Micronesia

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Stati Federati di Micronesia

La Micronesia è una delle macroregioni in cui tradizionalmente viene divisa l'Oceania. Si trova a est delle Filippine, a nord-est dell'Indonesia, a nord di Papua Nuova Guinea e della Melanesia e a ovest della Polinesia.

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome Micronesia è stato coniato dal francese Grégoire Louis Domeny de Rienzi e poi diffuso da Jules Dumont d'Urville intorno al 1830 (insieme a quelli della Polinesia, della Melanesia e della Malesia, intesa come arcipelago malese) e deriva dal greco antico μικρος (piccolo) e νησος (isola), cioè "piccole isole".

Questa definizione si basava su preconcetti razziali che non corrispondono all'antropologia moderna.[1] Secondo una definizione più moderna, introdotta nel 1973 dai geografi Roger Green ed Andrew Pawley[2], la Micronesia farebbe parte dell'Oceania lontana.

Stati e territori[modifica | modifica wikitesto]

Posizione geografica della Micronesia

La regione è composta da centinaia di piccole isole. Politicamente è divisa in cinque Stati indipendenti e due territori dipendenti dagli Stati Uniti d'America:

Arte[modifica | modifica wikitesto]

Dal punto di vista artistico la regione si può suddividere in undici aree, differenziate per lingua e religione. Anche se la scultura è rara, notevole è la grande costruzione di pietra a Nan Madol, una residenza reale caratterizzata da colonne alte cinque metri e da pietre angolari pesanti anche cinquanta tonnellate.[3]

Pregevoli e importanti sono gli edifici collettivi in legno presenti in tutta la regione, caratterizzati da decorazioni e pali con sculture zoomorfe stilizzate. Diffusi anche gli imponenti dischi-moneta di pietra e i monili antropomorfi[senza fonte].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Serge Tcherkézoff, A Long and Unfortunate Voyage Towards the ‘Invention’ of the Melanesia/Polynesia Distinction, 1595–1832 (PDF), in The Journal of Pacific History, vol. 38, n. 2, 2003, pp. 175-196.
  2. ^ Green & Pawley, 1973, "Dating the Dispersal of the Oceanic Languages"
  3. ^ Gabriel Mandel, Arte Etnica, Mondadori, Milano, 2001, pag.114

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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