffusosi nella regione grazie agli scambi e ai movimenti di persone, beni e idee lungo la Via della Seta.[54] Il Tengrismo è una religione sciamanica nata in Asia centrale e praticata dalle tribù turco-mongole che recentemente ha visto una rinascita soprattutto in chiave identitaria in particolare in Kirghizistan, dove si contano circa 50.000 fedeli (il lago Issyk-kul è considerato sacro da questa religione) e in misura minore in Kazakhistan.[55][56]
Un tempo presenti con comunità numerose in Uzbekistan e Tagikistan, gli ebrei bukhariani contano ad oggi poche centinaia di persone, concentrate a Bukhara, Samarcanda e Tashkent, mentre a migliaia sono emigrati in Israele e negli Stati Uniti.[57][58]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Asia centrale, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
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- ^ La Repubblica socialista sovietica (RSS) del Turkmenistan, la RSS dell'Uzbekistan, la Repubblica autonoma del Kirghizistan (l'attuale Kazakistan) e quella del Kara-Kirghizistan (l'attuale Kirghizistan), il Tagikistan, prima compreso nella Repubblica uzbeka, diventerà RSS nel 1929, perdendo Samarcanda (che ancora oggi è una città prevalentemente tagika); nello stesso anno il Kirghizistan cambierà nome in Kazakistan e il Kara-Kirghizistan in Kirghizistan. Entrambe otterranno lo statuto di RSS nel 1936.
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Bibliografia
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Voci correlate
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Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Asia centrale, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- (EN) Central Asia / Western and central Asian region, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) CENTRAL ASIA, in Encyclopædia Iranica, Ehsan Yarshater Center, Columbia University.
- Università di Torino-Osservatorio sull'Asia Centrale, su oac.unito.it. URL consultato il 16 febbraio 2019 (archiviato dall'url originale il 15 gennaio 2016).
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- (EN) Central Asia-Caucasus Institute, Silk Road Studies Program, su silkroadstudies.org. URL consultato il 20 maggio 2021.
- (EN) Fergana News Agency, su en.fergana.agency. URL consultato il 5 giugno 2021.
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