Vanity Fair (rivista italiana): differenze tra le versioni

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==La storia delle riviste statunitensi==
==La storia delle riviste statunitensi==
=== Nascita successo e crisi: Vanity Fair, USA 1913-1936 ===
=== Nascita successo e crisi: Vanity Fair, USA 1913-1936 ===
Una delle riviste denominate Vanity Fair inizia le sue pubblicazioni nel [[1913]], anno in cui l'imprenditore Condé Nast acquista la rivista di moda maschile ''Dress'', rinominandola ''Dress and Vanity Fair''. L'anno successivo, dopo un breve periodo di inattività, la rivista venne rilanciata diventando nota col suo titolo attuale. Si dice che siano stati pagati 3.000 dollari per i diritti di utilizzo del nome "Vanity Fair" negli [[Stati Uniti]] ma non si sa se i diritti fossero detenuti in precedenza da una precedente [[Vanity Fair (rivista inglese)|rivista inglese]] o da altri.
Una delle riviste denominate Vanity Fair inizia le sue pubblicazioni nel [[1913]], anno in cui l'imprenditore Condé Nast acquista la rivista di moda maschile ''Dress'', rinominandola ''Dress and Vanity Fair''. L'anno successivo, dopo un breve periodo di inattività, la rivista venne rilanciata diventando nota col suo titolo attuale. Si dice che siano stati pagati 3.000 dollari per i diritti di utilizzo del nome "Vanity Fair" negli [[Stati Uniti]] ma non si sa se i diritti fossero detenuti in precedenza da una precedente [[Vanity Fair (rivista inglese)|rivista inglese]] o da altri.


La pubblicazione divenne subito un grosso successo commerciale, soprattutto sotto la direzione di Frank Crowninshield, attirando un numero elevato di investitori: nel [[1915]] arrivò a risultare la rivista col maggior numero di pagine [[pubblicità|pubblicitarie]] negli Stati Uniti.
La pubblicazione divenne subito un grosso successo commerciale, soprattutto sotto la direzione di Frank Crowninshield, attirando un numero elevato di investitori: nel [[1915]] arrivò a risultare la rivista col maggior numero di pagine [[pubblicità|pubblicitarie]] negli Stati Uniti.


Nel 1919 Robert Benchley viene nominato caporedattore. Quest'ultimo chiama [[Dorothy Parker]], scrittrice e poetessa di nota firma di ''[[Vogue (rivista)|Vogue]]'' come responsabile della sezione spettacolo. La Parker assumerà poi il futuro drammaturgo Robert E. Sherwood. Il trio fu anche originariamente membro della famigerata tavola rotonda dell'Algonquin, circolo di scrittori, poeti e giornalisti soliti riunirsi all'Algonquin Hotel di [[Manhattan]] nello stesso palazzo della 44ª strada sede degli uffici della Condè Nast.
Nel 1919 Robert Benchley viene nominato caporedattore. Quest'ultimo chiama [[Dorothy Parker]], scrittrice e poetessa di nota firma di ''[[Vogue (rivista)|Vogue]]'' come responsabile della sezione spettacolo. La Parker assumerà poi il futuro drammaturgo Robert E. Sherwood. Il trio fu anche originariamente membro della famigerata tavola rotonda dell'Algonquin, circolo di scrittori, poeti e giornalisti soliti riunirsi all'Algonquin Hotel di [[Manhattan]] nello stesso palazzo della 44ª strada sede degli uffici della Condè Nast.


Fra i suoi collaboratori dell'epoca furono autori importanti come [[Aldous Huxley]], [[T.S. Eliot]], [[Thomas Wolfe]], P.G. Wodehouse e [[Gertrude Stein]], recensioni teatrali della Parker e fotografie di Edward Steichen.
Fra i suoi collaboratori dell'epoca furono autori importanti come [[Aldous Huxley]], [[T.S. Eliot]], [[Thomas Wolfe]], P.G. Wodehouse e [[Gertrude Stein]], recensioni teatrali della Parker e fotografie di Edward Steichen.


[[Clare Boothe Luce]] diventa direttore per qualche tempo. Queste firme resero Vanity Fair molto popolare fra gli appartenenti della classe borghese americana, rivaleggiando con il [[The New Yorker|New Yorker]].
[[Clare Boothe Luce]] diventa direttore per qualche tempo. Queste firme resero Vanity Fair molto popolare fra gli appartenenti della classe borghese americana, rivaleggiando con il [[The New Yorker|New Yorker]].


Questo successo non le permise però di sfuggire agli effetti della [[Grande Depressione]]: a seguito del calo di vendite, nel [[1936]] ''Vanity Fair'' venne assorbito da ''Vogue'' e cessò di essere pubblicato.
Questo successo non le permise però di sfuggire agli effetti della [[Grande Depressione]]: a seguito del calo di vendite, nel [[1936]] ''Vanity Fair'' venne assorbito da ''Vogue'' e cessò di essere pubblicato.
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=== Vanity Fair, USA 1983 ===
=== Vanity Fair, USA 1983 ===
La rivista assume la sua attuale forma dagli [[Anni 1980|anni ottanta]] grazie a un rilancio promosso dal proprietario della Condè Nast in persona, il celeberrimo Si Newhouse, e grazie alla direzione di giornalista britannica Tina Brown, dal [[1984]] al [[1992]] e di Graydon Carter dal [[1992]] ad oggi.
La rivista assume la sua attuale forma dagli [[Anni 1980|anni ottanta]] grazie a un rilancio promosso dal proprietario della Condè Nast in persona, il celeberrimo Si Newhouse, e grazie alla direzione di giornalista britannica Tina Brown, dal [[1984]] al [[1992]] e di Graydon Carter dal [[1992]] ad oggi.


Vanta firme quali quelle di Sebastian Junger, Michael Wolff, Christopher Hitchens, Dominick Dunne, e Maureen Orth e scatti dei migliori fotografi del mondo, come Bruce Weber, [[Annie Leibovitz]], [[Mario Testino]] e, più tardi, anche di Herb Ritts, che hanno fornito alla rivista innumerevoli copertine e ''portraits'' di tutte le star del momento.
Vanta firme quali quelle di Sebastian Junger, Michael Wolff, Christopher Hitchens, Dominick Dunne, e Maureen Orth e scatti dei migliori fotografi del mondo, come Bruce Weber, [[Annie Leibovitz]], [[Mario Testino]] e, più tardi, anche di Herb Ritts, che hanno fornito alla rivista innumerevoli copertine e ''portraits'' di tutte le star del momento.


Oltre ad alcuni casi di foto controverse, la rivista è nota anche per i suoi articoli di qualità. Nel 1996 la giornalista Marie Brenner scrisse un articolo di denuncia sull'industria del tabacco intitolato "The Man Who Knew Too Much" (L'uomo che sapeva troppo); dall'articolo fu poi tratto il film ''[[Insider - Dietro la verità]]'' (1999), con [[Al Pacino]] e [[Russell Crowe]]. Inoltre, la rivista rivelò, nel maggio 2005, cioè dopo più di trenta anni di mistero, il nome della persona che informò il ''[[Washington Post]]'' dello [[scandalo Watergate]], W. Mark Felt.
Oltre ad alcuni casi di foto controverse, la rivista è nota anche per i suoi articoli di qualità. Nel 1996 la giornalista Marie Brenner scrisse un articolo di denuncia sull'industria del tabacco intitolato "The Man Who Knew Too Much" (L'uomo che sapeva troppo); dall'articolo fu poi tratto il film ''[[Insider - Dietro la verità]]'' (1999), con [[Al Pacino]] e [[Russell Crowe]]. Inoltre, la rivista rivelò, nel maggio 2005, cioè dopo più di trenta anni di mistero, il nome della persona che informò il ''[[Washington Post]]'' dello [[scandalo Watergate]], W. Mark Felt.
Sono state pubblicate molte interviste di celebrità, come quella di [[Jennifer Aniston]] dopo il divorzio da [[Brad Pitt]], che fece di quel numero della rivista il più venduto della storia di ''Vanity Fair''. [[Anderson Cooper]] parlò della morte di suo fratello, mentre [[Martha Stewart]] diede l'esclusiva a ''Vanity Fair'' subito dopo l'uscita dalla prigione.
Sono state pubblicate molte interviste di celebrità, come quella di [[Jennifer Aniston]] dopo il divorzio da [[Brad Pitt]], che fece di quel numero della rivista il più venduto della storia di ''Vanity Fair''. [[Anderson Cooper]] parlò della morte di suo fratello, mentre [[Martha Stewart]] diede l'esclusiva a ''Vanity Fair'' subito dopo l'uscita dalla prigione.
Cercando di mantenere il collegamento con Hollywood e la cultura pop americana, ''Vanity Fair'' organizza un esclusivo party in occasione degli [[Academy Awards]] al ristorante Morton's. Inoltre, l'annuale numero dedicato a Hollywood raccoglie le foto delle nomination agli Academy Award.
Cercando di mantenere il collegamento con Hollywood e la cultura pop americana, ''Vanity Fair'' organizza un esclusivo party in occasione degli [[Academy Awards]] al ristorante Morton's. Inoltre, l'annuale numero dedicato a Hollywood raccoglie le foto delle nomination agli Academy Award.


Il successo della rivista è diventato "case study" del libro di Toby Young, ''How to Lose Friends and Alienate People'' (Come perdere gli amici e alienare le persone).
Il successo della rivista è diventato "case study" del libro di Toby Young, ''How to Lose Friends and Alienate People'' (Come perdere gli amici e alienare le persone).
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=== Polemiche ===
=== Polemiche ===
Il numero di aprile 1999 mostrava l'attore [[Mike Myers]] vestito come una divinità [[indù]] in una foto di [[David LaChapelle]]: dopo le critiche sia il fotografo sia la rivista si sono scusati.<ref>[http://www.saja.org/vf.html SAJA Vanity Fair article], 9 June, 2000</ref>
Il numero di aprile 1999 mostrava l'attore [[Mike Myers]] vestito come una divinità [[indù]] in una foto di [[David LaChapelle]]: dopo le critiche sia il fotografo sia la rivista si sono scusati.<ref>[http://www.saja.org/vf.html SAJA Vanity Fair article], 9 June, 2000</ref>
Altre copertine contestate furono quella di marzo 2006 ([[Keira Knightley]] e [[Scarlett Johansson]] nude insieme a [[Tom Ford]] vestito - foto di Annie Leibovitz) e quella di dicembre 2006 (Brad Pitt in boxer bianchi; l'attore dichiarò che non pensava sarebbe stata pubblicata in copertina).
Altre copertine contestate furono quella di marzo 2006 ([[Keira Knightley]] e [[Scarlett Johansson]] nude insieme a [[Tom Ford]] vestito - foto di Annie Leibovitz) e quella di dicembre 2006 (Brad Pitt in boxer bianchi; l'attore dichiarò che non pensava sarebbe stata pubblicata in copertina).
Nel 2005, ''Vanity Fair'' fu ritenuto colpevole in una causa mossagli dal regista [[Roman Polanski]] per aver pubblicato un articolo in cui si sosteneva che Polanski avesse fatto avance a una giovane modella dicendole che l'avrebbe resa la nuova Sharon Tate (di cui lui era vedovo); venne dimostrato che l'accusa era infondata.<ref>[http://www.vanityfair.com/commentary/content/printables/050919roco02?print=true How I spent my summer vacation in London being sued by Roman Polanski — and what I learned about "solicitors," pub food, and the British chattering class], di Graydon Carter, ''Vanity Fair'', [[19 settembre]] [[2005]]</ref>
Nel 2005, ''Vanity Fair'' fu ritenuto colpevole in una causa mossagli dal regista [[Roman Polanski]] per aver pubblicato un articolo in cui si sosteneva che Polanski avesse fatto avance a una giovane modella dicendole che l'avrebbe resa la nuova Sharon Tate (di cui lui era vedovo); venne dimostrato che l'accusa era infondata.<ref>[http://www.vanityfair.com/commentary/content/printables/050919roco02?print=true How I spent my summer vacation in London being sued by Roman Polanski — and what I learned about "solicitors," pub food, and the British chattering class], di Graydon Carter, ''Vanity Fair'', 19 settembre [[2005]]</ref>


== Vanity Fair, edizione italiana==
== Vanity Fair, edizione italiana ==
La prima edizione italiana di Vanity Fair fu creata e diretta nel 1990 da Paolo Pietroni (che per la Condè Nast creò anche Myster, con Carlo Palumbo come condirettore). Il mensile fu chiuso dopo meno di due anni e riapparve, come settimanale, nel 2003. La rivista ha in veste di direttore [[Luca Dini]] e vanta grandi firme del giornalismo italiano attuale. Nell' angolo della posta, celebre rubrica nella pagina finale della rivista, collabora, esclusivamente con opinioni in forma di risposte alle lettrici, la grande cantante [[Mina (cantante)|Mina]], definita qui ''la più imprendibile delle star italiane''.
La prima edizione italiana di Vanity Fair fu creata e diretta nel 1990 da Paolo Pietroni (che per la Condè Nast creò anche Myster, con Carlo Palumbo come condirettore). Il mensile fu chiuso dopo meno di due anni e riapparve, come settimanale, nel 2003. La rivista ha in veste di direttore [[Luca Dini]] e vanta grandi firme del giornalismo italiano attuale. Nell' angolo della posta, celebre rubrica nella pagina finale della rivista, collabora, esclusivamente con opinioni in forma di risposte alle lettrici, la grande cantante [[Mina (cantante)|Mina]], definita qui ''la più imprendibile delle star italiane''.



Versione delle 08:42, 15 ago 2013

Vanity Fair
Logo
Logo
Linguaitaliano
Periodicitàsettimanale
Formatomagazine
Fondazione2003
SedeMilano
EditoreEdizioni Condé Nast S.p.A.
DirettoreBandiera dell'Italia Luca Dini
CondirettoreBandiera dell'Italia Cristina Lucchini
VicedirettoreBandiera dell'Italia Antonella Bussi
Redattore capoBandiera dell'Italia Roberto Delera
ISSN1723667 (WC · ACNP)
Sito webwww.vanityfair.it
 

Vanity Fair è un periodico di costume, cultura, moda e politica, dal 2003 edizione italiana di una delle diverse riviste in lingua inglese, Vanity Fair nato negli Stati Uniti d'America nel 1983 e poi pubblicato in Spagna e per due anni anche in Germania, dalle Edizioni Condé Nast S.p.A.
Col nome "Vanity Fair" si indicava un luogo immaginario governato da Belzebù nel libro di John Bunyan, Pilgrim's Progress. Successivamente l'uso di questa espressione si è rifatto al noto romanzo omonimo di William Makepeace Thackeray.

La storia delle riviste statunitensi

Nascita successo e crisi: Vanity Fair, USA 1913-1936

Una delle riviste denominate Vanity Fair inizia le sue pubblicazioni nel 1913, anno in cui l'imprenditore Condé Nast acquista la rivista di moda maschile Dress, rinominandola Dress and Vanity Fair. L'anno successivo, dopo un breve periodo di inattività, la rivista venne rilanciata diventando nota col suo titolo attuale. Si dice che siano stati pagati 3.000 dollari per i diritti di utilizzo del nome "Vanity Fair" negli Stati Uniti ma non si sa se i diritti fossero detenuti in precedenza da una precedente rivista inglese o da altri.

La pubblicazione divenne subito un grosso successo commerciale, soprattutto sotto la direzione di Frank Crowninshield, attirando un numero elevato di investitori: nel 1915 arrivò a risultare la rivista col maggior numero di pagine pubblicitarie negli Stati Uniti.

Nel 1919 Robert Benchley viene nominato caporedattore. Quest'ultimo chiama Dorothy Parker, scrittrice e poetessa di nota firma di Vogue come responsabile della sezione spettacolo. La Parker assumerà poi il futuro drammaturgo Robert E. Sherwood. Il trio fu anche originariamente membro della famigerata tavola rotonda dell'Algonquin, circolo di scrittori, poeti e giornalisti soliti riunirsi all'Algonquin Hotel di Manhattan nello stesso palazzo della 44ª strada sede degli uffici della Condè Nast.

Fra i suoi collaboratori dell'epoca furono autori importanti come Aldous Huxley, T.S. Eliot, Thomas Wolfe, P.G. Wodehouse e Gertrude Stein, recensioni teatrali della Parker e fotografie di Edward Steichen.

Clare Boothe Luce diventa direttore per qualche tempo. Queste firme resero Vanity Fair molto popolare fra gli appartenenti della classe borghese americana, rivaleggiando con il New Yorker.

Questo successo non le permise però di sfuggire agli effetti della Grande Depressione: a seguito del calo di vendite, nel 1936 Vanity Fair venne assorbito da Vogue e cessò di essere pubblicato.

Vanity Fair 1913-1936 - Galleria di foto

Vanity Fair, USA 1983

La rivista assume la sua attuale forma dagli anni ottanta grazie a un rilancio promosso dal proprietario della Condè Nast in persona, il celeberrimo Si Newhouse, e grazie alla direzione di giornalista britannica Tina Brown, dal 1984 al 1992 e di Graydon Carter dal 1992 ad oggi.

Vanta firme quali quelle di Sebastian Junger, Michael Wolff, Christopher Hitchens, Dominick Dunne, e Maureen Orth e scatti dei migliori fotografi del mondo, come Bruce Weber, Annie Leibovitz, Mario Testino e, più tardi, anche di Herb Ritts, che hanno fornito alla rivista innumerevoli copertine e portraits di tutte le star del momento.

Oltre ad alcuni casi di foto controverse, la rivista è nota anche per i suoi articoli di qualità. Nel 1996 la giornalista Marie Brenner scrisse un articolo di denuncia sull'industria del tabacco intitolato "The Man Who Knew Too Much" (L'uomo che sapeva troppo); dall'articolo fu poi tratto il film Insider - Dietro la verità (1999), con Al Pacino e Russell Crowe. Inoltre, la rivista rivelò, nel maggio 2005, cioè dopo più di trenta anni di mistero, il nome della persona che informò il Washington Post dello scandalo Watergate, W. Mark Felt. Sono state pubblicate molte interviste di celebrità, come quella di Jennifer Aniston dopo il divorzio da Brad Pitt, che fece di quel numero della rivista il più venduto della storia di Vanity Fair. Anderson Cooper parlò della morte di suo fratello, mentre Martha Stewart diede l'esclusiva a Vanity Fair subito dopo l'uscita dalla prigione. Cercando di mantenere il collegamento con Hollywood e la cultura pop americana, Vanity Fair organizza un esclusivo party in occasione degli Academy Awards al ristorante Morton's. Inoltre, l'annuale numero dedicato a Hollywood raccoglie le foto delle nomination agli Academy Award.

Il successo della rivista è diventato "case study" del libro di Toby Young, How to Lose Friends and Alienate People (Come perdere gli amici e alienare le persone).

Il direttore attuale è Graydon Carter.

Polemiche

Il numero di aprile 1999 mostrava l'attore Mike Myers vestito come una divinità indù in una foto di David LaChapelle: dopo le critiche sia il fotografo sia la rivista si sono scusati.[1] Altre copertine contestate furono quella di marzo 2006 (Keira Knightley e Scarlett Johansson nude insieme a Tom Ford vestito - foto di Annie Leibovitz) e quella di dicembre 2006 (Brad Pitt in boxer bianchi; l'attore dichiarò che non pensava sarebbe stata pubblicata in copertina). Nel 2005, Vanity Fair fu ritenuto colpevole in una causa mossagli dal regista Roman Polanski per aver pubblicato un articolo in cui si sosteneva che Polanski avesse fatto avance a una giovane modella dicendole che l'avrebbe resa la nuova Sharon Tate (di cui lui era vedovo); venne dimostrato che l'accusa era infondata.[2]

Vanity Fair, edizione italiana

La prima edizione italiana di Vanity Fair fu creata e diretta nel 1990 da Paolo Pietroni (che per la Condè Nast creò anche Myster, con Carlo Palumbo come condirettore). Il mensile fu chiuso dopo meno di due anni e riapparve, come settimanale, nel 2003. La rivista ha in veste di direttore Luca Dini e vanta grandi firme del giornalismo italiano attuale. Nell' angolo della posta, celebre rubrica nella pagina finale della rivista, collabora, esclusivamente con opinioni in forma di risposte alle lettrici, la grande cantante Mina, definita qui la più imprendibile delle star italiane.

Altre edizioni

Nel febbraio 2007 è uscito il primo numero dell'edizione tedesca di Vanity Fair che ha, poi, cessato le pubblicazioni nel febbraio 2009. Nel settembre 2008 è uscito il primo numero dell'edizione spagnola di Vanity Fair.
A differenza dell'edizione italiana, negli altri paesi Vanity Fair esce una volta al mese.

Note

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